Superato il traguardo lascia scorrere la bici e prosegue a zigzag tra giornalisti e fotografi, si ferma solamente quando trova un fazzoletto d’ombra a bordo strada. Monica Trinca Colonel ha appena terminato la prova tricolore riservata alle donne elite e under 23 al secondo posto. Beve sperando di reintegrare subito dopo lo sforzo e per abbassare la temperatura corporea. Poi si siede sul marciapiede, un’addetta all’antidoping le chiede se ha a portata di mano un documento, lei indica il parcheggio alle sue spalle come a dire: «E’ lì».
Non parla, nemmeno quando arriva Letizia Paternoster, sua compagna di squadra alla Liv JaycoAlUla (che ieri ha corso con le Fiamme Azzurre). La trentina la abbraccia riempiendola di complimenti, mentre Monica Trinca Colonel continua a cercare energie e fiato. Riacquista la voce una volta scesa dal podiodelle premiazioni, quando le chiediamo di parlare ha gli occhi lucidi.
«Ero già contenta di come era iniziata la stagione – dice mentre la voce dello speaker annuncia le classifiche della Coppa Italia delle Regioni – ma questo secondo posto ripaga di tutti i sacrifici fatti fino ad ora, anche se non era d’obbligo. Non è detto che tutte le volte in cui ci si impegna arrivino dei risultati, per me è un sogno che si avvera».
Testa bassa sul manubrio, Monica Trinca Colonel cerca di riacquistare le forze dopo una gara intensa Letizia Paternoster (ieri in corsa con le Fiamme Azzurre) arriva al traguardo e corre ad abbracciare la sua compagna di squadra Testa bassa sul manubrio, Monica Trinca Colonel cerca di riacquistare le forze dopo una gara intensa Letizia Paternoster (ieri in corsa con le Fiamme Azzurre) arriva al traguardo e corre ad abbracciare la sua compagna di squadra
Gli occhi lucidi per cosa sono, o per chi sono?
Sono tornata al ciclismo solamente un anno fa dopo un lungo periodo di stop durante l’adolescenza. Per me è surreale ritrovarmi qui oggi (ieri, ndr) alle spalle di Elisa Longo Borghini che è sempre stata un idolo e un punto di riferimento per me e per il ciclismo femminile. E’ come una vittoria. Non so davvero che dire, forse troppe cose.
Vederla così vicina ti fa venire voglia di prenderla?
Sì ma dobbiamo ammettere che è ancora superiore, va bene così per il momento. C’è tempo e ci sono tanti anni davanti nei quali posso crescere, spero. Sapevo che in questo tipo di sforzi brevi e su percorsi del genere è ancora superiore, lo ha dimostrato con una bellissima azione.
Prima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunquePrima del via il caldo ha costretto le atlete a cercare riparo dai raggi del sole un po’ ovunque
Quando è partita hai pensato di restare alla sua ruota, o di provarci?
Sinceramente no. Sapevo che sarei esplosa, quindi ho cercato di gestirmi il più possibile. Il secondo posto al campionato italiano è un risultato comunque fantastico.
Un altro tassello importante in una stagione ricca di progressi e ottime prestazioni.
Sì, una gara come quella di oggi (ieri, ndr) mi dà tanta fiducia in vista del Giro d’Italia Women che è il mio grande obiettivo della stagione.
Per Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo BorghiniPer Trinca Colonel una gara solida e costante, il premio è stato il secondo posto dietro a un’immensa Elisa Longo Borghini
Si andrà al Giro per?
Puntare a una top 5. Partirò con l’idea di prendere quello che viene dando sempre il massimo. Il ciclismo è imprevedibile per cui vedremo. E’ una grande ambizione quella della top 5 ma sono consapevole di esserci vicina, ne ho avuto conferma alla Vuelta. La condizione credo stia emergendo, spero. Se tutto andrà bene questo obiettivo potrebbe avverarsi.
Quanto è stata importante la Vuelta nell’avere questa consapevolezza?
Mi ha fatto capire che sono un’atleta portata per i giri a tappe, poi mi piacciono molto come tipo di gara. Bisogna sperare che vada tutto bene. In queste corse di più giorni c’è sempre una tappa storta, speriamo cada in un giorno che non risulti poi decisivo. Ci sarà da stringere i denti, ma lo fanno tutte.
Dietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismoDietro al podio Trinca Colonel ha ritrovato le sue compagne della Bepink con le quali ha corso nel 2024 una volta tornata al ciclismo
Sei tornata al ciclismo la scorsa stagione dopo tanto tempo, in questo anno cosa hai scoperto di nuovo su di te e di questo sport?
Mi sento più sicura e un po’ più consapevole delle mie forze. Manca ancora un piccolo step, come migliorare sugli sforzi brevi o a livello di tattica. Sono consapevole di esserci e di poter migliorare, spero un giorno di riuscire a essere come Elisa Longo Borghini.
Correre un campionato italiano così è una bella risposta a livello tattico…
Vero, però si poteva prevedere dove ci si doveva far trovare pronte. Sono contenta di esserci riuscita, poi però contavano solo le gambe e sono felice di averle avute.
Un altro secondo posto per Elisa Longo Borghini. Il finale della Strade Bianche è impietoso. Van den Broeck-Blaak le prende la ruota e la salta in finale
Dopo le classiche, l’obiettivo di Letizia Paternoster è diventato il Tour de France Femmes. Riuscire a vincere una tappa sarebbe il modo di entrare fra le grandi e tenere il ritmo delle coetanee che, a vario titolo, hanno compiuto i loro passi verso l’alto. Basterebbe partire dal podio di Doha 2016, quando quel fantastico gruppo di ragazze fra il 1998 e il 1999 si affacciò (vincendo) sul mondo. Al centro Elisa Balsamo con la maglia iridata e a sostenerla proprio Letizia, Chiara Consonni e Martina Fidanza.
