Mozzato: «Sono sempre lo stesso: pronto a lottare»

07.03.2025
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Luca Mozzato si prepara per la Campagna del Nord con nuove certezze e la consapevolezza di poter lasciare il segno. Dopo un 2024 in cui ha mostrato il suo valore nelle classiche, il corridore veneto si presenta al via della nuova stagione con un bagaglio di esperienza maggiore e un inverno di preparazione davvero corposo.

Le prime due gare al Nord lo hanno rivisto fare capolino nelle posizioni di testa e la condizione sembra essere quella giusta per affrontare gli appuntamenti chiave. Finita la sgambata di defaticamento, agli insoliti 18 gradi del Belgio, dopo la corsa di Le Samyn, dominata da Van der Poel, abbiamo sentito il corridore della Arkea-B&B Hotels per capire come sta vivendo questa fase e quali sono le sue aspettative.

Mozzato in azione quest’anno: il suo primo blocco di gare terminerà con la Roubaix (foto @gettysport)
Mozzato in azione quest’anno: il suo primo blocco di gare terminerà con la Roubaix (foto @gettysport)
Luca, partiamo da queste prime corse al Nord: come ti senti?

Abbastanza bene direi. Ho passato un buon inverno e ci siamo preparati per le classiche. Dopo l’inverno canonico tra casa e Spagna, casa e Spagna, quest’anno sono riuscito anche a fare tre settimane di altura a Sierra Nevada prima delle gare e questo spero possa essere un buon punto a mio favore. Le premesse ci sono, ora vediamo di portare a casa qualcosa di buono. Di certo sto meglio di un anno fa allo stesso periodo.

Ti senti un corridore diverso rispetto al 2024? E’ innegabile che il Mozzato post inverno 2023 sia diverso da quello attuale…

Secondo me non è cambiato tanto. Magari all’esterno può sembrare così, però in corsa non c’è una gran differenza. Per farla breve, non ci sarà nessuno che farà la corsa su di me, specie nelle grandi classiche, quindi il modo di correre e di vivere le giornate sarà simile a quello dell’anno scorso. Poi sono consapevole che qualcosa di più ci si aspetti. Io sono pronto a dare il massimo, sempre.

Chiaro…

Il podio al Fiandre sicuramente ha aggiunto qualcosa, ma io rimango lo stesso corridore. Non è che perché ho colto un’occasione l’anno scorso ora parto con proclami o con l’intenzione di spaccare il mondo. In ogni corsa parto per ottenere il massimo risultato possibile, che sia una vittoria o un piazzamento importante.

Fiandre 2024: Mozzato allo sprint con Matthews che gli varrà la piazza d’onore alle spalle di Van der Poel
Fiandre 2024: Mozzato allo sprint con Matthews che gli varrà la piazza d’onore alle spalle di Van der Poel
L’anno scorso hai ammesso di aver corso troppo nella seconda parte di stagione. «Troppa voglia di fare», ci dicesti. Ti senti più maturo ora anche in base a questi errori?

Sì, quello è un errore che spero di non ripetere. Sul momento però è difficile rendersi conto se si sta facendo bene o male. L’anno scorso ero convinto che correre tanto fosse la scelta giusta, ma abbiamo capito che serviva un approccio diverso. Quest’anno ho inserito l’altura nel mio programma e penso di essere già abbastanza rodato per questa fase della stagione.

Hai modificato qualcosa nella preparazione?

Per un corridore come me, per essere competitivo al Nord, bisogna essere il più completi possibile. Le corse sono lunghe e impegnative, bisogna andare forte sia in pianura che sugli strappi. L’obiettivo è migliorare la resistenza, mantenendo comunque un buon spunto veloce. E soprattutto la tenuta sugli sforzi brevi degli strappi: quelli di 3′, 4′ e 5’… Perché è importante non solo superarli, ma superarli bene. E per questo lo spunto veloce per uno come me resta ancora più importante. Il livello è alto e fare la differenza è sempre più difficile.

A livello di squadra, cosa è cambiato?

Albanese è andato via, però è cresciuto Vauquelin, il quale si concentrerà di più sulle Ardenne. Potrebbe essere adatto anche a qualche classica del pavé particolarmente dura, ma la sua vocazione principale rimane per le corse vallonate. Lui va molto bene nelle gare dure.

Hai ritoccato qualcosa dal punto di vista tecnico?

Ogni anno faccio un punto della situazione, soprattutto dopo l’inverno. Oggi si parla tanto di pedivelle più corte, io ho sempre corso con pedivelle da 170 millimetri, avendo le gambe corte, e continuo con questa scelta. C’è questa tendenza ad accorciarle, ma sono correnti di pensiero passeggere. Parliamoci chiaro: Pogacar va forte con le pedivelle corte, ma con il suo motore andrebbe forte anche con quelle da 175 millimetri.

Mozzato ha passato tre settimane in altura dopo le due gare spagnole d’inizio stagione
Mozzato ha passato tre settimane in altura dopo le due gare spagnole d’inizio stagione
Cosa ti renderà soddisfatto alla fine della Campagna del Nord?

Ottenere qualche risultato importante. Non posso puntare a una sola corsa, devo essere pronto a cogliere le opportunità quando si presentano. Se sarà al Fiandre tanto meglio, ma anche alla Gand, a Waregem o De Panne. Io non sono un corridore che può scegliere, puntare in modo specifico, fare proclami.

Ieri avete corso a Le Samyn con Van der Poel: che alla prima corsa ha alzato le braccia. Che effetto fa ritrovarselo subito vincente? Cosa dite e cosa pensate voi corridori?

Quando parte uno come Van der Poel sai che è lì per vincere. Uno come lui soprattutto non parte solo per mettere corse nelle gambe, ma per essere subito competitivo. Quando è iniziata la gara tutti si aspettavano l’Alpecin-Deceunink in controllo, il suo attacco… E alla fine ha avuto ragione.

Domanda “banale” allora, Luca. Se sapevate che sarebbe partito: perché nessuno ha provato a seguirlo?

La domanda è legittima, ma è come chiedersi perché nessuno segue Pogacar sulla Cipressa. Il livello generale è alto, ma ci sono 4-5 fenomeni che sono spanne sopra gli altri e VdP è uno di quelli. Quando stanno bene, sono loro a decidere la corsa. E sono tra i pochissimi che riescono a staccare gli altri. E per questo torno a dire che per uno come me è importante essere competitivo su ogni terreno e mantenere un buono sprint.

Luca Mozzato vince la Bredene Koksijde Classic, classica che quest’anno lo vedrà al via il 21 marzo
Luca Mozzato vince la Bredene Koksijde Classic, classica che quest’anno lo vedrà al via il 21 marzo
Lo osservi, lo osservate mai in gara?

Sì, gli si dà un occhio, si cerca di vedere come pedala, come si muove, di seguirlo in certi frangenti. Ma nei momenti concitati si pensa più a salvare la pelle che a studiare gli avversari. Il ritmo è altissimo e non hai tutto questo tempo per pensare ad altro.

E invece il Luca Mozzato, ragazzo, come ha passato l’inverno?

In modo tranquillo. Sono andato in vacanza con la mia ragazza per una decina di giorni, poi ho ripreso gradualmente. Qualche pedalata a novembre, ho aumentato i carichi a dicembre fino ai ritiri e alla preparazione per le classiche.

