Vece in Champions League, prove tecniche da big

04.12.2024
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Sono serate impegnative per Miriam Vece. Se non è in pista, è in viaggio per l’Europa, per seguire il circo itinerante della Champions League. L’azzurra è andata sempre in crescendo, fino a conquistare il podio nello sprint della terza delle cinque tappe previste, ad Apeldoorn (NED) battendo in semifinale addirittura la campionessa mondiale Finucane.

Miriam è l’unica italiana presente quest’anno nel circuito invernale voluto dall’Uci, un’esperienza alla quale tiene particolarmente per tutto il carico di crescita che si porta dietro.

Il circuito non ha cambiato le sue caratteristiche: «Ogni sera di gara – racconta la ragazza cremasca – abbiamo un torneo di keirin e uno di sprint, si gareggia di più in base a quanto si va avanti in ognuno di questi due. Io ho visto che col passare delle prove vado sempre meglio e la qualità è altissima perché ci sono dentro tutte le migliori del mondo, dalla Finucane in poi. Vale davvero la pena parteciparvi, non solo per l’aspetto economico pur importante».

Per l’azzurra una grande soddisfazione ad Apeldoorn, nel torneo finirà poi terza (foto Uci)
Per l’azzurra una grande soddisfazione ad Apeldoorn, nel torneo finirà poi terza (foto Uci)
E’ seguita?

Tantissimo, almeno in Gran Bretagna e Olanda dove si svolgono le 5 tappe previste. La formula è molto televisiva, con due gare per sesso e per settore (velocità ed endurance) dove ogni sera si lotta al massimo. Non c’è un copione scritto come molti potrebbero pensare rifacendosi a certe serate all’interno delle 6 Giorni, qui è davvero come un mondiale…

Con questo torneo hai ripreso in mano la bici dopo i mondiali, con quali sensazioni?

Ho ripreso con molta calma, a essere sincera perché con la rincorsa alle Olimpiadi, le gare di Parigi, poi i mondiali, ero arrivata prosciugata. Le vacanze sono state un giro di boa, sapendo che tutto quel che era fatto era alle spalle. Ora si ricomincia pensando a Los Angeles 2028 che è tanto lontana nel tempo, quindi considerando che le qualificazioni inizieranno nel 2027 possiamo andarci piano. Per questo ho vissuto un mese di transizione prima della Champions League, usando la bici solo poche volte.

E la forma?

Vedo che sta pian piano arrivando, che mi trovo meglio ad ogni tappa, è un aspetto importante anche considerando l’avvicinamento agli europei che saranno a febbraio. Quello sarà il primo appuntamento che conta, la prima tappa di un cammino di crescita che terminerà in California.

Il tecnico Ivan Quaranta ha sempre creduto in lei e confida di vederla ancora crescere
Il tecnico Ivan Quaranta ha sempre creduto in lei e confida di vederla ancora crescere
L’anno postolimpico è sempre molto particolare, c’è un certo ricambio in ogni disciplina sportiva. Nel tuo caso quanto cambiano le gerarchie?

Io non credo che ci sia un grande ricambio nella velocità femminile, i nomi sono quelli. La maggior parte delle più forti sono tutte giovani, alcune anche più di me. Io penso che in generale non ci saranno grandi cambiamenti in questo quadriennio rispetto a Parigi. Mi piacerebbe però che in questi quattro anni si affacciasse anche qualche giovane italiana, sarebbe l’ideale per fare esperienza e fargliela fare, trasmetterle quel che so.

Torniamo alla Champions League, un torneo un po’ diverso da quelli titolati anche nella gestione della logistica…

Sì, dobbiamo fare tutto da sole. Io imbarco la bici con la loro compagnia, smontandola e rimontandola tutta da sola. Ma non è un caso particolare, perché anche le mie colleghe fanno così, poi per casi specifici c’è comunque qualcuno dell’organizzazione che può dare una mano nell’assetto del mezzo, ma io per ora me la sono cavata da me… Solo britanniche e olandesi, quando corrono in casa, hanno un supporto meccanico.

Miriam è nel cast della Champions League sin dall’edizione del 2021 (foto Dazn)
Miriam è nel cast della Champions League sin dall’edizione del 2021 (foto Dazn)
Tu quindi hai nozioni meccaniche?

Sì, ho imparato ad Aigle, al centro Uci. Non sono certo diventata un’esperta, ma so dove mettere le mani e questo è già abbastanza, come detto per esigenze specifiche possiamo comunque chiedere un supporto.

Finora il torneo che cosa ti sta dando?

La consapevolezza che in questo contesto ci posso stare. Ribadisco, Parigi è stata una bellissima esperienza ma l’ho messa da parte con tutto il suo carico di storicità per essere la prima italiana che si è qualificata nella velocità. Ora però guardo avanti e voglio di più, quelle di Los Angeles saranno Olimpiadi da affrontare con ambizioni molto diverse.

La lombarda ha mostrato buoni progressi anche nel keirin, ma c’è ancora da lavorare
La lombarda ha mostrato buoni progressi anche nel keirin, ma c’è ancora da lavorare
Per il 2025?

Sarà una stagione come le altre, ci credo poco a un anno con meno motivazioni da parte delle big. Io punto alle gare titolate, spero di essere già convocata per la prima tappa di Nations Cup. Sarà un primo obiettivo, qualcosa per cui allenarsi con uno spirito diverso. Ogni occasione sarà buona per ridurre il gap dalle più forti, anche in questa Champions League in alcuni casi sta accadendo.

A tuo avviso è un gap tecnico o fisico? Quaranta a proposito dei maschi è stato chiaro, privilegiando la seconda opzione…

Nel mio caso è un po’ diverso perché in palestra posso aggiungere ben poco, sono già sui miei standard. Invece dal punto di vista tecnico si può fare molto, sia nello sprint ma soprattutto nel keirin. Comunque non devo avere fretta, ma farmi trovare pronta a inizio 2027.

Alzini a cuore aperto. Volta pagina e riparte con nuovi stimoli

17.11.2024
8 min
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Aveva bisogno di respirare aria nuova. Martina Alzini aveva bisogno di ricaricare completamente le batterie psicofisiche per ritrovarsi. Manca poco alla fine del 2024, ma la 27enne velocista della Cofidis ha già iniziato a mettersi alle spalle una stagione che lei stessa definisce “distruttiva”.

Ce lo dice a malincuore dopo qualche botta e risposta, tirando tuttavia un sospiro di sollievo sapendo che è iniziata la discesa dopo un’ardua salita. Perché Alzini anche davanti alle difficoltà che più la colpiscono nel profondo non perde l’occasione per sdrammatizzare o sapersi fare forza con un sorriso. D’altronde non è semplice per un’atleta di alto livello svelare gli intoppi che la limitano dentro e fuori le gare, ma il saper “farsene una ragione in fretta” è una virtù che appartiene a pochi. L’Olimpiade le è costata molto, forse troppo, però Martina ne esce con ulteriori convinzioni e insegnamenti che valgono come medaglie. E la ringraziamo una volta di più per essersi aperta con noi.

Buon umore

Dicevamo, un motivo per sorridere Alzini lo ha sempre trovato, anche grazie a situazioni curiose. Quando qualche settimana fa scopre di essere diventata una “cover girl” su un sito generalista di sport che tratta pochissimo il ciclismo, appare confusa: «Non capisco se sia importante o meno, anche se mi fa piacere e forse serve anche questo per il nostro sport». Oppure durante la vacanza a Sharm El Sheikh con le sue amiche-compagne di sempre Guazzini, Consonni e Vece.

