Lorenzo Germani

Germani: «La crescita continua. Ora serve più sicurezza»

30.10.2025
6 min
Salva

Come spesso accade in questo periodo, è tempo di bilanci. Uno della sua stagione lo traccia Lorenzo Germani. Bilancio, ma anche e soprattutto sguardo al futuro. Le esperienze fatte per guardare avanti. In questi giorni il laziale della Groupama-FDJ è in pieno recupero. Qualche giorno di relax in località esotiche per farsi trovare ancora più pronto.

Germani ha chiuso bene il suo 2025 facendosi vedere parecchio soprattutto nella corsa finale, la Veneto Classic . Forse mai come prima in questi primi anni di professionismo è andato vicino alla vittoria, nonostante vanti diverse top 5. Si stava giocando quella che prima è una classica, dove in tanti corrono col coltello tra i denti alla ricerca di un contratto per l’anno dopo. Ma può bastare il quarto posto in questa corsa? Quanto può dare di più Lorenzo? Perché è cosa indiscussa che il talento c’è. Sentiamo cosa ci dice.

Lorenzo Germani
Lorenzo Germani (classe 2002) ha appena concluso la sua terza stagione da pro’
Lorenzo Germani
Lorenzo Germani (classe 2002) ha appena concluso la sua terza stagione da pro’
Lorenzo, che stagione è stata?

Direi prima di tutto che è stata una stagione lunghetta, iniziata a febbraio in Oman e conclusasi un paio di settimane fa alla Veneto Classic. La chiudo con 80 giorni di corsa, nonostante nel mezzo ci sia stato anche qualche ritiro con conseguente stop per delle cadute. E tante di queste gare le ho fatte nella seconda parte di stagione, il che non è stato facile pensando soprattutto agli allenamenti col caldo delle mie parti.

E come la giudichi dopo tre anni di professionismo?

E’ stata la mia miglior stagione. Vedo che sto continuando a crescere e a migliorare. Lo dicono i numeri, ma anche i risultati. Sono molto più costante. Anche al Giro d’Italia ho colto le mie fughe. Quindi direi più che soddisfacente rispetto all’anno scorso, quando ebbi molti problemi ad inizio stagione che in qualche modo mi portai dietro a lungo. Poi è vero: anche quest’anno ho avuto degli alti e dei bassi, ma se penso alle richieste della squadra ho sempre dato il mio contributo e alla Veneto Classic si è visto.

Tu, Lorenzo, sei passato con le stimmate del campioncino. Maglia tricolore, eri nell’infornata ristretta con Lenny Martinez e Romain Grégoire. Poi cosa ha funzionato e cosa ha funzionato meno secondo te?

Attenzione, sono passato professionista con loro, ma non ero comunque tra i fenomeni. Anche le corse che avevo vinto non le avevo vinte perché avevo distrutto gli altri, ma perché con la squadra (il riferimento è alla Groupama-FDJ Continental, ndr) visto il buon lavoro svolto avevo ottenuto il via libera. Non ho mai corso da leader, né da campione che va via di forza. Questa è la differenza fra me, Lenny e Romain. Io già facevo il mio lavoro in loro supporto. Solo che poi in quella categoria era una cosa e tutti ci vedevamo di più. Da pro’ invece è tutto più difficile. E’ più complicato trovare spazio per sé.

Germani ha vinto il campionato italiano U23 nel 2022
Germani ha vinto il campionato italiano U23 nel 2022
Quindi può essere anche una questione mentale?

Diciamo che io ci metto più tempo a trovare sicurezza ed equilibrio e ad arrivare così al mio massimo livello. Ma vedo che nel complesso miglioro anche grazie all’esperienza.

Cosa intendi?

Che adesso capisco cosa mi fa bene e cosa no. Cosa devo fare e cosa devo evitare. Che sia un cibo, un’azione in corsa, un allenamento.

Hai detto ci metto più tempo per arrivare al mio massimo: cosa manca dunque per raggiungere il tuo top?

Vorrei saperlo anche io! Se lo avessi saputo avrei vinto di più. Quel che posso dire è che continuo a crescere, ad impegnarmi e a fare del mio meglio.

Parlando tra di noi, spesso si diceva che dovevi avere più “cattiveria agonistica”: come la vedi?

Più che cattiveria, direi sicurezza in alcuni frangenti, specie quando sei là davanti in fuga. Essere più sicuro di quello che puoi e che devi fare. Vi faccio un esempio.

Come diceva Germani: «Alla Veneto Classic mi sono ritrovato con Ulissi e Vermeersch»
Vai…

Prendiamo proprio la Veneto Classic. Quando mi sono ritrovato davanti, per radio aspettavo il momento in cui mi fermassero e mi dicessero di aspettare Gregoire per riportarlo sotto. Invece questo ordine non è arrivato. Anzi, mi hanno detto che potevo fare la mia corsa. Così all’improvviso mi sono ritrovato con Ulissi, Veremeersch che in questo periodo va come una moto, ed altri che non sono proprio gli ultimi arrivati… Non sapevo come posizionarmi. A questo mi riferisco quando dico che mi serve maggiore sicurezza.

Sei stato chiaro e soprattutto sincero. Ma magari quella sicurezza arriva anche a forza di stare là davanti…

Chiaro, ma come ho detto non è facile trovare spazi. In quel momento non sapevo cosa fare. Tra l’altro Romain mi ha detto per radio, ma sul momento non l’ho sentito, me lo ha riferito a fine corsa: “Vai Lorenzo, oggi può essere il tuo giorno”. E mi dispiace non averlo sentito, perché mi avrebbe caricato tantissimo. Con Romain siamo molto amici. Io, ogni giro che passava, stando lì davanti prendevo più confidenza e fiducia.

E cosa hai fatto?

Ad un certo punto ho spento il cervello e ho pensato solo a dare il massimo.

Germani e Gregoire corrono insieme ormai da sei stagioni, anche quando non erano pro’. Tra i due c’è grande amicizia
Germani e Gregoire corrono insieme ormai da sei stagioni, anche quando non erano pro’. Tra i due c’è grande amicizia
Questo della sicurezza dunque può essere un aspetto su cui lavorare in vista dell’imminente stagione 2026 o è qualcosa che si acquisirà automaticamente col tempo?

Entrambe direi. Un po’ è qualcosa del tuo essere su cui devi lavorare e per farlo servono anche dei risultati concreti, che a loro volta ti aiutano. Poi è anche vero che quando ho avuto fiducia i miei risultati li ho ottenuti, sono entrato nelle fughe, ho svolto il mio lavoro. Quel che vorrei è che la Veneto Classic fosse un punto di partenza.

Sin qui Lorenzo abbiamo parlato di aspetti mentali, invece da un punto di vista fisico su cosa dovresti secondo te migliorare? I 5’, la resistenza, lo sprint…

Per come vanno oggi le corse dico la resistenza. Per me lì ci si può lavorare. Si va talmente forte che se riesci a fare i tuoi migliori valori a fine gara puoi davvero ottenere qualcosa di buono, ma non è facile visto il dispendio che c’è prima. Sempre alla Veneto Classic, per dire, ho stabilito il mio secondo miglior valore di sempre sul minuto. E l’ho fatto dopo una stagione lunga e una giornata durissima. Se invece arrivari nei finali di corsa sempre cotto quei numeri non riesci a farli. Credetemi, sembra una cosa banale, ma non è così.

Hai ribadito della tua amicizia con Gregoire: ti piace comunque lavorare per lui?

Romain è uno stimolo ed è un privilegio lavorare con lui. Ti spinge sempre verso l’alto. Se una corsa gli va male è il primo ad essere arrabbiato, ma anche il primo a dire che ci rifaremo. Mi ha stupito questa estate in Lussemburgo. Andò male una tappa. Sul bus ci disse: domani vinciamo. Poi non vinse il giorno dopo perché c’era una crono, ma quello successivo. Se hai 100 lui ti tira fuori 120… soprattutto quando stai bene.

