Con Della Vedova, ragionando di juniores e deviazioni

29.09.2021
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«Qualche anno fa – dice Marco Della Vedova dalla Sicilia – anche un’intervista come questa non ci sarebbe stata. Quando ho cominciato a fare il tecnico non c’erano ancora i social ed era tutto più semplice. Ogni volta che oggi vedo i genitori di qualche esordiente fare post e stories parlando del proprio campione, mi metto le mani sulla testa. Il ciclismo giovanile sta cambiando parecchio e velocemente».

Marco Della Vedova (in apertura nella foto scattata da Carlotta Ganna), oggi ispettore di percorso di Rcs Sport e direttore sportivo della Bustese Olonia, risponde da Selinunte dopo la tappa di ieri vinta da Molano. Nel viaggio fra gli juniores, la sua voce non poteva mancare. E’ il colpo d’occhio di un direttore sportivo che è stato professionista per sette anni, che in seguito ha portato fra gli under 23 corridori come Felline, Sobrero e Ganna e che oggi, pur guidando gli juniores, vive a strettissimo contatto con i professionisti.

AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
AI mondiali di Leuven, Oioli settimo al traguardo
Sta cambiando velocemente.

I social hanno un peso decisivo, per quello che mettono in movimento. Ci sono ragazzi che pensano già di essere campioni e non ne hanno le basi. Ugualmente hanno dietro i procuratori, chi gli fa le foto e i video. Ne ho visti tanti che si sono prima illusi e poi si sono smarriti. Puoi credere di essere arrivato, ma non sei neanche all’inizio. Due giorni fa leggevo sulla Gazzetta quel pezzo di Ullrich paragonato a Pantani. Con i soldi vale lo stesso discorso. Se non hai le basi non sai gestirli e arrivano i problemi seri.

Da cosa si capisce che il sistema è andato avanti?

Dalle squadre che si fanno sotto con offerte per corridori giovanissimi e famiglie che magari non sanno e le assecondano. Si stanno facendo dei disastri. Mentre questa è l’età in cui dovresti passargli dei valori diversi.

Di quali valori parliamo?

Oioli è tornato dai mondiali di venerdì e la domenica c’era la corsa del Ghisallo, che per gli juniores è importante. Ci siamo sentiti e non sapeva se doveva andarci. Gli ho chiesto se avrebbe preferito riposare e ha risposto di sì, che era un po’ stanco. Così gli ho detto che poteva non correre. Lo ha fatto, ma siccome aveva voglia di stare con i compagni e di divertirsi con loro, l’ha seguita sull’ammiraglia. Se con Ganna al sabato si faceva una cronometro, la domenica stavamo a casa. Alla Lvf era diverso. La Bustese Olonia invece è una società storica, un circolo. Ci sono i pensionati che si informano del risultato e magari aprono il portafogli e versano 100 euro per la squadra. Ma ce ne sono alcune che fanno solo gli juniores, hanno un budget e lo spendono facendo offerte ai corridori.

Che accettano sempre?

Noi siamo fortunati perché Oioli non ha abboccato. Ma ci sono famiglie cui quei 200 euro in più dati al figlio fanno comodo e firmano.

Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Ganna e Sobrero nel 2015 al primo anno da U23 dopo un cammino ragionato fra gli juniores (foto Instagram)
Parlavi dei procuratori.

Che ci sono, è un dato di fatto. Una volta ho provato a chiedergli in cambio dei materiali, per un certo… Filippo Ganna. Ci servivano scarpe numero 46 e anche il casco, perché di testa ha la 61. E poi anche la bici. Uno promise mari e monti e poi non lo abbiamo più visto, mentre adesso per vestire Filippo le aziende fanno la coda.

Cosa può fare la Federazione?

Credo che in primis si debba ragionare sulle categorie ancora inferiori. E poi la Fci si deve chiedere che cosa vuole dagli juniores. Se le medaglie o che facciano esperienza. Il sistema non lo cambi più, però magari puoi trovare il modo di starci dentro.