Sono passati nove anni, chilometri e tanta vita. C’è stato il Covid e ci sono stati gli incidenti. In tanti casi rimanere in equilibrio fra la realtà, le attese e i propri guai è già di per sé un’impresa, per cui essere riusciti a risollevarsi è segno di talento e determinazione. Così Letizia Paternoster sta risalendo le posizioni del gruppo. Si è smarcata dalla riduttiva etichetta di velocista. E’ tornata competitiva in pista. Ha imparato a non mettersi addosso pressioni troppo pesanti. E ora addenta le corse con altra consapevolezza, facendo i conti con la sua immagine pubblica che a molti basta e avanza per dare giudizi senza conoscere. La maledizione dei social colpisce spesso chi sui social è più forte.
Con il secondo posto nella seconda tappa, per Paternoster è arrivata la maglia rossa della VueltaQuel giorno si arrivava a Sant Boi de Llobregat: vittoria a un’immensa Vos, podio per Paternoster e Borghesi, entrambe trentineCon il secondo posto nella seconda tappa, per Paternoster è arrivata la maglia rossa della VueltaQuel giorno si arrivava a Sant Boi de Llobregat: vittoria a un’immensa Vos, podio per Paternoster e Borghesi, entrambe trentine
Passaggio in Spagna
Fra le classiche e il Tour, con la condizione che le restava nelle gambe, la trentina si è trovata a passare per la Vuelta. E senza fare miracoli, ha portato a casa un secondo posto di tappa e ha vestito per un giorno la maglia rossa di leader. Poco al confronto di una leonessa come Marianne Vos, ma abbastanza per capire di aver trovato la chiave. E la stessa Vos, rileggendone la storia, a un certo della sua carriera di predestinata, ebbe un crollo che la costrinse a mettere un lungo punto.
«Ho iniziato la stagione con tanta pressione addosso – racconta – e questo al Nord mi ha fatto vivere dei brutti momenti. Il guaio è che me la mettevo da sola. L’anno scorso ero andata tanto forte e mi sono resa conto che non funziona affrontare certe corse solo con le attese e senza la mente libera. La Vuelta è servita per ritrovare testa e gambe e affrontare quel che verrà con un’altra consapevolezza».
Quattordicesima al Fiandre (qui con Niewiadoma), dopo il nono posto del 2024, pagando pegno alla tensioneQuattordicesima al Fiandre (qui con Niewiadoma), dopo il nono posto del 2024, pagando pegno alla tensione
Però è venuta la maglia di leader e soprattutto alle spalle Marianne Vos, una vera leggenda…
Ricordo che ero piccolina la prima volta che puntai la sveglia per vedere il mondiale del 2010 in Australia, avevo 11 anni. Lo ricordo perché era il primo mondiale di Rossella Callovi, che è una mia amica ed è trentina come me. E ricordo la vittoria di Giorgia Bronzini sulla Vos, che già quattro anni prima, a 19 anni, aveva vinto il mondiale di Salisburgo. Marianne Vos è un riferimento, un modello da seguire.
Che cosa ti ha detto la Vuelta?
Che ho ritrovato testa e gamba. Ci sono arrivata motivata, con la testa leggera e ho capito le mie possibilità. Mi sono scrollata di dosso il fatto di essere una velocista, anche se l’ho sempre saputo e me l’hanno sempre detto. Sono più leggera delle ragazze di 70 chili specializzate negli sprint, vado meglio sui percorsi ondulati, con arrivi sugli strappi. Infatti la seconda tappa della Vuelta aveva l’arrivo dopo l’ultimo chilometro che tirava tutto in salita.
Però le salite lunghe restano indigeste…
Non è tanto il dislivello, infatti, il mio problema è la durata delle salite, la lunghezza. Se le salite sono corte, ripide e non tanto lunghe, se sono in forma posso dire la mia. Per questo ad esempio, non so cosa pensare di mondiali ed europei. Un po’ perché non ho visto i percorsi e un po’ perché non voglio guardare troppo avanti.
Chi ti ha sempre detto che non sei una velocista?
Quasi tutti i tecnici con cui ho lavorato (sorride, ndr). Penso a Josu Larrazabal, il capo dei tecnici alla Lidl-Trek. Non faceva che ripetermelo e l’ultima volta che ci siamo visti in ritiro, perché eravamo nello stesso hotel, me lo ha ricordato.
Al Trofeo Binda, Paternoster ha tenuto bene sulla salita di Orino ed è stata quinta allo sprint vinto da BalsamoAl Trofeo Binda, Paternoster ha tenuto bene sulla salita di Orino ed è stata quinta allo sprint vinto da Balsamo
Si può dire che la parte più difficile in questa fase della carriera sia capire che atleta sei?
Assolutamente. Sto acquisendo adesso la piena consapevolezza, dopo aver perso quasi due anni per problemi di salute. Quello che avrei dovuto fare a 22 anni, io lo sto facendo adesso. Ho riscoperto la Letizia giusta. E grazie a Marco Pinotti e alla squadra, alla LIV-Jayco-AlUla, ho capito quali saranno le corse cui posso puntare.
Il Tour e non il Giro proprio per questo?
Esatto e sono super entusiasta. Non vedo l’ora di iniziare la preparazione per il Tour. Le prime 5 tappe hanno arrivi di questo tipo, che ricordano molto le classiche. La squadra pensa che sia la soluzione migliore per me, quindi andrò dritta in Francia. Il Tour non l’ho mai fatto, l’ho sempre solo guardato, quindi mi gasa tantissimo. Però insieme ho un dispiacere enorme nel non fare il Giro d’Italia. Appena hanno annunciato le tappe, ho visto quella che passa proprio da Cles e arriva a Trento e farla sarebbe stato un sogno. Però per il resto, devo ammettere che il Tour si addice molto di più alle mie caratteristiche.
Farai altura, sai già come ci arriverai?
Questa settimana è stata di respiro dopo le classiche e la Vuelta. Nella prima parte di stagione non ho mai staccato, se non in questi giorni. Prossima corsa sarà il Tour of Britain ai primi di giugno, quindi fra due settimane e mezzo. Poi vado in altura. Scendo per il campionato italiano con le Fiamme Azzurre. Ritorno in altura. E poi, il tempo di riadattarmi al livello del mare e vado dritta al Tour de France.