E Germani presenta la Groupama-FDJ a Matteo Milan

22.08.2025
5 min
Salva

Matteo Milan arriva alla Groupama-FDJ. Giusto qualche giorno fa, dopo che era uscita la news di questo passaggio dalla continental della Lidl-Trek alla WorldTour francese, ne avevamo parlato col diretto interessato. Adesso invece andiamo oltre e in qualche modo già lo portiamo in Francia.

A fargli da Cicerone è Lorenzo Germani, l’italiano del team: Lorenzo che proprio in questi giorni purtroppo non se la sta passando benissimo. Il ciociaro ha dovuto lasciare anzitempo il Tour du Limousin a causa di una caduta nella quale ha riportato problemi alle costole e una forte botta all’inguine. Nonostante questo non ha perso la voglia (e il buonumore) per accogliere Matteo Milan.

Tra l’altro la foto d’apertura che ritrae Lorenzo col microfono in mano è perfetta per l’occasione. Quel giorno, era la tappa finale del Giro d’Italia, lo speaker lo chiamò giusto per presentare la sua squadra, i suoi compagni al pubblico romano. Chi avrebbe mai detto che quello scatto sarebbe stato premonitore?

Matteo Milan (classe 2003) ha firmato un triennale con la Groupama-FDJ Tours (foto Paris Tours Espoirs)
Matteo Milan (classe 2003) ha firmato un triennale con la Groupama-FDJ Tours (foto Paris Tours Espoirs)
Lorenzo, tu sei qui alla Groupama-FDJ già da diversi anni, sei ormai quasi un veterano, visto le rotazioni che ci sono. Che squadra è la Groupama per un ragazzo che arriva e vuole fare bene?

Una squadra che ti permette di crescere con, tra virgolette, la giusta pressione. Nel senso che non c’è quella pressione che deve esserci per forza: il risultato prima di tutto. In alcune squadre si sente questo tipo di stress, intenso, che viene posto dai direttori o da chi dirige. Invece a noi viene messa la pressione giusta dal punto di vista della crescita.

Qual è la giusta pressione?

Secondo me è quella che ti fa crescere, perché se uno dà tutto non c’è bisogno di mettergli pressione in più. Quando gareggi dai tutto te stesso, perché la prima cosa che vuoi è il risultato personale. Prendere la pressione in modo negativo non fa altro che peggiorare la situazione psicologicamente. Matteo troverà un ambiente molto familiare, sia a livello di staff che dirigenziale, e al tempo stesso molto professionale. Qui si vede molto l’aspetto umano, soprattutto con i giovani: la crescita è la parte più importante.

Insomma è la squadra ideale…

Per me sì, perché potrà fare certe corse, avere i suoi spazi. Qui un’opportunità alla fine c’è sempre e, ripeto, non avrà uno stress eccessivo.

Tu ci raccontasti del centro della vostra squadra? C’è una vera e propria sede: immagini che lui al primo anno ci starà parecchio?

No, Matteo essendo nel WorldTour non è obbligato a stare lì.

Ma magari una settimana gliela consiglieresti per entrare nel mood della squadra, anche se non è nella Continental?

Sinceramente no, perché il clima e i percorsi per allenarsi non sono super… Almeno per tempi prolungati. Anche se le strade sono belle. Magari gli potrebbe essere comodo inizialmente per qualche aspetto legato allo staff, ma non penso gli sia necessario. Lì ci sono gli uffici degli allenatori e i ragazzi della continental, ma al di fuori di questo non ci vedo tutta questa utilità.

Convivialità, ambiente familiare e professionalità: Matteo Milan troverà tutto ciò secondo Germani (foto Instagram)
Convivialità, ambiente familiare e professionalità: Milan troverà tutto ciò secondo Germani (foto Instagram)
Lorenzo, torniamo al discorso della giusta pressione: tradotto poi in concreto che cosa è? Non è il diktat “devi vincere la Sanremo” o andare forte per forza, ma obiettivi alla portata?

Esatto, ci sono obiettivi concreti. Magari non sarà bello da dire, ma è vero che in alcune corse sappiamo già chi vince o quasi. Alcune volte è giusto andare in gara sapendo dove ti collochi. Sapendo qual è il “tuo posto”. A quel punto sai anche quale obiettivo è fattibile. E su quello punti, piuttosto che pensare di spaccare il mondo e ritrovarti con un pugno di mosche in mano.

Tu conosci un po’ Matteo Milan?

No, e a memoria penso che non abbiamo mai corso insieme. Da quando ho saputo che sarà alla Groupama-FDJ c’è stato uno scambio di follow reciproco, però non abbiamo ancora parlato. Magari ci vedremo a Besancon, sede del team. Posso dire che sono davvero contento che sia venuto con noi e di avere dopo tanti anni un compagno di squadra italiano. Certo in Italia siamo un po’ distanti per allenarci insieme. Lui è del Nord e io sono parecchio più giù (Germani vive a Cassino, in provincia di Frosinone, ndr)

Da un punto di vista tecnico pensi che con la vostra bici, la Wilier, Matteo si troverà bene? Lui è uno grosso, potente…

La nostra è una bici (la Wilier Filante, ndr) molto versatile, quindi adatta a qualsiasi situazione. È abbastanza leggera e allo stesso tempo aerodinamica e rigida. Soprattutto le ruote sono molto rigide e vanno bene dappertutto. E questo per uno come lui è importante. Matteo può stare tranquillo: a livello di materiale trova componenti che gli si addicono.

Sicuramente Matteo sarà chiamato a fare qualche corsa della Coppa di Francia. In questo senso cosa gli vuoi dire?

Penso che siano le corse molto adatte al suo profilo. Da quello che ho visto è veloce, ma tiene sui percorsi un po’ più duri. Quindi ottimo direi… In più, avendo disputato parecchie gare di categoria .2 si troverà bene, sia dal punto di vista altimetrico che tattico.

Matteo Milan, rispetto al fratello Jonathan è più “passista” e meno velocista. Non a caso eccolo lo scorso anno agli europei gravel (foto Instagram)
Matteo Milan, rispetto al fratello Jonathan è più “passista” e meno velocista. Non a caso eccolo lo scorso anno agli europei gravel (foto Instagram)
Lorenzo, che consiglio ti senti di dargli per approcciare al meglio la Groupama-FDJ?

Io la vedo come una squadra molto aperta e familiare ed è una cosa che a me piace. Quindi il consiglio è di integrarsi bene e in fretta, perché danno grande importanza all’aspetto umano. E’ importante anche che sappia parlare francese, tanto più che si è impegnato per tre anni. Deve fare uno sforzo a livello di lingua. Se lo ritroverà e sarà anche più sereno.

E’ una squadra dove se hai un problema, magari una tattica su cui non sei d’accordo, un fraintendimento, un problema con la bici… lo puoi dire in modo sincero oppure è meglio tenerselo?

Può stare tranquillo e parlare. Qui sono aperti al dialogo. E’ importante per entrambi, per lui e per la squadra, perché alla fine l’interesse è che il corridore vada forte. Se una cosa può aiutarlo ad andare più forte è tutto a suo vantaggio.

Ultima domanda. Ma la pasta ormai la fanno bene? Può stare tranquillo Matteo Milan?

Sì, sì… i cuochi la fanno bene. Mi hanno detto che è arrivato uno nuovo che la scuoce un po’, ma appena lo becco lo metto in riga!

Niente altura: solo strada, sauna e rulli. Germani racconta

22.05.2025
6 min
Salva

CASTEL DI SANGRO – Lorenzo Germani si è preparato per il Giro d’Italia pedalando, andando in sauna e facendo i rulli in bagno, con l’acqua calda che scorreva. Ha fatto ricorso all’Heat Training: l’allenamento al caldo. Non è una pratica nuova. Abbiamo raccontato di Alberto Dainese che lo seguì preparando la Vuelta di quattro anni fa, ne avevamo già esplorato i concetti con Giacomo Notari, mentre la EF Education-Easy Post gli ha dedicato un interessante approfondimento sul proprio sito. Diversi atleti lo hanno eletto a metodo sostitutivo per l’altura: perché la quota non dà loro gli esiti sperati o perché allergici ai ritiri interminabili sul Teide, a Sierra Nevada, sull’Etna o Livigno.

