Affini, gregario di lusso con la testa da capitano

28.02.2022
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Affini sa stare al suo posto e fare quel che gli chiedono. Forse per questo alla Jumbo Visma sono contenti di lui e lo mettono spesso nella squadra che deve supportare Van Aert, quando il capo vuole fare la corsa.

Affini ha 25 anni, il nome scritto sul casco e, se potesse, sfuggirebbe alle regole social di questo tempo. Però ne capisce l’importanza (per la squadra e gli sponsor) e cerca di essere disponibile con intelligenza. Anche per questo quando lo chiami per fare due parole, difficilmente se ne esce con frasi banali. Edoardo ha la testa sulle spalle e magari passerà il grosso del tempo a tirare per un capitano, ma nella sua testa è a sua volta un leader. Non si vincono due campionati europei (in linea da junior nel 2014, a crono da U23 nel 2018) e non si lotta contro un gigante come Ganna se non si ha la mentalità vincente.

La ricognizione sul percorso della Het Nieuwsblad per scoprire il nuovo finale (foto Jumbo Visma)
La ricognizione sul percorso della Het Nieuwsblad per scoprire il nuovo finale (foto Jumbo Visma)

Il pane quotidiano

Nella Omloop Het Nieuwsblad vinta sabato da Van Aert, anche Edoardo ha avuto la sua parte. Quando li abbiamo visti alla partenza, tutti alti e potenti, abbiamo capito che la squadra olandese volesse tenere la corsa chiusa. E mentre Wout in prima fila posava per le foto di rito, i suoi gregari dietro se ne stavano raggruppati ad aspettare il via.

«E’ stato bello – ricorda Affini – vedere un po’ di persone finalmente. Poi si può parlare se sia giusto avere la mascherina oppure no, ogni Paese ha le sue leggi e ogni organizzazione fa quello che vuole in base alle regole. Lassù si respira la passione che hanno per la bicicletta, è il loro pane quotidiano. Fa sempre piacere vedere quell’atmosfera».

Alla Omloop Het Nieuwsblad, Affini ha tenuto sotto controllo il gruppo per oltre metà gara
Alla Omloop Het Nieuwsblad, Affini ha tenuto sotto controllo il gruppo per oltre metà gara
Per i compagni di squadra di Van Aert certe corse sono anche una bella responsabilità?

Sicuramente con un capitano così abbiamo dei ruoli ben definiti. C’è una certa responsabilità, è vero. Pressione però fino a un certo punto, nel senso che quando si parte si vuole sempre fare bene il proprio lavoro. Quindi penso che un po’ di pressione sia giusta, ma certo non deve essere schiacciante, altrimenti ti porta a sbagliare e a non essere performante.

Come fai a passare dalla solitudine della crono al mucchio selvaggio di certe stradine?

Più che mentalità della crono e quella sui sassi, il discorso è piuttosto quello dello stare in gruppo a 2 millimetri uno dall’altro. Tutti che limano al massimo e si battaglia per ogni centimetro. Forse la parola in questi giorni non andrebbe usata, ma parlando di quelle corse si è sempre detto che siano una sorta di guerra. Lassù è tutto al limite.

A te tocca spesso lavorare da lontano…

L’obiettivo quando c’è Wout è lavorare per lui. L’altro giorno a me è toccato cercare di tenere tutto sotto controllo dall’inizio. C’è stato parecchio vento da mangiare, sostanzialmente, ma con un capitano come Wout si lavora sempre volentieri.

Perché vince sempre lui?

Perché alla fine è riuscito a finalizzare il lavoro di squadra perfetto. Anche tutti gli altri componenti della squadra hanno lavorato alla perfezione e abbiamo creato la situazione perfetta perché Wout attaccasse sul Bosberg. E’ andato sino alla fine come un treno, meglio di così non poteva partire.

Difficile trovare uno che scende dall’altura e vince alla prima corsa.

Lui e Roglic sono molto metodici su questo, sempre pronti anche dopo un ritiro in altura. Eravamo confidenti che si potesse far bene, ma nelle corse in Belgio può succedere di tutto, dall’incidente meccanico alla caduta. Invece sabato è filato tutto liscio. Bene così.

Il lavoro della Jumbo Visma ha portato Van Aert all’attacco sul Bosberg. Qui con Benoot
Il lavoro della Jumbo Visma ha portato Van Aert all’attacco sul Bosberg. Qui con Benoot
Come si festeggia in un team olandese?

Abbiamo festeggiato come nelle altre squadre (ride, ndr). Abbiamo preso un bicchiere di vino, ma il giorno dopo c’era da correre ancora a Kuurne, quindi non si è potuto esagerare. E in ogni caso non lo avremmo fatto ugualmente.

La Tirreno comincia con una cronometro.

Quando si è saputo che la prima tappa sarebbe stata una crono, l’ho cerchiata di rosso. Vediamo come saranno le gambe dopo il Covid. L’ho preso anche io a Valencia, lo hanno preso tutti. E’ già una settimana che sono ripartito. Ho perso un po’ di tempo, ma cercherò di farmi trovare pronto come sempre. In ogni crono do sempre il meglio che posso, in base al momento.

Il sabato Movistar e due leoni che non si arrendono

27.02.2022
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Trentanove anni lei, quarantuno lui. La stessa maglia blu con la M sul petto e storie incredibili da raccontare. Ieri Annemiek Van Vleuten in Belgio e Alejandro Valverde in Spagna hanno reso indimenticabile il sabato del Movistar Team. Hanno vinto entrambi in volata. Lei, scalatrice, nella classica dei primi muri fiamminghi: la Omloop Het Nieuwsblad già conquistata nel 2020. Lui, alla 136ª vittoria, a capo di una tappa con tre salite finali e l’arrivo in cima nel Gran Camino.

Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering
Nello sprint a due, Van Vleuten anticipa e batte Vollering

Selezione sul Muur

Dopo il Muur, nella fuga di tre che animava già da qualche chilometro, Annemiek Van Vleuten ha pensato che le sarebbe convenuto arrivare da sola per non essere battuta allo sprint.