Linguaccia alla cattiva sorte e ripartenza: il Tour sarà per Paternoster un importante momento di verificaLinguaccia alla cattiva sorte e ripartenza: il Tour sarà per Paternoster un importante momento di verifica
Sei passata definitivamente a lavorare con Pinotti, dopo il periodo a metà fra lui e Broccardo. E’ cambiato qualcosa?
Marco mi ha sempre detto che ho tantissimo margine. E quindi gradualmente stiamo aumentando il lavoro e facendo tutto nel modo giusto. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Sto crescendo e sta crescendo il carico di lavoro, per arrivare al mio vero valore. Ciclisticamente Dario è stato un padre, siamo in ottimi rapporti, resta un riferimento.
Quindi riassumendo, pochi viaggi mentali, pressioni al minimo e testa libera?
Esatto. E così arriverà tutto. Devo solo continuare in questo modo. Essere positiva con la testa, stare su e lavorare nel modo giusto. E poi la ruota girerà. Ne sono certa.
Cresce l’attesa per la prima edizione della Milano-Sanremo Women, che porta con sé tante domande e aspettative. Sarà una corsa per velociste, che terranno tutto chiuso aspettando la volata, o favorirà le scalatrici, che dovranno sfruttare le poche salite? Queste le principali incertezze che aleggeranno sulla corsa, ma anche sulle strategie delle squadre e degli atleti, pronti ad affrontare la storica Classicissima (in apertura, Arianna Fidanza e due compagne della Laboral Kutxa sull’iconico scollinamento della Cipressa).
In questo articolo, abbiamo avuto modo di ascoltare le opinioni di due tecnici di alto livello, Marco Pinotti della Jayco-AlUla, e Paolo Slongo della UAE-ADQ, che ci offrono un’analisi approfondita su come si prepareranno alla corsa e le prospettive per le rispettive atlete. L’approccio e la visione di due tecnici, alle prese con un evento che si preannuncia già ricco di emozioni e con due atlete agli antipodi: Longo Borghini, scalatrice (e non solo) per Slongo. Letizia Paternoster, donna veloce, per Pinotti.
Il profilo della Sanremo Women: 156 km. Sia Pinotti che Slongo si aspettavano qualche chilometro in piùIl profilo della Sanremo Women: 156 km. Sia Pinotti che Slongo si aspettavano qualche chilometro in più
Parola a Slongo
Il tecnico della UAE ADQ va dritto al sodo. Spiega che la scalatrice ha un passo tale da creare fatica a tutte le avversarie e quindi ha interesse a tenere un ritmo forte per tutta la gara, specie sulle salite. Un’altra opzione è che, se non questa situazione non dovesse verificarsi, bisognerà creare delle circostanze che rendano la corsa dura. I Capi rispetto agli uomini saranno più incisivi…
Quindi per la scalatrice sarà corsa dura sin dai Capi?
Direi di sì, ma non solo lì. Come abbiamo detto più volte ormai le ragazze sono tutte ad un buon livello, ma di certo i Capi faranno più selezione rispetto alla gara degli uomini. Tuttavia, secondo me, le favorite saranno in condizione e quindi, che siano scalatrici o velociste, a loro i Capi non creeranno grossi problemi. Creerà più problemi sicuramente la Cipressa o al limite il Poggio, se fatti in una certa maniera.
Hai detto Cipressa, un punto chiave: è possibile andare via lì per le donne?
Da sole è un po’ difficile, però se si crea un gruppetto di 4 o 5 ragazze con Vollering, Kopecky, Longo Borghini… sicuramente c’è la possibilità. Anche perché, oltre ad essere le più forti, rappresentano più squadre e quelle che poi possono controllare sono pochissime. Quindi, a differenza degli uomini, un attacco di leader da lontano è più facile. O più verosimile. Negli uomini diventa davvero complicato farlo sulla Cipressa, perché le squadre possono controllare anche per gli altri capitani.
Longo Borghini al Binda. Prove di accelerazioni brutali in salita. Lei di sicuro preferirà la corsa duraLongo Borghini al Binda. Prove di accelerazioni brutali in salita. Lei di sicuro preferirà la corsa dura
Paolo hai tirato in ballo gli uomini: da un punto di vista tattico qual è la cosa più simile tra la Sanremo maschile e quella femminile?
Direi in generale la bellezza della Sanremo, che fino alla fine non sai mai chi può vincere. E’ una corsa talmente facile, ma allo stesso tempo diventa difficilissima da interpretare: questo aspetto penso sia uguale per uomini e donne.
E la differenza?
La differenza è che se le leader, specie le scalatrici o comunque quelle che sanno andare forte in salita, decideranno di attaccare da lontano, si potrebbe fare una corsa già selettiva con le leader che restano davanti. Una cosa è certa: tra le donne la corsa dura che ovviamente va meglio per le scalatrici, può fare più selezione. Certo, portarsi in volata una Kopecky, che su quelle salite va benissimo, è sempre una cosa rischiosa. Quindi, secondo me le altre avversarie, tra cui anche Elisa, dovranno comunque provare o pensare a qualcosa anche sulle salite precedenti al Poggio.
Sempre al Binda, Parternoster cerca invece di difendersi in salita. Letizia preferirà una corsa più lineareSempre al Binda, Parternoster cerca invece di difendersi in salita. Letizia preferirà una corsa più lineare
Parola a Pinotti
In relazione alla corsa di Letizia Paternoster, Pinotti analizza le dinamiche che porterebbero alla volata e la volata stessa, che vedrà comunque un gruppo ristretto. Come nelle classiche, la velocista che voglia arrivare in finale dovrà aver lavorato tanto sulla resistenza. I Capi arrivano dopo 110-115 chilometri e tanto dipenderà dalla situazione di gara in quel momento.
«La Sanremo – dice Pinotti – non è una corsa lunghissima come ci si poteva aspettare, ma per le donne le prime salite arrivano dopo oltre tre ore di gara e potranno già dire qualcosina».
Quando dici che la sprinter deve aumentare la resistenza intendi quei lavori di 3′-5′?
Quelli, ma anche la resistenza in generale, quella che si fa a gennaio. E’ chiaro che certi lavori, certe rifiniture si fanno con l’avvicinarsi dell’evento. E poi quei minuti vanno bene per i Capi e il Poggio, ma la Cipressa per le donne dorerà almeno 12′.