L’obiettivo è tirare fuori il meglio dal proprio fisico e farlo in modo lecito. Dall’allenamento all’alimentazione. Di qualsiasi acrobazia vi capiti di leggere in questo senso, prendetela con un sorriso e la consapevolezza che una volta certi risultati si conseguivano col doping. Lo studio di metodologie lecite, ancorché insolite, testimonia di un ciclismo sano, curioso e proiettato verso la ricerca.

Così se ci sono atleti che trascorrono interminabili periodi in altura e altri che preferiscono hotel con camere ipobariche al livello del mare o tende ipossiche in casa, c’è anche chi punta ad aumentare il volume del plasma e ottenere adattamenti fisiologici favorevoli, ricorrendo al calore. Come appunto Germani, corridore di 23 anni della Groupama-FDJ, che al Giro d’Italia sta svolgendo un lavoro oscuro, ma potente e prezioso per la squadra (in apertura con David Gaudu). E forse, ora che il francese è uscito dalla classifica, avrà più spazio per sé. Intanto però gli abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza.

Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Perché puntare sull’adattamento al caldo? E’ stata un’idea tua oppure della squadra?

Avevo sentito di altri che lo facevano. Ho approfondito la questione e ho voluto provarla. Mi sono reso conto di avere notevoli benefici rispetto all’altura, che in realtà non mi ha mai dato grossi vantaggi. Così ne ho parlato con la squadra e già l’anno scorso per la Vuelta avevamo messo in pratica dei protocolli analoghi. Anche loro si sono trovati ad approfondire il tema e ci hanno fatto dei piani di allenamento mirati.

A cosa serve e quali sono i benefici di cui parli?

Ti alleni affinché nel giorno della gara la temperatura corporea risulti più bassa a parità di intensità dello sforzo. Si crea uno stato di beneficio generale. In più si perdono meno elettroliti quando si suda. Infine aumenta il volume del plasma, una cosa che normalmente si insegue nelle preparazioni in altura.

Come funziona?

L’ho suddiviso fra sauna e allenamento sui rulli. Preparando il Giro, l’ho fatto per tre settimane, un paio di volte a settimana. Uscivo in bici e dopo l’allenamento mi cambiavo e andavo diretto nella sauna. Ci stavo per mezz’ora a 80, 90 gradi. Poi uscivo e lasciavo che la temperatura rimanesse alta. Non mi gettavo acqua fredda sulle gambe come fanno alcuni, devi lasciare che il corpo impari da sé ad abbassare la temperatura. In alternativa facevo i rulli.

Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Sempre dopo l’allenamento?

Esatto. Rientravo, mettevo la bici sui rulli in bagno e aprivo l’acqua calda. Mi vestivo come un eschimese e mi mettevo a pedalare. Nella prima parte cerchi di spingere un po’ di più per far salire subito il cuore e poi guardi soltanto i battiti. Diciamo che in questo caso tra watt e cuore è inversamente proporzionale.

Perché vestirsi pesante? E basta aprire l’acqua calda oppure si usano stufette?

Basta l’acqua calda, che produce calore e umidità. Perché coprirsi tanto? Più ti vesti e meno devi spingere, perché la temperatura sale facilmente. L’importante è coprire bene le estremità del corpo, come le mani o la testa, perché ci sono più capillari e terminali nervosi.

Durante questa fase si può bere?

No, vietato. Bevevo prima e dopo, ma non durante, per ottenere il massimo vantaggio. Stessa cosa quando finivo, lasciavo che la temperatura rimanesse più alta possibile e il più a lungo possibile. La doccia ad esempio la facevo calda.

Quanto dura la seduta di rulli, mezz’ora come la sauna?

Un po’ di più, fra i tre quarti d’ora e l’ora.

In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
Quale delle due modalità è più redditizia?

In teoria dovrebbe essere lo stesso. Io preferivo la sauna, perché magari quell’oretta dedicata ai rulli avrei dovuto sottrarla al tempo per fare i lavori in bicicletta. Facendolo in attivo, quindi pedalando sui rulli, si crea ancora più fatica. Mentre in passivo, quindi in sauna, dovresti avere benefici, senza creare ulteriore stress al fisico.

Si hanno benefici progressivamente oppure alla fine delle tre settimane ti accorgi che qualcosa è cambiato in meglio?

Qualche cambiamento lo percepisci subito nell’adattamento al calore. Io ad esempio ho sempre sofferto la sauna, per cui inizialmente dopo un quarto d’ora dovevo uscire, prendermi un attimo di recupero e poi rientrare. Le ultime volte invece facevo 30 minuti filati. Stessa cosa con i rulli. La prima volta avevo tot battiti a tot watt, alla fine avevo gli stessi watt ma con meno battiti. I parametri sono questi.

Perché ricorrere a questi sistemi e non andare in altura?

L’ho fatta negli ultimi due anni e non ho visto grossi vantaggi e quindi ho preferito allenarmi di più, anche perché quando si va in quota ci si allena sempre un filo di meno.

Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Visto che sei andato da poco a vivere con la tua compagna, lei come ha preso i rulli e la temperatura tropicale nel bagno?

Ecco questa potrebbe essere la nota dolente (ride, ndr). Una volta aveva bisogno del bagno, ma ha dovuto aspettare che finissi e non era molto contenta. Invece un giorno avevo bisogno io di aiuto, ero disperato. Mi mancavano 20 minuti, ero proprio al limite della mia vita. E le ho chiesto di venire a darmi supporto morale e lei mi ha risposto che stava studiando e non poteva muoversi.

E tu?

Quando poi ci siamo ritrovati a tavola, le ho detto che ci ero rimasto male e che mi sarebbe bastata la sua compagnia. E lei ridendo ha detto di aver pensato che la volessi in bagno solo per scaldarlo ancora un po’, perché con un corpo in più la stanza sarebbe stata più calda…

A tutto Germani: il rinnovo, la crescita e il futuro della Groupama

16.11.2024
5 min
Salva

Lorenzo Germani ha concluso la sua seconda stagione con la Groupama-FDJ e in entrambi i casi è andato oltre quota 70 giorni di corsa. Il ciociaro viene spesso chiamato in causa dal team francese, che su di lui conta parecchio. A testimonianza di ciò è arrivato anche il rinnovo di contratto, che lo legherà alla formazione WorldTour transalpina fino al 2027. Germani è passato under 23 con il devo team e ha fatto tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Dopo quattro anni che mastica il francese la pronuncia si è consolidata, nel raccontarci la sua stagione gli scappa un accento perfetto. Nello scherzare con lui questo diventa l’appiglio per snocciolare i pensieri di una stagione difficile ma che lo ha visto comunque crescere. 

«Sono partito a correre presto, al Tour de la Provence – dice – e anche bene. Ma tra la prima e l’ultima tappa in gruppo c’è stata una serie di ritiri clamorosa, se si guarda alle statistiche lo si vede (dei 117 partenti del prologo di Marsiglia solo 68 sono arrivati all’ultima tappa ad Arles, ndr). C’è stata la diffusione di un virus intestinale, che ha colpito anche me. Da lì non sono riuscito a recuperare completamente, anche perché la squadra aveva tanti altri corridori fuori per infortuni o malanni».

La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa
La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa

Rincorsa continua 

Il calendario di Germani parla di una costante presenza in gare di alto livello, un fattore che sicuramente aiuta a prendere dimestichezza con il WorldTour. Tuttavia correre senza essere mai al top della forma in questo ciclismo può portare maggiore fatica nelle gambe.

«Non sono mai riuscito a rimettermi ad un ritmo corsa giusto – spiega Germani – nel senso che oltre a un po’ di riposo avrei avuto bisogno di un periodo di allenamento costante, per ricostruire la condizione. Sono arrivato fino al Giro d’Italia non con le gambe che avrei voluto per la mia prima presenza alla Corsa Rosa. L’ho comunque finito in crescendo e questo è stato un buon segnale per me».

