Erica Magnaldi è nata a Cuneo il 24 agosto 1992. E' alla sua ottava stagione elite

Dalle GF alle elite: Magnaldi e le differenze con Trinca Colonel

29.09.2025
5 min
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Esempi di atlete che sono arrivate dalle gran fondo alle elite ce ne sono stati diversi. Nell’ultimo decennio alcune di loro sono diventate pro’ e vincenti come Erica Magnaldi prima e Monica Trinca Colonel adesso. Vale la pena però fare delle distinzioni perché anche questa transizione ha risentito del veloce e progressivo mutamento del ciclismo femminile.

Ti accorgi quindi parlando dell’argomento con Magnaldi che lei stessa farebbe fatica ad inserirsi in quello che è il suo mondo attuale e nel quale ci sa stare alla grande. Alla 33enne cuneese della UAE Team Adq abbiamo chiesto quali consigli e avvisi darebbe alle ragazze che si sentono di provare il passaggio nella massima categoria. In buona sostanza non basta solo saper andare forte in salita, occorrono tanti altri aspetti, anche mentali.

Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)

Vita che cambia

A luglio 2017 Magnaldi sale agli onori della cronaca amatoriale per la vittoria del percorso lungo della Maratona dles Dolomites. Questo risultato nella gran fondo italiana più famosa la proietta tra le elite trovando un contratto con la BePink la stagione successiva, prima di attirare l’attenzione della Ceratizit. Se il resto è storia nota, quel periodo sembra lontano anni luce.

«Il ciclismo specialmente quello femminile – apre la spiegazione Magnaldi – è cambiato tantissimo. Riguardando indietro, posso dire serenamente che la Erica di sette anni fa adesso sarebbe in grande difficoltà a correre tra le elite. Ora il livello è alto, le atlete sono agguerrite e le gare sono molto più complicate. Nel 2018 era più semplice per chi arrivava dal nulla come me. Adesso non è un passaggio così scontato come si può pensare, anche se comunque devi avere delle qualità.

«Personalmente – prosegue – ho dovuto colmare le lacune tattiche, lo stare in gruppo e la conoscenza delle avversarie. Nonostante tutto in qualche modo sono riuscita a cavarmela. Adesso bisogna avere motore per tutto. Ad esempio vediamo che ci sono i lead out per le salite, per portare le proprie capitane all’inizio delle salite o per guidarle fino ai punti decisivi. E talvolta le atlete che svolgono questi compiti continuano a salire a tutta.

Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)

Passaggio da ponderare

Per quelle granfondiste che ottengono buoni piazzamenti o che producono grandi prestazioni, il salto tra le elite va soppesato in maniera attenta. Se nel ciclismo maschile appare impossibile, anche nel femminile la tendenza inizia ad essere la medesima.

«Attenzione – sottolinea Magnaldi – a chi è tentata di lasciare le gran fondo per provare le gare elite. Ci sono differenze fondamentali a cui nessuno mai pensa. Le granfondiste sanno andare forte in salita con un passo regolare. Al netto di questa dote, trascurano sempre la pianura, le salite brevi e i cambi di ritmo. E poi spesso si trovano in gruppi di uomini che scandiscono la velocità. Per passare elite bisogna lavorare a livello anaerobico.

«C’è poi una componente di stress – aggiunge Erica – che non va sottovalutata. Correre a certi livelli tra le elite ha tanti aspetti belli, ma è una vita dura sia in gara che fuori. Sei chiamata a stare tanto lontano da casa tra ritiri e gare. Devi saper gestire le pressioni delle corse e gli equilibri di una squadra. Ora che sono pro’ mi accorgo che forse non sarei in grado di ritornare alle gran fondo e magari vincerle, proprio perché sono due mondi e sport totalmente diversi, non solo tatticamente».

Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi

Esempio border line

Dopo il mondiale appena disputato in Rwanda, sabato prossimo Trinca Colonel correrà anche l’europeo in Ardeche, dove ha conquistato tappa e generale del TCFIA, e dove ci sarà Magnaldi, che una settimana fa ha vinto il titolo continentale nel gravel in Abruzzo. Sono state spesso accomunate per il loro passato nelle gran fondo, ma le similitudini si fermano qua.

«Credo che sia – dice Magnaldi – un esempio border line quello tra me e Monica. Non ci sono consigli che io possa dare a lei. Monica ha corso nelle categorie giovanili fino a quindici anni e ha imparato a guidare molto bene la bici. Non a caso è una delle più forti discesiste del gruppo. Monica ha numeri e motore da fuoriclasse. E infatti non mi stupisco che stia andando forte malgrado fino al 2023 corresse e vincesse le gran fondo.

«Io invece – si avvia alla conclusione del discorso – sono cresciuta sugli sci da fondo e iniziando ad andare in bici quando ormai avevo più di ventidue anni. Mi sono affacciata al ciclismo elite in una fase in cui c’erano divari molto netti tra le 20-30 atlete più forti e le altre. Ora il livello medio è molto più alto alle spalle di quelle solite 20-30 forti. Le abilità le ho acquisite in gruppo, mettendomi in gioco, seguendo consigli e guardando le nostre gare in televisione, cosa che peraltro faccio ancora adesso per capire meglio gli errori che da dentro ti sfuggono. Ecco perché dico che chi viene dalle gran fondo ora farebbe fatica».

