Nel gran giorno di Mollema, un altro passetto di Cattaneo

10.07.2021
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«Ho cercato di dare il massimo oggi – dice Cattaneo dopo la tappa che ha incoronato Bauke Mollema – perché l’obiettivo era lottare per la vittoria, ma alla fine ho iniziato a sentire la tappa nelle gambe. E’ stata una giornata molto dura fin dall’inizio e si vedeva quanto fosse difficile entrare nella fuga, ma ero determinato a riuscirci perché mi piace andare all’attacco. Quando le cose sono diventate davvero difficili sull’ultima salita, ho dosato gli sforzi con attenzione e ho proseguito al mio ritmo. E questo ha aiutato. Essere decimo in classifica è bello e sarebbe bello finire così, ma la strada è ancora lunga. Quindi continuerò a prenderla un giorno alla volta».

Alla partenza sulla bici di Cavendish, il numero 34 faticosamente raggiunto
Alla partenza sulla bici di Cavendish, il numero 34 faticosamente raggiunto

Benedetta la vita

Mattia Cattaneo non dice una parola più del necessario, però intanto è entrato fra i primi dieci del Tour. Quando Mollema ha dato gas, a lui hanno un po’ ceduto le gambe, però intanto in questo Tour della riscoperta, Mattia sta salendo un gradino ogni giorno, raggiungendo quei piani che per i tanti che lo vissero da under 23 avrebbe dovuto conquistare ben prima. Sia benedetta la vita, cantò la Mannoia, che comunque è perfetta. E alla fine, tra un infortunio e un eccesso di zelo, il bergamasco della Deceuninck-Quick Step sta tornando se stesso. E anche per stasera un mezzo motivo per brindare s’è trovato ancora.

Mollema ha vinto dopo un’azione solitaria di quasi 42 chilometri: chapeau!
Mollema ha vinto dopo un’azione solitaria di quasi 42 chilometri: chapeau!

La schiena a posto

Marco Milesi invece qualche parola in più la dice. E non potrebbe essere altrimenti, visto che al direttore sportivo bergamasco che lo guidò fra gli under 23 capita ancora di allenare Mattia dietro moto. E quando lo ha incontrato assieme a Ravanelli una decina di giorni prima del Tour, aveva capito che finalmente Cattaneo stesse tornando.

«Ha avuto vari infortuni – dice Milesi – tra ginocchia e schiena. Se lo vedevi a torso nudo, ti accorgevi che la curvatura della schiena non era giusta, ma adesso che ha sistemato tutti quei problemi, è di nuovo il nostro Mattia. E la Deceuninck-Quick Step è davvero la squadra migliore per tirare fuori il suo potenziale».

Da Carcassonne a Quillan, panorama stupendo nel sud della Francia
Da Carcassonne a Quillan, panorama stupendo nel sud della Francia

La fiducia giusta

La svolta secondo Milesi c’è stata alla Androni nei due anni trascorsi alla corte di Savio. Prima no. Prima in quel ragazzo nessuno ha avuto fiducia, complici certo i suoi acciacchi e i suoi problemi. Ma dall’essere il talento italiano più fulgido al dimenticatoio il passo fu davvero breve.

«Ora ha la fiducia che prima non gli davano – conferma Milesi – che cominciò a ritrovare anche in Androni e infatti fece vedere anche là il suo valore. Quando facciamo dietro moto lo vedo più sereno, sembra come un tempo. Sempre sul pezzo. Il lavoro per lui era tutto, a volte era sin troppo maniacale. E’ sempre stato sicuro di sé. Determinato da morire. E se adesso dice di voler andare un giorno per volta, di sicuro è per tenere lontana la pressione. Ma se è tornato il vero Mattia, è uno che non molla. Ed è giusto che provi finché ne ha».

Seconda vittoria di tappa al Tour per l’olandese Mollema dopo quella del 2017
Seconda vittoria di tappa al Tour per l’olandese Mollema dopo quella del 2017

Non si molla niente

La chiusura è per il diretto interessato, che nel frattempo è arrivato in hotel e ha appena finito i massaggi.

«Non è facile – spiega – perché anche oggi guardavano me. Essendo in classifica e visto che giustamente ognuno fa i suoi calcoli, pensavano che toccasse a me il grosso del lavoro. Era giusto provarci e continuerò a farlo, ma sapete benissimo che cosa significhi andare in fuga al Tour. Per fortuna recupero bene e dormo da Dio. Siamo tutti morti, basta guardarci in faccia. Ma io continuerò ad andare in fuga e poi semmai la classifica verrà. Manca veramente tanto e il rischio di saltare c’è sempre, ma ha ragione Milesi: non si molla niente».

La prima volta di Mattia ha il sapore di un ritorno

25.06.2021
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C’è aria di prima volta per alcuni italiani del Tour. E se si tratta del primo assaggio per Davide Ballerini, con cui abbiamo parlato giusto ieri, non serve allontanarsi troppo per rendersi conto che anche Mattia Cattaneo, ugualmente in casa Deceuninck-Quick Step, non sappia assolutamente a cosa stia andando incontro.

