Stagione che vai, vestiario che trovi. Anche se non suona proprio benissimo, questa frase rende l’idea. Ed Elisa Balsamo ci spiega ancora meglio cosa le piace indossare di più, cosa meno, quando fa caldo, fa freddo… Insomma, la campionessa della Lidl-Trek ci apre il suo armadio!
Con Jacopo Mosca, abbiamo visto che agli atleti della squadra americana Santini fornisce una quantità infinita di materiale… Ci sembrava curioso allargare il campo anche alle donne.
Santini e la sua ricchissima fornitura per gli atleti e le atlete della Lidl-TrekSantini e la sua ricchissima fornitura per gli atleti e le atlete della Lidl-Trek
Elisa come cambia il tuo armadio del ciclismo in base alla stagione, ma anche in base alle corse? Come abbiamo visto Santini vi dà quantità importanti di capi…
In effetti quando sono arrivata in questa squadra ho avuto un trauma che è stato quello di dover quasi uscire di casa per far entrare tutto il materiale che ci hanno dato! E’ vero, ho dovuto svuotare un armadio.
Addirittura…
Sì, sì, un armadio intero. A casa ne ho uno dedicato completamente al mio vestiario da bici. Abbiamo di tutto e di più. Abbiamo qualunque cosa che una persona possa immaginare. Non pensavo neanche che esistessero determinati indumenti o accessori.
Partiamo dalla stagione attuale, l’inverno. Cosa indossa Elisa Balsamo?
La cosa bella è che secondo me abbiamo l’enorme possibilità di scegliere ogni giorno un capo diverso a seconda del clima. Uno si sveglia al mattino, vede la temperatura, l’umidità, se l’asfalto è bagnato o meno, se c’è il sole. La gamma è vasta. Per esempio abbiamo due tipologie di calzamaglia: una standard e una da bagnato vero e proprio… che sembra di essere quasi un palombaro! E’ completamente impermeabile e può essere utilizzata anche con temperature estreme. E lo stesso vale per i copriscarpe. Di guanti invernali ne abbiamo 4-5 tipologie.
Vai…
Li abbiamo leggeri e impermeabili, pesanti e impermeabili. Invernali “normali”, che non sono troppo pesanti. E ne abbiamo un paio che sono quasi dei guanti da sci, ideali per il freddo estremo. In tutto ciò, l’idea che mi piace di più è quella proprio di poter scegliere in base alla giornata e anche al luogo.
Elisa in allenamento, a volte opta anche per i puntali anziché per i copriscarpe che non ama troppo (immagine Instagram)Elisa in allenamento, a volte opta anche per i puntali anziché per i copriscarpe che non ama troppo (immagine Instagram)
E per la gara?
Abbiamo tre opzioni: quello che viene definito il vestiario per le classiche. Si tratta di un body oppure un pantaloncino e maglietta, questo dipende dai gusti dell’atleta, che sono più pesanti, leggermente felpati. In questo modo anche se si corre col pantalone e la maglia corta si è più riparati. Oltre al “vestiario classiche” abbiamoil completo normale, sempre body o un completo maglia più pantaloncino. Infine il completo per l’estate, con il body o il completo traforato, che permette proprio al corpo di respirare. E questo lo usiamo al Giro d’Italia e, al Tour de France.
E con questo serve anche la crema, giusto?
Sì, con la crema solare. Anche se in realtà, noi italiani non la usiamo così tanto. Io almeno ho imparato dalle straniere. Sono state loro che mi hanno fatto capire quanto sia importante proteggersi dai raggi del sole. Però fa ridere questa cosa…
Perché?
Perché se poi vai al mare e indossi il costume, hai la fascia laterale delle gambe con tutti i pallini dell’abbronzatura!
Qual è un capo che non ti piace particolarmente?
In generale non mi sono simpaticissime le cose invernali. In particolare i copriscarpe invernali, specie quelli più pesanti, in neoprene. Non tanto per l’ingombro, perché devo dire che comunque sono fascianti, ma per metterli e toglierli. Ammetto che il piede rimane caldo, ma mi risultano scomodi.
Balsamo durante l’ultimo Tour, abbigliamento all’insegna della leggerezzaBalsamo durante l’ultimo Tour, abbigliamento all’insegna della leggerezza
E invece un capo preferito?
Il body da gara estivo – replica Balsamo senza indugio – mi trovo molto bene a correre col pezzo unico e secondo me è anche molto confortevole.
Mediamente in una “normale” giornata d’inverno come ti vesti in allenamento?
Di solito metto un paio di calzini e come detto prima tra quelli a disposizione, scelgo quelli un po’ più pesanti. La calzamaglia non impermeabile, una maglia intima con le maniche lunghe mediamente pesante e quindi il giubbino termico. Ne abbiamo uno bello pesante. In questo modo non abbiamo bisogno di mettere tanti strati che risulterebbero scomodi. Io mi sento sempre libera nei movimenti. Se poi magari faccio qualche salita, e quindi so che in discesa mi devo vestire, porto con me uno smanicato o una mantellina con le maniche lunghe se dovesse fare un po’ freddo. Quindi metto un copricollo, che se fa parecchio freddo si può coprire anche la bocca, e niente sottocasco, giusto una fascia se fa molto freddo, sennò tendenzialmente non metto nulla. Infine copriscarpe non impermeabili e guanti intermedi.
E invece in una giornata “standard” d’estate?
Calzini leggeri, completino estivo perforato, e sotto il top. Tutto qui!
Niente guanti d’estate?
In allenamento no, li uso solo in gara. A meno che non sia in pista: lì li uso se non sono sola. Perché non succede, ma se succede che si cade, i guanti sono anche una protezione per le mani.
CALPE (Spagna) – Dopo aver ascoltato molti dei ragazzi della Lidl-Trek, i quali ci hanno illustrato i loro programmi, chiudiamo la “carrellata spagnola” con Josu Larrazabal,capo dei preparatori e responsabile della performance del team americano.
Larrazabal ha spiegato i progetti della squadra con chiarezza. La posta in palio è sempre più alta. La Lidl-Trek, stando alla classifica UCI 2023, è la quinta forza in carica, alle spalle di UAE Emirates, Jumbo-Visma, Soudal-Quick Step eIneos Grenadiers. Va detto però che la squadra di Guercilena è salita di ben sette posizioni nell’ultima stagione e il gap con la terza, la Soudal, si è ridotto. Visto l’imponente ciclomercato è lecito pensare che la Lidl-Trek sia pronta al salto che la proietterebbe sul podio.
Prima del Tour il cambio di sponsor. Con l’arrivo di Lidl si sono aperti nuovi scenari per la squadra di LarrazabalPrima del Tour il cambio di sponsor. Con l’arrivo di Lidl si sono aperti nuovi scenari per la squadra di Larrazabal
Josu, una squadra molto rinnovata e anche molto rinforzata. Cosa ne pensi?
Tra le grandi, siamo la squadra che ha cambiato di più, è vero. Questo è stato possibile anche grazie all’arrivo del nuovo sponsor avvenuto nel corso dell’anno. Da un secondo sponsor, siamo passati ad un innesto che è diventato il primo nome, Lidl. E questo ha cambiato la misura del progetto, permettendoci di fare uno step in avanti. Siamo dunque potuti intervenire con forza sul mercato.
E con quale criterio?
Definendo il profilo dei corridori che ci mancavano. E lo abbiamo fatto sia guardando alle classiche, che alle volate. Alla fine avevamo solo Mads (Pedersen, ndr) per gli sprint. Ma direi anche per i grandi Giri, grazie all’arrivo di Tao Geoghegan Hart soprattutto.
Da italiani siamo curiosi della gestione di Consonni e Milan, sia su strada ma anche su pista. Sappiamo che hai avuto anche un incontro con Villa. Cosa puoi dirci?