La Omloop Het Nieuwsblad delle donne andava avanti a strappi sin dall’inizio. Prima una fuga di sei, con Carbonari (Valcar) e Tomasi (UAE Team ADQ), arrivata fino a 4 minuti e ripresa ai 40 dall’attivo. Poi l’attacco di quattro dal peso specifico superiore, con Reusser, Van Djik, Henderson e il tentativo successivo di Sofia Bertizzolo. Infine il forcing di Annemiek Van Vleuten sul Muur, con la sola Vollering a tenerle le ruote, mentre Lotte Kopecky inseguiva rabbiosa e solitaria.

Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto
Sul Muur, la selezione di Van Vleuten. Ma l’atleta Movistar non fa il vuoto

Il Bosberg non basta

Si sarebbe deciso tutto sul Bosberg e poi semmai in volata, anche se nello sprint a due l’atleta della Movistar ha ammesso di non sentirsi sicura. Eppure, nonostante il suo forcing sull’ultimo muro, Demi Vollering è rimasta lì.

«Il Bosberg era la mia ultima possibilità di andare via da sola – ha raccontato Van Vleuten nella conferenza stampa del vincitore –  ma sono rimasta sorpresa che solo una di loro potesse stare con me. Ho parlato con Vollering nel finale, ma lei non voleva dare cambi perché aveva due compagne dietro.

«E’ stato difficile per me, ma ho pensato: “Continua a pedalare”. Per tutta la mia carriera ho cercato di non lasciarmi frustrare da cose che non posso controllare, ma di accettare la situazione e trarne il meglio».

Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)
Sul podio di Ninove, oltre a Van Vleuten (Movistar) e Vollering (SD Worx), c’era Lorena Wiebes (Team DSM)

Curva kamikaze

In realtà Vollering viaggiava con un pensiero per la testa. Vincere per dedicare la vittoria ad Amy Pietrers. Dopo il podio ha raccontato quanto manchi nel team in ogni cosa facciano e sarebbe stato bello poterle regalare la vittoria. Ma Annemiek Van Vleuten non lo sapeva e anche se l’avesse saputo, le cose probabilmente non sarebbero cambiate.

«So che sulla carta Vollering è più veloce di me – prosegue il suo racconto – ma anche che divento più veloce io dopo una gara difficile. Ho pensato di sorprenderla e sono entrata come una kamikaze nella penultima curva, la mia sola occasione per arrivare in testa alla rotonda. E’ venuto fuori uno sprint di 600 metri. Lei è uscita dalla mia ruota, ma io avevo ancora un po’ da dare e ho vinto».

In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata
In salita Woods fa il ritmo, Valverde lo segue bene. Dietro di lui c’è Sosa: Movistar ben rappresentata

E adesso in Spagna…

Passiamo in Spagna, quasi al confine col Portogallo, lungo uno dei tratti più belli del Camino di Santiago, cui la corsa deve il nome. Circa 1.700 chilometri a sud ovest di Ninove, nello stesso giorno ma sulle strade della Galizia, in una paesotto di montagna che si chiama Luintra, Alejandro Valverde ha conquistato la tappa regina del Gran Camino, battendo allo sprint Michael Woods e Ivan Sosa, da quest’anno alla Movistar, con i primi inseguitori a 51 secondi.

Non un finale scontato, dato che a fare la selezione sull’Alto da Moura si è messo anche Jakob Fuglsang, lasciando poi via libera al compagno Woods. E a quel punto, nello scontro fra… vecchietti (41 anni per Valverde, 35 per Woods), ha avuto la meglio la classe del murciano. Che oggi si giocherà la corsa nella crono che per gli ultimi 7 chilometri percorrerà il Camino Francese.

Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale
Vincendo a Luintra, Valverde passa in testa alla classifica. Oggi crono finale

Felicità Valverde

Valverde, che aveva iniziato la stagione ammettendo di sentirsi strano correndo con la scadenza del ritiro a fine stagione, è parso al settimo cielo.

«Sono molto contento – ha detto – è stato fantastico, abbiamo avuto la gara sempre sotto controllo. Siamo partiti per vincere la tappa, poi puoi riuscirci oppure no. Gli avversari erano forti, ma per noi ha funzionato tutto bene. Non conoscevo le ultime salite e sono state tremendamente difficili, soprattutto all’inizio. Sosa ha fatto un ottimo lavoro, poi sapevo di essere più veloce di Woods e Ivan mi ha lanciato in modo fenomenale. E domani (oggi, ndr), sarà ciò che Dio vuole. Sarà una bella crono, per niente piatta. Vedremo come riuscirò a recuperare».

Sabato prossimo i due leoni della Movistar, 80 anni in due, si ritroveranno entrambi alla Strade Bianche, entrambi con buone chance di vittoria. Valverde è arrivato per due volte terzo, nel 2014 e 2015. Van Vleuten l’ha vinta nel 2019 e 2020. Sulle strade di Siena, il Movistar Team avrà due belle carte da giocarsi.

Sagan è in ritardo: «Ma dalla Tirreno sarà un’altra musica»

27.02.2022
4 min
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Si parlava con Daniel Oss, giusto ieri alla partenza della Het Nieuwsblad, quando alle sue spalle è arrivato Sagan, reduce da un’altra raffica di interviste.

«Bello – stava dicendo il trentino – è la prima volta che entro nel velodromo di Gand. Con Liquigas, BMC e Bora, siamo sempre stati fuori. Nelle prime corse quassù c’è sempre quell’ansietta da prima gara. Per quanto possano essere andate bene le prime, questa è quella in cui tiri la linea. Che vuol dire tutto e anche niente. Se va bene o male, cambia poco. Ma se va bene, parti con più morale. Il materiale è lo stesso dell’anno scorso, ricognizioni non servono granché. Ne abbiamo fatta una in Francia sul pavé del Tour e qualche test per i nuovi tubeless, per le pressioni principalmente».

