Longo Borghini, un altro bronzo. Nessun rimpianto e tanto cuore

28.09.2024
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ZURIGO (Svizzera) – Cominciamo dalla fine e dalle lacrime ricacciate giù a fatica, quando Elisa Longo Borghini viene invitata a parlare di Muriel Furrer, scomparsa giusto ieri mentre era in pieno svolgimento la gara degli under 23. Finora si è parlato di questo bronzo mondiale, del modo in cui è venuto, della vittoria di Lotte Kopecky e del correre incomprensibile dell’Olanda. Ma a volte è giusto anche fermarsi, alzare la testa dal manubrio e guardarsi intorno. La serata di colpo si tinge di un’umanità che finora pochi avevano mostrato e forse la grandezza della campionessa piemontese sta nella capacità di fermarsi e pensare.

«Credo che nessuno oggi al via – dice – abbia potuto fare a meno di pensare a lei. Il nostro lavoro è correre, siamo sempre molto concentrate sulla corsa e forse a volte questo non è molto corretto. Dovremmo pensare di più alla nostra salvaguardia. Stamattina, quando la corsa è partita, tutte abbiamo pensato a lei e poi però siamo tornate con gli occhi sulla strada. Correre per me oggi è stato il modo per celebrare la sua vita e quello che amava. Perché Muriel tristemente è morta facendo quello che amava. Alla fine aveva tre anni più di mia nipote e pensare che potrebbe essere toccato a lei mi ha toccata particolarmente. Ho pensato tanto a mia cognata e a mio fratello e a tutta la mia famiglia. Muriel era una ragazza che avrebbe corso con me, era una parte del gruppo».

Ha corso per sbancare Zurigo e Dio solo sa se non ce l’ha messa tutta. In corsa è stata la più forte. Nessun attacco in salita l’ha sorpresa. E alla fine, nonostante il suo attacco a fondo sull’ultimo strappo, ha avuto le gambe per fare una volata per lei magistrale. In certi sprint, Lotte Kopecky non la batti e per ottenere il bronzo Elisa ha dovuto stringere davvero i denti. Ora è stretta nella sua giacca azzurra, con le guance che iniziano a riprendere colore. La giornata è stata davvero dura, fredda e fradicia. Per arrivare in fondo è servito davvero tirare fuori ogni grammo di carattere rimasto.

Cosa hai pensato al momento di attaccare?

A due chilometri dall’arrivo mi sono detta: «Non fa niente se non vado sul podio. Sono venuta per vincere e ho fatto tutto quello che potevo». Ero orgogliosa di quello che avevo fatto fino a quel punto.

Pensavi che Vollering riuscisse a seguirti in quel tuo scatto?

Lo speravo. Il guaio è che Demi era disperata per vincere questa corsa ed è normale che quando un corridore vuole davvero troppo una corsa, alla fine non ci riesca. Non è andata perché le altre hanno avuto qualcosa di più, ma sono molto felice di questo bronzo.

Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Ti sei ritrovata da sola in mezzo a due belghe e quattro olandesi, eppure alla fine sul podio ci sei andata…

Ho sempre rispetto per i miei avversari. Ma faccio sempre la mia corsa. Se pensi troppo agli altri, finisce che sbagli anche tu. Per cui controllo quello che posso e per il resto mi concentro sul mio risultato.

La sensazione è che ti sia divertita, possibile?

Tantissimo! Sono contenta di come è andata la corsa, sinceramente. Ci eravamo proposti di arrivare qui con la nazionale per vincere la gara. Le ragazze sono venute per aiutare me e oggi lo hanno fatto veramente. Ci hanno provato, per cui un ringraziamento speciale va a loro. Se ci penso, in maniera particolare a Elisa Balsamo che si sposerà il primo di ottobre e oggi era qui a tirare per me. E poi vorrei spendere una parola di ringraziamento per Soraya Paladin. Sicuramente la prova di mercoledì nel Team Relay non l’ha lasciata soddisfatta ed ero sicura che quello non fosse il suo vero valore. Oggi invece ha dimostrato di essere veramente forte e ai miei occhi ha fatto una gara splendida.

In conferenza stampa qualcuno sosteneva che il bronzo possa essere una delusione, invece?

Invece no. Ci abbiamo provato, abbiamo provato in tutti i modi a vincere la corsa ed è arrivato un bronzo che mi soddisfa. Sono riuscita a dare il mio 100 per cento e anche in volata non era scontato arrivare sul podio. Invece ci sono riuscita e sono orgogliosa di me stessa.

Sei partita lunghissima, scelta ragionata?

Ho visto gambe stanche e soprattutto ho visto Vollering davvero in crisi per questa voglia di vincere. Sapevo che avrebbe tirato e così ho provato a lanciarla lunga, proprio perché so di essere un’atleta di endurance e in una gara così le volate non sono scontate. Qualche anno fa probabilmente non sarei riuscita a salire su questo podio e probabilmente questo è sintomo di una crescita sia fisica e mentale, dettata da molti fattori.

Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Ti sei sentita la più forte in corsa? Prima della volata, la sensazione da fuori è stata questa…

Sì, mi sono sentita la più forte. Anche Demi Vollering era forte, ma secondo me non ha avuto il giusto equilibrio. Con questo non voglio mettere in croce la povera Demi, perché alla fine anche lei avrà provato a fare il meglio, ma le cose vanno così. E quindi chapeau anche a lei che ci ha provato al cento per cento. Se penso a me, potrei aver avuto la stessa ossessione a Parigi, però a me lì sono proprio mancate le gambe.

Con Slongo si parlava di quanto sia stata positiva questa tua stagione, che ad ora forse è la migliore della tua carriera…

Sì, effettivamente ci ho pensato brevemente sul podio. Non ero molto sicura di me stessa questa estate, soprattutto quando sono caduta e sono rimasta fuori dal Tour. Mi sono sentita sciocca a cadere in allenamento e auto eliminarmi, però ancora una volta devo ringraziare tantissimo proprio Slongo. Mi ha sostenuto e mi ha detto che saremmo arrivati al mondiale in ottima condizione. Anche prima del Romandia sono stata male una notte e non sono riuscita a parteciparci, ma Paolo non ha mai perso le speranze. Per fortuna, direi, perché io invece ero un pochino indecisa.

Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Riguardo a cosa?

Nell’ultima settimana, prima di arrivare qui, gli ho disobbedito tantissimo. Sono uscita a cercare delle risposte sulle salite, a fare i miei best sui 10 minuti, a cercare di fare i tempi. Paolo continuava a dirmi che dovevo stare tranquilla perché ero in forma, mentre io cercavo risposte a destra e a sinistra. Poi alla fine mi ha ripresa e a quel punto gli ho detto: «Ok, va bene, forse hai ragione tu». Ed era vero. Anche questa volta ha avuto ragione lui.

Teutenberg: «Realini cresce, ma non pressatela troppo…»

20.09.2024
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Terzo posto al Giro di Romandia, a poca distanza dai due mostri sacri della Sd Worx Lotte Kopecki e Demi Vollering. E quei 46” di margine in classifica danno l’idea che il divario fra le primedonne del ciclismo mondiale e Gaia Realini si vada assottigliando sempre più. Per dare la giusta misura alla sua prestazione, era importante sentire direttamente il parere di chi la sta seguendo con grande attenzione, anche dall’alto della sua profonda esperienza come campionessa delle due ruote: Ina Yoko Teutenberg, la sua diesse.