Quando si fa un progetto a lungo termine con un leader quale diventerà Milan, era necessario portagli un uomo di fiducia per la volata. C’erano sul piatto alcuni nomi e alla fine quello di Simone ci è parso ideale, sia per i suoi numeri di potenza, ma anche per gli aspetti tecnici e per il loro feeling. Simone lo conoscevo un po’, quando ci s’incontrava nei vari ritiri a Sierra Nevada. Notavo un certo modo di porsi, il suo lato umano e questo nella filosofia Lidl-Trek è importante.
Dopo Milan, la Lidl-Trek ha preso anche Consonni. Un duo che ha feeling tecnici e di amiciziaDopo Milan, la Lidl-Trek ha preso anche Consonni. Un duo che ha feeling tecnici e di amicizia
Simone era dunque il profilo perfetto?
Sì e infatti la trattativa è stata piuttosto veloce. Senza contare che lui e Milan faranno un programma simile. E vogliamo che rispettino anche la pista. Anche se Trek non ha la bici da pista, la nostra squadra può perseguire obiettivi importanti come le Olimpiadi. Serviva una buona coordinazione con Marco Villa e l’allenatore degli azzurri Diego Bragato, con i quali abbiamo parlato.
Questo primo anno di Milan e Consonni in Lidl-Trek sarà di adattamento visto che ci sono le Olimpiadi?
Non è un anno per fare troppi cambiamenti. Abbiamo già diviso i vari periodi, tra cui l’avvicinamento a Parigi con qualche gara a tappe. Vogliamo arrivare alle Olimpiadi nel modo migliore. Poi è chiaro che vincere è importante. Però conta anche l’approccio. Come ho detto prima questo è un progetto a lungo termine. Intanto partiamo con questa bozza di lavoro, poi vedremo. Io per esempio penso al treno, ai ruoli, alle posizioni.
Chi ci sarà in questo treno?
Chiaramente Consonni, ma anche Edward Theuns. Loro due saranno sempre al fianco di Milan. Poi altri corridori cambieranno. Magari nelle classiche, che vedono altri modi di correre, ci potrebbero essere altri uomini, ma in corse più lineari da volata loro due non mancheranno mai. Nelle altre corse, per esempio, penso che un Jacopo Mosca potrebbe essere utile per tirare tanti chilometri quando si è lontano dal traguardo. E in questo lui è il numero uno. Senza contare che è un corridore versatile.
Lo scorso anno Pedersen ha lavorato sodo anche per Ciccone, oltre che per le sue volate. Quest’anno stesso spirito, ma “panchina più lunga”Lo scorso anno Pedersen ha anche lavorato sodo anche per Ciccone. Quest’anno stesso spirito, ma “panchina più lunga”
Ciccone ci ha detto che sarà il leader al Giro d’Italia, però poi ci saranno anche il velocista, Milan, e il cacciatore di tappe, Bagioli. Come farai a trovare il giusto equilibrio?
Trovare l’equilibrio è il mio ruolo e quello dei diesse. E’ chiaro che non siamo i favoriti per vincere il Giro e come quelle squadre che non hanno il leader unico per la generale, ci deve essere almeno il secondo obiettivo. Possiamo curare altri aspetti. Noi abbiamo già analizzato tutte le tappe del Giro. Abbiamo una bozza di quante frazioni possono arrivare in volata, in quante può arrivare la fuga… Questo ha un impatto sulla formazione.
Chiaro…
Quello che ci manca ora, ma non potremo saperlo prima di marzo inoltrato, è sapere come andranno i corridori nel corso della stagione. Questo ci servirà per le ultime conferme ed arrivare al meglio al Giro. Il bello della corsa rosa è che ti consente di fare alcuni cambiamenti senza perdere la stagione. Penso proprio a Ciccone l’anno scorso. Si è ammalato di Covid proprio prima del Giro e con qualche aggiustamento è riuscito a fare un Tour eccezionale. Per ora abbiamo una bozza di titolari, ma se qualcuno non dovesse andare, il “Piano B” deve essere al pari del “Piano A”, senza variare il ruolo del corridore che intendevamo portare.
E’ la panchina lunga del calcio…
Se vogliamo crescere è così. Se si ammala il gregario per la salita, devo avere un altro gregario che sia allo stesso livello del “titolare” o appena meno. Ma per queste ultime decisioni, servono le gare. Una cosa è certa: Cicco dovrà avere sempre almeno due uomini per le tappe di salita e uno per quelle di pianura che lo aiuti a tenere la posizione e a stare fuori dai pericoli. Pensando alle volate poi in una tappa piatta, non saremmo i soli a voler arrivare allo sprint. Possiamo condividere il lavoro con gli altri.
Larrazabal crede molto in Geoghegan Hart: l’inglese può far fare lo step definitivo alla Lidl-Trek (foto Instagram)Larrazabal crede molto in Geoghegan Hart: l’inglese può far fare lo step definitivo alla Lidl-Trek (foto Instagram)
Come sta Tao?
La sua riabilitazione è andata molto bene. Tutte le misure fatte sul suo corpo sono risultate ottimali. So che si sente bene. Ovviamente deve riportare in alto la condizione. Ma queste saranno conferme che arriveranno strada facendo. I tanti parametri di oggi ci consentono di avere dati sempre aggiornati e validi. Lui è un leader naturale. E’ un capitano. E non è un caso che lo abbiamo preso. Quando Tao sarà apposto si definiranno i suoi obiettivi.
E in Lidl-Trek non mancano neanche i giovani. Giovani già pronti: pensiamo per esempio a Skjelmose e Nys.
Matias Skjelmoseè in una crescita costante e neanche noi sappiamo dove potrà arrivare e in che direzione. Se farà un altro step come nel 2023, non avrà grossi limiti. Abbiamo visto che è molto competitivo nelle gare di un giorno, penso alle Ardenne, ma anche in quelle a tappe. Thibau Nys è stato un bella sorpresa. E’ un giovane “non giovane”: si vede che a casa ha un bel professore! Suo papà, Sven, ha fatto un bel lavoro in termini di educazione generale e tecnica. Per loro due vedo una crescita più esponenziale che lineare. E non sono i soli giovani forti che abbiamo.
Insomma hai problemi di panchina lunga!
Bellissimi problemi – ride Larrazabal – comunque è vero, alla fine andiamo proprio nella direzione del calcio.
CALPE (Spagna) – Forse Andrea Bagioli, tra i tanti intervistati nei giorni spagnoli, è stato colui che aveva il sorriso più smagliante. T-Shirt bianca, pancia scavata e idee chiare. Il giorno prima del nostro appuntamento lo avevamo incontrato, per caso, sulle strade nell’entroterra.
Era al fianco di Juan Pedro Lopez. All’inizio non ci aveva riconosciuto, vista l’auto presa a noleggio con la targa spagnola. Mentre “Juanpe” si era sbracciato. «Mi sono accorto solo dopo che eravate voi. Pensavo che fosse uno dei tanti tifosi di Lopez. Lui qui conosce tutti», ci ha detto il valtellinese appena approdato alla Lidl-Trek.
Andrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo BarbieriAndrea Bagioli (classe 1999) parla con il suo nuovo addetto stampa alla Lidl-Trek, Paolo Barbieri
Insomma, Andrea, siamo qui per avere i giusti spazi? Siamo partiti a gamba tesa!
In teoria sì, ma penso che anche in pratica sarà così. Il primo impatto è stato subito molto buono. E mi riferisco non solo al camp in Spagna, ma anche al ritiro a che abbiamo fatto a Chicago ad ottobre. Ho capito qual è la direzione del team e che ruolo avrò. Mi sento dunque di poter dire che avrò più spazio.
Bene così, no?
Ma attenzione, anche in Lidl-Trek ci sono campioni importanti, però magari non c’è il Remco Evenepoel di turno. La squadra ha detto che crede tanto in me. Ho avuto anche l’opportunità di scegliere il calendario gare e questo è un gran punto di partenza.