Due profili diversi, i loro. Se il primo per caratteristiche tecniche potrebbe diventare un vero… animale da Tour, cacciatore di tappe con tutti i crismi, il bergamasco (in apertura nella foto Wout Beel) è sulla porta della riscoperta di sé ed è al via da Brest in appoggio ad Alaphilippe. Ciò detto, se un italiano si poteva individuare in passato con le caratteristiche tecniche per fare bene al Tour, Mattia era sicuramente uno dei più indiziati. Forte sulle salite regolari, forte a crono, terzo al Tour de l’Avenir, capace di vincere corse a tappe – il Giro delle Pesche Nettarine e il Giro d’Italia U23 – sin dai vent’anni.

Il Tour inizierà domani, ma già ieri alla presentazione era tornato il pubblico
Il Tour inizierà domani, ma già ieri alla presentazione era tornato il pubblico

«Sembrerà strano dirlo – racconta – ma nei miei primi quattro anni non ho corso tantissimo. Devo ancora maturare e spero che adesso vengano finalmente degli anni buoni. Non è tutto da buttare, ho comunque fatto le mie esperienze, anche se non in condizioni ottimali. A volte la vita non va come vuoi, ma devi continuare ad avanzare e mantenere il tuo ottimismo».

Terzo nella crono tricolore, dietro Sobrero e Affini, come nel 2011 da U23 dietro Mammini e Coledan
Terzo nella crono tricolore, dietro Sobrero e Affini, come nel 2011 da U23 dietro Mammini e Coledan

Scendere per risalire

Di Mattia Cattaneo a ben vedere si parlava ieri con il suo procuratore Massimiliano Mori. Fu lui, rendendosi conto che l’ambiente Lampre-Merida (in procinto di diventare Uae Team Emirates) non facesse più al caso suo, a suggerirgli di lasciare il WorldTour per ritrovare stimoli e voglia alla Androni. L’operazione andò bene, non tanto in termini di vittorie quanto di continuità. Vinto il Giro dell’Appennino del 2019, Mattia mise in fila una serie di piazzamenti molto promettenti che nel 2020 gli hanno riaperto le porte del WolrdTour, con una superiore consapevolezza di sé e la maglia della Deceuninck-Quick Step.

«Venire in questa squadra – spiega – mi ha fatto tornare a livelli alti e soprattutto costanti. Quando mi hanno cercato, ho subito detto al mio procuratore di accettare. Il gruppo conta tanto, per le persone e tutto quello che riguarda preparazione e materiali. Sono qui per aiutare Alaphilippe e magari provare a inserirmi in qualche fuga, perché comunque sto bene. Il terzo posto al campionato italiano della crono lo dimostra e mi soddisfa. Era la prima volta che ho provato a prepararlo e non sarà l’ultima».

Uno step importante

La stagione finora fa testo fino a un certo punto perché, come ha raccontato alla vigilia del Giro, alcuni dei programmi sono saltati a causa di Covid e le sostituzioni da fare. Però il segnale della svolta si era già avuto nel 2020, quando in una Vuelta da cui aveva poco da aspettarsi, è andato più volte in fuga, ha centrato il settimo posto nell’arrivo in salita di Aramon Formigal e il settimo nella crono con arrivo in salita al Mirador de Ezaro. Se non hai buoni numeri, non le fai certe cose a novembre.

«E così sono arrivato al primo Tour – racconta e sorride – una corsa di cui ho sempre sentito parlare, ma cui non ho mai preso parte. Credo che per starci bene dentro si debbano avere obiettivi ben precisi, perché poi se hai la gamba si vede. Spero e sono certo che per me sarà uno step importantissimo. Anche se si tratterà di tirare a lungo, va bene lo stesso. Ho buone sensazioni e sono super entusiasta dopo aver sempre corso il Giro e la Vuelta. Non so cosa renda il Tour così speciale, di sicuro una tappa qui può cambiare la tua carriera». 

In forma troppo presto? Le considerazioni di Pino Toni

08.05.2021
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Ricordate quando qualche settimana fa Mattia Cattaneo ci aveva detto di aver raggiunto il suo picco di forma nella prima gara all’Uae Tour? E sempre lui aveva aggiunto che dovendo correre al posto di alcuni compagni, causa Covid, la sua preparazione aveva un po’ sbarellato? Ebbene con coach Pino Toni vogliamo commentare questa situazione che tra l’altro non è stata l’unica.

Cattaneo sulle strade del Tour de Romandie, dove ha chiuso 12° nella generale
Cattaneo al Tour de Romandie ha chiuso 12° nella generale
Pino, ma davvero si può entrare in forma subito?

Partiamo dal presupposto che bisognerebbe conoscere i veri programmi della squadra, soprattutto in questo caso. In Deceuninck-Quick Step ci sono ragazzi di un certo valore e la squadra ci tiene a fare bene in tutte le corse a cui prende parte. Una volta loro puntavano quasi solo sulle classiche, adesso guardate che squadra hanno portato al Giro! Programmi che vengono fatti quindi secondo le necessità del team. Magari volevano fare bene subito all’Uae Tour e hanno individuato in Mattia l’uomo più adatto. Il Giro d’Italia per lui non era in programma mi è sembrato di capire. Quindi ci stava che partisse forte.

E hanno sfruttato il fatto che la Vuelta fosse finita tardi?