Due Grandi Giri

Nelle sue due stagioni con la Groupama-FDJ il classe 2002 ha collezionato già tre presenze in grandi corse a tappe, con un Giro d’Italia e due Vuelta. 

«Dopo aver rifiatato a metà stagione – continua – ho ripreso gli allenamenti in vista della mia seconda Vuelta. E’ stata una gara tostissima, non ho mai sofferto così tanto. Nei primi dieci giorni il caldo ci ha distrutti, poi la seconda e terza settimana si saliva e basta. Penso però che quest’anno sia stato utile per crescere ulteriormente, fare due Grandi Giri in una stagione dà una marcia in più. Infatti una volta uscito dalla Vuelta ho fatto registrare i miei migliori valori, nelle ultime corse di stagione ho capito di stare bene.

«E’ anche un bel modo di progredire – continua – perché questo step mi consentirà di aiutare maggiormente i miei compagni. Un conto è tirare nelle prima fasi di gara, un altro è arrivare fino al momento decisivo. Al Lombardia sono riuscito a restare con i migliori e scortare Gaudu fino all’inizio della salita per la Colma di Sormano. Spero che questa stagione mi dia anche quel qualcosa in più per giocarmi le mie carte quando sarò chiamato a farlo».

Il cammino prosegue

La Groupama-FDJ a fine 2022 fece passare tra i professionisti un blocco di sette ragazzi che arrivavano dal devo team. Quel gruppetto di giovani corridori ha continuato il proprio cammino di crescita, ma dei sette iniziali ne sono rimasti solamente tre: Romain Gregoire, Enzo Paleni e il nostro Lorenzo Germani. Chi per un motivo e chi per un altro gli altri hanno lasciato il team francese che li aveva cresciuti. 

«Il rinnovo – spiega Germani – era nell’aria già da dicembre 2023, quindi avevo testimonianza della fiducia della squadra nei miei confronti. Questo mi ha fatto restare sereno in ogni momento della stagione. L’obiettivo è continuare a progredire e far parte del progetto Groupama».

Tra i nomi illustri che hanno salutato i vecchi compagni di avventura c’è quello di Lenny Martinez. Il francesino ha conquistato cinque vittorie nel 2024 e dalla prossima stagione vestirà i colori della Bahrain Victorious. Un addio difficile da digerire ma che fa parte delle scelte sportive di ogni corridore.

«Certamente – conclude Germani – il fatto che Martinez non sarà più con noi ci crea dispiacere. Allo stesso tempo credo che la squadra rimanga molto forte e nell’anno a venire potremo fare bene. Arrivano altri ragazzi forti del team di sviluppo e in più la squadra si è rinforzata con corridori di esperienza come Remì Cavagna e Guillaume Martin. In più rimane Romain Gregoire che nel finale di stagione ha fatto molto bene e ha ancora ampi margini di crescita».

Germani tra Giro e Vuelta: l’analisi di due fatiche diverse

05.09.2024
5 min
Salva

Le grandi fatiche di Lorenzo Germani alla Vuelta (immagine Groupama-Fdj in apertura) si distendono e trovano pace nell’ultimo giorno di riposo a Oviedo. Il tempo non è stato dei migliori, la pioggia picchietta sulle finestre dell’hotel e gli atleti ne approfittano per rilassarsi. Germani sta mettendo insieme, giorno dopo giorno, il suo secondo Grande Giro della stagione. Prima l’esordio al Giro d’Italia e poi il ritorno alla Vuelta Espana, esattamente un anno dopo il debutto. 

«Oggi (lunedì, ndr) – racconta Germani – è stato un giorno rilassante, disteso. Il brutto tempo ci ha impedito di fare la nostra sgambata, così ho deciso di non fare nulla. Ci fosse stato il sole, una pedalata a ritmi blandi l’avrei fatta volentieri, ma vista la pioggia ho rinunciato. Non aveva senso fare i rulli giusto per farli, mi sono detto che sarebbe stato meglio fermarsi totalmente».

Recupero assoluto nel secondo riposo a Oviedo (foto Groupama-FDJ)
Recupero assoluto nel secondo riposo a Oviedo (foto Groupama-FDJ)

Giorni difficili

Quelle della Vuelta non sono state fino ad ora tappe facili, la seconda settimana ha messo il carico da cento sulle gambe degli atleti. Il caldo spagnolo non ha risparmiato la carovana, lo si è visto nei giorni passati. A farne le spese è stato anche Antonio Tiberi, ritiratosi per un colpo di calore nella nona tappa, con arrivo a Granada. 

«Ho passato una serie di giorni non facili – spiega Germani – ma ho terminato abbastanza bene la settimana. I primi nove giorni c’erano temperature medie sopra i 40 gradi centigradi, tanto che non capivo se fossi io a stare male o il caldo a svuotarmi. Era come se ci fosse un forno aperto davanti alle nostre facce, anche in discesa non ti raffreddavi. Mi sentivo bloccato, sia con il respiro che con le gambe. Poi la seconda settimana siamo saliti a nord, le temperature erano minori ma l’umidità era talmente elevata che si sudava anche a stare fermi».

L’unica cronometro corsa fino ad ora è stata quella di Lisbona del primo giorno
L’unica cronometro corsa fino ad ora è stata quella di Lisbona del primo giorno

Due fatiche diverse

Germani dopo il Giro ha riposato, ripartendo con la preparazione in vista della sua seconda Vuelta. Proprio questa partecipazione a due dei tre Grandi Giri ci ha fatto chiedere come sia viverli dall’interno. Quali sono le differenze e come si affrontano queste due fatiche simili ma in realtà tanto diverse. 

«Qui in Spagna – analizza – nella seconda settimana abbiamo fatto più di 4.000 metri di dislivello al giorno. Mentalmente e fisicamente è difficile da gestire, non hai una tappa che ti permette di respirare. Non ci sono state tappe in cui staccare, come può essere una cronometro o una frazione pianeggiante. Da martedì a domenica è stato un costante martello pneumatico».

«Anche al Giro abbiamo incontrato giorni caldi – continua – ma non a questo livello, sarà anche il periodo dell’anno. Ci sono state anche le tappe dure e impegnative, ma in stile normale. Magari c’era una tappa piatta, poi una vallonata e infine una o due di montagna con salite lunghe ma pedalabili».

Le salite alla Vuelta sono delle rampe verticali con pendenze sopra al 10 per cento che fanno male alle gambe
Le salite alla Vuelta sono delle rampe verticali con pendenze sopra al 10 per cento che fanno male alle gambe

Le salite

Alla Vuelta si sa che non ci sono montagne simili alle nostre, le salite sono più brevi ma verticali, quasi dei muri. Questo fa una grande differenza nel metodo di approccio della fatica. 

«Ci sono state scalate brevi – spiega ancora Germani – ma molto molto ripide. Ieri (domenica, ndr) sul Cuitu Negru pensavo di ribaltarmi all’indietro. C’è stato un tratto al 24 per cento. Sembrava una di quelle strade private che usano i pastori per portare al pascolo i greggi, non mi stupirei fosse davvero così. Abbiamo pedalato per diverse volte su tratti lunghi, tipo 5 chilometri, a pendenze del 12 per cento. Al Giro non hai queste cifre, le salite sono più lunghe e dolci ed è un costante sali e scendi. La pendenza media è del 7 per cento, non del 10 o 11».

La prima settimana si è corsa tutta con la temperatura superiore ai 40 gradi (foto Groupama-FDJ)
La prima settimana si è corsa tutta con la temperatura superiore ai 40 gradi (foto Groupama-FDJ)

Corridori diversi

Tutto questo influisce sulla fatica fatta dai corridori e sulle scelte delle squadre, infatti in Spagna è difficile vedere dei velocisti puri. 

