Ciabocco, un Avenir Femmes corso con riflessi azzurri

30.08.2025
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Il bicchiere lo vede sempre mezzo pieno e ha ragione lei. Eleonora Ciabocco ha appena concluso il Tour de l’Avenir Femmes meglio di un anno fa e può incamerare ulteriori convinzioni per i prossimi appuntamenti in maglia azzurra (in apertura foto instagram).

Nel 2024 la ventunenne marchigiana chiuse il “piccolo Tour” per U23 al sesto posto a più di sette minuti da Marion Bunel. Quest’anno invece ha iniziato con due secondi posti nelle prime due frazioni. Ha concluso quindi la generale in quinta piazza dopo essere stata seconda ad una manciata di secondi dalla maglia gialla fino alla vigilia delle due semitappe di ieri. Stavolta Ciabocco se l’è giocata molto di più contro due atlete più inclini di lei alla salita come Holmgren e Bunel (rispettivamente prima e seconda, a parti invertite rispetto a dodici mesi fa). Ora arriva un periodo da vivere quasi senza respiro tra Picnic PostNL e nazionale.

Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)
Holmgren (in maglia gialla) brucia Bunel al fotofinish ai 1980 metri di La Rosière. Chiuderanno così anche la generale (foto Tour Avenir Femmes)

Tutto alla fine

E’ stato un venerdì intenso quello vissuta sulle strade dell’Avenir Femmes. Dopo il riposo del giovedì, l’ultima giornata si è divisa in due a La Rosière dove era partita la corsa un anno fa. Al mattino la semitappa di 40 chilometri a cavallo delle Alpi con sconfinamento in Val d’Aosta (trasferimento di 36 chilometri per la partenza ufficiale da Morgex scalando il Piccolo San Bernardo prima di rifarlo in gara al ritorno), poi nel pomeriggio l’altra semitappa con una cronoscalata di 10 chilometri. Tra tutto le gambe di Ciabocco e le altre atlete hanno avvertito un dislivello di 3.000 metri.

«Siamo partite forte – attacca Eleonora mentre sta rientrando col gruppo azzurro dalla Francia – e mi aspettavo che qualcuno attaccasse presto. Infatti Bunel ha forzato i tempi sul Colle San Carlo, scollinando da sola e guadagnando in discesa. Dietro eravamo tutte assieme, ma scendendo verso La Thuile abbiamo iniziato a perdere contatto fra di noi. Da lì in avanti io ho praticamente fatto tutta la gara da sola e come me via via molte altre, a parte Holmgren che era già tornata su Bunel, arrivando in due fino al traguardo.

«E’ stato in quel frangente – prosegue Ciabocco – che ho perso tanto tempo ad inseguire quelle davanti a me che hanno sfruttato la superiorità numerica prima di restare sole. Ovvio che poi siano cresciuti i minuti tornando a La Rosière. La crono in salita non è andata male, però devi fare i conti con ciò che ti è rimasto. Posso dire di uscire con maggiori consapevolezze e più esperienza in generale e rispetto all’anno scorso. Quest’anno ero più preparata a fare la capitana perché anche con la mia squadra mi era capitato di essere leader in qualche gara».

Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)
Dopo il secondo posto nel prologo, Ciabocco conquista la stessa posizione nella prima tappa alle spalle di Gery (foto Lewis Catel)

Assaggio mondiale

E’ mancato solo l’acuto. Ciabocco meritava di tornare dalla Francia con un risultato importante anche se non bisogna disprezzare il secondo posto nel prologo in salita a Tignes e quello nella prima tappa in linea a Saint-Galmier, così come le altre quattro top 10. Questa settimana di Avenir Femmes può considerarsi un antipasto del mondiale U23 in Rwanda.

«Il livello è stato alto – analizza – tanto che nelle frazioni iniziali, o le prime quattro in linea se preferite, non c’è stato spazio e terreno per fare gara dura o un po’ di differenza sulle scalatrici pure. Siamo sempre arrivate tutte assieme. All’Avenir le salite lunghe hanno deciso la generale, al mondiale invece ci saranno strappi più corti e più gestibili, seppur ne uscirà una corsa dura.

«So che dovremmo essere al via in poche – spiega Ciabocco – e potrebbero esserci le stesse avversarie con l’aggiunta di qualche ragazza che non c’era in Francia. Penso a Cat Ferguson. Sulla carta può sembrare un percorso troppo duro per lei, ma sappiamo che è forte e che quando sta bene è capace di tutto. Penso però anche a Celia Gery, che all’Avenir ha conquistato tre tappe e mi ha fatto una grande impressione. Non è un caso che Francia e Gran Bretagna al mondiale U23 andranno con formazioni al completo o quasi».

Ardeche, Rwanda e… Ardeche

Il contingente della nazionale per i mondiali africani prevede il numero massimo consentito sia per uomini che donne. Nel gruppo femminile non è ancora esplicitato se ci sarà un posto riservato ad una Under 23 (che ricordiamo correranno una gara tutta per loro per la prima volta nella storia), però interpretando le parole del cittì Velo dopo il Giro Women parrebbe che quel posto potrebbe essere assegnato proprio a Ciabocco.

Se occorrevano risposte dall’Avenir, allora si può dire che siano arrivate. E forse vale davvero la pena portare la marchigiana in Rwanda. E’ vero che correrà senza compagne, ma è altrettanto vero che non sarà l’unica in quelle condizioni e non è peregrina l’idea di portare a casa una medaglia. Ora manca solo l’ufficialità, ma intanto Eleonora sa già che il programma che l’attende potrebbe essere un cerchio.

«Farò qualche giorno a casa – ci dice – poi correrò il Tour de l’Ardeche con la Picnic PostNL (dal 9 al 14 settembre, ndr). A quel punto se dovessi correre il campionato del mondo, so che partirei col gruppo crono il 17 o 18 settembre. Quindi farei una settimana in Rwanda prima di correre (le U23 corrono il 25 settembre, ndr).

«In teoria – conclude Ciabocco – dovrei correre anche l’europeo in Ardeche (il 3 ottobre, ndr) e la gara con la squadra potrebbe servire proprio anche in quella funzione. Tuttavia ci sono ancora un po’ di cose che vanno confermate e considerate. Una di queste sarebbe la capacità di recupero tra il rientro dal Rwanda e la rassegna continentale. Andiamo un passo alla volta però. Alla base di tutto bisogna aspettare la definitiva convocazione in nazionale. Naturalmente spero che arrivi, io sono pronta».

Frigo fissa gli obiettivi: Vuelta per le tappe e per una maglia azzurra

19.08.2025
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Se sarà quella della svolta lo sapremo solo più avanti, ma di sicuro il 2025 di Marco Frigo è una stagione che gli sta dando risposte e certezze nel suo percorso di crescita, oltre ad avergli regalato la gioia della prima vittoria da pro’. Ancora pochi giorni di rifinitura, poi sabato sarà al via de La Vuelta dimostrando il suo profondo feeling con le gare a tappe.

Fatta eccezione per la Milano-Sanremo e il campionato italiano a crono, il 25enne di Bassano del Grappa quest’anno ne ha disputate sei accumulando più di 50 giorni di corsa. E l’annata paradossalmente sta entrando nel vivo adesso per il ragazzo della Israel-Premier Tech. Dopo averlo visto in azione dal vivo al Tour de Pologne, siamo tornati a sentire che ulteriori mire si sia posto Frigo per le prossime settimane.

In Polonia nella crono conclusiva, Frigo ha guadagnato posizioni nella generale, chiudendo settimo
In Polonia nella crono conclusiva, Frigo ha guadagnato posizioni nella generale, chiudendo settimo
Marco in Polonia sei stato uno dei protagonisti e con la crono finale hai rafforzato una bella top 10. Te lo aspettavi?

Arrivavo da un buon Baloise Belgium Tour (quinto in generale a 11” da Baroncini, ndr) e quindi ero abbastanza fiducioso di quel buon momento. Il Tour de Pologne mi ha dato la consapevolezza che lavorare duramente paga sempre e che un mese di altura a Livigno fatta bene ha dato i frutti sperati. In realtà avevo qualche punto di domanda perché quando si scende è sempre così, nonostante le sensazioni fossero positive.

