Cavendish, la sua bici e la telefonata che rimise tutto in moto

30.06.2021
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Quel 30 sul numero di gara da stamattina sarà un 31, come le vittorie di Cavendish al Tour. La storia o forse la leggenda dice che nell’agosto dello scorso anno, tracciando un bilancio semidefinitivo dlla sua carriera e avviandosi a un mesto ritiro, Mark Cavendish abbia fatto una telefonata a Giampaolo Mondini, uomo Specialized in gruppo, con il quale aveva avuto a che fare ai tempi in cui correva con la Etixx-Quick Step.

Questa immagine, già pubblicata nei giorni scorsi, ritrae Mark con il suo meccanico (foto Wout Beel)
Questa immagine, già pubblicata nei giorni scorsi, ritrae Mark con il suo meccanico (foto Wout Beel)

«Era disperato – racconta Mondini, ricordando quella telefonata – non riusciva a rendere, non aveva più gli stessi watt e si era convinto che tra i fattori possibili ci fosse la bicicletta. Mi chiese di mandargli una delle nostre perché potesse allenarsi e avere la prova definitiva. Poi si sarebbe rassegnato. Avevamo lì una Venge con misure simili alle sue e gliela mandammo. Richiamò dopo qualche settimana. Era entusiasta. E alla fine si convinse a fare il passo e parlare con Lefevere. E piuttosto… quella Venge non l’ho più vista».

Tarmac SL7 misura 52

Risalito sulla Specialized, Cavendish ha lavorato sodo per rimettere a posto tutto il resto. Il peso e soprattutto l’adattamento alla fatica, ma alla fine – suggestione o altro – ha vinto sei corse e l’ultima in ordine di tempo è stata la tappa di ieri a Fougeres.

Lo ha fatto su una Tarmac SL7 misura 52. Il britannico è passato a questa taglia dopo aver provato anche la 48 con la quale però non è riuscito a ricreare i giusti angoli e l’ha messa da parte. Rispetto al 2016, ultimo anno nel team belga, le sue misure sono rimaste sostanzialmente le stesse.

Perciò utilizza pedivelle da 170 e guarnitura da 54 denti: ieri ha sprintato appunto con il 54×11 e riguardando le immagini televisive, si nota come Philipsen (più agile) abbia preso subito margine, ma non abbia potuto opporsi al ritorno di Cavendish.

Attacco da 13

Il suo assetto in bici è molto avanzato. Da sempre la sua posizione in volata, simile a quelle di Caleb Ewan e di Jakub Mareczko, vede il corpo tutto proiettato in avanti, con la testa ad abbassarsi oltre il manubrio.

«E’ davvero molto in avanti – conferma Mondini – tanto che a causa di quell’assetto, se prendesse una buca, rischierebbe di rompere l’attacco manubrio».

Proprio su questo fronte, va segnalato che Cavendish sta correndo il Tour con il manubrio Rapide Roval da 42 c/c mentre nelle corse prima del Tour ha utilizzato un 40. L’attacco, proprio per assecondare questa sua tendenza a… spararsi in avanti è da 13 centimetri.

Partecipa a questo suo assetto piuttosto sbilanciato, anche l’arretramento della sella di 4,6 centimetri, che si ottiene anche grazie al fatto che Mark utilizza la Power Mirror realizzata con tecnologia 3D: quella bucherellata e più corta, per intenderci.

Due ruote diverse

Sul fronte delle ruote, Ieri Cavendish ha ha corso e vinto con un set Roval Rapide con profilo da 50 all’anteriore e 55 al posteriore, montate con copertoncini Turbo Cotton da 26 con la spalla in cotone. La scelta, di cui parlammo quando venne adottata alla Omloop Het Nieuwsblad, risolve il problema della scorrevolezza, ma non impedisce le forature. Tanto che anche Cavendish nella seconda parte di corsa ha bucato e i meccanici sono stati lesti a cambiargli la bici.

Fra le curiosità spicca il conteggio delle vittorie sul numero di gara (foto di apertura) che da oggi nella crono cambierà in 31 e il fatto che il nastro manubrio della bici sarà verde per celebrare la conquista della maglia della classifica a punti. Da quella telefonata sembra passato un secolo. E la famosa Venge chissà se Mondini la rivedrà mai più…

Cavendish è tornato, stasera i lupi balleranno con lui

29.06.2021
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Quando scende dall’ammiraglia con indosso la maglia verde, il lavoro dei meccanici nel cortile dell’hotel Campanile Laval Ouest, è iniziato da un pezzo. Eppure appena Cavendish inizia il giro degli abbracci, non c’è nessuno che si sottragga. Sono abbracci lunghissimi, perché dentro ci sono pezzetti di vita condivisi. E se inizialmente qualcuno poteva aver avuto qualche riserva sul suo ritorno, oggi è come se fosse il fratello di tutti, secondo lo spirito del Wolfpack, del branco di lupi, che in un modo o nell’altro fa davvero la differenza. E Lefevere adesso dovrà cominciare a pagarlo, dato che il suo compenso si basa su cospicui gettoni in caso di vittoria.