«Le squadre – racconta Germani – hanno portato tanti scalatori e passisti scalatori a supporto del leader, come Nico Denz. L’atleta che si avvicina per caratteristiche ai velocisti è Groves, ma definirlo tale è riduttivo. Se dopo una tappa con 3.000 metri di dislivello arrivi davanti e vinci, vuol dire che sei forte anche in salita. Infatti il gruppetto qui va davvero forte, il livello è alto. Al Giro, invece, i velocisti puri c’erano e capitava che si chiamasse gruppetto già dal chilometro zero. Qui no, tutti vogliono rimanere attaccati e provare a resistere. Parlavo con De Gent qualche giorno fa, mentre eravamo nel gruppetto, scherzando mi ha detto che avrebbe fatto meglio a ritirarsi alla fine del 2023, considerando che manca ancora una settimana di gara».

Le differenze tra i leader non sono così marcate, la corsa diventa molto aperta e imprevedibile
Le differenze tra i leader non sono così marcate, la corsa diventa molto aperta e imprevedibile

Fuori i tre tenori

Un altro tema che ha tenuto banco per quanto riguarda la Vuelta è l’assenza di Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel. Questo ha aperto la possibilità a tutti gli altri di potersi giocare la vittoria di una Grande Giro, cosa non da poco visti i tempi in cui viviamo. 

«Ogni giorno è una bagarre – replica Germani – ci sono molti pretendenti alla vittoria di tappa e questo il gruppo lo sa. Le fughe prendono forma di forza e hanno grandi possibilità di arrivare in fondo, sono tutti super agguerriti. Non c’è la squadra forte che va a prendere i fuggitivi tutte le volte, come era la UAE al Giro. I ragazzi della Decathlon AG2R tirano ma non vogliono rientrare sui primi, quindi la fuga anche con 6 o 7 minuti sa che può giocarsi la vittoria. Al Giro non eri sicuro di arrivare al traguardo nemmeno con 10 minuti.

«I distacchi in classifica generale sono contenuti – conclude – a testimonianza che c’è un corridore più forte, Roglic, ma che non domina in lungo e in largo. Roglic, Mas, Carapaz e Landa sono racchiusi in due minuti. Al Giro Pogacar aveva questo vantaggio alla fine della prima settimana».

EDITORIALE / Campionato italiano, non tutto rose e fiori

24.06.2024
6 min
Salva

Diciassette corridori all’arrivo su 155 partenti. L’ordine di arrivo del campionato italiano è un lungo elenco di DNF che un po’ falsa la percezione di come è andata davvero la corsa. La vittoria di Bettiol è stata un flash che ha coperto con la sua luce quello che accadeva alle spalle. E mentre abbiamo ancora negli occhi la sua azione prepotente e sfrontata e la bellezza del suo sorriso sul traguardo, forse è arrivato il momento di guardare là dietro per capire cosa sia successo.

«Il mio campionato italiano – dice Lorenzo Germani, unico atleta della Groupama-FDJ in gara – è stato uguale a quello di chi si è ritirato dopo 5 chilometri e non è vero. Ho provato ad anticipare sul circuito, prima che i pezzi grossi aprissero il gas. Ho resistito fino all’accelerazione di Ciccone e a quel punto mi sono ritrovato con Oldani, Albanese e Vendrame e le ammiraglie della Cofidis e della Arkea a farci da apripista nel traffico. Abbiamo cercato di finire la corsa, avevamo meno di 8 minuti dai primi, ma ci hanno messo fuori durante l’ultimo giro. Il carro scopa e le ambulanze ci hanno passato senza motivo. Volevamo raggiungere il traguardo, ma abbiamo trovato le transenne in mezzo alla strada. Visto anche quello che è successo nei primi 40 chilometri, mi chiedo se fossimo davvero in un campionato italiano dei professionisti…».

Marco Frigo, 17° e ultimo corridore classificato a 3’06”. Gli altri dietro, tutti fuori corsa
Marco Frigo, 17° e ultimo corridore classificato a 3’06”. Gli altri dietro, tutti fuori corsa

Problemi in partenza

Che cosa è successo nei primi 40 chilometri? Ve lo diciamo fra un momento. Prima però facciamo un passo indietro e torniamo al mattino, quando eravamo tutti a Piazzale Michelangelo, per le operazioni di partenza.

Il sistema dei parcheggi è andato in tilt. Senza una vera gestione, si sono ritrovate auto stampa e mezzi della Polizia in mezzo ai pullman delle squadre. E quando il piazzale si è riempito, i pullman Lidl-Trek, Tudor Pro Cycling, VF Group-Bardiani e Team Polti sono stati messi sulla strada, nella corsia dei bus turistici. Questo ha fatto saltare i nervi ai gestori dei chioschi di souvenir che si sono visti bloccare gli affari per gran parte della mattinata. Pace.

Il via è stato dato con un quarto d’ora di ritardo, perché si aspettava Eugenio Giani, il Governatore della Toscana. Non si sa se perché a Firenze fosse giorno di elezioni comunali o se per motivazioni personali, sta di fatto che Giani non c’era e i corridori hanno atteso sotto la pioggia che arrivasse.

«Sulla partenza – spiega Liliana Di Giacomo della Larcianese – abbiamo cercato di attendere il governatore Giani, in quanto Regione Toscana è stata sponsor principale dell’evento e ci pareva giusto portare il massimo rispetto. Siamo subentrati dopo la rinuncia di un altro organizzatore a meno di 45 giorni dall’evento e vogliamo ringraziare il governatore Eugenio Giani. Senza il suo intervento non sarebbe stato possibile realizzare questi campionati Italiani. L’esclusione dei corridori è avvenuta quando il distacco sfiorava il quarto d’ora e avevano da affrontare ancora una volta la salita. Quindi ci avrebbero messo in difficoltà col traffico e con la sospensione della circolazione ordinata dalla Prefettura di 15 minuti».

I numeri non coincidono. I corridori coinvolti portano i loro dati su Strava per dimostrare che le distanze fossero inferiori e il ritardo ben più leggero. Roberto Damiani, che apriva la strada ai ritardatari con l’ammiraglia della Cofidis, parla di 3’45” dalla testa della corsa al penultimo passaggio sul traguardo. «Oldani è arrivato 18° a meno di 8 minuti e trovando le transenne chiuse ai 200 metri dall’arrivo. E’ falso che avessimo quasi 15 minuti di ritardo».

Quando il Governatore Giani è arrivato, la corsa è potuta finalmente partire (foto Valerio Pagni)
Quando il Governatore Giani è arrivato, la corsa è potuta finalmente partire (foto Valerio Pagni)

Tempi troppo stretti

Ma non è solo questo che non ha funzionato in un campionato italiano che, volendosi concentrare unicamente sulla giornata conclusiva, ha presentato diverse criticità. Per amor del vero, va ribadito che le società intervenute per organizzarlo hanno avuto poco tempo a disposizione.

La Federazione aveva dato mandato alla Lega di organizzare i tricolori e la scelta, dopo un bando, era caduta su Extra Giro, la società del mondiale di Imola 2020 e del tricolore 2021. Ci sono stati i primi contatti a ottobre, poi gli incontri con Regione Toscana a dicembre e gennaio. La società romagnola chiedeva le lettere di affidamento economico – così spiega Marco Selleri – e visto che queste non arrivavano e vantando già crediti nei confronti di altre Amministrazioni, il 20 marzo Extra Giro si è tirata indietro.

La ricerca di chi subentrasse non è stata evidentemente agevole. Finché il Comitato regionale toscano, supportato dalla Regione, ha preso in mano la situazione, creando un pool fra varie società: nel weekend, la Larcianese e la US Aurora. Si sono rimboccati le maniche. Ci hanno provato. Hanno puntellato la situazione, ma questo non è bastato per tenere ogni aspetto sotto controllo.

La UC Larcianese ha fatto del suo meglio, ma forse avrebbe avuto bisogno di altro supporto
La UC Larcianese ha fatto del suo meglio, ma forse avrebbe avuto bisogno di altro supporto

I primi 40 chilometri

Veniamo dunque ai primi 40 chilometri. Già durante il ritorno a casa, abbiamo ricevuto messaggi da corridori di una certa esperienza come De Marchi, Trentin e Oldani. Pare che anche Ganna avesse un diavolo per capello. Damiani ci ha fornito altre conferme. Traffico contromano durante il trasferimento. Incroci scoperti e auto che entravano e attraversavano. Traffico fermato pochi secondi prima del passaggio del gruppo, con veicoli fermi dietro le curve. Chi si è fermato per fare la pipì oppure ha bucato, nel rientrare si è trovato con auto private che si infilavano nella coda delle ammiraglie, anche contromano. Almeno fino al Mugello, i corridori hanno definito la situazione imbarazzante sul piano della sicurezza. Poi nel circuito le cose sono migliorate.