Quali sono le gare che hai scelto?
Quelle più adatte a me. Insieme abbiamo deciso quelle gare in cui posso puntare: mi ha fatto molto piacere. Questo mi dà ancora più stimoli.
Ci eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al LombardiaCi eravamo lasciati così, con Andrea fra due giganti quali Pogacar e Roglic al Lombardia
Ci possiamo aspettare dunque un Bagioli all’attacco?
L’obiettivo è quello. L’ultima settimana di questa stagione mi ha dato molta fiducia. Alla fine quando fai secondo in una monumento come il Lombardia le aspettative si alzano parecchio. Spero che quello sia solo un punto di partenza.
Hai parlato di fiducia. Quanto è importante, dopo tanto tempo che lavori per gli altri, quando sai di avere solo quella cartuccia, sapere di avere spazio o addirittura essere capitano come impostazione di partenza?
Non è così scontato. Il finale di stagione è stata una sorta di riscoperta. «Cavolo, allora funziono ancora», il senso è stato quello. E, come detto, non è così scontato al giorno d’oggi essere davanti. Soprattutto nelle gare importanti è veramente difficile. Poi è anche vero che se sei abituato a fare troppo il gregario, magari perdi un po’ di quell’istinto e quello stimolo del vincente.
E lo hai riscoperto al Lombardia?
In verità penso di averlo riscoperto in Slovacchia, questa estate. Anche se era una gara minore, lì ho vinto una tappa e correvo come capitano. Ho riscoperto quelle doti da vincente.
Ritrovate anche al Gran Piemonte, quelle che insomma avevi in Colpack tra gli under 23?
Eh, perché no? Dalla Slovacchia in poi ho fatto il Lussemburgo e le ultime gare italiane. Al Lombardia, in teoria, il capitano era Remco. Poi però dopo la caduta lui non si sentiva al top e mi ha detto di fare la mia gara.
Bagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della ColpackBagioli può e deve ritrovare lo spirito battagliero, come quando era un giovane rampante della Colpack
A quel punto è cambiato qualcosa dentro di te?
Non troppo, perché Remco me l’ha detto proprio all’ultimo, a ridosso del Passo Ganda. Lì mi fa: «Non mi aspettare». Quindi è stato tutto così veloce che non ho neanche avuto il tempo per innervosirmi o pensare alla corsa. E’ iniziata la salita e ho solo seguito i migliori. Magari se me lo avesse detto ad inizio gara sarei andato un po’ nel panico.
Il prossimo anno però sarà diverso: queste responsabilità ce le avrai sin dalla partenza.
Più responsabilità, ma anche più motivazioni. Sapere di essere capitano e che la squadra conta su di te sicuramente mi metterà più pressione, però credo anche che sarà la pressione buona.
Hai parlato di calendario, puoi illustrarcelo?
Inizierò abbastanza tardi, in Portogallo. Prima Figueras e un paio di giorni dopo l’Algarve. Ci sono ancora due mesi. Dopodiché ecco l’Italia: Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e poi Baschi, Ardenne e Giro d’Italia. Il mio primo Giro dopo quattro anni da pro’. Era ora!
Al Giro però avrete un leader per la generale, Ciccone, e uno per le volate, Milan: lo spazio te lo dovrai un po’ ricavare?
In 21 giorni dovrò lavorare per forza, ma ci saranno anche alcune frazioni per me. Ma magari questo renderà le cose un po’ più semplici, dividendo bene i compiti.
È cambiato qualcosa invece sul fronte della preparazione?
Fino all’anno scorso ero con Vasilis Anastopoulos, adesso sono seguito da uno dei coach della Lild-Trek. Di conseguenza è normale che qualcosa sia cambiato, perché ognuno ha il proprio metodo di allenamento. Posso dire che in questo primo mese mi trovo benone. Sono aumentate forse le ore rispetto agli scorsi anni. Per ora ho fatto davvero pochi lavori. Ho pedalato ad intensità basse. Stiamo costruendo la famosa base.
Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)Dopo aver ricaricato le pile in Tanzania con la sua compagna, Bagioli è pronto per la quinta stagione da pro’ (foto Instagram)
Con quale bici ti vedremo correre? Trekvi mette a disposizione due belle belve…
L‘Emonda. E penso che sarà la bici che userò di più: è comunque veloce ma anche leggera. Poi magari in tappe piatte o alla Sanremo userò la Madone: mi dicono sia velocissima.
E le ruote, hai provato qualcosa?
Tra il ritiro di dicembre e quello di gennaio proverò tutti i setup possibili. Ruote alte o altissime con entrambi i telai e poi deciderò.
Andrea, passi da Specialized a Trek: sei riuscito a riportare le misure alla perfezione o ne hai approfittato per fare qualche piccolo cambiamento?
Ho rivisto le tacchette. Passando dai pedali Shimano a quelli Time un piccolo adattamento c’è stato. Ed è stato stato un po’ difficile perché sono due pedali totalmente diversi. Ci ho messo un po’ ad abituarmi. Per il resto le misure sono più o meno uguali. La sella l’ho portata leggermente più indietro, ma parlo di 2-3 millimetri, giusto per riprendere gli angoli in seguito ai nuovi pedali. Ho provato ad utilizzare le tacchete fisse nelle prime uscite, ma dopo due o tre settimane ho capito che non erano per me. Non mi trovavo bene e ho optato per le mobili, che con questi pedali oscillano di 5°.
Luca Guercilena e la Lidl-Trek sono nel pieno di una grande accelerazione. Le risorse pompate da Lidl hanno permesso al team un’importante campagna acquisti: l’ultimo colpo di mercato è la firma del giovane Philipsen, che raggiungerà il team a partire dal 2025. Il senso di abbondanza si ha soprattutto nell’osservare la distribuzione degli uomini nei vari appuntamenti. Ciccone al Giro per fare classifica, ad esempio, dovrà convivere col treno di Milan e con le ambizioni di Bagioli: un bel vedere pensando al ciclismo italiano, una situazione da gestire per i diesse.
Ma l’occhio del “capo” ci serve per spaziare su temi più ampi, che riguardano da un lato la sua squadra, dall’altro gli equilibri del ciclismo mondiale, che a giudicare dalle ultime e contorte vicende contrattuali, non se la sta passando proprio bene.
Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?
La Lidl-Trek ha ingaggiato un bel numero corridori di grande qualità, alcuni già pronti, altri con grandi prospettive: quali sono stati i criteri di scelta?
L’esigenza di implementare la competitività nel WorldTour ci ha fatto valutare atleti che avessero già fatto risultati di qualità a quel livello. Come sempre però teniamo un occhio sul futuro, quindi cercando di ingaggiare giovani forti o con un talento sopra la norma. Starà a loro, col nostro supporto, trasformare il talento in performance di alto livello.
L’arrivo di Philipsen dal 2025 fa pensare a un progetto a lunga scadenza. Si è valutato di inserirlo nel devo team? In futuro questa potrebbe essere una via da seguire?
L’idea è di inserirlo step by step. Abbiamo l’intenzione di vederlo all’opera magari già nel 2024 nel nostro devo team, probabilmente dandogli la possibilità di correre alcune gare di livello superiore. Poi penseremo al passo definitivo. Albert è un grande potenziale, ma ancora molto giovane. Vogliamo dargli il giusto tempo di crescere e raccogliere i risultati a momento debito, considerato anche l’impegno in più discipline.
Quali sono state secondo te gli argomenti che hanno convinto Philipsen e in che modo seguirete il suo sviluppo durante la stagione?
Penso che il nostro modo di operare e il lavoro svolto dallo scout e manager del devo team, Markel Irizar, sia stato fondamentale. Creare un rapporto prima di proporre un contratto credo sia la chiave giusta. Aggiungerei che la serietà e l’affidabilità del nostro team sul fare crescere i giovani, senza affrettare i tempi, sia un altro parametro fondamentale. Non ultimo il nuovo progetto Lidl-Trek ha dato entusiasmo all’ambiente e gli atleti lo percepiscono.