Il copione del film ha trovato la scena più attesa. Cavendish ha risalito la china, è tornato al Tour e ha vinto di nuovo. Probabilmente il ritiro di Caleb Ewan lo ha agevolato, ma quando ha accettato la sfida di Philipsen e l’ha affrontato con il 54×11 sulla strada c’era lui.

Occhi puntati

Stamattina alla partenza lo cercavano tutti. Finalmente si annunciava una volata senza troppe trappole, anche se nel segno di quelle dei giorni scorsi il gruppo ha prima messo piede a terra al chilometro zero e poi, per lanciare un segnale all’Uci e al Tour, è andato avanti a rilento per i primi chilometri.

«E’ sempre bello vincere una tappa al Tour de France – ha detto commentando la smania del gruppo – ma alla fine siamo tutti colleghi e nessuno vuol vedere la gente farsi male. E’ importante che ognuno sia al sicuro. Anche se non siamo nella stessa squadra, siamo tutti amici. Quindi prima delle vittorie e dei risultati, vorrei che per un momento riflettessimo sul fatto che tutti abbiamo famiglie, mogli, bambini. Sono un grande fan di Caleb Ewan (il tasmaniano ha dovuto ritirarsi per la frattura della clavicola dopo la caduta nella 3ª tappa, ndr). Ricordo com’ero alla sua età e mi sarebbe piaciuto lottare a testa a testa con l’uomo più veloce del momento. Ricordo solo che nel 2015, la mia ultima vittoria con questo branco di lupi, avvenne proprio a Fougeres, dove arriveremo oggi».

I soliti sospetti

Ci sono anche quelli che pensano male e si chiedono che cosa ci sia nella Deceuninck-Quick Step, per cui quelli che se ne vanno smettono di vincere e poi, quando ci tornano, ricominciano a farlo. Il bello di certi ragionamenti è che non accettano spiegazioni.

«Sono sotto shock – dice Mark – anche più di quando ho saputo che avrei fatto il Tour quest’anno. Il solo fatto di essere qui è speciale, perché non pensavo nemmeno per un momento che sarei tornato a questa bellissima gara che amo così tanto. Sono completamente incredulo, non so cosa dire. Tante persone non hanno creduto in me, ma questi ragazzi lo hanno fatto e hanno continuato a farlo».

Lavoro di squadra

La tappa è stata tutto fuorché una passeggiata. E se non fosse stato per il lavoro massiccio della Deceuninck-Quick Step, probabilmente il povero Van Moer sarebbe arrivato. Invece non c’è stato un solo corridore della squadra belga che si sia risparmiato e alla fine ai 200 metri il gruppo è piombato sull’ultimo superstite della fuga. 

«Quando hai il campione del mondo che dà tutto e si sacrifica per te – ricostruisce Cavendish – poi Morkov che ha giocato in modo così intelligente ed è rimasto calmo in ogni momento, ti motiva a fare il meglio. E’ stato un finale frenetico e abbiamo dovuto abbandonare il nostro piano iniziale e adattarci, ma i ragazzi hanno fatto un lavoro impeccabile e mi hanno portato nel posto giusto con il tempo giusto. Sono stati assolutamente fantastici e tutto quello che posso dire è un enorme grazie!».

Sul podio del Tour, l’ultima volta il 16 luglio 2016
Sul podio del Tour, l’ultima volta il 16 luglio 2016

Finale da brivido

Il resto è la commozione di tutta la squadra. Il pianto ininterrotto del campione davanti al successo che pensava ormai irrealizzabile. Eppure dietro quel suo insistere per tornare nell’ultima squadra che lo fece grande c’era la sottile speranza che la fiammella si potesse riaccendere. Vinse una tappa anche nel primo anno alla Dimension Data, poi iniziò lentamente a spegnersi.

«La mia ultima vittoria al Tour con questa squadra – dice – era stata in questa stessa città, quindi alzare di nuovo le mani qui per un’altra vittoria è solo… non lo so. E’ il genere di cose che rende tutto ancora più perfetto. Non avrei potuto neanche immaginare una cosa del genere. Ho vinto così tante gare nella mia carriera e questa è sicuramente una delle migliori. Sono molto grato a Patrick per avermi riaccolto, al mio allenatore Vasilis, a tutti i membri della squadra. E’ difficile immaginare come sia questa squadra se vieni dall’esterno, ma credetemi, questo è davvero un branco di lupi e sono incredibilmente felice di farne parte».

La storia di Cavendish, trama di un film d’autore

28.06.2021
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La storia di Mark Cavendish (nella foto di apertura di Wout Beel) potrebbe essere la trama di un film: ne ha tutti gli ingredienti. C’è il grande campione, il più veloce di tutti, che però ha smarrito la strada. Niente è più facile come una volta. Gli anni passano, vari problemi di salute rendono difficile raggiungere la forma. Le squadre smettono di dargli fiducia. E mentre sembra avviato sul viale del tramonto, la vita gli offre una chance inattesa. Il campione che ha preso il suo posto si infortuna. Mark correrà di nuovo il Tour de France, l’unica corsa che lo motivi davvero. Potrebbe già esserlo un film, se ci sarà anche un lieto fine sarà perfetto e oggi inizieremo a capirne di più

Nel 2016 a Villars les Dombes Parc des Oiseaux vince la 30ª tappa del Tour. Ma il film si interrompe…
Nel 2016 a Villars les Dombes Parc des Oiseaux vince la 30ª tappa del Tour. Ma il film si interrompe…

Primo sprint

Da Lorient a Pontivy ci sono infatti 182,9 chilometri, con una promessa di arrivo in volata che ha fatto drizzare le antenne ai velocisti e ai loro uomini. Ce lo aveva detto Jacopo Guarnieri alla vigilia del Tour: «Non cercateci fino a lunedì!». E anche se l’altimetria è tutto fuorché banale e di nervosismo in gruppo ce n’è anche troppo, di certo oggi la palla passerà ai treni.

