La storia di Alan, campione dell’omnium che sogna il Fiandre

18.10.2021
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«Non è facile trovare un posto – dice Alan – non so cosa devo ancora dimostrare. Nel ciclismo di adesso fanno firmare ragazzi giovanissimi con un grande motore, fanno la gara per prenderli. Ma non si rendono conto che sono bambini. Non sanno come correre. Come stare in gruppo. Io ho ancora 23 anni, non sono vecchio. Ma in certi giorni mi ci fanno sentire…».

Una voce da Varsavia

L’inglese di Alan Banaszek arriva chiaro da Varsavia, la sua città. Mancano pochi giorni ai campionati del mondo su pista di Roubaix, cui il polacco arriverà forte del titolo di campione europeo dell’omnium conquistato dieci giorni fa a Grenchen. A volte capita che i nomi si mescolino, si sovrappongano e si perdano. Altre volte ne trovi uno, prendi il filo, cominci a tirare e ti accorgi che l’ultima vittoria non è la sola, ma indietro nel tempo ce ne sono altre che giustificherebbero carriere più luminose. E ti chiedi il perché. Lui in parte ha già risposto con le prime parole, ma la sua storia ne merita altre.

Agli europei di Grenchen, impegnato nello scratch dell’omnium che poi vincerà
Agli europei di Grenchen, impegnato nello scratch dell’omnium che poi vincerà

Una collana di perle

Dicono gli archivi del ciclismo che il 9 agosto del 2015, Alan Banaszek vince il titolo europeo juniores su strada a Tartu, in Estonia. Alle sue spalle DeWulf, oggi alla Ag2R, e anche Hirschi. Uno junior così non passa inosservato e dato che in Polonia c’era la CCC-Sprandi, professional con un buon organico, quella maglia arancione diviene la sua seconda pelle dal 2016 al 2018.

Una vittoria alla Carpathian Course U23 e varie top ten al primo anno. Cinque vittorie e altre top ten al secondo. Quattro podi al terzo, ma tutti in corse di alto livello. Poi succede che nel 2019 la BMC chiude e la licenza passa alla polacca CCC, ma ci sono da fondere le due squadre e Alan resta a piedi. E’ l’inizio del tunnel. Passa infatti alla Caja Rural, fa solo quaranta corse e non vede mai l’arrivo. Cosa sia successo lo abbiamo chiesto a lui, facendo un passo indietro per farne altri in avanti.

Che cosa successe in Spagna?

In poche parole, mi sono perso. Ho smesso di allenarmi in pista, concentrandomi solo sulla strada e questo mi ha creato problemi con gli allenatori della nazionale. Il buono che si era messo in moto a Tartu nel 2015 e che agli europei di Berlino 2017 su pista si era confermato con la vittoria della corsa a punti, si è praticamente interrotto.

Sul podio dell’europeo di Grenchen, conquistato nell’omnium a 23 anni
Sul podio dell’europeo di Grenchen, conquistato nell’omnium a 23 anni
Un anno da dimenticare?

Di sicuro non è stato piacevole, ma non so se cambiando qualcosa del passato, ora sarei qui o altrove. Sono contento del livello che ho ritrovato e spero di avere la possibilità di trovare una strada migliore. Il futuro è da scrivere. In ogni caso dallo scorso anno ho trovato una maglia della HRE Mazowsze Serce Polski, una continental polacca e… sono tornato.

Che cosa significa?

Che ho ricominciato a vincere (cinque vittorie su strada, ndr) e ritrovare me stesso. Ora sto meglio e la vittoria agli europei sapevo che sarebbe stata possibile.

Vediamo allora di capire chi sei. Quando hai iniziato a correre?

Nel 2010 mio padre mi portò a fare il primo allenamento in pista. Lui aveva corso fino agli juniores e mi mostrò tutto quello che c’era da sapere.

Quando hai iniziato a pensare al ciclismo come a un lavoro?

Fra il primo e il secondo anno da junior. Lì mi sono reso conto che avrei voluto farlo come mestiere. Crescendo, ho iniziato a fare anche strada e ora posso dire di sentirmi al 100 per cento uno stradista con la passione per la pista.