Torniamo ai social?

Guardano cosa fanno i pro’ e li imitano. Per questo mi dà fastidio quando questo o quel campione pubblica che è al pub a bere o a fare baldoria. Come glielo spieghi a dei ragazzini che quando si corre, si corre e basta? Vanno forte e non sono come noi, che non avevamo tutti questi mezzi. Noi avevamo al massimo il papà del Mori che era stato professionista e ci consigliava di andare più agili. Ora invece hanno accesso a un mondo di informazioni su cui devi aggiornarti, altrimenti perdi credibilità. Io invece a questo livello sarei più per un sistema artigianale

Vale a dire?

Se vedo uno un po’ grassotto, non mi serve fargli la plicometria. Quest’anno non l’abbiamo fatta a nessuno. Non abbiamo il massaggiatore a casa, per me possono farne uno a settimana, oppure uno ogni due, mentre so di squadre che ce l’hanno fisso. E magari hanno anche il nutrizionista.

Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Marco Della Vedova con Gabriele Bessega e Tommaso Bessega, i gemelli della Bustese Olonia di cui abbiamo scritto ieri
Argomenti che funzionano?

Trovi il ragazzo flippato, con il padre flippato e cambia squadra. Come glielo fai capire che a 17 anni non serve? E’ difficile invertire la rotta, si dovrebbe ragionare a livello mondiale, dove però i francesi vanno in corsa con l’11. L’unica soluzione è calibrare le cose e avere la fortuna di trovare un ragazzo come Oioli che in questa fase vuole soprattutto divertirsi. Secondo me fino ai 17 anni dovrebbero davvero provare tutti gli sport. Uno come Evenepoel che giocava a calcio e faceva la mezza maratona con ottimi tempi, è per forza un grande atleta. Invece da noi si sceglie uno sport e c’è solo quello.

La logistica in Italia non aiuta…

Vero, dalle nostre parti il territorio ci aiuta, se pensate alla Longo Borghini, alla Barale, a Ganna. Non abbiamo la pista, ma si riesce a lavorare bene lo stesso. Non abbiamo tante discoteche. Uno come Sobrero che abita in vigna, come distrazione aveva la bici. Tutto per dire che bisogna avere una visione a lungo termine.

Parole sacrosante.

La corsa del Ghisallo che ora ti sembra quella della vita, fra dieci anni magari neanche la ricordi più. Sono i discorsi che cerco di fare perché ho visto quello che c’è dopo. Altri che non sono mai usciti da questa categoria magari passano altri messaggi. Piuttosto ho letto che alcuni miei colleghi si sono schierati contro De Candido…

La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
La collaborazione di Marco Della Vedova con Ganna non si è mai interrotta. Qui negli anni da U23 alla Colpack
Vuoi aggiungere qualcosa?

De Candido ha sempre fatto così, dando i nomi alla fine e pretendendo sempre delle conferme. Un anno volle che portassi Ganna a fare una crono, altrimenti non lo avrebbe convocato. Certo, Bessega ha saputo all’ultimo che avrebbe fatto il mondiale. Poteva prepararsi meglio? Forse, ma ho chiesto a Villa di fargli fare la corsa a tutta e vedere quale fosse il suo limite. Per un primo anno va bene così. Cerchiamo insomma di tenere d’occhio le proporzioni, questo vorrei dire…

Hagenes, vikingo spaziale. Ma i piccoli azzurri crescono

24.09.2021
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La strada si infila a sinistra e s’impenna nel budello, quando Hagenes molla una botta così secca da stordire anche Gregoire. Il francesino con la puzza sotto al naso che l’aveva battuto agli europei, adesso balbetta. Dietro c’è una caduta, alle spalle del norvegese però s’è già lanciato Dario Belletta. La strada sale, il muro diventa all’improvviso uno Stelvio. Dura tutto pochi secondi, ma la fatica li rende interminabili. E mentre Hagenes continua a spingere potente, dietro l’italiano si arrotola su un rapporto troppo leggero. E’ il momento in cui il cuore dice basta. Belletta si sfila, da dietro risale il francese. Se c’è un errore che l’azzurro si rimprovera ora che la corsa è finita è non averlo agganciato subito. Gregoire si allontana e gli ultimi sette chilometri diventano una crono individuale. Hagenes macina pedalate come lastre di ghiaccio, sarà il primo norvegese della storia a centrare l’iride juniores.

Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio
Belletta ha ceduto ad Hagenes ed è stato a lungo in lotta per il podio

Promesso alla Jumbo

Hagenes è biondo, ha il sorriso stampato sul volto e la maglia iridata illumina la scena intorno, nella stanza in penombra nella quale lo incontriamo. Guai dire che abbia vinto per caso, dato che nel 2021 si è portato a casa le due Coppe delle Nazioni (Ungheria e Corsa della Pace) e altre vittorie sparse. Non a caso, insomma è nell’orbita della Jumbo-Visma Development.

«Dopo Trento sono diventato matto per una settimana – ammette – e quando sono arrivato qui ho pensato che non avrei voluto un arrivo in volata. Meglio arrivare da solo, anche se non è mai bello avere vantaggio perché dietro i rivali cadono. A Trento ho sbagliato io una curva, oggi è toccato ad altri. Il piano era di attaccare in quel punto e semmai alla volata avrebbe pensato un compagno. La prima fuga ho dovuta inseguirla. Poi ho dovuto chiudere un buco da solo, sono rientrato e mi sono preparato per l’ultima salita.

«Ho festeggiato tanto, porterò a lungo con me questo ricordo. Ma è solo un titolo juniores, non mi sognerei di passare subito pro’. Sono felice dei segnali che ho dato, ma preferisco fare passi graduali, non mi sento pronto. Ho fatto risultati fra gli juniores, di là è un’altra cosa».

Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali
Alla partenza Oioli e Bruttomesso erano due degli osservati speciali

Quaranta metri

Belletta lo incontriamo subito dopo l’arrivo. Con i capelli scompigliati sotto il casco e lo stesso spirito di quando vinse il Gran Premio della Liberazione, dedicando poi la vittoria a Silvia Piccini. Guarda in faccia e parla chiaro.

«Ho dato veramente tutto quello che avevo – dice – ogni singola parte. Quando il norvegese ha attaccato, stavo letteralmente morendo sulla bici. A quel punto ho visto il francese passarmi e ho pensato di resistere ancora un po’. Ma era lì, lì, lì… Purtroppo l’unico rammarico che posso aver avuto è stato non agganciarlo subito, però ho dato tutto.

«Non è arrivato il risultato – aggiunge – alla fine sono mancati 40 metri sull’ultimo strappo. Sono un primo anno, è tutta esperienza. Volevo regalare un posto d’onore a questa maglia, alla mia Nazione. Sapevo che stavo bene, Manuel (Oioli, ndr) stava bene, ci siamo parlati durante tutta la gara. Era inutile aspettare in due la volata. Uno doveva andare all’attacco e l’altro proteggerlo. E nel caso fosse stato ripreso, quello che era in gruppo avrebbe dovuto fare la volata. E’ stato divertente, il percorso mi piaceva tantissimo: dentro e fuori, su e giù. Sono molto felice. Sembrava quasi il Liberazione, per un attimo ci ho quasi creduto. Però complimenti al norvegese che oggi ne aveva davvero di più…».

Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento
Oioli ha sprintato, cogliendo il settimo posto, dopo il quinto di Trento

Trento alle spalle

Oioli veniva dal quinto posto di Trento e dalle due vittorie del Lunigiana. E non è stato per caso ritrovarselo davanti nella fuga.