Avendo chiuso a poco più di 10” dal podio, col senno di poi senti che avresti potuto osare di più?

Bisogna fare un discorso equilibrato. Di base sono contento e soddisfatto perché ho preso una bella iniezione di fiducia. Non dico che torno dal Pologne come un nuovo corridore, però adesso so che in certe corse posso stare davanti con i migliori. Però sì, riguardando ora certe tappe, forse avrei potuto agire diversamente.

Frigo al Baloise Belgium Tour ha conquistato un secondo posto di tappa e il quinto nella generale
Frigo al Baloise Belgium Tour ha conquistato un secondo posto di tappa e il quinto nella generale
In che modo?

Diciamo che per inesperienza non ho giocato i finali di tappa al meglio. Penso a Zakopane in cui ci ho provato forse troppo presto. Avevo paura di sbagliare. Tuttavia non lo vedo come rimorso, quanto più come un prezioso insegnamento per il futuro. La seconda tappa, quella di Karpacz, è stata però quella che mi ha fatto scattare la molla.

Spiegaci pure.

Ero partito per la Polonia con l’intento di curare la generale e sapevo che già al secondo giorno ci si poteva giocare qualcosa di importante con l’ultimo chilometro all’insù. Nel finale quando hanno lanciato lo sprint, sono rimasto troppo indietro. Le gambe c’erano e ne ho superati tanti verso il traguardo, ma ho chiuso più staccato di quello che speravo (tredicesimo a 9” da Lapeira, ndr). Quella frazione è stata spartiacque almeno per me. L’ho chiusa con tanta rabbia e altrettanta convinzione che avrei potuto fare molto meglio da lì alla fine.

Frigo sarà al via della Vuelta per puntare alle tappe, grazie alla consapevolezza ottenuta al Pologne
Frigo sarà al via della Vuelta per puntare alle tappe, grazie alla consapevolezza ottenuta al Pologne
Ora c’è La Vuelta. Marco Frigo ha già fissato gli obiettivi?

Sì, certo. Come squadra partiamo per puntare ai successi parziali senza guardare alla classifica generale. Anche io parto con questo intento. Per me ogni tappa sarà una buona occasione per tentare l’azione giusta, ovviamente cercando di sfruttare i momenti di libertà per gli attaccanti. Non faccio programmi particolari, vedremo solo che piega prenderà la corsa.

Conosci già che calendario avrai dopo?

Ci saranno le classiche italiane, saprò più avanti quali correrò. Ho però un altro obiettivo da centrare, che volendo potrebbe passare dalle mie prestazioni alla Vuelta.

Frigo ha vestito l’azzurro l’ultima volta al Memorial Pantani 2023. Vorrebbe indossarlo ancora per l’europeo in Ardeche
Frigo ha vestito l’azzurro l’ultima volta al Memorial Pantani 2023. Vorrebbe indossarlo ancora per l’europeo in Ardeche
Qual è?

Mi piacerebbe correre l’europeo in Ardeche e vorrei conquistarmi una maglia azzurra. Penso di essere adatto al percorso e di poter essere un uomo importante per la nazionale in appoggio a chi sarà il capitano. Anche tirare tutto il giorno o quando sarà il mio turno. Mi ero già sentito col cittì e gli avevo dato la mia disponibilità ad una chiamata se fossi arrivato con una buona forma. So che Marco (Villa, ndr) verrà a vedere le prime tappe che si correranno in Piemonte e già lì vorrei dargli qualche segnale positivo.

Roma, 5 luglio: nascono le nazionali per Parigi

05.07.2024
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ROMA – La sede è quella giusta. Nella Sala Giunta del Coni si ritrovano tutti i tecnici delle nostre nazionali, con il presidente Dagnoni e quelli del Coni e del Comitato paralimpico: Malagò e Pancalli. Il Tour de France è nel pieno, Ganna sta correndo il Tour of Austria, le Olimpiadi di Parigi appaiono come un traguardo vicino eppure nei discorsi e nei calcoli dei tecnici sembrano ancora lontanissime. Malagò fa il punto scherzosamente delle medaglie, con il ciclismo e l’atletica che se la giocano al filo di lana e la scherma che è irraggiungibile.

E’ anche l’occasione per grandi annunci, come quello dell’accordo di sei anni con Infront che si occuperà di collocare il brand FCI nel posto che merita sul fronte del reperimento delle risorse e dell’organizzazione di eventi. In attesa di avere altri dettagli – dato che l’annuncio colpisce, le intenzioni sono chiare, restano da capire bene il come e gli importi (il comunicato uscito a seguire resta nel vago) – si tratta di un potenziale passo in avanti che punta a raggiungere gli standard di altre federazioni.

Ecco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro Giacomini
Ecco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro Giacomini

Crono: Longo, Ganna e Bettiol

Ma questo è il giorno delle nazionali e di un primo sguardo su Parigi. E così, seguendo l’ordine del calendario delle gare, i tecnici ci guidano nelle loro scelte. Il primo è Marco Velo, il cittì delle crono.

«I tre nomi che ho scelto – dice – sono Longo Borghini per le donne, Bettiol e Ganna per gli uomini. Gli atleti hanno avuto avvicinamenti diversi, ma siamo consapevoli che andremo a Parigi al 100 per cento. Vado con aspettative alte, insomma. I ragazzi stanno bene. Ho avuto parecchie difficoltà nello scegliere le squadre femminili. Nell’ultima prova, il campionato italiano di Grosseto, avevo chiesto alle due atlete in lizza che non arrivassero a 4-5 secondi. Ma siccome le donne mi mettono sempre in difficoltà, hanno pensato di arrivare a 90 centesimi (in realtà il verdetto della strada è stato riscritto dalla Giuria a favore di Vittoria Guazzini, ndr). Alla fine però ho scelto Longo Borghini, tenendo conto anche degli impegni in pista di Guazzini»:

Ai tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemontese
Ai tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemontese

Celestino e la MTB

Mirko Celestino è il cittì della mountain bike, ma nessuno dimentica i suoi trascorsi da stradista. Il ligure si è calato ottimamente nella parte e spiega con piglio.

«Sono molto soddisfatto dei risultati dei nostri ragazzi – dice – ci presentiamo a Parigi con la quota massima, con due uomini e due donne. Questo per me è un orgoglio. I ragazzi si stanno preparando veramente bene, in questo weekend correranno in Coppa del mondo. Siamo in rifinitura, si stano comportando molto bene. Le donne convocate sono Chiara Teocchi e Martina Berta e correranno il 28 luglio. Il giorno seguente toccherà a Luca Braidot e Simone Avondetto. Alcuni giorni prima della nostra partenza, a Pergine Valsugana si svolgeranno i campionati italiani».

Roberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTB
Roberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTB

Bertagnoli per la BMX

La BMX è rientrata in extremis grazie a una carta olimpica arrivata quasi per il rotto della cuffia. Si vede che il cittì Tommaso Lupi non ci sta a parlare solo di fortuna, per cui le sue parole sono legate alla prestazione e alla qualità dell’atleta convocato.

«Confermo un avvicinamento molto intenso – spiega – dopo due anni duri, cercando di portare a casa più punti possibili. Abbiamo avuto qualche infortunio che non ci ha aiutato, ma siamo riusciti a confermare la wild card per un uomo, che correrà il 2-3 agosto. Ho scelto Pietro Bertagnoli, classe 1999, che ha fatto una grande finale a Verona. E’ giovane, ma ha già grande esperienza. L’ho scelto per le doti che ha dimostrato in pista e anche in chiave futura. Ha dimostrato grande tenacia, ha avuto qualche infortunio di troppo, ma l’ho visto sereno».

Alberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia Viviani
Alberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia Viviani

Bettiol, Mozzato e Viviani

Bennati è emozionato e si capisce. Per arrivare fin qui ha dovuto sfogliare la margherita e Dio solo sa quanto sia stato complicato scegliere due nomi, dato che il terzo è stato assegnato d’ufficio dalla Federazione a Viviani.