Trinca Colonel, la vittoria de l’Ardèche fa parte del cammino

17.09.2025
6 min
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Tappa e maglia… anche quella azzurra per Monica Trinca Colonel dopo la vittoria nella frazione finale del Tour de l’Ardèche. L’atleta della Liv-AlUla-Jayco si conferma così una delle migliori del panorama nazionale. Forse colei che più è cresciuta durante la stagione e che addirittura potrebbe candidarsi ad essere l’erede di Elisa Longo Borghini, un anticipo di questa staffetta si è vista al campionato italiano.

L’Ardèche, come accennavamo, ha decretato il suo biglietto per il Rwanda, ma quel che più conta è il processo che questa ragazza sta facendo. E’ un’atleta di pura sostanza, pochi fronzoli, di cui si parla anche poco ma sulla quale si può fare affidamento. Un processo di crescita di cui abbiamo parlato con Marco Pinotti, uno dei coach della squadra australiana.

«Ero giusto in magazzino – attacca Pinotti – per preparare la bici da crono di Monica per i mondiali. Ero con i meccanici rientrati ieri dall’Ardèche. Abbiamo ragionato sul percorso dei mondiali, abbiamo fatto il “pace strategy” in base agli ultimi dati di potenza. E abbiamo cercato di definire le possibilità dei rapporti da scegliere per la prova a cronometro iridata».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi l’head coach della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi l’head coach della Jayco-AlUla
E come vi siete orientati?

Anche se la crono non è il primo obiettivo di Trinca Colonel, è una prova importante e cerchiamo di fare il miglior risultato. Monica userà una monocorona da 60 denti, però le abbiamo lasciato l’opzione del 58, perché le informazioni che non ho sono relative alla qualità dell’asfalto, che può essere più o meno scorrevole. Abbiamo così lasciato due opzioni: la principale appunto il 60 e l’altra il 58. Dietro chiaramente avrà l’11-34. Però la scelta finale la farà là, in accordo con i tecnici della nazionale.

Marco cerchiamo invece di inquadrare bene tecnicamente questa ragazza. Che atleta è?

E’ un’atleta forte e resistente, tecnicamente molto valida. Sa guidare bene la bici, ha un alto consumo di ossigeno ed è resistente nel lungo periodo. Soprattutto in questi due anni ha costruito una resistenza alla fatica che le ha permesso di ottenere risultati importanti. Non ha picchi di potenza enormi, come le prime al mondo, ma una forte resistenza alla fatica. Nei contesti di sforzo prolungato o nelle gare dure riesce ad emergere.

La Liegi di quest’anno è stato il quadro perfetto di quanto hai appena detto. Magari si staccava ma poi rientrava…

Esatto, e lo stesso ha fatto alla Strade Bianche e in qualche altra corsa.

Quanto è cresciuta? E perché in modo così sensibile?

Perché fino a due anni fa lavorava in un negozio di ottica! La sua storia è una bella lezione per tanti. Adesso si cerca talento precoce, ma questo è un esempio che con un po’ di fortuna e tanta bravura anche a 25 anni si può debuttare ad alti livelli e fare bene. Il suo è un percorso alternativo rispetto a tanti altri.

Monica Trinca Colonel vince l’ultima tappa dell’Ardeche e conquista anche la generale. Sono i suoi primi successi da pro’ (foto Getty Images)
Monica Trinca Colonel vince l’ultima tappa dell’Ardeche e conquista anche la generale. Sono i suoi primi successi da pro’ (foto Getty Images)
Quindi ci sono margini?

Secondo me sì. Primo perché è un’atleta a tempo pieno da meno di 24 mesi. Secondo perché dallo scorso anno a quest’anno è cresciuta come valori di potenza nella prima parte di stagione. Poi tra Giro Women e Tour Femmes abbiamo avuto qualche problema. Siamo arrivati al Giro con l’idea di fare una bella corsa, ma invece ha avuto uno stop fisico che un po’ mi aspettavo… in questo suo processo di crescita generale. Ma non proprio in quei giorni. Abbiamo provato a mandarla al Tour Femmes come esperienza, per capire se potesse essere anche psicologico, invece lì abbiamo capito che i guai del Giro erano proprio fisici. Anche lì aveva gli stessi sintomi: dopo due o tre giorni di stanchezza, abbiamo deciso di fermarci.

E poi cosa avete fatto?

Abbiamo optato per uno stop netto e siamo ripartiti dalla base praticamente. Abbiamo ricostruito la seconda parte di stagione a partire dall’Ardèche, che è stato il suo rientro post Tour Femmes. Con Marco Velo si era parlato di portarla al mondiale, ma io ho detto: «Vediamo prima come va l’Ardèche», perché c’era il rischio che Monica fosse ancora stanca. I carichi erano monitorati, ma il peso psicologico si faceva sentire.

Cosa intendi?

Fino all’anno scorso correva senza grandi responsabilità. Qualsiasi risultato era un passo avanti. Quest’anno invece ha affrontato gare con il ruolo di capitana, con un confronto rispetto all’anno precedente e ha dovuto affrontare un processo diverso. All’Ardèche i numeri sono migliorati ancora rispetto a inizio stagione.

Trinca Colonel (classe 1999) quest’anno ha fatto davvero un grande exploit. Ha il contratto con la Liv anche per il 2026
Trinca Colonel (classe 1999) quest’anno ha fatto davvero un grande exploit. Ha il contratto con la Liv anche per il 2026
Tu come la vedi? Più scalatrice, donna da corse a tappe, cronoman…?

Cronoman lo è in parte, stiamo lavorando sulla posizione. Ha fondo e può andare bene nelle corse a tappe, anche se non è la scalatrice più forte. Può dire la sua nelle corse dure di un giorno come la Liegi o i campionati nazionali. E’ un’atleta di fondo che fa della continuità la sua forza.