Poi Daniel s’è voltato e, avendo visto Peter, l’ha apostrofato sul suo avere sempre fretta. Poi ridendo è sparito verso il pullman. Mancava mezz’ora alla partenza, bello poter fare tutto con calma. Sagan intanto si guardava intorno. Col senno di poi possiamo dire che la corsa non sia andata un granché. Ma avendo ripreso il Covid e perso il secondo ritiro, con il solo Tour du Haut Var nelle gambe, sarebbe stato ingeneroso aspettarsi di più. Una cosa è certa: Peter è super esigente con se stesso, le sconfitte non gli vanno proprio giù…

Assieme a Oss all’Haut Var: i due corrono insieme da anni
Assieme a Oss all’Haut Var: i due corrono insieme da anni
Come stai?

Bene

Torni sulle tue strade…

E’ buono essere qui e ricordarsi le strade, perché tutto il Belgio corriamo in questi posti.

Che cosa ti è parso della presentazione con tanto pubblico?

Passi quei due minuti sul palco (sorride, ndr), ma per noi non è importante quello.

Ti stai abituando alla nuova squadra?

E’ un buon gruppo di persone, la squadra funziona bene. E avendo attorno le persone giuste, è comodo, prendi i ritmi subito.

Che cosa significa che funziona bene?

All’Haut Var ho visto che tutto è organizzato professionalmente, allo stesso livello del WorldTour. E’ un bel gruppo, peccato che non ho potuto passare molto tempo con i compagni di squadra.

Dopo la presentazione dei team, il canonico giro delle interviste
Dopo la presentazione dei team, il canonico giro delle interviste
E’ stato pesante il Covid stavolta?

Molto meglio della prima volta. Ho un po’ penato per tre giorni e dopo una decina ero di nuovo in sella. Però ero indietro, così sono andato con mio fratello a Gran Canaria e abbiamo fatto il nostro ritiro.

Le persone giuste attorno a te…

Oss, Bodnar, mio fratello. Il meccanico e il massaggiatore. Il direttore sportivo. L’addetto stampa (dice ammiccando verso Gabriele Uboldi, ndr). Si fa prima ad adattarsi. Servono anni per creare fiducia l’uno con l’altro. Ed è bello avere un gruppo fisso di persone intorno a te, anche quando cambi squadra. Ti aiutano a integrarti in un nuovo gruppo.

E’ vero che la Quick Step non ti ha voluto proprio a causa del gruppo?

Lefevere ha iniziato a parlare del “gruppo di Peter”. Ma non è il mio gruppo, non possiedo le persone, le voglio solo intorno a me. Penso che sia importante avere il proprio massaggiatore e il meccanico. Negli anni, alcuni hanno provato a cambiare la mia posizione in bici e ogni volta è stato uno stress. Adesso sono sette anni che non la tocco e questo è un grande passo avanti. E poi le persone del mio gruppo non lavorano solo con me e per me. Fanno quello che chiede loro la squadra. Come era alla Bora, così è alla TotalEnergies.

Sul Muur, Ssgan era in ritardo, ma già prima aveva avuto qualche problema tecnico
Sul Muur, Ssgan era in ritardo, ma già prima aveva avuto qualche problema tecnico
Però il tuo protetto Martin Svrcek, che ora corre alla Biesse Carrera, andrà alla Quick Step.

Gli ho consigliato io di firmare, per il cacciatore di classiche che può diventare. Sono contento che lo abbiano preso. Quando videro me per la prima volta, da junior, mi dissero che mi avrebbero seguito e invece sparirono. Forse perché mi chiamavo già Peter Sagan, ma non ero ancora Peter Sagan.

Sei sempre molto esigente con te stesso?

Chi te lo ha detto?

Non sembri uno che si accontenta…

Bisogna, dipende dai momenti. Per andare forte si deve fare così…

Com’è la gamba?

Buona, devo crescere. La mia vera stagione comincerà dalla Tirreno. E poi da lì le corse saranno tutte importanti…

Prove di forza nelle Fiandre: Van Aert vince due volte

26.02.2022
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Van Aert ha fatto quello che tutti noi speravamo facesse. Ha preso la vittoria nella Omloop Het Nieuwsblad, l’ha messa per un attimo da parte con i sorrisi e i brindisi e ha detto la sua sulla guerra in Ucraina.

«Voglio dire una cosa – ha esclamato dietro il podio – le corse in bicicletta adesso sono una questione secondaria a fronte di cose più importanti che stanno succedendo a questo mondo. E’ una follia anche solo pensare che una guerra sia ancora possibile e per giunta così vicina. Per quel che vale, vorrei esprimere il mio sostegno a tutti coloro che sono coinvolti dalla guerra in Ucraina».

Bacio con moglie e figlio per Van Aert, rientrato da poco a casa dopo 2 settimane in altura
Bacio con moglie e figlio per Van Aert, rientrato da poco a casa dopo 2 settimane in altura

Maledetto vento

Che corsa ragazzi! Davanti tutti i pezzi grossi del gruppo, mentre Gaviria correva in ospedale con la clavicola rotta. Il racconto di Van Aert intanto spiega tutto, mentre il pubblico in visibilio se lo mangiava con gli occhi. Grato per quell’azione a 13 chilometri dall’arrivo.

«C’era molto vento contro – ha proseguito il vincitore – e di conseguenza la corsa è rimasta chiusa per molto tempo. In realtà volevo forzare la situazione un po’ prima, ma c’era poco. Però sul Berendries ci siamo mossi. Tiesj Benoot e il resto della squadra hanno fatto un lavoro fantastico. Sono molto contento di questa vittoria».

Per Van Aert vittoria nella gara del debutto, con 22″ su Colbrelli
Per Van Aert vittoria nella gara del debutto, con 22″ su Colbrelli

Obiettivo Roubaix

«Non pensavo di andare tanto bene così presto – ha aggiunto – ma ero ben preparato. Ho una buona condizione ed è difficile adesso dire se potrò mantenerla fino a Roubaix. In termini di intensità, c’è ancora qualcosa da aggiungere. Sono stato bravo, ma il Fiandre e la Roubaix sono ancora più importanti, quindi spero di migliorare un po’. Conto di fare quest’ultimo passo alla Parigi-Nizza aiutando Roglic, che va là per vincerla».

