Caro Gualdi, ci racconti come si vincono le Olimpiadi in tre?

29.05.2024
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L’ultima volta che l’Italia vinse le Olimpiadi correndo con tre atleti, come accadrà a Parigi il 3 agosto prossimo, era il 1992. Un altro ciclismo, tanto che la corsa a cinque cerchi era campo di battaglia dei dilettanti. Gli azzurri, in corsa a Barcellona con Rebellin, Casartelli e Gualdi conquistarono l’oro con Casartelli (foto di apertura). Una gara di 194 chilometri disputata in tre e per questo dall’andamento particolare. Insieme a Mirko Gualdi ragioniamo di tattiche e di come si possa affrontare una corsa di quel calibro con soli tre atleti a disposizione. 

«Giosuè Zenoni, il cittì di quella nazionale – racconta Gualdi – aveva un acume tattico incredibile. I giorni prima degli appuntamenti importanti parlava con ognuno di noi e disponeva una tattica singola. Poi ragionava e metteva insieme tutto, creando una tattica di squadra. Ad esempio in un mondiale, lungo 14 giri, avevamo deciso che Caruso e io ci saremmo mossi nei giri pari per entrare in qualche fuga. Lo stesso avrebbero fatto Manzoni e Nicoletti nei giri dispari. Tarocco, invece, sarebbe entrato in azione nel finale e Baldato sarebbe stato coperto per aspettare la volata».

Però si correva in più di tre, l’Olimpiade com’è stata gestita?

La tattica è diventata di essere presenti nelle fughe, quelle con più di quattro corridori. C’erano Nazioni da “marcare” come Francia, Germania, Spagna e Belgio. Se un atleta di queste squadre fosse entrato nella fuga anche noi ci saremmo dovuti muovere. 

Anticipare insomma.

Pensare di organizzare un inseguimento in tre è impensabile. A Barcellona ci fu un primo attacco che andò via, poi un secondo nel quale entrai io. In un momento successivo rientrò un altro gruppo nel quale era presente Casartelli, che poi vinse. Io parlai con Zenoni prima della corsa e gli dissi che avrei preferito anticipare, perché ero convinto che si spendesse meno davanti piuttosto che dietro. 

Anche perché diventa una corsa a sfinimento…

Zenoni ebbe una bella idea. Le ultime gare di selezione prima delle Olimpiadi ci chiese di correre senza il supporto della squadra. Io andai a delle gare con la maglia della Zalf e tre compagni giovani che però non erano in grado di darmi un supporto in corsa. Zenoni voleva capire il nostro acume tattico e la capacità di battagliare da soli. Infatti dalla spedizione a cinque cerchi furono esclusi corridori più forti di me, ma che avevano corso con l’appoggio della squadra. 

Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Servono corridori intelligenti tatticamente.

Sì e anche bravi nel correre davanti, non di rincorsa, gente che sa stare in testa al gruppo. Provare a fare azioni di rientro, in tre, è impossibile, ci si brucia un compagno subito. 

Per questo dicevi che correre davanti diventa meno dispendioso?

Anticipare, soprattutto in un percorso come quello di Parigi con uno strappo abbastanza duro nel circuito, permette di fare una gara regolare. Mentre chi resta dietro vive di fiammate oppure si trova ad andare a ritmi folli fin dai primi passaggi. Non so l’Italia chi potrà portare, io Ganna lo avrei visto bene. 

Lui e Milan sono esclusi di partenza, visto che saranno impegnati con il quartetto pochi giorni dopo la corsa su strada.

Gli incastri saranno difficili, come sempre. Ganna diventa una perdita importante, mentre Milan non mi sembra il corridore adatto a queste corse. E’ forte, ma vincolante, deve avere una squadra che gli dà supporto, in tre non può accadere una cosa del genere. A lui preferirei Mozzato

Perché?

Intanto al Fiandre ha dimostrato di saper andare forte. E’ un regolarista, vero, ma che sa stare sempre davanti e spendere il giusto. Diventa il corridore che può seguire diversi contrattacchi o comunque restare con i migliori. Ma l’uomo certo per me è Bettiol, ha passo, regge in salita e sa muoversi anche da lontano. Le convocazioni sarebbero anche “facili” perché insieme a questi due si potrebbe portare Trentin, un altro che sa attaccare da lontano e non ha paura a farlo. 

Però sembra ormai certa la presenza di Viviani, e questo abbassa a due i posti liberi.

Partiamo dal presupposto che la tattica di gara diventa quella di anticipare. Bettiol è imprescindibile. Viviani invece può giocare due ruoli: quello di tappabuchi oppure di attendista e aspettare l’eventuale volata. Ci sarebbe da decidere se portare Mozzato o Trentin, forse meglio il secondo. 

C’è da considerare anche che Trentin non farà il Tour, Mozzato probabilmente sì.

Come ha detto Mozzato nella vostra intervista, il Tour può dare una gamba importante. Trentin non facendolo rischia di essere un passo indietro, ma lui ha le qualità per prepararsi bene. Poi è uno che sa liberarsi dalla mentalità attendista degli stradisti. Corridori che arrivano dal cross come Van Der Poel e Van Aert non hanno paura nell’uscire allo scoperto. Servirà una grande intelligenza tattica, cosa che non tutti i corridori possiedono.

Albanese nel WorldTour ha scoperto il fascino del Nord

23.05.2024
5 min
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Anche Vincenzo Albanese è entrato nei meccanismi dell’Arkea-B&B Hotels e si trova a correre lontano dall’Italia come capita al suo compagno e connazionale Luca Mozzato. Quando lo chiamiamo, è arrivato da pochi minuti nella Loira, regione del Nord della Francia dove oggi parte la Boucles de la Mayenne. Una breve corsa a tappe molto vicina alle caratteristiche tecniche di Albanese. 

«Sono arrivato da una decina di minuti – racconta – e tra poco andrò a provare il percorso del prologo (che si corre oggi, ndr). Mi sono messo in viaggio martedì sera, ho fatto tappa a Parigi e ho preso il treno per arrivare fino a qui. Rispetto agli anni scorsi viaggio molto di più: da un lato è stressante, ma mi piace venire a fare queste gare nel Nord».

Albanese sta collezionando una lunga serie di gare tra Francia e Belgio (foto DirectVelo/Ronan Caroff)
Albanese sta collezionando una lunga serie di gare tra Francia e Belgio (foto DirectVelo/Ronan Caroff)

Primo anno nel WT

Per Albanese il 2024 è stato l’anno del debutto in un team WorldTour, lo ha fatto a 27 anni con una lunga esperienza alle spalle. Il mondo dalla prospettiva dei grandi assume dettagli differenti, sfumature che si notano e che Albanese ci racconta…

«Un po’ di differenze ci sono – prosegue nel racconto – in un team WorldTour abbiamo molta più organizzazione e un calendario più ampio. Fino all’anno scorso le gare sulle quali puntare erano quelle, ora la cosa bella è che se sbagli una corsa ne hai altre dopo per rifarti. In una professional il calendario è ristretto e se sbagli… Ciao, ci si rivede l’anno prossimo. Per quanto riguarda le tipologie di corse che ho fatto, direi che sono contento, sto mettendo da parte tanta esperienza e ho scoperto un calendario interessante tra Francia e Belgio». 