«E’ una grande emozione – conferma – perché è la mia prima Olimpiade e la tensione va crescendo. Spero di poterla finalizzare con buon risultato. I tre atleti saranno Alberto Bettiol, Luca Mozzato ed Elia Viviani. Bettiol si è laureato da poco campione italiano, mi è piaciuto soprattutto il suo atteggiamento anche nelle gare minori. Gli avevo chiesto continuità e sta dimostrando di essere uno dei nostri corridori più rappresentativi. Sarà il faro della squadra, anche se avremo solo tre atleti. Mozzato, anche lui al Tour come Alberto, si è guadagnato la convocazione a suon di risultati, facendo secondo al Fiandre dietro Van der Poel. Su quel percorso, con Bettiol, può giocarsi una medaglia.

«Viviani invece è stato una scelta condivisa con tutta la Federazione. Il suo ruolo sarà fondamentale all’interno della prova in linea, soprattutto nella prima parte di gara per cercare di tenere gli altri fuori dai pericoli e gestire i primi 200 chilometri di una gara lunga 280. Ha tutte le caratteristiche per svolgere questo ruolo da regista in corsa. Faremo un mini raduno in Val di Fassa dal 27 al 2 agosto prima della partenza».

I presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca Pancalli
I presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca Pancalli

Donne al top

Sangalli è quello più esperto e se per Bennati si tratta di un debutto, il tecnico delle donne si avvia alla quarta Olimpiade.

«Ma entrando qui dentro – dice Sangalli – il cuore batte sempre più forte. Per la gara in linea ci saranno Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico. E’ una squadra forte, di riferimento a livello mondiale, infatti andiamo con il massimo delle quote. E’ una squadra preparata per qualsiasi situazione di gara. Se sarà dura, avremo Longo Borghini e Persico. Per un’eventuale volata abbiamo Elisa Balsamo, che rientra da un incidente che ha coinvolto un’altra P.O. come Sofia Bertizzolo, ed è una delle due donne più veloci al mondo.

«Elisa ha recuperato, avrà giornate altalenanti ma dopo il Giro arriverà in piena forma per affrontare la strada e la pista. Elena Cecchini sarà la regista in corsa, ruolo che svolge abitualmente nella sua squadra, che è la più forte del mondo. Vado a Parigi con ambizioni alte. Abbiamo appena concluso un raduno in quota a Passo San Pellegrino, poi correranno il Giro d’Italia e ci troveremo ancora in Val di Fassa».

Elisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’Italia
Elisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’Italia

Torna la velocità

La pista viene per ultima, ma forse è il settore da cui a Parigi ci attendiamo qualche oro, il salto doppio e la piroetta. Abbiamo tutto quello che serve per lasciare il segno. Marco Villa si vede che è uomo di campo e preferirebbe essere a Montichari con i suoi, ma adesso tocca a lui.

«Inizierei con le specialità veloci – dice –  che sono la novità, grazie a Miriam Vece che in questi anni è riuscita con tenacia ad arrivare alla qualifica di Parigi. Abbiamo avuto una doppia carta olimpica, Miriam ha qualificato un’altra ragazza. La abbiamo data a una giovane, a Sara Fiorin, che ha partecipato alle qualifiche.

Nella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara Fiorin
Nella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara Fiorin

I due quartetti

Il momento più atteso, quello dei quartetti e del settore endurance più in generale, dato che a Parigi ci saranno cinque atleti e dovranno fare tutto. La surreale programmazione del CIO ha reso le scelte e la programmazione ben più che scomoda.

«Nel settore endurance femminile – prosegue Villa – abbiamo 5 posti, grazie anche alla carta P. Verranno a Parigi Alzini, Consonni, Paternoster, Fidanza e Guazzini. A loro, come per Viviani fra gli uomini, si aggiungerà dalla strada Elisa Balsamo, grazie alla convocazione di Sangalli.

«Nel maschile il quartetto olimpico: Milan, Consonni, Lamon e Ganna, cui si aggiunge Manlio Moro che in questi giorni sta andando molto forte. Elia Viviani ci sarà grazie alla convocazione su strada e alla collaborazione della FCI, per aver considerato quello che è Elia per il settore della pista. Un vero trascinatore».

Foto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Dagnoni, Bennati, Velo, Lupi e Celestino
Foto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Bennati, Velo, Lupi e Celestino

Un programma a incastro

Proprio la pista forse sconta in questo momento la sovrapposizione dei calendari. Villa parla e non vedeva l’ora di farlo e nella sua esposizione capisci anche che razza di puzzle gigante sia far coincidere la presenza degli atleti in pista e nei ritiri.

«Con il settore maschile – prosegue Villa – abbiamo individuato delle date per la presenza in pista. Ganna è impegnato prima con la crono. Adesso sta correndo il Giro d’Austria, mentre il quartetto si sta allenando a Montichiari. Il 9-10 ci troveremo tutti. Poi Ganna farà altura fino al 17 luglio. Dal 18 al 20 luglio ci troveremo tutti, poi Filippo partirà per la crono. Fatta quella, tornerà a Montichiari, dove dal 28 al primo agosto mattina potremo allenarci bene. Ci alleniamo fino all’ultimo in Italia, visto che il programma olimpico concede un’ora e mezza al giorno in pista e mi sembra poco. Siamo un gruppo forte, non posso nasconderlo, ma abbiamo bisogno dei sincronismi necessari. Arriviamo da favoriti, non dimentichiamo però che a Tokyo abbiamo vinto per pochissimo.

«Per quanto riguarda le donne – chiude Villa – abbiamo dovuto individuare delle date. Ci sarà il Giro, cui parteciperanno in cinque. Abbiamo lavorato molto prima, la settimana prossima non ci sarà possibilità di specializzare il quartetto. Ci troveremo il 16 luglio e avremo più tempo rispetto al quartetto maschile per preparare. Il solo punto di domanda è come Elisa Balsamo uscirà dal Giro d’Italia».

Alla conferenza di Roma è presente anche Paolo Addesi, tecnico della nazionale strada paralimpici. Assente invece Silvano Perusini per la pista. A loro dedicheremo un approfondimento a parte, il semplice elenco di nomi non sarebbe sufficiente.

Bastianelli di nuovo in azzurro, questa volta senza bici…

08.03.2024
4 min
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Ieri Paolo Sangalli era a Diano Marina al Trofeo Ponente in Rosa, dove le ragazze della EF Education-Cannondale, unica squadra WorldTour al via, stanno facendo il bello e il cattivo tempo. Kristen Faulkner, ha vinto la tappa, mentre la maglia di leader la indossa Kim Kadzow, davanti ad altre due compagne. E mentre oggi, giorno della Festa della Donna a Milano sarà presentata la maglia rosa del Giro Women 2024, con il cittì della nazionale parliamo di un gradito ritorno in nazionale: quello di Marta Bastianelli, che proprio al Giro lo scorso anno chiuse la carriera, con un occhio particolare alla categoria delle juniores. Nella foto di apertura, Marta in azzurro ai mondiali di Wollongong 2022 (gli ultimi disputati da atleta), parla con Velo accanto al quale è seduto il cittì Sangalli.

All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli. Le radio ovviamente sono vietate
All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli. Le radio ovviamente sono vietate

Uno sbocco naturale

La notizia era uscita in un trafiletto sulla Gazzetta dello Sport, ma ha una portata ben superiore, per il carisma della romana e quello che rappresenta da anni per il nostro ciclismo. Appesa la bici al chiodo, la vincitrice di un mondiale, un europeo e un Fiandre (tanto per spizzicare qua e là nel palmares), aveva detto di volersene stare un po’ a casa, ma il richiamo dell’azzurro è stato più forte.

«Me lo hanno proposto che ancora correvo – ci ha detto ieri dal treno che, dopo l’arrivo di Giulianova della Tirreno, la portava a Milano – per un ruolo di supporto a Paolo Sangalli, ma non ho voluto pensarci fino a che non ho smesso. Essendo stata atleta fino a ieri, il mondo delle juniores ho potuto seguirlo ben poco, per cui comincio da zero accanto a un grande maestro coma Paolo. Devo ringraziare ancora una volta la disponibilità delle Fiamme Azzurre. Nel frattempo ho preso i tre livelli da direttore sportivo. E anche se ho sempre detto alle mie compagne che puoi fare tante riunioni, ma quello che succede in gara non si decide il giorno prima, ora mi trovo in un ruolo diverso. Ma lo confermo: la riunione è una bozza. In corsa poi le sfumature sono tante e differenti. L’importante è avere la freddezza per prendere le decisioni giuste».