Per Colbrelli grande accoglienza nel velodromo di Gand alla presentazione
Per Colbrelli grande accoglienza nel velodromo di Gand alla presentazione

Testa e gambe

Che Colbrelli non nuotasse nell’oro si era visto. Però stava lì, con quelli davanti. Muoveva le spalle sui muri, ma non mollava e per questo per un po’ abbiamo sperato di raccontarne un’altra. E ci sarebbe anche riuscito Sonny, se ai piedi del Bosberg Van Aert non avesse deciso di averne abbastanza. Il gigante belga ha avuto nello stesso giorno più testa e più gambe. La prima nel dare via libera a Tiesj Benoot, costringendo gli altri (fra loro proprio Colbrelli, Trentin e Pasqualon) a spendere quel po’ che gli era rimasto. Le seconde nell’attacco sull’ultimo muro.

La corsa finalmente riaperta al pubblico, ma poche mascherine e tanta birra
La corsa finalmente riaperta al pubblico, ma poche mascherine e tanta birra

Trentin e il Muur

Quando c’è pubblico, le Fiandre sono un posto fantastico. Terra di giganti che pigiano sui pedali e tifosi nelle cui vene scorre lo stesso sangue schiumoso ricavato dal luppolo. Dopo gli ultimi due anni con poca gente sulle strade (perché ai belgi puoi vietarlo, ma non sarai mai sicuro che casualmente non si trovino al passare sulle strade della corsa), rivedere il Grammont con le giostre, la gente e la birra è stato persino un’immagine commovente. E proprio in quel budello di pietre brune come il cuoio, che in passato ha visto le azioni di Bartoli e Ballan, Boonen e Cancellara, Trentin ha sfidato Van Aert e per un po’ l’ha preoccupato.

Spalla a spalla sul Grammont, Trentin e Van Aert hanno infiammato la corsa
Spalla a spalla sul Grammont, Trentin e Van Aert hanno infiammato la corsa

Vittoria studiata

Wout l’aveva preparata. Ieri è andato a dare un’occhiata a Haaghoek e Leberg e ha incontrato e superato Alexander Kristoff sul Berendries. E’ arrivato fino al Muur di Geraardsbergen.

«E’ stato utile fare questa ricognizione – diceva stamattina alla partenza il diesse Maarten Wynants – per testare di nuovo il materiale e verificare le sensazioni sulle pietre. La maggior parte dei ragazzi è stata sul Teide per tre settimane e ha pedalato su strade perfette…».

Su una moto di Eurosport, Bradley Wiggins ha raccontato il suo punto sulla corsa
Su una moto di Eurosport, Bradley Wiggins ha raccontato il suo punto sulla corsa

Fatica Colbrelli

E di prima corsa si trattava anche per Colbrelli, sceso anche lui domenica scorsa dal Teide, come ci aveva raccontato proprio da lassù. Quelli forti non hanno bisogno di tanto rodaggio, ma è singolare che ai primi due posti della Omloop Het Nieuwsblad si siano piazzati due corridori già brillanti appena scesi dall’altura.

«Brillante, insomma… – sorride il bresciano – ho sofferto, vi dico la verità. Stavo abbastanza però… è andata! Un bel secondo posto in una classica di inizio stagione. Speriamo di far meglio nelle prossime gare. Ci ho sperato fino alla fine, ma non posso dir nulla. Ho visto che Van Aert partiva, ma mi sono detto: “Resto qui, perché già sono un po’ al limite”. Avevo ancora due compagni e mi sono detto: proviamo a chiudere il gap. Sapevo che era molto difficile. Oggi Van Aert aveva un’altra marcia e si è visto».

Per Colbrelli un secondo posto che fa sperare, arrivato nella gara del debutto
Per Colbrelli un secondo posto che fa sperare, arrivato nella gara del debutto

Rimpianto Pasqualon

Chi invece davanti all’attacco di Van Aert non si è voltato dall’altra parte è stato Andrea Pasqualon. Un cerotto sullo stinco destro, la barba impolverata e la tosse che impedisce al respiro di andarsene.

«Quando mi sono accorto che partiva sul Bosberg – dice – ho provato io a seguirlo. Ma quando a quello lì gli dai 10 metri, non lo pigli più. Si sapeva che ha una marcia in più, lo ha dimostrato ed è andato fortissimo. Del resto è un campione! Io… Ho provato sul Bosberg. Ho provato a rientrargli sotto, ma la gamba era quella che era. Purtroppo una settimana fa sono caduto e ho sofferto tanto. Anche nel finale non ero brillante, ero pieno di crampi e si è visto bene anche in volata che non ero proprio io.

Pasqualon è stato il solo a rispondere a Van Aert sul Bosberg
Pasqualon è stato il solo a rispondere a Van Aert sul Bosberg

«Sotto questo cerotto, ho due buchi profondi, che fanno male e non mi fanno recuperare di notte. In queste corse serve ogni minima energia, però sono contento del risultato. In fin dei conti non sono andato male. E domani recupero perché voglio puntare a fare bene a Le Samyn, che mi si addice. Domani niente Kuurne, cercherò di ritrovare le forze».

Moscon riparte: lo vogliamo con questa grinta…

25.02.2022
5 min
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Quando si rifugia nella sua valle trentina, Moscon diventa irraggiungibile. Non tanto per un problema tecnologico, quanto piuttosto perché sulle sue strade Gianni riesce a riconnettersi con il mondo interiore da cui ha sempre tratto la forza. E così, alla vigilia del debutto sulle strade del Nord, il trentino ci ha raccontato del suo adattamento al mondo Astana Qazaqstan, dopo che ai primi di dicembre aveva parlato delle prime sensazioni non ancora suffragate dall’esperienza.