Fra i Capi quale sarà quello più duro per una sprinter come Letizia?
Il Berta, sicuramente, è il più selettivo. Gli altri due non troppo.
L’ostacolo principale per Letizia, secondo te, sarà la Cipressa o il Poggio?
Secondo me, sarà la Cipressa, non tanto per le pendenze, ma perché è più lunga. Su questa salita la posizione conta meno. Il Poggio è più facile, anche per le donne, e la pendenza è meno impegnativa. La velocità però conta molto e ci si può staccare di più. Il problema del Poggio è che arriva dopo 145 chilometri, quindi dopo parecchie ore e il posizionamento conta moltissimo.
Letizia Paternoster ha un grande spunto veloce. Per Pinotti il suo ostacolo maggiore sarà la CipressaLetizia Paternoster ha un grande spunto veloce. Per Pinotti il suo ostacolo maggiore sarà la Cipressa
Ecco il posizionamento: quanto è importante, specie per una velocista che deve risparmiare il più possibile, e quanto conta il ruolo della squadra?
Il posizionamento è fondamentale. Bisogna stare davanti, ma questo è importante anche nelle salite minori come il Berta. Sulle salite più dure, la squadra aiuta a prendere la posizione e a stare coperti, soprattutto per evitare danni durante le salite e per fronteggiare eventuali problemi meccanici. Dopo la Cipressa e il Poggio, se ci sono atlete con buone gambe, la squadra dovrà intervenire per ridurre i distacchi (gli attacchi delle big che paventava Slongo, ndr). Per il resto Paternoster è molto brava a anche a districarsi nel gruppo e sa stare coperta… merito della pista.
C’è la concreta possibilità di una volata con parecchie velociste?
Sì, una volata tra velociste è possibile, ma a questo punto diventa una questione di gambe più che di velocità pura. Se arriva giù dalla salita un gruppo più folto, una velocista potrebbe avere un vantaggio maggiore: una Wiebes, tanto per dire, potrebbe arrivarci e sarebbe dura da battere. Ma se l’arrivo avviene in un gruppo selezionato, anche se ci fossero le velociste più forti queste potrebbero avere più difficoltà.
Chiaro…
Lo abbiamo visto anche al Binda. Alla fine dopo una gara di oltre 2.300 metri di dislivello ha vinto la Balsamo, che è una velocista. Letizia è arrivata quinta (e la Longo decima, ndr). Tra le donne oggi il livello è elevato anche tra le sprinter. Vero che le salite erano diverse e nessuna superava un certo minutaggio, ma non sarà facile eliminarle alla Sanremo Women.
La discesa del Poggio può fare la differenza?
Sì, la discesa può essere cruciale, anche se non ci si pensa troppo. La differenza tecnica tra le atlete potrebbe essere maggiore rispetto agli uomini, con alcune che potrebbero avere più difficoltà nelle curve. Ciò potrebbe causare dei buchi. Bastano 10″ e si può andare all’arrivo.
Sarà interessante vedere quanto i capi incideranno nella Sanremo WomenSarà interessante vedere quanto i capi incideranno nella Sanremo Women
Quanta curiosità
In conclusione, la Milano-Sanremo Women si preannuncia una corsa incerta e ricca di potenziali sorprese. Le risposte dei due tecnici, Pinotti e Slongo, mostrano come le strategie siano legate tanto alla preparazione fisica e alle caratteristiche tecniche, quanto alla capacità di affrontare i momenti più cruciali della corsa. Insomma, all’intersecarsi di varie tattiche.
E’ tutto da scoprire: il dilemma e lo spettacolo al tempo stesso sono tutti qua. Scalatrici contro velociste e non solo. Andamenti tattici. Poggio o Cipressa? Via Roma o i Capi? Questa prima edizione della Classicissima donne segnerà una traccia importante anche per i prossimi anni. La Sanremo Women si prepara a regalare grandi emozioni.
L'Italia conquista il Team Mixed Relay battendo la Germania e l'Olanda. Grande prova del terzetto maschile, poi le donne hanno incrementato il vantaggio
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L’analisi dell’ultimo quinquennio del ciclismo giovanile italiano ha destato molto clamore. I tanti ragazzi approdati nel WorldTour non bastano a mitigare l’immagine di un numero considerevole di giovani che dopo avere vestito le maglie azzurre – un traguardo sempre riservato a pochi – dopo solo qualche stagione si sono già allontanati dal ciclismo agonistico. Noi però abbiamo parlato del movimento maschile, qual è la situazione fra le donne?
Nel 2021 Silvia Zanardi conquista così il campionato europeo U23 di TrentoNel 2021 Silvia Zanardi conquista così il campionato europeo U23 di Trento
Difficile fare paragoni
Partiamo innanzitutto da una considerazione di fondo: i parametri non possono essere gli stessi. Noi abbiamo preso in esame lo stesso periodo degli uomini, dal 2019 al 2023 evitando l’ultima stagione perché troppo recente, ma rispetto all’universo maschile ci sono differenze. Innanzitutto non c’è una vera e propria categoria under 23: le ragazze da juniores passano direttamente nel ciclismo maggiore. Le gare al di sotto dei 23 anni sono pochissime, da breve tempo è stato introdotto l’Avenir, il campionato continentale si disputa, ma i mondiali sono stati finora accorpati a quelli elite (non sarà così a partire dall’edizione in Rwanda del 2025) e obiettivamente non è la stessa cosa.
Anche la conformazione del ciclomercato è un po’ diversa perché è in continua evoluzione, tanto è vero che solo da poco sono state introdotte le squadre professional, mentre i devo team si stanno sviluppando di anno in anno. Tutto ciò per dire che i raffronti vanno soppesati, perché i paragoni fra i due sessi, nel mondo delle due ruote, sono difficili.