L’esordio sulle pietre nel WT è arrivato ad Harelbeke: 9° (foto Instagram/GettyImages)
L’esordio sulle pietre nel WT è arrivato ad Harelbeke: 9° (foto Instagram/GettyImages)
E’ arrivato anche l’esordio sulle pietre nel WT, con l’E3 Saxo ad Harelbeke…

Una bellissima gara, nella quale sono andato senza particolari aspettative e ho portato a casa il nono posto. Ero tranquillo all’inizio, Mozzato mi ha dato i giusti consigli e sono partito sereno. 

Che consigli ti ha dato?

In generale durante la stagione tanti. Ma il più prezioso è arrivato proprio ad Harelbeke perché io non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi. Mozzato mi ha preso, mi ha messo da parte e mi ha detto di stare sempre davanti. Mi ha anche indicato il punto dove sarebbe esplosa la corsa e indovinate? E’ esplosa esattamente lì. 

Il fascino delle pietre ha subito conquistato Albanese
Il fascino delle pietre ha subito conquistato Albanese
Quanto è importante per te avere una figura come Mozzato accanto?

Molto. Con lui ho un gran bel rapporto e ci si diverte anche. Cosa che male non fa, soprattutto se stai lontano da casa per una o due settimane. Capita che si passino 15 giorni fissi in Belgio e avere la giusta compagnia aiuta a superare le giornate. 

Poi è arrivato il Fiandre.

Una corsa unica, fantastica. Una delle più belle e spettacolari che abbia mai fatto. Mi sono anche comportato bene, arrivando 28°. Non dico che ci sia stato un po’ di rammarico, ma quasi: ero nel gruppo con Mozzato, ho forato e sono rimasto coinvolto in una caduta, peccato. Magari avrei potuto lottare per una posizione migliore. Ma già essere lì sugli ultimi muri con i superstiti di giornata e dietro solo all’alieno Van Der Poel è stato bello. 

Arkea-B&B Hotels, squadra francese con tanti corridori del Nord e al Fiandre i primi due sono italiani.

Ci abbiamo pensato anche noi! I diesse alla fine della corsa ridevano e scherzavano proprio su questo. Si potevano aspettare di tutto tranne che i primi due atleti del team a tagliare il traguardo saremmo stati noi.

Una prima stagione nel WT che ti ha permesso di scoprire anche gare nuove…

Mi piacciono molto le gare nel Nord, sono adatte a me. Ho ancora un anno di contratto e la prossima stagione voglio tornare e riprovarci.

Ci hai detto dei viaggi, in un team WT ti sposti molto, ti pesa?

Vero che viaggiamo tanto, ma dipende da che corridore sei. Io sono uno da corse di un giorno o brevi gare a tappe quindi mi sposto parecchio, ma poi riesco a tornare a casa. Poi chiaro che se ho una serie di corse in Belgio o in Francia rimango su, per comodità. Succederà così anche dopo la Boucles de la Mayenne, visto che dopo pochi giorni sarò al Circuit Franco-Belge. Tanto quando decidiamo di restare al Nord non siamo mai soli, ci sono altri atleti o lo staff che si ferma. 

In questi mesi ha ottenuto ottime prestazioni, qui alla Paris-Camembert (foto DirectVelo/Micael Gilson)
In questi mesi ha ottenuto ottime prestazioni, qui alla Paris-Camembert (foto DirectVelo/Micael Gilson)
Esattamente un anno fa eri nel mezzo del Giro, ti manca?

Visto il clima di ieri no (ride, ndr). In realtà grazie a queste esperienze ho capito di non essere un corridore adatto alle grandi corse a tappe. Preferisco concentrarmi sulle corse di un giorno o gare di una settimana, sono più adatte alle mie caratteristiche. Fino ad ora ho messo nelle gambe tanti giorni di gara, ma mirati sul tipo di corridore che sono. 

Il calendario ora cosa prevede?

Tirerò fino al campionato italiano, passando per Francia, Belgio e Giro di Svizzera. Poi mi fermerò per la pausa di metà stagione, farò cinque giorni senza bici e un lungo periodo di altura. In teoria dovrei tornare alle corse tra metà luglio (Giro dell’Appennino, ndr) e inizio agosto. Dovrei fare buona parte del calendario italiano di fine stagione.

Mozzato: prima il Tour e poi il sogno olimpico

11.05.2024
5 min
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I programmi di Luca Mozzato sono cambiati per colpa di una primavera fredda e senza troppo sole. Dopo le Classiche del Nord il veneto dell’Arkea-B&B Hotels si è fermato qualche giorno e ha ricaricato le batterie. Ha ripreso a correre quasi un mese dopo, il fine settimana del 4 e 5 maggio, prima al Grand Prix du Morbihan e poi alla Tro-Bro Léon (foto apertura Ronan Caroff/Direct Velo) . Ieri, 8 maggio, era al via del Circuit de Wallonie (chiuso in sesta posizione). Una ripartenza che lo porterà fino a fine giugno, quando il team francese deciderà gli uomini per il Tour de France. 

«La ripresa per la seconda parte di stagione – racconta Mozzato – è stata più tranquilla, ma non troppo. Dopo la Roubaix mi sono concesso cinque giorni di riposo quasi completo, poi sono risalito in bici per ricostruire la condizione. Si tratta di una preparazione più corta rispetto a quella invernale ma con due periodi di allenamento distinti. Una parte è dedicata al fondo, mentre la seconda serve per alzare il ritmo, ma non eccessivamente».

Mozzato è tornato in corsa al Grand Prix du Morbihan (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Mozzato è tornato in corsa al Grand Prix du Morbihan (foto Ronan Caroff/DirectVelo)

Niente caldo

Il programma di Mozzato prevedeva un ritiro al caldo, poi ha pensato di spostarsi in altura ma il meteo non glielo ha permesso. Il veneto quindi è rimasto a casa, rinunciando a spostarsi e allenandosi con più calma e meno stress

«Sono risalito in bici il fine settimana dopo la Roubaix – continua – il 12 o 13 aprile. Nella prima parte di preparazione ho fatto tanto fondo con intensità bassa, da Z2, e tante salite lunghe per fare lavori con una durata compresa tra i 15 e i 20 minuti. Mentre, nella seconda parte ho inserito qualità, abbassando il numero di ore.

«Mi allenavo con blocchi di due o tre giorni – spiega Mozzato – dopo la giornata di riposo, quando ero più fresco, facevo tanti lavori esplosivi con durata massima di cinque minuti. Curavo il VO2Max con ripetute brevi e intense, oppure facevo i classici 40-20. L’ultimo allenamento del blocco di lavoro era dedicato al fondo, pedalavo parecchio ad un ritmo medio».

L’exploit di Mozzato nella prima parte di stagione è stato il secondo posto al Fiandre
L’exploit di Mozzato nella prima parte di stagione è stato il secondo posto al Fiandre
L’obiettivo della seconda parte di stagione qual è?

Essere in forma per fine giugno/inizio luglio. La speranza è di essere convocato per il Tour de France, dovrò meritarmela facendo bene alle corse che lo precedono. Per questo dico che sono partito piano ma non troppo, comunque mi devo far trovare pronto. Il Tour diventa una corsa fondamentale a cui partecipare per pensare di far bene nella seconda parte di stagione. Riuscire ad esserci ti permette di prepararti bene, essere competitivo e poi ti porti quella gamba fino alla fine dell’anno.

Come sono andate queste prima gare?

Bene, a Morbihan sapevo che avrei fatto fatica ma era quello che cercavo dopo un mese di assenza dalle gare. E’ stato più un lavoro in vista del giorno dopo, per la Tre-Bro Léon che infatti è andata bene, sono arrivato settimo. 