Il podio del Romandia con Realini insieme a due mostri sacri come Vollering (da sinistra) e Kopecki
Il podio del Romandia con Realini insieme a due mostri sacri come Vollering (da sinistra) e Kopecki

Pur mantenendo saldamente i piedi per terra, la Teutenberg sa di avere per le mani un gioiello e giudica molto positivamente la sua prestazione elvetica: «E’ tutto merito suo. Ma più che guardare il risultato fine a se stesso, io sono abituata a giudicare la prestazione nel suo complesso. E i segnali sono stati importanti, nel senso che ha fatto bene, che in salita si è dimostrata superiore a quasi tutte e quel quasi comprende campionesse come Garcia e Labous finite alle sue spalle».

La sensazione è che rispetto a Kopecki e Vollering, le specialiste della SD Worx, il divario si sia ridotto e che l’italiana sia sempre più competitiva. Sei di questo avviso?

Io sono ottimista, credo che effettivamente Gaia stia migliorando sensibilmente, anche se le due campionesse in questione sono ancora superiori. Io dico che lei può fare tutto se ci mette la testa, ossia ci crede prima di tutto lei. E’ un processo in evoluzione, con l’età che è dalla sua parte.

Realini ha saputo mettere alla frusta le più blasonate avversarie della Sd Worx
Realini ha saputo mettere alla frusta le più blasonate avversarie della Sd Worx
Secondo te proprio considerando la giovane età della Realini, quali margini di crescita ha?

Penso che ci sia ancora un grande margine di miglioramento, come le tecniche di gara, il posizionamento nel gruppo e tutto il resto. E come dici tu, è ancora giovane. Deve imparare a gestire la pressione perché solo l’anno scorso è uscita dall’ombra. Quest’anno c’è un po’ più di attenzione su di lei, deve farci l’abitudine. Ma ha 23 anni, crescerà, continuando a lavorare sodo.

Il suo punto debole sono le discese, pensate di fare lavori specifici per la prossima stagione?

Ci sta già lavorando e noi con lei, ci stiamo focalizzando sul problema. Che, non dobbiamo dimenticarlo, ha un po’ a che fare anche con le sue dimensioni. Voglio dire, è davvero piccola e non riesce a vedere molto nel gruppo, per questo accennavo prima al discorso del posizionamento. Ma ci sta lavorando, ci tiene molto e se guardate bene le sue prestazioni anche al Giro d’Italia, è già migliorata. Ci arriverà. Fa tutto parte del gioco.

La marchigiana ha finora colto il 7° posto al Giro e il 5° al Tour, confermandosi portata per le grandi corse a tappe
La marchigiana ha finora colto il 7° posto al Giro e il 5° al Tour, confermandosi portata per le grandi corse a tappe
In questo momento la Realini è più competitiva nelle corse a tappe di 3-4 giorni o il numero di tappe non influisce sul suo rendimento?

Non credo che influisca. Voglio dire, ha avuto qualche piccolo disagio al Tour de France, ma c’erano un paio di corridori più grandi lì, in un grande evento. Non credo che la durata faccia la differenza, le sue doti di recupero ci sono, comprovate dai dati, anche al Tour è andata in crescendo e nell’ultima tappa sull’Alpe d’Huez è stata protagonista.

Gli arrivi di Markus e Fisher Black sono pensati anche per aiutarla nelle corse a tappe?

Difficile rispondere. Voglio dire, penso che vedremo cosa succederà l’anno prossimo, cosa faremo. Non posso ancora dire nulla di certo. Cosa faremo con loro, come le impiegheremo sono ragionamenti che faremo a bocce ferme. Ma io non mi focalizzerei su questo, la Realini ha già molto supporto, non le è certo mancato nelle gare di quest’anno. Quindi, voglio dire, faranno anche le loro gare a tappe e ce ne sono molte in calendario.

Per Teutenberg, l’abruzzese sta crescendo, ma c’è troppa pressione da parte della stampa italiana
Per Teutenberg, l’abruzzese sta crescendo, ma c’è troppa pressione da parte della stampa italiana
Dovendo fare un bilancio della sua stagione, sei soddisfatta?

Sì, sicuramente lo sono perché c’è stato un evidente progresso rispetto al 2023. Penso che alcuni media fanno un gran parlare di ciò che è capace o meno perché l’anno scorso ha avuto due podi. Ma è ancora giovane e in evoluzione. Io dico che vincerà quest’anno, ma penso anche che i media italiani l’abbiano celebrata troppo e le abbiano messo troppa pressione e questo non aiuta.

Kopecky è la Van Aert delle donne? Lo chiediamo a Bastianelli

16.02.2024
6 min
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Lotte Kopecky è la Wout Van Aert delle donne? Ormai affermalo non è più così un azzardo. La belga della Sd Worx oltre a vincere le classiche, qualche corsa veloce e ad essere una donna squadra, ci sta abituando ad andare anche molto forte in salita. Esattamente come il suo illustre connazionale. Entrambi fanno una doppia attività, uno il cross, lei la pista.

Ma se il nostro parere può essere corretto finché si parla di risultati, per far sì che trovi un riscontro tecnico ha bisogno anche di un parere più “tecnico”da dentro”. E chi meglio di Marta Bastianelli, delle Fiamme Azzurre, ce lo può dare? L’atleta laziale ha corso fino a pochi mesi fa ed è notizia freschissima che da quest’anno lavorerà accanto al cittì Sangalli. Conosce tutte le ragazze del gruppo e ha un’esperienza unica. Proprio con Kopecky tra l’altro ha battagliato in molte classiche e le loro caratteristiche non erano poi così differenti.

Quindi Marta, cosa ne pensi. E’ azzardato il nostro paragone tra Kopecky e Van Aert? 

No, no… Lotte è cresciuta molto, non solo dall’anno scorso. Era già una grande atleta. Fino a qualche tempo fa aveva sempre corso “da sola”, in quanto era in squadre più piccole tipo la Lotto, era più difficile per lei mettersi in mostra.

Van Aert fa terzo ad Hautacam, Pirenei, al Tour. Kopecky lo scorso anno è andata forte sul Tourmalet e quest’anno ha vinto in salita…

E quello è stato uno step. Partiamo dal fatto che è una grande atleta. Ha un grande motore. E’ indiscutibile. Sicuramente ha lavorato tanto per migliorare anche in salita. Ma poi c’è un’altra cosa da dire: lei, complici anche gli Europei in pista, sta attraversando un periodo di grande forma. E questo, soprattutto in questa fase della stagione, le consente di fare una grande differenza contro atlete che sono alla prima gara della stagione.