«Non posso dire di non essere soddisfatto – dice Oioli, poggiandosi alla trensenna – ho fatto di tutto per mandare in porto l’attacco di Dario. Perché so che se lo merita, è un mio amico ed è molto veloce. Purtroppo ha fatto un po’ fatica nel finale e ci sta perché è un primo anno. Il mondiale è stato davvero duro e quando lo abbiamo ripreso, io ero un po’ stanco perché avevo chiuso tanti scatti. Ho provato in volata ed è venuto un settimo posto. Una top ten nel mio primo mondiale. Non male. In più, secondo me la cosa più importante è che mi sono davvero divertito.

«A Trento non stavo per niente bene, mentre oggi ero a posto e me la sono goduta molto di più. E poi è stata una gara completamente diversa, qui c’era un percorso pieno di curve, super tecnico, dove abbiamo fatto più di 44 di media. E’ stata una giornata completamente pancia a terra, non ho mai tolto il 52. Sinceramente mi sono divertito molto di più oggi. Ha fatto selezione il ritmo, non abbiamo mai mollato. Se aggiungi questo al percorso pieno di curve e strappi… All’ultimo giro, mi sono girato ed eravamo rimasti 30-40 senza salite. Un termometro di quanto sia stata dura la gara».

Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici
Belletta, il racconto di una corsa… morendo sulla bici

Sfortune azzurre

Bruttomesso racconta che si sentiva bene, pur in una corsa per lui durissima, ma che a un giro e mezzo dalla fine, gli si è incastrata la catena sul 14 e ha dovuto fermarsi per disincastrarla.

«Ho perso quei 40 secondi e basta – aggiunge – non stavo malissimo, avrei potuto giocarmela. Sono soddisfatto, un campionato mondiale con capita sempre e indossare l’azzurro è già un traguardo, dopo una stagione stupenda. Venire al mondiale è stata la ciliegina sulla torta». 

Chi non è riuscito davvero a dire la sua e tantomeno a divertirsi è stato Samuele Bonetto, caduto a 77 chilometri dall’arrivo. Dice che il corridore davanti a lui si è ribaltato facendo tutto da sé e che non ha potuto evitarlo. Ha fatto un capitombolo e nel ricadere si è storto un po’ il ginocchio.

«Ma poteva andare peggio – dice – mi dispiace che sia andata così e che non abbia potuto aiutare la squadra. Il dolore passerà…».

Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development
Per Hagenes il mondiale è il sugello su un super 2021: ora Jumbo-Visma Development

Svolta De Candido

La chiusura è per De Candido, finito nell’occhio del ciclone dopo le parole dure al termine degli Europei di Trento.

«Hanno corso da Dio – dice questa volta – a me interessa che corrano così e poi il risultato prima o poi arriverà. Logico che se avessimo avuto più fortuna, se non ci fossero state la caduta di Bonetto e il problema alla catena di Bruttomesso, le cose sarebbero state diverse, ma con i se e con i ma…. Sono orgoglioso, perché hanno corso davvero bene. Non c’è da recriminare niente. Siamo stati quelli che hanno fatto la corsa. La fuga è partita grazie a Belletta, abbiamo un ragazzino di primo anno che saprà farsi valere. Un corridore con tenacia e caparbietà. Fa anche pista ed è campione del mondo dell’eliminazione e questo bisogna metterlo in evidenza. E’ un ragazzino che fa tutto molto bene».

Andriotto, casa Eolo-Kometa: «Coi giovani facciamo così»

14.09.2021
5 min
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Dario Andriotto è il responsabile dell’area giovani della Eolo-Kometa, così lo ha definito Ivan Basso alla Coppa d’Oro pochi giorni fa. E dato che le parole del varesino al riguardo ci sono parse molto interessanti, siamo andati direttamente alla fonte, trovando Dario in una fase priva di corse, ma in procinto di andare con la prima squadra al Memorial Pantani e al Trofeo Matteotti.