«Nel nostro resort – racconta divertita Martina – c’era un centro SPA ed un giorno decidiamo di concederci una seduta di massaggi. Ci accomodiamo nella stanza, entrano due ragazze egiziane per i trattamenti ed una delle due riconosce subito Vittoria (Guazzini, ndr). L’aveva riconosciuta dai riccioli e sapeva benissimo che era una campionessa olimpica del ciclismo in pista. Poi questa ragazza ha messo a fuoco anche noi tre. E’ stata una scena bellissima, dove ci siamo messe tutte a ridere come pazze. In quel momento ho pensato alla potenza comunicativa dell’Olimpiade. Questo viaggio e la loro compagnia mi hanno aiutata molto da punto di vista morale».

Adesso Martina cosa stai facendo?

Sono ancora in una fase post-vacanza, quindi molto tranquilla. Farò tutto novembre a casa a Calvagese col mio gatto Olly. Quest’inverno non ho gli europei in pista da preparare come l’anno scorso che erano a gennaio, anche se poi spero di fare quelli del prossimo febbraio. Ho ricominciato a pedalare da qualche giorno, andando anche in palestra. Dal 5 dicembre mi troverò con la squadra. Il giorno successivo avremo la presentazione a Lille, poi faremo gli incontri con gli sponsor e infine ci trasferiremo a Denia per il ritiro. Rimarremo in Spagna fino al 19 dicembre dove faremo anche alcuni test. Il ciclismo femminile ogni anno diventa sempre più esigente e già lì si gettano le basi per la stagione.

Perché invece il 2024 è stato distruttivo?

Ho chiuso l’annata male di testa ed esausta fisicamente. Sento di essermi trascinata. Fino al 6 agosto ho avuto in mente solo di andare a Parigi. Avevo la pressione di prepararmi a dovere per quell’appuntamento e ho sempre cercato di fare il massimo durante l’avvicinamento. Poi sono state fatte delle scelte da parte del cittì, ma non ne voglio più parlare perché bisogna guardare oltre. Dopo l’Olimpiade ho avuto tante emozioni che non ho saputo gestire.

E come hai risolto questa situazione?

Ho cominciato a farmi seguire da uno psicologo che è fuori dal mondo del ciclismo e che ho trovato vicino a casa attraverso mie conoscenze in accordo con la Cofidis. Non mi vergogno a dirlo perché vorrei essere di aiuto o esempio anche per altri ragazzi che corrono in bici. Non bisogna mai arrivare al punto di stare male per iniziare a farsi seguire. Io non me ne rendevo conto lì per lì, ma dovevo fare qualcosa.

Ora come va?

Decisamente bene. Da quando ho chiuso l’attività ho visto tanti cambiamenti e miglioramenti. Ho notato subito un cambio di mentalità. Sono molto più serena. Adesso nel mio percorso guardo avanti un passo alla volta senza inutili pressioni. Non fisso obiettivi a medio o lungo termine perché al momento serve di più raggiungere bene quelli a breve termine. Ma c’è stato un momento in cui mi sarei avvelenata se mi fossi morsicata la lingua da tanto ero al limite (dice ridendo, ndr).

C’erano motivi in particolare?

A parte le battute, era tutta una questione di stress. Innanzitutto mi ha fatto rabbia sentire sempre dire che ormai da noi donne si aspettano di più solo perché siamo pagate bene o che prendiamo stipendi come gli uomini. Per la serie, avete voluto la parità di trattamento e allora dovete fare di più come i maschi. La gente però non considera a fondo che nel ciclismo femminile sono aumentate le ore di gara, le corse stesse e soprattutto le pressioni. Forse anche più che nel maschile. Poi c’era anche un’altra questione che condizionava me e che mi incontrava.

Per caso c’entra il fatto che sei a casa da sola col gatto?

Diciamo di sì (risponde col suo solito sorriso, ndr). Non sono una ragazza a cui piace sventolare ai quattro venti certe questioni ed infatti a molta gente rispondevo come non fosse cambiato nulla, però la realtà adesso è un’altra. Dopo Parigi, Ben ed io (riferendosi al suo compagno Thomas, ndr) abbiamo deciso di separarci. Siamo rimasti in buonissimi rapporti, non si possono cancellare questi anni assieme, ma ci siamo trovati entrambi ad anteporre la carriera alla nostra relazione. Sono cose che capitano tra sportivi che puntano entrambi a grandi traguardi, forse il più alto. Poi qualcuno dirà che lui ha vinto l’oro olimpico ed io invece sono stata esclusa all’ultimo, ma non siamo tutti uguali. Non tutti i contesti sono identici, soprattutto nello sport dove succede spesso che puoi perdere.

“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
“Mamma Marti”. Alzini per la 19enne Bego è diventata un riferimento a cui chiedere consigli su e giù dalla bici
La ritieni una sconfitta questa cosa?

No, la ritengo un insegnamento. Dopo l’Olimpiade, considerando che avevo fatto anche quella di Tokyo, ho capito cosa non vorrei più fare per preparare certe gare. Ad esempio sacrificare la mia vita, perché nonostante tutto, la vita va avanti. Anche il fatto di parlare un pochino più serenamente rispetto a prima di questa novità mi rende più leggera, anche se mi costa. Sicuramente tolgo certi imbarazzi. Ho capito che noi atleti possiamo parlare di tutto, non solo delle cose belle o che ci vanno bene. Possiamo parlare anche delle circostanze più avverse in modo discreto e comunque con persone che conosciamo meglio o di cui ci fidiamo.

Possiamo dire quindi che il 2025 sarà la stagione della rinascita di Martina Alzini?

Direi che sarà una stagione piena di motivazioni in un ambiente che conosco bene e in cui sto bene. Sono contenta di aver rinnovato con Cofidis, che ringrazio per essermi stata molto vicina durante l’annata, dandomi la possibilità di curare la pista per Parigi. Così come l’Esercito. Ho capito che non sono un numero per loro e che credono in me. Anzi, penso che col mio modo di fare, cercando di dire le cose con onestà rispettando il lavoro di tutti, mi sia ritagliata un ulteriore ruolo all’interno della Cofidis. E ne sono felice.

Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Ancora non si sa se nel 2025 la Cofidis prenderà la licenza Professional (foto Face to Face Richez)
Quale in particolare?

Quest’anno mi sono molto legata a Julie Bego, che è il talento della squadra ed ha rinnovato fino al 2027. Lei ha 19 anni e mi chiama “mamma Marti” perché le ho dato tanti consigli e supporto su e giù dalla bici. Durante il Giro Women alla sera veniva spesso a chiedermi come aveva corso o cosa doveva fare per essere più attenta. Io non sarò la ciclista più forte del pianeta, ma questo tipo di rapporto con una compagna di squadra mi appaga e mi fa piacere. Poi certo, resto sempre pronta a sprintare nelle gare più adatte a me.

Il torneo olimpico della Vece, quasi un antipasto

16.08.2024
4 min
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L’aveva sognata con un epilogo diverso, l’Olimpiade di Parigi. Miriam Vece è tornata a casa sentendo in bocca quel sapore amaro di un’occasione perduta, anche se a modo suo ha comunque scritto la storia non solo qualificando per la prima volta un’azzurra ai tornei di velocità, ma raccogliendo punti sufficienti per portare con sé anche una compagna di squadra, Sara Fiorin.

Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)
Miriam Vece nel keirin, dove è uscita ai ripescaggi, battuta da Clonan (AUS) e Gaxiola (MEX)

Un’Olimpiade corta

Miriam sperava in una presenza più corposa, in fatto di risultati, invece le sue eliminazioni precoci, peraltro unite ai fuochi d’artificio arrivati dal settore endurance tanto al maschile quanto al femminile, hanno fatto passare le sue prestazioni in secondo piano.

«E’ stata un’Olimpiade lunga per le altre e corta per me – esordisce non senza lasciar trasparire un po’ di amarezza – volevo molto di più, anche se so che sarebbe stato difficile visto il livello delle competizioni. Il fatto che i compagni si siano attirati tutte le attenzioni è normale, visti i loro risultati ma è sempre stato così, la velocità è sempre stata nell’ombra, speriamo che da Los Angeles 2028 ci sia un cambio di tendenza visto il valore dei ragazzi alla guida di Quaranta».

Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Nello sprint l’azzurra ha ceduto alla neozelandese Fulton dopo essere stata 16esima in qualificazione
Ti aspettavi i risultati che sono arrivati nel tuo settore?

Nel complesso non mi hanno sorpreso anche se il fatto che la tedesca Hinze sia uscita già ai sedicesimi ha tolto una pretendente alle medaglie molto presto. I valori comunque erano quelli, le scuole che sono emerse anche.

La doppietta della Andrews è però considerata un sovvertimento dei pronostici…

Non era una sconosciuta: è la campionessa mondiale di keirin e bronzo nello sprint, inoltre ha dominato la Champions League. Nel keirin non avevo dubbi sulla sua vittoria, magari il torneo di velocità poteva risultarle più ostico, ma così non è stato. Non dimentichiamo che è stata anche primatista mondiale juniores nell’inseguimento, significa che ha capacità di resistenza non comuni nella velocità. Poi è una ragazza che mi piace, che non se la tira. Sono stata contenta per lei.

Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Ellesse Andrews in trionfo. Per lei due ori e l’argento nel team sprint
Che cosa ti è mancato per avere una rassegna olimpica all’altezza delle tue aspettative?

Fortuna, soprattutto quella. Stavo bene, non mi aspettavo di uscire così presto – sottolinea la Vece – Un po’ gli abbinamenti, un po’ anche l’andamento di alcune gare non sono andate come speravo. Poteva andare diversamente, io comunque sono contenta di tutto il viaggio che mi ha portato a essere a Parigi, oltretutto non da sola ma in compagnia di Sara. Quel che mi è un po’ mancata è stata l’atmosfera del villaggio visto che eravamo in hotel. E’ comunque un’esperienza unica, che auguro a ogni sportivo di vivere almeno una volta nella vita.

E adesso?

Mi sto rilassando giusto qualche giorno, ma poi si ricomincia perché a ottobre ci sono i mondiali, poi già a febbraio si ricomincerà con gli europei. Nel frattempo deciderò che cosa fare, se tirare avanti verso un altro quadriennio olimpico. E’ un investimento importante sulla mia vita, sul quale devo ragionare con attenzione. Io sono intenzionata a continuare perché vedo Parigi come un antipasto: vorrei chiudere con un buon risultato olimpico e vedo che le premesse, nel nostro ambiente, lavorando con Ivan che sta progressivamente cambiando tutta la nostra filosofia mettendola al passo con le altre scuole, ci sono per far bene.

Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Per Sara Fiorin un’esperienza fondamentale per la sua crescita
Quanto conta l’aiuto di Quaranta?

Moltissimo, è fondamentale per il nostro gruppo. Il problema è che ha preso un settore in corsa che era una sorta di tabula rasa, con tutto da costruire per renderlo al passo con i tempi. Quindi andiamo sempre un po’ di rincorsa. Ma io sono ottimista e per quel che mi riguarda devo solo ritrovare la mia miglior forma che a Parigi non c’era.

Villa, da Milton con tante speranze e qualche timore

19.04.2024
5 min
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Marco Villa è tornato da Milton, la sede canadese dell’ultima prova di Nations Cup su pista con un taccuino pieno di annotazioni, ma soprattutto con l’animo molto soddisfatto, conscio di avere fra le mani un gruppo che a Parigi potrà dargli belle soddisfazioni. Il circuito dell’Uci non è stato semplice da gestire, con azzurri e azzurre presenti a singhiozzo, ma quando ci sono stati i big, i risultati sono sempre arrivati.

In Canada in campo maschile sono stati fatti esperimenti, dovendo oltretutto presentare un Viviani ancora acciaccato e scosso per la caduta rimediata nelle classiche belghe. Le ragazze erano invece presenti in formazione tipo e i riscontri sono stati talmente esaltanti da far sognare in ottica olimpica.

«Ce la siamo giocata bene – ammette il cittì (in apertura con la Paternoster) pensando al secondo posto delle ragazze nel quartetto – c’erano le squadre migliori, mancava solo la Nuova Zelanda che penso sia l’unica con noi e la Gran Bretagna che possa fare 4’09”. Io non ho mai schierato il quartetto titolare per scelta: la Paternoster aveva già fatto mondiali ed europei, volevo invece vedere all’opera Consonni e Alzini per dare a tutte la possibilità di giocarsela, anche perché il torneo olimpico sarà lungo».

Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
La finale con le inglesi che presentavano la formazione tipo che cosa ti ha detto?

Che possiamo sfidarle con coraggio, senza partire battute. Pur senza Letizia, dopo 3 chilometri eravamo in vantaggio e loro avevano perso un elemento. Purtroppo anche noi lo abbiamo perso, la Consonni al terzo impegno in un solo giorno non ha tenuto e le ragazze si sono un po’ sfaldate. Il torneo era racchiuso in una sola sessione, ci può stare anche perché avevamo una differenza rispetto alle altre squadre.

Quale?

Ho avuto la netta sensazione che le formazioni come Gran Bretagna e Francia siano arrivate a Milton rodate, dopo allenamenti mirati. Noi no, le ragazze si sono ritrovate lì dopo tempo, visti gli impegni su strada. La Fidanza è venuta a Montichiari venerdì prima della partenza per il Canada, la Guazzini aveva fatto i suoi carichi ma la Alzini non c’era, quando è arrivata non avevo con chi farla girare. Mancavano molti sincronismi, ma questo non mi preoccupa, anzi in questo periodo e considerando le difficoltà contingenti è un buon segno.

La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La situazione sembra identica a quella di tre anni fa degli uomini, quando i ragazzi erano vicini ma ancora inferiori alla Danimarca. Poi sappiamo a Tokyo com’è andata a finire…

Io sono fiducioso, se avremo la possibilità di farle lavorare tutte insieme potremo fare grandi cose. A 4’09” ci siamo già con questa situazione, significa che si può fare meglio. Sono rimasto molto colpito dal rendimento di Consonni e Balsamo senza alcun allenamento specifico, come anche da quel che ha fatto la Paternoster

Che sembra tornata davvero ai suoi migliori livelli…

Ho preferito che a Milton si concentrasse sull’omnium per avere e darmi risposte. Ha fatto davvero delle belle prove, è più vicina alle più forti come Archibald e Valente. Sicuramente l’attività su strada e soprattutto i risultati ottenuti in essa le hanno dato tanto in termini di fiducia, la vedo più sicura, si è messa finalmente alle spalle tutte le tribolazioni. Anche nel suo caso i margini di miglioramento sono ampi.

Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Paradossalmente anche la madison ha dato risposte positive, con Balsamo e Guazzini quarte dopo molti errori tecnici, soprattutto nei cambi.

Voglio vedere quella gara come un bicchiere mezzo pieno proprio perché ci sono molti particolari tecnici da aggiustare. La volata va impostata almeno 4 giri prima, non negli ultimi due e questo concetto non è ancora entrato nei sincronismi della coppia. L’ultimo sprint ha visto la Guazzini partire da molto dietro e fare una grande rimonta, ma spendendo molte energie che sarebbero state utili. Rivedremo i filmati, lavoreremo su quel che non ha funzionato guardando anche a come si muovono formazioni collaudate come Gran Bretagna e Francia. Io sono ottimista.

Veniamo agli uomini. Il 5° posto ti ha soddisfatto?

Era quello il nostro livello, in presenza di squadre con la formazione tipo e che hanno fatto una sorta di prova generale per i Giochi. Vorrei sottolineare la prova del Giappone, arrivato ancora a 3’48”, si vede come Gisiger stia lavorando bene anche lì dopo quanto fatto con la Svizzera. A dir la verità mi aspettavo un po’ di più da Manlio Moro, ma è arrivato con ancora dentro le tossine della Roubaix. Per uno giovane come lui era stata una grande opportunità, non potevo certo chiedergli di rinunciare.

Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
A tal proposito, in Belgio abbiamo vissuto la grande paura delle cadute di Milan e Viviani. Come stai vivendo queste settimane di approccio olimpico, hai anche tu paura di infortuni?

Se avessi paura non andrei avanti. Non dimenticate che nell’opinione generale è la pista che è più pericolosa, dove si cade e ci si fa male. Può capitare dappertutto, ma io non posso fasciarmi la testa a prescindere. I corridori devono onorare gli impegni delle loro squadre, io non posso far altro che sperare che non avvenga nulla né quando sono con loro, né tantomeno quando si allenano con noi. Non dimenticate quanto avvenne prima di Tokyo, quando Milan cadde in allenamento a Montichiari, mica in una corsa su strada… E’ un avvicinamento normale, andiamo avanti alla giornata.

Come si lavorerà ora?

Alcuni saranno impegnati con le squadre, c’è anche chi andrà al Giro, con altri faremo un periodo in altura. Lo stesso dicasi per le ragazze dove anzi ho programmato uno stage in altura per tutte meno la Guazzini che farà la Vuelta. Vedremo di giostrarci come sempre, cercando tutti i momenti giusti per lavorare insieme fino al rush finale verso Parigi dove tireremo le somme.

Un cenno finale lo merita Miriam Vece, che ha portato a casa due storiche qualificazioni…

Quando ho preso in mano il settore femminile le ho detto subito che doveva e poteva provarci, soprattutto nel keirin che viveva con grandi paure per cadute passate. Ci ha lavorato, a Milton ho visto suoi passaggi senza paura in mezzo alle avversarie, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Sta migliorando, si presenta sempre in buona posizione alla campana, io dico che non va a Parigi solo per partecipare.

Scelta fra strada e pista, Villa alza la voce

25.03.2024
5 min
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Marco Villa non è uno che la manda a dire. Tornato dalla trasferta di Hong Kong per la seconda tappa della Nations Cup, si è ritrovato con equilibri in nazionale cambiati in maniera profonda in base agli ultimi risultati. Il nocciolo della questione, come sottolineato nell’intervista con Bragato che Villa ammette di aver letto subito e con grande attenzione, è il calendario olimpico che rende estremamente complicata la coesistenza fra strada e pista.

Ci sarà tempo per discuterne a vari livelli, in attesa che vengano prese le opportune decisioni (Villa non la cita mai, ma è chiaro che il problema è legato direttamente alla presenza della Balsamo alla gara in linea su strada e/o al torneo del quartetto su pista). Importantissima sarà la partecipazione alla terza tappa di Milton, in Canada, dove la nazionale femminile, a differenza di quella maschile, sarà al completo.

Villa con le ragazze del quartetto, che ritroverà a Milton dal 12 al 14 aprile
Villa con le ragazze del quartetto, che ritroverà a Milton dal 12 al 14 aprile

«Siamo andati a Hong Kong – spiega – con una squadra di ragazzine. Devo dire grazie ai team che ce le hanno messe a disposizione permettendo loro di fare un’esperienza positiva. La partecipazione era obbligata, in quanto il sistema olimpico prevede la presenza in almeno due prove su tre e con le ragazze ad Adelaide non eravamo presenti. Alla fine è uscito fuori un sesto posto valido per il ranking Uci (settime al traguardo, ma la Cina aveva due squadre, ndr) che è stato anche oltre le mie aspettative. Mi attendevo qualcosa di più dagli uomini. La trasferta mi ha comunque permesso di avere buone risposte da Sierra in un contesto per lui nuovo e verificare anche i progressi di Giaimi (nella foto di apertura con il cittì, ndr), che comunque deve lavorare molto sulla parte tecnica».

Le vittorie della Balsamo su strada paradossalmente hanno complicato i piani della nazionale
Le vittorie della Balsamo su strada paradossalmente hanno complicato i piani della nazionale
Tornato in Italia ti sei ritrovato nel pieno delle discussioni per le prossime convocazioni olimpiche. Come combinare le due discipline?

Mi attendevo la domanda e non posso negare che in questo momento mi senta molto turbato. Chiariamo subito un punto: le scelte le faremo tutti noi cittì in piena coabitazione, confrontandoci con il team manager Amadio. Si valuterà che cosa è meglio fare, ma non posso negare che vedo riemergere una certa disparità fra strada e pista.

A che cosa ti riferisci?

Nelle ultime due edizioni olimpiche, noi abbiamo portato il nostro contributo. A Rio 2016 con Viviani, a Tokyo 2020 con il quartetto maschile. Eppure nelle discussioni, anche e soprattutto sugli organi d’informazione specializzati, tutti sono affascinati dalla strada, parlano solo della strada, valutano le possibilità su strada. Ci si dimentica che il cittì della strada deve fare le sue valutazioni e convocare. Io lavoro su un progetto che dura un quadriennio, con contatti costanti, allenamenti, la costruzione di un progetto dal nulla fino alle ultimissime rifiniture. Togliere un elemento va a danneggiare tutto il sistema, a inficiare anche il lavoro degli altri.

Pur in formazione rimaneggiata, la Danimarca ha vinto anche a Hong Kong (foto Uci)
Pur in formazione rimaneggiata, la Danimarca ha vinto anche a Hong Kong (foto Uci)
Le proiezioni d’altro canto dicono da una parte che nell’inseguimento a squadre, in quello femminile più ancora che in quello maschile per il valore degli avversari, le possibilità di podio sono alte…

Io certe volte sono portato a sbilanciarmi e so bene che a pieno regime, abbiamo due possibilità di medaglia molto qualificate. Certo, c’è anche il rischio di finire quarti o peggio, l’incertezza delle Olimpiadi è lì, ma è anche la loro bellezza. Quel che però mi dispiace di più è che non possiamo arrivare all’inizio della primavera, dopo aver lavorato anni, ancora con delle incertezze. Cambiare? Certo, si può fare, ma è già molto, molto tardi. Chi sceglie una strada diversa deve farlo subito e prendersi le proprie responsabilità.