Tiene meglio le botte di acido lattico, chiaro…

Esatto. E c’è un’altra cosa da dire. Quella salita all’UAE Tour, analizzandola da Marta, quindi da non scalatrice, è stata fatta in maniera che lei potesse rimanere a ruota. Se fossi stata io al suo posto, in estrema forma, probabilmente l’avrei retta anch’io. E’ stata fatta ad una velocità controllata, con dei wattaggi sicuramente altissimi, ma regolari. Wattaggi che a ruota, un’atleta in grande condizione riesce a tenere. Ciò non toglie che comunque sia migliorata tanto in salita, altrimenti non vai forte in quel modo sul Tourmalet. Però penso che se al UAE Tour fossero salite con scatti e controscatti, avrebbe sofferto un pochino di più.

Insomma che Kopecky vada così forte anche in salita, per te non è poi così una sorpresa?

No, l’ho sempre detto che era una grandissima atleta. Non a caso è la campionessa del mondo. Ha vinto la corsa iridata praticamente da sola… E anzi, mi viene da pensare che tutto questo sia soltanto l’inizio. Gli altri anni andava forte sui “suoi” percorsi, altrove tirava subito i remi in barca. Io almeno l’ho sempre vista così e di conseguenza non conosco i suoi limiti e fino a che punto possa arrivare. Mi aspetto che possa comunque migliorare ancora di più in salita. Tuttavia mi viene anche da pensare che perderebbe un po’ di esplosività.

Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023
Marta Bastianelli a ruota di Lotte, era il Fiandre 2023
Secondo te è dimagrita un po’ per fare questi exploit anche in salita?

Sì, l’ho vista molto bene fisicamente già dallo scorso anno, però non è quel quel magro da spaventarsi. E’ un magro bello da vedere, un magro definito. Lei a livello personale è sviluppata bene anche mentalmente: ha seguito una linea precisa, equilibrata e di conseguenza il fisico le ha risposto immediatamente. Sì, fisicamente c’è e la vedo molto bene.

La vedi anche per le corsa a tappe a questo punto?

Credo di sì. Però se fossi in lei non ci insisterei. Non starei a concentrami sui grandi Giri, quelli da 10 giorni, ma più sulle corse di 3-4 tappe, che poi saranno sempre di più. Mi sembrano più adatte alle sue caratteristiche. Poi è ovvio, se un giorno volesse puntare al Tour Femmes, è in una squadra che le può permettere tutto, tanto più che non deve più scontrarsi con la Van Vleuten. Ma non starei snaturami troppo.

In genere le grosse trasformazioni, quando le abbiamo viste, non sono andate benissimo…

Anche Van Aert o Van der Poel, vanno forte dappertutto, ma poi restano loro stessi quando davvero devono puntare. Van Aert ha quelle caratteristiche che si adatta un po’ a tutto, perché è un grande campione, ma non si stravolge. Migliorare sì, diventare una scalatrice no. Secondo me non avrebbe senso.

Tanto più che il livello nelle donne si sta alzando e la specializzazione è sempre più. Inevitabile…

Un’atleta che ha fame di risultato vuole andare bene ovunque. Io anche ero così. L’anno che ho vinto il Fiandre, facevo le volate, volevo arrivare tra le prime tre nella tappe al Giro, però ad un certo punto mi sono resa conto di dover essere carne o pesce. 

UAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenza
UAE Tour: verso Jebel Hafeet ritmi alti ma regolari. Kopecky resta a ruota e nel finale sfodera la sua potenza
Marta, prima hai detto: «Lotte è in una squadra che le consente di fare tutto». Quanto conta davvero il team nella sua situazione? E quanto incide la competizione interna?

Parliamo di una grande squadra che la pensa in un modo molto simile ad un team maschile a partire dai materiali, dall’allenamento, dall’alimentazione, dalla nutrizione. La Sd Worx non lascia nulla al caso. Lavora tanto e ci crede tanto. Dalla prima all’ultima atleta. Mi ricorda un po’ la Quick Step dei tempi d’oro che, al netto di alcune situazioni particolari, aveva gli atleti più forti e vincere per loro era più facile. 

Cosa ti aspetti dal 2024 di Kopecky? Le Olimpiadi saranno un cardine per lei?

Mi auguro per che possa essere un anno da godersi nel migliore dei modi con la maglia da campionessa del mondo. E che si tolga tutte le le soddisfazioni possibili con quella maglia. L’Olimpiade è una gara strana per tutti, abbiamo visto cosa è successo a Tokyo. La gara è più difficile da gestire e nessuno vuole andare a chiudere. Ci sono situazioni che vanno oltre la prestazione e la forma fisica, quindi vedremo. Di certo quello di Parigi è un percorso che si adatta parecchio alle sue caratteristiche, così come alle caratteristiche delle italiane. Ora stiamo parlando di Lotte e non vado fuori tema, ma ci tengo a dire che le azzurre non sono da meno in questo anno così importante. Spero possano togliersi e farci togliere, grandi soddisfazioni

Tu ci hai corso di fianco in gruppo: Lotte è una leader come Van Aert?

E’ stata sempre un’atleta eccezionale. Nei miei confronti ha sempre portato tanto rispetto. Veniva a salutarmi, a chiedermi questo o quello e anche quando ho smesso mi ha scritto. E questo è bello perché mi rendo conto che oltre i risultati, rimane molto la persona che sei stata.

Da un punto di vista tecnico invece hai notato delle differenze rispetto a qualche tempo fa? Magari pedala più agile. Ha alzato la sella…

Lotte ha un colpo di pedale che ha preso tanto dalla pista. E’ molto agile. Almeno così l’ho vista in questa gara all’UAE Tour anche in salita. Ma era una caratteristica che aveva anche in passato e in altre corse. In generale è leggera. La vedo molto bene in bici. La vedo proprio se stessa.

Lotte Kopecky: un po’ star, tanto campionessa

18.08.2023
6 min
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GLASGOW – La storia di Lotte Kopecky, per come è stato possibile ricostruirla con i colleghi belgi che dopo la vittoria del mondiale non erano a rischio sbronza come quando lo scorso anno vinse Evenepoel, ma sfoggiavano tutto il loro orgoglio fiammingo.

La linguaccia

Lotte Kopecky (in apertura nell’immagine Guy Kokken Photography) nasce nell’ospedale di Rumst il 10 novembre del 1995, sorella minore di Seppe mentre in futuro arriverà un altro fratello di nome Hannes. Sua madre Anja racconta che Lotte non dà problemi quando si tratta di dormire, che inizia a camminare molto presto e che a due anni tolgono le rotelle dalla bici, perché è in grado di andare da sola.

Quando raggiunge l’età la iscrivono alla materna Sint-Lutgardis di Schelle. Sempre sua madre ricorda di averla lasciata al cancello, che Lotte l’ha salutata e poi è entrata da sola, senza versare una lacrima.

«Quando di recente ho visto una foto di lei che tirava fuori la lingua e la mordeva con forza – ha ricordato la prima maestra – ho detto a sua madre che lo faceva già da piccola. Lotte era una bambina molto tranquilla e ben educata, ma anche un maschiaccio. Combinava sempre scherzi, però mai cattivi. E anche nel parco giochi dell’asilo non faceva che pedalare».