Nel 2017 Alan vince il secondo titolo europeo: in pista a Berlino, nella corsa a punti
Nel 2017 Alan vince il secondo titolo europeo: in pista a Berlino, nella corsa a punti
Viviani dice spesso che per andare bene su strada deve andare bene su pista. Per te è lo stesso?

Nella mia squadra recito molti ruoli, anche quello del velocista. E quando esco fuori da un periodo di lavoro su pista, sento di essere più veloce.

Sei un velocista puro?

Direi di no. Sono veloce, posso anche infilarmi negli sprint di gruppo. Ma se devo parlare di me, mi definisco più un uomo da classiche, perché riesco a vedere la corsa e a cogliere l’attimo per attaccare. Poi in volata me la gioco con chiunque.

Guardando i tuoi risultati del 2021, salta all’occhio la classifica finale di una corsa a tappe, il Cycling Tour of Szleklerland, vinto su Auer e Guardini…

Una corsa vinta con la concentrazione su ogni traguardo volante. Prendevo abbuoni e sopravvivevo alle salite. Nessuna montagna troppo alta, comunque sempre salite di 3-4 chilometri. Quando nel gruppo di testa restavano 20 corridori, c’ero anche io. Hanno provato ad anticiparmi in tanti modi, ma mi sono difeso bene. E poi prendevo abbuoni sui traguardi. Una tappa l’ho vinta, nelle altre sono stato secondo, terzo e quarto. Nella terza tappa mi ha battuto Guardini.

Al terzo anno con la CCC-Sprandi, Alan corre anche il Tour de Langkawi
Al terzo anno con la CCC-Sprandi, Alan corre anche il Tour de Langkawi
Eppure non ti alleni da velocista…

Perché non lo sono, appunto. Mi piace allenarmi sulle salite. Quelle vicino casa, a Karkonosze, vicino al confine con la Repubblica Ceca. Altrimenti se ho tempo mi piace spostarmi a Livigno e fare dei periodi di preparazione.

Dalle tue parole, la squadra ideale potrebbe essere la Deceuninck-Quick Step o un’altra che si nutra di classiche…

Mi piacciono le corse del Belgio e cerco una squadra come quella. Vorrei mettermi alla prova su quelle strade, non voglio i percorsi facili. Devo provarci prima o poi, perché credo che i muri delle Fiandre siano perfetti per me.

Sembri molto sicuro di te…

Mi sento forte di testa e la vittoria agli europei ha rafforzato la convinzione. So cosa posso fare, ho le mie routine. Conosco il mio corpo, non ho paura della fatica o delle sfide.

Più la testa delle gambe?

Penso che per un atleta la componente psicologica sia la parte più importante, il primo aspetto in cui si deve migliorare prima di pensare alle gambe e perché siano forti davvero.

Gli europei hanno rafforzato la convinzione?

Sono stati la continuazione del buono che si è visto nel 2021 e che si riallaccia al giorno di Tartu e quelli successivi. Due o tre settimane prima di Grenchen sono stato campione polacco di 6-7 specialità. E’ stata una grande vittoria, ma non certo una sorpresa. Sapevo cosa stavo per fare.

La sensazione, riguardando le immagini, è che tu abbia vinto usando tanto la testa e la tattica giusta.

Cerco sempre di correre così, è la mia arma migliore. Non la potenza, che pure serve, ma saper vedere la corsa. Le mie vittorie più belle anche su strada sono venute così.

E così, con quest’ultima annotazione che per astuzia in gara fa pensare al miglior Kwiatkowski e tanto ricorda il modo con cui Julian Alaphilippe descrive le sue vittorie, Alan Banaszek ha ormai ultimato di riempire la valigia per l’imminente trasferta iridata. Correrà nell’inseguimento a squadre, in cui avrà gli azzurri olimpionici come scomodissimi avversari, poi l’omnium di cui è campione europeo. La sua storia a quel punto si tingerà di altri colori, ma resta a margine una domanda che meriterebbe una risposta. Perché uno così non è ancora professionista?