Esatto. Chiedi meno all’atleta durante l’inverno per entrare in condizione. Io poi penso che in quel team difficilmente i preparatori sbaglino se il corridore effettivamente fa quello che gli dice la squadra. Cattaneo non è un ragazzino: oltre ai dati dei file avrà comunicato loro anche i suoi feedback. 

Nelle Ardenne diceva di essere stanco, però poi al Romandia è andato forte…

Magari ha influito mentalmente il fatto che abbia corso quando invece doveva staccare. Ci sono tanti aspetti da valutare. Per esempio: qual era veramente il suo obiettivo? Cattaneo ha 30 anni, percepisce uno stipendio buono, è un ottimo gregario. Se ci sono delle gare in cui può puntare e poi non può prepararle come deve perché deve correre al posto di altri, ci sta che perda un po’ di motivazione. Ma queste sono supposizioni.

A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
A crono una posizione pressoché perfetta per Cattaneo
Chiaro, non siamo qui per fare il processo a Cattaneo ci mancherebbe. Vogliamo analizzare un aspetto tecnico che tra l’altro ha riguardato anche altri corridori. Un aspetto che ci dice quanto sia complicato progettare al giorno d’oggi una stagione agonistica.

Pertanto, tornando al nostro caso, è importante anche l’aspetto psicologico. Cattaneo ha fatto secondo a un Tour de l’Avenir che io ho seguito da vicino. E’ un corridore vero. Alla Deceuninck è migliorato ancora.

Vero, anche a crono come ha detto lui stesso…

Ecco su questo vorrei fare un appunto. Chi è che migliora a crono? Chi utilizza certe bici e fa certi investimenti sui materiali e di conseguenza sulle posizioni. E questo ha un costo. Un costo elevato. Penso al trattamento della catena, alle ruote, ai cuscinetti, alla riduzione del peso… una bici da crono di un campione professionista è totalmente diversa da quella che esce dalla casa. Ciò non toglie che Mattia sia andato forte.

Pino, torniamo al discorso del picco di forma trovato già all’Uae Tour. Comunque tra la Vuelta e la corsa asiatica ci sono tre mesi, non è poco.

Considerate che l’atleta esce da tre settimane di sforzo pieno e poi si deve riposare perché è a fine stagione. In questo modo fa una vera supercompensazione, tanto più l’anno scorso che la Vuelta è finita tardissimo. Quando riprende, il livello è molto più alto che se avesse fatto il Tour e poi si fosse trascinato fino a fine anno con gare di un giorno. Nel primo caso finisce la corsa a 140, dico un valore a caso, e riparte da 100. Nel secondo finisce il Tour a 140 ma poi scende man mano a 100 e riparte da 60. E’ un bel gap. Per questo da sempre sostengo che per far crescere un giovane la Vuelta è la miglior corsa.

Per Toni la Vuelta è il miglior modo per far crescere un giovane, Gaudu ne è l’esempio lampante
Secondo Toni con la Vuelta un giovane può crescere, Gaudu ne è l’esempio lampante
Per questo ha toccato il picco di forma a febbraio?

Anche in questo caso bisognerebbe conoscere i suoi dati reali: è stato davvero un picco di forma o era lui che “andava facile”? Mi spiego. Un conto è se in gruppo ci sono 100 corridori che sono al top e un conto se ce ne sono 20: le velocità cambiano. Per me non era al top lui.

Perché?

Perché altrimenti non avrebbe fatto il Romandia che ha fatto e non avrebbe tirato fuori quella prestazione a crono. E’ arrivato settimo in una frazione piena di campioni e specialisti. Per di più una crono molto esplosiva, 16 chilometri da fare a tutta, fuori soglia, in acido lattico. Per me al Romandia Cattaneo è andato più forte che all’Uae Tour, poi magari aveva sensazioni peggiori perché c’era tanta gente che andava più forte.

Lo strano caso di Cattaneo, in forma troppo presto

26.04.2021
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Mattia Cattaneo si trova in una situazione a dir poco particolare. E cioè, in qualche modo è entrato in forma troppo presto. Ce lo ha rivelato lui stesso nel corso dell’intervista.

Volevamo chiedergli come stesse preparando il Giro d’Italia e invece il discorso ha preso subito un’altra piega…

Mattia come sta procedendo la preparazione? Com’è la tua condizione?

Meglio partire da lontano per avere le idee chiare. Avevo fatto la Vuelta l’anno scorso. Quindi ho finito tardi e non ho dovuto fare un granché nel corso dell’inverno. Nel senso che finendo di gareggiare a metà novembre, ho fatto un paio di settimane di recupero e a dicembre ho iniziato subito. E infatti la condizione è stata subito buona. Forse troppo buona.

Mattia Cattaneo (30 anni) al via della Freccia Vallone
Mattia Cattaneo (30 anni) al via della Freccia Vallone
Beh, hai sfruttato la Vuelta è chiaro.

Sono arrivato un pelino stanco a questo punto della stagione. Come ripeto, avendo fatto la Vuelta così tardi e avendo ripreso a correre presto, e parecchio, nella prima parte della stagione sono un po’ più stanco del previsto. Ho fatto il Uae Tour, la Parigi-Nizza, quindi ho recuperato giusto un po’, ho fatto i Paesi Baschi (foto in apertura, ndr), le classiche e adesso vedremo…

Ma sarai al Giro d’Italia?