Il mondiale di Glasgow arriva dopo una crescita costante. Lotte ha 27 anni, è alta 1,70, pesa 66 chili
Il mondiale di Glasgow arriva dopo una crescita costante. Lotte ha 27 anni, è alta 1,70, pesa 66 chili

Brava sugli sci

Lo sport arriva subito, intorno ai 3 anni. Va al circolo di ginnastica con suo fratello. Si solleva sulla sbarra, cammina sull’asse di equilibrio, salta nei cerchi. Poi prova alcuni sport con la palla, anche il calcio. Raccontano che non sia inferiore ai ragazzi di pari età. Poi prova il basket e si distingue, ma non le piace e molla.

Suo padre la porta a sciare e anche lì se la cava molto bene. Al punto che nella pista coperta Aspen di Wilrijk, un allenatore va a chiedere se la ragazzina abbia voglia di fare qualche gara, ma questa volta sono i genitori a mettersi di traverso, perché si tratterebbe di andare molto all’estero in un’età ancora acerba.

Vive anche la scuola come uno sport e va bene in tutte le materie, trovando anche il modo di ingraziarsi le insegnanti. Brilla ovviamente in educazione fisica e tutti gli anni sale sul podio delle gare scolastiche di sci di fondo.

Da bambina adorava gli animali, oggi ha un cane, Ollie, e anche un gatto nero (foto Instagram)
Da bambina adorava gli animali, oggi ha un cane, Ollie, e anche un gatto nero (foto Instagram)

Amica degli animali

La bici è ancora un mezzo di trasporto, piuttosto la campionessa del mondo va matta per gli animali. Ora ha un cane, che si chiama Ollie ed è la guest star dei suo video su Instagram, ma da piccola ha avuto la casa piena di ogni genere di animale.

Dopo la visita scolastica in una fattoria didattica, convince i genitori a comprare due caprette con cui i fratelli Kopecky giocano in continuazione. Poi arrivano cani, gatti e criceti. Una volta, ha raccontato la madre, Seppe e Lotte prendono da un vicino un criceto dorato. Quando muore, lo seppelliscono, ma i ragazzi sono così addolorati che i genitori corrono a comprarne altri due. Il negoziante garantisce che siano due femmine, ma si sbaglia. Nasce una nidiata di 24 criceti, poi regalati ad amici di famiglia.

L’arrivo di Glasgow è stato un misto di emozione e incredulità: la sua superiorità è stata disarmante
L’arrivo di Glasgow è stato un misto di emozione e incredulità: la sua superiorità è stata disarmante

In bici con Seppe

La bici arriva con Seppe, che comincia a correre, presto emulato da sua sorella, che lo segue qualunque cosa faccia. Si iscrive al club Front Kontich che ha 11 anni, non va a correre, semplicemente si allena e solo quando ritiene di essere pronta, si butta nelle gare. Pare che sia così competitiva, che tiene come riferimento i maschi, perciò anche se vince le classifiche per le bambine, racconta a casa solo dei piazzamenti assoluti. E nonostante alle ragazze sia offerta la possibilità di correre con i maschi di un anno più giovani, Lotte si rifiuta: resta fra i suoi coetanei, con una grande mentalità vincente. Non la sentono mai lamentarsi per un allenamento da fare.

Lo scorso anno ha ricevuto il Patrick Sercu Trophee al premio Flaandrien 2022 (foto Het Nieuwsblad)
Lo scorso anno ha ricevuto il Patrick Sercu Trophee al premio Flaandrien 2022 (foto Het Nieuwsblad)

Forte e introversa

Alle prime corse, come capita spesso, la accompagna nonno François. Il Belgio sarà anche piccolo, ma al vecchio Kopecky capita di fare anche 4.000 chilometri al mese per stare appresso al calendario della nipote. In macchina Lotte studia o si guarda intorno. Non è la campionessa di adesso, anche perché nei primi tempi rifugge dalle troppe attenzioni.

«Una volta – ricorda il nonno – ha partecipato a una gara a Herentals. Un criterium di dieci giri e a ogni giro c’era un traguardo a premi. Disse ridendo che avrebbe vinto tutte quelle volate, ma avrebbe lasciato la vittoria a qualcun altro. Ed effettivamente le cose andarono proprio così. Non voleva essere sotto i riflettori, era un po’ introversa, ma direi che adesso le cose sono cambiate».

Abbraccio con Demi Vollering: la superiorità della SD Worx ha spesso annichilito il 2023 delle donne
Abbraccio con Demi Vollering: la superiorità della SD Worx ha spesso annichilito il 2023 delle donne

Si allena coi maschi

Lo sport diventa il filo conduttore e si iscrive alla Topsportschool di Gand, un liceo in cui si praticano ginnastica artistica, ginnastica acrobatica, ciclismo, Bmx e calcio. E a Gand, Lotte sboccia. Resta comunque riservata con coloro che non conosce, come oggi, ma con gli amici è trascinatrice. Solo nei confronti dello sport è super seria: durante gli allenamenti non fa un fiato, solo dopo semmai molla qualche battuta.

Quando si fanno degli stage con tutti i migliori, raccontano che voglia allenarsi con i ragazzi, a differenza della maggior parte delle altre ragazze. Inizialmente di questo ridono, ma presto scoprono che la ragazza non è poi molto inferiore. Una volta vanno in ritiro ad Alkmaar, nel nord dell’Olanda, e nevica per tutto il giorno. Mentre tutti i ragazzi si lamentano per le mani gelate, Lotte non dice una parola.

Dopo il periodo con Toyota, ora Kopecky è sponsorizzata da Skoda. In Belgio è una star (foto Instagram)
Dopo il periodo con Toyota, ora Kopecky è sponsorizzata da Skoda. In Belgio è una star (foto Instagram)

Non ha più paura

Quello che si evince parlando con chi l’ha conosciuta meglio è che l’ambizione di oggi è la stessa di ieri e anche la sua indipendenza non è mai cambiata. Lo sa sua madre, lo sanno i nonni. Sua madre ha raccontato che nel momento in cui è andata a vivere da sola, non le ha mai chiesto come si facciano le cose di casa. A Glasgow, Lotte Kopecky ha raccolto il frutto dei tanti sacrifici fatti quando nessuno la conosceva, ma le tante attenzioni la fanno ancora arrossire. Certo sbalordisce la crescita esponenziale degli ultimi anni e ancora di più sbalordisce il suo podio al Tour, ma l’elenco dei suoi successi segue un filo logico impeccabile. La sola differenza rispetto ad allora è che oggi non ha più paura di passare per prima sui traguardi che si trova davanti.

In Belgio è una star e la conferma viene anche dagli ascolti televisivi. Gli spettatori che hanno seguito su VRT1 le immagini finali della sua vittoria mondiale sono stati 869.833. Il numero medio durante l’intera diretta è stato di 524.939. Lo scorso anno, ovviamente con il condizionamento del fuso orario, la media per la gara femminile fu di 163.254 spettatori. Nel 2021, quando il mondiale si svolse a Leuven, quindi in Belgio, gli spettatori medi della gara femminile furono 372.208.

EDITORIALE / Van Vleuten, una sconfitta annunciata

31.07.2023
5 min
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E’ più sorprendente che Demi Vollering abbia vinto il Tour Femmes o piuttosto che non ci sia riuscita Annemiek Van Vleuten? E’ la domanda che ci frulla nella testa da quando abbiamo visto la campionessa del mondo concludere la tappa del Tourmalet con una rassegnazione che non le appartiene.