Da quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team LidlDa quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team Lidl
La Tudor ha ingaggiato Tosatto, la Jayco ha preso Piva, com’è la situazione dei direttori sportivi nella Lidl-Trek?
Abbiamo il nostro nucleo storico con Andersen, Baffi e De Jongh. A loro abbiamo aggiunto Sebastian Andersen, già tecnico in Riwal, che ha grande esperienza con i giovani e si occuperà del “devo” insieme a Markel Irizar. Inoltre ho fortemente voluto Schar con cui ho condiviso gli anni da CT della Svizzera, perché credo abbia le capacità per essere un grande diesse. Esattamente come facemmo con Irizar, Popovych e Rast nel recente passato. Ci sarà un graduale passaggio di consegne. Nel ciclismo moderno, con atleti sempre più giovani, bisogna avere mille attenzioni in più e il gap generazionale può essere un elemento su cui lavorare.
Per tanti team il Tour è l’obiettivo principale, la Vuelta è l’esame di riparazione. Può avere senso costruire un team per il Giro e per un leader giovane, oppure la Francia attira di più?
La realtà ad oggi è così, anche se da italiano ho sempre cercato di bilanciare il team su Giro e Tour, quasi allo stesso modo. Molto dipende dal tipo di leader che si ha. Se avesse più chance al Giro, meglio concentrarsi lì e vincere, che focalizzarsi solo sul TDF sapendo di non essere competitivi.
L’UCI valuta un rimpasto del calendario, con spostamenti di classiche: cosa pensi dell’attuale calendario?
Ogni cambio va valutato con attenzione. Se il concetto è cambiare data per creare eventi più appetibili o aiutare i team dal punto di vista logistico a fare dei blocchi di gare vicine tra loro (avendo un occhio per un tema di grande attualità come la sostenibilità dei trasporti), sono sicuramente favorevole.
Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?
Saresti favorevole all’introduzione di un salary cap, di un tetto stipendi che non faccia pendere tuttto dalla parte dei più ricchi?
Sarei più per una “luxury tax” (nel basket NBA è una multa che si paga in caso di sforamento del tetto stipendi, ndr), nonché ad un serrato controllo dei contratti degli atleti. Nessuno può fare contratti più lunghi della sponsorizzazione del team (fino a che il 95% del budget è costituito dagli sponsor). Ovviamente tutto questo andrebbe inserito in un contesto dove il ciclismo professionistico si allinei agli altri sport considerati tali (ATP, NBA,NFL, F1) avendo come premessa di prendere le “parti” buone di quel business.
Simmons è stato il solo a tentare di anticipare Pogacar e lo stesso iridato se ne è detto stupito. Tutto il giorno in fuga e quarto posto: quasi impresa
Dopo le parole di Fabretti al Processo e il rilancio di Gatti, entriamo sul tema delle tappe noiose. Non sarà invece un problema di dirette troppo lunghe?
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CALPE (Spagna) – Jacopo Mosca fa quasi fatica, anzi senza quasi, a sollevare lo scatolone del vestiario che Santini gli ha inviato. «E non è l’unico», aggiunge il corridore della Lidl-Trek.
Mosca ci apre la porta della sua camera. Quando ci aveva accennato alla quantità di materiale arrivatogli, quasi non ci credevamo. E allora grazie alla sua disponibilità e alla sua simpatia ci ha mostrato le prove: quel che diceva era vero.
Arriva lo scatolone Santini e parliamo solo di vestiario. Poi ci sono anche caschi, scarpe, occhiali…Si apre lo scatolone e dentro c’è una quantità impressionante di materialeJacopo Mosca (classe 1993) in azione con il completo della divisa 2023, griffata ovviamente SantiniArriva lo scatolone Santini e parliamo solo di vestiario. Poi ci sono anche caschi, scarpe, occhiali…Si apre lo scatolone e dentro c’è una quantità impressionante di materialeJacopo Mosca (classe 1993) in azione con il completo della divisa 2023, griffata ovviamente Santini
Quanti capi ci saranno in tutto, Jacopo?
Il numero preciso non lo so, anche perché come vedete sono davvero tanti capi. E’ tanta roba, ma se cadi…
Facciamo gli scongiuri insieme?
Okay! Scherzi a parte, la scelta è ampia perché ci sono capi per ogni condizione ambientale. E quando dico ogni, intendo proprio tutte le condizioni ambientali. Da questo scatolone, fa ridere dirlo, ma veramente mancano tante cose.
Tipo?
Per esempio, non ci sono ancora gli “sprint suits”, cioè i body da gara, e anche quelli a crono. Ci deve arrivare un altro scatole, magari non così grande ma quasi. E non ho visto le mantelline, quindi vuol dire che sono in arrivo anche quelle.
Proviamo a fare un inventario di questa prima fornitura?
Normalmente riceviamo cinque maglie estive che sono più traforate, cinque maglie normali, molti più pantaloncini, quattro maglie pesanti, quattro maglie primaverili a manica lunga. Queste le utilizziamo moltissimo, specie in questo periodo. E specie io che reggo bene il freddo. Se le abbini ad un buon intimo e ad uno smanicato pesante o normale a seconda dei giorni, è il set che utilizzo per la netta maggioranza delle volte. E sotto indosso una calzamaglia normale, ma non quella da freddo estremo. Poi metto anche uno scaldacollo e un cappellino da mettere sotto il casco.
Jacopo mostra la prima tranche dei calzini…I guanti: da freddo, lunghi, da crono e cortiIl set da crono. Il body arriverà, mentre calzini e guanti specifici sono nello scatoloneJacopo mostra la prima tranche dei calzini…I guanti: da freddo, lunghi, da crono e cortiIl set da crono. Il body arriverà, mentre calzini e guanti specifici sono nello scatolone
E i guanti?
Uso i guanti solo proprio in casi estremi. Non li amo molto a dire il vero. Sotto a cinque gradi inizia a darmi fastidio stare senza guanti, mettiamola così. Non raramente torno a casa con le mani congelate ed Elisa (Longo Borghini, la moglie, ndr) può testimoniare.
Torniamo all’inventario…
Vedo anche due calzamaglie invernali, altre due per le giornate di pioggia che sono più impermeabili. E poi la vera quantità sono i calzini. Ma va considerato che noi abbiamo i calzini bianchi e secondo me un po’ questo incide.
Perché?
Perché se si sporcano col fango, con la terra non tornano mai pulitissimi e non è bello. E poi comunque oggettivamente ne usiamo tanti. Il calzino è un capo importante.
Scusa Jacopo, ma se ogni anno vi danno tutto questo materiale dove lo riponete?
Abbiamo dovuto comprare un armadio nuovo, specifico solo per il vestiario. Con Elisa, essendo lei campionessa italiana, non si mischiano le cose! Ma non è facile sistemarle tutte.
Ogni capo è personalizzatoL’importanza dei dettagli. Dopo un incidente, Mosca non riesce più ad indossare la radiolina sul pantaloncino. Santini ha previsto per lui una sacchetta interna alla magliaUn giubbino invernale, tra i più pesantiOgni capo è personalizzatoDopo un incidente, Mosca non riesce più ad indossare la radiolina sul pantaloncino. Santini ha previsto una sacchetta interna alla magliaUn giubbino invernale, tra i più pesanti
Giusto. Come li dividete?
Io sono il caos totale! Sono ordinato al primo utilizzo, poi mi perdo. L’armadio di Elisa è più ordinato. Mi piace avere un cassetto per le maglie, uno per salopette e calzamaglie e un cassetto che io chiamo “da freddo”, dove ripongo i capi più pesanti che poi sono anche quelli un po’ più ingombranti. E poi in realtà ho anche un quarto scomparto, quello degli accessori, dove ripongo guanti, scaldacollo, cappellini…
Hai parlato di primo invio… durante l’anno vi arrivano altre cose dunque?