Per fortuna non ci sono stati incidenti. A un certo punto però, all’ennesima auto entrata nel gruppo, i corridori hanno rallentato fino quasi a fermarsi. Qualcuno ha proposto di chiuderla lì, ma sotto la spinta delle squadre più numerose (e anche grazie al senso di responsabilità), il campionato italiano è andato avanti. Persone accanto all’organizzazione hanno parlato di disposizioni modificate al mattino, quando tutto era già stato definito come nella gara delle donne del giorno prima. Sarà vero? E perché farlo?

Mentre Bettiol riceveva il premio dal Governatore Giani, non si aveva la percezione di quanto fosse accaduto
Mentre Bettiol riceveva il premio dal Governatore Giani, non si aveva la percezione di quanto fosse accaduto

Il rischio di Bettiol

All’arrivo non si è avuta percezione di tutto questo. Il buffet, l’accoglienza trionfale per Christian Prudhomme e la musica hanno coperto quanto intanto accadeva in corsa. C’era persino l’arco dell’arrivo messo in curva, sebbene ci fosse lo spazio per metterlo in rettilineo. Nessun problema, visto l’arrivo a ranghi ridottissimi. Se invece fosse arrivato un gruppetto in volata?

Alberto Bettiol ha conquistato la maglia tricolore davanti a 16 sfidanti e nulla di ciò che è accaduto dietro avrebbe potuto incidere sul risultato. Tuttavia il gruppo alle sue spalle era molto più numeroso e i corridori che erano ancora nei tempi consentiti meritavano di concludere la corsa. Allo stesso modo in cui meritavano un’organizzazione all’altezza dell’evento che assegna il simbolo più importante della Federazione ciclistica: la maglia tricolore. Forse oltre ad assegnare l’incarico, si sarebbe potuto valutare meglio le forze in campo ed eventualmente intervenire in loro supporto. Magari il Comitato regionale toscano avrebbe avuto bisogno di supporto. Per fortuna è andata bene.

Probabilmente Bettiol, partito per ultimo da Piazzale Michelangelo, non si è accorto nemmeno che al suo uscire dalla zona transennata, un’auto di servizio si è avviata convinta che fossero già usciti tutti e ha rischiato di centrarlo. Chi c’era ha imprecato in modo violento. E’ proprio vero, quando una giornata nasce sotto la buona stella, non c’è proprio nulla che possa mandarla di traverso.

Germani, raccontaci: dopo Liegi, il battesimo del Giro

28.04.2024
6 min
Salva

Questo articolo merita un preambolo. Avevamo indetto un contest social legato alle prime quattro Classiche Monumento, chiedendo di indovinare il podio. Fra i tanti voti arrivati, un solo lettore ne ha indovinato uno in pieno: quello della Sanremo. Il suo nome è Silvano Parodi. Il suo premio: la scrittura di un articolo, con la relativa intervista da fare. Il personaggio prescelto è stato Lorenzo Germani. Il tema: la sua prima Liegi e il debutto al Giro. Silvano Parodi è un genovese classe 1980 che ha corso fino agli under 23. Ecco il suo primo articolo su bici.PRO.

Sulle strade delle Ardenne abbiamo seguito Lorenzo Germani alla sua prima esperienza in queste classiche. Tante le curiosità, impossibili da sintetizzare in un solo pezzo. La sua capacità di limare, ma con cautela: «Perché è facile che il gruppo se la prenda con un giovane un po’ troppo irruento, piuttosto che con il trentenne che in una sola curva recupera 20 posizioni». Le attenzioni per la bicicletta: «Non sono un maniaco di gomme e pressioni, ma ci sono giorni che mi fermo anche più di una volta per controllare le tacchette. I miei compagni mi prendono in giro per questo». E poi la lingua ufficiale del team, che cambia in base alla presenza dei corridori: «Alla Liegi ero l’unico italiano in mezzo ai francesi, ma a volte capita anche che si usi l’inglese». Siamo andati da lui prima della partenza per il Giro per sentire le sue impressioni (in apertura, foto Getty/Instagram).

La Strade Bianche è stata la prima gara WorldTour del 2024 per Germani (foto Getty/Instagram)
La Strade Bianche è stata la prima gara WorldTour del 2024 per Germani (foto Getty/Instagram)
Ciao Lorenzo, raccontaci com’è andato questo avvicinamento alla tua prima Liegi tra i grandi.

Ho fatto un calendario di alto livello, praticamente tutte gare WorldTour: Strade Bianche-Tirreno-Sanremo-Baschi. Inizialmente le Ardenne non erano nemmeno previste, ma causa alcune variazioni di programma, mi sono ritrovato nella squadra selezionata. La stagione non era iniziata nel migliore dei modi, a causa di un virus preso al Tour de Provence, che mi ha tolto qualche giorno di allenamento.

La Liegi che corsa è?

E’ la corsa più dura che abbia fatto sino ad ora. Alla durezza del percorso, quest’anno si sono sommate delle condizioni atmosferiche pessime: nella prima parte le temperature erano molto basse, abbiamo preso anche del nevischio.

Qual è la parte più dura del percorso?

Ancora più della Redoute, la parte cruciale del percorso è il trittico Wanne-Stockeu-Haute Levée. Oltre alle salite in sé, è fastidioso il tratto di pavé che segue la discesa dello Stockeu e precede la Haute Levée.

Alla partenza della Liegi con Madouas, scongiurando il gelo della Freccia (foto Getty/Instagram)
Alla partenza della Liegi con Madouas, scongiurando il gelo della Freccia (foto Getty/Instagram)
Come si è svolta la tua corsa?

Sono rimasto imbottigliato nella maxi caduta che ha coinvolto tra gli altri Pidcock e Van der Poel. Questo ha fatto sì che la gara diventasse ancora più dura. Dietro ho dato una mano a ricucire, visto che la Alpecin aveva solo un uomo e i ritmi erano altissimi, perché davanti la corsa era ormai scoppiata.

A quel punto corsa chiusa?

Dopo ho pensato solo a finirla e ad accumulare esperienza per i prossimi anni, visto che in questo tipo di corse è importante farne tanta e conoscere bene i percorsi

Come squadra con che piani eravate partiti?

Avevamo come leader Grégoire e Gaudu. Gaudu era davanti ma ha subito una foratura nella discesa della Redoute. Grégoire è rimasto coinvolto nella caduta e ha speso una bella cartuccia per rientrare, che ha poi pagato nel finale. Come collettivo eravamo una bella squadra, lo dimostra il fatto che nonostante questi intoppi abbiamo ottenuto una top 10 con Madouas

Dopo la caduta prima della Cote de Wanne, la Doyenne per Germani è stata un lungo inseguire a favore del team (foto Getty/Instagram)
Dopo la caduta prima, la Doyenne per Germani è stata un lungo inseguire (foto Getty/Instagram)
Sei riuscito ad alimentarti correttamente?

In corsa ognuno ha il suo piano alimentare stampato sul manubrio, con i carboidrati da assumere ora per ora. Rispettarlo al 100 per cento non è semplice, soprattutto in fasi concitate, anche questo è un punto su cui con l’esperienza si riesce a essere più rigorosi.

Vista anche l’ottima esperienza avuta con la Liegi under 23, hai la conferma che è una corsa che ti si addice?

La gara professionisti e quella under 23 sono su due piani diversi, però è una corsa che mi piace. Il primo obiettivo per il prossimo anno sarà arrivare competitivo alla Redoute, magari in appoggio ai compagni, e poi vedremo. Sognare non costa nulla.