«Sono stato qualche giorno in Trentino – dice – prima di ripassare a Innsbruck, preparare la valigia e partire per il Belgio. Avrei cominciato anche prima, ma come mezzo mondo ho preso il virus. Sto abbastanza bene, ma stavo meglio prima. Ho fatto un bell’inverno, dopo il Covid però mi sono preso anche una bronchite con cui non potevo allenarmi. Sono stato fermo una ventina di giorni, ora inizio a pedalare. Per cui farò Omloop Het Nieuwsblad, ma non Kuurne, dove l’anno scorso mi ruppi il polso. Torno in Italia, vado a Laigueglia e poi alla Strade Bianche».

Per qualche secondo, ascoltandolo e prendendo appunti, è parso di avere al telefono Francesco Moser. Stesso timbro di voce, stessa assenza di fronzoli, quasi lo stesso dialetto. La tipica concretezza dei trentini delle valli, abituati a fare i conti con la durezza della terra.

Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Dunque la nuova squadra?

Alla fine non è cambiato tanto. Si lavora bene e con una mentalità più italiana. Che cosa significa? Che per allenarsi si sfrutta di più il gruppo, ad esempio ricorrendo molto alla doppia fila. La mentalità anglosassone prevedeva invece che ognuno avesse la sua tabella e svolgesse il lavoro, senza guardare quel che facessero gli altri.

Cos’altro prevede il tuo calendario?

Le classiche fino alla Liegi, poi il Tour. Il fatto che la Roubaix sia stata posticipata rende più semplice legarla alla Liegi, anche se salterò la Freccia Vallone. Invece dopo la Strade Bianche, ci saranno Tirreno e Sanremo.

Pensi ancora alla Roubaix dello scorso anno? Per qualcuno l’avresti vinta tu…

Senza quelle cadute, può darsi e sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Per un po’ è andato avanti il giramento di scatole, ma ormai non ci penso più. Ogni anno si azzera tutto, anche Colbrelli che l’ha vinta riparte da zero. E’ vero che abbiamo trovato condizioni proibitive, ma qualunque sia il meteo, quella è una corsa in cui si deve combattere e prendere quel che viene.

Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta su ruote e gomme (foto Instagram)
Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta sulle gomme (foto Instagram)
Sai già con quali materiali la correrai?

Non ancora. Nel senso che la Wilier Filante è una bella bici, le differenze con la Pinarello sono davvero minime. Invece approfondiremo i dettagli proprio nei prossimi giorni andando lassù per le prime corse. Non è che serva poi tanto, servono soprattutto le gambe. E poi la differenza si fa con le gomme, scegliendo fra tubolari o tubeless.

La Filante va bene com’è?

Non serve cercarne una che ammortizzi più di altre. L’anno scorso ho corso con la Dogma F, la bici più rigida che avessimo, con i tubeless che però ne compensavano la durezza. E così userò la Filante, come per tutte le altre corse. Ho a disposizione anche altri modelli, ma non credo che mi metterò a cambiare.

Vedremo un Moscon d’attacco come quello del Tour of the Alps?

Partirò con la mentalità per vincere, ma anche quella è legata alla condizione. Quando stai bene, puoi esprimerti al livello che preferisci. E lo stesso devono stare bene i compagni che ti accompagnano. Io farò un programma quasi parallelo a quello di Leonardo Basso e anche Davide Martinelli sarà con noi. La squadra ha certamente una propensione più spiccata per i Giri, ma se hai gambe vai forte anche nelle classiche.

L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
Sei nel gruppo di Zanini per il Nord?

Alle classiche ci sarà Zazà, anche se il mio tecnico di riferimento resta Martinelli. Devo dire che è bello poter lavorare parlando italiano. Di là per fortuna ha preso piede Tosatto, ma la mentalità della squadra resta inglese. Hanno un approccio diverso. Noi italiani invece abbiamo una mentalità che dal loro punto di vista può essere negativa, ma alla fine ci permette di tirare fuori ugualmente dei grandi risultati.

Si era parlato di Ineos e alimentazione, come va con i consigli di Erica Lombardi?

Lavoriamo a stretto contatto. Non ha apportato grandi cambiamenti, parliamo molto e mi dà consigli. Diciamo che stiamo facendo una sorta di formazione, aggiungendo qualche utile integrazione al mio bagaglio di esperienza. Dopo tanti anni si può pensare di sapere già tutto, con lei riuscirò a migliorare senza stravolgere la mia dieta.

Moscon debutterà domani alla Omloop Het Nieuwsblad in cui nel 2021 si mise in evidenza attaccando nel finale
Debutto domani alla Omloop Het Nieuwsblad: nel 2021 attaccò nel finale
L’importante è guadagnare…

Un po’ sull’allenamento, un po’ con la nutrizione. E’ tutto curato nei dettagli, poi vedremo i risultati. I marginal gains sono importanti se prima si sono raggiunti i big gains. Se mancano le basi, se si perdono di vista i fondamentali, con i dettagli ci fai poco.

Domani si corre in Belgio, differenze dallo scorso anno?

Non si faranno più i tamponi, che mi pare già un bel passo avanti. Non sono un medico, non so dire come ha fatto Van Aert se sia giusto non imporre più le quarantene. Il Covid me lo sono preso prima della stagione che comunque è tanto lunga. Speriamo che alla fine sarà stato un male che non è venuto per nuocere…

L’azzurro ritrovato e morale alle stelle: bentornata Guarischi

22.02.2022
5 min
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Una delle buone notizie del nuovo anno per Barbara Guarischi è il suo ritorno in nazionale. Per ora si parla soltanto del ritiro di gennaio in Spagna, ma è sempre più di quanto per un motivo o per l’altro le è stato concesso negli ultimi tempi. Essendo molto veloce ed esperta e alla vigilia di una stagione che sembrerebbe strizzare l’occhio alle ruote veloci, la sua presenza a Calpe potrebbe essere ben più di un semplice indizio.