Hai già un’idea del resto della stagione?

No, per ora sono concentrato sul Nord fino alla Roubaix, poi si tireranno le somme per capire cosa fare.

Confermi: niente Sanremo?

No, e mi dispiace da italiano, ma devo essere realista. Anche se passassi la Cipressa, arriverei ai piedi del Poggio già staccato. Verrei alla Sanremo per fare trentesimo? Meglio puntare a due gare in Belgio come Denain e Bredene Koksijde (dove è campione uscente, ndr) per avere più chance di ottenere un risultato.

Dal Fiandre al Lombardia, quattro podi azzurri con Moser

06.11.2024
6 min
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Senza contare le tappe, che pure hanno il loro peso, nel 2024 l’Italia del ciclismo è salita per sole quattro volte sul podio di gare a tappe e classiche WorldTour. E’ chiaro che nessuno dimentica le vittorie di Milan, Ganna e Vendrame al Giro. Oppure i secondi posti di Frigo e Zana alla Vuelta e il terzo di Cattaneo nella crono di Madrid. Non c’è niente di facile in tutto questo, ma abbiamo concentrato la nostra attenzione su quattro risultati che ci hanno permesso di parlare con Moreno Moser di quattro corridori diversi fra loro.

Mozzato, con il secondo posto del Fiandre. Ulissi con il secondo al Tour de Pologne. Milan con il secondo ad Amburgo. Infine Ciccone, terzo al Lombardia. 

Moreno Moser, classe 1990 è stato pro’ dal 2012 al 2019 (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990 è stato pro’ dal 2012 al 2019 (foto Instagram)

Mozzato e il Fiandre

Mozzato al Fiandre è la sorpresa di primavera: pochi lo avrebbero pronosticato così forte, seppure i suoi piazzamenti sulle strade del Nord fossero in crescendo da almeno due anni. Si può arrivare secondi al Fiandre per un colpo di fortuna? Decisamente no, anche se forse quel piazzamento ha generato delle attese che il vicentino non era in grado di sopportare.

«Per arrivare in fondo a Fiandre e Roubaix – dice Moser – quando le corse iniziano a superare i 230-250 chilometri, devi avere comunque un grosso motore. Poi è ovvio che Mozzato è molto veloce, è riuscito a tenere quel gruppetto lì e a giocarsela bene in volata. Il risultato è di spessore, anche se è comprensibile che poi si chiedano conferme. Io ho fatto il corridore e so quanto è duro rimanere sul pezzo, quindi questa non è assolutamente una critica, ma solo una considerazione e una speranza. Il bel risultato fa crescere le attese. Prendiamo il Fiandre di Bettiol: quella che fu una giornata di grazia. E’ chiaro che la vittoria alzò le aspettative a livello stellare, però a livello di stipendio, di popolarità e tutto quello che ne consegue ha avuto i suoi riscontri.

«Invece il secondo posto non ti dà vantaggi altrettanto clamorosi, crea aspettative e basta. Portare Mozzato alle Olimpiadi forse era più di quello che potesse reggere, anche perché in giro c’è un livello stellare da parte di pochi atleti. Noi ci concentriamo sugli italiani, ma la verità è che tutto il mondo si ritrova a inseguire quei 4-5 corridori. Si parla tanto della Slovenia, ma Pogacar e Roglic non possono fare media. Sono casi isolati, non una statistica».

Mozzato stremato dopo l’arrivo del Fiandre: il vicentino è stato il primo dopo Van der Poel
Mozzato stremato dopo l’arrivo del Fiandre: il vicentino è stato il primo dopo Van der Poel

Ulissi e il Polonia

Ulissi secondo al Tour de Pologne, battuto solo da Jonas Vingegaard, uscito forte dal Tour. Sbaglia chi pensa che il danese in Francia fosse sotto tono: aveva espresso valori altissimi e in Polonia è arrivato con la voglia di vincere.

«Secondo me Ulissi è un corridore pazzesco – comincia Moser – non paragonabile a un livello Pogacar, però come uomo squadra e corridore che può raccogliere risultati in grandi gare, è un elemento che farebbe comodo in qualsiasi squadra. Non so quanti altri anni correrà, però di certo è un signor professionista e lo aveva già fatto vedere all’inizio di stagione. Dopo la sua scalata a Prati di Tivo al Giro d’Abruzzo, scrissero che aveva fatto i migliori dati di sempre. Quelle cose lì non te le inventi, significano che vai forte. Ammiro Diego per il fatto che è riuscito a stare al passo con il cambio di generazione e l’aumento delle prestazioni. Si pensa che i giovani abbiano un motore più grande dei vecchi, in realtà lui è la dimostrazione della capacità di adattamento nella preparazione.

«Trovo sempre interessante guardare quelli che hanno corso ai miei tempi, guardando i watt medi delle gare. Mi rendo conto che eravamo tutti molto più bassi. Lo stesso Froome con i valori dei Tour vinti, oggi sarebbe ventesimo. Invece Diego è rimasto in alto. Poi magari non ha cercato fortuna altrove per una scelta di vita. Una squadra come la UAE sicuramente ti dà delle certezze anche a livello economico e delle buone prospettive. Andare via da giovani è un salto nel vuoto, perché se fai un paio di stagioni storte, rischi di finire la carriera».

Il podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman (terzo), il vincitore Vingegaard e Ulissi
Il podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman (terzo), il vincitore Vingegaard e Ulissi

Milan ad Amburgo

Milan ha vinto undici corse e si è messo al petto svariate medaglie in pista, eppure ad Amburgo (e prima agli europei) ha perso il filo della volata e ha lasciato la vittoria a Olaf Kooij, lo stesso che lo aveva battuto in modo identico a Napoli, nella nona tappa del Giro d’Italia.

«Jonathan è un altro che viaggia con grandissime attese – dice Moser – e dovrebbe sentirsi fortunato per questo. Secondo me si merita tutte le vittorie che sta ottenendo e io sinceramente lo considero il velocista più forte al mondo. L’anno prossimo dovrebbe fare il Tour, mi sembra. Al Giro quest’anno ha vinto tre tappe, ma credo che se fosse andato in Francia ne avrebbe portate a casa un paio. Quindi aspettiamo questo grande passo, ma penso che sia un corridore veramente di una classe immensa e sarebbe quasi sprecato vederlo solo in volata. E non penso che il fatto di puntare alle classiche vada considerata una scelta che esclude le volate, semplicemente è un fatto di programmi. Come per Philipsen e Kristoff prima di lui. Non è che si si allena per vincere il Fiandre, poi perde in volata.

«L’Ho visto muoversi bene in gruppo, abbastanza cattivo, forse a volte un po’ troppo agitato, Non ha paura, ma la mia sensazione è che a volte la sua grande potenza, la resistenza e la confidenza nei suoi mezzi lo mettano nella situazione di prendere un po’ troppa aria. A volte è un problema di quelli forti, che piuttosto di rimanere chiusi, spendono troppo e alla fine la pagano. Invece Cavendish, consapevole che la sua forza non sia essere più resistente degli altri, rischia a restare coperto perché sa che se esce troppo presto, lo battono. Quindi per assurdo, io credo che a volte Milan si senta tanto forte, si scopra troppo presto e paghi il conto in termini di spesa energetica. Per questo chi gli esce dalla scia può batterlo, come ha fatto Kooij».