Primi impegni sono terminati con la Parigi-Roubaix, poi tre settimane di pausa
Primi impegni sono terminati con la Parigi-Roubaix, poi tre settimane di pausa
Il Tour diventa un crocevia per la stagione e per l’Olimpiade, ci hai pensato?

Sì, tranne che per il fatto che i posti sono limitati, si parla di due soli slot liberi (il terzo sembra essere quasi certamente di Viviani, ndr). Bennati dovrà convocare i corridori più in forma e adatti all’appuntamento.

Il percorso, duro e simile in certi sensi a quello delle Classiche, ti si addice, visto anche quanto sei andato forte al Nord. 

Parigi potrebbe essere un bell’obiettivo, ma quello più concreto credo sia l’europeo. Alle Olimpiadi i corridori saranno molti meno, 90 si dice, e potrebbe uscire una corsa pazza anche perché molte nazionali non saranno competitive. Poi il massimo di corridori per squadra è quattro, come si può controllare una corsa di oltre 200 chilometri con così pochi uomini

Il percorso olimpico si avvicina alle caratteristiche di Mozzato (foto Paris 2024)
Il percorso olimpico si avvicina alle caratteristiche di Mozzato (foto Paris 2024)
Difficile, ma il problema sorge per tutti…

Sì, vero. Io sono un corridore che ha bisogno di maggiore regolarità se la corsa esplode subito prendo atto che potrei fare più fatica. Come detto, però, tanto passa dal fatto di fare il Tour e farlo bene. Se andrò alla Grande Boucle e farò una prestazione di livello non mi tirerò indietro da un’eventuale chiamata. 

Quelle tre settimane danno tanto in più?

E’ il modo migliore per preparare l’Olimpiade ed eventualmente il finale di stagione. Fare il Tour ti dà una gamba diversa, poi dipende da tante cose.

Qui alla Tro-Bro Léon corsa il 5 maggio e chiusa in settima posizione (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
Qui alla Tro-Bro Léon corsa il 5 maggio e chiusa in settima posizione (foto Ronan Caroff/DirectVelo)
In che senso?

Se un corridore nell’ultima settimana soffre ed è sempre lì a lottare con il tempo massimo rischia di finirsi. Io, viste le esperienze passate, ritengo di averlo portato a termine in maniera ottimale ogni volta. Nel 2023 i mesi dopo il Tour sono stati quelli in cui mi sentivo più forte.

Allora si lotterà per esserci.

L’obiettivo è di fare questi due mesi bene. Ho tante gare di un giorno tra Francia e Belgio, poi il campionato italiano e infine il Giro del Belgio. Da lì la squadra tirerà le somme e ci darà in convocati per il Tour. A fine giugno vedremo se passerò le settimane successive al mare o se sarò impegnato in lungo viaggio da Firenze a Nizza.

Nieri e il giovane Mozzato: «Ogni cosa se l’è sudata col lavoro»

16.04.2024
4 min
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Gran parte delle classiche sono alle spalle e, in attesa di completare le Ardenne, colui che ha brillato di più tra gli italiani è stato Luca Mozzato. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels è salito alla ribalta per il secondo posto al Giro del Fiandre, ma aveva anche vinto una corsa, la Brendene Koksijde Classic, sempre in Belgio.

Mozzato è uno di quei corridori cresciuti piano, piano. Uno di quelli che ha avuto bisogno di tempo. Ma le qualità c’erano. E nell’era del “tutto e subito” il veneto rischiava di passare nel dimenticatoio. Luca invece a suon di risultati, di piazzamenti, di vittorie e infine grazie anche al podio in un monumento è arrivato al vertice.

Per capire dove è ora Mozzato, bisogna vedere da dove veniva prima di passare professionista. E dove veniva ce lo può spiegare bene Daniele Nieri, attuale direttore sportivo della Q36.5 Continental, all’epoca della Dimension Data for Qhubeka, la squadra di Luca.

Daniele Nieri è oggi il diesse della Q36.5 Continental Team
Daniele Nieri è oggi il diesse della Q36.5 Continental Team
Tu, Daniele, hai diretto Mozzato per due anni, e hai un certa sensibilità con i giovani…

Sì, l’ho avuto nel suo secondo e terzo anno tra gli under 23. E cosa dire: ora è al top! Fare secondo ad un Fiandre dietro a quel Van der Poel è come vincere. Luca è molto adatto a quelle corse. Sa tenere la posizione, regge sulle salite corte, ha un buon picco di forza esplosiva ed è veloce.

Insomma, tutto normale?

Normale no, perché per diventare un corridore vero ci sono tanti fattori. E non ci si deve riferire solo al Belgio. E’ arrivato davanti in tante altre corse.

E allora che corridore è, o era, il tuo Luca Mozzato?

Un corridore veloce, ma non un velocista puro. Ha uno sprint importante. Come detto, sa stare in posizione e sa muoversi al momento giusto. Era già un buon corridore quando lo si prese dalla Zalf e anche da juniores si mise in mostra. Se ben ricordo fu quarto al mondiale di Doha 2016. Sfiorò il podio grazie all’aiuto di Zana che lo fece rientrare.

Mozzato ha militato nella Dimension Data U23 con Nieri per due anni: 2018 e 2019. Poi è passato alla B&B
Mozzato ha militato nella Dimension Data U23 con Nieri per due anni: 2018 e 2019
Sei stato tu a volerlo nella tua squadra all’epoca?

Non direttamente, perché anche io stavo rientrando in squadra. Ma sapevo chi fosse. Però accadde un fatto curioso. Una sera ero a cena con Kevin Campbell, l’allora team manager della Dimension Data for Qhubeka. Gli arrivò un messaggio in cui un procuratore gli proponeva Mozzato. Mi chiese se lo conoscessi. Gli dissi: «Io non so ancora se ci sarò, ma lui prendilo subito!». Così ci ritrovammo qualche settimana dopo entrambi nello stesso team.

E dal punto di vista umano?

Un bravissimo ragazzo. Ma bravo davvero a 360 gradi. Seguiva alla lettera ciò che gli si diceva. Era puntiglioso, serio negli allenamenti. Dopo il Fiandre infatti gli ho scritto: con tutti i sacrifici fatti, te lo meriti. Le sue vittorie le ha sempre ottenute, ma nonostante tutto restava poco considerato. Forse perché i suoi risultati erano frutto del lavoro.

E non del talento spontaneo, questo è il concetto…

Vinceva perché lavorava, faceva la vita da corridore. Preciso nelle tabelle, nel mangiare. E sì che lui poverino ha sempre avuto qualche problema col peso. Era uno di quelli che basta che “guarda la pasta e ingrassa”. Non perché non fosse attento, anzi… il contrario. Altra caratteristiche di Luca che ben ricordo era la puntualità.

Mozzato approdò in B&B (ora a Arkea) nel 2020 e gli viene subito proposto un calendario disegnato sulla sua misura
Mozzato approdò in B&B (ora a Arkea) nel 2020 e gli viene subito proposto un calendario disegnato sulla sua misura
Hai rimarcato il tema della posizione. Ci puoi dire di più?

Vi racconto questa. Luca è finito a correre in Francia non per caso. Eravamo al Tour de Bretagne e qualche giorno dopo facemmo un’altra corsa da quelle parti. In quasi tutte le tappe entrò nei primi dieci. Quei percorsi erano molto “stile Belgio”: 180-190 chilometri con su e giù, vento, curve e proprio lì fu notato dalla B&B. Ricordo che c’era un circuito da fare in una tappa, un circuito tortuoso e lui da solo non uscì mai dalle prime cinque posizioni.