Sinceramente non penso che andrò al Giro.

Come mai tante gare?

Molto è dipeso anche dal Covid, ci sono stati dei cambi di programma, spostamenti vari… Insomma, mi sono ritrovato a correre molto e più del previsto.

Ma il Giro era nei programmi?

Non proprio. Sarebbe stato da definire. In ogni caso avrei comunque dovuto farlo per cercare di aiutare Evenepoel o Almeida per la classifica generale o per qualsiasi altro obiettivo che avesse in mente la squadra

E allora qual è stato il tuo primo picco di forma in questa prima parte di stagione?

All’inizio di stagione! Al Uae Tour sono andato davvero forte. Sono stato anche fortunato perché sono riuscito a prendere qualche ventaglio, e alla fine ho chiuso ottavo nelle generale. Andavo benone anche alla Parigi-Nizza. A sensazione, quest’anno credo di aver perso forse qualcosa in salita, però ho fatto uno step a crono. In tutte quelle che ho disputato, sono sempre arrivato nei 15 o comunque a ridosso dei primi, non lontano come tempo.

Come ci si gestisce quando ti rendi conto che il picco lo hai toccato subito? Non è facile poi tirare avanti, anche mentalmente. Immagino ne avrete parlato con i preparatori…

I preparatori ci seguono al 100% e sanno meglio loro di noi quando e quanto siamo stanchi. Per me nel ciclismo di oggi, soprattutto quest’anno dopo la stagione del Covid nella quale praticamente hanno recuperato tutti, siamo ad un livello altissimo e penso che si veda nelle corse. Se prima ad una gara c’erano due favoriti, adesso ce ne sono 15 che possono vincere realmente. E in qualsiasi gara, che sia WorldTour o meno, vai sempre forte, ma forte per davvero. Pertanto appena sei un pelino in calo devi solo recuperare. Basta, non hai altro da fare. E se corri molto sinceramente non ti puoi neanche allenare.

Quest’anno a crono, Cattaneo è migliorato. Merito anche dei test aerodinamici. E si vede…
Quest’anno a crono, Cattaneo è migliorato sensibilmente
Immaginiamo. Diventa un’altalena…

Fai tanto in corsa, arrivi a casa, fai recupero e sei già pronto a ripartire per la corsa dopo.

Però una stagione così se da una parte è stata dura, dall’altra è stata facile. Nel senso che ti sei dovuto allenare “poco”…  

Ah sì! Alla fine corri e recuperi, corri e recuperi… non puoi fare tanto, non avresti neanche tempo.

Facci un esempio di una giornata a casa tra una gara e l’altra…

La solita. Porto a spasso il cane (ricorderete la sua Laky, ndr)! Che sta crescendo sempre di più e quindi diventa sempre più impegnativa… A parte gli scherzi: colazione, un giretto in bici verso metà mattina e al pomeriggio magari un massaggio, due o tre volte a settimana per recuperare meglio. Stop.

Quanto ti alleni quando esci in questa situazione?

Due o tre ore, ma magari anche un paio di distanze se stavo a casa una settimana. Che poi distanze tra virgolette: al massimo quattro ore, quattro ore e mezza. Ci metto dentro anche un po’ di lavori, più che altro per non rilassarmi troppo. 

E che tipo di lavori? Anche massimali?

Massimali magari qualcosa, ma pochissimo veramente. Richiami di pochi secondi.

E la forza?

La forza tendo a farla sempre, in qualsiasi momento della stagione la tengo nella mia preparazione. 

Anche se sta passando, il Covid continua ad influire sullo svolgimento delle nostre vite. E questo vale anche per gli atleti. In molti risentono di quanto accaduto nella stagione scorsa. Sia in modo diretto che indiretto. Nel caso di Cattaneo, in entrambi i sensi: visto che è entrato in condizione troppo presto e che ha dovuto sostituire dei compagni nel corso di questa stagione.

Quando dice che si va forte e che se non si è al top non c’è molto da fare ha ragione. Lo stesso Giuseppe Martinelli, parlando di Ciccone, ci disse che era molto difficile recuperare in corso d’opera in questa fase del ciclismo.

«Alla Vuelta ho rivisto Mattia»: Cattaneo in rampa

10.02.2021
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Nella Vuelta corsa dopo la frattura di una vertebra, che gli ha impedito di fare il Giro d’Italia, nell’arco di tre settimane comunque soddisfacenti, ci sono stati due giorni in cui Mattia Cattaneo si è sentito nuovamente Mattia. La 6ª tappa con arrivo ad Aramon Formigal: 7° al traguardo. La 13ª tappa, cronometro individuale al Mirador de Ezaro: 6° a 46” da Roglic. Le sensazioni di tutta la corsa, unite a quei due giorni hanno dato al bergamasco la tranquillità di affrontare l’inverno con il piede giusto.