«Non sarei qui se non provassi a fare il mio sprint – ha detto Cavendish a Stephen Farrand di Cyclingnews – in questi giorni i corridori cercano di allontanare le aspettative. Io odio farlo, anche se a volte devo. Sono un corridore, sarò sempre un corridore e cercherò sempre di vincere. Nessuno può dire che non ci avrò almeno provato. Non ho mai dato per scontato il Tour de France. Il Tour de France è speciale, è la più grande corsa del ciclismo, ma anche uno dei più grandi eventi sportivi del mondo. Ogni bambino che sale in bicicletta sogna di correrlo. E questo non cambia mai, per quanto si diventi vecchi».

In Turchia vince 4 tappe facendo passi avanti anche in salita
In Turchia vince 4 tappe facendo passi avanti anche in salita

Mistero Bennett

La trama del film è nota, ma la sua reazione alla chiamata di Lefevere si incapsula benissimo nella trama del film che è la sua vita da qualche anno a questa parte.

«Il suo programma era deciso – racconta nuovamente Patrick Lefevere – quando dopo il Giro del Belgio ci ha chiesto che cosa avrebbe fatto ora, gli avevamo detto subito che non sarebbe stato nella squadra del Tour».

L’intoppo o la situazione fortunata che segna la svolta nel copione di questo film si crea quando Sam Bennett va in confusione. L’irlandese andrà via, si sa da un pezzo, ma anziché continuare a correre come se niente fosse, racconta di aver avuto un problema in allenamento a Monaco prima del Giro del Belgio. La squadra inizialmente gli va incontro, perché non farlo? Al Tour del 2020 Bennett ha vinto due tappe e la maglia verde, l’investimento è importante, il treno è stato costruito per lui ed è nel pieno interesse della Deceuninck-Quick Step averlo nuovamente in Francia al top della forma. Nel frattempo il team si affida alle volate di Cavendish che, senza il peso psicologico del Tour, si rilancia negli stimoli e nei risultati. Vince quattro tappe in Turchia e una al Giro del Belgio. Ma Bennett non recupera. La sua ultima corsa resta l’Algarve, in cui ha vinto due tappe e la classifica a punti. Così la squadra predispone un volo da Nizza a Herentals per una visita, ma l’irlandese non si presenta.

Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non era piaciuto
Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non era piaciuto

I dubbi di Mark

Con uno come Lefevere il tira e molla non può durare in eterno, ma di fatto la squadra che punta forte su Alaphilippe per la classifica, si ritrova alla vigilia del Tour senza un velocista. Nessuno dimentica il tono fra l’ironico e l’irriverente con cui durante il Giro il team manager ha parlato di Cavendish, ma adesso proprio il britannico che ha nel palmares 30 vittoria di tappa al Tour e si trova a 3 lunghezze dal record assoluto di Merckx, è l’unica risorsa rimasta. La vita a volte è più splendida di qualsiasi film: Lefevere ingoia l’orgoglio e cambia marcia.

«Abbiamo detto a Sam che poteva restare a casa – dice – che avremmo fatto a meno di lui e abbiamo chiamato Cavendish. La prima reazione di Mark è stata colorita: «Shit!». Poi ha cominciato a dire che non sarebbe stato pronto, che non aveva un programma adatto al Tour. Ma alla fine siamo riusciti a convincerlo».

Già il Giro del Belgio lo aveva corso per rimpiazzare Bennett, perché dopo il pasticcio della Scheldeprijs, la squadra aveva deciso che i due non potessero coesistere in corsa. Era arrivato a Beveren la notte prima della partenza e a forza di stringere i denti e alzare l’asticella, l’ultimo giorno a Beringen si è lasciato dietro Merlier, Ackermann, Groenewegen, Bouhanni e Coquard.

Così a sorpresa arriva al via del Tour: emozione a mille
cavendish
Così a sorpresa arriva al via del Tour: emozione a mille

Aria di leggenda

Da oggi alla fine del Tour, sapremo come sarà fatto il capitolo che Cavendish potrà aggiungere alla sua storia.

«Ho il miglior ultimo uomo del pianeta in Michael Morkov – ha detto ancora a Cyclingnews – ho l’opportunità di correre il Tour con la Deceuninck-Quick Step e questo lo rende qualcosa di speciale. Siamo una vera squadra anche fuori dalla bici e sono solo felice di indossare questa maglia. Che io sia qui a portare borracce o far ridere la gente, sono semplicemente onorato di essere al Tour de France. Ci sono persone che hanno avuto molti più problemi nella vita di quanti ne abbia io, ma quello che ho dovuto affrontare mi ha fatto capire cosa sia importante nella vita e perché faccio le cose che faccio».