Alla Festa Fiamme Azzurre, Bastianelli è stata premiata da l presidente del Coni Malagò (foto Claudio Peri)
Alla Festa Fiamme Azzurre, Bastianelli è stata premiata da l presidente del Coni Malagò (foto Claudio Peri)

Il mondo juniores

Sangalli sa esattamente cosa potrà darle Marta e parla del suo ruolo come se fosse la cosa più naturale del mondo, la prosecuzione di un cammino che non poteva che sfociare in un ruolo tecnico, sia pure alle primissime armi.

«Marta Bastianelli – dice –  è una risorsa importante per la Federazione. Le sue competenze ci daranno sicuramente una mano. Considerando il fatto che non ho più con me Rossella Callovi, che ha cambiato lavoro e vita, Marta comincerà dalle juniores. La forza del settore femminile è che le seguo da quando sono allieve, per cui quando te le ritrovi da elite ne conosci perfettamente pregi e difetti. Il suo coinvolgimento sarà per forza graduale e probabilmente si estenderà anche alla pista». 

Rossella Callovi ha collaborato fino allo scorso anno con Sangalli. Qui in Argentina con le U23
Rossella Callovi ha collaborato fino allo scorso anno con Sangalli. Qui in Argentina con le U23

Due occhi in più

In qualche modo, inizia a ripetersi quello che nei professionisti è la regola e che si sta attuando da qualche anno anche nel ciclismo femminile. L’atleta di esperienza che smette diventa una risorsa come tecnico. E’ successo con Giorgia Bronzini e Anna Van der Breggen, per citare le ultime due, potrebbe ripetersi con Bastianelli.

«Naturalmente anche lei – spiega Sangalli – deve fare le sue esperienze. Sapete, in bici è una cosa e fare il tecnico è un’altra. Servono solo tempo, pazienza e possibilità di fare esperienza. A fine aprile andremo a fare una gara in Olanda. Deve conoscere le squadre e i tecnici. Lei conosce alla perfezione la realtà delle élite, ma il mondo junior è un’altra cosa. Per cui inizieremo piano, senza stress e con l’appoggio del Centro Sportivo delle Fiamme Azzurre, al pari di Masotti, per fare un esempio. Ma non nascondo che il suo sia un arrivo naturale e certamente importante. Per noi che corriamo senza le radio, cosa assurda ormai anche solo da dire, due occhi in più non guasteranno di certo».

U23: Amadori tra un buon 2023 e il fronte straniero che lo attende

10.12.2023
5 min
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Il 2023 degli under 23 italiani non resterà negli annali, al tempo stesso però non si può dire che sia stato un anno negativo. Di certo sfortunato, ma nel complesso la nazionale guidata da Marino Amadori ha risposto presente. E nonostante tutto è anche arrivato un oro iridato, quello a cronometro firmato da Lorenzo Milesi.

Busatto, De Pretto, Buratti, Romele, Belletta e ancora Piganzoli e Pellizzari… alla fine tutti gli azzurri sono sempre stati nel vivo delle gare disputate. E se non fosse stato per cadute e forature in momenti topici, magari avremmo portato a casa qualcosa in più. Come a dire che la base c’è ed è questo quello che conta e che ben sa lo stesso Amadori.

Marino Amadori (classe 1957) con i suoi ragazzi in ritiro prima dell’Avenir di quest’anno
Marino Amadori (classe 1957) con Davide Piganzoli in ritiro prima dell’Avenir di quest’anno
Marino che anno è stato quello dei tuoi ragazzi?

Nel complesso direi un buon anno. Sicuramente ci è mancata una medaglia su strada al mondiale e all’europeo, eventi in cui avevamo i ragazzi giusti per conquistarle, e per quello dico che la ciambella c’è, ma è senza buco. Nonostante ciò abbiamo vinto la classifica generale della Coppa delle Nazioni, che magari passerà in secondo piano, ma parla della costanza di rendimento e si basa sull’insieme dei punteggi dei ragazzi, e non era semplice. E abbiamo vinto l’oro con Milesi a crono che, ricordo, ha battuto dei signor corridori.

Si parlava del gruppo: una buona base. Magari non saranno stati i ragazzi d’oro del 2021, ma siamo meno distanti di quanto possa sembrare…

Dico che è un buon gruppo, una buona base di lavoro e lo dico perché nel corso dell’anno ho potuto far ruotare molti atleti. Hanno corso in parecchi con la maglia azzurra e sempre a buon livello. E se abbiamo lavorato bene bisogna dire grazie alla Federazione e alle squadre.

Non è facile parlare di singoli, ma c’è qualcuno che ti ha sorpreso in positivo e qualcuno da cui ti aspettavi qualcosa in più?

Dobbiamo capire che in questo momento in Italia non abbiamo il super talento. Abbiamo dei buoni corridori che potranno essere protagonisti anche tra i pro’. Quindi non c’è nessuno che mi ha stupito soprattutto in negativo. Molti di questi ragazzi vengono dalle professional o dalle development delle WorldTour questo significherà pur qualcosa. Quindi non c’è nessuno che mi ha deluso al 100 per cento. 

Oltre all’oro di Milesi, non va dimenticato il secondo posto di Pellizzari all’Avenir
Oltre all’oro di Milesi, non va dimenticato il secondo posto di Pellizzari all’Avenir
Hai parlato di WorldTour, professional, devo team…

Il ciclismo sta cambiando a livello mondiale e noi dobbiamo adeguarci. Lo scorso anno cinque juniores italiani sono passati nelle development delle WorldTour, quest’anno saranno 8, chiaramente tutte squadre straniere (in Italia non c’è una WT, ndr). Una volta era impensabile. Una volta erano gli stranieri che venivano in Italia. Oggi fra le WorldTour e le professional ci sono 20 team che hanno la development e qualcuno ha anche quella juniores e agganci con categorie ancora più giovani. Si sta andando nella direzione del calcio. Di conseguenza questi grandi team vanno in giro per il mondo e si assicurano i ragazzi più promettenti su cui lavorare per crescerli in casa.

Perché un ragazzo dovrebbe scegliere di andare fuori? Okay l’influenza dei procuratori, dei talent scout…

Io credo che il motivo principale sia il nostro calendario gare, un calendario un po’ vecchio. Mi spiego: abbiamo tante gare, una dietro l’altra, ma spesso sono prove piccole. All’estero ci sono meno gare, spesso più importanti e in questo modo si può fare una programmazione. Si può impostare una preparazione mirata. Da noi è impossibile fare una pianificazione.

Vuoi dire che prendono subito un’impostazione da professionisti?

All’estero ci sono molti under 23 che hanno fatto non più di 30-35 giorni di gara nell’arco della stagione, con 4-5 corse a tappe. Da noi ormai ce ne sono rimaste due o tre, Giro under incluso. E’ chiaro che all’estero hanno una proposta di crescita che in Italia non c’è. Mi auguro che qualche corsa a tappe possa tornare. In Fci ne parliamo, ma non è facile. Serve anche una certa collaborazione con organizzatori e squadre.

A questo punto con tanti ragazzi in giro per mezza Europa viene da chiederci come cambia il tuo lavoro, Marino. Come cambia il lavoro del cittì? Vai più in giro? Guardi gli ordini d’arrivo delle prove straniere?

Innanzitutto facciamo parecchia attività come nazionale, la Coppa delle Nazioni ne è un esempio, in più abbiamo fatto l’altura. E seguo tutte le internazionali in Italia che non sono poche. Il tempo di basarsi sugli ordini d’arrivo è passato. Poi chiaramente li guardo, ci mancherebbe. Ma mi interfaccio molto anche con i direttori sportivi e con i ragazzi stessi. Già ora, per esempio, ho in mente una rosa allargata per il 2024.

I ragazzi di Amadori hanno vinto la Coppa della Nazioni. Qui la prova a tappe in Polonia, la Orlen Nations Grand Prix, dove Piganzoli è stato secondo
I ragazzi di Amadori hanno vinto la Coppa della Nazioni. Qui la Orlen Nations Grand Prix, dove Piganzoli è stato secondo
E come ti regoli?