«Questo fatto di scambiarci fra un team e l’altro – dice – quindi fra giovani e professionisti, è un’idea di Stefano Zanatta. Così tutti riusciamo a vedere come lavorano gli altri, troviamo spunti utili per crescere e soprattutto conosciamo i ragazzi con cui a vario titolo ci troveremo a lavorare. La stessa regola la usiamo per lo staff. Siamo nati da un anno, stiamo trovando la quadra, crediamo molto nei nostri sistemi».

Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Dario Andriotto, classe 1972, è stato pro’ dal 1995 al 2010
Basso ci ha detto che state creando una filiera interagendo con varie società giovanili.

Esatto. Il mio lavoro è andare a vedere corse juniores e under 23. Parlando con i vari direttori sportivi, cerchiamo di scegliere i ragazzi più interessanti.

Come è fatto per Andriotto un ragazzo interessante?

Alcuni sono forti da juniores e poi si perdono. Prendere un super vincente che però non ha margini non ci interessa. Per questo guardiamo il tipo di allenamento che fanno, le motivazioni e il modo di correre.

Come corre un corridore interessante?

Se corre sempre all’attacco e alla fine dell’anno ha vinto solo due corse, è un conto. Se sta sempre in gruppo e ne vince dieci, è un altro. Noi cerchiamo qualcuno che sia abituato a prendere il vento in faccia, che sia abituato a fare la corsa. Le squadre WorldTour non fanno abbastanza scouting e spesso pescano in base al numero di vittorie…

Quanta attività fanno all’estero le squadre con cui hai a che fare?

Poca, anche se a volte andare fuori potrebbe essere molto utile. Il discorso è sempre quello del budget che manca.

Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Sul podio del tricolore crono del 2020, Piganzoli (Trevigliese) terzo, dietro Milesi e Garofoli
Che impressioni ha Andriotto davanti agli juniores che incontra?

I ragazzi sono molto curati, anche troppo. Il rischio è che le squadre se ne approfittino, facendoli allenare perché vincano 10 corse l’anno. Quando accade, in automatico abbassi il loro margine di miglioramento. Capisco le squadrette che con le vittorie trovano gli sponsor per andare avanti, ma per l’interesse dei ragazzi serve altro.

Per questo alla Bustese Olonia avete dato il vostro nome?

Esattamente, perché i risultati non servano a portare soldi. Il risultato di base non conta. E’ una squadra storica, in cui si lavora all’antica. Ci sono passati Sobrero, Puppio e anche Oldani. Ma ce ne sono anche altre. Piganzoli, che corre nella under 23, viene dalla Trevigliese dove si lavora bene. Montoli (foto di apertura, ndr), che è già più talentuoso, veniva dal Canturino. E anche Pellizzari era nella nostra orbita, ma se lo sono venuti a prendere..

A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
A Borgo Valsugana, Santiago Basso (a destra) con la maglia della Bustese Olonia
Ecco, Andriotto, parliamo di procuratori…

E’ un problema, bisogna andare coi piedi di piombo. Se un ragazzino va bene, lo accerchiano in cinque e cominciano a fargli promesse e raccontargli favole. Se le famiglie sono al di fuori del ciclismo, a volte firmano e la storia segue il corso voluto da altri.

A volte poi arrivano proprio gli squadroni…

Carlos Rodriguez era un nostro corridore, cresciuto nella squadra juniores della Fundacion Contador. Quando si è trattato di passare con noi alla continental, è arrivata la Ineos che ha messo i soldi sul tavolo e se lo è portato via. Credo che questo non sia giusto, al punto che forse l’Uci potrebbe pensare a un indennizzo per chi cresce i talenti. Nel basket, lo squadrone che prende un giovane continua a pagare un contributo alla società di origine. Noi adesso prenderemo Oioli dalla Bustese Olonia, pagando giustamente i suoi punti. Lo faremo crescere, ma se poi lo portano via, noi non avremo niente

Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Dal 2021 nelle file della Bustese Olonia c’è anche Marco Della Vedova (foto Instagram)
Proprio Oioli ha vinto due tappe al Lunigiana ed è arrivato quinto agli europei, con qualche strascico polemico…

L’attività della nazionale è cambiata tanto rispetto a quando facevo io la Cento Chilometri. Prima il tecnico era anche nostro allenatore, per le gare cui puntavamo. Ora da un lato è tutto più professionale, dall’altro ricordo che in nazionale imparavamo nozioni e metodologie di allenamento che in squadra non c’erano. I nostri ritiri di agosto erano anche un modo per tutelare i corridori dall’eccesso di attività. Ora hanno fatto dieci giorni a Livigno e poi si sono rivisti a Trento.