«Neppure io – dice – mi aspettavo di essere così competitivo dopo l’infortunio. Mi sono sentito un Cattaneo ad alti livelli, come non capitava da tempo in corse così importanti. E davvero mi ha dato fiducia. Quest’inverno ho lavorato tanto e bene. Già l’anno scorso, essendo nuovo in squadra, mi ero affidato ai preparatori del team e qualcosa era cambiato. Ora le cose fatte sono più o meno le stesse, ma mi sento di dire che è stato l’inverno migliore da quando sono pro’».

Cattaneo
Sull’Alto de Angliru alla Vuelta, per Mattia una fatica bestiale
Cattaneo
Sull’Alto de Angliru alla Vuelta, per Mattia una fatica bestiale
L’obiettivo resta aiutare Evenepoel al Giro?

Proprio quello, con la possibilità semmai di sfruttare qualche occasione personale. Remco è un fenomeno, gli basta poco per tornare in forma, ma forse se avesse aspettato un po’ prima di ripartire, adesso sarebbe con noi.

Quanto ti ha condizionato la caduta dell’Emilia?

Tanto, perché mi ha impedito di correre il Giro. Poi per fortuna nelle corse dopo il rientro sono andato bene, probabilmente perché avevo lavorato tantissimo e il lavoro non si è perso. Difficile dire come sarebbe andato il Giro della Deceuninck-Quick Step con Cattaneo in squadra. Di sicuro sarei stato importante e probabilmente avrei fatto una bella corsa.

Dei due giorni alla Vuelta, quale ti ha gratificato di più?

La crono, senza dubbio. E’ una specialità in cui ho sempre creduto tanto, mi piace essere competitivo anche se non tanti se lo aspettavano. E forse se sono in questa squadra, lo devo anche alla cronometro. Nel Giro del 2019, anche se con materiali diversi rispetto a quelli che utilizzo ora, arrivai 10° nella crono di San Marino e alla fine 8° in quella di Verona.

Pensi mai alla tua carriera?

Quando lo faccio mi rendo conto di essermi già mangiato abbastanza le mani. Sono molto oggettivo nelle cose, so di aver sprecato tanto tempo in passato.

E’ curioso che tranne te e Aru, pur con percorsi complicati, del bellissimo gruppo dei ragazzi del 90 non è rimasto poi molto…

Difficile dire perché. Ci sono stati 2-3 anni in cui eravamo tanti corridori che andavano anche bene e tanti c’erano anche all’estero. Prima che arrivassero i ragazzini di ora, quelli forti erano ragazzi della mia età, compreso Dumoulin che ha smesso. Sarà così breve anche la carriera di questi ragazzi?

Al Giro del 2019, Cattaneo protagonista della crono di San Marino e quella di Verona
Al Giro del 2019, Cattaneo a San Marino e Verona
E’ quello che si chiedono tutti, tu cosa pensi?

Molto dipenderà dalle pressioni e dalle aspettative che riporranno su di loro. Ho risposto a un’intervista su Dumoulin, giorni fa. Ho detto che comunque siamo uomini e tante volte possiamo avere dei problemi che da fuori non si vedono. Il ciclismo è estremizzato. Sai da te se puoi essere competitivo, perché i test ti dicono molto. Ci sono tante pressioni in allenamento, nel tenere il peso. Una volta potevi avere un chilo di più, ma se eri forte, vincevi lo stesso. Adesso con mezzo chilo in più, magari dei 10°. Non è facile, basta un piccolo intoppo e salti.

Crescendo si impara a gestirle?

Fino a un certo punto. A meno che non sei come Remco, che gli scivola tutto addosso. A meno che non hai deciso di fare quattro anni a tutta, battendo il ferro finché è caldo, e poi di mollare. Certo un corridore non è solo una macchina da corsa.

Quali corse hai in programma?

Comincio allo Uae Tour, poi la Parigi-Nizza e il Giro dei Paesi Baschi. A quel punto, forse il Romandia e poi il Giro d’Italia. Niente Ardenne, solo corse a tappe. Nelle corse di un giorno non sono questo granché…

Mattia Cattaneo

Passeggiata con Laky e 2 biscotti, i must di Cattaneo

27.11.2020
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Continua il viaggio di bici.PRO per scoprire le giornate tipo dei corridori professionisti. Oggi siamo “andati” da Mattia Cattaneo. Lo scalatore lombardo, vincitore del Giro d’Italia U23 del 2011, ha concluso da poco la sua stagione. Lo ha fatto alla Vuelta dove tra l’altro è stato il migliore degli italiani, chiudendo al 17° posto.

«Ho ripreso da poco a fare qualche camminata in montagna – racconta Cattaneo – 2-3 ore sulle alture del mio Comune visto che non possiamo andare troppo in giro e dalla prossima settimana riprenderò la bici».

Mattia, la tua giornata tipo: partiamo dalla sveglia. Hai un orario fisso?

Sì, metto la sveglia alle 7,30 ma mi alzo sempre un po’ prima. Mi piace programmare. So che se mi sveglio a quell’ora riesco a fare le cose senza fretta. Anche perché non voglio che l’uscita in bici mi prenda tutta la giornata e rientrare così a pomeriggio inoltrato. In un anno capiterà dieci volte che rimando la sveglia o sono io a spegnerla.

Quindi passi alla colazione o magari fai il risveglio muscolare?

