Ecco un estratto del libro “Gregario – Una vita a servizio dei campioni” che ripercorre la carriera di Alessandro Vanotti, scudiero di tanti campioni recenti tra cui Vincenzo Nibali, Ivan Basso e Danilo Di Luca. In queste righe, il racconto del Giro d’Italia 2013. Nibali è saldamente in maglia rosa, Vanotti lo segue come un’ombra. Ma all’improvviso…
Il 18 maggio la quattordicesima tappa arrivava a Bardonecchia. Pioggia, vento, freddo e anche la neve in quota convinsero l’organizzazione a modificare il percorso cancellando il Sestriere. Era un Giro disegnato benissimo, ma ancora una volta il maltempo ci stava mettendo lo zampino. A metà tappa purtroppo io forai e fui costretto a fermarmi per cambiare la ruota. Allo stesso tempo anche Vincenzo si fermò per un bisogno fisiologico e me lo ritrovai tra le ammiraglie mentre stava risalendo.
Cade Battaglin
L’asfalto era molto scivoloso, il caos della coda del gruppo non ci aiutava e la visibilità era ridotta. Riuscii a prendere due borracce e lo guidai verso la testa, anche se facevo fatica a tenerlo a ruota proprio per via della bagarre. Eravamo tutti sul lato destro della strada quando, pochi metri davanti a me, Enrico Battaglin impattò contro uno spartitraffico. La bicicletta volò da una parte, lui sbattè violentemente a terra proprio davanti a me.
Io stavo arrivando a tutta velocità, non ci fu nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Con la ruota anteriore lo andai a colpire sulle costole, la mia bicicletta inchiodò e io venni catapultato in avanti.
Spalla lussata, addio Giro
Rovinai a terra sbattendo la spalla destra e la schiena. Provai subito a rialzarmi per rientrare, ma un dolore lancinante mi bloccava. Spalla lussata, il ritiro fu inevitabile.
Stavo conducendo il Giro in controllo, con Nibali in maglia rosa e ora mi ritrovavo fuori dai giochi in un attimo. Mi portarono al pronto soccorso locale mentre Nibali, nella bufera di neve, staccava tutti i diretti avversari e arrivava al traguardo secondo, rinforzando la leadership in classifica.
In ospedale venne a prendermi Alexander Shefer, il primo direttore sportivo del team. Mi assistette come fosse un infermiere, mi vestì, mi allacciò le scarpe, mi caricò in auto e mi riportò in hotel. Prima di partire, mi guardò fisso negli occhi e mi lanciò un’idea folle, ma strategicamente straordinaria.
«Vanotti, tu sei troppo importante per Vincenzo. Se te la senti, resti con noi fino alla fine del Giro, stai in camera con lui, stai in gruppo, sei fondamentale». Come avrei potuto dirgli di no?
L’altro Giro di Vanotti
Iniziò così un mio secondo Giro, non senza difficoltà: i dolori erano davvero forti e affrontarli anche nella quotidianità, senza sforzi, fu complicato. Avevo però un vantaggio: essere con la squadra mi consentì di sottopormi subito a terapie mirate insieme allo staff medico per velocizzare il mio recupero.
Si rivelò un’esperienza meravigliosa. Salutavo la squadra alla partenza e la ritrovavo all’arrivo. Aspettavo ogni giorno Vincenzo in camera avendo avuto tutto il tempo per sbrigare ogni incombenza necessaria per lui ancor meglio del solito, con più tempo, più calma, più meticolosità.
Nibali che vola
Non seguivo le tappe in ammiraglia, ad eccezione della cronoscalata da Mori a Polsa, diciottesima tappa del Giro. Fu un’esperienza da fiato in gola, perché Vincenzo letteralmente volò. E mi resi conto, vedendolo da questo punto di vista inusuale, quanto stesse andando forte, quanta potenza avesse, quanto impulso riuscisse a dare alla sua pedalata.
Vinse quella cronoscalata e vinse anche sotto la nevicata fitta delle Tre Cime di Lavaredo, impreziosendo il trionfo finale. Aveva lasciato Rigoberto Uran a quasi 5 minuti, aveva conquistato il suo primo Giro d’Italia.
Il podio con la squadra
Sul podio finale di Brescia salii pure io insieme a tutta la squadra: i compagni vestiti da corridori, io con la divisa di rappresentanza. Mi sentivo totalmente parte di quel gruppo, di quella vittoria. Alzai il trofeo, guardai Vincenzo, guardai i miei compagni, mi commossi. Ringraziai con il cuore il team Astana per quell’idea.
In serata a Villa Fenaroli, a Rezzato, scoppiò la festa di squadra insieme a tutte le famiglie: un evento meraviglioso, grandioso, eravamo dentro a un sogno. Rientrato a Bergamo, altra festa con il mio fan club per il terzo Giro vinto da gregario e, dopo pochi giorni, partimmo per il Kazakistan per un’altra festa nel Paese della squadra.
In Kazakhstan da eroi
Furono giorni incredibili anche lì. Ci accolsero come eroi, la gente scese per strada ad acclamarci, le istituzioni ci omaggiarono, c’erano gigantografie di Nibali in ogni angolo del Paese. Le tv di Stato ci seguirono passo dopo passo: eravamo delle star.
Tornammo da quella sbornia di festeggiamenti e ripartimmo subito per un blocco di lavoro al Passo San Pellegrino perché c’era da preparare la Vuelta a cui Nibali puntava forte.
LA SCHEDA
Titolo: Gregario – Una vita a servizio dei campioni
Autore: Federico Biffignandi
Editore: Bolis Edizioni
Pagine: 200
Prezzo: 16 euro