Che cos’è che ti ha fatto arrabbiare?

Se devo essere sincero è la cultura generale, l’ambiente ciclistico, quelle voci insistite che vuoi o non vuoi vanno anche a influenzare il singolo elemento chiamato a scegliere. E’ come se spingessero verso una direzione piuttosto che l’altra e chiaramente la tradizione della strada, contro i pur eccezionali risultati della pista prevale, nella mente di molti. Dimenticando che alla fine, in un contesto olimpico conta la medaglia, da qualsiasi parte essa venga: è per questo che ci si trova a fare il tifo anche per altri sport che poi uno non è abituato a seguire. Per me è sempre stato così, io i Giochi li vivo da dentro, ma li seguo anche con interesse enorme. Mi sono ritrovato a fare un tifo sfrenato per i ragazzi della scherma o del nuoto, tanto per fare due esempi.

Proviamo a trovare anche un lato positivo dalle ultime giornate. Miriam Vece ha staccato la qualificazione in due specialità…

Lei è stata bravissima e secondo un’interpretazione del regolamento, questo dovrebbe consentirci di convocare un’altra atleta. L’Uci però non ha dato l’ufficialità al sistema delle riallocazioni, so che se ne parlerà in una riunione il 28 marzo dove ogni federazione porterà all’esame le proprie domande e interpretazioni, vedremo poi il massimo ente che cosa deciderà. E’ chiaro che avere un’altra atleta a disposizione sarebbe un corposo aiuto.

Restano aperte altre possibilità di qualificazione?

A livello strettamente matematico potremmo ancora qualificarci con il team sprint maschile, ma è estremamente difficile. Servirebbe un podio e al momento è utopistico pensarlo. Mi dispiace perché per i ragazzi sarebbe stata un’esperienza utilissima a prescindere dal risultato finale. Non dobbiamo dimenticare che Predomo è passato direttamente da junior alla massima serie quando la qualificazione olimpica era già iniziata, qualificarsi per lui era estremamente complicato. Comunque ci si proverà, questo è certo.

Vece, dopo la Champions si lavora per trovare più consapevolezza

11.11.2023
6 min
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LONDRA – L’espressione sorridente che Emma Finucane, campionessa del mondo in carica della velocità, indirizza a Miriam Vece significa una bella iniezione di fiducia per lei. La ventenne gallese ha vinto da poco il primo round facendo tanta fatica per superare l’italiana nella batteria che le vedeva di fronte anche alla olandese Ruby Huisman.

Nella zona box del Lee Valley Velopark si assiste ad un continuo pellegrinaggio di atleti che salgono e scendono dalla pista per le varie prove della Uci Track Champions League. L’atmosfera è quella del grande evento che conoscerà il suo atto finale nella prima serata di oggi. Vece è alla terza partecipazione su tre edizioni e conosce bene la manifestazione allestita da Warnes Bros Discovery. Attualmente sta lottando per la top 10, però sa quali indicazioni trarre. Ne parla con Daniele Napolitano, suo compagno di nazionale ed arrivato nella capitale britannica per supportarla, oltre che per osservare gli avversari. Parlando con Miriam sul 2024 che la aspetta, abbiamo compreso meglio il valore di quello sguardo iniziale.

Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Possiamo considerarti una veterana della Champions. Che differenze hai notato dal 2021 ad oggi nelle tue prestazioni?

Nella prima edizione ho avuto più fortuna. Venivo dal mondiale di Roubaix dove ero andata bene ed avevo continuato ad allenarmi. Invece quest’anno e lo scorso arrivavo direttamente dalla off-season. Sono venuta qua per fare della gamba, correre e vedere il livello che c’è. Naturalmente mi fa piacere aver ricevuto l’invito, è sempre una bella manifestazione. Mi sto divertendo e qualche risultato l’ho ottenuto.

Lo sprint di prima con Finucane è uno di questi?

Direi proprio di sì, se contestualizzo la mia forma attuale. In pratica sono tornata veramente in pista a Maiorca. Dopo i mondiali non sono stata molto bene. Ho avuto problemi ai denti, poi mi sono operata al naso. Ho ripreso facendo lavori in palestra e su strada a Salerno, la città originaria dei miei genitori. Solo a ottobre inoltrato abbiamo ricominciato gli allenamenti a Montichiari. Poco fa ho fatto sudare Emma, che aveva lanciato uno sprint lunghissimo. Sono comunque soddisfatta in un certo senso perché qua, considerando il bel montepremi in palio, nessuno mente e tutte vanno forte.

Un pregio e un difetto della Champions League?

La cosa brutta, per modo di dire, o comunque stancante sono i viaggi. Arrivi il giorno prima della gara, devi montare la bici, corri al sabato, smonti la bici e la rimetti nel cartone da spedire. Diventa un po’ stressante fare così tutto di fretta. Lo penso ogni volta, però poi penso che se non mi avessero invitata ci sarei rimasta male (dice sorridendo, ndr). La cosa bella invece è che corri senza pressioni, almeno io. Faccio le mie prove cercando di imparare un po’ di tecnica e tattica. E un altro aspetto positivo è che posso rappresentare l’Italia, quest’anno assieme a Francesca (Selva, ndr).

La Champions può dare indicazioni per le altre manifestazioni internazionali?

Sì e no. La stessa Finucane non la vedo performante come ai mondiali. Sono sicura però che a gennaio, quando ci saranno gli europei, lei sarà al top. Viceversa, la Propster (campionessa europea nel team sprint e U23 nella velocità, ndr) che di solito non è tra le titolari della nazionale tedesca, in cui il livello è molto alto, qua alla Champions è stata leader nelle prime due prove. Diciamo che si può vedere a che punto sono le avversarie, ma non è troppo attendibile. Adesso da una settimana all’altra cambiano tante cose. Ad esempio io a Berlino sono arrivata in finale nel keirin, a Parigi la settimana scorsa invece un disastro. Poi contano gli allenamenti che si fanno, specie per me con Quaranta.

Cosa ti ha detto Ivan per questa Champions League?

Anche se mi considera una ragazza esperta, lui ha sempre da ridire (sorride, ndr). Mi dice sempre che devo ancora imparare a correre, più che altro perché mi sottovaluto tanto. In gara mi sembra sempre di non riuscire a fare le cose, quando invece Ivan mi ripete che le gambe le ho e che vado più forte di tante altre che mi arrivano davanti. Questa è una cosa negativa per quello che faccio. Perciò quando a casa analizziamo le gare, c’è sempre da discutere (e sorride nuovamente, ndr).

In vista degli europei e quindi delle Olimpiadi stai lavorando per colmare questo gap psicologico?

Sì, assolutamente, lo stiamo già facendo. Stare nel gruppo dei ragazzi mi aiuta tanto. Mi spronano e me lo dicono a ragion veduta, visto che mi alleno con loro. Spero di qualificarmi per Parigi…

La scorsa estate Quaranta la dava quasi per certa.

Con un piede sono a Parigi, con l’altro sono ancora in Italia. Al momento sono ampiamente dentro al ranking per andarci, sia nella velocità sia nel keirin, però per la qualificazione mancano ancora quattro passaggi. Voglio partire subito bene con l’europeo e poi guadagnare i punti necessari nelle altre tre prove di Nations Cup. Io dovrei andare malissimo e quelle dietro di me dovrebbero stravincere. Tutto può succedere. Finché non la ottengo, non ci credo. Di sicuro se dovessi fare dei bei tempi, allora anche quel famoso gap psicologico si ridurrebbe e sarebbe un po’ più facile prepararsi.

Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
A Parigi potresti scrivere la storia come prima donna italiana nella velocità. Quando inizierà Miriam Vece a preparare il suo intenso 2024?

Finita la Champions League, farò una settimana di riposo d’accordo con Quaranta. Poi da fine novembre ci rimettiamo sotto. Per l’europeo si dice che potremmo fare anche un team sprint. Ivan vorrebbe portare delle giovani, ma vedremo. In effetti andare alle Olimpiadi sarebbe già un grandissimo traguardo, un vero orgoglio per me, visto che prima di me nessuna azzurra lo ha mai fatto. In ogni caso ci arriverò tranquilla. Quando vedremo che l’Italia sarà qualificata, allora con Ivan inizieremo a lavorare per il podio, pur sapendo che non sarà per nulla semplice. Però a Tokyo Kelsey Mitchell vinse la velocità ed era l’ultima arrivata. Quindi mai dire mai.

Tra sfogo e bilancio, la Champions di Francesca Selva

08.11.2023
6 min
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Un malinconico post su Instagram, con cui Francesca Selva ha voluto fare il punto sulla sua partecipazione alla Champions League della pista. Le attese erano tante, l’ambizione non si è certo fermata davanti alla consapevolezza di una preparazione messa insieme frettolosamente nelle ultime settimane. E così all’orgoglio di farne parte si è sovrapposto un velo di sfiducia, nato più che altro dalla pressione psicologica. Allora per metterla un po’ sul leggero, strapparle un sorriso e in attesa di seguirla di persona nelle ultime due serate di Londra, abbiamo aggiunto Francesca a casa, un paio di giorni prima dell’ultima valigia.

Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)
Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)
Insomma, cos’era quel post?

A me piace scrivere, analizzare. E’ stato come fare un bilancio, concedersi uno sfogo. Sto facendo fatica e c’è stata anche un po’ di sfortuna. Nella prima tappa ho bucato e stavo bene. Nella seconda tappa, ho avuto una giornata no. Stavo male, non mi sarei neppure alzata dal letto. La settimana scorsa tutto sommato stavo abbastanza bene, non ho avuto problemi. Però ho fatto una serie di movimenti sbagliati in gruppo, ero spesso nella posizione sbagliata. E quindi, a causa di questi errori tecnici, anche se stavo bene il risultato che si può essere percepito dall’esterno non esprime quel che mi sento. Ho un po’ di amaro in bocca, mi dispiace perché vorrei riuscire a raccogliere tutto quello che posso. Chiaramente non è facile e probabilmente sto pagando il fatto di non aver mai gareggiato a livelli così alti. Non ho mai partecipato a europei o mondiali. Quindi la gestione della grandezza dell’evento mi pesa.

Ci sei arrivata anche senza una grande preparazione, no?

Esatto, infatti inizialmente ero già felice di essere là. Quando poi ci sono arrivata, ho scoperto che non mi bastava più. Questo è il succo della faccenda.

Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)
Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)
Non hai fatto mondiali, però sei stata due volte in Nations Cup, quindi un po’ di alto livello l’hai visto. Quali sono le differenze?

E’ la grandezza dell’evento, anche se non sono un’atleta che si agita prima delle gare. In Nations Cup si corre con la maglia azzurra e quello un po’ di peso sulle spalle lo mette. La prima volta ho corso con Matilde Vitillo e sapevamo che comunque era impossibile correre per una medaglia, per cui abbiamo cercato di fare il massimo. Lei è giovane, doveva fare esperienza, io dovevo portarle un po’ della mia nella madison. Quindi è stato più un passaggio di crescita per lei e l’ho vissuta tranquilla, senza pressioni. L’anno scorso a Cali correvo con Letizia Paternoster, quindi ero un po’ più agitata, perché sapevo di essere la pedina debole della coppia e avrei dovuto sputare sangue per vincere la medaglia che poi abbiamo preso. Però il livello era oggettivamente molto più basso, non c’è nessun paragone.

La Champions è così tirata?

Io non ho mai corso gare di questa portata. Il livello delle atlete è alto e le gare sono velocissime. Si va forte, si va tanto forte. E’ un altro mondo, proprio un modo di correre completamente diverso. E poi col fatto che è un format televisivo, tutti vogliono farsi vedere e cercano di dare il meglio. Quindi vengono fuori delle gare veramente tiratissime. Anche nella corsa a punti che facciamo al pomeriggio, che non serve assolutamente a niente, si scannano come se fosse veramente il campionato del mondo.

Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)
Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)
Come mai secondo te?

Si sente tanto la grandezza dell’evento. In un mondiale sai che ti stai giocando la maglia iridata, qua è diverso. L’atmosfera che c’è in pista ti fa sentire che sei al centro di una cosa enorme. Hai tutti gli occhi addosso e ti dici che non devi fare brutta figura, perché il mondo sta guardando.

Possiamo dire che hai cominciato dall’Università, senza passare dalla materna?

Diciamo di sì. A livello di esperienze, sono ancora una bambina. Sono entrata in nazionale a 23 anni, che è una cosa abbastanza fuori dagli schemi. Quindi chiaramente dalla parte della gestione emotiva mi manca ancora qualcosa. In più mettiamoci che è tutto molto frenetico. Arrivi il giorno prima. Monti le bici. Corri. Smonti le bici. Parti di nuovo. Vai a casa e fai tutto da sola. A me non pesa particolarmente, perché sono abituata a viaggiare così durante l’anno. Però chiaramente quando sei a quel livello, con gli inglesi che magari sono in 12 e hanno con loro lo staff della nazionale, le differenze si vedono. Intendiamoci, non credo che a me possa fare la differenza, se non un paio di posizioni. Non stiamo dicendo che potrei vincere.

Lo consideriamo un punto di partenza?

Prima di partire ero contenta di essere lì, mentre adesso effettivamente mi scontro col mio essere una persona competitiva. Quindi non mi basta semplicemente partecipare. Voglio giocarmela, però onestamente non potevo aspettarmi chissà cosa da me stessa. Quando sei lì, vuoi ottenere sempre di più. Anche io ho scritto che è un punto di partenza, invece la mia nutrizionista mi ha risposto che non è molto d’accordo. Secondo lei non è un punto di partenza, nel senso che io qua ci sono arrivata con un percorso ben duro e difficile e l’ho affrontato da sola. Quindi secondo lei, è un bel traguardo che ho raggiunto.

E tu cosa ne pensi?

Per me è il modo di realizzare quanto devo ancora lavorare, quanto voglio lavorare per arrivare lì, non solo per esserci. Spero che anche questo inverno io possa allenarmi ancora con la nazionale. Mi sono sentita con Marco Villa e Diego Bragato che stanno facendo i piani e ho chiesto di poter lavorare con loro. Ancora non sono pronta per giocarmi una vittoria a questo livello, però ci voglio arrivare. E farò tutto quello che serve.

Il fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattute
Il fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattute
Manca l’ultimo turno di questa Champions. Come quale spirito andrai a Londra?