Le società erano contente ai tuoi tempi?

C’era spesso battibecco, perché perdevano i corridori per parecchio tempo. Però si lavorava bene sull’obiettivo. E quando arrivava il mondiale, perché arrivava spesso, vedeste com’erano contente di mostrare la maglia in giro…

Piemonte, il risveglio prosegue. Dietro c’è tanto lavoro…

06.09.2021
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Avevamo iniziato a percepire una ventata di novità ai campionati italiani della cronometro, quando Francesca Barale vinse fra le junior, Sobrero fra i professionisti ed Elisa Longo Borghini fra le elite. Una sorta di risveglio del Piemonte, che si è andato completando con i grandi risultati di Filippo Ganna, Elisa Balsamo ed Eleonora Gasparrini. Perciò quando al Giro della Lunigiana sono arrivate le due vittorie di Manuel Oioli, la sensazione della marea in arrivo si è fatto molto concreta. A livello giovanile, il Piemonte è la potenza che non ti aspetti.

«Effettivamente c’è un po’ di risveglio. Questo gruppo junior è veramente entusiasmante. Siamo un po’ mancati al campionato italiano, ma vedo che si sono riscattati molto bene. E il gruppo che ho portato qua al Giro della Lunigiana è stato uno dei gruppi più azzeccati. Perché oltre che dei grandissimi corridori, è un gruppo molto affiatato».

Classifica sfumata

Parla Francesco Giuliani, classe 1982, tecnico regionale piemontese per la categoria juniores, con trascorsi nel quartetto e qualche piazzamento su strada. La spedizione al Lunigiana è parsa quasi una gita fra amici, che però hanno collaborato al massimo livello. E se non fosse stato per la distrazione collettiva della prima tappa, in cui anche loro sono incappati, probabilmente Oioli avrebbe potuto giocarsi la classifica con Lenny Martinez.

«Sono dei ragazzi bravi che sanno fare bene il loro compito – continua Giuliani – e hanno lavorato veramente tanto. Peccato davvero per la prima tappa, abbiamo un po’ tentennato con Manuel sull’ultima salita. Altrimenti si poteva anche lottare per la vittoria finale. Oioli era il nostro leader (in apertura con Bozzola dopo la vittoria di Fosdinovo, ndr), gli altri ragazzi avevano i loro compiti ben precisi. Non avevamo lasciato niente al caso».

Scelta ragionata

Cosa c’è alle spalle di ragazzi che si chiamano Oioli, Mattio, Bozzola, Borello, Rosa e Valnotto? Sono i migliori che ci sono oppure Giuliani ha potuto scegliere fra tanti? Nella baraonda ai piedi del podio, il torinese ci pensa e risponde

«C’era parecchia gente che ha fatto bene anche nell’ultimo periodo – dice – ma ho voluto credere in questi ragazzi, perché li ho visti proprio adatti a un percorso di questo genere. Molti mi hanno chiesto perché non abbia portato uno scalatore, perché è innegabile che nella nostra formazione non ci sia uno scalatore vero. Ma io non ho mai pensato che il Lunigiana di quest’anno fosse una corsa per corridori del genere. C’era tanta pianura dopo le salite e dei falsopiani che fanno troppo male uno scalatore. Perciò ho scelto in base al percorso. Il massimo».