Parto dal mondiale, il primo obiettivo, e da lì scelgo una rosa allargata, che potrà costituire la nazionale per quell’evento, ma anche per gli altri. Poi man mano con le gare e nel corso dell’anno farò scelte più oculate, programmerò l’avvicinamento ai grandi eventi come appunto il mondiale o l’Avenir. Senza dimenticare che anche i ragazzi di primo anno oggi possono già fare molto bene.

Una volta Marino convocare i veri under 23 era, giustamente, un tuo cavallo di battaglia: oggi è impensabile. E’ così?

Finché l’UCI non mette nessun vincolo è così. Convocare un under 23 che fa attività nazionale (vecchio stile) non avrebbe senso. Credo che con eventi come l’Avenir, il mondiale, l’europeo affrontati in un certo modo i ragazzi possano fare un’esperienza importante che si ritroveranno anche tra i pro’. E parlo soprattutto della programmazione per arrivare a quell’evento, all’avvicinamento. E magari quando lo faranno da pro’ sapranno già di cosa si tratta.

Quali sono i tuoi programmi nel breve periodo?

Fra non molto andremo a vedere il percorso iridato e tra qualche giorno andrò a Montichiari per fare dei test a 30-40 ragazzi, tra di loro ci sono anche tre, quattro ragazzini davvero interessanti. La cosa che mi è piaciuta molto è che in tanti hanno avuto piacere di esserci, segno che la nazionale fa gola. Forse è anche è un modo di mettersi in mostra, ma comunque fa gola e mi consente di avere la famosa base allargata.

Viviani ha ancora fame: prima di Parigi, vuole il Giro

27.09.2023
7 min
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La vittoria è tornata un anno dopo. L’ultima volta per Elia Viviani era stata ugualmente alla CRO Race, sul traguardo di Zagabria nel 2022. Nel mezzo, una stagione da 55 giorni di corsa (più la pista), che hanno dipinto del veronese un ritratto di luci e ombre, a metà fra l’ambizione che resta alta e la necessità di incastrarsi in un programma che non sempre ha avuto la forma da lui desiderata.

Il 7 febbraio, le candeline sulla torta sono state 34 e per la prima volta Viviani ha festeggiato il compleanno da uomo sposato. Tutto nella sua storia di uomo e di atleta fa pensare a una dimensione ormai stabile, con il prossimo obiettivo olimpico al centro di una carriera che di medaglie olimpiche ne ha già due, accanto alle 88 vittorie su strada. Eppure la sensazione è che nei suoi occhi ci sia ancora l’inquietudine di chi ha altro da dimostrare.

Ieri a Sinj, prima tappa della CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla CRO Race 2022
Ieri alla CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla stessa corsa del 2022
Partiamo da ieri, che effetto fa vincere dopo un anno di digiuno? 

Quando vinci a settembre, un po’ di paura di passare l’anno a digiuno ti viene. Sapevo che era un buon periodo, perché guardando indietro dopo qualche anno sono tornato competitivo ad Amburgo e Plouay. Insomma, erano segnali sul fatto di essere in condizione e competitivo con gli altri. Questo era già un bel punto per me, con il programma di fine stagione che potrebbe permettermi di risollevare il bilancio. Adesso c’è il Croazia e mi hanno aggiunto il Gree-Tour of Guanxi, in Cina, perché evidentemente la squadra vede delle possibilità per me.

Neppure quest’anno hai corso un grande Giro: in qualche misura questo ha inciso sulle prestazioni e sui risultati?

Sono due anni che non ne faccio, un po’ conta. Al Giro, Cavendish ha dimostrato di aver saputo vincere una tappa e per giunta quella di Roma. Saltare una grande corsa a tappe ti fa mancare qualcosa a livello fisico, ma ti toglie anche delle belle occasioni, che i corridori con qualche anno di corsa nelle gambe riescono a cogliere. Le cose sono due. Può esserci un dominatore e allora le vince tutte lui. Oppure c’è il momento in cui le volate non sono più così caotiche e i corridoi che le fanno sono quei 4-5 che sono arrivati in fondo e quelle diventano occasioni per centrare vittorie prestigiose.

Ai mondiali hai detto di voler fare più corse in pista. Questo significa che nel 2024 la strada sarà in secondo piano?

Il punto di quello che ho detto al mondiale riguardava il fatto tattico. Mi sono reso conto che faccio tanti errori nelle prove di gruppo. E’ vero che con le gambe puoi raddrizzare un buon omnium nella corsa a punti finale. Però è vero che se lasci troppi punti per strada, puoi lottare per una medaglia arrivando da dietro. Oppure, come è successo a me quest’anno, magari non la prendi. Quindi non si tratta di un fatto di preparazione, perché ormai abbiamo un buon sistema per arrivare pronti alle gare. Invece devo correre per leggere meglio i movimenti, gli attacchi, questi aspetti qua.

Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Andranno bene le Sei Giorni?

No, in realtà. Le Sei Giorni danno la gamba, ma si fanno prove diverse. Devo correre degli omnium, per cui stiamo guardando qualche gara di Classe 1, come quella di Grenchen a dicembre. E poi probabilmente nell’anno olimpico, per me sarà meglio fare tutte le Coppe del mondo e le gare di livello per arrivare bene a Parigi. L’obiettivo è arrivare pronto per la stagione su strada e quella su pista, fra marzo e aprile.

Ti aspetta un inverno molto intenso?

Finendo tardi e con la previsione di cominciare presto, l’inverno passa veloce. Torno dalla Cina il 18 ottobre. Probabilmente ridurrò lo stacco, perché ho visto che con gli anni le quattro settimane cominciano a essere troppe da ricostruire. Per cui ne farò due senza far niente, ma già nella terza qualcosina riprenderò. Quindi sarà un inverno corto, mettiamola così.

Sfogliando l’album delle tue foto, ultimamente sono più quelle in maglia azzurra che in maglia Ineos: come mai?

La verità è che anche agli europei, c’è stato un gruppo che ha girato bene. Tra le nazionali di pista e strada riesco sempre a dare qualcosa in più, a trovare me stesso. Qualcuno dice anche che essere andato all’europeo mi ha permesso di vincere subito qua al Croazia. Forse è vero. Vestire la maglia azzurra è speciale e quando non si portano risultati, anche se hai corso bene come domenica, ci rimaniamo male anche noi. La maglia azzurra è sempre stata qualcosa di speciale per me, una seconda squadra. Quando ho bisogno di correre, come è successo al Matteotti, so che posso chiamare e loro sono pronti. Questo per me è una certezza.

Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Sei stato con Villa l’artefice del rilancio della pista, sei andato agli europei per supportare Ganna. ti senti un po’ il… papà del gruppo azzurro?

Un po’ sì. Ho visto ragazzi con cui durante la stagione non ho tanto a che fare, come Mozzato e Sobrero, che apprezzavano che io fossi lì. Abbiamo parlato tanto: della stagione, di qualche gara, di diversi aspetti. Non solo Pippo, che è come un fratello, ma anche gli altri. Mi ha fatto piacere vedere che erano contenti, che in quei tre giorni di ritiro hanno cercato di prendere qualcosa da me. E’ bello essere un punto di riferimento, far capire cosa vuol dire vestire la maglia azzurra ed essere tutti per uno. Perché comunque per essere convocato fai dei risultati, quindi è normale che l’ambizione personale ce l’abbiamo tutti. Eppure in quei giorni tutti devono essere a disposizione di uno o due. Ovvio che non sia facile, quindi è una cosa che mi rende orgoglioso.

I giovani ascoltano?

Non sono così rari quelli che lo fanno, ma non sono neanche tanti. Alcuni arrivano e sono loro a spiegarti come vanno le cose. Non ricevono molto, forse non gli interessa. Invece ci sono delle eccezioni e mi fa piacere vederle anche in squadra. Tarling ad esempio è uno di quelli curiosi, vuole imparare, è un bambinone. Ad altri non interessa.

Hai parlato delle tue ambizioni. Dopo gli anni d’oro alla Quick Step alla Cofidis non ha funzionato e sembra che tu le abbia riposte da qualche parte. Non vorresti più un Morkov a tirarti le volate?