Prima hai accennato anche all’aspetto mentale. Monica è ancora nella fase del “tutto nuovo” oppure iniziano le responsabilità? Insomma è consapevole?

Secondo me sì. Monica è una ragazza intelligente e consapevole. Sa riconoscere quando non è al meglio e affronta le difficoltà con maturità. Le responsabilità aumentano, ma deve imparare a gestirle. E’ bello che mantenga entusiasmo e che non senta troppa pressione. Ci tiene molto alle compagne e al lavoro di squadra.

Le avete affiancato qualcuna più esperta?

Mavi Garcia, che è molto esperta. Monica ha dimostrato di saper correre anche da capitana e magari al Mondiale potrà stare vicino a Longo Borghini.

L’atleta lombarda sarà in maglia azzurra ai prossimi mondiali. Farà sia la crono che la strada
L’atleta lombarda sarà in maglia azzurra ai prossimi mondiali. Farà sia la crono che la strada
E’ cresciuta come potenza rispetto all’anno scorso?

Sì, di almeno un 4 per cento su tutta la curva, rispetto al suo miglior livello dello scorso anno. Sono percentuali molto importanti a questo livello.

Avete ritoccato la posizione in bici?

L’anno scorso no. Ma quest’anno tra Giro e Tour abbiamo fatto indagini anche a livello meccanico e abbiamo trovato che aveva l’ileopsoas contratto. Una soluzione immediata è stata ridurre le pedivelle da 170 a 165 millimetri. Le usava a crono e ora anche su strada. In questo modo la gamba lavora meno chiusa.

E lei come ha reagito?

Essendo resiliente non ha sentito particolari differenze, ma ha capito che poteva aiutarla. Rivedremo la posizione con calma in inverno, per ora corre così. La risposta è stata positiva.

C’è qualcosa che vuoi aggiungere al quadro tecnico di Monica Trinca Colonel?

Bisogna essere cauti con le aspettative. Monica è un’atleta che può raccogliere ottimi risultati, ma non è scontato che la crescita sia continua. Ci saranno alti e bassi, come quest’anno tra Giro e Tour. Certi processi richiedono più tempo di quello che immaginiamo. Ha davanti ancora tanti anni, ma bisogna darle tempo, senza metterle pressione. Lei stessa non si monta la testa.

Trinca Colonel: un podio con il suo idolo e ora sotto con il Giro

29.06.2025
5 min
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Superato il traguardo lascia scorrere la bici e prosegue a zigzag tra giornalisti e fotografi, si ferma solamente quando trova un fazzoletto d’ombra a bordo strada. Monica Trinca Colonel ha appena terminato la prova tricolore riservata alle donne elite e under 23 al secondo posto. Beve sperando di reintegrare subito dopo lo sforzo e per abbassare la temperatura corporea. Poi si siede sul marciapiede, un’addetta all’antidoping le chiede se ha a portata di mano un documento, lei indica il parcheggio alle sue spalle come a dire: «E’ lì». 

Non parla, nemmeno quando arriva Letizia Paternoster, sua compagna di squadra alla Liv Jayco AlUla (che ieri ha corso con le Fiamme Azzurre). La trentina la abbraccia riempiendola di complimenti, mentre Monica Trinca Colonel continua a cercare energie e fiato. Riacquista la voce una volta scesa dal podio delle premiazioni, quando le chiediamo di parlare ha gli occhi lucidi.

«Ero già contenta di come era iniziata la stagione – dice mentre la voce dello speaker annuncia le classifiche della Coppa Italia delle Regioni ma questo secondo posto ripaga di tutti i sacrifici fatti fino ad ora, anche se non era d’obbligo. Non è detto che tutte le volte in cui ci si impegna arrivino dei risultati, per me è un sogno che si avvera».

Gli occhi lucidi per cosa sono, o per chi sono?

Sono tornata al ciclismo solamente un anno fa dopo un lungo periodo di stop durante l’adolescenza. Per me è surreale ritrovarmi qui oggi (ieri, ndr) alle spalle di Elisa Longo Borghini che è sempre stata un idolo e un punto di riferimento per me e per il ciclismo femminile. E’ come una vittoria. Non so davvero che dire, forse troppe cose. 

Vederla così vicina ti fa venire voglia di prenderla?

Sì ma dobbiamo ammettere che è ancora superiore, va bene così per il momento. C’è tempo e ci sono tanti anni davanti nei quali posso crescere, spero. Sapevo che in questo tipo di sforzi brevi e su percorsi del genere è ancora superiore, lo ha dimostrato con una bellissima azione. 

Prima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunque
Prima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunque
Quando è partita hai pensato di restare alla sua ruota, o di provarci?

Sinceramente no. Sapevo che sarei esplosa, quindi ho cercato di gestirmi il più possibile. Il secondo posto al campionato italiano è un risultato comunque fantastico. 

Un altro tassello importante in una stagione ricca di progressi e ottime prestazioni.

Sì, una gara come quella di oggi (ieri, ndr) mi dà tanta fiducia in vista del Giro d’Italia Women che è il mio grande obiettivo della stagione. 

Per Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo Borghini
Per Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo Borghini
Si andrà al Giro per?

Puntare a una top 5. Partirò con l’idea di prendere quello che viene dando sempre il massimo. Il ciclismo è imprevedibile per cui vedremo. E’ una grande ambizione quella della top 5 ma sono consapevole di esserci vicina, ne ho avuto conferma alla Vuelta. La condizione credo stia emergendo, spero. Se tutto andrà bene questo obiettivo potrebbe avverarsi.