Può succedere che cambino le maglie, come quest’anno. O come nel 2022 quando ci fu il 150° anniversario di Pirelli che, cambiando il logo, ci ha fatto ricevere una fornitura extra da Santini. Ma questa l’abbiamo avuta solo noi che eravamo al Giro d’Italia. O per il Tour, dove spesso cambiamo la maglia. Ma comunque se abbiamo bisogno di qualcosa, in squadra abbiamo una referente a cui chiedere eventuali capi e ci arrivano. Un rimpinguo può esserci anche se, per esempio, viene fatto un body più performante per la crono: ecco che dopo un po’ ci arriva la nuova versione.
Prima ti abbiamo visto parlare con altri colleghi per il trasporto di questo materiale sull’aereo. Sembra una cosa banale ma come fate? Pagate un imbarco extra?
Questo è un discorso molto complesso. Rispondo con un esempio. Al primo ritiro che feci con questa squadra nel 2019 arrivai con un trolley e uno zaino e mi sono ritrovato “col mondo”. Tornare fu un problema. Dopo ho imparato che devi partire con una valigia grande più scarica possibile. E comunque non basta. Per riportare tutto servono due ritiri. Qui per esempio lascerò su uno dei mezzi del team, il vestiario che userò nel prossimo ritiro a gennaio. In questo modo, oltre a tornare adesso con meno capi, non ne dovrò portare altri la prossima volta. Pertanto potrò ancora viaggiare con la valigia scarica. Ma questa è esperienza che si acquisisce con gli anni.
Affini è diventato leader della Vuelta a Breda. Ha tenuto la maglia ieri nel riposo. E oggi l'ha indossata. Ha corso da gregario, ma tutti lo riconoscevano
CALPE (Spagna) – Forse riconosce i volti, anche se a dire il vero non ci abbiamo parlato spessissimo. Forse è stato imbeccato o forse coglie le persone al volo, ma Tao Geoghegan Hart saluta ognuno dei giornalisti presenti nel media day di Calpe con la sua lingua. Hello per gli inglesi, hola per gli spagnoli, ciao con noi (in apertura foto Instagram).
Apparentemente sulle sue, quasi timido, ma timido proprio non è, la maglia rosa del 2020 si racconta. Lo fa con passione e un’umiltà che non ci saremmo aspettati. Anche quando lo incontriamo mentre sta per uscire, inforca la bici e ci fa: «Buongiorno», accompagnato da un cenno del capo e un sorriso.
E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)E’ il 17 maggio e Tao Geoghegan Hart (classe 1995) lascia il Giro quando è terzo nella generale (immagine da web)
Primo obiettivo: riprendersi
Dove eravamo rimasti? Giro d’Italia: Tao Geoghegan Hart sembra in forma come non mai, ma cade durante l’11ª tappa. A prima vista sembra una scivolata banale e invece… Femore fratturato, anca e altre fratture. Tao finisce in ospedale a Genova. Viene operato la sera stessa e inizia un lunghissimo percorso di recupero.
«Il primo obiettivo – dice con consapevolezza estrema Tao – è quello di tornare al mio livello e possibilmente al livello che avevo a maggio al Giro, il più alto mai raggiunto. Mi è davvero dispiaciuto non poter mostrare il mio valore».
Tao parla del Giro come la situazione perfetta. Una squadra compatta, consapevole del lavoro fatto e con tanto di certezze che venivano dalla vittoria al Tour of the Alps.
«Non so come sarebbe andata a finire, ma ci saremmo divertiti. E invece mi sono visto il resto delle tappe dall’ospedale. Sono stato operato subito, la notte stessa dell’incidente. Poi ho passato nove settimane in un centro specializzato, il Fysiomed, ad Amsterdam, per recuperare il movimento del ginocchio, della caviglia e del piede, e far guarire il femore sinistro, i muscoli del quadricipite e dell’anca».
A Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno ThomasA Fossombrone Tao è con i due che poi si giocheranno il Giro: Roglic e il suo compagno Thomas
Tao 2.0
A questo punto inizia la seconda carriera di Tao, se vogliamo. Viene annunciato il cambio di squadra, dalla Ineos Grenadiers alla Lidl-Trek. In più inizia il cammino di un atleta da recuperare, e prima ancora la mobilità dell’uomo.
All’inizio Geoghegan Hart è claudicante. Pedalare in quel momento, l’estate, era una chimera. Il che è comprensibile con 17 placche di titanio sparse per il corpo. Ma Tao non molla.
«Già 62 ore dopo la caduta del Giro – prosegue Tao – pensavo a come poter ritornare in tempi brevi. Anche per questo non sono voluto rimanere ad Andorra, dove vivo, ma ho cercato un centro super specializzato, come quello olandese appunto.
«La riabilitazione è stata davvero stancante e decisamente meno divertente di un allenamento in bici. A livello mentale è stata dura. A fine giornata non riuscivo a tenere gli occhi aperti neanche per vedere un film».
Le prime pedalate di Tao sono “da turista”, proprio per le vie di Amsterdam in sella ad una Brompton. Ma un campione guarda il bicchiere mezzo pieno e alla fine è stata, come ha detto lui stesso, un’occasione per fare e vivere esperienze diverse.
Da qualche settimana però, Geoghegan Hart è tornato in sella da corridore. Quasi non ci credeva. Le sgambate sono diventate allenamenti.
«Non ci credevo. Tutto è filato liscio. Nessun dolore, nessuna sensazione strana con le placche in titanio».
Tao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forteTao conquista il Giro d’Italia 2020. Da lì alti e bassi, ma nel 2023 stava davvero andando forte
Da Amsterdam al Tour
Tao è stato bravissimo a non mollare nel corso dei mesi. E’ magro e, a prima vista, anche tonico. Ma certo non ha il muscolo definito che abbiamo notato in molti suoi colleghi nel ritiro di Calpe. Il suo è un ritorno a testa bassa. Nonostante sia un leader. Una leadership che la sua nuova squadra già gli ha riconosciuto… non solo come corridore.
La Lidl-Trek sa che potenziale ha l’inglese, non ha bisogno di risposte e non gli vuol mettergli fretta. La rimozione delle placche è già stata fissata per l’autunno prossimo, proprio per non fargli perdere ulteriore tempo. E lasciarlo in tranquillità.
Tao sarà dirottato al Tour de France: lui per la generale, per Mads Pedersen per i traguardi intermedi. Il cammino di Geoghegan Hart richiederà certezze ed obiettivi crescenti. La rincorsa al Tour de France partirà dalla Volta ao Algarve a febbraio. Poi si procederà verosimilmente “a vista”. Ogni gara servirà per valutare lo stato dell’atleta e da lì programmare il passo e le corse successive. Che poi è un po’ quello che la sua ex squadra ha fatto con Bernal.
«Tutto è andato molto bene in queste ultime settimane – ha detto Geoghegan Hart a Cycling News dove ha toccato argomenti più tecnici – Non sono troppo lontano da dove mi trovavo in questo periodo dell’anno scorso. Certo, devo ritrovare un po’ di mentalità da corridore, come sull’alimentazione. La settimana scorsa ho fatto quattro volte più di cinque ore e mezza a 250 watt medi. E per ora va bene così».
CALPE (Spagna) – Gaia Realini è una di quelle atlete che fa quasi paura quando ti guarda negli occhi. La sua determinazione è totale. L’abruzzese è forse la scalatrice più pura del circus femminile. E proprio su questo tema insistiamo con lei. Un viaggio tecnico nel modo di una scalatrice appunto. Una scalatrice non solo per i numeri (150 centimetri per 39-40 chili), ma anche per la testa.