Può ancora crescere?

Per me è nell’ambiente giusto per lui specie in relazione al calendario che gli propongono. So che si trova bene: insomma ha l’equilibrio giusto. Se può crescere? Io dico di sì. Se non altro perché parliamo di un ragazzo classe 1998: quindi di 25-26 anni. Può ancora limare qualcosa. Chiaro, se mi chiedete: può vincere un Fiandre? Dico che contro motori come Van Aert o Van der Poel ti deve girare tutto, ma proprio tutto, bene…

Okay Daniele, ma questo non vale solo per Mozzato!

Esatto, però in corse come De Panne, Scheldeprijs… sì: può vincere. In quelle corse è sempre al top e poi è un corridore che porta non si sa quanti punti e questo alle squadre piace sempre. Lui comunque è maturato, sta maturando coi tempi giusti.

Alla vigilia dell’Inferno, faccia a faccia col viceré del Fiandre

06.04.2024
7 min
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Nella vita di chiunque e di un atleta in particolare, saper cogliere le occasioni è quello che fa la vera differenza. Quando si è preso coscienza del fatto che al Fiandre non ci sarebbe stato il vincitore uscente Pogacar e che anche Van Aert e Stuyven sarebbero mancati per la caduta di Waregem, si è aperta la caccia al secondo posto. Quanta gente avrebbe potuto lottare per fregiarsi della corona di viceré? Tanti, da Pedersen a Matthews, passando per Bettiol e Wellens: alle spalle di Van der Poel c’erano atleti di indubbio valore. L’unico che però sia riuscito a giocare alla perfezione le proprie carte è stato Luca Mozzato da Arzignano. Uno che non ha mai fatto proclami, con un numero onesto di followers e la carriera in costante ascesa. Sin da quando nel 2020, volendo passare professionista, si rassegnò a stare fuori dal WorldTour mentre i suoi compari Battistella, Sobrero e Konychev vennero destinati ai piani alti.

Credete che se la sia presa? Niente affatto. E ancora oggi, quando pensa a quella decisione, benedice la concretezza che la ispirò. Signore e signori, lo conoscete già perché ve lo abbiamo raccontato in mille e più occasioni, ma questo è Luca Mozzato dopo il secondo posto del Fiandre e alla vigilia della Roubaix. Uno che non ha paura dei giganti del Nord, perché ha imparato a rispettarli e a studiare se stesso.

La volata di Mozzato contro Matthews e Politt è stata uno scontro di energie residue (foto De Ronde)
La volata di Mozzato contro Matthews e Politt è stata uno scontro di energie residue (foto De Ronde)
Mercoledì hai corso anche la Scheldeprijs, non avresti fatto meglio a riposarti un po’?

Forse col senno di poi avrei fatto meglio a tirare un po’ il fiato. Però non doveva essere una corsa troppo impegnativa, alla squadra faceva comodo e così sono andato.

Se da bambino ti avessero detto che saresti arrivato secondo al Fiandre?

Forse non mi sarebbe stato bene, avrei detto che volevo vincerlo. Però crescendo si cambia e se me lo avessero detto un mese fa, sarei stato incredulo. Adesso che è successo, sono super contento. Ho ricevuto un sacco di messaggi come al Tour di due anni fa ed è una cosa a cui non sono abituato. Per il corridore che sono sempre stato, non mi sono mai ritrovato al centro dell’attenzione. Però capisco che vedermi nel vivo della corsa cambi la percezione che la gente ha di me. Fa piacere, ma non credo che mi abituerò mai a questo tipo di emozioni, non le darò mai per scontate.

Secondo al Giro delle Fiandre.

Il risultato è stato sicuramente oltre ogni più rosea aspettativa. Oggettivamente la mattina l’obiettivo era quello di arrivare nel primo gruppo che si potesse chiamare tale. Quindi in genere, tolti quelli che si giocano la corsa, essere nel gruppo fra la dodicesima e la ventesima posizione, a seconda di quanto è grande il gruppo e di come è andata la gara. Quello poteva essere un obiettivo nell’eventualità che la situazione fosse favorevole. Per cui nella migliore delle ipotesi sarei potuto entrare nei dieci, diciamo un ottavo posto. Andare a podio neanche lo avrei potuto immaginare.

Sfinito dopo l’arrivo, al Fiandre Mozzato ha visto l’occasione e non l’ha sprecata
Sfinito dopo l’arrivo, al Fiandre Mozzato ha visto l’occasione e non l’ha sprecata
Come è stato salire per l’ultima volta sul Qwaremont: a cosa hai pensato?

Ho capito veramente che il podio fosse ancora in gioco negli ultimi due chilometri. Alla radio mi avevano detto che davanti non erano in tanti, però comunque la sensazione era che Bettiol e Teuns fossero un po’ troppo lontani. Noi inseguitori siamo stati anche abbastanza fortunati, perché dal Paterberg fino a Oudenaarde non c’era tanto vento e quel poco che c’era, era in faccia. Questo ci ha dato una mano. Il vento ha giocato a nostro favore e noi siamo stati bravi a collaborare. L’occasione di andare a podio era ghiotta, quindi abbiamo girato tutti. Non si poteva pretendere che i quattro della UAE Emirates si mettessero a fare il trenino come se fossimo a metà corsa. L’ultima cosa che ha girato veramente a nostro favore è stato il fatto che non ci siamo mai guardati. Ai meno due quelli in superiorità numerica hanno cominciato ad attaccarci e noi, non fermandoci, siamo riusciti a prendere i fuggitivi proprio sulla linea.

Quando li hai visti che cosa ti è scattato nella testa?

Mentre andavamo verso Oudenaarde, contavo i corridori per vedere quanti dovevo metterne dietro per entrare nei dieci. Ero consapevole di essere abbastanza veloce, però il picco di velocità dopo sei ore e mezza di corsa è una cosa abbastanza relativa. E’ stata più che altro una volata di energie rimaste. Io ho provato a fare il massimo che potevo e per fortuna sono stato più veloce.

Hai avuto un’occasione e l’hai colta.

Se ci fossero stati Van Aert e anche Stuyven, sarebbe venuta fuori una corsa completamente diversa e probabilmente staremmo parlando dell’esatto contrario. Ma come dicevate, il ciclismo è anche saper cogliere le occasioni. A me se ne è presentata una bella ghiotta e penso di aver fatto il massimo. Oggettivamente Van der Poel era di un altro livello e avendo questa consapevolezza, ho raccolto il massimo possibile. Partiamo dal presupposto che per me è andato tutto dritto, perché se non fosse stato così sarebbe stato difficile arrivare secondo. La situazione di corsa ha girato bene e io ho avuto una delle migliori giornate della carriera al momento giusto, che mi ha permesso di fare il podio in una delle classiche più grandi.

Mozzato è il viceré del Fiandre, battuto da Van der Poel. Gli altri tutti dietro
Mozzato è il viceré del Fiandre, battuto da Van der Poel. Gli altri tutti dietro
Sei sempre stato uno coi piedi per terra, sin da quando sei passato professionista…

Penso che ognuno debba fare il suo percorso. Io credo di aver fatto tutte le scelte corrette, partendo comunque dal presupposto che quando sono passato non avevo la possibilità di andare in una squadra WorldTour. Però, come ci siamo detti spesso, non sarei stato nemmeno pronto, quindi è stata quasi una fortuna che sia andato in una squadra più piccola. Ho sempre potuto giocarmi le mie possibilità in corse di seconda e terza fascia e così sono riuscito a non perdere l’attitudine di correre davanti. Magari se fossi andato in una squadra con grandi leader, mi avrebbero chiesto di mettermi a disposizione e avrei perso la mentalità vincente. E questo a lungo andare paga.