Prima ha messo la squadra a tirare sull’Aspin, facendo presagire il grande attacco. Con lei sono rimaste soltanto Vollering, Niewiadoma e la sorprendente Kopecky, rientrata in un secondo momento. Quando poi si è trovata sotto le ruote la salita finale (versante di La Mongie), l’iridata ha scoperto di non avere gambe per fare la differenza. Malanno di giornata? Stanchezza inattesa? Strapotere delle rivali?

Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più
Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più

Van Vleuten spuntata

Siamo propensi a escludere il malanno e puntiamo il dito sulla stanchezza inattesa al confronto di avversarie più fresche. Demi Vollering l’aveva battuta già nel testa a testa alla Vuelta, ma la classifica era rimasta appannaggio di Annemiek. Al Tour è successo qualcosa di diverso.

La cartina tornasole è Lotte Kopecky, fino a quel giorno in maglia gialla. Va bene la condizione straordinaria, ma è abbastanza chiaro che se un’atleta con le sue caratteristiche riesce a stare con le migliori fino a 5 chilometri dall’arrivo sul Tourmalet, qualcosa non va. Qualcuno non è andato forte come doveva.

Da quel punto, quello in cui la sua compagna ha attaccato, Kopecky ha preso infatti 3’32” di distacco, mentre 2’34” sono toccati a Van Vleuten. Per cui è chiaro che se la bagarre fosse iniziata ai 10 chilometri dall’arrivo, come lasciava intuire la tattica del Movistar Team, Kopecky sarebbe saltata in modo più netto. Perché Van Vleuten non è riuscita ad attaccare, come ad esempio aveva fatto al Giro d’Italia?

Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”
Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”

21 giorni sono pochi

Il motivo a nostro avviso è nel calendario e proprio nel fatto che l’olandese abbia corso e vinto il Giro, avendo poi appena tre settimane per andare al via del Tour de France. Mentre Vollering e la sua squadra, come pure molte altre, hanno lavorato soltanto per la sfida francese. E proprio la maglia gialla non ha corso per tutto il mese precedente.

Van Vleuten ha pagato pegno nelle ultime due tappe del Tour, le più dure, sicuramente scontando i suoi anni e la forza della vincitrice, ma anche e soprattutto il mancato recupero dopo il Giro, a fronte della freschezza delle rivali.

Si spacca da anni il capello, ragionando sul mese di giugno. Quei 30 giorni fra il Giro e il Tour degli uomini, che è troppo breve perché un grande campione provi a vincerli entrambi. L’ultimo, Marco Pantani, era diretto discendente dalle divinità dello sport e ci riuscì sfruttando anche alcune circostanze favorevoli nelle prime due settimane del Tour 1998. Trenta giorni non sono sufficienti per i più forti professionisti del gruppo e si ritiene che per le ragazze ne bastino ventuno? Va bene, non parliamo di corse di tre settimane (una parità più volte invocata proprio da Van Vleuten), ma in proporzione il livello dell’impegno richiesto alle atlete è pari a quello degli uomini. Chi compila i calendari queste cose le sa?

Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro
Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro

Chi scrive i calendari

Probabilmente no, perché alla fine il nodo che giunge al pettine ha la stessa sigla: UCI. Proprio in questi giorni, sono sotto gli occhi di tutti le lamentele dei tecnici delle nazionali per l’assurda disposizione delle gare ai mondiali di Glasgow: fiore all’occhiello e fonte di reddito per l’Unione Ciclistica Internazionale.

La sensazione è che non si possano conciliare qualità e quantità se alla base mancano competenza e attenzione verso le esigenze degli atleti. Concentrare nello stesso posto e negli stessi giorni atleti olimpici e paralimpici (nel velodromo si annuncia un traffico da ora di punta), sovrapporre le specialità e non curarsi delle difficoltà che così si creano a chi lavora per mesi ed è poi costretto a rinunciare a qualche obiettivo fa capire che esiste un punto in cui il marketing e lo spettacolo prendono il sopravvento sullo sport.

Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten
Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten

Giro o Tour

Così, mentre aspettiamo di vedere come andranno le cose nei prossimi giorni a Glasgow, torniamo per un istante col pensiero al WorldTour delle donne e al calendario che cresce e offre occasioni e gare pari a quelle degli uomini.

Una riflessione occorre. In primis perché le squadre non hanno l’organico e il budget adatti per una simile mole di impegni: lo dimostra il fatto che la LIV Racing TechFind alla fine abbia dovuto fondersi con la Jayco-AlUla e altre fusioni probabilmente arriveranno. In secondo luogo, si va verso la riproduzione degli stessi difetti nel funzionamento del giocattolo.

Il WorldTour, nato per avere i migliori atleti nelle gare più importanti, ha iniziato a spaccare il gruppo anche fra le donne. Chi fa il Giro non può vincere il Tour. Tre settimane sono poche e se non si fa in modo di passare a 30 giorni fra l’uno e l’altro, presto l’esiguo gruppo delle donne si spezzerà in due tronconi. E anziché avere Giro e Tour col meglio possibile, dovremo rassegnarci al fatto che una delle due avrà al via le giovani o le seconde schiere. Con buona pace di RCS Sport che ha fatto il diavolo a quattro per prendersi il Giro d’Italia.

Nebbia e freddo, il Tourmalet incorona Demi Vollering

30.07.2023
6 min
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«E’ una bella sensazione – sorride Demi Vollering – l’avevo vissuto molte volte nei miei sogni, ma è bello indossare questa maglia gialla nella vita reale. Vincere in cima al Tourmalet è stato molto bello ed è stato un vantaggio averlo provato due volte durante le ricognizioni, perché la nebbia rendeva difficile vedere esattamente dove fossimo. Ma adesso basta, potrò festeggiare solo dopo la cronometro».

La cima del Tourmalet è sprofondata nella nebbia e nella penombra di un orario di arrivo a dir poco insolito. Ci sono abbracci e lacrime, ragazze sedute per terra e voci attutite. E’ il giorno che il ciclismo femminile attendeva da quando fu presentato il Tour de France Femmes del 2023. La tappa più importante, il giorno dello scontro più atteso fra Demi Vollering e Annemiek Van Vleuten. L’Italia avrebbe rilanciato con Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli. Poi la corsa e la vita hanno preso la piega meno attesa.

La piemontese della Lidl-Trek, fortissima e in ottima condizione, è stata costretta a tornare a casa da un problema di salute proprio alla vigilia della tappa. L’atleta della FDJ-Suez ha pagato ancora il conto a una stagione maledetta ed è comunque arrivata ottava: il talento e la testa dura, quando ci sono, non svaniscono. Restavano le due sfidanti olandesi e Lotte Kopecky, la vincitrice del Fiandre e di altre 10 corse nel 2023, in difesa della maglia gialla.

Una settimana difficile

Sulla cima c’è anche Anna Van der Breggen, che da atleta avrebbe avuto tutte le carte per ambire a questa tappa e questa maglia, anche se va ripetendo che non le sia dispiaciuto di aver chiuso prima del ritorno del Tour.