Dopo lo stop invernale, la portacolori della Lidl-Trek sembra aver recuperato benone. «Le pile – dice Realini – sono state ricaricate. A distanza di un anno posso dire di essere cresciuta un po’, soprattutto se guardo all’anno ancora prima. Non mi aspettavo di fare la stagione che ho fatto. La squadra non mi ha messo pressione e mi ha fatto lavorare in tranquillità, facendomi godere gara per gara e dandomi le mie opportunità. Tutto ciò mi ha fatto crescere tantissimo».
Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)Gaia Realini (classe 2001), a destra, in allenamento sulle strade spagnole con le compagne (immagine Instagram)
Gaia, sei la scalatrice perfetta: potente e leggera. Eppure questa figura sia tra le donne che tra gli uomini si sta perdendo?
Di certo è sempre più in difficoltà. Ci sono meno occasioni, come negli uomini. La figura dello scalatore puro anche nel mondo femminile sta andando in secondo piano. Serve e non serve, perché comunque le nostre gare non hanno così tante salite lunghe. Anche nei tapponi al massimo sono due.
Una figura in fase di rivoluzione dunque…
E’ chiaro che se uno nasce scalatore puro diventare velocista è impossibile, però è chiamato a diventare un po’ più completo. Se in pianura può nascondersi in qualche modo, deve imparare a difendersi in una volata un po’ ristretta. Quest’anno ho vissuto il mio momento clou, nella volata con Van Vleuten e l’ho battuta alla Vuelta Feminina. Però lì eravamo in 3-4 quindi è tutto da vedere. Tornando al discorso dello scalatore puro, diciamo che lo vedi anche dall’attenzione che dedica al cibo, ma anche ad altre cose nella vita. Insomma, tende a fare cose un po’ diverse rispetto alle altre.
Hai parlato di cibo e differenze. Per esempio tra te e una velocista cosa cambia? Chiaramente andiamo a cercare il capello nell’uovo…
Tra me scalatrice e una velocista, qualche differenza c’è. Una scalatrice va a battere sempre sullo stesso punto, cioè va a limare sui grammi e, come su altre cose, punta sul minimo indispensabile. Partendo dalla bici, ma anche dall’alimentazione appunto, dal vestiario…
Insomma, lo scalatore è un po’ più fissato…
Esatto, magari un velocista se deve mangiare o portarsi dietro qualche grammo in più lo fa senza problemi, lo scalatore o la scalatrice no. Secondo me cambia anche molto la mentalità tra lo scalatore e il velocista.
Possiamo capirti. C’era chi chiedeva di bucare il reggisella o forare il manubrio per ridurre il peso della bici…
Sono sempre in sfida con me stessa. Mi dico: «Fino a quel cartello l’altra volta ci ho messo undici minuti e quattro secondi. Oggi anche per un solo secondo però devo battere quel tempo». E anche queste piccolezze, secondo me, dicono molto dell’essere uno scalatore. Ma poi in corsa secondo me noi scalatori ce lo ritroviamo questo spirito, questo piglio. Nella testa dello scalatore c’è sempre la voglia di soffrire un po’ di più.
Gaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsaGaia è sempre molto attenta per quel che riguarda l’alimentazione anche in corsa
Scommettiamo che ogni volta che fai un allenamento, anche di scarico ci butti dentro una salitella, vero?
Assolutamente sì! Non lo nego. Magari un cavalcavia breve, ma c’è.
Hai una cadenza preferita? Quella che ti mette a tuo agio o dalla quale capisci che sei in forma?
Essendo una scalatrice pura, tendo ad andare con il rapporto pieno. Fuori sella, soprattutto. E infatti ogni tanto mi rimproverano. Mi dicono e mi chiedo: «Perché non vai più agile, così salvi la gamba per il finale?». E su questo aspetto hanno ragione, magari la gamba sarebbe un filo meno dura e affaticata. Quindi è un rimprovero che accetto, però dopo tutti questi anni ho preso il vizio e non è facile da togliere.
E in numero di rivoluzioni?
Dipende anche dalla salita. Quando è lunga, tipo quella al UAE Tour, viaggiavo sulle 80 rpm, poi quando mi hanno detto di iniziare a scremare il gruppo mi sono messa fra le 85 e le 90 rpm. Pertanto ero anche abbastanza agile. Quando invece ci sono tratti più ripidi preferisco stare sulle 70-75 rpm. Insomma avere una pedalata piena.
Se è così, davanti preferisci delle corone grandi, vero?
Sì, più il 39 che il 36. Ho la guarnitura 52-39 e mi piace. Qualora devo essere più agile preferisco aumentare i denti dietro, ma tenere il 39. Se poi un giorno andrò alla ricerca del 36, vedremo come come fare.
Un po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Gaia utilizza il reggisella con l’offset in avantiUn po’ per la sua statura e un po’ per il suo pedalare in punta, Realini utilizza il reggisella con l’offset in avanti
Che ruote preferisce una scalatrice come te?
Ad ogni gara i meccanici sono a nostra completa disposizione. Il giorno prima ci chiedono cosa preferiamo sia per le ruote che per la bici, la pressione delle gomme. Siamo dunque noi atlete che scegliamo il setup. Data la mia statura e il mio peso opto sempre per le ruote con profilo da 37 millimetri.
Profilo che una volta era medio, ma adesso in pratica è quello basso…
Esatto, io con questo profilo mi sento a mio agio. Anche in pianura. Perché basta che ci sia un po’ di vento e con il profilo più alto mi sento a disagio. Certo, se poi capita una giornata totalmente senza vento e una tappa tutta piatta, magari uso anche le ruote da 52. Ma al UAE Tour, per esempio, anche se di pianura ce n’era tanta, il vento non mancava e per questo utilizzavo sempre le 37.
E al profilo differenziato ci hai mai pensato: 52 posteriore, 37 anteriore?
A me non è mai capitato. Forse solo in un paio di gare ho usato il profilo da 52.
Prima, parlando del UAE Tour, hai detto una cosa interessante: come è variata la tua potenza dal momento in cui hai iniziato a fare il forcing per scremare?
E’ una domanda a cui non so rispondere, perché in corsa non guardo i watt. In allenamento sì. Anzi, bisogna allenarsi con i watt. Il preparatore ti dà lavori e valori e li devi rispettare, ma in gara preferisco non avere questo dato sotto controllo. Nella prima pagina del mio computerino non ci sono i watt. Se quel giorno stai male, ti fai influenzare. O magari fai i tuoi best power e ti esalti.
Realini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tuttoRealini non ama controllare troppo i dati in corsa, ma saggiamente registra tutto
Insomma in corsa si va sensazione…
Sono concentrata sulla gara, su me stessa. Mi ricordo, per esempio, la tappa del Giro Donne quando è caduta Elisa (Longo Borghini, ndr). Ebbene, in quella frazione Van Vleuten tirava ma era al gancio, io ero al gancio ancora di più. Mi è andato l’occhio sul computerino che era rimasto su una schermata che non uso spesso e ho visto un wattaggio esagerato. Ero già fuori di molto e non mancava poco. Quindi mi sono detta: «Togliamolo del tutto. Mi concentro solo sulla sua ruota». E lo stesso in certi frangenti vale per i battiti del cuore. Alla fine non puoi rallentare perché sei fuori soglia. No, è una gara e in gara devi soffrire. Devi superare i tuoi limiti.
Però magari prima della bagarre, nelle prime fasi, ti aiuti con il computerino, i watt… per gestirti, magari anche per l’alimentazione?
Solo in parte. Io comunque ho i miei tempi di alimentazione. Ogni “tot tempo” mi alimento, mangio, bevo…
La tua bici perfetta è?
Sicuramente leggera! Poi anche pulita.
Hai apportato dei cambiamenti? Oggi si tende a portare la sella molto in avanti…
Quella io ce l’ho sempre avuta piuttosto avanti. Ho una pedalata molto in punta di sella. Non so se sia un vizio.
O qualcosa che viene dal cross?