Lefevere però ha fiutato qualcosa. Perciò da vecchio volpone va in giro a ribadire che la squadra non gli metterà pressioni e che Cavendish avrà tutto il tempo per prendere le misure in un Tour che di occasioni per i velocisti ne riserva parecchie. Indubbiamente il livello della sfida è più alto di quello che negli ultimi cinque anni ha dimostrato di poter reggere, anche se su ogni cosa è pesata quella mononucleosi mal curata che lo ha debilitato e svuotato di motivazioni. Perciò cosa vuoi togliere le pressioni a uno che è abituato a mettersene addosso a tonnellate? La sfida è lanciata, il film sta per scrivere la prossima scena. Nessun velocista del gruppo, conoscendolo, è disposto a darlo per finito. Appuntamento fra qualche ora sul traguardo di Pontivy.

Il debutto al Tour, “Cav” e l’occhio a mondiale e Roubaix

24.06.2021
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Per Davide Ballerini mancano due giorni al debutto nel Tour de France. E allo stesso modo in cui con Michael Morkov avrebbe fatto parte del treno di Bennett, a partire da sabato sarà una delle guardie del corpo di Mark Cavendish, richiamato dalla panchina quando si è scoperto che il ginocchio dell’irlandese non sarebbe guarito in tempo.

Capelli corti e biondi, lo sguardo divertito di quando parti per la gita scolastica nell’anno della maturità, nelle sue espressioni ci sono la sicurezza per aver fatto la sua parte e l’evidente incertezza davanti a un viaggio tanto impegnativo.

Proprio alla vigilia del Tour è stato annunciato il rinnovo fra Specialized e Deceuninck-Quick Step (foto Wout Beel)
E’ stato appena annunciato il rinnovo fra Specialized e Deceuninckp (foto Wout Beel)

Cav e il gruppo

Il gioco per il ragazzo di Como, approdato dallo scorso anno alla Deceuninck-Quick Step, si sta facendo grande come sperava e così, nonostante la stagione abbia registrato il rinvio a ottobre della Roubaix costringendo le squadre a un altro cambio di piani, anche il Tour si annuncia come un altro step di crescita molto importante.

«Purtroppo – dice – del ginocchio di Sam si è saputo bene al Giro del Belgio, ma quando iniziano questi problemi si è sempre a rincorrere. Con Cav il rapporto è ottimo, ho fatto con lui le ultime tre corse e lo vedo molto convinto. Non sapevo fosse vicino al record di Merckx di tappe vinte (34 per il grande belga, 30 per il britannico, ndr) perché lui non ne parla. Però si è inserito bene, scherziamo, sa fare gruppo…».

Allenamento per il team sulle strade della Bretagna (foto Wout Beel)
Allenamento per il team sulle strade della Bretagna (foto Wout Beel)

Rivale Colbrelli

Il suo 2021 si è aperto col botto, con due vittorie al Tour de la Provence e quella alla Omloop Het Nieuwsblad che ha schiuso un’interessante finestra sul suo futuro nelle classiche. Poi per il Ballero si è trattato di aiutare bene gli altri leader della squadra, da Alaphilippe ad Asgreen, strappando per sé un podio nella tappa di Gualdo Tadino alla Tirreno dietro Van Aert e Van der Poel.

«Cosa aspettarmi dal Tour – dice – onestamente non lo so. Non ho studiato il percorso, lavorerò per Cavendish e semmai le tappe cui potrei ambire sono quelle in cui andrà via la fuga. Il fatto è che ci sono tanti grossi nomi, per cui per fare qualcosa di buono serviranno tanta fortuna e tante gambe. La condizione non è male. Sono sceso dall’altura, la gamba gira. Ma certo pensare di doversela giocare contro Colbrelli è un bel grattacapo. Ha dimostrato una gamba super, però è in condizione da tanto. Di sicuro per Cavendish sarà uno dei rivali più forti».

Per Ballerini si tratta del debutto al Tour de France (foto Wout Beel)
Per Ballerini si tratta del debutto al Tour de France (foto Wout Beel)

Mastro Asgreen

Perché sia scuola, serve qualcuno che insegni e il suo maestro di ciclismo e strade quest’anno è stato Kasper Asgreen, con cui ha diviso la stanza durante il periodo delle classiche del Nord e che ritrova come compagno di avventura al Tour, anche se questa volta il vincitore del Fiandre giocherà probabilmente da battitore libero (i due sono insieme nella foto Wout Beel in apertura).

«E’ una grande persona – dice Ballerini – da cui c’è tanto da imparare. Non lascia niente al caso e in quelle corse in cui certi dettagli fanno davvero la differenza, sulla bici e sui componenti da scegliere, anche solo guardarlo è stato illuminante».