«E’ stata una bella cosa esserci – racconta – per almeno due motivi. Uno perché a casa negli stessi giorni c’era cattivo tempo. L’altro è che l’ultimo mondiale l’ho fatto a Doha nel 2016 e poi quasi più niente. L’anno scorso sono stata azzurra per quattro giorni come riserva ai mondiali. Perciò quando Sangalli mi ha chiamata, sono stata ben contenta di accettare. Paolo è sempre stato quello che ci metteva una pezza e faceva da psicologo. Mi piace il suo modo di lavorare. Siamo grandi, veniamo quasi tutte da squadre con allenatori e nutrizionisti e sappiamo come gestirci. Con questo cambio, è stato giusto rendersi disponibile. E alla fine si è creato il giusto clima fra lavoro e serenità».

Lo scorso anno per quattro giorni in azzurro (la prima da sinistra), come riserva a Leuven
Lo scorso anno per quattro giorni in azzurro (la prima da sinistra), come riserva a Leuven

Tre anni in Spagna

Barbara è al terzo anno con il Movistar Team, nello squadrone che si è votato quasi completamente alla causa di Annemiek Van Vleuten e di Emma Norsgaard. Le altre, Guarischi su tutte, avranno le loro chance quando le due leader non ci saranno o non avranno le gambe giuste. Facendo un passo indietro al tema di leader e gregarie, la squadra spagnola si è data una struttura piuttosto verticale, prendendo spunto certamente dal modo in cui è organizzata quella degli uomini.

«Ora si va a Nord – spiega – con l’idea di essere al 100 per cento per Annemiek ed Emma, che puntano al bersaglio grosso. Quando non ci saranno loro, penso ad altre corse in Belgio o magari alla RideLondon Classique, proverò ad avere il mio spazio. La squadra è contenta che prenda in mano la corsa e a me sta bene così».

A gennaio, Guarischi in ritiro con il Movistar Team ad Almeria (foto Instagram)
A gennaio, Guarischi in ritiro con il Movistar Team ad Almeria (foto Instagram)
In che misura l’attività con la nazionale si inserisce in questa stagione così piena?

Gli europei e i Giochi del Mediterraneo potrebbero essere una prospettiva interessante. Non correndo il Giro d’Italia, soprattutto i secondi potrebbero essere un obiettivo, dato che si corrono negli stessi giorni. Quando parlavo a casa del rapporto con la nazionale, i miei dicevano che negli ambienti di lavoro certe cose capitano. Invece forse adesso si può provare a mettere delle scelte, orientando i programmi.

Come mai non sarai al Giro?

Non ho mai dato disponibilità, perché di solito è duro e soffro il caldo. Quest’anno nel mio programma dell’estate ci sono il Women’s Tour e poi il Tour de France. Restando nel tema delle gregarie, non so quante compagne vorrà Van Vleuten. Farà caldo anche in Francia, però magari verso il nord sarà meno asfissiante.

L’impatto con la prima Roubaix non è stato dei migliori, ma l’ha comunque conclusa in 49ª posizione
L’impatto con la prima Roubaix non è stato dei migliori, ma l’ha comunque conclusa in 49ª posizione
Nel frattempo il mondo sta cambiando e le vostre corse stanno diventando sempre più tirate e disordinate…

Il problema grande di quest’ultimo periodo è che si corre come gli uomini, con le grandi squadre e in mezzo le più piccole. La differenza è piuttosto netta, per cui le ragazze delle continental per fare risultato si infilano in ogni varco e con le velocità che abbiamo, basta poco per cadere. Per tutelarci, andiamo per gruppi di squadra, ogni leader col suo treno. Ma se una squadra mette in fila il gruppo e un’altra non riesce a tenere il ritmo, basta un’incertezza e succede un macello.

Hai passato parecchio tempo in Spagna durante l’inverno, come mai?

Sono stata tutto dicembre a Denia, perché la squadra non faceva ritiri e ho organizzato da me. A gennaio siamo andate ad Almeria, ma c’è stato un positivo e verso la fine del ritiro ci hanno rimandato a casa. Poi Calpe con la nazionale, quindi mi sono fermata in una casetta che ho a Barcellona e da qui andrò direttamente in Belgio per la Omloop Het Nieuwsblad.

La Guarischi mascherata al via della Vuelta CV Feminas, debutto stagionale
La Guarischi mascherata al via della Vuelta CV Feminas, debutto stagionale
La Movistar ha trovato un assetto sul fronte dei direttori sportivi?

Fra gli uomini c’è stato un po’ di riassetto, per cui con noi dovrebbero esserci Pablo Lastras e Jorge Sanz. Però credo che Pablo lo manderanno più spesso fra gli uomini, per cui alla fine il nostro referente sarà Sanz.

Cosa hai portato via dal ritiro con la nazionale?

La tranquillità che mancava e un primo contatto con le under 23 che non conoscevo, avendo sempre corso all’estero. E poi c’era una ragazza diversamente giovane, Tatiana Guderzo. Ci ha raccontato il contraccolpo dell’anno scorso, ma abbiamo scoperto che la delusione ha toccato più d’una ragazza. Abbiamo parlato tanto e raccontato aneddoti. E la mattina presto a colazione guardavamo gli highlights delle Olimpiadi Invernali. E’ stato un bel tornare, il modo giusto per riallacciare il filo.

Non solo Bingoal Pauwels, Repente è sempre più con i pro’

04.02.2022
3 min
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Repente, brand tutto italiano produttore di selle, ha attivato un rapporto di partnership e di sponsorizzazione con il team belga Bingoal Pauwels Sauces WB . La squadra, che quest’anno ha in organico ben venti corridori, oltre ad un team Continental che comprende sedici giovani e promettenti atleti (fra loro l’azzurro Lorenzo Masciarelli), ha debuttato ufficialmente domenica scorsa nella classica apertura francese: il Gp La Marseillaise.