Ad Amburgo, come pure a Napoli al Giro, Kooij rimonta e brucia Milan
Ad Amburgo, come pure a Napoli al Giro, Kooij rimonta e brucia Milan

Ciccone al Lombardia

Si chiude con Ciccone (foto di apertura), cuore abruzzese arrivato al Lombardia con addosso la delusione del mondiale e costretto ad arrendersi allo strapotere di Pogacar ed Evenepoel. I suoi numeri in salita sono stati rimarchevoli, ma in certi giorni non si può correre per vincere: è la strada a vietarlo.

«Ha fatto un Lombardia notevole – conferma Moser – non ho alcun dubbio che sia un grandissimo corridore. Ha tanta cattiveria e tanta classe, non so se a volte gli manca un po’ di costanza, ma certo arrivare al livello di quelli lì gli costa tanto. Non è tanto lui che manca, ma il fatto che in questo momento si corra per il secondo posto, che diventa quasi una semi-vittoria. Ovviamente noi vediamo la TV da spettatori, come guardare una serie TV, però le squadre non la guardano con i nostri stessi occhi. E se per noi il secondo posto è una sconfitta, per un corridore arrivare secondo dietro Tadej vuol dire diventare l’oggetto del desiderio delle squadre che non potranno mai avere Pogacar. Tu sei uno di quelli che gli è arrivato più vicino, quindi il tuo valore cresce esponenzialmente.

«Però c’è anche un altro tema che ho letto in un’intervista a Gianni Bugno e cioè che le squadre potrebbero anche stancarsi di raccogliere le briciole. Se accendi la televisione e Pogacar è già fuori, forse la corsa diventa meno interessante. Al netto di questo però, è sempre meglio avere un campione fortissimo che fa innamorare i ragazzini, piuttosto che non averlo».

Mozzato: annata dal doppio volto. L’analisi del veneto

05.11.2024
5 min
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Luca Mozzato è stato uno dei nostri portacolori alle Olimpiadi di Parigi, un bel traguardo per il corridore dell’Arkea-B&B Hotels, che dopo il podio al Fiandre era, ed è, entrato ufficialmente tra i grandi del ciclismo italiano. Tuttavia, proprio dopo i Giochi era lecito attendersi qualcosa di più da lui. Ma non sempre le cose vanno secondo programma.

In questi giorni Mozzato è alle prese con un trasloco. Tra scatoloni, immancabili scorribande da Ikea e mobili da spostare, ci ha raccontato come è andata e, in parte, come andrà la prossima stagione.

Per Mozzato una grande stagione fino a primavera
Per Mozzato una grande stagione fino a primavera
Insomma Luca, se dovessi tracciare un bilancio di questo tuo 2024 ciclistico cosa diresti?

Una stagione dai due volti. Quindi un bilancio molto positivo nella prima parte, fino alle classiche. E dire che non era iniziata benissimo, ma laddove avevamo segnato il cerchio rosso ci sono arrivato bene. L’idea era di andare forte tra marzo e aprile. Poi, anche in virtù del mio modo di correre, non avevo fatto molto. Non sono un tipo che può andare in fuga da solo. Magari cerco di restare nel primo gruppo e poi, a seconda di come va la corsa, cerco di cogliere l’occasione, forte anche del mio spunto veloce.

Chiaro…

Quel che mi è piaciuto è stata la crescita costante che ho avuto in quel periodo. Una crescita che è stata suggellata dal podio al Giro delle Fiandre. Io poi sono sempre stato parecchio legato al risultato. Non sono di quelli che si accontentano di andare forte. Magari preferisco soffrire tutta la gara, restare davanti con uno sforzo grande ma poi cogliere un risultato, piuttosto che stare bene in gara e poi restare con un pugno di mosche in mano.

Dopo le classiche del Nord hai staccato. E ti sei preparato per il Tour e le Olimpiadi. E da qui in poi ti abbiamo visto meno…

Esatto. È stata un’estate impegnativa. Io per primo mi aspettavo di essere più presente e cogliere qualcosa in più. E me lo aspettavo non tanto al Tour, dove ero consapevole che per me sarebbe stato difficile ottenere un risultato, ma per il dopo Tour. Fare la Grande Boucle quest’anno per me era importante, con la partenza dall’Italia e, appunto, le Olimpiadi subito dopo.

Perché era difficile fare di più?

Perché la mia presenza era per stare vicino a Demare e perché dovevo svolgere un certo lavoro in vista delle Olimpiadi. Ma in generale ho fatto più fatica di quel che mi aspettavo. Ho sofferto di più rispetto agli anni precedenti, specie nella terza settimana. Le altre volte, da quella, seppur stanco, ne uscivo con una bella gamba, in crescita. Stavolta invece non è andata così. Un giorno avevo sensazioni positive e un giorno negative. Non è stata una bella situazione.

Dal Tour in poi le cose non sono andate benissimo, ma il veneto non ha mai mollato e forse questo suo troppo insistere è stato l’errore chiave
Dal Tour in poi le cose non sono andate benissimo, ma il veneto non ha mai mollato e forse questo suo troppo insistere è stato l’errore chiave
E questo aspetto ha avuto ripercussioni sulle Olimpiadi?

Sulle Olimpiadi ma anche sul resto: la gamba non era piena e il morale non era alto. Chiaro che a Parigi si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio, ma non era facile. Poi io sono uno che ha bisogno di correre per dimostrare quel che ha fatto, quanto ha lavorato. E questa cosa mi ha fatto più danni che bene.

Troppa voglia di fare, ma spiegaci meglio…

Per esempio, dopo Parigi, mi sono impuntato con la squadra per fare il Limousin, gara nella quale in passato ero andato bene. Invece ero a corto di fiato e quella corsa, a conti fatti, è stata la mazzata finale. Sono stato come nella terza settimana del Tour: un giorno mi svegliavo bene e l’altro male. Giusto nel finale di stagione mi sono un po’ ripreso. E infatti la miglior corsa, per sensazioni avute, è stata la Parigi-Tours, l’ultima gara dell’anno. Questo per dire che alla fine non ho mai mollato e ho cercato fino alla fine di fare bene, di riprendermi.

Quali insegnamenti hai dunque ottenuto da questa stagione?

Innanzitutto che non devo esagerare. Che non sono Superman: se non sono al meglio, devo recuperare un po’. E poi che forse devo ascoltare un po’ di più chi mi sta vicino. Penso proprio al Limousin: dovevo ascoltare la squadra che invece mi consigliava di rifiatare in vista del finale di stagione.

Che poi la questione è proprio questa, Luca: davvero ti si è visto poco, specie in relazione a quanto mostrato in primavera…

Sì, sì e ne sono consapevole. Quello solitamente è un periodo buono per me: nelle corse di secondo livello di fine stagione ci sono sempre stato. Stavolta invece ho fatto fatica.

Mozzato si appresta ad affrontare la terza stagione in questo team
Mozzato si appresta ad affrontare la terza stagione in questo team
Complimenti per l’onestà! E invece in squadra come vanno le cose?