Alice Toniolli, in ripresa dal terribile incidente del 14 agosto. Il suo obiettivo è tornare a correreAlice Toniolli, in ripresa dal terribile incidente del 14 agosto. Il suo obiettivo è tornare a correre
Nel 2019 sei azzurre da sogno
In totale, fra juniores e under 23, sono state 40 le ragazze azzurre e hanno corso con risultati lusinghieri, superiori per qualità e numero a quelli dei loro coetanei. Merito di una generazione davvero ricca di talenti: è impressionante rileggere oggi la nazionale U23 che vestì l’azzurro agli europei del 2019: Letizia Paternoster vincitrice, Elisa Balsamo decima e campionessa l’anno successivo, ma con loro anche Katia Ragusa, Vittoria Guazzini, Elena Pirrone bronzo a cronometro e Martina Fidanza. Tutte nel WorldTour, tutte nel giro azzurro anche oggi.
In tutto da allora abbiamo colto ben 6 successi. Oltre a Paternoster e Balsamo, vanno annotati gli ori conquistati da Eleonora Camilla Gasparrini agli europei 2020 tra le juniores, Silvia Zanardi fra le under 23 nel 2021 (a completare un magico tris), Vittoria Guazzini stessa categoria e anno ma nella cronometro e infine l’acuto di Federica Venturelli a cronometro nel 2023. Si dirà: tutti europei e nessun mondiale. Ma chi conosce l’universo rosa sa che la gran parte del talento è ancora nel Vecchio Continente…
Francesca Barale è una delle 15 azzurre approdate nel WorldTour e che sta pian piano crescendoFrancesca Barale è una delle 15 azzurre approdate nel WorldTour e che sta pian piano crescendo
C’è chi si è persa per strada
A corollario di questi successi, ci sono ben 9 podi e un totale di 37 top 10, a conferma del valore del nostro vivaio che pur tra mille difficoltà continua a sfornare atlete di valore, forgiate quasi tutte dalla doppia direttrice strada/pista, una via maestra che non va abbandonata. Ma attenzione: non è tutt’oro quello che luccica.
Abbiamo perso per strada 6 ragazze, che dai fasti della maglia azzurra sono finite ai margini del mondo delle due ruote, almeno di quello agonistico perché c’è chi ha già trovato altri impieghi come Giorgia Catarzi, azzurra junior nel 2019 e che Fabiana Luperini ha voluto con sé come allenatrice alla Ciclistica San Miniato Santa Croce.
Camilla Alessio, un solo anno alla Ceratizit e poi l’addio alle corse. Un talento cui serviva tempoCamilla Alessio, un solo anno alla Ceratizit e poi l’addio alle corse. Un talento cui serviva tempo
L’esemplare caso della Alessio
Il caso più eclatante è quello di CamillaAlessio. Tra il 2019 e il 2021 la ragazza di Cittadella ha vestito l’azzurro a ripetizione, sfiorando il podio agli europei 2019 a cronometro juniores e contribuendo alla vittoria della Zanardi due anni dopo fra le under 23. Nel 2022 ha assaggiato il ciclismo di vertice alla Ceratizit-WNT, poi più nulla: uno dei tanti talenti che dolorosamente abbiamo visto sparire, complici problemi fisici che la limitavano. Una di quelle cicliste che avrebbero avuto bisogno di più tempo per evolversi e trovare la propria collocazione rispetto a quello concesso da un mondo che non si ferma per nessuno, accelerando la crescita sempre di più.
A fronte di chi non ce l’ha fatta, ci sono ben 15 atlete che fanno stabilmente parte del WorldTour. Alcune sono già affermate campionesse. Una su tutte è Elisa Balsamo già fregiatasi dell’iride assoluto, altre si stanno ritagliando il loro spazio e sono in rampa di lancio. Bisogna però guardare oltre, a chi quel traguardo, il contratto nella massima serie, lo deve ancora raggiungere e per farlo gareggia nei team continental o nei semplici club.
Matilde Ceriello davanti a Carlotta Cipressi: quest’ultima ha svoltato, l’altra purtroppo noMatilde Ceriello davanti a Carlotta Cipressi: quest’ultima ha svoltato, l’altra purtroppo no
L’importanza dei team nostrani
Realtà come Top Girls Fassa Bortolo, Bepink, Mendelspeck racchiudono ancora una buona parte delle cicliste di vertice, il problema è dare loro opportunità per gareggiare, confrontarsi con le più grandi, mettersi in luce.
Nelle gare estere? Sì, ma non può bastare. Serve un calendario nazionale più folto e qualificato, più occasioni di confronto. Allora potremo davvero dire che chi non ce l’avrà fatta sarà il prezzo pagato alla selezione naturale.
Letizia Paternoster ha alzato i giri del motore e si è rituffata nella rincorsa olimpica. Però non rinuncia al suo stile e lancia un messaggio alle ragazze
Giorgia Bronzini in Australia ha vinto il suo primo mondiale. Un trionfo inaspettato ma studiato. La piacentina racconta e dà consigli a Balsamo e Zanardi
ALTEA (Spagna) – Bisogna prepararsi per una Paternoster 3.0. Dopo aver parlato con la trentina nel ritiro del Team Jayco-AlUla, la sensazione è quella di una determinazione nuova, che poggia su una preparazione più strutturata e sostanziosa. La presenza di Marco Pinotti sarà più incisiva e l’apporto dell’ingegnere bergamasco, che già nel 2024 aveva portato una ventata di aria nuova fino alla prima vittoria, promette di essere la base per una svolta decisiva.
Letizia sorride, come al termine di un percorso faticoso che l’ha messa alla prova in modo importante. E ora che i nodi sembrano finalmente sciolti, il futuro e le corse sembrano un luogo protetto in cui essere se stessa senza dover per forza indossare i panni del personaggio che si è cucita addosso negli anni.
«Qua mi vogliono tutti bene – annota – e ci tengono tanto a me. Veramente si curano di me come persona e anche le compagne attorno mi fanno sentire apprezzata ogni giorno. E’ come se mi trasmettessero tutta la bella energia che hanno e questo conta tanto anche in gara».