Quanto è stata importante la Vuelta nell’avere questa consapevolezza?

Mi ha fatto capire che sono un’atleta portata per i giri a tappe, poi mi piacciono molto come tipo di gara. Bisogna sperare che vada tutto bene. In queste corse di più giorni c’è sempre una tappa storta, speriamo cada in un giorno che non risulti poi decisivo. Ci sarà da stringere i denti, ma lo fanno tutte.

Dietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismo
Dietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismo
Sei tornata al ciclismo la scorsa stagione dopo tanto tempo, in questo anno cosa hai scoperto di nuovo su di te e di questo sport?

Mi sento più sicura e un po’ più consapevole delle mie forze. Manca ancora un piccolo step, come migliorare sugli sforzi brevi o a livello di tattica. Sono consapevole di esserci e di poter migliorare, spero un giorno di riuscire a essere come Elisa Longo Borghini. 

Correre un campionato italiano così è una bella risposta a livello tattico…

Vero, però si poteva prevedere dove ci si doveva far trovare pronte. Sono contenta di esserci riuscita, poi però contavano solo le gambe e sono felice di averle avute

EDITORIALE / La legge di Pogacar e quella italiana da cambiare

28.04.2025
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Con l’ennesima spallata allo sport contemporaneo, Tadej Pogacar si è portato a casa anche la Liegi, mettendo insieme un filotto che ha del prodigioso. Terzo a Sanremo. Primo al Fiandre. Secondo alla Roubaix. Primo alla Liegi. In mezzo il secondo posto all’Amstel, che forse ha scoperto un suo piccolo limite, e la vittoria alla Freccia Vallone.

La settimana scorsa parlammo di abuso del talento e restiamo convinti che l’Amstel sia stata di troppo, nel nome della stessa cautela per cui lo scorso anno la UAE Emirates decise di non schierare Tadej alla Vuelta. Tuttavia, come detto più volte in passato, il fenomeno è lui e al netto delle cautele necessarie per la sua longevità atletica, bisogna ammettere che con il campione del mondo alcune regole andranno riscritte. Mentre in Italia non si riesce a riscrivere la Legge 91.

Il secondo posto di Ciccone alle spalle di Pogacar nobilita l’abruzzese e lo lancia verso il Giro d’Italia
Il secondo posto di Ciccone alle spalle di Pogacar nobilita l’abruzzese e lo lancia verso il Giro d’Italia

La Liegi degli italiani

La Liegi di Pogacar ha visto un bel segnale dagli italiani, con il secondo posto di Ciccone e la presenza di Velasco e Bagioli fra i primi dieci. Dopo anni di vacche molto magre, un risultato che piace parecchio. Al punto che dalla Lega Ciclismo sono arrivate le congratulazioni del presidente Pella.

«Siamo orgogliosi dei nostri corridori – ha dichiarato l’onorevole piemontese – la prova odierna conferma il valore e il lavoro che tutto il movimento italiano sta portando avanti con impegno e passione. Questa generazione ha talento e coraggio: qualità che sapranno emozionarci sulle strade del Giro e nelle più importanti competizioni internazionali».

Una comunicazione che in altri tempi sarebbe arrivata dalla Federazione ciclistica italiana, come dopo il Trofeo Binda e la Tirreno-Adriatico, quando il presidente Dagnoni si congratulò per i bei risultati degli atleti italiani.

Abbiamo la sensazione che fra i due massimi organi del ciclismo italiano ci siano scarsa comunicazione e una competizione non dichiarata. Come quando Dagnoni era stato da poco eletto per il primo mandato e doveva fare quotidianamente i conti con Renato Di Rocco, che non perdeva occasione per presenziare a partenze e premiazioni. Entrambi hanno pieno diritto di fare quel che fanno, ma la situazione da fuori appare insolita.

I presidenti Dagnoni e Pella al Tour of the Alps, durante la commemorazione di Sara Piffer da parte di Giacomo Santini
I presidenti Dagnoni e Pella al Tour of the Alps, durante la commemorazione di Sara Piffer da parte di Giacomo Santini

Le donne ignorate

In questo scenario ancora da capire, la nota stonata è che siano state ignorate le donne. Nessuna congratulazione, da entrambe le parti. Neppure quando Letizia Borghesi ha conquistato il secondo posto della Parigi-Roubaix e ieri Trinca Colonel un rispettabilissimo posto fra le prime 10 della Liegi.

Le donne non fanno parte della Lega del ciclismo professionistico, eppure (fatti salvi gli importi) all’UCI il contratto di Elisa Longo Borghini è identico a quello di Ganna. Siamo ancora fermi alla Legge 91 sul professionismo: una legge di 34 anni fa! E siccome nessuna Federazione all’epoca consentiva alle donne di accedere all’attività professionistica, le atlete italiane sono considerate dilettanti, sebbene abbiano in tasca dei contratti da professioniste.

Negli anni due decreti hanno ridefinito il concetto di “lavoratore sportivo”, estendendo alcune tutele anche al settore dilettantistico. E successivamente sono stati apportati ulteriori correttivi, adeguando la normativa alle esigenze attuali del mondo sportivo. Ma la disparità resta ed è frustrante. Lo è per noi che ne scriviamo, figurarsi per chi la vive sulla propria pelle.