Per ora sembra tutto bene. Non navighiamo nell’oro ma tutto procede come gli altri anni. Faremo tre giorni in Bretagna a fine mese con sponsor e fan, poi a dicembre e a gennaio andremo in Spagna per i ritiri, dove prepareremo la stagione cercando di difendere il posto nel WorldTour.

Conosci già il tuo calendario?

Non di preciso, ma più o meno è il solito. Quindi già so che la mia prima parte di stagione si concluderà con la Parigi-Roubaix. Poi non so le corse specifiche, ma più o meno è quello. Da lì in poi, invece, si vedrà.

Ti piacerebbe fare il Giro d’Italia?

Da italiano assolutamente sì, specie perché il Giro non l’ho mai fatto. Tra l’altro, si vocifera ci sia una tappa con arrivo a Vicenza, la mia città.

Dov’erano gli azzurri? Ritorno a Parigi con il cittì Bennati

14.08.2024
7 min
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Parigi è un boccone che piano piano è andato giù. Bennati lo ha masticato a fatica, ripassando le scelte, le parole, gli impegni e la gara. E poi, dovendo partire alla svelta per un sopralluogo sul percorso degli europei, ha voltato la pagina. E’ innegabile che la corsa su strada degli azzurri alle Olimpiadi sia stata un buco nell’acqua, in cui la figura migliore l’ha fatta colui che meno c’entrava. Con quella fuga, Viviani se non altro ha mostrato al mondo che a Parigi c’era anche l’Italia.

Se avesse potuto aspettare la fine del Tour, Bennati avrebbe portato corridori in palla come Moscon?
Se avesse potuto aspettare la fine del Tour, Bennati avrebbe portato corridori in palla come Moscon?

Prestazione opaca

Il fatto che corressimo in tre discende direttamente dai risultati e i nostri (pochi) risultati nelle classiche hanno indicato i nomi di Bettiol e Mozzato. Se anche avessimo corso in cinque, probabilmente il risultato non sarebbe stato migliore. Ma altrettanto probabilmente, se si fosse potuta dare la squadra dopo il Tour, ci sarebbe stato margine per altre valutazioni. La tagliola del 5 luglio ha impedito di fare diversamente.

«I ragazzi stavano bene – spiega Daniele – apparentemente le cose andavano per il verso giusto. Poi la gara è andata come è andata, è inutile girarci attorno e io mi devo prendere la responsabilità, anche se rifarei le stesse scelte. Non parlo del piazzamento, ma della prestazione al di sotto delle nostre possibilità. Ho sempre detto che, a parte Evenepoel che in questo momento sarebbe sbagliato guardare, non vedo fenomeni nell’ordine di arrivo dal secondo al decimo. Dovevamo fare assolutamente meglio a livello di prestazione. Nei due mondiali che ho fatto, sia in Australia sia a Glasgow, sono sempre tornato a casa col sorriso, perché abbiamo fatto molto bene dal punto di vista della prestazione. In qualche modo abbiamo fatto divertire gli appassionati, cosa che in queste Olimpiadi non è successa».

Fino all’inizio dell’ultimo giro, Bettiol era nel gruppo alle spalle di Evenepoel e Madouas
Fino all’inizio dell’ultimo giro, Bettiol era nel gruppo alle spalle di Evenepoel e Madouas

L’avvicinamento non è stato semplice. A causa del calendario varato dal CIO con il benestare dell’UCI, non si sono potuti coinvolgere Ganna né Milan nella prova su strada. Poi, per le nuove quote della pista, il solo modo perché potesse correre l’omnium e poi la madison era che Viviani venisse convocato per la gara su strada. La decisione è stata presa e non avrebbe avuto senso mettersi di traverso.

Partiamo proprio da Elia.

Come ho detto fin dall’inizio, essendo il responsabile del settore strada professionisti, sul momento non ci sono rimasto bene. Però poi, ragionando a mente fredda, ho capito che fosse una cosa necessaria. E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che in questo momento su strada facciamo più fatica che in pista. Va dato atto che siamo una delle Nazioni di riferimento nella pista e nelle crono, per cui si è scelto di dare la possibilità a Elia di fare le sue specialità. A un corridore come lui, bisogna stendere tutti il tappeto rosso per quello che è riuscito a dare in termini di visibilità. La pista è riuscita ad arrivare a questi livelli soprattutto grazie a lui che ci ha sempre creduto e ovviamente anche a Marco Villa.

E alla fine la mossa è stata azzeccata, vista la medaglia d’argento.

Sulle sue potenzialità e la possibilità di fare risultato non ho mai avuto dubbi. Sapevo però che Elia non avrebbe fatto un calendario mirato per la prova su strada, perché con la squadra non stava facendo l’attività più consona. Ovviamente qualcuno che sognava quel posto può esserci rimasto male. Penso che qualsiasi atleta abbia l’obiettivo e il sogno di partecipare a un’Olimpiade, ma non tutti alla fine riescono ad andarci.

Si sapeva da tempo che avreste corso in tre.

Ho iniziato a parlare di Parigi da dicembre del 2023 e una decina di atleti ha effettuato le visite a Roma. Ho indicato i più adatti a quel percorso, senza conoscere le dinamiche che si sarebbero create. Poi, a inizio stagione, ho detto a tutti che nessuno avrebbe avuto in mano la certezza di essere convocato, ma speravo che mi mettessero in difficoltà con i loro risultati di inizio stagione, delle classiche e del Giro. Nel caso specifico, Bettiol fino al Tour ha fatto una stagione molto significativa, con una continuità importante. E’ andato forte alla Sanremo e anche al Fiandre, dove è stato riassorbito nel finale. E proprio al Fiandre è arrivato con Mozzato il solo podio italiano in una gara monumento del 2024. Per cui la scelta è caduta su loro due. Avevano raggiunto risultati importanti e credo che un’Olimpiade si possa conquistare anche e soprattutto attraverso i risultati.

Hai dovuto dare i nomi il 5 luglio.

Credo l’ultima Nazione sia stata la Francia, che li ha dati l’8 di luglio. Poi ovviamente ti devi affidare alla buona sorte e alla parola dei corridori, che si impegnano ad arrivare pronti all’appuntamento. Ci siamo sentiti. Abbiamo parlato con i loro preparatori. Hanno avuto la massima fiducia. La crono ci aveva mostrato un Bettiol in ripresa. Dopo aver vinto l’italiano è andato al Tour, ha fatto una settimana discreta e poi si è ritirato per preparare la cronometro. Semmai, se qualcuno avesse sentito di non essere al meglio, avrebbe potuto fare un passo indietro. Ma erano entrambi certi di stare bene.

Come è stato il tuo approccio con Viviani?

Ci siamo sentiti spesso. Il suo ruolo era determinante e devo dire che ha confermato la sua professionalità. Il fatto che sia entrato in quell’azione è stata una decisione presa al momento da lui stesso, perché non c’erano le radio. L’obiettivo era che arrivasse a Parigi per dare il supporto agli altri due, poi ha deciso di inserirsi in questa azione che alla fine è risultata positiva per lui e anche per noi.