Un ottimo dicembre per Paternoster, ospite dell’Hotel Cap Negret (immagine Instagram)Un ottimo dicembre per Paternoster, ospite dell’Hotel Cap Negret (immagine Instagram)
Lo abbiamo già visto in primavera al Nord. Una Letizia molto più guerriera di quella cui eravamo abituati…
Per me non è stata una scoperta assoluta. Conosco le potenzialità che posso avere su strada, perché le avevo mostrate appena passata. Ovviamente era solamente questione di ritrovare quella che ero. Allora avevo solo 19 anni. Ora che sono cresciuta, fra la maturazione fisica e l’esperienza, posso sicuramente puntare un po’ più in alto. Perciò ci ho creduto, ma quello che abbiamo visto nella scorsa stagione è stata una sorpresa anche per me. Non mi aspettavo di essere migliorata così tanto. Per questo sono carica, non vedo l’ora di affrontare le corse. Ci credo veramente tanto. Perché l’ho già fatto e ora credo anche di poterlo fare ancora meglio.
Perché?
Perché l’anno scorso sono arrivata senza un’aspettativa e una preparazione adeguata al 100 per cento. Poi si sa, nel ciclismo tutto può succedere, però voglio pensare che se faccio tutto nel modo giusto, può accadere qualcosa di veramente magico.
Giro delle Fiandre 2024, Letizia Paternoster chiude al nono posto, cedendo solo nel finaleGiro delle Fiandre 2024, Letizia Paternoster chiude al nono posto, cedendo solo nel finale
Lo scorso anno hai cominciato a lavorare con Pinotti, la collaborazione continua?
Marco è super, cura i dettagli al 100 per cento. E’ un ingegnere e si vede nel modo in cui fa le cose. Quando parla, so che quello che dice è reale. Non dice una parola in più né una in meno. Guarda ogni allenamento in tempo reale: io torno e prima di ripartire il giorno dopo ho già i suoi feedback. Mi dice che magari in un certo tratto potevo fare qualche pedalata di più, vede particolari incredibili. E allo stesso tempo riesce a trasmettermi calma e serenità e questo con me fa tanto.
Ha aumentato le quantità di lavoro? Lo scorso anno proprio Marco ci disse che per l’attività che dovevi fare, ti allenavi ancora poco…
Effettivamente lui sta sempre avanti, sempre al passo con gli studi. Il ciclismo ha avuto un’evoluzione sotto tutti gli aspetti. E’ vero che ho aumentato tutto da quando lavoro con lui ed effettivamente i risultati sono tangibili.
Paternoster e una cartolina per Natale: la squadra rimarrà in Spagna fino alla vigilia delle FestePaternoster e una cartolina per Natale: la squadra rimarrà in Spagna fino alla vigilia delle Feste
E’ vero che proprio Marco ti ha suggerito di fare un pensiero alla Sanremo?
E’ un grande obiettivo. Appena hanno confermato che si farà, mi ha chiamato e mi ha detto: «Lo sai che si farà la Milano-Sanremo?». Gli ho chiesto che cosa ne pensasse e lui mi ha detto che bisognava farci un bel circoletto attorno. In pochi minuti è andato a studiarsi le prime cose, per cui di sicuro ci si prova. Si sa che poi il livello della competizione sarà altissimo. E’ una corsa che può piacere alla Longo Borghini, a Lotte Kopecky, la Wiebes e anche alla Vollering. C’è un bel gruppo di ragazze che possono veramente fare bene, però perché non pensarci?
E perché non pensare anche di riprendersi il posto che avevi da junior?
Esattamente, è proprio quello che voglio fare.
Da dove nasce questo sorriso?
E’ dicembre e non sono mai partita a dicembre con un livello così alto, ne parlavo proprio prima con Marco. Siamo felici, stiamo lavorando nella direzione giusta. Ho fatto una off-season adeguata e quindi stiamo costruendo il mio percorso. Davvero non vedo l’ora di cominciare.
La Pater sta tornando. Letizia Paternoster gira in pista, lavora in palestra, poi vola dalla Trek per il debutto. La forma cresce. I guai sono alle spalle
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Neanche il tempo di scendere dall’aereo dopo svariate ore di volo dal Canada, che Letizia Paternoster è già disponibile per raccontare la sua vittoria al Tour de Gatineau di domenica. Si capisce anche da questo, oltre che dalla sua voce squillante a dispetto del viaggio e del jet lag, quanto questo successo rappresenti per lei. Una vittoria attesa da 5 anni, dalla conquista del titolo europeo U23 nel 2019, una vittoria che ha davvero il sapore di qualcosa che chiude una parentesi difficile, segnata da tanti brutti momenti ma anche da quella resilienza che è diventata ormai un suo marchio di fabbrica.
Il podio della corsa canadese con la Paternoster fra la cubana Meijas e la canadese Van DamIl podio della corsa canadese con la Paternoster fra la cubana Meijas e la canadese Van Dam
«Io ero sicura che prima o poi il successo sarebbe arrivato – esordisce la trentina di Cles – ma questa vittoria mi ha dato un forte senso di liberazione, soprattutto perché tante volte in questa stagione ci ero andata vicinissima. Ad esempio nella prima tappa del Tour of Britain pensavo proprio di avercela fatta. Prima di partire per il Canada sentivo che la condizione era quella giusta, ero conscia di essermi allenata bene».
Com’è stato il dopo Parigi?
Non è stato facile soprattutto mentalmente, riuscire a ricaricarmi dopo un’Olimpiade non andata come speravo. Devo dire grazie al team, che non mi ha forzato la mano per tornare in forma. Questo mi ha aiutato nella crescita, notavo in allenamento che toccavo valori mai raggiunti in stagione.
Il fotofinish della prima tappa al Tour of Britain che ha premiato l’iridata Kopecky per millimetriIl fotofinish della prima tappa al Tour of Britain che ha premiato l’iridata Kopecky per millimetri
Già prima di Parigi, relativamente alla stagione su strada, ti eri detta molto soddisfatta, un giudizio rinfrancato dopo la vittoria d’oltreAtlantico?
Sicuramente, perché è stata sempre in crescendo, fino a raggiungere vette che non avevo mai toccato ma con la consapevolezza che c’è ancora spazio per migliorare. Ora con la forza che mi ha dato il successo canadese, voglio proseguire su questa scia al Simac Tour in Olanda e fare bene nel confronto con le migliori. Poi in base anche alle disposizioni di Villa penserò ai mondiali su pista, ma mi ci concentrerò dopo l’Olanda.