Probabile, sì. Però diciamo che quando sono lì concentrata, tendo a mettermi in punta di sella e a pedalare a testa bassa.
Strada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per RealiniStrada stretta e pendenze che sfiorano il 16%: il Gavia potrebbe essere una salita ideale per Realini
Pochi giorni fa è stato presentato il Giro Donne, e tra le scalate c’è anche il “tuo” Blockhaus…
Non solo, si farà tappa anche a Pescare e L’Aquila, per cui il Giro finirà proprio nel mio Abruzzo. Non conosco i programmi della squadra, ma non alzerò la mano per esserci: sono una ragazza che dove la metti dà il massimo. Quindi farò quello che che mi diranno.
Il Blockhaus lo consoci?
Lo conosco? Sono lì tutti i giorni in allenamento. Dove troviamo Gaia? Sul Blockhaus!
Se un giorno scoprissi che al Giro hanno previsto una tappa con Gavia e Stelvio. O Gavia e Mortirolo saresti contenta?
Contentissima, ho l’emozione per tutto il corpo solo a sentirla una cosa del genere. Sono salite che per ora sono soltanto nell’ambito maschile. Grandi salite, grandi arrivi: sarebbe bellissimo se un giorno capitasse anche a noi donne.
E i nomi di queste cime li leghi a qualche campione in particolare? O anche ad un tuo ricordo?
Campioni no, ma due anni fa ero in ritiro a Livigno. Ero da sola, dovevo fare un lungo. Era l’occasione giusta: nessuno che mi rompeva le scatole, che mi diceva cosa fare e come. Quindi in una giornata mi sono fatta Gavia e Stelvio. Oltre 5.000 metri di dislivello. Quei nomi li associo a quel giorno bellissimo. Io e la mia bicicletta. Passarci in corsa… un sogno.
CALPE (Spagna) – Simone Consonni e Jonathan Milan sono già insieme.E’ come se il loro lungo sprint fosse già partito. Se il feeling che abbiamo potuto notare da fuori sarà quello che vedremo in corsa e nelle volate, ne vedremo delle belle. Il “vecchio”, con due virgolette grosse così, e il giovane. L’apripista e lo sprinter. Il corridore scaltro e la “centrale nucleare” di watt. Questa coppia “made in Italy” già ci piace. E tanto.
I due si sono ritrovati alla Lidl-Trek. O meglio, la squadra americana e Luca Guercilena in particolare li hanno voluti mettere insieme. Cosa che in qualche modo abbiamo fatto anche noi riunendoli allo stesso tavolo. Anche se spesso mantenere la serietà non è stato facile!
Simone Consonni (classe 1994) quest’anno al Saudi TourJonathan Milan (classe 2000) quest’anno al Giro d’ItaliaI due correranno insieme, unendo forza, entusiasmo e abilitàSimone Consonni (classe 1994) quest’anno al Saudi TourJonathan Milan (classe 2000) quest’anno al Giro d’ItaliaI due correranno insieme, unendo forza, entusiasmo e abilità
Ragazzi, insomma oltre che in pista si corre insieme anche su strada… Chi comincia?
MILAN: «Prima i più vecchi!».
CONSONNI: «Ecco! Per me è un onore entrare in una squadra come questa. Vengo da quattro anni in Cofidis, dove ho imparato tanto e fatto tanta esperienza e devo ringraziare veramente tutto lo staff francese. Ma ora si riparte con nuove ambizioni. È tutto nuovo dalla A alla Z. Bello! Mi sento come un neopro’. Ho trovato una squadra incredibilmente organizzata e grande. Pensate che solo di atleti, tra noi, le donne e il devo team siamo più di 60. Dobbiamo girare con la targhetta di riconoscimento per imparare a conoscerci».
MILAN: «Anche io sono felice di essere qui. Di aver ritrovato Simone. Ci aspetta un bel lavoro».
Fate le prove su strada per la pista o solo per la strada? Nel senso che siete compagni anche su pista. Due campioni olimpici.
MILAN: «Ormai sono un po’ di anni che ci conosciamo. Nei primi giorni siamo stati più impegnati per visite, interviste, foto… che per gli allenamenti. Io ho iniziato a lavorare da poco e molto lentamente. Nei prossimi giorni inizieremo magari a provare qualche treno, ma lo faremo soprattutto a gennaio, facendo qualche lavoro con la squadra. Insomma prendere un po’ di sintonia come in pista».
CONSONNI: «Per quanto mi riguarda, dopo anni in cui alterno la carriera di sprinter e apripista sono arrivato qui che ancora non avevo capito bene cosa potevo fare, ma alla Lidl-Trek potrò sfruttare il mio ruolo di velocista per Jonny».
Dal basso: Milan e Consonni sono due perni del quartetto. Avere questo feeling su pista è un punto di partenza favorevole per la stradaDal basso: Milan e Consonni sono due perni del quartetto. Avere questo feeling su pista è un punto di partenza favorevole per la strada
Quali programmi vi aspettano?
MILAN: «Giusto qualche giorno fa abbiamo avuto insieme un meeting con Marco Villa, per tracciare una linea fra altura, ritiri e combinare al meglio gli obiettivi e arrivarci al massimo. Io inizierò con la Valenciana, quindi Tirreno, Sanremo. E queste le faremo insieme. Nel mezzo ci saranno le classiche. Non so se Simone le farà tutte. Ma spesso saremo insieme. E chiaramente saremo al Giro d’Italia».
CONSONNI: «Non dimentichiamo che è l’anno olimpico, pertanto anche sul fronte della pista sarà una stagione piena di appuntamenti. Già stamattina ho visto Josu (Larrazabal, capo dei coach della Lidl-Trek, ndr) che parlava con Villa e questo va bene. L’attività su pista va bene per la strada e viceversa, però negli ultimi anni il problema più grosso è il tempo. Ormai si corre sempre e il corpo, e soprattutto la mente, hanno bisogno di riposo. E’ importantissimo in questo periodo fare un planning chiaro per poi essere competitivi al 100 per cento e capire quando invece si può tirare il fiato. Cercherò di stare dietro a questo ragazzone! Non sarà facile né fisicamente, né mentalmente. Ma ci divertiremo dai».
Abbiamo parlato di sintonia: il fatto che correte insieme su pista vi può aiutare in qualche modo? O trovarsi su strada è totalmente un’altra cosa?
MILAN: «Non è facile creare una sintonia, ma certo partendo dalla pista, che facciamo insieme, siamo un passo avanti. Io sotto questo punto di vista sono parecchio ottimista. Simone ha esperienza. C’è un bel confronto».
CONSONNI: «La pista è una cosa e la strada è un’altra: l’ho già visto con Elia (Viviani, ndr). Ho già fatto in passato questo lavoro e posso solo cercare di farlo bene anche l’anno prossimo. E infatti quando ci hanno proposto questa cosa, io l’ho accettata super volentieri. Sono un buon velocista, ho fatto i miei bei piazzamenti. Purtroppo non è ancora arrivata una tappa al Giro, quindi ho deciso di sposare appieno questa nuova avventura. E riavvolgendo il nastro, le mie migliori prestazioni le ho fatte proprio da da ultimo uomo. Ecco perché sono concentrato, orgoglioso e fiero di un ruolo così importante. Probabilmente per me sarebbe stato più facile rimanere in Cofidis a fare il mio piazzamento. Qua invece la squadra e Jonathan hanno altre aspettative su di me. Ed io stesso ne ho».
Giro 2023, Caorle: Milan (a destra) è 2°; Consonni (al centro, maglia rossa) 5°. Unire due sprinter così può fare la differenzaGiro 2023, Caorle: Milan (a destra) è 2°; Consonni (al centro, maglia rossa) 5°. Unire due sprinter così può fare la differenza
Questo è il primo anno che lavorate insieme su strada: sarà più un anno per prendere le misure, perché comunque il focus sono le Olimpiadi, oppure full gas sin da subito?