La fuga di Viviani è stata una sua iniziativa che ha tenuto gli altri due azzurri al coperto
La fuga di Viviani è stata una sua iniziativa che ha tenuto gli altri due azzurri al coperto
Come è stato veder scorrere via un’Olimpiade senza poterci mettere mano?

Purtroppo correre senza radio è molto limitante. E’ frustrante non avere la possibilità di fare nulla. Quando sei in macchina, non hai contatto diretto con gli atleti. Quindi stai lì, guardi la corsa nel tablet e ascolti radio corsa, ma a a livello tattico non puoi fare quasi nulla. Ovviamente diventa più semplice per il mio collega belga, che ha un corridore come Evenepoel che stacca tutti (sorride, ndr).

Non sei riuscito ad avere alcun tipo di contatto con Bettiol e Mozzato?

Li abbiamo visti un paio di volte. Sono venuti alla macchina per prendere acqua e Alberto all’ultimo giro non era fuori corsa. C’erano ancora Evenepoel e Madouas e dietro era ancora tutto in gioco. Però quando è venuto alla macchina, obiettivamente non era l’Alberto dei giorni migliori. Quindi ho capito che la faccenda si faceva abbastanza complicata. Ovviamente Luca a quel punto era già più dietro.

Si è detto che con 89 corridori e 272 chilometri sarebbe venuta una corsa pazza, invece è stata molto più lineare.

E’ vero, però analizzandola bene, al 180° chilometro prima di entrare a Parigi, c’era il terreno per attaccare. Un po’ di azioni ci sono state e pensavamo che si potesse fare più differenza. Il Belgio ha provato a muovere la corsa già da lì, anche Van der Poel scalpitava, però era anche ancora lungo arrivare a Parigi. Poi Van Aert ha corso solo ed esclusivamente su Van der Poel e, così facendo, ha aperto una grande possibilità per Remco.

Sei riuscito a parlare con i corridori dopo la corsa, almeno per quello che si può dire?

Dopo la corsa non ci siamo detti nulla, ma la sera dopo cena ho voluto parlare con loro. Gli ho detto che non potevamo tornare a casa soddisfatti, tutt’altro. Mi hanno detto di aver fatto il massimo e io ci credo. Non penso che si siano tirati indietro perché non avessero voglia di far fatica. È stata una giornata negativa dal punto di vista prestazionale e sicuramente si sono ritrovati con poche energie o con energie non sufficienti per fare una gara più dignitosa. Tanto altro da dire al momento non c’è. Voglio che andiamo agli europei e al mondiale con la voglia di riprenderci il nostro posto. E se ci saranno altre cose da dire, le tirerò fuori con loro a fine stagione. Per adesso va bene così.

Mozzato a testa alta, per convinzione e per orgoglio

03.08.2024
4 min
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VERSAILLES (FRANCIA) – La sua convocazione ha fatto discutere. D’altra parte, se i posti sono solo tre, è abbastanza facile immaginare che ciò possa accadere. Chi ha storto la bocca lo ha fatto per via di un Tour de France anonimo. Ma Luca Mozzato ha tutte le caratteristiche per potersi rendere utile, se non addirittura per essere protagonista, in una gara in linea come quella che si presenta a Parigi con in palio l’oro olimpico (in apertura, un’immagine Instagram lo ritrae con la sua nuova Bianchi Oltre).

Lo ha dimostrato al Giro delle Fiandre, arrivando dietro Mathieu Van der Poel. Lui è sereno e pronto a giocarsi le sue carte. «Sto bene, sono pronto – dice con sicurezza – ho fatto un buon avvicinamento. Sono consapevole che al Tour de France non sono stato presente come avrei dovuto, ma è anche vero che dovevo non prendere rischi per non arrivare cotto a questo appuntamento. Sono fiducioso, emozionato e proverò a far bene».

I ragazzi di Bennati (sulla destra): Alberto Bettiol, Luca Mozzato, Elia Viviani
I ragazzi di Bennati (sulla destra): Alberto Bettiol, Luca Mozzato, Elia Viviani
Sarà una corsa diversa dalle altre.

Sarà strano essere in tre. Noi professionisti siamo abituati ad avere corse gestite dalle grandi squadre dal primo chilometro fino alla linea del traguardo. Trovarsi in tre o in quattro, per le squadre più numerose, senza radio, sarà una incognita per tutti. Dipenderà naturalmente da come vorranno correre le grandi squadre. Se tutti vorranno mettere qualcuno davanti, potrà venire fuori una corsa pazza. Se invece qualcuno la prenderà in mano nelle prime ore avremo la parvenza di una corsa classica, ma non sarà facile.

Che tipo di gara ti aspetti?

Vedremo come sarà in corsa. E’ strano, è diverso. E’ una incognita un po’ per tutti. Di sicuro sappiamo che ci sono alcuni corridori che possono attaccare quando vogliono. Sono pochi, ma sono loro: Evenepoel, Pedersen, Van Aert e Van der Poel. I favoriti sono loro e faranno una corsa diversa dagli altri. Credo che la loro intenzione sia di isolarsi il più possibile, il prima possibile. E poi giocarsi le rispettive carte tra di loro. Per tutti gli altri sarà una incognita e bisognerà vedere che situazioni si presenteranno. E quindi magari entrare nel loro gioco tattico e romperlo.

A Parigi anche i meccanici Campanella (a destra) e Foccoli: rispettivamente Lidl-Trek e Ineos
A Parigi anche i meccanici Campanella (a destra) e Foccoli: rispettivamente Lidl-Trek e Ineos
Una lotta tra loro quattro potrebbe creare spazi all’improvviso per altri?

Quella è la speranza. Ultimamente il trend non è tanto quello di controllarsi tra loro, anzi, spesso collaborano per rimanere da soli. Ma noi dobbiamo cercare una situazione favorevole per giocarci le nostre carte per una medaglia e, perché no, per vincere. Siamo qui per provarci, altrimenti saremo rimasti a casa.

Che cosa ne pensi del percorso?

Mi piace. E’ adatto alle mie caratteristiche. Non è molto duro. Se fosse una corsa normale, con tanti partenti e squadre organizzate, si parlerebbe di volata quasi sicura e di un gruppo nutrito. Così invece c’è un livello alto e un gruppo non numeroso. Sarà quindi una corsa più tattica. Bisognerà entrare nelle azioni nel momento giusto, perché siamo in pochi e quindi non si possono sprecare energie inutilmente battezzando azioni che non sono buone. Sarebbe come mettersi una palla al piede.

Nel pomeriggio di ieri, l’hotel della nazionale ha aperto le porte ai media. Qui Mozzato (di spalle) con Francesco Pancani
Nel pomeriggio di ieri, l’hotel della nazionale ha aperto le porte ai media. Qui Mozzato (di spalle) con Francesco Pancani
Quale sarà il tuo ruolo?

Sentiremo Daniele che cosa ne pensa. Non abbiamo ancora fatto la riunione tecnica (l’intervista è stata realizzata ieri prima di cena, ndr). Siamo tutti d’accordo sul fatto che il nostro leader è Alberto e lavoreremo per lui. Elia ed io dovremo essere bravi a interpretare la corsa e a sfruttare le occasioni che ci capiteranno.

Non è un Grande Giro, non è una classica monumento, non è un mondiale. E’ l’Olimpiade. Senti qualcosa di diverso?