In primavera Pinotti che coadiuva la tua preparazione aveva sottolineato la necessità di lavorare molto di più rispetto a prima. E’ questa la chiave del tuo cambiamento?
Io devo dire grazie un po’ a tutti i preparatori che mi seguono, quelli del team, perché curano ogni minimo aspetto dell’allenamento. Quando entrai nella Liv Jayco AlUla due anni fa partivo praticamente da zero, avevo perso completamente tre anni di carriera per i vari problemi fisici. Serviva davvero tanta fiducia per credere in me. Nel 2023 sono stata costante, ma allora già entrare in una top 10 voleva dire tanto. Avevo fatto parte del percorso. Venendo al discorso specifico, il mio lavoro è cambiato, è aumentato ma quel che conta è che il mio corpo si è abituato e si abitua a carichi di lavoro sempre maggiori, recepisce e restituisce. Recupero meglio e con frequenze più alte e so che posso fare ancora molto di più, in allenamento e conseguentemente anche in gara.
Il lavoro della Liv Jayco AlUla è stato fondamentale per controllare la corsaIl lavoro della Liv Jayco AlUla è stato fondamentale per controllare la corsa
Com’era la corsa canadese?
Molto nervosa, a me ha ricordato un po’ il circuito del Liberazione romano. Le compagne sono state bravissime a tenere la corsa chiusa per arrivare alla volata e hanno costruito un treno fantastico per pilotarmi. L’orgoglio di alzare le braccia al cielo, di mostrare questa maglia che tanto mi ha dato ma che non avevo ancora potuto ripagare con una vittoria è stato un momento che non dimenticherò.
Torniamo un po’ indietro nel tempo, anche sull’onda di questo spirito positivo e parliamo di Parigi…
Ho imparato, con tutto quello che mi è successo, che da qualsiasi esperienza bisogna trarre gli aspetti positivi e lasciar andare il resto. Non è stata un’Olimpiade felice, ma ragionandoci sopra ho capito i miei errori e le mie mancanze per diventare più forte di prima. Anch’io faccio fatica a capire che cosa non ha funzionato, sicuramente il Covid contratto durante il periodo in altura non ha aiutato, ma ci ho messo del mio gestendo male alcune cose. Non ho affrontato Parigi con la mente lucida e serena, per questo dico che la mente fa tanto nel nostro mestiere.
Tutta la delusione sul volto della trentina dopo l’omnium olimpico, chiuso al 13° postoTutta la delusione sul volto della trentina dopo l’omnium olimpico, chiuso al 13° posto
Ti riferisci solo all’andamento dell’omnium dell’ultimo giorno o a tutta la spedizione?
E’ un discorso generale, che riguarda tutta la mia Olimpiade. Io volevo ben altro e sapevo che avevo tutte le possibilità di conquistarlo.
La pista continuerà a par parte del tuo percorso?
Certamente, ci mancherebbe… Io non mollo, anche in questa stagione si è visto che sono al livello delle migliori, ad esempio alla Nations Cup in Canada mi ha battuto solo la Valente che poi è andata a prendersi l’oro olimpico dominando la gara. Io so il valore che ho e lo sa anche Villa. Ho tanti obiettivi da cogliere nei prossimi anni e voglio raggiungerli con lo spirito guerriero che sta emergendo sempre di più in me. Il risultato di Parigi è che ora ho ancora più fame di successi…
E’ una Paternoster nuova quella che si approccia alla fase più importante della stagione (ma sarebbe più giusto dire della carriera, visto l’appuntamento olimpico). Anche la RideLondon ha confermato che la campionessa della Jayco AlUla ha ormai una nuova dimensione non solo su pista, ma anche su strada avendo lottato da pari a pari con le stelle del movimento, da Wiebes a Kopecky finendo quarta nella classifica generale a parità di tempo con l’iridata. Si era già capito alle classiche che eravamo di fronte a una Paternoster 2.0, le strade inglesi lo hanno ribadito.
La sua nuova dimensione nasce da una rinnovata consapevolezza: «Nel team, dove sono approdata lo scorso anno, ho trovato la mia dimensione, su di me è riposta tanta fiducia. Lo scorso anno è stato importante e delicato dopo tutto quello che era successo precedentemente, mi è servito per ritrovarmi, per creare una base di lavoro e la squadra ha avuto la pazienza di aspettarmi, ora ne stiamo godendo i frutti».
Il podio di tappa alla RideLondon Classique con Letizia seconda dietro la WiebesIl podio di tappa alla RideLondon Classique con Letizia seconda dietro la Wiebes
Già dalle classiche avevi espresso valori diversi dal passato…
Sì e guardando indietro posso anche dire che potevo ottenere anche di più. E’ da inizio stagione comunque che sto andando bene su strada, i valori sono sempre alti e questo mi conforta. Ho una nuova mentalità e consapevolezza e questo sarà importante soprattutto per gli anni a venire.
Se della Paternoster su pista si sa moltissimo, su strada eri quasi un oggetto sconosciuto, tanto che molti ti ritengono una velocista…
Io no, le mie caratteristiche non sono solo la velocità, anche se certamente in volata posso dire la mia. Ma tengo bene anche sugli strappi. Certo, non sarò mai uno scalatore e non potrò competere per la classifica delle grandi corse a tappe, ma anche quando passai professionista si vedeva che avevo caratteristiche multiple. Già quando passai pro’ vinsi il Festival Elsy Jacobs, gara a tappe battendo gente forte come Vos, Kopecky, Balsamo ed era una corsa con molti strappi, percorsi da classiche. Nell’ultima tappa arrivammo in 15 e vinsi io. D’altronde una velocista pura non posso esserlo, non ho leve lunghissime, ma so adattarmi a ogni percorso.
Un passo indietro nel tempo, la vittoria in volata di Paternoster in Lussemburgo. Era il 2018Un passo indietro nel tempo, la vittoria in volata di Paternoster in Lussemburgo. Era il 2018
Il periodo nero, quello dei frequenti infortuni e conseguente naturale difficoltà a uscirne, sia fisicamente che psicologicamente, è messo finalmente alle spalle?