Sei stato anche uno dei tre soli italiani a terminare la Freccia Vallone…

La Freccia è stata ancora peggiore come clima: in partenza non erano previste condizioni così avverse. Anzi il fatto che le prime due ore siano state abbastanza calde e le ultime tre freddissime  (con anche neve e grandine) ci ha sottoposto ad uno sbalzo termico che ha messo fuori causa gran parte del gruppo.

Germani ha capito che la Liegi potrebbe fare al caso suo, ma con i giusti tempi (foto Getty/Instagram)
Germani ha capito che la Liegi potrebbe fare al caso suo, ma con i giusti tempi (foto Getty/Instagram)
Ora ti aspetta il Giro, come stai trascorrendo questi giorni?

Mi sto allenando (e recuperando) sulle strade di casa. Un po’ mi spiace non aver potuto fare un periodo di altura come l’anno scorso prima della Vuelta, ma visto il fitto calendario e la partecipazione alle classiche delle Ardenne non c’è stato spazio per organizzarlo. 

Tempo fa ci avevi raccontato di aver chiesto di incrementare i carichi di lavoro al tuo preparatore, è stato dato seguito a questa richiesta?

Nella fase invernale sì. Quando sono iniziate le corse, come dicevo prima, il virus preso al Provenza ha scombussolato un po’ i piani facendomi perdere qualche giorno di allenamento. Poi, visto il fitto calendario, il grosso del lavoro è stato fatto in corsa.

Con quali aspettative personali e di squadra vai al Giro?

Come squadra andremo con l’idea di essere più orientati sulle volate. Abbiamo Pithie che ha fatto un ottimo inizio stagione e potrebbe puntare ad una buona classifica per la maglia ciclamino. Nelle tappe non da volata invece godremo di più libertà. Spero si crei anche qualche buona occasione a livello personale.

Lo scorso anno, la Vueta è stata il primo grand Giro di Germani, che sta per debuttare al Giro
Lo scorso anno, la Vueta è stata il primo grand Giro di Germani, che sta per debuttare al Giro
Una tappa, la Avezzano-Napoli, toccherà anche le tue zone di allenamento: volata o fuga?

I primi 150 chilometri sono in pratica una superstrada, l’ultima parte invece è molto tecnica con salitelle e percorso nervoso. Potrebbe spezzarsi il gruppo e arrivare un 60-70 corridori. Sulla carta è molto adatta al nostro Pithie.

Buon viaggio Lorenzo, ci vediamo sulle strade del Giro!

Martinez, il messaggio di Pinot e la lezione della Vuelta

01.02.2024
5 min
Salva

Nella Groupama-FDJ che nell’ultima stagione ha perso con Demare e Pinot le colonne di una vita, forse pochi si aspettavano che Lenny Martinez potesse sbocciare così presto e così bene. Lo scalatore francese, che nel 2021 si era presentato al pubblico italiano vincendo il Giro della Lunigiana, negli stessi giorni della corsa ligure ha sfiorato una tappa alla Vuelta Espana conquistando la maglia di leader, a capo di una stagione davvero positiva, consacrata con la vittoria nella CIC Mont Ventoux (foto di apertura).

Martinez faceva parte della stessa infornata U23 di Gregoire e Germani, Watson e il Pithie che ha appena vinto la Cadel Evans Great Ocean Road Race. La sua stagione inizierà il 16 febbraio nella Classic Var e poi proseguirà con il Tour des Alpes Maritimes, prima del Gran Camino e il Catalunya. Approfittando del secondo ritiro spagnolo della squadra, abbiamo cercato di capire che cosa gli passi per la testa alla vigilia del secondo anno nel WorldTour.

Lenny Martinez è nato a Cannes l’11 luglio del 2003 . Suo padre è Miguel Martinez, olimpionico di MTB
Lenny Martinez è nato a Cannes l’11 luglio del 2003 . Suo padre è Miguel Martinez, olimpionico di MTB
Ma prima facciamo un passo indietro: ti aspettavi una stagione così buona per il primo anno?

No, non mi aspettavo necessariamente una stagione così bella (sorride, ndr). Mi ero detto che per essere bella, mi sarebbe bastata una stagione regolare, ma non mi aspettavo molto perché nel primo anno non si sa mai. Il livello è piuttosto alto, ma col passare dei chilometri, correndo nel mio solito modo, ho visto che le cose funzionavano.

Sei rimasto più impressionato dalla vittoria al Ventoux o dalla prima settimana alla Vuelta?

Col senno di poi, direi la prima settimana della Vuelta. Tuttavia a livello emotivo mi è piaciuta di più la vittoria, perché era una vittoria. E’ arrivata forse inaspettata, eppure quei pochi secondi sul Ventoux sono stati un momento molto forte che resta nella memoria.

Che cosa ha rappresentato per te la partecipazione al primo grande Giro?

Molta esperienza, la possibilità di crescere. E’ stato davvero bello vedere come abbiamo lavorato per preparare la Vuelta e ora non vedo l’ora di rifarlo e provare semplicemente a fare meglio. Perché adesso so cosa aspettarmi da quelle tre settimane.

Martinez è professionista dal 2023. E’ stato leader della Vuelta per due tappe. E’ alto 1,68 e pesa 52 chili
Martinez è professionista dal 2023. E’ stato leader della Vuelta per due tappe. E’ alto 1,68 e pesa 52 chili
Alla partenza della Vuelta sei arrivato con dubbi o certezze?

Non necessariamente dubbi e neppure certezze, mi dicevo che sarebbe stato bello anche solo finirla. Avevo in testa che sarebbe stato bello arrivare a Madrid e se poi fosse venuto qualche risultato, sarebbe stato fantastico. Alla fine è andata proprio così, ma non sarebbe sato un problema portarla a termine senza risultati, perché in ogni caso avrei imparato qualcosa.

Che cosa ricordi del giorno dell’Osservatorio Astrofisico de Javalambre, in cui sei arrivato secondo prendendo la maglia di leader?

Ricordo che è stata una giornata molto dura, soprattutto questo. Ho avuto il supporto dei miei compagni sin dalla partenza, senza di loro non avrei potuto prendere la maglia rossa. L’ultima salita è stata molto dura, si andava un po’ troppo forte per me. Ma alla fine non sono arrivato troppo lontano da Kuss (il distacco al traguardo è stato di 26”, ndr) e la sera ero contento.

Puoi descriverci in che modo si manifestava la stanchezza con il passare dei giorni?

C’è stanchezza mentale. Preferisci restare a letto e dopo un po’ preferisci riposarti piuttosto che andare a correre. C’è anche l’affaticamento muscolare. Te ne accorgi quando la tappa parte molto forte e tu non sei pronto, senti le gambe gonfie e un po’ rotte. Di solito inizia a migliorare dopo la prima ora e mezza e in certi giorni per arrivare alla fine della tappa devi essere davvero bravo. Ma anche le partenze sono faticose…

Nel 2022 Martinez ha vinto due tappe alla Ronde de l’Isard, dopo il Val d’Aosta (foto Richard Corentin)
Nel 2022 Martinez ha vinto due tappe alla Ronde de l’Isard, dopo il Val d’Aosta (foto Richard Corentin)
Tutto questo ti ha permesso di conoscere meglio te stesso e le tue capacità di recuperare?

Ho imparato qualcosa su tutto questo. Ho imparato anche a non mollare. All’inizio stavo bene, poi sono caduto, mi sono ammalato e alla fine sono riuscito a ritrovare le forze e delle buone sensazioni. Ho imparato che in un grande Giro un giorno puoi stare malissimo e il giorno dopo invece vincere. Quindi devi sempre credere in te stesso, devi imparare a gestire questi giorni. Devi imparare a gestire tutte le giornate.

Ti aspettavi che il gruppo Continental andasse così bene nel suo primo anno di WorldTour?

No, non necessariamente. Pensavo che avremmo fatto bene, con l’obiettivo di imparare e alla fine oltre a questo, sono arrivati i risultati. Diciamo che è andata bene.

A fine carriera, Pinot ha detto ai suoi compagni di prendersi cura della squadra. Cosa pensi che volesse dire?