Monica Trinca Colonel ha conquistato l’ottavo posto alla Liegi: ha un contratto da pro’, ma per la legge italiana non lo è
Monica Trinca Colonel ha conquistato l’ottavo posto alla Liegi: ha un contratto da pro’, ma per la legge italiana non lo è

Lo sforzo condiviso

Allora forse, mentre le foto della vittoria di Pogacar popoleranno gli sfondi per questa settimana e lasceranno poi il posto alle prime immagini del Giro, il ciclismo italiano fa bene a rallegrarsi per i tre azzurri nei 10 della Liegi. Poi però dovrebbe scrollarsi di dosso l’ennesima disparità a scapito delle ragazze.

Chiunque arrivi prima a sanare l’irregolarità meriterà una stretta di mano. Fermo restando che si potrebbe arrivarci assieme: la Federazione e la Lega che ne è diretta emanazione. La concorrenza serve quando porta frutti e fa crescere il movimento, in caso contrario rischierebbe di rivelarsi semplicemente uno sterile esercizio.

Il sogno di Le Court. L’incubo di Elisa, messa ko dal caldo

28.04.2025
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LIEGI (Belgio) – Non senza un pizzico di sorpresa, tra le donne è stata la Liegi di Kimberley Le Court Pienaar. Atleta importante, anche perché una Doyenne altrimenti non la vinci, ma certo non era sul taccuino delle favorite. Più di qualche ragazza arrivata staccata chiedeva: «Chi ha vinto?» e una volta conosciuta la risposta scattava una smorfia di incredulità.

La gara femminile si è accesa nel finale. La Redoute è stata meno decisiva di quel che si potesse immaginare. Almeno vista da fuori, perché nelle gambe delle atlete ha fatto sfracelli. Poi si èdeciso tutto in uno sprint a quattro.

Stremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalle
Stremata e affranta, Longo Borghini all’arrivo ha chiesto le fosse gettata dell’acqua su collo e spalle

Liegi stregata

E’ proprio da qui che partiamo il nostro racconto, o meglio quello di Elisa Longo Borghini. La capitana del UAE Team ADQ ha ceduto, un po’ come Remco se vogliamo. Per noi è stata una sorpresa, per le sue compagne no. Intendiamo sul momento, quando dal maxischermo sull’arrivo di Liegi l’abbiamo vista perdere terreno.

Erika Magnaldi infatti ci ha detto che Elisa aveva anticipato di non sentirsi bene e per questo le aveva lasciato carta bianca. «Solo che io – spiega Erika – dovevo svolgere un altro ruolo e nella fase centrale della corsa ho sprecato un bel po’ di energie, che poi non ritornano».

Si attende Elisa, passano i minuti, quasi 8. Poi eccola spuntare, stremata. China il capo sulla bici. Parla sottovoce. Si abbraccia con Erika Magnaldi, che è lì ad aspettarla.

Si avvicina la massaggiatrice e le porge qualcosa di liquido da mandare giù. Elisa invece chiede che le si versi dell’acqua sulla schiena. «E’ stato semplicemente un bruttissimo giorno… per avere un bruttissimo giorno», sospira. La lasciamo respirare un po’.

Mauritius, che colpo!

Intanto poche centinaia di metri dietro va in scena il podio. Per le Mauritius di Le Court è una giornata storica e lei lo rimarca con orgoglio.

«Non ci credo – dice commossa l’atleta della AG Insurance-Soudal – è un grande momento per il mio Paese (le Mauritius, ndr). Ad un certo punto sono stata staccata, ma sono riuscita a recuperare, anche grazie alle mie compagne e a Julie Van de Velde, formidabile. Questo dimostra che in gara non bisogna mai arrendersi.

«Sulla Roche-aux-Faucons ho ritrovato improvvisamente le gambe e il ritmo, che sono riuscita a mantenere fino in cima. Sono riuscita a superare Demi Vollering e Puck Pieterse. Ho iniziato a pensare a qualcosa di grande quando ho visto le altre fare fatica sulla Roche-aux-Faucons. Il caldo? No, era una giornata piacevole, ma so che in tante lo hanno sentito».

Longo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometro
Longo Borghini in difficoltà sulla Redoute, ma non stava bene già da qualche chilometro

«Sembravano 40 gradi»

E’ proprio da qui che ci riallacciamo a Elisa Longo Borghini: quella bottiglietta d’acqua sulla schiena non era affatto casuale. Le facciamo notare del caldo.

«Non lo so – spiega – non mi sono sentita bene. Da metà corsa in poi ho iniziato ad avere caldo, a non sentirmi per niente bene. Le temperature non erano altissime, però io ho sofferto come se ci fossero 40 gradi. Non me lo spiego, semplicemente questo».

In effetti la campionessa italiana veniva da ottime gare, quindi è stata una giornata che non ci si aspettava. Magnaldi aveva detto che probabilmente Elisa aveva patito il caldo. Ma più che il caldo, ipotizziamo, lo sbalzo termico. Negli ultimi due giorni la temperatura è salita di parecchio, passando dagli 11-12 gradi piovosi della Freccia ai 20-21 assolati della Liegi.

«Stavo benissimo fino al giorno prima – riprende Longo Borghini – e non me lo spiego, ripeto. Purtroppo le giornate no nel ciclismo esistono e a volte succedono anche nei giorni in cui vorresti che tutto andasse bene. Da metà corsa in poi, quando non mi sono sentita bene, non aveva senso far lavorare le mie compagne per me. Quindi le ho lasciate andare».

In questa giornata poco brillante per la UAE Adq c’è a aggiungere la frattura del gomito per Silvia Persico, richiamata per la Liegi e caduta nelle prime ore di gara.