Voglio provare a tirar fuori qualcosa di più, l’unica cosa che mi chiedo è di non pensarci. A questo punto non ho niente da perdere, quindi meglio fare ultima avendoci provato, piuttosto che restare per tutto il tempo a ruota. A Londra proverò a viverla un po’ più serenamente, senza pensare a dove sono e cosa sto facendo. La prenderò come una gara normale e la gestirò come faccio di solito. Alla fine devo essere contenta di essere lì e devo cercare di trarne il meglio, quindi proverò a divertirmi e basta. Il fatto che ci sia Miriam Vece con me è una fortuna e mi aiuta. La settimana scorsa ha fatto una volata che mi ha esaltato e quando sono salita nell’eliminazione, anche se stavo male, avevo voglia di spaccare il mondo. Insomma, siamo solo in due ed è sempre bello avere una compagna di nazionale che un po’ ti capisce. Ci stiamo divertendo tanto, al di là dell’aspetto delle gare.

In finale con Bianchi, poi tutti a casa: come sta la velocità?

08.08.2023
6 min
Salva

GLASGOW – «Settimo a 21 anni – dice Matteo Bianchi dopo la finale del chilometro da fermo – è un buon risultato. L’anno scorso i partecipanti erano di un livello inferiore e sono riuscito a portare a casa un secondo posto in qualifica e il quinto in finale. Quest’anno ci sono tutti i migliori: la differenza di esperienza e di maturità si è vista, però centrare la finale era un buon obiettivo e l’ho raggiunta. Siamo tutti molto giovani, io sono il più vecchio e non ho ancora 22 anni. Intorno vedo atleti di 27-28 anni al top della carriera, è normale vederli davanti. Si prende spunto. Che tipo di riscaldamento fanno o che tipo di approccio, anche se poi ci si affida ai preparatori e si seguono le loro indicazioni. Sono soddisfatto anche per aver abbattuto il muro del minuto su una pista non velocissima come Parigi l’anno scorso. Va bene, è la strada giusta».

Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica
Bianchi è entrato nella finale del chilometro, abbattendo il muro del minuto in qualifica

Il bilancio azzurro

Il settimo tempo di Matteo Bianchi nel chilometro da fermo è l’emblema della situazione della velocità azzurra ai mondiali di Glasgow. E anche se da casa qualcuno potrà storcere il naso davanti a risultati non certo da prima pagina, chiederne ragione al responsabile di settore Ivan Quaranta è un modo onesto di inquadrare la scena.

«Questa – dice – è una categoria superiore alla nostra. Siamo partiti da un gruppo di giovani che hanno ben figurato ai campionati europei, vincendo tutto quello che si poteva vincere. Il kerin e il chilometro con Bianchi, abbiamo vinto il team sprint che è l’equivalente dell’inseguimento a squadre e quindi era la specialità più importante perché ci permette di qualificare un atleta per le Olimpiadi. Ogni gara che facciamo, miglioriamo. Qui abbiamo fatto il record italiano proprio nel team sprint e ci siamo classificati all’undicesimo posto a meno di un decimo dall’ottava e arrivare ottavi significava essere qualificati per le Olimpiadi, dato che vanno i primi 8 terzetti. Insomma, il nostro atleta più vecchio è Bianchi che ha 21 anni…».

Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Quaranta con Miriam Vece: poteva prendere il bronzo nei 500 metri, ma ha avuto un’esitazione in partenza
Ti aspettavi di più o siamo in linea con le attese?

Forse Miriam Vece poteva fare qualcosa di più nei 500 metri, ma ha avuto un attimo di deconcentrazione alla partenza e ha perso 3 decimi sul blocco di partenza. Altrimenti avrebbe fatto più o meno il suo tempo e poteva ambire a una medaglia di bronzo. E poi ha fatto il Keirin, che però non è la disciplina più adatta a lei, perché ha un po’ paura nelle volate e ha fatto un tempo che secondo me non è nelle sue corde, perché a Montichiari in allenamento fa di meglio.

Nel maschile?

Bianchi settimo può essere un buon punto di partenza. Predomo si è già qualificato per la velocità e calcolate che qua si qualificavano 30 corridori in tutto il mondo. Quindi già essere nei top 30 mondiali a 19 anni è una bella cosa. Questo mondiale serviva per fargli fare un po’ di esperienza. Sicuramente sarà di buon auspicio per i prossimi anni. E comunque, non siamo tanto lontani. I tempi dei migliori in questo mondiale pre-olimpico sono gli stessi che fanno da 3-4 anni. Quindi loro sono fermi sugli stessi tempi di eccellenza, mentre noi pian piano ci stiamo avvicinando. Anche questa è una valutazione da fare.

Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
Predomo non è riuscito a superare le qualificazioni dei 200 metri, ma ha solo 19 anni
La sintesi è che bisogna avere pazienza?

Esattamente. Dopo questa ondata, a livello mondiale dietro ci siamo noi. Siamo noi i campioni europei e del mondo juniores in tutte le discipline. Quindi se la storia dello sport è fatta di cicli, presto verrà il nostro momento.

Cosa si può dire a chi vorrebbe bruciare le tappe?

Si sa che ormai la velocità è diventata una specialità in cui progredisci di pari passo con i pesi che sollevi in palestra. I ragazzi fanno palestra e pista, poi palestra e ancora pista. Qualche volta si allenano anche su strada, ma soprattutto in palestra. Per arrivare ad alzare certi carichi, anche nel sollevamento pesi stesso, servono gli anni. Così pure per arrivare a spingere certi rapporti e andare a certe velocità. Servono gli anni di lavoro, che purtroppo se ne hai 18-19 non puoi aver messo insieme. Serve accumulare tanto volume di lavoro e il tempo in cui riesci a farlo è soggettivo, ma va previsto.

Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Predomo è passato in un anno da 100 a 190 chili di squat: ha 19 anni, siamo solo agli inizi
Ognuno quindi ha i suoi tempi e non vale la pena spingere per arrivarci prima?

Forse possono anche arrivare prima a certi carichi, ma li danneggi. Per esempio, Predomo l’ho conosciuto che sollevava 100 chili di squat, adesso ne solleva 190. Okay che Lavreysen a 26 anni ne solleva 250, ma da 100 a 190 già è un bel salto. Rischi che si fanno male, perché sono giovani e spingono. Più carichi e più spingono, però c’è da fare dei lavori progressivi per tutelare l’atleta.

Stasera Francesco Ceci è in gara nella finale per l’oro nel tandem paralimpico, perché è stato escluso dal giro della nazionale? Non farebbe comodo un atleta di esperienza vicino ai nostri atleti così giovani?

Non so cosa sia successo prima di me. Quando sono arrivato, lui purtroppo non c’era già più. Non so cosa ci sia stato con le Fiamme Azzurre, prima di essere inserito all’interno della Federazione, seguivo anche poco il settore. Ero direttore sportivo della Colpack, seguivo come un appassionato, però non ero dentro e non conoscevo le dinamiche del gruppo. Sicuramente uno che ha fatto tanti anni a livello mondiale, quantomeno avrebbe da trasmettere esperienza e tattica, però non sta a me giudicare quello che è stato fatto prima.

Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Per Napolitano, Bianchi e Predomo, nuovo record italiano del team sprint: 43″749, 2 decimi meglio del precedente
Fosse per te lo convocheresti?

Credo che ormai Francesco sia fuori da questo giro. Il regolamento impone di scegliere fra paralimpico o normodotato. Però mai dire mai. Quest’anno si è presentato vincendo l’italiano del chilometro, non è fermo e ha fatto dei tempi che difficilmente faceva prima quando era in attività. Si è presentato in forma, di questo bisogna dargli atto. Adesso ha fatto questa scelta, vedo che si sta anche divertendo. Ho visto che dà consigli a tutti, sono contento per lui.