Per uno sportivo l’Olimpiade è una cosa diversa, è vero. Per il ciclismo è particolare rispetto ad altri sport, ma è una situazione che trascende da tutto. Siamo circondati da atleti di ogni sport, si respira la competizione vera da qualche settimana. Ogni giorno guardiamo i risultati di tutti gli altri ragazzi, tifiamo per gli italiani, apprezziamo gli stranieri. Si sente, si respira. E’ speciale. E’ bello esserci. E’ una cosa che ti spinge a dare il meglio di te stesso. E io questo chiedo a me stesso, questo mi chiedono i compagni di squadra e il commissario tecnico. Sono pronto, ho fiducia, vediamo come andrà.

Mozzato al Tour, gregario di Demare con la testa a Parigi

18.07.2024
4 min
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SAINT PAUL TROIS CHATEAUX (Francia) – Dove sia finito Luca Mozzato se lo chiedono un po’ tutti. Il vicentino della Arkea-B&B in effetti sta correndo un Tour nell’ombra. In realtà era prevedibile che fosse così, dovendo lavorare per Demare. Ma quando sei al via con soli otto italiani, ti piacerebbe che ogni tanto alzassero la mano. Ma non è sempre così. Mozzato sta lavorando per il suo capitano e per un obiettivo superiore: le Olimpiadi. Lo stesso, con le debite proporzioni, sta facendo Mathieu Van der Poel. Anche lui tira per un compagno velocista: la differenza è che Philipsen vince, Demare non più.

In ogni caso quando sei al Tour, il modo migliore per sapere dove sia Luca Mozzato è andare a cercarlo. E nessun momento è migliore del tempo tra la firma di partenza e il via effettivo della tappa. Perciò ieri lo abbiamo trascinato giù dal pullman per farci raccontare il suo momento e quello che verrà (in apertura, Mozzato è con Davide Ballerini).

Con Bennati nelle tappe italiane del Tour: Mozzato si sente di frequente con il cittì
Con Bennati nelle tappe italiane del Tour: Mozzato si sente di frequente con il cittì
Vai alle Olimpiadi. E’ il sogno di ogni sportivo di qualunque disciplina: che effetto fa?

Sicuramente penso sia una delle convocazioni più importanti che uno sportivo possa ricevere. Rappresentare il proprio Paese alle Olimpiadi sarà sicuramente un onore. E’ una cosa cui mi fermo a pensare ogni giorno, anche se comunque siamo lontani dall’appuntamento. E’ un’occasione che arriva una volta ogni quattro anni, io sono stato fortunato che il percorso si adatti a me. Ho fatto una bella prima parte di stagione e quindi insomma vado all’Olimpiadi con l’idea di far bene.

Come hai reagito quando Bennati te l’ha detto?

Diciamo che forse a inizio stagione era un sogno. Un po’ ci pensavo, soprattutto per come è fatto il percorso. Comunque di corridori ce ne sono tanti, per cui era qualcosa di lontano. Poi le classiche sono andate bene, tanto bene. E lì è cominciato a diventare una cosa un po’ più reale. Ho cominciato a respirare la sensazione che ci potesse essere effettivamente una possibilità per andare. Le cose si facevano sempre più serie e quando Bennati mi ha detto che mi avrebbe portato, è stata una gioia incredibile.

Il Tour potrebbe essere la miglior preparazione, non a caso Van Der Poel è qua e nessuno l’ha visto, ad eccezione di due volate e una fuga…

Secondo me nella scelta ha giocato un po’ anche il fatto che venissi qua. La gamba che ti dà una corsa di tre settimane a queste velocità, a questi ritmi, penso che nessuna preparazione sia in grado di poterla eguagliare. L’idea, soprattutto quando la squadra mi ha detto che venivo qua con l’unico obiettivo di essere in appoggio ad Arnaud, era quella di essere utile alla squadra e di costruire la condizione. Poi è ovvio che non si parta al Tour con l’idea di preparare un’altra corsa, perché ovviamente il Tour è il Tour. Però c’è sempre un occhio di riguardo a quello che viene dopo. Si cerca di non sprecare troppo e la cosa più importante, adesso che le tappe adatte a me sono finite, è quella di uscire bene. Quindi non troppo stanco e magari in crescita.

La tappa degli sterrati a Troyes è stata l’occasione per fuorigiri importanti
La tappa degli sterrati a Troyes è stata l’occasione per fuorigiri importanti
Come dire che in questi giorni sulle Alpi si andrà avanti guardando il contagiri?

Già in un’edizione… normale del Tour si è sempre a centellinarle le forze, perché comunque è lungo e duro e quest’anno ancora di più. Quindi se si può andare un minuto o due minuti più piano per salvare qualche forza, lo si fa volentieri.

Finisce il Tour e poi cosa farai?

Sicuramente ci sarà un po’ di recupero, perché comunque per quanto tranquillo si possa prendere, il Tour è sempre duro. Poi a seconda delle sensazioni, si comincerà un po’ a lavorare. Penso qualche lungo, un po’ di intensità, soprattutto perché uscendo da una corsa così dura, non servirà arrivare troppo “riposati”. Avendo l’abitudine a stare ogni giorno con la fatica nelle gambe, c’è il rischio che magari arrivare troppo rilassati sia controproducente. E poi che dire? E poi si andrà a Parigi…

Terzo uomo, il dilemma di Bennati: la decisione in settimana

25.06.2024
4 min
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Una mezz’ora prima che il campionato italiano partisse, il cittì Bennati è salito sul camper della famiglia Viviani, su cui si stavano preparando Elia, Ganna, Puccio e Moscon, in qualità di ospite. Non si sa cosa abbia detto, ha chiesto a Cioni il permesso di salire, poi si è chiuso la porta alle spalle. Il momento delle convocazioni olimpiche sta arrivando, probabilmente aveva qualche altro puntino da collegare.

Pogacar e i suoi 9.663 punti sono irraggiungibili, ma scorrendo il dito verso il basso nella classifica UCI, il primo italiano è Jonathan Milan a quota 1.941 e subito dopo arriva Ganna, con 1.749. Loro due Bennati non può convocarli per le Olimpiadi, perché faranno soltanto la pista, cui Ganna aggiungerà la crono. Il terzo italiano della classifica mondiale è Luca Mozzato, 1.722 punti, poi c’è Bettiol a 1.551,7. Se le convocazioni si facessero con il ranking dell’UCI e considerato che Viviani correrà su strada per scelta FCI e per gareggiare nell’omnium, Bennati potrebbe trovarsi con gli altri due nomi già serviti in tavola. Se fosse tutto così semplice, non ci sarebbe bisogno neppure di un commissario tecnico. Ed è per questo che domenica, dopo aver seguito la corsa tricolore dalla moto, il cittì aretino era cogitabondo. La vittoria di Bettiol è stata una grandissima conferma, ma il nome del fiorentino era già scolpito nella pietra.

«Ovviamente il risultato fa sempre piacere – diceva Bennati – a lui in primis. Ma per come ha gestito questo inizio di stagione, il risultato del campionato italiano non era determinante. Poi c’è tutto un Tour davanti, quindi Parigi sembra che sia lì, però la strada è ancora abbastanza lunga».