Cavendish torna al Tour e mira alle 34 vittorie di Merckx
Cavendish torna al Tour e mira alle 34 vittorie di Merckx

Mondiale e Roubaix

Quegli stessi consigli, quelle strade Ballerini le ritroverà a fine stagione. E anche se sembra brutto parlare d’altro alla vigilia del debutto al Tour de France, che richiede rispetto e dedizione e potrebbe riservargli spazi inattesi (resta da capire infatti se il livello di Cavendish sarà tale da permettergli di giocarsela con gli altri velocisti, da Ewan a Demare), il focus nella sua testa sembra più avanti nella stagione. Nell’accoppiata mondiale di Leuven+Roubaix che tra fine settembre e primi di ottobre riprodurrà un clima da Nord che fa venire l’acquolina in bocca.

«Al mondiale – ammette con un sorriso malandrino – ci penso da dopo il Fiandre, da quando è stata spostata la Roubaix. Cercherò di arrivarci al massimo, è il mio grande obiettivo di stagione. Saranno dieci giorni che valgono un anno intero. Ci penso, certo che ci penso…».

Cavendish giro belgio 2021

Cavendish e un sogno che dista quattro tappe

23.06.2021
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Sabato indosserà maglia, calzoncini, il casco e tornerà lì, sulla linea di partenza, per affrontare la sua 13ª avventura al Tour de France: se a inizio stagione glielo avessero detto, Mark Cavendish avrebbe pensato a una presa in giro, una battuta di cattivo gusto. Invece il ciclismo è così, ti riserva sorprese quando meno te lo aspetti.

A dir la verità, Mark non se lo aspettava neanche una settimana fa. Al Tour doveva andare Sam Bennett, questi erano i programmi sin da inizio stagione. E’ pur vero che il nativo dell’isola di Man aveva provato a mettere in discussione le gerarchie con 4 vittorie in Turchia e buone prestazioni, mai viste negli ultimi tre anni, ma non sembrava abbastanza.

Cavendish 2021
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)
Cavendish torna al Tour dopo 3 anni, forte di 4 successi in Turchia e 1 al Giro del Belgio (foto di apertura)

Acque agitate in casa Deceuninck

Patron Lefevere era stato chiaro: «La sua presenza innervosirebbe Bennett – aveva dichiarato a Cyclingnews – alla Schelderprijs abbiamo perso proprio perché i due erano insieme (secondo Bennett e terzo Mark, ma quel che conta è sempre e solo la vittoria, in questo caso di Jasper Philipsen, ndr). La maglia è di Bennett, fine della discussione».

Macché fine… Tre giorni dopo le dichiarazioni cambiano e sono improntate alla furia: «Bennett ha sbattuto il ginocchio al manubrio prima del Giro del Belgio e non ci ha detto niente. Poi ha fatto tira e molla ogni giorno per allenarsi. Questo dice molto su di lui». Le loro strade stanno per dividersi, Bennett forse tornerà alla Bora Hansgrohe, certo che questi addii anticipati non fanno bene alla Deceuninck Quick Step

Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto
Scheldeprijs 2021
Il podio della Scheldeprijs 2021 con Philipsen fra Bennett e Cavendish: un esito che a Lefevere non è piaciuto

30 vittorie e non è ancora finita…

Intanto però Mark c’è e ha risposto presente appena glielo hanno detto. Il britannico con il Tour ha un rapporto idilliaco, iniziato nel 2008 con 4 vittorie, 6 l’anno dopo, 5 nel 2010 e 2011, 3 nel 2012, 2 l’anno dopo e ancora una nel 2015 e 4 nel 2016. Il bello è che a queste ha quasi sempre abbinato vittorie negli altri grandi Giri, 13 in Italia e 3 in Spagna. Ha anche provato il tris consecutivo (quello che vuole tanto Ewan, magari ritirandosi prima…), ma nel 2011 non ne aveva più e alla Vuelta resistette solo 4 tappe.

A 36 anni Cavendish è uno che ha vinto tutto: ha la collezione completa delle maglie della classifica a punti nei tre grandi giri, ha vinto Mondiali e classiche, ha anche una medaglia d’argento olimpica a casa (nell’omnium a Rio 2016, battuto solo da Viviani), perché allora riprovarci, rimettersi in gioco?

Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…
Cavendish Tour 2017
L’ultima vittoria di Cavendish al Tour, nel 2017 a Parc des Oiseaux. Quell’anno vestì anche il giallo…

Una risalita partendo da… zero

Una ragione è legata ai suoi ultimi tre anni, contraddistinti da una mononucleosi che ci ha messo tantissimo a scomparire e soprattutto a un forte stato depressivo, quella malattia subdola e sotterranea che colpisce sempre più i protagonisti delle due ruote. Non poteva finire così, Mark non voleva questo. Si è rimesso in gioco, al punto che quando alla Deceuninck Quick Step gli hanno proposto un ingaggio a stipendio zero, guadagnandosi gli euro con fatica, sudore e risultati, ha detto sì.

Ma forse c’è anche altro: Cavendish ha vinto 30 tappe al Tour e il primato dista solo altri 4 centri. E’ uno dei tanti record in possesso del “Cannibale” Eddy Merckx, forse a 36 anni pensare di vincere almeno 4 volte è difficile, ma il suo treno è da leccarsi i baffi (Ballerini e Morkov daranno l’anima per pilotarlo) e poi chissà se gli altri hanno una spinta emotiva forte quanto la sua…

Scheldeprijs a Philipsen, con un lampo di Cavendish

07.04.2021
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Ricomincia a nevicare su Schoten quando la Scheldeprijs entra nell’ultimo chilometro e il risultato è dato quasi per scontato. Bennett e la Deceuninck-Quick Step hanno una tale superiorità numerica da non ammettere repliche: in testa c’è anche Cavendish. I due soli italiani all’arrivo (entrambi inviati di bici.PRO) fanno timidamente il tifo per Nizzolo, ma la corsa onestamente è già scritta. Vince Bennett e tutti a casa.