«Ero fiduciosa dopo quello che Demi ha mostrato quest’anno – dice la diesse del Team SD Worx – ma non era scontato che ci riuscisse. Questa mattina tutti erano tesi. Sapevamo che ci sarebbe stato da soffrire, ma anche che lei è capace di farlo. Non voglio passare il tempo a litigare con la giuria, vogliamo vincere sulla strada e quello che è successo poteva farci perdere l’equilibrio».

Il riferimento è chiaro. Il team veniva infatti da una settimana complicata. Prima il ritiro di Lorena Wiebes. Poi la penalizzazione di 20 secondi inflitta a Vollering per un rientro dietro macchina. Infine l’espulsione del diesse Danny Stam, per quella stessa manovra, condotta in modo pericoloso.

«La nostra idea – spiega la vincitrice, completando idealmente il discorso – era non rispondere con i secondi, ma con i minuti. E sono felice che sia realmente accaduto».

Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo
Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo

Van Vleuten sull’Aspin

Comincia tutto quando la Movistar prende in mano la corsa sul Col d’Aspin, segno che Van Vleuten vuole dare la sua impronta alla tappa: costi quel che costi. Vinta la Vuelta e il Giro, la campionessa del mondo è passata attraverso il Tour con insolita cautela, questa volta invece scopre le carte e attacca frontalmente la squadra della maglia gialla. Mancano 5 chilometri dalla cima dell’Aspin e incredibilmente Van Vleuten non fa il vuoto. Con lei vanno subito Niewiadoma e Vollering, raggiunte in breve anche dalla sorprendente Kopecky.

«Con il senno di poi – commenta benissimo Annemiek – potrei aver scavato la mia fossa in quel momento. Normalmente il fatto di avere la corsa dura è un vantaggio per me, ma anche se avessi avuto una giornata al top, oggi non avrei battuto Demi. Non posso fare a meno di congratularmi con lei, è stata su un altro livello. E a quel punto non avrebbe avuto senso insistere. Sono delusa, ma non posso incolpare me stessa: mi sono appena imbattuta in un’avversaria più forte. Se non avessi lavorato prima del Tour (vinto il Giro, l’olandese si è subito ritirata in altura, ndr), potrei recriminare qualcosa con me stessa, ma così non è stato».

Rocciosa Kopecky

Dopo l’attacco di Niewiadoma, che ha cercato di approfittare dello stallo fra le prime della classe, quel che colpisce è la tenuta di Lotte Kopecky, atleta da classiche e anche molto veloce, che si ritrova ancora a giocarsi il podio. E forse se ne stupisce anche lei.

«Il piano – ammette dopo l’abbraccio con Vollering – era di resistere il più a lungo possibile per innervosire le altre. Ho sofferto, ma mi è stato detto che Annemiek non era lontana e questo mi ha aiutato. Abbiamo ricevuto un sacco di fango negli ultimi giorni, questo risultato ripaga davvero. E domani nella crono (oggi, ndr), farò di tutto per riprendermi il podio. Sono quarta, farò la crono della vita, ma non mi dispererò se non dovessi riuscirci. Non ero venuta in Francia per il podio (la belga ha vinto la prima tappa e indossa la maglia verde, ndr)».

L’ultima crono

Vollering ha attaccato a cinque chilometri dall’arrivo. Inizialmente, Van Vleuten l’ha seguita, poi ha dovuto sedersi nuovamente e gestire la sua fatica. Presa anche Niewiadoma, l’atleta della SD Worx e le sue unghie gialle hanno puntato decise sul traguardo, vincendo la tappa e raccogliendo la maglia gialla dalla compagna Kopecky (arrivata a 3’32”). Le tensioni di inizio primavera sono dimenticate, la squadra olandese ha corso da autentica corazzata.

Oggi il Tour de France Femmes affronta l’ultima tappa: crono di 22,6 chilometri sulle strade di Pau. Vollering ha un vantaggio rassicurante di 1’50” su Niewiadoma e 2’28” su Van Vleuten. Kopecky è quarta, a 7 secondi dal podio. La prima atleta partirà alle 14,38, sarà di nuovo sera quando conosceremo la vincitrice della seconda edizione del Tour.

«Sarebbe bello – provoca Vollering vestita di giallo – se l’organizzazione mettesse a disposizione anche per noi una tappa sugli Champs Elysées, in modo che anche noi donne potessimo festeggiare la vittoria del Tour a Parigi».

Vollering-Kopecky: capolavoro (e pasticcio sfiorato)

04.03.2023
5 min
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Elena Cecchini il finale della Strade Bianche l’ha sentito alla radio, ma non aveva capito che Kopecky e Vollering fossero arrivate insieme. Dopo il tanto parlare del mattino, questa non era la soluzione più attesa. La friulana è spuntata a colazione raccontando di non aver mai assistito a una riunione così lunga, necessaria per mettere d’accordo le due leader del Team SD Worx. Così adesso, con Piazza del Campo davanti a sé e quattro ore di corsa alle spalle, Elena racconta.

«E’ stata una riunione impegnativa – sorride – un’ora di riunione non capita mai. Però Danny (Danny Stam, tecnico del team, ndr) continuava ad assicurarsi che oggi loro due collaborassero, una cosa che poi è sempre accaduta. Quindi probabilmente lui è un po’ psicologo, forse aveva previsto un finale del genere».

Cecchini sul traguardo ha raccontato della riunione di stamattina in casa SD Worx
Cecchini sul traguardo ha raccontato della riunione di stamattina in casa SD Worx

Una riunione lunghissima

C’era una strategia. Demi Vollering avrebbe dovuto anticipare e Kopecky, che si sentiva particolarmente forte, avrebbe potuto attendere il finale nel gruppetto in cui si fosse trovata. L’imprevisto è stato la presenza di Kristen Faulkner in testa.

Vollering ha attaccato, con l’imprevisto di quel cavallo tra i piedi che avrebbe potuto combinare un bel guaio. Ma quando su di lei si è riportata Kopecky e le due sono andate via insieme nella scia della fuggitiva, la sensazione è stata che a quel punto l’olandese tirasse per la belga. E invece no.

«Le cose – prosegue Cecchini, 64ª al traguardo – sono andate come si era detto, almeno per come sentivo in radio. Ero ancora lì quando Demi ha attaccato ed è riuscita ad andare da sola, però non sapevo che fossero arrivate insieme. Pensavo fosse arrivata prima Demi e poi Lotte. Però sono contenta perché alla fine Demi se lo merita. Non so se si siano accordate per finire così. Nella riunione hanno parlato entrambe ed entrambe ci tenevano a far bene. Avere più leader nella stessa gara è una cosa che capita spesso in questa squadra. E’ bello andare d’accordo. Nello scorso fine settimana scorsa è toccato a Lotte (prima alla Het Nieuwsblad, ndr), oggi è toccato a Demi. Chissà, magari un giorno capiterà anche a me…».

Confuse e felici

Demi Vollering sorride. Dopo l’arrivo guardando in faccia lei e la compagna Kopecky, era venuto di pensare che potessero essere reciprocamente furibonde. Ora invece il suo racconto parla di stupore e imbarazzo.