Domani la Parigi-Roubaix, con quale obiettivo?

L’obiettivo è fare una bella corsa. Ho cercato di recuperare il meglio possibile e spero di avere una giornata come domenica scorsa. Ovviamente partirò con la stessa idea di rimanere nel vivo il più possibile e giocarmi il piazzamento. Come ambizione concreta, ci può essere una top 10, però comunque avrò bisogno di situazioni favorevoli.

Sei un corridore di 68 chili, come mai ti trovi così bene sulle pietre?

Secondo me è tanto un fatto di attitudine. Prima di questa campagna del Nord, ero convinto di non essere abbastanza forte per il Fiandre e di essere troppo leggero per la Roubaix. Probabilmente fra le due, quella più difficile per me era proprio il Fiandre perché nel finale viene veramente duro. Ma visto come è andata, il sogno è quello di arrivare davanti anche domani e poi si vedrà.

Quest’anno Mozzato ha già vinto la Bredene Koksijde Classic
Quest’anno Mozzato ha già vinto la Bredene Koksijde Classic
La squadra ha celebrato degnamente il tuo piazzamento?

Sicuramente anche loro erano contenti. Perché per me era addirittura il primo podio WorldTour e centrarlo in una corsa del genere penso che sia stato un punto di svolta. Però è stato anche il primo podio in una Monumento per la Arkea-B&B Hotels, quindi erano tutti contenti, a partire dai direttori e dallo staff. C’era anche il manager, quindi sicuramente è stato un bel momento da condividere tutti assieme. Poi, se vogliamo parlare di festa, non abbiamo potuto esagerare perché comunque avremmo dovuto correre ancora mercoledì e in vista della Roubaix. Quindi un po’ ci siamo tenuti, però un bell’hamburger con le patatine non ce lo siamo fatti mancare.

Quindi adesso ti toccherà chiedere l’aumento di stipendio?

Bisognerà trattare (ride, ndr). Ho ancora un anno di contratto, ma vediamo se il mio procuratore Manuel Quinziato farà bene il suo lavoro.

Se la ride. Il secondo posto del Fiandre gli ha dato sicuramente superiore consapevolezza nei suoi mezzi. Per quella che è stata finora la carriera di Luca Mozzato, siamo certi che non smetterà di costruire l’atleta che ha sempre pensato di poter diventare. L’ultimo podio italiano in una Monumento era stato al Lombardia 2023, con Bagioli secondo dietro Pogacar. La rincorsa continua.

Tris al Fiandre, il re è sempre VdP. Ma che bello questo Mozzato

31.03.2024
6 min
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OUDENAARDE (Belgio) – Quelle gambe mulinano che è una bellezza. I talloni salgono ancora alle stelle e i quadricipiti affondano forte sui pedali. Nulla da dire, Mathieu Van der Poel oltre che potente è anche elegante. Anzi impressionante, tanto per citare Philippe Gilbert che osserva VdP vicino a noi dietro l’arrivo. E intanto sempre Gilbert lancia apprezzamenti per Mozzato.

Il re del Giro delle Fiandre 2017 osserva ammirato e commenta: «Rispetto a me, lui ha più tempo per godersi questa impresa. Ha impiegato 4’50” per fare l’ultimo Kwaremont (Gilbert aveva il cellulare in mano e prendeva i tempi, ndr) un ottimo tempo se consideriamo la pioggia e il vento contro».

Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello
Cinque degli 11 italiani al via. C’è anche Mozzato che poi sarà secondo. Il clima, in tutti sensi, era bello

Tutto secondo copione

Eppure il corridore della Alpecin-Deceuninck non la pensa proprio come Gilbert in quanto a bei pensieri e cavalcata trionfale.

«Oggi era solo sopravvivenza – ha detto l’iridato – per me è stato il Fiandre più duro, con queste condizioni atmosferiche. Gli ultimi 20 chilometri li ho fatti a occhi chiusi. Ero così devastato che non ho pensato molto. Devo realizzare quello che è successo».

E infatti nel finale VdP sembrava faticare. Si è visto sul Paterberg. E quando il vantaggio iniziava scendere e a 5-6 chilometri dall’arrivo Mathieu mandava giù un gel, sempre Gilbert aggiungeva: «Sta già pensando alla Roubaix».

Sempre tanta gente lungo queste strade mitiche. E quanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara
Tanti cartelli di sostegno per Van Aert. Anche VdP ha espresso un pensiero per lui dopo la gara

Anche VdP soffre

Ma davvero dunque è stata così facile questa vittoria? Apparentemente sì, tutto secondo copione. Anche se poi le parole del diretto interessato sono state diverse.

Lo hanno attaccato, è vero, ma non proprio bene a dire il vero, mentre la sua Alpecin-Deceuninck si è mossa con grande lucidità. Ha fatto una corsa aggressiva.

Quando sono iniziati i muri, hanno mosso loro le acque. Hanno mandato avanti un uomo e costretto gli altri a seguire. Un bel messaggio a chi pensava che avrebbero corso di rimessa. Poi Gianni Veermersh è stato uno stopper perfetto per far bollire Pedersen. 

Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco
Sul traguardo di Oudenaarde, VdP oggi era davvero stanco

«La squadra oggi è stata speciale – ha continuato Van der Poel – mi hanno messo sempre nelle migliori condizioni e mi hanno consentito sempre di stare tranquillo. Gli ho detto di tenere duro fino al Koppenberg, poi ci avrei pensato io, anche se ammetto che dopo il secondo passaggio sul Qwaremont non ho più avuto un grande feeling come stesso. Infatti proprio dopo il Koppenberg non mi aspettavo di ritrovarmi da solo. Quel gel è perché mi servivano gli zuccheri. Ora penso solo a recuperare».

Forse in quel frangente l’iridato ha fatto la differenza anche per i quei piccoli dettagli tecnici che oggi contano sempre di più. Ha scelto bene il setup della sua Canyon. Molti avevano il vecchio 39, Pedersen il 43, e lui invece ha scelto il 40. Parliamo, come avrete capito, della corona piccola anteriore.

Il resto è una cavalcata, faticosa, ma superba che lo pone definitivamente tra i mega eroi di questo sport.

Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria
Mozzato sul filo di lana con Matthews, poi declassato per duplice cambio di traiettoria

L’urlo di Mozzato

Togliendo il marziano, c’è stata anche un bel po’ d’Italia. Bettiol ci ha fatto sperare a lungo per una piazza d’onore, e dietro zitto zitto c’era anche Luca Mozzato.

«Secondo al Giro delle Fiandre è un sogno. Qui è tutto più bello». Sarà la gioia, ma dopo Van der Poel Mozzato ci è sembrato il più fresco. Il suo era uno sprint da gamba piena. Almeno così ci è sembrato.

«Macché – spiega l’atleta della Arkea-B&B Hotels – è stata la classica volata dei morti. Ho beneficiato del fatto che nei due chilometri finali si andava forte e avevo una buona posizione. Nel finale il vento era anche un po’ contro e quindi ho deciso di aspettare fino all’ultimo per uscire. Agli ultimi 100 metri, non prima. E ho saltato gli altri ai 40 metri».

Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice
Mozzato stremato dopo l’arrivo, ma già felice

La scommessa di Luca

Mozzato ha fatto la tipica corsa da velocista al Fiandre. Nascosto, al risparmio (in teoria), attento… Se gli altri cercavano di anticipare Van der Poel, lui al contrario cercava di tenerlo lì a vista il più possibile.

Si vede, come ci ha sempre raccontato, che quassù si sente a suo agio, che sa muoversi su pietre, muri e stradine.

«Il discorso – spiega con grande chiarezza Luca – è che qui tutti volevano stare davanti e tutti volevano anticipare Van der Poel. Io ho fatto una specie scommessa: se tutti vogliono anticipare, a qualcuno qualche fuga non andrà bene. E così ho corso: sfruttando gli altri. Però il problema è che al primo Qwaremont, proprio perché tutti vogliono stare davanti, io ho preso una frenata nel momento sbagliato e sono rimasto dietro».

Mozzato racconta che per quasi 40 chilometri si è trovato ad inseguire. Era sempre nella parte posteriore del gruppo, però ha anche ammesso che ha avuto la fortuna (ma a quel punto non poteva fare diversamente) di trovare qualcuno che chiudesse per lui.

«E questo – riprende il veneto – credo abbia fatto la differenza. Nell’ultima ora di gara avevo più energie degli altri. Più passavano i muri e più stavo bene».

Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024
Un brindisi coi giganti. VdP (primo), Mozzato (secondo) e Politt (terzo): questo il podio del Fiandre 2024

Tra podio e realtà

Un secondo posto in una classica Monumento vuol dire molto. Al bus il clan sembrava quasi più contento di lui. Impossibile. Anche dopo un paio d’ore Luca ci ha ribadito la sua gioia.

Gioia ma anche consapevolezza, quella di un atleta che sa di avere delle doti, ma che sa anche qual è il suo posto.

«Di sicuro questo risultato mi dà gioia e sicurezza in me stesso. Adesso so che quando le cose vanno bene, posso giocarmi dei posti importanti anche in una classica monumento. Però al tempo stesso tutto questo non cambia il corridore che sono. Per farla breve: se domenica Van der Poel e Pedersen nella Foresta di Arenberg fanno il forcing potente, io non sono in grado di seguirli. So che mi manca qualcosa. Ma ci si può lavorare».

E mentre ritorna dal podio e sale sul bus, si gode l’abbraccio della squadra. Luca Mozzato stasera è un ragazzo felice. E noi lo siamo con lui.

Mozzato e un calendario tutto al Nord: «Questione di occasioni»

22.03.2024
5 min
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Il giorno prima della Milano-Sanremo, il 15 marzo, in Belgio Luca Mozzato ha colto il suo primo successo stagionale. Una volata, quella del velocista veneto, che ha regolato clienti scomodi come Groenewegen, Thijssen, Consonni, De Lie e De Kleijn. Proprio alla luce di questo successo e all’opaca prestazione di Demare alla Classicissima, ci si potrebbe chiedere come mai l’Arkea-B&B Hotels non abbia puntato su Mozzato. La verità è che il corridore italiano ha trovato la sua dimensione in gare come la Bredene Koksijde Classic (la corsa vinta appunto il 15 marzo). 

«Nel fare i programmi – ci spiega dall’hotel dove alloggia in vista degli impegni al Nord – si fanno delle scelte e si guardano pro e contro. La Sanremo ha un livello molto alto e io non davo la garanzia di stare davanti, con i primi. Mi piacerebbe provare un giorno, ma piuttosto che staccarsi sulla Cipressa o il Poggio forse è meglio andare in altre gare e vincere».

La vittoria di Mozzato alla Bredene Koksijde Classic davanti a Groenewegen e Thijssen
La vittoria di Mozzato alla Bredene Koksijde Classic davanti a Groenewegen e Thijssen
Rimpianti pochi, dunque?

Per un corridore italiano correre sempre lontano da casa non deve essere semplice, ma nel ciclismo bisogna fare i giusti calcoli e massimizzare le occasioni. D’altronde è meglio riuscire a cogliere maggiori risultati lontani dal territorio amico che sbattere contro un muro in casa.

«Se mi guardo alle spalle – dice ancora Mozzato – vincere è stato un bel premio e la scelta di saltare una corsa come la Sanremo la vivi a cuor leggero. Non ho corso una Classica Monumento, ma ho ottenuto un risultato importante. Avrei potuto anche non vincere, ma certe occasioni vanno sfruttate e colte. Ogni corridore è consapevole di dove può arrivare, io so che il mio livello è questo al momento. Andare alla Sanremo e sperare di arrivare nel primo gruppo sarebbe stato molto più difficile».

Mozzato corre poco in Italia una delle apparizioni del 2023 è stata al Giro del Veneto, la corsa di casa
Mozzato corre poco in Italia una delle apparizioni del 2023 è stata al Giro del Veneto, la corsa di casa
E’ un’analisi di “costi/benefici”…

Esatto. Poi non nascondo che mi piacerebbe provare un giorno a correre una gara come quella, ma non sai mai che può succedere. Le occasioni ci sono ovunque, solo che in gare come la Bredene Koksijde Classic sono più concrete. Non è un discorso solo mio, ma anche della squadra…

Spiegaci.

Avremmo potuto correre la Sanremo con sei corridori di punta, ma senza una garanzia di risultato. La scelta sensata era giocare tutte le carte su Demare, perché se fossero arrivati allo sprint avrebbe potuto dire la sua. La squadra era concentrata su di lui, l’unico “jolly” era Albanese

Quindi tu saresti stato a disposizione di Demare?

Avrei fatto il gregario oppure avrei fatto la mia gara in parallelo, ma non garantisco che sarei andato né più forte e neppure più piano

Alla Milano-Sanremo la squadra era costruita intorno ad Arnaud Demare
Alla Milano-Sanremo la squadra era costruita intorno ad Arnaud Demare
Hai trovato la tua dimensione al Nord…

Ripeto, in questo momento offro opportunità di piazzamento in gare di secondo e terzo livello. La squadra mi manda in determinate corse con la consapevolezza che posso dire la mia e che qualcosa, spesso, si porta a casa. Sono un corridore da Nord, per diverse ragioni.

Quali?

Sono adatto a correre sulle pietre, quindi nelle classiche e semi classiche mi trovo bene. Ho una buona resistenza e velocità, oltre al fatto che in gruppo mi muovo ottimamente. Fare un calendario italiano, cosa che mi farebbe anche piacere, mi precluderebbe tante occasioni. Se dovessi correre tra Italia e Francia per tutta la stagione avrei due o tre chance di vincere all’anno. Invece, correre al Nord ne offre di più. 

Con la Brugge-De Panne del 20 marzo si è aperta la stagione delle Classiche e semi Classiche del Nord
Con la Brugge-De Panne del 20 marzo si è aperta la stagione delle Classiche e semi Classiche del Nord
Stare lontano da casa pesa? In termini umani?

Un pochino spiace sempre, correre vicini a casa, anche solo relativamente, sarebbe bello. I miei genitori potrebbero venire a vedermi, così come il mio fan club. Ad esempio avrei potuto fare Milano-Torino e poi Milano-Sanremo, ma non avrei dato garanzie di stare davanti. In quelle corse se arrivano 40 o 50 corridori a giocarsi la volata vuol dire avere Demare, quindi mi dovrei mettere a disposizione. Io stesso preferisco andare in gare dove non c’è un leader, ma dove posso impostare la mia volata. 