Per Philipsen la conferma della bontà della nuova squadra
Per Philipsen la conferma della bontà della nuova squadra

Pronostici azzerati

Ma a capo di una giornata così fredda e resa dura dal vento, che ha spezzato il gruppo in tre ventagli, magari ci sta che nulla vada come te lo aspetti. E così Jasper Philipsen decide di fare la sua volata e parte a centro strada, mentre Bennett a ruota di Morkov si prepara a scrivere il suo finale. Cavendish è dietro. Ha lavorato per il compagno e adesso viaggia a rimorchio della volata.

Sembra tutto scritto, quando Bennett fa la sola cosa che non dovrebbe fare. Molla Morkov e si sposta verso Philipsen. E a quel punto, senza il solito riferimento, non ha altra scelta che… stantuffare fino al secondo posto, mentre “Cav” arriva terzo e quasi gli scoccia.

Cavendish si è mosso benissimo nei ventagli
Cavendish si è mosso benissimo nei ventagli

Conferma Philipsen

«Ogni sprint è un po’ pazzo – racconta il vincitore – non so come l’abbiano fatto gli altri, ma noi siamo stati calmi. Eravamo in tre. Dries (De Bondt, ndr) ha preso in mano la situazione e ha lanciato il treno. Jonas (Rickaert, ndr) mi ha dato l’ultimo strattone con tutta la forza e io sono partito ai 200 metri. Una bella dimostrazione per chi pensa che questa sia la squadra di Mathieu Van der Poel e basta. In realtà la stanno costruendo bene, siamo incamminati sulla strada giusta».

Jasper Philipsen ha 23 anni ed è abbastanza inspiegabile che la Alpecin-Fenix sia riuscita a strapparlo alla Uae Team Emirates o forse sarebbe più corretto dire che è inspiegabile che il team degli Emirati se lo sia fatto soffiare. Cresciuto alla scuola di Axel Merckx, il belga lo scorso anno ha vinto a 22 anni una tappa alla Vuelta e ancor prima, nel 2017, lo avevamo visto vincere al Giro d’Italia U23 nel giorno di Gabicce. Sotto la mascherina ha gli occhi che brillano.

Sul podio, Bennett, Philipsen e Cavendish con insolite bottiglie griffate Lidl
Sul podio, Philipsen e Cavendish con bottiglie griffate Lidl

Orgoglio Cavendish

Cavendish batte i denti, sembra quasi che non riesca a parlare o che dentro di lui ci sia un terremoto di sensazioni. Il suo rientro in squadra è avvenuto da una sorta di porta di servizio, per cui sin da subito ha evitato le interviste e preferito lavorare in silenzio. Però lo vedi che il fuoco non è affatto sopito e davanti alla riga di un arrivo il guerriero è sempre lì che brucia.

«Non so se sono felice – comincia – la vittoria per la squadra sarebbe stata molto meglio. Personalmente mi rende già felice esserci. Il mio risultato? Ho vinto questa corsa per tre volte per cui pensavo che sul podio ci sarei potuto arrivare. Siamo arrivati in fondo. Eravamo in cinque: Sam, io e tre ragazzi per tirare lo sprint. Dovevamo preparare il treno e prendere il controllo. Ma ci siamo mossi un po’ troppo tardi e Philipsen è partito sulla sinistra. Sam (Bennett, ndr) arrivava da dietro e ho dovuto spostarmi per farlo passare. Lo sapete, lui ha la gamba ed è stato la nostra arma vincente al Tour de France. L’ho fatto passare e adesso non sono contrariato. Penso che volevamo vincere. Patrick (Lefevere, team manager della Deceuninck-Quick Step, ndr) si aspetta che vinciamo. Oggi eravamo per Sam, va bene tutto purché si vinca».
Da domenica prossima Mark sarà al Presidential Tour of Turkey per lavorare e mettere chilometri nelle gambe. La sua crescita è davvero convincente.

Negli occhi di Cavendish, emozione, fatica e… freddo
Negli occhi di Cavendish, emozione, fatica e… freddo

Disappunto Bennett

Bennett ha picchiato i pugni sul manubrio. Aveva tutto da perdere e alla fine l’ha perso. Sul podio l’effetto di due compagni di squadra al secondo e terzo posto non è mai bello e fa pensare che uno dei due abbia fatto il furbo. Solo in un secondo momento, guardando e riguardando la volata ci si rende conto che Cavendish aveva già concluso la sua fatica e che lo sbaglio è di Bennett, che perde la ruota di Morkov e si sposta verso Philipsen. Il resto sono il fuggi fuggi verso l’aeroporto e la chiusura della prima parte di Nord tristemente orfano della Roubaix. Prossime tappe il Tour of the Alps e le Ardenne. Poi arriverà la primavera e sarà tempo per il Giro d’Italia.