«Eravamo entrambe confuse – dice – io pensavo di tirare la volata per lei, lei di farlo per me. Ci siamo abbracciate, ma non conoscevamo il risultato e nessuna di noi sapeva se festeggiare. Ci siamo parlate sotto la tenda, prima di cambiarci per il podio e Lotte era davvero contenta per me. Mi ha detto: “Allora, hai vinto davvero tu!!”. Lei è una delle atlete più forti del mondo, una persona incredibile, che lotta su ogni traguardo. Fra noi non ci sono tensioni e l’ammiraglia non aveva preferenze (Danny Stam ha detto a entrambe di fare la propria corsa, ndr)».

Nessun pasticcio

Il problema sono i giornalisti belgi, che vogliono farle dire che in qualche modo hanno combinato un pasticcio, ma Demi fronteggia bene le domande e risponde col sorriso.

«Non so se esista un modo giusto per arrivare insieme – dice – io credo che sia stato molto bello, non vedo perché dire che abbiamo sbagliato. Il nostro ciclismo è battaglia fino alla riga e non abbiamo parlato fra noi su come arrivare. Io mi sentivo forte e ho perso molto tempo a causa di quel cavallo. E’ stato molto pericoloso, sono stata contenta quando è arrivata Lotte, ho pensato che in due sarebbe stato meglio. Abbiamo potuto respirare e dividerci il lavoro. Ero sicura che avremmo ripreso Faulkner, forse ci sarei riuscita anche da sola, senza il cavallo. Ma in due è stato più semplice, anche se non è stato un videogame».

Dedica e lacrime

Un solo momento ha turbato la gioia di Demi Vollering ed è quando le viene chiesto se la sua ex compagna di squadra Chantal Van den Broeck-Blaak, prima a Siena nel 2021, le abbia dato i consigli giusti per vincere. L’olandese, campionessa del mondo nel 2017, a novembre ha annunciato di essere in attesa di un bambino e per questo è ferma. E a questo punto Demi Vollering piange.

«Chantal è molto importante per me – spiega con la voce rotta – perché mi ha fatto credere che io potessi vincere questa corsa. Mi ha detto che dipendeva da me. E’ anche la mia allenatrice, mi ha dato grande fiducia. Parte di questa vittoria è anche sua».

Conoscete Lotte Kopecky? Ce la spiegano quattro azzurre

25.06.2022
6 min
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Ci sono Paesi con una grande tradizione ciclistica che per qualche motivo attraversano periodi di aridità di risultati o corridori. In una culla delle due ruote come il Belgio – dove hanno avuto il più grande di tutti, Eddy Merckx, e dove sfornano talenti con una certa continuità – il movimento femminile stenta, ma ora poggia sulle vittorie di Lotte Kopecky (in apertura PhotoNews), fiamminga di Rumst.

Se nel 2021 aveva fatto un deciso salto di qualità con 8 vittorie, quest’anno la classe ’95 della SD Worx sta vivendo la sua definitiva consacrazione.

«Spero di vincere la mia prima classica qui – aveva dichiarato con tono profetico ad inizio 2022 quando aveva firmato per tre stagioni con lo squadrone olandese che l’aveva prelevata dalla Liv Racing – la mia gara preferita è ovviamente il Giro delle Fiandre. Sarebbe fantastico se potessi essere la prima a tagliare il traguardo ad Oudenaarde con la mia maglia di campionessa belga».

Promessa mantenuta

E Lotte è stata di parola vincendo meritatamente la Ronde dopo aver conquistato la Strade Bianche a marzo e prima di chiudere seconda alla Parigi-Roubaix dietro alla nostra Longo Borghini. La Kopecky giovedì ha vinto il suo quarto campionato belga a crono consecutivo, quarta affermazione stagionale, contando anche il successo nella prima frazione della Vuelta a Burgos. L’impressione è che non si fermerà certo qui.

Domani a Middelkerke la Kopecky punta al tris di fila nel tricolore belga in linea, dopo di che farà rotta su Giro d’Italia Donne (dove ha vinto la tappa di Maddaloni nel 2020) e Tour de France Femmes per i successi parziali. All’orizzonte poi ci sono europei e mondiali con la sua nazionale. Il cittì azzurro Sangalli l’ha indicata come una delle principali avversarie dell’Italia.

Ma che tipo di corridore è Lotte Kopecky? Probabilmente è ancora tutta da scoprire, ma di sicuro ha raccolto l’eredità di Jolien D’Hoore (ritirata a fine 2021 e attuale diesse della AG Insurance NXTG Team). Viste le sue qualità, la potremmo definire un’atleta “all-round” che finora ha totalizzato 28 vittorie in carriera . E’ veloce anche per merito della pista in cui ha vinto cinque europei e due mondiali (nel 2017 nella madison in coppia proprio con D’Hoore e nel 2021 nella corsa a punti). Va forte nei percorsi misti e nelle gare delle pietre grazie al ciclocross (come dimostrano i sigilli nel 2021 a Le Samyn e a Geraardsbergen). E nelle prove contro il tempo sta migliorando.

Le sfide con Arianna Fidanza

Per conoscere ancor meglio Kopecky sotto il punto di vista caratteriale abbiamo sentito quattro ragazze italiane che hanno corso con lei.

«Siamo state insieme nel 2020 – spiega Arianna Fidanza – alla Lotto-Soudal (dove la belga era arrivata nel 2016 dopo due anni alla Topsport Vlaanderen, ndr). Ha la mia stessa età e abbiamo gareggiato una contro l’altra fin dalle categorie giovanili sia su pista che su strada. E’ sempre stata un’atleta forte sia sul passo che in volata, ma negli ultimi anni è migliorata molto. Come me, preferisce i fatti alle parole e ha una grande determinazione. Sicuramente sarà una rivale da tenere in considerazione per l’Italia, ma la nostra nazionale ha sempre dimostrato che oltre ad avere delle individualità ha molto spirito di squadra. Questo sarà a nostro favore».

L’augurio di Bertizzolo

Nel 2021 Lotte passa alla Liv Racing dove trova due italiane. «Sotto il profilo atletico è molto forte – racconta Sofia Bertizzolo – e sa cogliere il momento giusto, quest’anno più che mai affiancata da una squadra forte dopo tanti anni in Lotto-Soudal e in Liv. Non è una velocista da volate di gruppo, tende a sbagliare i tempi. Diventa devastante e vincente se deve marcare l’avversario in un gruppo ristretto. E’ una di quelle atlete che riesci a battere solo se sai di aver fatto una grande gara. Dal lato personale è fantastica. Benché non sia particolarmente espansiva, è cordiale, sempre riconoscente del lavoro delle compagne e dello staff. E’ molto pragmatica e dedita a quello che fa. Sapevo che era iscritta all’università perché la vedevo studiare, ma non so che corso segua. Lotte è un’atleta che mi piacerebbe avere ancora come compagna di squadra».