Brava Trinca

Ma per una giornata storta, come si dice, ce n’è un’altra che è andata dritta. O quantomeno bene, fatte le dovute proporzioni. E questa nota positiva porta il nome di Monica Trinca Colonel.
Alla presentazione delle squadre, Anna Trevisi, una delle migliori gregarie in assoluto del gruppo, ce lo aveva detto: «Corriamo per Trinca. Sta bene. E’ forte». Ed eccola finire ottava. Prima delle italiane.

«In realtà – racconta l’atleta della Liv AlUla Jayco – sono sorpresa per il risultato perché mi sono sentita bene per almeno due orette. Ultimamente soffro sempre nelle parti iniziali di gara, poi però sul finale ci sono sempre, quindi comunque sono soddisfatta.

«E’ stata una corsa strana per me: mi sono staccata praticamente su tutte le salite, ma poi rientravo bene ed eravamo sempre meno. E’ stata una lotta continua. Questo denota più che altro che sono un diesel, quindi ci impiego un po’ di tempo per ingranare. La cosa bella di questa stagione? Che sto crescendo tanto e senza accorgermene. La squadra poi non mi mette pressione. Qui sto bene e sono più che contenta. Anna ha detto che potevo stare con le grandi? Vabbé, sono parole grosse le sue! Però sì, in futuro spero di essere tra le top».

Malcotti e Trinca Colonel, l’Uae Tour ci ha regalato due perle

17.02.2025
6 min
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Torniamo indietro di una settimana abbondante, a quella penultima tappa dell’Uae Tour Women, quella dello Jebel Hafeet che ha incoronato Elisa Longo Borghini. Perché una scena come quella vissuta sulla dura salita mediorientale, con 4 ragazze italiane davanti a tutti non svanirà dalla memoria tanto presto. Insieme a Elisa e alla sua splendida luogotenente Silvia Persico (davanti alle due nella foto di apertura Human Powered Health/Getty Images) c’erano altre due italiane che ben pochi si sarebbero aspettati di trovare lì, a sgranare il gruppo, a mettere in fila cicliste ben più blasonate: Monica Trinca Colonel e Barbara Malcotti.

Da quel sabato il ciclismo femminile italiano è più ricco, perché quella prestazione è un crocevia importante. Ed entrambe cominciano a sentire sulla pelle il valore dii quel che hanno fatto: «Meglio di così non potevo iniziare la mia stagione – sentenzia Monica, che ha chiuso quarta sia nella tappa che nella generale – è stata una sorpresa soprattutto perché ero all’esordio con il nuovo team e non mi sarei mai aspettata un esordio così fortunato».

L’occasione giusta

«Io sapevo di stare bene – rilancia Barbara, alle sue spalle nella frazione e sesta in classifica – già in Australia sentivo le gambe in crescita ma non ero riuscita a trovare l’occasione giusta. All’Uae Tour ero partita per fare bene nella generale e le compagne hanno lavorato per me in maniera eccezionale».

Entrambe avevano segnato la tappa in rosso: «All’inizio eravamo partite pensando di correre per Mavi Garcia – racconta la Trinca Colonel – ma in quella corsa il vento gioca brutti scherzi e infatti la capitana è rimasta staccata, così il team ha deciso di puntare su di me per la classifica. Mi sono sentita un po’ presa in contropiede, ma sia i dirigenti che le compagne non mi hanno messo pressione, dicendomi di fare quel che potevo e questo mi ha aiutato.

Le compagne di squadra di Trinca Colonel hanno lavorato duro per portarla tra le prime in salita
Le compagne di squadra di Trinca Colonel hanno lavorato duro per portarla tra le prime in salita

Il lavoro delle compagne

«Le compagne mi hanno messo all’inizio della salita nella posizione migliore – prosegue Trinca Colonel – io avevo chiesto di essere portata lì perché poi la salita sarebbe stata una selezione continua e hanno svolto il compito in maniera perfetta. Poi, quando Elisa è partita non ne avevo per seguirla, potevo solo cercare di fare il massimo con le energie che mi erano rimaste».

Dello stesso tenore il pensiero della Malcotti, che pur essendo più giovane di un anno è più avvezza a questi contesti: «Io avevo chiesto espressamente di essere messa sulla ruota di una della Uae perché sapevo che avrebbero fatto il diavolo a quattro per far vincere la Longo Borghini. Ero nella posizione che volevo, poi quando è iniziata la bagarre ho provato un paio di volte a partire per staccare le avversarie dopo che Elisa era già davanti, ma eravamo tutte allo stesso livello di energie, ho pensato a non buttare via tutto esagerando con gli sforzi».

In Australia la Malcotti non aveva colto risultati, ma aveva già mostrato una buona condizione
In Australia la Malcotti non aveva colto risultati, ma aveva già mostrato una buona condizione

Avversarie in gara, senza parlarsi

Quattro italiane davanti. C’è stato tempo e occasione per parlarvi? «Era una salita veloce ed eravamo a tutta – ammette la nuova portacolori della Liv Jayco AlUlanessuna aveva la forza di parlare…».

«D’altronde eravamo di squadre diverse – le fa eco Malcotti – poi ognuna aveva l’obiettivo di fare il meglio possibile sapendo che la Longo Borghini non era recuperabile, visto come andava».