ALESSANDRO PETACCHI, MARK CAVENDISH, TIRRENO-ADRIATICO 2014

Petacchi, dica lei: come vede la scelta di Cav?

22.12.2020
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Dal primo agosto del 2013 e l’anno dopo, con il dichiarato intento di aiutare Mark Cavendish, Alessandro Petacchi firmò un contratto con la Omega Pharma-Quick Step. Si trattava del velocista più forte nell’arco delle 10 stagioni precedenti che, riponendo quasi del tutto le proprie ambizioni, si mise al servizio del britannico: 11 anni in meno e ancora tanta forza nelle gambe. In quei 18 mesi lo spezzino vinse una sola corsa, l’ultima della sua carriera: il Gp Cerami del 2014. Cavendish invece ne vinse 15.

Oggi, a distanza di sei anni, Cavendish è tornato a bussare alla porta di Lefevere, convinto di avere questa sola chance per riprendere a volare. Ce l’aveva proprio in testa. Voleva di nuovo correre su una Specialized e Dio solo sa quante volte in passato ne avrebbe voluta una da mascherare con i colori dei team in cui militava. Tuttavia Mark non ha detto che si metterà a disposizione di Bennett, che al momento è ben più forte di lui. E lo ha fatto portando uno sponsor, fatto che rende l’operazione parecchio meno romantica e decisamente controversa. Ci interessava però avere il parere di Petacchi, la sua lettura di questa scelta.

«Probabilmente ci tornerei anche io – dice Alessandro – nel senso che è un ambiente bello, una squadra in cui si sta bene, che dà tranquillità e serenità. Ciò di cui probabilmente Mark ha bisogno».

Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, rivali (poco amici) al Giro d’Italia 2011
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Petacchi-Cavendish rivali al Giro del 2011
Tu andasti deponendo le armi e mettendoti a sua disposizione…

Lui non so perché lo abbia fatto, se vada perché non ha più niente da dare, ma non credo. Secondo me semplicemente ha perso le motivazioni. Non lo portavano neanche più alle corse e uno così, soprattutto adesso che ha 35 anni, ha bisogno di correre. A casa si rilassa.

Quale può essere oggi la sua motivazione?

Il Tour, è sempre stata il Tour. Mark pensa solo al Tour. L’ho visto cambiare completamente nel giro di 15 giorni. Presentarsi con un altro sguardo e per giunta dimagrito. Concentratissimo. Se non ha questa motivazione, non vede altro. E forse in quella squadra crede di trovarla.

Il guaio, fra le pochissime parole che gli abbiamo sentito dire, è che non ha mai parlato di mettersi a disposizione di Bennett.

Dovrà dimostrare di essere forte abbastanza, poi la scelta sarà di Lefevere. E magari non avendo ancora per un po’ Jakobsen, lo butteranno dentro e lui dovrà farsi trovare pronto. Smettere per smettere, ha più senso farlo in una squadra così. Anche perché ad ora fa persino fatica a farle le volate. E’ nell’ambiente giusto.

Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Alessandro Petacchi dimostrato negli anni anche doti da ottimo opinionista televisivo
Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Per qualche anno, un ottimo opinionista televisivo
Perché?

Ci sono corridori affiatatissimi. Non ci sono mai tensioni. Sono sempre molto sereni, per chiunque ci sia da lavorare. Un gruppo che passa indistintamente da Alaphilippe a Remco, per poi dedicarsi ai velocisti. In quell’anno e mezzo in cui sono stato con loro, veniva davvero tutto facile. C’era un’armonia nel fare le cose che avevo visto forse soltanto con la Fassa Bortolo. Ti alleni. Nessuno ti rompe le scatole. I corridori danno il 110 per cento. Si corre sempre per vincere. E hanno l’esperienza giusta per i finali. Con quei nomi non era e non è così difficile mettere insieme un treno vincente.

Non trovi un po’ triste che sia entrato in squadra solo perché ha portato lo sponsor?

Un po’ triste in effetti lo è. Ma il periodo è difficile per tutti. Si sa che Lefevere non abbia disponibilità illimitata di soldi e per questo negli ultimi anni ha dovuto rinunciare a Gaviria e Viviani. Ha scelto di tenersi Jakobsen, pagandolo magari un terzo di quello che gli sarebbe costato Gaviria e aveva fatto la scelta giusta. Prima dell’incidente, Fabio era avviato a diventare imbattibile. Con i giovani hanno un occhio pressoché infallibile. Spendere soldi su Mark forse era inutile, ma così le cose ovviamente sono cambiate.

Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto nel 2020 un Cavendish in forma: qui al BinckBank Tour
Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto un Cavendish in forma nel 2020
Credi possa tornare il Cavendish di allora?

Non credo che il suo sia un problema fisico, quanto piuttosto di testa. Sono due anni che non corre e se ricomincia ad allenarsi bene, magari gli danno la fiducia che poi sta a lui ricambiare. Bisognerà capire se la sua reattività e l’esplosività ci sono ancora. Insomma, non è semplice.