L’opinione di Paladin

In quella stagione alla Liv Racing c’era anche Soraya Paladin. «Kopecky è un gran bel corridore – analizza la trevigiana della Canyon Sram – ha un gran motore, ma soprattutto ha una gran testa. Quando punta una gara ci mette il 110% per prepararla e non molla mai. Sa veramente soffrire e più si avvicina all’arrivo più diventa competitiva e vuole la vittoria. Come compagna di squadra mi son trovata molto bene, è molto umile e modesta. Lei è un’individualità molto forte, da non sottovalutare nelle gare con la nazionale. Noi dalla nostra abbiamo la fortuna di avere anche una squadra molto forte e affiatata».

Chiude Cecchini

Ora Kopecky è una compagna di squadra di Elena Cecchini, che completa il suo ritratto. «Con Lotte corro da pochi mesi – conclude la friulana – è una ragazza che lavora molto sodo. Si allena molto sia in durata che in intensità. E’ fortissima, ambiziosa, determinata. Sa quello che vuole. Pignola. Fuori dalla bici è molto silenziosa, un po’ introversa, ma molto piacevole averla come compagna di squadra»·

Belgio: nella patria dei campioni mancano le quote rosa…

24.09.2021
5 min
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Il popolo belga aspetta l’acuto iridato, quello mancato domenica per “colpa” di un certo Filippo Ganna. Il tifo per Wout Van Aert, Remco Evenepoel e gli altri campioni è palpabile in patria. Bastano le foto della gente ammassata ai bordi delle strade e inneggiante ai propri beniamini per capire che il ciclismo da queste parti è un’istituzione. Guardando bene, però, si nota una particolare contraddizione: a fronte di un movimento maschile che sforna campioni a getto continuo quasi monopolizzandone la storia, in campo femminile non c’è un simile panorama, anzi.

Kopecki Tokyo 2021
Lotte Kopecki è l’unica belga di livello internazionale. Sarà così anche nel mondiale nella sua patria?
Kopecki Tokyo 2021
Lotte Kopecki è l’unica belga di livello internazionale. Sarà così anche nel mondiale nella sua patria?

Poche” campionesse

L’unica vera stella del ciclismo rosa in Belgio è stata Yvonne Reynders, quattro volte iridata dal 1959 al ’66 e capace di salire sul podio anche dieci anni dopo, ma erano quasi anni pionieristici. L’ultimo alloro risale addirittura al 1973 con Nicole Vandenbroeck. Poi il nulla, acuito dalla crescita mastodontica delle vicine olandesi, che monopolizzano il settore ancor più di quanto facciano i belgi al maschile.

La differenza si sente, pesa, è sotto gli occhi di tutti. Una differenza che ha radici antiche, secondo il direttore tecnico della Federazione belga Frederik Broché: «E’ questione di cultura, di storia. Il Belgio ha sempre avuto campioni al maschile, grandi se non grandissimi e questi hanno influenzato le generazioni successive in un ciclo continuo. Non altrettanto si può dire per le donne. E in questo dobbiamo fare tutti un mea culpa, perché forse sia la federazione che i media potevano fare di più, anche se a dirsi è facile, farlo molto meno».

Broché 2021
Frederik Broché, 42 anni, ha corso da pro’ dal 2003 al 2006. Dal 2017 è direttore tecnico del ciclismo belga
Broché 2021
Frederik Broché, 42 anni, ha corso da pro’ dal 2003 al 2006. Dal 2017 è direttore tecnico del ciclismo belga

Mancano i numeri…

Broché lavora proprio a un’inversione di tendenza: «Ma non sono cose che realizzi dall’oggi al domani. Abbiamo aumentato le gare, ma il primo impegno deve essere quello della promozione, del fare proselitismo perché dalla quantità arriverà poi la qualità. Per avere una nazionale di livello serve un gruppo più grande di praticanti, ma perché ciò avvenga bisogna lavorare alla base e portare le bambine a fare ciclismo».

Perché, le donne nella patria belga non vanno in bici? «Ci vanno, ma non tanto per agonismo. Faccio un esempio: all’ultima edizione dei Campionati nazionali junior su strada hanno partecipato 40 ragazze. Non sono numeri questi che consentono di avere un’adeguata selezione. Perché ciò succede? Come ho detto, è questione di cultura: molte ragazze identificano il ciclismo come uno sport pericoloso, da praticare nel traffico con il rischio di cadere».

L’Olanda da decenni ormai domina. Domani schiererà tra le altre: Van Der Breggen, Van Dijk, Brand, Van Vleuten e Vos
L’Olanda da decenni ormai domina. Domani schiererà tra le altre: Van Der Breggen, Van Dijk, Brand, Van Vleuten e Vos

L’Olanda domina…

E’ davvero singolare il fatto che nella vicinissima Olanda il ciclismo femminile abbia invece soppiantato come risultati quello degli uomini, un paragone che fa soffrire?: «Soffrire è una parola grossa – risponde Broché – ma certamente il loro dominio un po’ influisce. Io penso che per certi versi sia un vantaggio, perché le ragazze olandesi sono un esempio per capire come fare. Vi garantisco comunque che i media locali fanno spesso paragoni, in certi casi impietosi…».

Il calendario internazionale ormai protende sempre più verso il parallelismo, ogni classica maschile ha il suo corrispettivo rosa, questo può aiutare?

«Sicuramente, in federazione si è deciso che le gare devono essere sia per uomini che per donne, con sviluppi separati. Il problema è che le cifre di partecipazione sono ancora ben diverse e non sufficienti al femminile per sostenere un calendario adeguato, per questo bisogna lavorare sulla promozione. Un risultato importante nella gara in linea di sabato aiuterebbe. Noi ci speriamo, Lotte Kopecki è stata quarta ai Giochi di Tokyo su un percorso più duro e non adatto a lei. La speranza c’è, ma contro le olandesi sarà durissima, certamente una sua medaglia sarebbe un incentivo per le giovani, sarebbe un regalo meraviglioso».

Lorenzo Masciarelli già da qualche anno vive, studia e corre in Belgio, con ottimi risultati
Lorenzo Masciarelli già da qualche anno vive, studia e corre in Belgio, con ottimi risultati

In bici per escursionismo

Fin qui Broché, ma abbiamo voluto saperne di più e per farlo abbiamo sentito uno che è testimone diretto non solo delle gare, ma della vita di tutti i giorni, l’azzurro di ciclocross Lorenzo Masciarelli che corre e vive in Belgio: «Qui il calendario su strada per gli juniores è anche più ricco di quello italiano. La partecipazione è ricca numericamente quando si tratta di gare internazionali, nelle regionali un po’ meno e questa differenza è amplificata a livello femminile. Nel ciclocross ad esempio, nelle gare delle categorie giovanili le praticanti sono molte meno che in Italia».

Allarghiamo il discorso prescindendo dall’agonismo, le donne vanno in bici?: «Se la consideriamo come puro mezzo di spostamento, allora sì, ne vedi tante in bici e anche la domenica, per le escursioni in gruppi, ce ne sono molte che pedalano, ma la maggior parte non ama l’agonismo, neanche a livello amatoriale. E’ davvero un problema di cultura, i ragazzi sognano di diventare campioni, le ragazze guardano ad altro. La Kopecki è abbastanza conosciuta, ma è un fiore nel deserto».