A Fivizzano, l’ultimo tentativo di riaprire la classifica, ma a vuoto
A Fivizzano, l’ultimo tentativo di riaprire la classifica, ma a vuoto

Collegiali e affiatamento

Ma l’abbondanza va gestita. Già nei giorni scorsi Gianluca Geremia, tecnico del Veneto ci aveva parlato della sua idea di incrementare l’attività delle rappresentative regionali e il suo collega piemontese non èt troppo distante.

«Come Comitato regionale – dice – abbiamo incrementato moltissimo l’attività e vorremmo farlo ancora. C’è in atto un progetto per aumentare molto l’attività regionale con dei collegiali. Abbiamo già cominciato a farne e a seguire l’attività aumenterà ancora proprio per affiatare il gruppo che poi verrà via con la rappresentativa regionale. Perché comunque questi ragazzi corrono normalmente come avversari, quindi bisogna anche affiatarli. Devono essere amici soprattutto in bici e divertirsi. E alle loro spalle c’è già il ricambio pronto. Non a caso qui al Lunigiana ne avevamo quattro di primo anno».

Martinez, figlio d’arte, dal Lunigiana al Tour? / Video esclusivo

05.09.2021
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Suo padre Miguel diventava una furia ogni volta che saliva sulla mountain bike. Corse in Italia nella Full Dynamix di Battaglin e si portò a casa le Olimpiadi di Sydney e prima il bronzo ad Atlanta. Classe pura, tecnica e rapidità mai vista prima in salita. Quando poi passò su strada, trovò la Mapei disposta a fargli correre un Tour de France, ma a parte qualche rara apparizione in fuga, non riuscì mai a ripetere la magia del fuoristrada. Suo figlio Lenny Martinez invece dalla strada ha cominciato e ammette di non aver mai corso in mountain bike. Pratica però il ciclocross, durante l’inverno, ed è stato anche secondo al campionato nazionale. Suo padre ovviamente vinse un mondiale anche lì, nel 1996.

Svrcek caduto

Lenny Martinez ha vinto il Giro della Lunigiana juniores, primo francese nella lunga storia della corsa. Ha battuto Crescioli, salito al secondo posto per la caduta di Martin Svrcek, e Alessandro Pinarello. Lo ha fatto mettendo sotto scacco tutti i rivali nella prima tappa a La Spezia, in cui si è piazzato secondo. Conquistando poi l’arrivo in salita di Fosdinovo e correndo il resto delle tappe lasciando quasi intendere di non voler rincorrere le fughe. Fisico minuto, lo sguardo mite e di tanto in tanto il tipico guizzo francese, prima di renderci conto che fosse il figlio di MiniMig, avevamo pensato all’incredibile somiglianza con Julian Alaphilippe.

Dna di campione

Nello stupore generale dei giorni scorsi per il clamoroso tempo di scalata a Fosdinovo, nessuno aveva considerato che il bagaglio genetico di questo ragazzino potrebbe essere davvero fuori del comune. Non è detto che fare il figlio d’arte sia il più semplice dei mestieri, ma suo nonno Mariano (professionista per 10 anni, due tappe al Tour e la maglia a pois del 1978) e poi suo padre devono per forza aver lasciato in lui qualche traccia di nobiltà ciclistica. Se è vero che piccolo com’è, è riuscito a rintuzzare tutti gli attacchi e a portarsi a casa la maglia verde finale.

«Mi sta bene essere paragonato a MiniMig (il soprannome di suo padre, data la statura, ndr) – scherza – ma mi starebbe bene anche essere chiamato MiniAlaphilippe. Scherzi a parte, la bicicletta è sempre stata parte della mia vita e non potrei immaginarla diversamente. Quello che sogno e avere una carriera buona e lunga tra i professionisti, mettermi in luce sulle salite del Tour e della Vuelta».