Al di là dell’esito finale, la corsa le ha proiettate verso una nuova dimensione: «Io vengo da stagioni alla Human Powered Health con pochi alti e molti bassi e voglio invertire la tendenza – prosegue la ragazza di Tione di Trento – mi sono resa conto di quel che ho fatto nei giorni successivi, vedendo quante persone mi hanno scritto sui social per farmi i complimenti, avrei voluto rispondere a tutti ma era veramente impossibile. Io voglio continuare su questi livelli per ripagare la fiducia del team, che mi ha garantito ulteriore spazio da qui in avanti e non mi nascondo, voglio qualche Top 5 nel WorldTour».

Primo anno per Monica Trinca Colonel alla Liv Jayco AlUla, subito con grandi responsabilità
Primo anno per Monica Trinca Colonel alla Liv Jayco AlUla, subito con grandi responsabilità

Si guarda ai Grandi Giri

«Io sono ancora una novizia a questi livelli – mette le mani avanti la Trinca Colonel – di base si corre per Mavi che non è solo una capitana per i risultati, ma anche per il suo modo di coinvolgerci, d’insegnarci il mestiere. Il team sa comunque che come alternativa posso essere presa in considerazione, la stagione è lunga e ci saranno altre occasioni per far bene».

Lei è già tornata alle gare alla Volta Valenciana e in una corsa ben più “tranquilla” altimetricamente di quella precedente ha comunque centrato un’altra Top 10 parziale. La Malcotti invece dopo le fatiche australiane e mediorientali è tornata a casa e si prepara per le prime corse italiane: «Sarò al Trofeo Oro in Euro, Strade Bianche e Trofeo Binda, ma in quelle corse la prima scelta sarà la De Jong che è in gran forma. Per me Cittiglio sarà un’esperienza tutta da scoprire. Io poi ormai mi vedo più avvezza per le corse a tappe e infatti il mio calendario sarà ricco soprattutto di queste, soprattutto Vuelta e Giro dove vado per fare esperienza, ma so che il mio futuro sarà lì, soprattutto quando sarò migliorata a cronometro, il mio tallone d’achille sul quale sto lavorando in maniera specifica».

Per la Malcotti c’è ancora molto da lavorare a cronometro per puntare alle classifiche dei giri
Per la Malcotti c’è ancora molto da lavorare a cronometro per puntare alle classifiche dei giri

Monica e il sogno della Freccia

«Anche per me la percentuale di gare è maggiore per quelle a tappe – ribatte la Trinca Colonel – dopo le prove italiane andrò in altura per la Freccia Vallone e la Vuelta. La Freccia l’ho corsa lo scorso anno, ma… in ammiraglia perché mi sono dovuta ritirare dopo soli 6 chilometri. Ho visto però che è qualcosa di magico, percorrevo quella salita e non facevo che pensare a quando sarei potuta essere protagonista anch’io. E’ nelle mie corde, bisogna solo riuscire a essere davanti all’imbocco del muro di Huy, cosa non semplice».

La storia di Trinca Colonel, ciclista un po’ per caso

18.09.2024
6 min
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Una crescita esponenziale, quella di Monica Trinca Colonel, venticinquenne di Grosotto (Sondrio) della Bepink che a inizio stagione era un’autentica sconosciuta quando si presentò al via al Cycling Pro Costa del Almeria e ora viene addirittura dal podio finale a una corsa di prestigio come il Tour de l’Ardeche. Proprio prendendo spunto da quel risultato siamo venuti a conoscenza di una storia curiosa, quella di una ragazza che ha lasciato un posto sicuro per inseguire il suo sogno su due ruote.

La storia di Monica segue un filone abbastanza scontato: il fratello maggiore va in bici. Lei, che da bambina viene attratta da tutto quel divertimento, inizia a fare le gare per piccolini, dove non c’è differenziazione legata al sesso e segue tutta la trafila, con la passione che si fa strada sempre più nel suo cuore.

La valtellinese ha iniziato a gareggiare in Mtb, con buoni risultati fino alle categorie giovanili
La valtellinese ha iniziato a gareggiare in Mtb, con buoni risultati fino alle categorie giovanili

Bici in soffitta, c’è da studiare…

«Mio fratello ha continuato fino agli under 23 – racconta – poi dopo la maturità ha scelto di dedicarsi al lavoro e ha lasciato stare la bici. Io inizialmente pedalavo in mountain bike e su strada, ho fatto i due anni da esordiente poi mi sono dedicata solo alla mtb. Dalle mie parti è molto più frequentata, non c’era un team che mi seguisse su strada, non avevo stimoli per allenarmi, così ho continuato solo sulle ruote grasse.

«Poi però i miei nonni hanno iniziato a stare male e, tra il seguire loro e la scuola, non avevo più tempo per la bici e l’ho messa da parte. Mi sono diplomata alle superiori e mi sono trasferita a Milano per seguire il corso triennale da optometrista. Appena conseguita l’abilitazione ho subito trovato lavoro a Livigno. Ero quasi a casa, un lavoro sicuro che mi piaceva, avevo anche tempo per fare sport. Corsa a piedi, sci di fondo e sci alpinismo, mi sono sempre tenuta in forma, ma la bici non faceva parte della mia quotidianità».