Bennati ha seguito il tricolore sulla moto anche nei primi chilometri, sotto la pioggia
Bennati ha seguito il tricolore sulla moto anche nei primi chilometri, sotto la pioggia

La corsa sulla moto

I campionati italiani non sarebbero stati utili per definire la posizione di Bettiol, ma forse qualcun altro avrebbe potuto convincere Bennati a tenere aperta la porta. Il giorno delle convocazioni sarà il 5 luglio, quando a Roma ciascun cittì snocciolerà i nomi degli azzurri che porterà ai Giochi. Eppure, parlando da osservatori esterni e poco competenti, la gara di Sesto Fiorentino non ha rivelato identità aggiuntive.

«Se dovessi guardare le indicazioni in vista delle Olimpiadi – spiegava – il percorso del tricolore non assomigliava nemmeno un po’ a quello di Parigi. Alberto (Bettiol, ndr) è un corridore più polivalente rispetto a Mozzato, che comunque su un percorso come questo di Sesto Fiorentino, farebbe tanta fatica anche con la condizione del Fiandre. Una conferma poteva venire da Trentin, che comunque è andato forte, Bagioli invece non l’ho mai visto. Vendrame è andato bene, è stato sempre in corsa. I Bardiani sono sempre stati molto presenti, Zoccarato ha fatto una grande corsa e Fiorelli nel finale era lì. Sono i soliti uomini da campionato italiano. E poi c’è Rota…».

Il terzo secondo posto consecutivo rischia di essere fastidioso…

Arriva sempre secondo, però è un corridore che ci crede sempre. Purtroppo non possiamo considerarlo vincente, però è presente. Non ha paura di attaccare da lontano, è un corridore così. Con me ha fatto entrambi i mondiali, quindi è un corridore che può essere determinante all’interno di una squadra. Lorenzo ha la capacità di aprire la corsa da lontano, è un corridore moderno.

Per scegliere il fantomatico terzo uomo aspetti un lampo dal Tour, oppure hai già il nome in testa?

Ce l’ho già, però adesso voglio prendermi 3-4 giorni per fare mente locale su tutto. Penso che non potrò nemmeno aspettare la prima settimana del Tour, perché il 5 luglio dobbiamo dare i nomi. Potrei guardare le prime tappe, ma vorrebbe dire poco. L’idea a questo punto è di scegliere il terzo in questa settimana.

L’appuntamento è per il 5 luglio alle 11 nella Sala Giunta del CONI. Alla presenza di Malagò, Pancalli e Dagnoni, presidenti rispettivamente del Comitato Olimpico, di quello Paralimpico e della Federciclismo, saranno annunciati i nomi degli azzurri che partiranno per Parigi. La maglia tricolore è stata presentata a Napoli durante il Giro d’Italia, non resta che conoscere i nomi degli atleti che la vestiranno.

Caro Gualdi, ci racconti come si vincono le Olimpiadi in tre?

29.05.2024
5 min
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L’ultima volta che l’Italia vinse le Olimpiadi correndo con tre atleti, come accadrà a Parigi il 3 agosto prossimo, era il 1992. Un altro ciclismo, tanto che la corsa a cinque cerchi era campo di battaglia dei dilettanti. Gli azzurri, in corsa a Barcellona con Rebellin, Casartelli e Gualdi conquistarono l’oro con Casartelli (foto di apertura). Una gara di 194 chilometri disputata in tre e per questo dall’andamento particolare. Insieme a Mirko Gualdi ragioniamo di tattiche e di come si possa affrontare una corsa di quel calibro con soli tre atleti a disposizione. 

«Giosuè Zenoni, il cittì di quella nazionale – racconta Gualdi – aveva un acume tattico incredibile. I giorni prima degli appuntamenti importanti parlava con ognuno di noi e disponeva una tattica singola. Poi ragionava e metteva insieme tutto, creando una tattica di squadra. Ad esempio in un mondiale, lungo 14 giri, avevamo deciso che Caruso e io ci saremmo mossi nei giri pari per entrare in qualche fuga. Lo stesso avrebbero fatto Manzoni e Nicoletti nei giri dispari. Tarocco, invece, sarebbe entrato in azione nel finale e Baldato sarebbe stato coperto per aspettare la volata».

Però si correva in più di tre, l’Olimpiade com’è stata gestita?

La tattica è diventata di essere presenti nelle fughe, quelle con più di quattro corridori. C’erano Nazioni da “marcare” come Francia, Germania, Spagna e Belgio. Se un atleta di queste squadre fosse entrato nella fuga anche noi ci saremmo dovuti muovere. 

Anticipare insomma.

Pensare di organizzare un inseguimento in tre è impensabile. A Barcellona ci fu un primo attacco che andò via, poi un secondo nel quale entrai io. In un momento successivo rientrò un altro gruppo nel quale era presente Casartelli, che poi vinse. Io parlai con Zenoni prima della corsa e gli dissi che avrei preferito anticipare, perché ero convinto che si spendesse meno davanti piuttosto che dietro. 

Anche perché diventa una corsa a sfinimento…

Zenoni ebbe una bella idea. Le ultime gare di selezione prima delle Olimpiadi ci chiese di correre senza il supporto della squadra. Io andai a delle gare con la maglia della Zalf e tre compagni giovani che però non erano in grado di darmi un supporto in corsa. Zenoni voleva capire il nostro acume tattico e la capacità di battagliare da soli. Infatti dalla spedizione a cinque cerchi furono esclusi corridori più forti di me, ma che avevano corso con l’appoggio della squadra. 

Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Viviani, quasi certamente sarà uno dei tre stradisti di Parigi, sarà l’arma da giocare in volata o sarà di supporto?
Servono corridori intelligenti tatticamente.

Sì e anche bravi nel correre davanti, non di rincorsa, gente che sa stare in testa al gruppo. Provare a fare azioni di rientro, in tre, è impossibile, ci si brucia un compagno subito. 

Per questo dicevi che correre davanti diventa meno dispendioso?

Anticipare, soprattutto in un percorso come quello di Parigi con uno strappo abbastanza duro nel circuito, permette di fare una gara regolare. Mentre chi resta dietro vive di fiammate oppure si trova ad andare a ritmi folli fin dai primi passaggi. Non so l’Italia chi potrà portare, io Ganna lo avrei visto bene. 

Lui e Milan sono esclusi di partenza, visto che saranno impegnati con il quartetto pochi giorni dopo la corsa su strada.

Gli incastri saranno difficili, come sempre. Ganna diventa una perdita importante, mentre Milan non mi sembra il corridore adatto a queste corse. E’ forte, ma vincolante, deve avere una squadra che gli dà supporto, in tre non può accadere una cosa del genere. A lui preferirei Mozzato

Perché?

Intanto al Fiandre ha dimostrato di saper andare forte. E’ un regolarista, vero, ma che sa stare sempre davanti e spendere il giusto. Diventa il corridore che può seguire diversi contrattacchi o comunque restare con i migliori. Ma l’uomo certo per me è Bettiol, ha passo, regge in salita e sa muoversi anche da lontano. Le convocazioni sarebbero anche “facili” perché insieme a questi due si potrebbe portare Trentin, un altro che sa attaccare da lontano e non ha paura a farlo. 