Primo francese

Al Giro della Lunigiana è venuto per preparare i campionati europei e al termine dell’ultima tappa conferma che la condizione è buona. Non ha ancora visto il circuito di Trento, ma gli hanno parlato tutti molto della salita e proprio la salita è il suo terreno d’elezione. Nei giorni scorsi i direttori sportivi delle squadre italiane lo hanno visto in difficoltà in discesa, ma questo non toglie che il francesino abbia vinto a Fivizzano e controllato la corsa con grande freddezza e grande padronanza.

«Va bene allenarsi per gli europei – dice – però il Giro della Lunigiana era un obiettivo. Quando ho visto l’albo d’oro, sono rimasto colpito anche io perché non ci fossero francesi. E’ stata una bella corsa, con belle salite e avversari tosti. Soprattutto Svrcek e Crescioli, direi. Dopo Trento correrò prevalentemente nella mia regione e poi inizierò la stagione del cross. Il prossimo anno invece sarò nella continental della Fdj, quest’anno sono comunque nel team juniores che fa sempre riferimento alla squadra».

Doppietta di Oioli

Festa Finale per Manuel Oioli, già vincitore a Fosdinovo. «La vittoria di oggi – dice – è figlia di quella. Mi sono sbloccato. Ho capito di non avere nulla da aspettare. E peccato per la prima tappa. Se non avessi perso terreno, sarei stato in lotta sino alla fine per la generale. Ieri a Fivizzano ho provato a riaprirla, ma Martinez non si è fatto sorprendere».

Il piemontese ha sfruttato ottimamente il lavoro dei compagni e ha diviso con loro svariate bottiglie di prosecco. Quella per la tappa. Quella per la maglia a punti. E quella per la maglia della montagna. Al netto di una piccola contestazione per la volata, durata il tempo di rendersi conto che il piemontese fosse comunque partito in testa, il suo secondo successo in questo giro della Lunigiana parla di un ragazzo con la lucidità giusta per gestire le situazioni di corsa. L’unico rammarico è appunto l’aver dormito un po’ nella prima tappa, quando i francesi hanno messo il cappello sul tavolo e hanno ipotecato la classifica finale.

Trofei in marmo bianco di Carrara: il Lunigiano è ambasciatore del territorio
Trofei in marmo bianco di Carrara: il Lunigiano è ambasciatore del territorio

Organizzazione perfetta

Vai in archivio una corsa incerta fino all’ultimo. Incerta anche per le problematiche covid che già lo scorso anno avevano costretto al rinvio. L’organizzazione di Marco Danese ha gestito tutto nel migliore dei modi e il risultato finale parla di uno standard organizzativo di alto livello, percorsi sicuri e voglia di tornare a correre dopo il 2020 della cancellazione.

Tanti di questi ragazzi dal prossimo anno saranno under 23 è la sensazione che si trae osservandoli in azione è che il movimento italiano abbondi di talenti, che hanno soltanto bisogno di essere gestiti e aspettati per avere la speranza di un futuro ad alto livello.

Volata elettrica: Oioli spiega a Martinez di essere stato corretto. Pinarello sorride
Volata elettrica: Oioli spiega a Martinez di essere stato corretto. Pinarello sorride

Storie appena iniziate

Il discorso vale per tutti, anche per quelli che sembrano più maturi. Vale per Pinarello che andrà direttamente alla Bardiani, vale per Crescioli e Giordani che andranno alla Mastromarco e per Oioli che proseguirà alla Eolo-Kometa U23 di cui la Bustese Olonia è il vivaio.

Non è detto che allenarsi come professionisti a 17 anni oltre alla gamba faccia maturare la testa. Dando loro il tempo di cui hanno bisogno, potranno inseguire i traguardi che il talento spalanca ai loro piedi. Ora il gruppo si trasferisce a Trento per i campionati europei, poi sarà già tempo di pensare ai Mondiali. Scorrendo l’albo d’oro del Lunigiana, Martinez ha scoperto di essere in ottima compagnia. Il suo cammino nel ciclismo che conta è appena agli inizi, seguire le loro parabole è uno dei veri piaceri di questo mestiere.