Monica è nata il 21 maggio 1999 a Grosotto (So). Quest’anno ha fatto 50 giorni di corsa con 11 Top 10 (foto Ossola)
Monica è nata il 21 maggio 1999 a Grosotto (So). Quest’anno ha fatto 50 giorni di corsa con 11 Top 10 (foto Ossola)

Valori da professionista

Questo fino a 3-4 anni fa. Stando a Livigno, dove la bici è ormai di casa, la passione pian piano ha ricominciato ad affiorare: «Era più per divertimento, abbinavo la strada alla mountain bike ma privilegiavo quest’ultima che trovavo più rilassante. Nel frattempo però il mio ragazzo che è anche lui appassionato di bici, mi diceva che andavo davvero forte e che dovevo provare a fare qualche gara a livello amatoriale. Ho visto così che senza allenarmi specificamente ottenevo risultati, anche se durante la pausa pranzo dal lavoro riuscivo a dedicare solo un’oretta all’allenamento. Ma tanto bastava.

«Vedendo le mie prestazioni, il mio ragazzo mi ha detto che avevo un “motore” da corse professionistiche e dovevo almeno provarci, così un giorno mi ha portato a fare dei test ed effettivamente avevo valori inusuali per un’amatore. Iniziavo a pensarci: al negozio venivano spesso tanti ciclisti, anche professionisti e non posso negare che un po’ d’invidia la provavo, anche ripensando alle mie esperienze da piccola quando tutti mi dicevano che ero bravina. Così cresceva in me la voglia di provarci, ma sapevo che era difficile conciliare il ciclismo con il lavoro. Se lo prendi seriamente, devi fare una scelta. Era un salto nel buio».

Il podio del Tour de l’Ardeche, vinto da De Jong (NED) su Bunel (FRA) e Trinca Colonel
Il podio del Tour de l’Ardeche, vinto da De Jong (NED) su Bunel (FRA) e Trinca Colonel

Tante mail, risponde Zini

Monica ha preso così il coraggio a due mani e ha iniziato a scrivere a tutti i team. Risposte non ne arrivavano, quei dati non solleticavano la curiosità, almeno finché non sono passati al vaglio di Walter Zini, che ha deciso di conoscerla e di darle una chance.

«Ero al settimo cielo – riprende Monica – ho fatto un test specifico con loro e mi hanno confermato che avevo valori ideali per provare a gareggiare. Così mi sono licenziata e ho deciso di provarci, almeno per un paio d’anni».

Monica si è così ritrovata di punto in bianco proiettata in un mondo diverso dalla sua quotidianità, ben diverso da quello che aveva lasciato anni fa: «Non era lo stare in gruppo che mi spaventava, ho visto che da quel punto di vista le nozioni apprese sono subito riaffiorate e mi sono trovata bene. Mi sentivo però spaesata, facevo le gare senza neanche sapere dove fossi, che cosa stessi facendo. Man mano però vedevo che miglioravo, ogni prova era diversa dalla precedente, mi trovavo sempre più a mio agio e con numeri in costante miglioramento. La stagione è stata un crescendo sia dal punto di vista delle prestazioni che dell’impegno, trovandomi presto a gareggiare anche nel WorldTour».

La valtellinese ha ottime doti di scalatore, anche su salite lunghe, ma si difende bene anche a cronometro
La valtellinese ha ottime doti di scalatore, anche su salite lunghe, ma si difende bene anche a cronometro

Portata per le gare a tappe

Monica Trinca Colonel non si è certo risparmiata, considerando che ha fatto già 50 giorni di gara con 11 Top 10. La cosa che colpisce è che attraverso lei, la BePink si è ritrovata fra le mani un gioiello utile soprattutto nelle corse a tappe.

«Effettivamente ho capito che nelle gare di più giorni rendo meglio, perché ho ottime doti di resistenza e recupero, sono naturalmente portata. Poi mi piacciono le salite lunghe, quindi posso lottare per la classifica. Ma mi piacciono anche le corse d’un giorno, anzi penso che lì ho più margini di miglioramento».

Quando si è trovata a gareggiare nel WorldTour come ad esempio al Giro d’Italia non si è minimamente impaurita: «Il livello è diverso, più alto. E’ emozionante gareggiare contro le più forti al mondo, quel che impressiona è che vedi tutto più grande. Ma quando si è in gara si è sempre l’una contro l’altra, si parte tutte dallo stesso punto, poi vince chi ne ha di più. Non ho timori reverenziali, io faccio la mia parte».

La Strade Bianche è la gara che l’ha entusiasmata di più, pur senza grandi riscontri
La Strade Bianche è la gara che l’ha entusiasmata di più, pur senza grandi riscontri

Il sogno della Strade Bianche

La sua gara preferita? Curiosamente una corsa dove il risultato non è stato di quelli di spicco: «E’ la Strade Bianche, avevo sempre sognato di correrla e quest’anno mi sono ritrovata a farla, con tanta gente intorno che ti incita e ti dà la forza per superare ogni tratto difficile. Sono arrivata solo 38esima, ma è stata un’esperienza unica».

La sua stagione è stata un crescendo fino al podio in una gara di prestigio come il Tour de l’Ardeche: «Sapevo di poter far bene anche se non ero al massimo della forma. Ho mantenuto un livello costante e grazie a questo vedevo che in classifica miglioravo progressivamente, fino a conquistare il podio finale. E’ il miglior risultato stagionale, ma non voglio fermarmi qui».

Nella sua annata ben 8 corse WorldTour, un mondo dove si è subito adattata. Qui al Tour de Suisse
Nella sua annata ben 8 corse WorldTour, un mondo dove si è subito adattata. Qui al Tour de Suisse

Il diploma messo da parte

Poi comunque, vada come vada, c’è sempre quel diploma pronto nel cassetto: «L’abilitazione ce l’ho e in quel campo un lavoro si trova facilmente. So di avere un’alternativa e questo mi fa affrontare il tutto con più tranquillità, vada come vada».