MILAN: «Come diceva Simone, questo è un anno importante. Primo, perché siamo in una squadra nuova e vogliamo far vedere le nostre potenzialità. Crediamo al progetto che questa squadra vuole vuole portare avanti. Secondo, perché abbiamo anche le Olimpiadi. Credo che nel complesso sarà un anno di cambiamento importante: sarà fondamentale lavorare al meglio, pianificare ogni data fra corse e ritiri».
Pista e strada. Simone è uno dei più esperti nella madison, Jonathan decisamente meno, ma per assurdo lavorare insieme in questa specialità potrebbe agevolare il vostro feeling anche su strada?
CONSONNI: «Di base sì. Se guardiamo come si stanno evolvendo gli sprint, le velocità sono sempre più alte. Anche l’aspetto della pericolosità è aumentato vertiginosamente. A volte ci sono anche dieci velocisti al top, più qualche outsider e per ognuno di questi velocisti ci sono tre o quattro atleti che devono aiutarli. Quindi le velocità e la bagarre nei finali è sempre più elevata. Avere il feeling con con i compagni e col compagno sprinter è la chiave. A livello di prestazioni fisiche non dico che i top, velocista e leadout, sono alla pari, ma quasi e quindi vincere spesso dipende esclusivamente dal posizionamento. In tal senso con la madison sicuramente trovi un feeling superiore col compagno. La madison penso sia la disciplina dove è richiesto il feeling più alto col compagno».
MILAN: «Il problema è che io di madison in corsa non ne ho mai fatte. Non ho mai dato dei veri cambi. Ci sarebbe molto da lavorare. Però immagino darebbe un bel po’. Già è difficile essere preparati per il quartetto, con la strada che ti prende il 70-80 per cento del tempo».
CONSONNI: «Magari Jonny potrebbe lavorarci per Los Angeles 2028! Io ho un pensiero: a livello di prestazioni si potrebbe avere una super madison con Ganna e Milan. Ma poi questa specialità richiede anche altro».
Ricerca della base, ottimismo e il sogno olimpico tutto in divenire: Elisa Balsamo riparte dalla Spagna per una stagione che si annuncia più importante che mai
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CALPE (Spagna) – Le ombre si allungano su Calpe. La piscina che fino a poco fa era baciata dal sole e dove c’era persino qualche tedesco in costume, adesso è ben meno luminosa. L’ambiente però è calmo e rilassante. Ed è qui che incontriamo Elisa Balsamo.
La campionessa della Lidl-Trek racconta della stagione che verrà con il suo proverbiale self-control, ma anche la sua determinazione. Concetti chiari e tanta grinta fra le righe.
Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)Per Elisa Balsamo (classe 1998) anche lavori a secco, come questi di equlibrio e coordinazione (immagine da Instagram)
Grinta Balsamo
Le stagioni da professionista per Balsamo sono otto (con quella in arrivo). Otto anni di successi enormi, su tutti il titolo iridato a Leuven nel 2021. Dopo quell’anno passò dalla Valcar all’attuale team. Un ulteriore step.
Ma l’ultima stagione non è stata eccezionale, colpa principalmente dell’incidente avuto alla Ride London. Una brutta caduta che ha scombussolato i piani, procurato danni al volto (doppia frattura della mandibola), e messo a dura prova il piglio di Elisa, la quale però non ha mai mollato, neanche un secondo.
Lo testimonia anche il fatto di come abbia ripreso gli allenamenti in Spagna e anche prima. Elisa aveva voluto concludere comunque la stagione. All’inizio sembrava quasi una “forzatura”, visto il lungo rincorrere, ma in qualche modo era anche una scelta fatta in ottica 2024: correre era necessario. Le avrebbe consentito di arrivare allo stacco invernale con le giuste tempistiche e le giuste quantità di fatica.
E comunque, nonostante non fosse super, Balsamo in questo finale di stagione è anche tornata al successo: una tappa del Simac Ladies Tour.
Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)Nonostante l’infortuno occorsole a fine maggio, Elisa ha onorato gli impegni in azzurro sia ai mondiali che agli europei (in foto)
Elisa, partiamo proprio da qui: dopo l’anno difficile che hai avuto come ti senti?
Ho recuperato e sto ancora sistemando qualcosina, come gli ultimi denti che in realtà sono l’unica cosa che mi sono un po’ trascinata. Però sono contenta, ho avuto la fortuna di incontrare dei dottori veramente pazzeschi, quindi mi sento bene.
In effetti non ci sono quasi segni sul volto…
Anche la preparazione è iniziata in modo positivo. Sto cercando di ricreare la base che, appunto, proprio a causa della caduta mi era un po’ mancata nel finale di questa stagione, perché il tempo stringeva e quindi non c’è stato molto tempo per allenarsi in modo preciso.
Guardandola col bicchiere non mezzo pieno ma pienissimo, possiamo dire che hai perso del tempo, ma sei più fresca per la stagione che verrà?
Eh – sospira Balsamo – ormai quel che è passato è passato e non si può cambiare, bisogna solo giustamente cercare di tirarne fuori gli aspetti positivi. Sì, potrebbe anche essere, perché no? Sinceramente non ci avevo pensato, ma mi fa piacere avere davanti qualcuno che mostri ottimismo, quindi accetto volentieri questa ipotesi. Anzi dico che ci spero. Per affrontare una stagione come quella che si presenta bisogna avere tanta energia positiva, perché sarà molto impegnativa.
Di energie mentali, ormai ne spendete tantissime. Ce lo spiegava tempo fa anche la vostra mental coach, Elisabetta Borgia, e questo vale soprattutto per voi leader, che siete chiamate a grandi prestazioni, responsabilità, viaggi…
Sotto questo punto di vista il riposo mentale è stato relativo. Riprendersi da un infortunio grave non è facile. Non è facile fisicamente e neanche mentalmente perché noi atleti non accettiamo di rimanere sdraiati a letto o seduti sul divano, vogliamo tornare subito ai nostri livelli e soffriamo quando vediamo che facciamo fatica. Anche per questo esistono le vacanze. Da parte mia penso di aver recuperato bene nelle tre settimane in cui sono stata senza bicicletta.
Balsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisioneBalsamo con il cittì delle donne, Sangalli: li aspetta un anno in cui ogni cosa andrà calibrata con precisione
Più o meno hai già una traccia del tuo programma?
Sì, mi piace procedere poco per volta, quindi so che inizierò con l’europeo su pista a gennaio: c’è dunque subito un appuntamento molto importante. Poi sempre in pista, parteciperò alla Coppa del mondo di Milton. Su strada invece voglio dedicarmi alle classiche di primavera, che sono un grande obiettivo della stagione. Sono le mie gare preferite e le più belle in calendario.
E poi in estate c’è quell’appuntamento a Parigi. Tra l’altro su un percorso, mosso ma veloce, che ti dovrebbe piacere…
Eh sì! Aspettiamo di andarlo a vedere prima, immagino ci andremo dopo le classiche di primavera. Quest’anno va tutto conciliato al meglio. E anche incastrare questi momenti non è scontato.
Specie per te che fai sia strada che pista…
A questo penserà Sangalli. La squadra è fondamentale per cercare di trovare il miglior equilibrio possibile. Quello delle Olimpiadi, più che un obiettivo, è un sogno, sia parteciparvi che ottenere di più.
Sulla tua partecipazione non ci dovrebbero essere grossi dubbi…
Un’Olimpiade è sempre qualcosa di speciale e non c’è nulla di scontato. Su pista siamo andate a Tokyo, adesso cerchiamo di finire bene il percorso di qualificazione così da andare a Parigi con grande determinazione. Ma fra strada e pista bisognerà essere capaci di prendere la decisione migliore. Vale a dire se optare per una, per l’altra o per entrambe. Ma questo non si può sapere adesso bisognerà aspettare quando saremo lì. Per ora pensiamo a lavorare bene.
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