Ho provato a prendere Morkov fino a pochi giorni fa, l’ambizione c’è assolutamente. La questione è che è tutta una catena. Vincere fa ritrovare confidenza a me, ma fa anche capire al team e ai corridori che sono con me che valgo ancora un aiuto. Vincere significa che so ancora fare il mio e questo porta ad aumentare gli obiettivi. Se il prossimo anno parto dall’Australia, dalla corsa di Cadel Evans che per me è sempre stata una bella gara, potrei già avere un cerchiolino rosso a inizio stagione. E da lì, è tutta una catena che ti porta a puntare più in alto. Come Amburgo…

Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Non ti ha stupito?

Per tanti è stata una sorpresa, ma non per me. Per me Amburgo era un obiettivo, così pure Plouay, che mi sono sempre piaciute. Plouay era un po’ proibitiva con 4.000 metri di dislivello, eppure sono arrivato nei dieci. E’ stato un segnale. Quindi le ambizioni ci sono e sono alte. Devo essere sicuro di avere un buon programma. Vorrei assolutamente essere al Giro d’Italia, per me è importante anche per Parigi. Prima delle Olimpiadi ho sempre fatto il Giro e so che è qualcosa in più a livello fisico. Ma non lo farei solo per Parigi, ma anche perché mi manca correre una corsa a tappe di tre settimane, sia fisicamente che come ambizione. Vincere al Giro sarebbe qualcosa di più speciale ancora.

Forse in questa nuova Ineos, che non si capisce quale mercato stia facendo, potrebbero aprirsi un po’ di spazi anche per il velocista al Giro, no?

Sicuramente la Ineos Grenadiers è in un momento di costruzione e il lavoro è incentrato sul cercare l’uomo che vince il Tour. L’obiettivo rimane quello di qualche anno fa, quindi andare al Tour con i migliori e provare a vincere. Riuscirci è una questione abbastanza complicata, per cui se si decide di andare in Francia con tutti i più forti, al Giro più che alla Vuelta ci sarà spazio per il velocista. In Spagna si va con il pieno di scalatori per correre ai ripari. Sì, sono convinto, il Giro per me sarebbe l’opportunità migliore.

Longo Borghini, la prima uscita e il mondiale dal divano

19.08.2023
8 min
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Per la prima volta nella sua carriera, Elisa Longo Borghini non ha partecipato al campionato del mondo. Difficile trovare certe statistiche nel ciclismo maschile e forse più in genere in quello contemporaneo, dove per un motivo o per l’altro può capitare di restare fuori: non fosse altro per le caratteristiche del percorso. Alla piemontese non era mai successo. Solo una volta era rimasta fuori dalla nazionale, per le Olimpiadi di Londra, e se l’era legata al dito. Questa volta però non c’è stato da recriminare su nulla, dato che il problema di salute che l’ha costretta al ritiro dal Tour non consentiva leggerezze o gesti eroici. Così Elisa ha seguito il mondiale da casa. Il suo punto di vista è il modo di rivivere la corsa di Lotte Kopecky e delle italiane, cercando eventuali punti di snodo che potrebbero esserci sfuggiti.

Fra le curiosità di quel giorno, domenica 13 agosto, c’è che Elisa è riuscita per la prima volta a riprendere la bici. La sua giornata perciò è iniziata con un’uscita assai blanda in compagnia di Jacopo Mosca (foto di apertura), reduce dal Polonia e in procinto di partire per il Giro di Danimarca, ed è poi proseguita sul divano.

Secondo Longo Borghini, un’azzurra sarebbe potuta entrare nella prima fuga, purtroppo nessuna c’è riuscita. Paladin ha provato a inseguire
Secondo Longo Borghini, un’azzurra sarebbe potuta entrare nella prima fuga, purtroppo nessuna c’è riuscita. Paladin ha provato a inseguire
Come è stato guardare il mondiale in tivù?

Strano. Li ho fatti tutti da quando sono passata elite. Anche nel 2013, quando ero caduta e mi ero fatta male, ma riuscii a recuperare in tempo. E sarei riuscita a farlo anche questa volta, se non li avessero spostati ad agosto. Però alla fine ho accettato la situazione. E’ capitato qualcosa fuori dal mio controllo, non ero arrabbiata. Mi è dispiaciuto perché mi vedevo in quel gruppetto davanti a dare legnate secche. Però se non si può, non si può. Se la salute non ti supporta, non puoi farci niente.

A che punto hai realizzato che avresti saltato il mondiale?

Ufficiosamente dal momento in cui mi sono ritirata dal Tour e abbiamo capito che la situazione era parecchio seria. Non sarebbe stato possibile recuperare.

Veniamo al mondiale. Non ti sembra che di base ci sia stata una lettura sbagliata del percorso? Perché parlare tanto di velocisti?

Per quanto mi riguarda, io avevo fatto l’europeo più o meno su quel percorso e non era stata una corsa per velocisti. Fra gli uomini era arrivato un gruppetto con Trentin, mentre la nostra gara arrivò in volata solo perché decidemmo di farla arrivare in volata. C’era stata davanti per tanto una fuga, poi un gruppettino, poi rimasi io da sola con Van der Breggen. Quindi per me era chiaro che con tutti quei rilanci e quegli strappettini, che sembrano tanto semplici ma alla fine segano le gambe, non sarebbe stata una gara per velocisti. Mi ha stupito veramente che tutti pensassero che potesse essere una gara per gente veloce. Era chiaro che sarebbe diventata una corsa durissima.

Il 7° posto di Chabbey è venuto per quella che Longo Borghini ha chiamato “corsa del morto”
Il 7° posto di Chabbey è venuto per quella che Longo Borghini ha chiamato “corsa del morto”
Prima fuga, nessuna azzurra dentro e Soraya Paladin che insegue da sola…

Avevo parlato con alcune ragazze della nazionale e ci eravamo dette che sarebbe stato buono essere in una fuga da lontano, soprattutto se costava poco e c’erano dentro dei buoni nomi, ad esempio un’olandese. E dei buoni corridori effettivamente sono andati via, ma noi non eravamo dentro e mi è dispiaciuto. Però alla fine è semplice parlare da casa, in corsa ci sono delle dinamiche che non conosco. Ho visto che Gasparrini ci ha provato, ma non è riuscita ad agganciarsi. Le sono mancati quei tre metri senza i quali saremmo a raccontare un’altra storia.

Anche perché dopo la corsa le prime ad essere dispiaciute erano loro…

Questo è poco, ma sicuro. In questa intervista potrò dire tutto, ma non mi troverete mai a criticare le mie compagne, perché ci tengo alla maglia azzurra e ci tengo a loro.

In tutte le loro parole prima e anche dopo, la tua assenza è stata il fattore che ha fatto la differenza, quasi sentissero che mancava chi avrebbe finalizzato il lavoro…

E’ un argomento difficile: potrebbe essere successo, non lo so. Sentir parlare della mia assenza, da un certo punto di vista mi è dispiaciuto. Sentire però che le persone o anche gli stessi commentatori rimpiangessero che non fossi lì, mi ha dato la carica per tornare al prossimo mondiale e pareggiare i conti. In ogni caso le ragazze avevano come riferimento Elena Cecchini, che corre in una squadra molto forte e conosce le dinamiche di corsa. Io sono più che altro il braccio e lei la mente. Io sto davanti di gambe, ovviamente uso anche il cervello, però non mi reputo una trascinatrice come lei.

Cecchini è stata la trascinatrice delle azzurre: se avesse ripreso Chabbey, la Longo è sicura, sarebbe entrata fra le top 10
Cecchini è stata la trascinatrice delle azzurre: se avesse ripreso Chabbey, la Longo è sicura, sarebbe entrata fra le top 10
A un certo punto è stato chiaro che il nostro leader fosse Silvia Persico.

E Silvia ha fatto vedere che c’era. Forse ha sprecato un po’ troppo seguendo i primi attacchi della Kopecky, che erano più dettati dal nervosismo. Magari poteva rimanere di più sulle ruote e far chiudere le altre, però anche in questo caso… Io stavo guardando la TV, lei solo sapeva come stavano le sue gambe e che cosa l’istinto le diceva di fare. Quindi se ha fatto così, un motivo forse c’era.