E’ fresco di stretta di mano l’accordo fra Selle Repente e la Bingoal-Pauwels Sauce
E’ fresco di stretta di mano l’accordo fra Selle Repente e la Bingoal-Pauwels Sauce

Classiche nel mirino

Per gli amanti delle statistiche, vale la pena ricordare che questa squadra, molto conosciuta sulle strade del ciclismo mondiale, e con una particolare “attitudine” per le difficili corse in programma in Belgio e in Olanda, nel corso della stagione 2021 è riuscita a cogliere complessivamente cinque vittorie, otto secondi posti e per ben quattordici volte è salita sul terzo gradino del podio. Sessantasei sono stati invece i piazzamenti nei primi cinque, 143 nei primi 10…

Nei prossimi mesi il team Bingoal Pauwels Sauces WB sarà al via di molte grandi Classiche del ciclismo mondiale, tra queste la Parigi-Roubaix, la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi. Ma in programma non mancheranno anche competizioni del calibro della Omloop Het Nieuwsblad, della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, oltre a moltissime altre.

I corridori della squadra belga potranno contare su tutte le selle della gamma Repente
I corridori della squadra belga potranno contare su tutte le selle della gamma Repente

Su bici De Rosa

E sulle biciclette De Rosa in dotazione alla squadra, Repente ha definito il montaggio del proprio top di gamma, ovvero le selle Quasar CR, Quasar, Prime, Spyd, Artax e Latus. Tutti modelli caratterizzati da un mix molto ben riuscito di materiali selezionati, lavorazioni accurate e pesi estremamente contenuti. Le biciclette da cronometro prevedono invece il montaggio delle selle Magnet, “full carbon” e di conseguenza ultraleggere. Da evidenziare, inoltre, che lo stesso team ha in dotazione anche i nastri manubrio “extragrip” sempre provvisti da Repente. 

Polonia, Italia e Portogallo…

Complessivamente, per la stagione 2022, Repente è partner di ben cinque squadre Continental. Fra queste il team polacco HRE Mazowsze Serce Polski capace di occupare il primo posto nella classifica mondiale di categoria. Pensate, nel corso del biennio 2020-2021 è riuscito ad imporsi per ben 27 volte. In più un loro atleta – Alan Banaszek – si è laureato campione europeo nell’omnium! In organico questo team prevedere 19 giovani corridori, senz’ombra di dubbio il meglio in termini di talenti espressi dal ciclismo polacco.

Repente Quasar
La sella Repente Quasar è una delle più apprezzate tra i corridori
Repente Quasar
La sella Repente Quasar è una delle più apprezzate tra i corridori

Con Beltrami TSA

Per quanto invece riguarda il nostro Paese, prosegue spedita la collaborazione di Repente con il team Beltrami Tsa-Tre Colli, mentre in Portogallo è al debutto la partnership con il Team Efapel. 

«Quest’anno a livello internazionale saremo sponsor di oltre 15 team (ha dichiarato Massimo Farronato, il CEO di Repente). Per un impegno importante, in forte crescita, che mira a consolidare il nostro brand in diverse aree del mercato mondiale in cui siamo già presenti commercialmente. Collaborare con i professionisti ci fa immagazzinare esperienza, e soprattutto ci induce a perfezionare i nostri prodotti a totale beneficio dei nostri clienti».

Repente

I tormenti di Madiot per liberare i corridori

02.03.2021
4 min
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C’è un vento (ancora troppo leggero) cui bici.PRO vuole dare il suo contributo per evidenziare i comportamenti estremi nel gruppo, che danneggiano i corridori e privano le corse dello spettacolo: questa volta ne parliamo con Marc Madiot. Potete anche non leggere questi articoli, poi però non lamentatevi per corse noiose e pilotate. Guardate la foto di apertura: dopo il terzo scatto sulla salita di Jebel Hafeet al Uae Tour 2021, Adam Yates guarda il computerino. Cosa sta cercando? Vuole capire se ha recuperato. Se ne ha ancora. E quanta forza ancora servirebbe per staccare Pogacar. Come sarebbe finita se non lo avesse avuto?

I nostri pezzi sui disordini alimentari ne hanno ispirati altri, in Italia ma soprattutto all’estero, dove L’Equipe ha iniziato un bel lavoro di indagine. E nel segno di questa implicita collaborazione, avendo letto un’intervista a Marc Madiot, abbiamo approfittato del raduno di partenza dell’Het Nieuwsblad per aggiungere qualche domanda al manager della Groupama-Fdj.

Il manager della Groupama ha parlato spesso degli eccessi del ciclismo moderno
Madiot ha parlato spesso di questi eccessi
Buongiorno Marc, riallacciamo i fili. Hai parlato di corridori privi di libertà.

C’è un controllo eccessivo nel gruppo. Se si fa una bella riunione pre gara, non è necessario intervenire ogni 3 secondi via radio. E’ una pressione permanente e aggiuntiva. Sapete qual è il guaio?

Quale?

Non possiamo più correre il rischio di perdere le corse. Arriviamo al punto di consigliare al corridore da quale parte prendere le rotonde. Mandiamo avanti una macchina per riferire del vento. Si capisce che tutta questa organizzazione alla lunga pesi proprio sui corridori. Guardano sempre più spesso il computerino, mi sembra che stiano perdendo la spontaneità del gesto sportivo. Solo pochi riescono a liberarsi da questa morsa.

I corridori provano a ribellarsi?

Con qualche battuta, raramente. Se gli chiedi di fare a meno di certi strumenti, ti dicono di no perché hanno paura del vuoto. Provate a immaginare di guidare senza più il navigatore che vi indica la strada, è la stessa cosa.

Marc Madiot ha vinto due Roubaix: nel 1985 (qui sopra) e nel 1991
Madiot ha vinto due Roubaix: nel 1985 e nel 1991
Abbiamo letto delle frasi abbastanza dure sulle abitudini social degli atleti…

Osservo. Leggo. Ascolto. Vedo i corridori pubblicare su Strava tutto il lavoro che stanno facendo. Magari sarò vecchio, ma io non direi mai agli altri cosa sto facendo in allenamento, proverei semmai a sorprenderli in gara. Per come va oggi, puoi sapere esattamente la condizione del tuo rivale. Vedere se è veloce, se soffre in salita. Puoi addirittura simulare il tuo allenamento per contrastarlo. Quando correvo io, solo mio fratello sapeva come mi allenavo. 

Cosa cambieresti?