Thibaut ha fatto crescere molto la squadra. Noi siamo i suoi successori e dobbiamo prenderci cura della squadra e continuare a farla crescere come ha fatto lui. Ma non è una cosa semplice, può voler dire tutto e niente. Tirare su la squadra significa assicurarsi che stia progredendo, vincere le gare, fare in modo che la squadra sia la migliore che può essere.

Lombardia 2023, l’ultima corsa di Pinot, che ha lasciato un’importante eredità (foto nicolas_le_goat / lequipe)
Lombardia 2023, l’ultima corsa di Pinot, che ha lasciato un’importante eredità (foto nicolas_le_goat / lequipe)
Che differenza vedi tra la preparazione dello scorso inverno e quella di quest’inverno?

Nessuna differenza perché quest’inverno mi sono allenato esattamente come l’inverno scorso, in termini di ore e tutto il resto. Quindi ho semplicemente aggiunto un po’ di corsa a piedi, un po’ di lavoro in palestra sollevando pesi. Ma a parte quello, in bici non avevo ancora aumentato i volumi. Questo ritiro sta dando ottimi frutti, stiamo vivendo delle settimane fantastiche e proprio qui ho iniziato ad aumentare i carichi di allenamento.

Stai lavorando su un punto particolare?

Soprattutto sullo sprint. Gli scatti. I lavori brevi. Lavoro un po’ su tutto per diventare un corridore completo. Dopo il primo anno WorldTour ho capito che non potrò mai vincere uno sprint di gruppo, ma so che posso fare bene su salite da 10 minuti e anche da un’ora. Per questo penso di essere uno scalatore. Le salite mi stanno bene tutte. Quelle lunghe e anche quelle più corte.

Groupama-FDJ: budget dimezzato dalle tasse, si lavora di fantasia

04.01.2024
5 min
Salva

Il tempo che il fratello Yvon decidesse di andare in pensione a 61 anni e Marc Madiot ha pensato di affidare il suo ruolo a Philippe Mauduit (foto Instagram/Groupama in apertura). Il direttore sportivo di Tours, approdato nel team dal 2019 dopo esperienze notevoli nelle principali squadre WorldTour, ne è così diventato responsabile del Settore Corse. Nel frattempo il team ha perso Thibaut Pinot e Arnaud Demare e, come ci ha raccontato Lorenzo Germani nei giorni scorsi, si affida a corridori ormai navigati come Gaudu e Kung e alla linea verde dei giovani saliti nel 2023 dalla Continental.

A 61 anni, Yvon Madiot ha deciso di andare in pensione. Al suo posto Mauduit (foto Groupama-FDJ)
A 61 anni, Yvon Madiot ha deciso di andare in pensione. Al suo posto Mauduit (foto Groupama-FDJ)
E’ cambiato tutto, insomma…

No, sembra che sia così. Alcune cose si sono mosse, ma la squadra c’è da quasi 30 anni e un po’ di aspetti si dovevano migliorare. Però non ci sono sconvolgimenti, perché alla fine la filosofia rimane la stessa. Sappiamo chiaramente che non abbiamo un budget che ci permette di giocare tra i grandi. Ci sono squadre che possono spendere 40 milioni, noi ne abbiamo 22-23, ma dopo che abbiamo pagato tutte le tasse in Francia, ne rimangono solo 12-13. Come fai? Dunque sappiamo dove siamo. L’unica cosa che abbiamo provato quest’inverno è stato di portare nella squadra uno spirito più giovane e dinamico, per offrire nuovi servizi e nuove opportunità ai corridori.

Il tuo ruolo cambierà, nel senso che farai più scrivania e meno ammiraglia?

L’obiettivo era di fare un po’ meno corse ed essere più disponibile per i colleghi, in una gestione amministrativa dello sport che ha bisogno di grande attenzione perché tutto funzioni nel modo migliore. Faccio questo lavoro da 25 anni, non sono stanco, però era il momento giusto per fare qualcosa di diverso. Sono ormai cinque stagioni che sono in squadra, ne conosco bene il funzionamento e ho qualche idea che vorrei portare. Prima non potevo, perché chi c’era sopra non era favorevole, invece adesso ci posso provare. Ripeto: non abbiamo un budget che ci permette di comprare corridori a 3-4-5 milioni, allora bisogna essere un po’ creativi per migliorare tutto il possibile e far crescere i ragazzi.

Nel 2023 avete fatto passare tutti i ragazzi della continental, mentre Pinot e Demare sono andati via. Come immagini il futuro della squadra?

In cima abbiamo sempre Gaudu, anche Madouas che ha vinto nuovamente il campionato nazionale e Stefan Kung, che è un ragazzo molto valido nelle classiche. E subito dietro di loro, quasi allo stesso livello, ci sono giovani come Gregoire, Martinez, Watson e anche Lorenzo Germani. Sono giovani che dimostreranno le loro qualità.

Martinez ha fatto un’annata notevole…

Se guardate bene, a parte la Vuelta, Martinez è arrivato davanti in tutte le gare a tappe del 2023. Ha vinto la Mont Ventoux Challenge e ha anche fatto un quarto alla Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes. Non dico che questi ragazzi ci abbiano sorpreso, perché l’anno prima si erano già affacciati nella squadra WorldTour e avevamo visto che avessero delle qualità. Però hanno dimostrato che sono cresciuti bene e ora speriamo che continuino a farlo.

Valentin Madouas ha conquistato nuovamente la maglia tricolore. Ha 27 anni (foto Groupama-FDJ)
Valentin Madouas ha conquistato nuovamente la maglia tricolore- Ha 27 anni (foto Groupama-FDJ)
Cosa possiamo aspettarci da Germani?

Per me Lorenzo è uno dei pochi ragazzi che sa fare tutto. Ha la capacità di vincere il giorno che gli dai libertà, secondo me diventerà un ottimo leader. Uno capace di organizzare la squadra in corsa, che prende la parola nella riunione sul pullman, ma anche nel debriefing. Lorenzo ha questa intelligenza, lui vede molto bene la corsa. Ha una grande capacità di analisi di quello che si fa in corsa, prima della corsa e anche dopo. E’ molto giovane, però è bravissimo e può crescere ancora.

Sarà dura senza Pinot e Demare?

Sicuramente, per tutto quello che portavano in termini di carisma. Pinot vinceva poche corse all’anno, l’anno che ne ha centrate di più saranno state 5-6, ma faceva sempre spettacolo: basta vedere quello che è successo al Lombardia. Un ragazzo così ci mancherà per forza. A livello di punti, l’anno scorso è quello che ne ha fatti di più, ma noi non siamo una squadra che guarda queste cose. Comunque Pinot si è sempre alternato con Demare. C’era l’anno che uno andava e l’altro no e viceversa. Per noi i punti non sono mai stati una grande preoccupazione e speriamo che non lo saranno. Quando non hai bisogno di contare i punti, vuole dire che va tutto bene. Le squadre che sono costrette a contarli per rimanere nel WorldTour sono in difficoltà e questo non lo vogliamo.

Dopo anni con Lapierre, dal 2024 la squadra francese correrà su bici Wilier Triestina (foto Groupama FDJ)
Dopo anni con Lapierre, dal 2024 la squadra francese correrà su bici Wilier Triestina (foto Groupama FDJ)
Il programma prevede la presentazione, poi Australia e insieme un nuovo ritiro in Spagna?

Esatto. Alla presentazione di Parigi non facciamo venire tutti i corridori, spesso vengono quelli che il giorno dopo partono per il ritiro e fanno scalo in città. Al massimo ne abbiamo 5-6. Poi inizieranno i ritiri, a gennaio ne abbiamo quattro diversi in base alle caratteristiche tecniche. C’è chi salirà sul Teide e chi starà a livello del mare, ma gennaio è un mese importante.

E tu quando sarai in gruppo? Quando ci vediamo?

Da programma, dovrei fare 3-4 giorni alla Parigi-Nizza e poi faccio un salto alla Tirreno-Adriatico. Perciò manca poco. Intanto vi auguro buon anno, vedo che il sito sta andando bene. Tanti auguri, buon lavoro.