Tra l’altro due giorni fa è arrivato un altro piazzamento a De Panne…

Ho fatto decimo, un buon risultato considerando che come gara è paragonabile a un mondiale per velocisti. Venerdì (oggi, ndr) c’è la E3 Saxo Classic e poi sabato la Gent-Wevelgem, la stagione delle Fiandre è aperta. 

Nel corso degli anni Mozzato ha dimostrato di essere un corridore con caratteristiche adatte alle corse del Nord
Negli anni Mozzato ha dimostrato di essere un corridore con caratteristiche adatte alle corse del Nord
Cosa fai in hotel per ammazzare il tempo tra una corsa e l’altra?

Mi piace leggere, in particolar modo la sera. Sto lì una trentina di minuti e riposo la testa e gli occhi dal telefono. E’ una cosa che mi aiuta anche a dormire meglio. Ho appena iniziato un nuovo romanzo thriller, si chiama L’Ossessione. Questo genere di letture mi piacciono parecchio, partono lentamente e poi prendono vita man mano che vai avanti. Un po’ come le corse.

Nella primavera delle classiche, Mozzato sarà cacciatore

21.02.2024
6 min
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Luca Mozzato è tornato ieri da Gran Canaria. C’è rimasto per due settimane. Finita l’Etoile de Besseges ha trascorso la notte a Marsiglia, poi si è imbarcato per l’isola spagnola, che si trova alla stessa latitudine del Marocco. Ha diviso chilometri e giornate con due ex compagni della B&B: Heidemann e Shonberger, poi lo ha raggiunto la compagna Giorgia, che non ha saputo resistere al richiamo di quel sole. Con la primavera delle classiche che sta per iniziare, il prossimo mese del corridore di Arzignano sarà decisamente ad alta intensità.

Ventisei anni compiuti il 15 febbraio, proprio durante le due settimane al caldo, Mozzato è reduce dal 2023 delle due vittorie (ghiaccio rotto al Limousin e poi Binche) che hanno fugato tanti dubbi ed è pronto per tuffarsi nella nuova stagione con le maniche rimboccate ancor prima di partire.

Mozzato, classe 1998, è pro’ dal 2020. Qui all’Etoile de Besseges
Mozzato, classe 1998, è pro’ dal 2020. Qui all’Etoile de Besseges
Come è cominciata la stagione?

Abbastanza bene a Valencia (8° nella corsa del debutto, ndr), invece a Besseges ho fatto più fatica del previsto. Spero che nelle ultime due settimane sono riuscito a mettermi a posto e di essere pronto per il Belgio. La prima parte di stagione è incentrata tutta su quelle corse, non farò gare a tappe: né Parigi-Nizza, né Tirreno e tantomeno il Catalunya. Solo corse di un giorno e il 90 per cento lassù. Si comincia con Het Nieuwsblad, che non è il Fiandre, però il livello sarà altissimo. Poi farò altre corse come Le Samyn, GP Criquielion e Monseré, in cui invece si parte per fare risultato.

Quattro corse in dieci giorni, insomma.

Poi dovrei avere una settimana per tirare il fiato e da lì si va dritti fino alla Roubaix. Si riparte da Nokere, poi Gand, Waregem e Fiandre, sempre che tutto vada come deve. Il Belgio è pieno di imprevisti. La discriminante più grande saranno la condizione e il fatto di essere in salute. 

Sapendo che non farai corse a tappe, la tua preparazione è cambiata?

Sicuramente non dovrò fare grandi salite, probabilmente la più lunga sarà il Vecchio Qwaremont, che dura 5 minuti. Però comunque, per come sono fatto, le salite mi servono e un bel dislivello l’ho fatto comunque. Anche se non è direttamente connesso al percorso delle gare, mi aiuta a lavorare. In questo caso specifico, mi ha permesso di fare dei lavori abbastanza lunghi, di 40′-60′. Li ho fatti a un ritmo non impossibile, ma quando ti ritrovi a fare un’ora di salita, è un lavoro che assomiglia all’ultima ora di una classica. Perché anche se le prossime corse saranno tutte a strappi, l’idea era di simulare la durezza di un’ultima ora comunque impegnativa.

Mozzato con il diesse Arnaud Gérard. Il 2024 per Luca sarà un anno da cacciatore (foto Arkea-B&B)
Mozzato con il diesse Arnaud Gérard. Il 2024 per Luca sarà un anno da cacciatore (foto Arkea-B&B)
Hai fatto anche lavori sull’esplosività?

Abbiamo fatto volate e anche lavori sul breve, tipo di 3-4 minuti, che sono la durata dei muri che dovremo superare. Oltre a questi allenamenti un po’ più lunghi e vagamente di fondo, ho fatto anche tanti lavori esplosivi, puntando anche sulle ripetizioni. Una di uno dietro l’altra, tanto da arrivare all’ultimo con la fatica nelle gambe.

Quanto sono importanti per Arkea queste corse del Nord?

Sicuramente tanto, anche perché quest’anno abbiamo una squadra incentrata soprattutto sulle corse di un giorno. Penso che tutto sia dovuto al fatto che la situazione dei punti per i prossimi due anni va seguita con attenzione e comunque abbiamo bisogno di risultati. L’indicazione della squadra è questa, tanto più che non abbiamo più grandi uomini da classifica per i Giri. In compenso a metà della stagione è arrivato Demare e con lui gli obiettivi sono certe classiche e vincere una tappa al Tour.

Questo significa che avrai più libertà?

Ci siamo parlati e siamo stati d’accordo nel dire che alla squadra torna comodo che io non venga inserito nel treno, ma vada a cercare i miei risultati. Al Tour, ad esempio, non andrò per lasciare spazio a quelli che lo aiuteranno. Sicuramente mi capiterà di fare qualche corsa con Arnaud, però l’idea è quella di non essere nel suo gruppo.

La vittoria di Binche dello scorso 3 ottobre ha mandato Mozzato in vacanza con l’animo leggero
La vittoria di Binche del 3 ottobre ha mandato Mozzato in vacanza con l’animo leggero
Quanto è stato importante aver vinto lo scorso anno?

Sono uscito benissimo dal Tour e ho portato avanti a lungo quella condizione. Per un corridore come me, che non vinceva da parecchio, è stato decisivo. Non era ancora diventata un’ossessione, ma da un paio d’anni la domanda era sempre quella: quando si vince? C’ero andato vicino diverse volte, però era mancato lo scatto che invece c’è stato l’anno scorso.

Quest’anno niente Tour, quindi Giro?

Quindi Vuelta. Per fare bene al Giro, per finire le tappe, ho bisogno di un periodo di lavoro che, facendo la Roubaix, non avrei. Un po’ dispiace, perché non l’ho mai fatto. Ma abbiamo optato per la Vuelta, anche se tappe veloci ce ne saranno poche.

Alla Het Nieuwsblad ci saranno tutti i più forti, con quale spirito si va al via?

Uno spirito diverso rispetto a quello che avrò a Le Samyn. Dipende sempre dalla corsa. A Le Samyn si può pensare di aspettare il finale e vedere come sto per giocarmela. Invece all’Het Nieuwsblad, l’idea è quella di aspettare il finale e non buttar via energie a caso durante la corsa. Altrimenti, vista la presenza di certi campioni, se non si vuole partire battuti, si deve pensare a una soluzione alternativa per arrivare davanti. Magari anticipare fra due muri o trovare il momento giusto per saltarne uno nella posizione perfetta e prendere vantaggio.