No, niente stretching o simili, sono già molto flessibile di mio. Questo tipo di esercizi li faccio con la squadra quando sono in ritiro. A casa invece mi alzo, mi vesto e vado a fare 30-40 minuti di camminata con il mio cane Laky, scritto proprio così e non come “fortuna”! Una camminata che faccio anche quando sono in piena stagione, solo alle gare e nei ritiri la salto. Quando poi torno, doccia e colazione.

Cattaneo
Mattia Cattaneo verso l’Alto de Angliru all’ultima Vuelta
Cattaneo
Cattaneo verso l’Angliru alla Vuelta
Cosa mangi a colazione?

Vario un po’. Yogurt e cereali non mancano quasi mai, poi alterno pane e marmellata o philadelphia o omelette, dipende dalla voglia del momento e dal lavoro che devo fare. Se devo “distruggermi” i muscoli mangio un po’ più di proteine. E accompagno il tutto con un caffè americano e dei frullati di frutta che mi preparo. Non amo invece la brioche e il cappuccino e neanche le merendine. 

Quindi esci in allenamento…

Mai oltre le 9,30 d’estate e le 10 d’inverno. Le mie zone sono quelle del bergamasco. Faccio spesso il Selvino e il Monte di Nese, 7 chilometri parecchio impegnativi. Questa è la mia salita. Parte dal mio paese natale, Alzano Lombardo, e la facevo anche da bambino, solo che poi ad un certo punto tornavo indietro perché non ce la facevo! Sono abbastanza abitudinario nei miei giri e nelle mie salite. Preferisco quelle perché lì ho i miei tempi, i miei riferimenti. E lo stesso vale per i lunghi: ho 4-5 percorsi tra Val Brembana e Val Seriana. Poiché spesso faccio degli specifici mi dà fastidio se arrivo in cima ad una salita e magari mi mancano 2′ per terminare il lavoro.

Hai introdotto il capitolo allenamenti. Come distribuisci la settimana?

Di solito faccio tre giorni di carico e uno di scarico o anche quattro di carico e due di scarico, ma a quel punto uno è di stop totale e un’altro è una passeggiata. 

Dei giorni di carico quando fai la distanza, la forza, la soglia…

Da quando sono in Deceuninck-Quick Step non faccio più un giorno la forza, un giorno le volate, un giorno la distanza… Ogni uscita comprende più cose. E mi piace. Magari faccio un medio e su un’altra salita la forza, alternata all’agilità. Quando sono in condizione faccio molti lavori di ritmo. 

Fai i lavori anche quando fai la distanza quindi?

Sì, non mi piace fare l’uscita lunga e regolare. Ormai sono io a dirlo al mio preparatore, Vasilis Anastopoulos (della Deceuninck, ndr). Comunque non faccio molte ore. Sì, in ritiro con la squadra è capitato anche di farne 7 e mezza, ma solitamente a casa non vado oltre le 5 ore, 5 ore e un quarto. Se ci pensate quante sono le gare in un anno che durano sette ore? Non più di cinque: la Sanremo, la Liegi, il Lombardia… forse.

Tasche piene o sosta al bar?

Una sosta la faccio sempre, ma attenzione la mia sosta bar è: arrivare in cima ad una salita, mettere la mantellina, prendere una coca, berla e ripartire. Non dura più di tre minuti. Non mi piace fermarmi, soprattutto se devo fare i lavori. Inoltre io il 90 per cento delle volte esco da solo, a quel punto sedermi per guardare il telefono non ha senso. Se invece devo fare scarico allora mi piace uscire a digiuno per un’ora. Fermarmi al bar e farmi servire il caffè con calma e poi ripartire per un’altra oretta.

E quindi tasche piene?

Sì, porto con me le solite cose. Barrette e almeno un gel. Il gel di sicurezza, lo chiamo. Non si sa mai. Ma quasi sempre lo riporto o comunque non torno con le tasche vuote. Meglio avere qualcosa in più.

Usi anche la bici da crono?

Sì, tanto. Due, anche tre volte a settimana. Ci faccio sia i lavori che lo scarico.

C’è differenza nella velocità media?

Eh, parecchia. Se faccio un’uscita lunga anche con molta salita, con la bici normale faccio 29-30,5 di media, con quella da crono 34-35. Se poi c’è pianura e ci sono anche i lavori torno con 38 di media.

Quando rientri prendi proteine o integratori?

No.

Mattia Cattaneo
Anche in allenamento Cattaneo preferisce partire con le tasche piene
Cattaneo
Anche in allenamento preferisce le tasche piene
Arriviamo poi all’ora di pranzo. Cosa mangi?

Il 99 per cento delle volte pasta o riso, quasi mai prendo anche il secondo, mentre preferisco poi la frutta, un caffè e un paio di biscotti. 

Nel pomeriggio cosa ti piace fare?

Relax sul divano e le varie cose di una persona normale: commissioni per la casa, per il cane, la macchina. E va a finire che totalmente sul divano ci sto poco!

E infine la sera…

Vivo da solo e cucino da me. Ceno tra le 20 e le 20,30, quasi sempre mangio un secondo, un po’ di pane e della verdura. Ma se il giorno dopo devo fare tanti chilometri mangio anche un po’ di pasta. E per finire anche un caffè e due biscotti. Quelli non mancano mai!