Tutto, ma non si può… Potremmo impedire al corridore di leggere i dati in corsa. Saranno registrati perché servono per allenarsi, ma facciamo in modo che non siano disponibili per la lettura in diretta. Il fatto di non leggere sempre quel che c’è sullo schermo, diminuirebbe la pressione.

Hai mai pensato di dare tu l’esempio?

In realtà anche noi facciamo come tutti gli altri e se non fosse così rimarremmo indietro. Stiamo trasformando sempre più corridori in robot. Si alzano al mattino e recitano la parte che hanno imparato a memoria, dall’alimentazione all’allenamento. E se si discostano, li correggiamo in tempo zero. Siamo vicini a una perfezione che tuttavia merita una riflessione.

Evenepoel soccorso al Lombardia, dopo essere… scomparso dallo schermo
Evenepoel soccorso al Lombardia, dopo essere… scomparso dallo schermo
Chi dovrebbe farla?

Chi dovrebbe farla… Forse quelli che ci tengono, forse nessuno. Di certo non l’Uci e nemmeno le squadre più grandi che vogliono mantenere il controllo del gioco. Ma questo non è più un gioco, perché ha perso spontaneità.

All’Equipe hai fatto il paragone di quello che accadde il giorno della caduta di Evenepoel al Lombardia.

Si parlava della geolocalizzazione dei corridori in corsa, che con i transponder è possibile e viene utilizzata. Quando Remco finì nel fossato, un direttore sportivo dichiarò che era sparito dai loro schermi. Ecco, io credo che non sarebbe mai dovuto entrare in uno schermo.

Van der Breggen sugli scudi e tre azzurre in rampa

27.02.2021
4 min
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Bastianelli e Longo Borghini, le due azzurre che il cittì Salvoldi ha indicato come le due possibili leader per le Olimpiadi di Tokyo, non hanno perso l’occasione. E anche se non sono ancora al miglior livello, ciascuna delle due si è data da fare a suo modo. La prima, risultando la migliore delle italiane nella volata alle spalle di Anna Van der Breggen che ha vinto (foto di paertura). La seconda, facendo il diavolo a quattro sui muri, senza riuscire ad andar via. Niente male come debutto, con l’inserimento fra le due di un’altra Marta, la Cavalli che da quest’anno corre in Francia alla Francaise des Jeux e alle Olimpiadi ci pensa, eccome…

Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre all’Omloop Het Nieuwsblad
Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre

Volata scarica

Marta Bastianelli è passata nella zona mista infreddolita e livida. Consapevole di non essere al top, ha provato quello che fra gli uomini è riuscito a Ballerini: stare in gruppo fino all’ultimo e poi giocarsi la volata. La differenza l’ha fatta Anna Van der Breggen che, rispetto ad Alaphilippe e Moscon, non si è fatta riprendere.

«Per me è andata bene ma non benissimo – dice la leader della Ale BTC Ljubljana – perché sono abituata ad altri risultati qui in Belgio. Ci accontentiamo di un sesto posto, con la consapevolezza che se fosse valsa per la vittoria, la volata avrebbe avuto un senso diverso. Credo si debba guardare oltre, per cui la prossima gara sarà la Strade Bianche e poi torneremo qui in Belgio. Mi auguro di fare bene in Toscana».

Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi, ma invano
Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi

Viva il freddo

Elisa Longo Borghini e la sua maglia tricolore sapevano che dal momento in cui si fosse andati verso l’arrivo in volata, ci sarebbe rimasto ben poco da fare. Per questo prima ha attaccato e poi si sarebbe buttata nello sprint, anche per quello che ha concordato con Giorgia Bronzini, ma è arrivata al traguardo con 3 secondi di ritardo dal gruppetto impegnato nella volata.

«Ci ho provato come sempre – sorride con una mezza punta di rammarico – ma alla fine la svizzera della Ale Cipollini è andata dritta in una curva e mi ha portato un po’ fuori. Non che nello sprint avrei fatto chissà che cosa, però mi dispiace per il mio team. E’ una corsa che dice molto. Sostanzialmente si è visto che in questo momento la SD Works è la squadra più forte e ha tante carte da giocare. Ho provato ad anticipare, ma non è stato possibile, ero in inferiorità numerica. E’ tattica anche questa. Oggi il freddo si è sentito, un bel freddo da Nord. Nei giorni scorsi aveva fatto anche troppo caldo, ma è stato meglio così. Quassù deve anche essere freddo, sennò che Belgio è?».

Per due azzurre della pista, Chiara Consonni e Vittoria Guazzini, una giornata difficile
Consonni e Guazzini, due azzurre sfinite

La francesina

La terza incomoda, Marta Cavalli, ha cominciato la stagione con dichiarazioni modeste e caute. Solo da una frase nell’intervista di qualche tempo fa si poteva percepire che in realtà la cautela fosse più che altro scaramanzia: «Magari mi servirà un po’ di tempo per metabolizzare il cambiamento – aveva detto – io farò del mio meglio per stare vicino a Cecile, ma se starò bene avrò anche io carta bianca».

Oggi le cose sono andate esattamente all’opposto: Cecile ha tirato e lei ha fatto la volata

«La squadra negli ultimi chilometri ha lavorato per me – dice – e Cecile mi ha portato a sprintare nella miglior posizione. Purtroppo la concorrenza era elevata, ma sarebbe potuto andare meglio. La condizione è buona e questa è la cosa migliore. Col team mi devo amalgamare ancora un po’, ma siamo pronte e motivate per le Strade Bianche».

Il tempo per un’ultima annotazione e gli auguri di buon compleanno a Elisa Balsamo, che ha compiuto 23 anni. Il 19° posto dopo tanto girare in pista va letto in prospettiva: la condizione è in arrivo. Come lei si sono ritrovate un po’ in difficoltà anche Vittoria Guazzini e Chiara Consonni, ma diciamo pure che debuttare in una corsa come l’Omloop Het Nieuwsblad presenta dei rischi non indifferenti. Ora si va tutti alla Strade Bianche e vedremo cos’altro ci sarà da scrivere…