L’Italia della velocità se ne va da Glasgow con Bianchi entrato nella finale del chilometro da fermo e il settimo posto finale. Predomo uscito subito dai 200 metri. Con Miriam Vece al di sotto delle sue possibilità nei 500 e il record italiano nella velocità olimpica. La strada per Parigi è ancora lunga, ma abbiamo ripreso da poco. Hoogland e Lavreysen sono due divinità gigantesche, noi li abbiamo sfidati con degli under 23. Come andare al Tour contro Vingegaard e Pogacar con gli azzurrini di Amadori. Tutto sommato, pensiamo che sia andata anche bene.

Miriam Vece, da Glasgow a Parigi per entrare nella storia

26.07.2023
6 min
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FIORENZUOLA – «Negli ultimi anni Miriam Vece è stata la portabandiera della velocità. Facciamo pure tutti gli scongiuri possibili ma, ranking alla mano, al 99 per cento è qualificata per Parigi sia nella velocità che nel keirin. E sarebbe un evento storico perché mai nessuna italiana aveva partecipato alle olimpiadi nelle discipline veloci». Così Ivan Quaranta ci introduce la sua conterranea cremasca durante gli appuntamenti pre-mondiale. La rassegna iridata di Glasgow produrrà anche gli ultimi posti a cinque cerchi per la pista.

E Miriam Vece come vive tutto questo momento? Staccare un biglietto per Parigi 2024 è un traguardo importante sia per lei che per tutto il movimento. Ogni volta che incontriamo Quaranta non si può fare a meno di constatare quanto la velocità italiana sia cresciuta rispetto all’ultima volta. La 26enne di Romanengo è nel pieno della maturazione psicofisica. E’ nella fase ideale in cui contemporaneamente può crescere ancora per raggiungere risultati di rilievo ed essere un riferimento per le più giovani. Ne abbiamo parlato con lei.

Miriam quanto è cambiata la velocità da quando eri junior?

Tanto, tra materiale e voglia di fare. Otto anni fa avevo anche la scuola e la maturità a cui pensare quindi non riuscivo a dedicarmi totalmente alla bici. Ora con tecnologia e attrezzature nuove ci sono tanti secondi che ballano nelle discipline veloci. Poi bisogna considerare un aspetto mentale. Era un’altra epoca per noi velocisti. Non avevamo tanti appoggi, eravamo quasi isolati, ti allenavi da solo. Ora c’è Ivan che ci aiuta, è un mondo completamente diverso. Siamo un gruppo di ragazzi giovani che ha tante motivazioni.

Come ti trovi con loro?

Molto bene. Sono la più anziana, se così possiamo dire, visto che il più vecchio di loro ha 21 anni (ride, ndr). Vanno più veloce di me e per me sono un grande stimolo in allenamento, visto che sono spesso l’unica ragazza del gruppo. In pista cerco di seguirli e fare molte cose con loro. Rispetto a prima, penso che avere questo tipo di gruppo sia la differenza principale, poi a mio avviso ci va a ruota tutto il resto. Essere più serena di testa fa bene alla mia attività. Io sto bene con loro e ci tengo. I miei compagni hanno fiducia in me così come Marco e Ivan (rispettivamente il cittì Villa e Quaranta, ndr) che mi hanno supportata nei momenti più difficili come il mondiale dell’anno scorso dove è stato tutto in salita.

A certificare la tua considerazione internazionale ci sono state le partecipazioni anche alla UCI Track Champions League. Che effetto fa rappresentare l’Italia nella velocità?

Quello è un evento certamente spettacolare e di grande visibilità però faccio un discorso un po’ più ampio. Sono convinta che, se non nei prossimi due anni, per Los Angeles 2028 il nostro gruppo di giovani crescerà e riuscirà a far vedere che c’è anche l’Italia. Ora i ragazzi si scontrano con atleti forti ed esperti come Lavreysen o Hoogland. Però se continuiamo a lavorare così sono sicura che anche alla Champions League ci saranno più italiani nella velocità.

Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
Miriam Vece correrà i mondiali di Glasgow per ottenere la certezza definitiva di essere a Parigi 2024
A proposito di grandi eventi, alle prossime olimpiadi ci sarai anche tu e non sarà una partecipazione qualunque per i nostri colori…

Se dovessimo chiudere oggi il ranking sarei dentro a Parigi ma come vedi sto toccando ferro (ride mentre con una mano è attaccata ad una transenna sciogliendo le gambe sui rulli, ndr). Battute a parte, sarò la prima donna italiana a partecipare nelle discipline veloci e sono orgogliosa. Riflettevo che è strano come una nazione come la nostra non abbia avuto nessuna atleta prima di me in una competizione così importante. Manca ancora un anno, incrocio le dita ma sto lavorando sodo per quell’obiettivo. Prima però c’è ancora Glasgow in cui voglio fare molto bene, uno step in più e in funzione di Parigi.

A che punto è la velocità italiana?

Sta crescendo e lo vedete anche voi. Per me è una questione di orgoglio sapere di avere compagne giovani come Beatrice e Carola (rispettivamente Bertolini e Ratti, ndr) che ambiscono a fare ciò che ho fatto io. Mi chiedono consigli, si ispirano a me, addirittura mi hanno chiesto di fare il team sprint con loro agli italiani. Vi dirò che spero che possa essere il primo di tanti da fare con le junior. Piuttosto, un problema potrebbe essere un altro…

Quale?

Parto dal mio caso personale ma vale per tutti. Nel mio piccolo ho raccolto risultati importanti ma in Italia, come sempre, si sa poco (sorride, ndr). Prima anche le discipline endurance erano poco seguite poi è arrivato l’oro di Elia a Rio 2016 e quello del quartetto a Tokyo. Anche a noi della velocità manca la medaglia del colore più bello per far capire a tutti il nostro valore. Già al mondiale ne basterebbe comunque una. Quello che facciamo non è da meno di quello che fanno gli altri. E’ vero che partire quasi da zero non ha aiutato a far parlare di noi, in termini di risultati. Con una medaglia qualcosa potrebbe cambiare ed utilizzo il condizionale apposta. L’anno scorso i ragazzi sono stati protagonisti agli europei U23. Bianchi ha vinto l’oro nel keirin davanti a Napolitano e nel chilometro. Hanno vinto il bronzo nel team sprint. Eppure siamo sempre lì, nessuno ne parla come dovrebbe o se lo ricorda.

Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Europei 2022, Miriam conquista il bronzo nei 500 metri
Per la velocista Miriam Vece possono coesistere pista e strada?

Da junior penso che si possa fare velocità in pista e strada, dove magari non sei un fenomeno. Quando poi passi di categoria bisogna prendere una decisione. La scelta giusta forse non esiste. Devi fare quello che ti piace e devi essere realista con te stessa. Non bisogna impuntarsi come vedo in alcune ragazze che faticano su strada e la velocità non gli piace. Su strada si prendono più soldi ma il mondo della pista sta cambiando. La visibilità internazionale sta cambiando. La Champions League di cui parlavamo prima dà trentamila euro al vincitore, ad esempio. Di sicuro i corpi militari possono aiutare questo sviluppo con l’apertura di nuovi concorsi. Siamo partiti da poco ma loro stessi stanno vedendo che anche per noi ci sono già speranze per andare a Parigi e ancora di più per le prossime olimpiadi. E questo farà molto bene al nostro movimento.