Che cosa hai pensato quando hai visto che Kopecky faceva il diavolo a quattro?

Si è visto dall’inizio che la Kopecky aveva una gamba che… sparecchiava e che era determinata a vincere questo mondiale a qualsiasi costo, più di tutte. Era pronta a morire sulla bici. Il motivo lo sa solo lei. Oltre al fatto di avere la maglia, secondo me c’era qualcosa di più forte che la spingeva a vincere quella corsa, qualcosa di personale. Quando vuoi così tanto una corsa, è perché hai qualcosa dentro che ti dà una spinta in più. Lei aveva le gambe, ma anche una cattiveria agonistica impressionante.

Longo Borghini ha capito dalle prime battute che Lotte Kopecky avesse dentro una spinta emotiva superiore: voleva vincere
Longo Borghini ha capito dalle prime battute che Lotte Kopecky avesse dentro una spinta emotiva superiore: voleva vincere
Il 2023 è l’anno in cui ha perso suo fratello …

Quando ti ritrovi in quelle situazioni, sei talmente determinata, che ogni cosa diventa possibile. Avrebbe strappato la maglia alla Vollering se fosse stato necessario…

Cosa hai pensato quando hai visto Elena Cecchini andare da sola in caccia di Chabbey?

Ho pensato che se fosse rientrata, avrebbero avuto una bella posizione di vantaggio. La Chabbey ha fatto risultato (settima all’arrivo, ndr) perché su un circuito così, se ti porti avanti, è vero che ti vengono a prendere, però ormai è la corsa del morto. Dietro la selezione è già fatta e non rientrano in tanti, quindi ho sperato che Elena riuscisse a ricucire, perché poi avrebbe fatto di sicuro una top 10. Infatti, quando è partita, ho detto: «Cacchio, brava Elena!». L’ha pensata bene, anche se non è riuscita a rientrare. 

Consonni e Balsamo, le più veloci, hanno tenuto finché è stato possibile…

Chiara ha corso sulle ruote, probabilmente era stato deciso così. Ha tenuto bene, ha fatto una bella gara. Elisa è stata intelligente e molto coraggiosa, perché quando ha capito di non avere le gambe per stare con le prime, ha provato ad anticipare con la Markus. Credo che per lei sia stata una buona prova, soprattutto dopo l’incidente e dopo un Tour de France in cui ha speso tanto.

A proposito di Tour de France, alcune azzurre sono arrivate al mondiale parecchio provate: forse le due corse erano troppo ravvicinate?

Bè, alla Kopecky è andata bene… Ovviamente se sei un’atleta di fondo e magari non sei una giovane che ha fatto Giro e Tour, allora può andare bene. Per chi è più maturo ed è abituato a carichi di lavoro importanti, il Tour de France è stato la miglior preparazione. Lo sarebbe stato anche per me, se avessi finito il Giro e non mi fossi ritirata anche dal Tour (sorride amaro, ndr).

Forse Silvia Persico rientra fra le più giovani che potrebbero averlo pagato?

Ho paura di sì, però mi potrei sbagliare. E’ ancora giovane, magari non sta facendo ancora dei carichi di lavoro super importanti. Ha fatto 10 giorni di Giro a tutta, poi due settimane per recuperare, poi di nuovo una settimana durissima al Tour. Anche solo guardando i miei dati su Training Peaks, nonostante io mi sia ritirata prima delle tappe più dure, avevo un TSS altissimo, perché andavamo ogni giorno a tutta. Quindi può essere che Silvia sia arrivata un po’ stanca al mondiale (il Training Stress Score è un numero che tiene conto della durata e dell’intensità di un allenamento e dello stress fisiologico che ha prodotto, ndr).

Sei stata per tutto il giorno sul divano?

Molto serenamente, con Jacopo che mi portava da bere e da mangiare. Più acqua che cibo, perché devo bere tanto. E poi facevamo i nostri commenti, le nostre valutazioni da divano, come due pensionati.

Silvia Persico è stata la leader delle azzurre e si è fatta trovare nei momenti giusti. Secondo la Longo, potrebbe aver pagato il Tour
Persico è stata la leader delle azzurre, ma secondo la Longo, potrebbe aver pagato il Tour
In conclusione, che mondiale è stato?

E’ stato un mondiale figo secondo me, perché diverso da quello che tutti si aspettavano. Gli sprinter come Philipsen e Wiebes saltati al primo giro. Da spettatrice è stato un bel mondiale da seguire. Si prestava a scatti e contro scatti. Non è stato per niente soporifero. Anche la gara degli uomini, che magari nelle prime ore… Invece hanno fatto un finale che è durato 150 chilometri e anche guardare le ragazze è stato molto coinvolgente. Ho guardato tutte le gare, mi sono fatta anche una certa cultura nel paracycling.

Sei uscita per la prima volta in bici il giorno del mondiale, come procede adesso il recupero?

Ieri ho ripreso sul serio con le tabelle di Slongo. Se guardo i lavori che devo fare, penso che li farebbe anche mia nipote, ma sono stata per due settimane senza allenarmi, con un intervento, gli antibiotici, dolori vari e ferite, quindi sono un po’ a pezzi, ma il morale è buono. Chissà che per il Romandia non si possa ricominciare a menare le mani…

EDITORIALE / Il bello e il brutto di essere italiani

14.08.2023
5 min
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GLASGOW – La carovana del mondiale si sta disperdendo. Anche chi scrive prenderà il volo nel pomeriggio e a quel punto di questi giorni si parlerà al passato. In realtà sembra passato un secolo. La vittoria di Mathieu Van der Poel è già lontana, nonostante sia avvenuta appena otto giorni fa. Forse perché nel frattempo di mondiali se ne sono svolti altri cinque: ciascuno con i suoi ragionamenti e le sue storie. Al pari degli atleti, almeno gli italiani con cui abbiamo avuto i maggiori contatti, ammettiamo di sentirci prosciugati anche noi.

Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra
Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra

La casa degli italiani

Piuttosto che affrontare il tema di questa nuova formula, su cui certamente torneremo, oggi al centro c’è l’Italia, intesa come casa degli azzurri.

«Sono emozionato dal lavoro dei miei compagni – ha detto Bettiol dopo l’arrivo del mondiale – della squadra, dei tecnici, dei massaggiatori, i meccanici. Sono fortunati a essere italiano, ci hanno messo nelle condizioni migliori. Ho veramente dato tutto. Oggi per me era il culmine di un anno. Io credevo in questo mondiale, non mi interessava se non era adatto a me. Non mi interessava. Io volevo far bene, volevo ripagare il lavoro non solo dei miei compagni, ma di tutti, di tutte le persone che sono dietro, che sono fantastiche e ci rendono orgogliosi. Perché secondo me abbiamo il miglior staff di tutte le nazionali e sono contento che vi siate divertiti».

Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale
Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale

Bettiol e le differenze

Si trattava sicuramente di un momento ad elevata emotività di un atleta che vive di slanci, ma anche un atleta che dopo il primo anno da professionista nell’ultima parte della Liquigas (anche se la squadra si chiamava già Cannondale) si è ritrovato in un team americano. Vista la lunga permanenza, evidentemente si troverà bene, ma vivere per pochi giorni in una squadra di italiani lo ha riportato a quel 2014. Tanto più che in nazionale, Amadio ha ricreato il clima di quella stessa squadra. E in questi pochi giorni, Bettiol deve aver colto la differenza. Quante volte nella sua squadra ha avuto tanta considerazione?

Ecco il punto. Si continua a parlare della necessità di una squadra italiana non per dare fiato ai polmoni, ma perché è il solo modo per tutelare il capitale di atleti italiani che ogni anno viene speso e a volte sperperato sul mercato internazionale.

Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene
Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene

La domanda di Amadori

Il giorno dopo la vittoria di Milesi nella cronometro under 23, Marino Amadori ci ha affidato un’interessante riflessione, chiusa con una domanda.