Nelle ultime apparizioni non è mai parso particolarmente in forma…

Questo forse sarà il passaggio più delicato. Se per entrare bene nella nuova maglia fa venti giorni ad allenarsi e non mangiare, si rovina definitivamente. Spero invece che sia già un mesetto che si allena bene e che se ne prenda altri due per calare progressivamente. In squadra ci sarà certamente chi lo seguirà su questo cammino.

E tu, Ale, ti tieni in forma?

Bici poca, visto il momento. Sto a casa e faccio un po’ di rulli. Per fortuna c’è Zwift, così posso continuare a sfidarmi con Michele (Bartoli, ndr). In attesa che finalmente si possa tornare a respirare un po’.

Cavalli, la bimba che imitava Cavendish

23.09.2020
4 min
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Marta Cavalli è stata una delle “sorprese” della nazionale di Dino Salvoldi ad Imola. Tuttavia per la ragazza della Valcar la maglia azzurra non è certo una novità. In pista infatti ha raggiunto traguardi importanti specialmente nell’inseguimento a squadre, non ultimo il titolo europeo a Fiorenzuola. Ed anche al Giro Rosa Iccrea la 22enne lombarda è stata tra le migliori: buoni piazzamenti di tappa e seconda azzurra dopo Elisa Longo-Borghini nella generale. Conosciamola meglio.

Marta Cavalli
Ad Imola ha trovato la maglia da titolare
Ad Imola ha trovato la maglia da titolare
Marta, quando e come hai iniziato a pedalare?

Ad 11 anni, un po’ per gioco e un po’ perché vedevo il Giro, il Tour insieme a papà e poi imitavo Mark Cavendish in cortile mentre faceva le volate. Mio padre, appassionato, ha assecondato questo mio interesse e mi ha portato al C.C. Cremonese, la squadra locale, dove ho iniziato a gareggiare. Da qui l’impegno è andato a crescere fino ad arrivare alla Valcar.

E hai capito subito che il ciclismo potesse essere più di un gioco?

Fino da juniores lo vedevo solo come un divertimento. In più non che andassi molto bene, avevo paura del gruppo, non vincevo… e più di qualcuno tra i tecnici mi disse che il ciclismo non era per me. Però vedere le altre che miglioravano e vincevano mi fece scattare una molla. Così iniziai anche io ad essere più puntigliosa, ad allenarmi di più e arrivarono le prime soddisfazioni. E’ al secondo anno elite che ho capito che il ciclismo era la mia strada.

Qualcuno mi disse che il ciclismo non era per me. Però vedere le altre che miglioravano e vincevano mi fece scattare una molla.

E le prime gare con le grandi come andarono?

Gli esordi nel World Tour furono devastanti! Mi sono ritrovata con campionesse tipo Vos, Van Vleuten, ho preso delle batoste che la metà bastavano! Però mi sono anche detta: così non vado avanti, adesso mi ci metto al cento per cento. Adesso non sono ancora tra quelle 10-15 top rider, mi manca qualcosa, ma l’obiettivo è quello di far parte di quel ristretto gruppo di atlete.

E cosa ti manca?

Le variazioni di ritmo in salita. Quando una Longo-Borghini o una Van Vleuten attaccano, la differenza la sento. Hanno un altro ritmo. Però anche se mi stacco devo dire che cerco subito il mio passo e quasi sempre riesco a cavarmela limitando i danni. Ci sono alcuni aspetti che miglioreranno da soli col tempo, come la resistenza e la capacità di allenarsi o tenere certi sforzi e altre che invece sulle quali devo proprio lavoraci su, come appunto il cambio di passo in salita.

Dove ti alleni?

Io vivo a Formigara, un paesino della Bassa, in provincia di Cremona. Lì è tutta pianura e spesso per trovare della salita o faccio molte ore oppure prendo la macchina e mi sposto verso l’Appennino piacentino. E lì faccio lavori specifici. 

Cavalli
Marta Cavalli corre con la Valcar dal 2017. Passerà alla FDJ Nouvelle
Marta corre con la Valcar dal 2017
Ti alleni sola? E chi ti segue?

Sì, il più delle volte da sola, però con la nazionale e la squadra spesso facciamo dei ritiri, andiamo anche in pista. Mi allena Davide Arzeni, che è anche il direttore sportivo della Valcar. 

C’è una compagna che ti ha fatto da chioccia?

Fino allo scorso anno avevamo in squadra Dalia Muccioli. Lei è davvero brava. Sempre disponibile e sempre pronta a darmi consigli.

Hai parlato della pista, tu vanti una bella storia con il parquet…

E’ lì che ho iniziato a raccogliere i risultati più importanti, tra cui l’oro europeo nell’inseguimento a squadre (era il 2017 e lo ottenne con Martina Alzini, Elisa Balsamo e Francesca Pattaro, ndr). Questo risultato fu poi anche quello che mi aprì la porta tra le elite e alla Valcar. La pista è un vecchio amore e in vista delle Olimpiadi da questo inverno mi ci concentrerò per bene. Anche la strada mi piace. A conti fatti dico che la passione tra le due è 50-50!

Ti aspettavi la convocazione da parte di Salvoldi?

Non me l’aspettavo però ci speravo. L’anno scorso stavo bene ma non fui convocata. Due anni prima il circuito era troppo duro per le mie caratteristiche. Questo è stato l’anno buono per far parte del gruppo azzurro.