Dopo il lavoro a Gran Canaria, Mozzato è pronto per le sfide del Nord (foto Arkea-B&B Hotels)
Dopo il lavoro a Gran Canaria, Mozzato è pronto per le sfide del Nord (foto Arkea-B&B Hotels)
Con quale modello di Bianchi correrai le prossime corse?

Continuo con la Oltre. L’anno scorso l’ho usata tutto l’anno e mi sono sempre trovato bene. Per cui, dato che grandi salite non dovrei farne, ho deciso di restare sul modello più aero e più veloce, quantomeno nel 90 per cento delle corse. Alla Roubaix probabilmente cambierò, ma perché la Oltre è troppo rigida per il pavé vero.

Ruote e gomme?

Si può giocare un po’ sul profilo, ma penso che si parlerà il più delle volte di ruote da 60, anche se per Het Nieuwsblad stiamo valutando di usare le 45. Invece a livello di copertone, giochiamo tanto di più con le larghezze. I primi giorni in Belgio serviranno anche per fare gli ultimi test. Però in linea di massima si utilizzerà il tubeless normale per il 90 per cento delle corse, mentre sarà da valutare, almeno per me, quello più rinforzato per la Roubaix. Sono tutti test da fare appena troveremo il pavé per provarci. Fra due giorni si parte, non dovremo aspettare tanto…

Vento e Col du Vam: scopriamo l’europeo con Mozzato

21.09.2023
5 min
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Luca Mozzato è pronto a vestire i colori azzurri della nazionale per il campionato europeo di domenica a Drenthe, cittadina nel Nord-Est dell’Olanda. Il corridore della Arkea-Samsic in primavera era stato uno dei due italiani al via della classica olandese (l’altro era stato Andrea Peron), di cui il l’europeo riprende per gran parte il percorso.

Con la sua ormai proverbiale capacità di “portarci in gruppo”, come è stato ad esempio per i velocisti del Giro d’Italia, Mozzato ci illustra il percorso. Lo raggiungiamo al telefono mentre sta raggiungendo il clan azzurro a Drenthe. 

L’arrivo di ieri a Lichtervelde. Gara vinta da Thijssen (a sinistra). Si riconosce Mozzato col casco rosso, quinto
L’arrivo di ieri a Lichtervelde. Si riconosce Mozzato col casco rosso, quinto
Luca ieri hai corso l’Omloop van het Houtland, classica minore belga (ha 76 edizioni alle spalle, ndr) e hai ottenuto un buon quinto posto, davanti a gente come Merlier…

Sì dai, sono contento, poi si può sempre fare meglio, ma la gamba era buona. In squadra nel finale eravamo in due, ma c’era un po’ di vento laterale e alla fine ci siamo persi.

Ormai sei “uomo da Nord”, di corse come queste ne fai molte. Non a caso sei stato l’unico a correre a Drenthe. Bennati ti ha chiamato anche per questo motivo immaginiamo. Come è andata la convocazione?

Come quantità di corse al Nord sì, come qualità c’è chi è più forte di me! Però è vero: in effetti corro parecchio tra Belgio, Olanda e Nord della Francia. Come è andata la convocazione? Era da questo inverno che miravo agli eventi della nazionale. Visti i percorsi di mondiale ed europeo sapevo di poter essere adatto, specie per questo secondo appuntamento. Con Bennati ne parlavamo da tempo. Sono uscito bene dal Tour e ho cercato di sfruttare la condizione per essere convocato. 

Non è stata una sorpresa dunque?

No, non è stata una cosa che mi ha preso alla sprovvista. Ci si lavorava da un po’. Tengo molto alla nazionale. Dopo il Tour per un paio settimane abbondanti non ho corso, recuperando un po’. Poi sono andato al Limousin e ho visto che stavo bene (Mozzato ha anche colto la prima vittoria da pro’, ndr). Per la corsa successiva c’era del tempo e così sono tornato in altura a Trepalle, sopra Livigno, per altre due settimane, anche per sfruttare temperature più fresche.

Luca, passiamo al percorso. Come dicevamo tu lo hai visto in parte, specie questo spauracchio del Col du Vam. Descrivici che tracciato sarà…

Come un po’ tutte le corse del Nord, soprattutto in Olanda, potrebbe essere una giornata relativamente tranquilla fino al circuito, ma se c’è vento abbastanza forte o che gira nel modo giusto a seconda delle curve, si rischia di arrivare nel circuito con tanti gruppetti. Questi ultimi giorni in Belgio sono stati parecchio ventosi e se dovesse continuare così, il vento sarebbe il primo fattore per l’europeo e potrebbe fare disastri.

La corsa è piatta con un tratto in linea di 115 chilometri e un circuito di 14 chilometri da ripetere sei volte, con appunto il Col du Vam dove è anche segnato l’arrivo.

Il primo tratto in linea è piatto, poi il circuito va interpretato bene, con attenzione, specie nella zona del Col du Vam. Non è una salita durissima (circa 500 metri al 4,9 % con una punta all’11%, ndr), però la strada è abbastanza stretta e ci sono anche delle curve. Se qualcuno attacca è facile prendere dei buchi.

Chiaro, subentra anche un “effetto elastico”.

Sicuro, per questo dico che va interpretata bene quella parte di circuito. Rischia di essere più duro l’approccio al Vam che la salita stessa. Perché se finisci oltre la decima posizione all’imbocco, poi subisci per tutta la salita, se invece sei davanti vai via più fluido. Davvero il rischio è quello di spendere le cartucce per imboccare bene la salita.

Puoi descriverci il Col du Vam?

Intanto va detto che prima bisogna vederla nel suo insieme questa salita, perché è composta da due parti, mentre nella classica di primavera a Drenthe se ne fa una sola. Per l’europeo hanno aggiunto questa seconda parte che è un’incognita un po’ per tutti. Ci hanno inviato immagini, qualche carta, ma anche VeloViewer non era aggiornatissimo, pertanto sarà importante la ricognizione. Comunque la prima parte è relativamente impegnativa, per un centinaio di metri si sale al 10-11 per cento, e con dei tratti in pavé. Poi ci sono 200 metri di discesa e inizia la porzione nuova, che mi hanno detto non essere impossibile.

Un tratto del circuito finale. Qui siamo nella classica di Drenhte a marzo. Mozzato vi prese parte
Un tratto del circuito finale. Qui siamo nella classica di Drenhte a marzo. Mozzato vi prese parte
Ma quindi è una salita da 39 o da 53, per dirla coi vecchi rapporti?

Credo che la corona piccola non sia neanche da guardare. Se ben ricordo a Drenthe non l’ho mai usata.

E poi c’è il resto del circuito. Abbiamo visto che le curve, anche secche, non mancano. E’ più un percorso stile “Fiandre” o Amstel, visto che siamo in Olanda?

Direi più da Fiandre che Amstel. Sono stradine strette di campagna, una volta in fondo al muro è un vero biliardo. Dipenderà molto dalla situazione del vento, a quel punto anche questa decina di chilometri di transizione tra un Vam e l’altro rischia di diventare impegnativa.

Infine la distanza: siamo sul filo dei 200 chilometri, 199 per la precisione.

La distanza non sarà un fattore determinante come un mondiale o certe classiche in cui si è in bici per più di sei ore. Dovrebbe uscire una corsa che va dalle quattro ore e mezza alle cinque. Vento e chiaramente qualche situazione tattica particolare, potranno essere determinanti. Speriamo di raccogliere qualcosa d’importante.