Hai gusti specifici in tal senso?

No, decido sul momento quando vado a fare la spesa.

Come finisce la tua giornata?

Tv. Guardo Netflix, film, documentari e verso le 23, massimo mezzanotte, vado a dormire.

Ma Cattaneo non esce mai?

Di amici ne ho diversi, ma di quelli con cui davvero esco e passo del tempo ne ho uno, Francisco. Alcuni pomeriggi vado da lui. Capita ogni tanto che si faccia un giro e una birra in quel caso me la faccio.

Jasper Philipsen, Vuelta 2020

Philipsen spegne il sogno di Cattaneo

05.11.2020
3 min
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A un certo punto, dopo la fuga sull’Angliru, Mattia Cattaneo ci la creduto, poi il grande sogno si è infranto a 3,5 chilometri dall’arrivo di Puebla de Sanabria e la tappa l’ha vinta Philipsen. Quando il vento si è messo contro e dietro i rivali si sono messi a tirare. E’ partito a circa 30 chilometri dall’arrivo, mollando la compagnia della grande fuga nata dopo appena 40 chilometri nella tappa più lunga della Vuelta (230,8 chilometri), corsa con il freddo più freddo. Il percorso era tutto un su e giù, con sei salite come colline, dal nome magari poco minaccioso ma capaci di sommare un dislivello di quasi 4.000 metri.

La fuga giusta

Colpetti di tosse frammentano il discorso. Dopo la tappa c’è stato il controllo, poi s’è trattato di tornare al pullman e fare la doccia. A quel punto, con l’acqua calda che riportava la voglia di parlare, la sua ricostruzione comincia.

«Alla fine non c’era tanto freddo – dice – mentre all’inizio ci ha fatto battere i denti. Io ho l’abitudine di partire sempre davanti e dopo 40 chilometri ho cominciato a vedere scatti e controscatti e una fuga che partiva con gente come Luis Leon Sanchez, Guillaume Martin e Rojas. C’erano due Sunweb, due Mitchelton. Era una bella fuga e io comincio a sentire le sensazioni giuste. Servirebbe la quarta settimana…».

Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, una Vuelta in crescita
Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, Vuelta in crescita

Contro il vento

Lo scatto è stato giusto. La salita è il suo terreno e l’ha gestita, senza che dietro guadagnassero chissà quanto. Poi quando la discesa si è addolcita e la strada si è allargata, sono iniziati i guai.

«Era dura con quel vento in faccia – dice – sarebbe bastato quel pizzico di fortuna di non trovarlo. Ho capito di avere i minuti contati quando sono arrivato con circa un minuto a 10 chilometri dall’arrivo. La strada si è allargata, la discesa è diminuita fino a un 2-3 per cento e il vento era teso. Dietro tiri cinquanta metri e ti sposti, davanti tiri sempre e non hai scampo. Il rammarico c’è, come ogni volta che vedi la vittoria e poi ti scappa. Ma so di aver dato tutto, per cui non c’è rimpianto…».

Urlo Philipsen

Sul traguardo Philipsen, che ha 22 anni e veste la maglia della Uae Team Emirates, ha cacciato un urlo animalesco, festeggiando per la prima tappa vinta in un grande Giro. Alle sue spalle, ugualmente sollevati ma certo meno euforici, gli uomini di classifica hanno apprezzato la neutralizzazione della tappa ai meno tre dall’arrivo: scelta della Giuria che ha permesso agli atleti di vertice di andare a letto con la stessa classifica di ieri.

«E’ fantastico – dice Philipsen – non posso descrivere quanto io sia felice per questa vittoria. Significa tanto per me. Ho aspettato il momento giusto per tutta la Vuelta e oggi è arrivato in modo proprio inatteso. Ci sono state tante squadre a controllare la corsa. La fuga era forte e ben assortita, ma ho visto il vento e posso dire che stare davanti era davvero duro. Ho cominciato a crederci chilometro dopo chilometro, ma stamattina non mi sarei mai aspettato una volata di gruppo. A me piacciono gli arrivi in leggera salita, questo era perfetto per me».

Con il passare dei giorni sembra sempre più chiaro che la Vuelta si deciderà sabato sulla Covatilla. A meno che Carapaz, non fidandosi di poter recuperare 39 secondi nel testa a testa, decida di inventarsi qualcosa.

Wellens bis da finisseur. Bagioli che fatica

04.11.2020
3 min
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La distanza che divideva Lugo da Ourense era di 205 chilometri e di questi Tim Wellens ne ha passati 165 in fuga. Anche oggi la Vuelta ha regalato una giornata intensa, almeno per quel che riguarda il traguardo di giornata. Dietro infatti la Jumbo Visma ha controllato la situazione cercando un ritmo tranquillo, ma neanche così lento che potesse invogliare qualcuno a prendere in mano la situazione.

Wellens finisseur

E sulla veloce rampa finale il belga Tim Wellens della Lotto Soudal ha ottenuto la sua seconda vittoria in questa Vuelta. La fuga, come detto, era partita attorno al chilometro 40. Con Wellens c’era gente del calibro di Marc Soler, Michael Woods, Zdenek Stybar…

Il drappello guadagna quasi 6′. Dietro è calma piatta, così i fuggitivi capiscono di aver buone chances di andare all’arrivo. Non a caso gli scatti iniziano ad una ventina di chilometri dal termine. Nel finale con un tempismo perfetto e buone gambe, Wellens piazza il colpaccio. Segno anche di serenità. In fin dei conti lui la sua Vuelta l’aveva già “vinta”.