«Si dice tanto che in Italia non ci siano corridori – ha detto il tecnico romagnolo degli U23 – quando in realtà in questa categoria ne abbiamo molti e anche forti. Quello che mi chiedo però è dove finiscano una volta che passano professionisti. Sono loro che non hanno il carisma di emergere oppure nelle squadre dove passano, vengono messi in fondo alla coda, senza la possibilità di venire avanti?».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero

Lo Stato italiano

In attesa di scoprire quali esiti avrà il nuovo flusso migratorio verso i Devo Team stranieri, ci allacciamo ad altre due corde per fare il passo successivo.

Le parole ascoltate proprio ieri da Francesca Polti fanno capire come il ciclismo, se affrontato con le giuste competenze manageriali, sia ancora un fortissimo veicolo promozionale. E viene quindi da chiedersi se la fuga degli sponsor italiani di anni fa sia stata dovuta davvero ai casi di doping o piuttosto all’impossibilità di giocare con le fatturazioni che rendeva l’investimento vantaggioso anche su altri piani. Se così fosse, si confermerebbe una volta di più che il sistema fiscale italiano sia il freno per certi investimenti. E che certi industriali non la raccontano giusta.

In secondo luogo, cadono le braccia nel vedere come nel Paese di Coppi e Bartali e altri giganti che riempiono da soli libri di storia dello sport, il Governo non muova un dito per offrire un sostegno. La Francia ha coinvolto la Francaise des Jeux e invogliato giganti come banche e compagnie petrolifere, al pari di quanto fatto dal Belgio con il Lotto. Ci sono regioni di Spagna e Belgio che sostengono da sole l’attività di squadre professionistiche, non volendo tirare in ballo gli Stati che hanno posto il loro nome sulla maglia di squadre.

Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite
Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite

Il dio pallone

Nella nostra Italia così provinciale e bigotta, siamo arrivati al punto di mettere il dio pallone al centro di ogni cosa, lasciando al resto solo le briciole. E se poi viene fuori che Mancini lascia la nazionale e potrebbe averlo fatto per soldi (siamo sempre in attesa che il cittì dimissionario fornisca le sue ragioni) allora quelle parole di Bettiol e le lacrime di Elena Cecchini per la brutta figura fatta ieri dalle ragazze in corsa (dal 2004 non eravamo mai usciti dai primi 10: anche questo è un tema che riprenderemo) assumono una profondità e una ricchezza che forse lo sport italiano non merita. Che i suoi politici non sarebbero neanche in grado di cogliere.

Il rientro di Balsamo. Tanta fatica e feeling da ritrovare

01.08.2023
4 min
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MONTICHIARI – Il suo è stato uno dei rientri più attesi. Il brutto infortunio occorso a fine maggio a Elisa Balsamo aveva condizionato in un colpo solo i pensieri iridati dei cittì delle nazionali strada e pista. Ora la cuneese è tornata a disposizione e ha tanta voglia di essere utile alla causa.

Si è data tanto da fare la 25enne della Lidl-Trek negli ultimi due mesi. Parte del suo recupero lo abbiamo trattato con Elisabetta Borgia pochi giorni fa. Balsamo ha ripreso al Tour Femmes. Una partecipazione senza alcuna velleità, non poteva essere altrimenti. Un bel quinto posto in volata al terzo giorno di gara comunque lo ha ottenuto, prima di abbandonare dopo la sesta tappa per non compromettere il cammino della seconda parte di stagione, che inizia con i mondiali di Glasgow. A Montichiari, Balsamo lavora sia nella palestrina del velodromo che in pista con esercizi specifici. Tra uno e l’altro, parte il nostro botta e risposta mentre sta mangiando una barretta.

Dopo il rientro al Tour, il programma di Balsamo prevede mondiali, un paio di gare a tappe e altre semi-classiche
Dopo il rientro al Tour, il programma di Balsamo prevede mondiali, un paio di gare a tappe e altre semi-classiche
Elisa, masticare ti dà ancora fastidio?

No, adesso riesco abbastanza bene. Solo i cibi estremamente duri e croccanti, come ad esempio una mandorla, ancora non riesco a morderli bene. Per il resto devo dire che ho sistemato quasi tutto. I denti non sono tutti a posto, ma quelli per la masticazione sono stati sistemati.

Com’è stato alimentarsi in gara dopo un incidente come il tuo?

Non è stato facile. Per fortuna ora ci sono tanti prodotti morbidi, tipo gel o gelatine, che sono più semplici da mangiare. Poi si usano tanto le maltodestrine nelle borracce, quindi anche quello aiuta a tenerti alimentato. I panini soffici o le rice cake riesco a mangiarli più fuori dalla bici, perché posso masticarli con calma. Per la verità al Tour nei momenti tranquilli della tappa ci ho provato e mi sono allenata anche su quel tipo di gesto.

A livello posturale invece come va?

L’osteopata ha dovuto lavorare parecchio. Con la mano non sono ancora a posto al cento per cento. Mi fa ancora un po’ male e la posizione in bici non è perfetta, con le relative conseguenze. Si sa che il corpo è tutto collegato. L’impatto che ho preso in faccia ha avuto ripercussioni nella parte posteriore del fisico, tra cervicale e schiena.

In Francia com’è andata?

Sono andata al Tour per fare fatica. Ci voleva. Sono partita con sole tre settimane di allenamenti, non potevo aspettarmi altro. Ho fatto qualche giorno di recupero appena tornata dalla Francia. Spero che tutto il lavoro fatto finora venga fuori a breve.

Balsamo al Tour è rientrata con diversi obiettivi. Fare fatica e ritrovare feeling in gruppo e sulla bici
Balsamo al Tour è rientrata con diversi obiettivi. Fare fatica e ritrovare feeling in gruppo e sulla bici
Ai mondiali sarai impegnata in pista e strada?

Sì, anche se stiamo aspettando ancora qualche conferma. Su strada ho parlato con Paolo (il cittì Sangalli, ndr) e in teoria dovrei essere in squadra. In pista invece dobbiamo capire con Marco (il cittì Villa, ndr) chi correrà e quali saranno le specialità, ma sapremo tutto in questi ultimi giorni prima dell’inizio del mondiale.

Sangalli ci aveva detto che il circuito era perfetto per te

Sicuramente non ci arrivo con la condizione che avrei voluto. Sappiamo che ad un mondiale devi essere al 110 per cento quindi arrivarci all’80 per cento potrebbe non bastare. Però alla fine secondo me sarà un mondiale molto particolare. Ci sono tante curve, quasi certamente potrebbe piovere e questi fattori potrebbero rimescolare le carte in gioco. Le corse di questo tipo possono diventare molto imprevedibili. Io cercherò di fare del mio meglio con la condizione che ho, anche perché non si può fare diversamente (sorride, ndr).

Come hai vissuto la convalescenza?

Ho sempre cercato di essere ottimista, fin dai primi giorni. La voglia di tornare era tanta. E’ quella che mi ha spinto ad avere un recupero veloce. Anche il chirurgo non credeva ai propri occhi quando dopo un mese riuscivo a muovere la bocca abbastanza bene. Non se lo aspettava proprio, ma io mi sono impegnata tanto nella fisioterapia. Non è stato semplice però l’obiettivo di rientrare al Tour mi ha aiutato sicuramente.

Ulitmissime prove pre-mondiali a Montichiari per Balsamo (qui con Consonni) sotto le indicazioni del tecnico Masotti
Ulitmissime prove pre-mondiali a Montichiari per Balsamo (qui con Consonni) sotto le indicazioni del tecnico Masotti
Ti ha lasciato un po’ di paura questo infortunio?

In gruppo mi sono trovata abbastanza bene. Sicuramente in discesa o dove le velocità sono molto alte la sento ancora un po’, più che altro per la paura stessa di ricadere e farmi di nuovo male dopo la prima volta. Tuttavia uno degli obiettivi del Tour era quello di tornare per ritrovare un buon feeling in corsa. Per il momento penso di esserci riuscita abbastanza bene.

Qual è il programma di Elisa Balsamo dopo il mondiale?

Farò il Tour of Scandinavia ed il Simac Tour tra fine agosto ed inizio settembre. Potrei disputare anche Plouay ma valuteremo con la squadra. Poi correrò le gare in Italia e credo anche l’europeo. Per fortuna dopo Glasgow non finisce la stagione. Speriamo che arrivi ancora qualche bella soddisfazione.