Però sembra ormai certa la presenza di Viviani, e questo abbassa a due i posti liberi.

Partiamo dal presupposto che la tattica di gara diventa quella di anticipare. Bettiol è imprescindibile. Viviani invece può giocare due ruoli: quello di tappabuchi oppure di attendista e aspettare l’eventuale volata. Ci sarebbe da decidere se portare Mozzato o Trentin, forse meglio il secondo. 

C’è da considerare anche che Trentin non farà il Tour, Mozzato probabilmente sì.

Come ha detto Mozzato nella vostra intervista, il Tour può dare una gamba importante. Trentin non facendolo rischia di essere un passo indietro, ma lui ha le qualità per prepararsi bene. Poi è uno che sa liberarsi dalla mentalità attendista degli stradisti. Corridori che arrivano dal cross come Van Der Poel e Van Aert non hanno paura nell’uscire allo scoperto. Servirà una grande intelligenza tattica, cosa che non tutti i corridori possiedono.

Albanese nel WorldTour ha scoperto il fascino del Nord

23.05.2024
5 min
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Anche Vincenzo Albanese è entrato nei meccanismi dell’Arkea-B&B Hotels e si trova a correre lontano dall’Italia come capita al suo compagno e connazionale Luca Mozzato. Quando lo chiamiamo, è arrivato da pochi minuti nella Loira, regione del Nord della Francia dove oggi parte la Boucles de la Mayenne. Una breve corsa a tappe molto vicina alle caratteristiche tecniche di Albanese. 

«Sono arrivato da una decina di minuti – racconta – e tra poco andrò a provare il percorso del prologo (che si corre oggi, ndr). Mi sono messo in viaggio martedì sera, ho fatto tappa a Parigi e ho preso il treno per arrivare fino a qui. Rispetto agli anni scorsi viaggio molto di più: da un lato è stressante, ma mi piace venire a fare queste gare nel Nord».

Albanese sta collezionando una lunga serie di gare tra Francia e Belgio (foto DirectVelo/Ronan Caroff)
Albanese sta collezionando una lunga serie di gare tra Francia e Belgio (foto DirectVelo/Ronan Caroff)

Primo anno nel WT

Per Albanese il 2024 è stato l’anno del debutto in un team WorldTour, lo ha fatto a 27 anni con una lunga esperienza alle spalle. Il mondo dalla prospettiva dei grandi assume dettagli differenti, sfumature che si notano e che Albanese ci racconta…

«Un po’ di differenze ci sono – prosegue nel racconto – in un team WorldTour abbiamo molta più organizzazione e un calendario più ampio. Fino all’anno scorso le gare sulle quali puntare erano quelle, ora la cosa bella è che se sbagli una corsa ne hai altre dopo per rifarti. In una professional il calendario è ristretto e se sbagli… Ciao, ci si rivede l’anno prossimo. Per quanto riguarda le tipologie di corse che ho fatto, direi che sono contento, sto mettendo da parte tanta esperienza e ho scoperto un calendario interessante tra Francia e Belgio». 

L’esordio sulle pietre nel WT è arrivato ad Harelbeke: 9° (foto Instagram/GettyImages)
L’esordio sulle pietre nel WT è arrivato ad Harelbeke: 9° (foto Instagram/GettyImages)
E’ arrivato anche l’esordio sulle pietre nel WT, con l’E3 Saxo ad Harelbeke…

Una bellissima gara, nella quale sono andato senza particolari aspettative e ho portato a casa il nono posto. Ero tranquillo all’inizio, Mozzato mi ha dato i giusti consigli e sono partito sereno. 

Che consigli ti ha dato?

In generale durante la stagione tanti. Ma il più prezioso è arrivato proprio ad Harelbeke perché io non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi. Mozzato mi ha preso, mi ha messo da parte e mi ha detto di stare sempre davanti. Mi ha anche indicato il punto dove sarebbe esplosa la corsa e indovinate? E’ esplosa esattamente lì. 

Il fascino delle pietre ha subito conquistato Albanese
Il fascino delle pietre ha subito conquistato Albanese
Quanto è importante per te avere una figura come Mozzato accanto?

Molto. Con lui ho un gran bel rapporto e ci si diverte anche. Cosa che male non fa, soprattutto se stai lontano da casa per una o due settimane. Capita che si passino 15 giorni fissi in Belgio e avere la giusta compagnia aiuta a superare le giornate. 

Poi è arrivato il Fiandre.

Una corsa unica, fantastica. Una delle più belle e spettacolari che abbia mai fatto. Mi sono anche comportato bene, arrivando 28°. Non dico che ci sia stato un po’ di rammarico, ma quasi: ero nel gruppo con Mozzato, ho forato e sono rimasto coinvolto in una caduta, peccato. Magari avrei potuto lottare per una posizione migliore. Ma già essere lì sugli ultimi muri con i superstiti di giornata e dietro solo all’alieno Van Der Poel è stato bello. 

Arkea-B&B Hotels, squadra francese con tanti corridori del Nord e al Fiandre i primi due sono italiani.

Ci abbiamo pensato anche noi! I diesse alla fine della corsa ridevano e scherzavano proprio su questo. Si potevano aspettare di tutto tranne che i primi due atleti del team a tagliare il traguardo saremmo stati noi.

Una prima stagione nel WT che ti ha permesso di scoprire anche gare nuove…

Mi piacciono molto le gare nel Nord, sono adatte a me. Ho ancora un anno di contratto e la prossima stagione voglio tornare e riprovarci.

Ci hai detto dei viaggi, in un team WT ti sposti molto, ti pesa?

Vero che viaggiamo tanto, ma dipende da che corridore sei. Io sono uno da corse di un giorno o brevi gare a tappe quindi mi sposto parecchio, ma poi riesco a tornare a casa. Poi chiaro che se ho una serie di corse in Belgio o in Francia rimango su, per comodità. Succederà così anche dopo la Boucles de la Mayenne, visto che dopo pochi giorni sarò al Circuit Franco-Belge. Tanto quando decidiamo di restare al Nord non siamo mai soli, ci sono altri atleti o lo staff che si ferma. 

In questi mesi ha ottenuto ottime prestazioni, qui alla Paris-Camembert (foto DirectVelo/Micael Gilson)
In questi mesi ha ottenuto ottime prestazioni, qui alla Paris-Camembert (foto DirectVelo/Micael Gilson)
Esattamente un anno fa eri nel mezzo del Giro, ti manca?

Visto il clima di ieri no (ride, ndr). In realtà grazie a queste esperienze ho capito di non essere un corridore adatto alle grandi corse a tappe. Preferisco concentrarmi sulle corse di un giorno o gare di una settimana, sono più adatte alle mie caratteristiche. Fino ad ora ho messo nelle gambe tanti giorni di gara, ma mirati sul tipo di corridore che sono. 

Il calendario ora cosa prevede?

Tirerò fino al campionato italiano, passando per Francia, Belgio e Giro di Svizzera. Poi mi fermerò per la pausa di metà stagione, farò cinque giorni senza bici e un lungo periodo di altura. In teoria dovrei tornare alle corse tra metà luglio (Giro dell’Appennino, ndr) e inizio agosto. Dovrei fare buona parte del calendario italiano di fine stagione.