«Dopo il successo nella quinta tappa – dice Wellens – eravamo più “leggeri”. Sapevo che questa frazione era ideale per me, ma una cosa è aspettare con ansia una tappa, un’altra è essere nella fuga giusta, avere le gambe per finirla e la testa libera. Non bisogna però pensare ad una vittoria facile. C’è stata una grande lotta per entrare in fuga. Siamo andati forte per tutto il giorno e gli avversari erano davvero forti. Per questo ho anche cercato di attaccare null’ultima discesa».

Tutto però si è deciso nel chilometro finale. E se Woods è partito come un finisseur ai 700 metri sembrava avercela fatta, Wellens ha mostrato delle super gambe. Lo ha ripreso e scavalcato negli ultimi 75 metri.

«In salita – riprende Wellens – ho notato che Woods e Soler avevano gambe forti. Temevo Woods nello sprint in salita, per questo ho fatto di tutto per prendere all’interno l’ultima curva».

La frazione di oggi era in Galizia, nel Nord Ovest della Spagna
La frazione di oggi era in Galizia

Giornataccia Bagioli

Gli italiani in corsa sono rimasti in tre: i due Deceuninck-Quick Step Andrea Bagioli e Mattia Cattaneo, e il portacolori della UAE, Davide Formolo.

Cattaneo ancora una volta ha mostrato di essere sulla strada giusta. L’ex vincitore del “Giro baby” ci ha persino provato ad inizio tappa. Tuttavia proprio perché non era messo male in classifica e nella pericolosa fuga (oltre 20 corridori) c’era gente come Waut Poels (6° a circa 6′ da Roglic), dietro si è mossa tutta la “cavalleria”.

Formolo si è staccato nel finale. Se la gamba c’è, ci sono anche i dolori delle botte rimediate nella caduta della scorsa settimana. Chissà che paura per il veronese che porta con sé ancora le streghe del Tour.

E poi c’è Andrea Bagioli. Il campioncino valtellinese invece inizia a pagare il conto della sua giovane età e della prima partecipazione ad un grande Giro. E alla fine oggi taglia il traguardo con oltre 15′ di ritardo. Per Andrea giornata no fin dalla partenza. Ciò nonostante ha tenuto duro per tutta la tappa, che comunque prevedeva diverse salite, e si è staccato solo quando mancavano 25 chilometri da Osorio. «Ho avuto brutte sensazioni – dice Bagioli – speriamo di stare meglio domani!».

Mattia Cattaneo, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Lo Zoncolan è più duro, parola di Cattaneo…

01.11.2020
2 min
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Questa volta Cattaneo in fuga c’è andato per arrivare e aveva trovato anche la compagnia giusta. Perché oltre al drappello degli stranieri, stando al vento si riusciva anche a fare quattro chiacchiere con Formolo e Gasparotto. Anche loro fra gli ultimi superstiti della pattuglia tricolore. Al traguardo il corridore della Deceuninck-Quick Step è arrivato infine 21° a 6’12” eppure segnali positivi se ne sono visti.

Si poteva arrivare, ma…

Ma non ci hanno lasciato tanto spazio. Sembrerà una frase fatta, però si va forte davvero.

Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Cattaneo e Gasparotto, tocca a loro tirare
Mattia Cattaneo, Enrico Gasparotto, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Turno in testa alla fuga per Cattaneo e Gasparotto
Avevi già fatto l’Angliru?

No, prima volta assoluta. E’ duro, ma secondo me lo Zoncolan è peggio. Oggi ho visto un chilometro davvero terrificante, quel tratto dritto al 23 per cento. Per il resto è una salita dura con dei tratti in cui respirare. Lo Zoncolan invece molla un po’ solo nella galleria e poi è di nuovo cattivo.

Che effetto fa una salita così dura senza pubblico?

Altro effetto spettrale. Il pubblico fa differenza, non senti niente, ti passa meglio. Oggi si sentivano i rumori del gruppo e quelli delle moto e delle macchine, di cui normalmente non ci accorgiamo. L’Angliru così è solo sofferenza.

Non si sono viste grandi differenze, come li vedi i primi?

Sono allo stesso livello ed è un gran bel livello. Togliendo la giornata forse non brillantissima, Roglic mi sembra il più determinato.

Il fatto che si corra di novembre abbassa le prestazioni?

Non credo, magari fosse vero. Vanno fortissimo e anche io non sto andando male. Sono venuto con tre settimane di allenamento dopo tutto il lavoro del Giro. Mi manca qualcosa, ma va sempre meglio. Noto che le salite lunghe smascherano la mancanza di fondo, ma sto crescendo e ci riprovo di certo. Domani si riposa. Veniamo da tre giorni durissimi in una Vuelta strana e durissima. Le prime tappe sono state folli, senza giorni di rodaggio. Dovendo ridurre il numero delle tappe, hanno tolto proprio i giorni di avvio. Vogliono il sangue questi spagnoli…