Sì, soprattutto mentalmente perché se mi guardo indietro non ho rimpianti per il tempo perduto. Sono giunta alla consapevolezza che anche quello è servito, mi ha fatto crescere, maturare. Quei momenti fanno parte del passato, bisogna andare avanti e guardare oltre.
Ora però la strada deve lasciare posto alla pista e al vero grande obiettivo…
Non ho mai perso il focus su quel che conta davvero in questa stagione. Appena tornata dalla Gran Bretagna sono stata due giorni a lavorare su pista a Montichiari e un paio di giornate saranno dedicate a quello anche nelle immediate settimane future, ma dopo il Women’s Tour potrò concentrarmi interamente sulla preparazione su pista. In programma avremo ancora un impegno in Belgio con Guazzini e poi sarà tempo del ritiro in altura.
Nel team australiano la trentina ha trovato l’ambiente giusto per tornare a crescereNel team australiano la trentina ha trovato l’ambiente giusto per tornare a crescere
Accennavi prima a Elisa Balsamo. Come hai vissuto il suo infortunio?
Un trauma. Eravamo a Livigno, io e Vittoria. Stavo guardando la corsa in tv, quando ho visto la caduta ho iniziato a urlare «Vittoria, Vittoria» perché Guazzini non stava guardando. Mi è venuto il cuore in gola, eravamo nel panico assoluto, con la gente intorno che ci chiedeva cosa stesse succedendo. Le corse che facciamo in questo periodo sono strane, le affrontiamo con uno stato d’animo particolare. C’è sempre un po’ d’ansia perché una caduta può significare perdere l’obiettivo a cui guardiamo da anni. Anche in Inghilterra, in certi frangenti ci pensavo due volte se buttarmi nella mischia e non nascondo che qualche tirata di freni la diamo…
Un problema che vi accompagnerà anche nelle prossime settimane, come a tutti coloro che, in qualsiasi sport, sono chiamati a partecipare a Parigi 2024…
Sì, perché basta un colpo d’aria, il più piccolo ostacolo a rimescolare le carte. Se uno ci pensa troppo, vive questo avvicinamento con terrore e sarebbe sbagliato. Bisogna fare attenzione, ma mantenendo sempre un atteggiamento positivo.
Alle classiche Paternoster ha mostrato un piglio nuovo, con ottimi piazzamentiAlle classiche Paternoster ha mostrato un piglio nuovo, con ottimi piazzamenti
Come vivi le incertezze che ora circondano la presenza della Balsamo?
E’ stata una caduta terribile con conseguenze pesanti, ma spero tanto che non lo siano così tanto da impedirle di essere con noi e completare il cammino che abbiamo intrapreso. Dobbiamo confidare nella speranza, noi ci crediamo fortemente che Elisa sarà lì a lottare con noi.
Oltretutto la vostra gara, quella dell’inseguimento a squadre femminile, nei pronostici olimpici è considerata fra le 3-4 gare fra tutte le Olimpiadi con più possibilità di medaglia…
Stiamo toccando tutto il ferro che c’è – afferma ridendo la Paternoster – La pressione è tanta e fondamentale è anche l’approccio alla gara da vivere psicologicamente. In questo ci stanno aiutando molto Elisabetta Borgia come mental coach della nazionale e Paola Pagani che è la mia personale. E’ un bel gruppo il nostro, ci sosteniamo tutte, siamo 6 ragazze intercambiabili e ci diamo forza per esserlo. Lavoriamo su noi stesse per acquisire consapevolezza di quanto siamo forti e dove possiamo arrivare. Se arriviamo tutte al massimo della forma e diamo il 110 per cento, nessun traguardo è precluso.
Paternoster e Kopecky nell’omnium europeo 2024. Le ritroveremo rivali a Parigi 2024?Paternoster e Kopecky nell’omnium europeo 2024. Le ritroveremo rivali a Parigi 2024?
Tu però non avrai solo l’inseguimento. C’è anche l’omnium che tra l’altro sarà l’ultimo giorno olimpico, quando ci sarà da completare la torta…
Infatti con Villa doseremo la preparazione, in questa prima parte ci stiamo concentrando sul quartetto, a luglio lavoreremo anche sull’omnium per essere pronta per il grande evento. Ho molta fiducia in Marco perché sa come si vince un’Olimpiade, l’ha fatto da atleta e da tecnico, è la persona migliore per trovare la quadra. Mi fido del suo metodo, so che può portarmi lontano.
Colpo di scena ai tricolori crono delle donne. Longo Borghini vince la prova, poi viene penalizzata e il successo va a Guazzini. Un'ora da mal di testa
Matilde Vitillo in Spagna aspettando l'inizio della stagione. I problemi del 2023 hanno condizionato il 2024. Ora però la base è buona e la fiducia è tanta
Marco Villa è tornato da Milton, la sede canadese dell’ultima prova di Nations Cup su pista con un taccuino pieno di annotazioni, ma soprattutto con l’animo molto soddisfatto, conscio di avere fra le mani un gruppo che a Parigi potrà dargli belle soddisfazioni. Il circuito dell’Uci non è stato semplice da gestire, con azzurri e azzurre presenti a singhiozzo, ma quando ci sono stati i big, i risultati sono sempre arrivati.
In Canada in campo maschile sono stati fatti esperimenti, dovendo oltretutto presentare un Viviani ancora acciaccato e scosso per la caduta rimediata nelle classiche belghe. Le ragazze erano invece presenti in formazione tipo e i riscontri sono stati talmente esaltanti da far sognare in ottica olimpica.
«Ce la siamo giocata bene – ammette il cittì (in apertura con la Paternoster) pensando al secondo posto delle ragazze nel quartetto – c’erano le squadre migliori, mancava solo la Nuova Zelanda che penso sia l’unica con noi e la Gran Bretagna che possa fare 4’09”. Io non ho mai schierato il quartetto titolare per scelta: la Paternoster aveva già fatto mondiali ed europei, volevo invece vedere all’opera Consonni e Alzini per dare a tutte la possibilità di giocarsela, anche perché il torneo olimpico sarà lungo».
Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
La finale con le inglesi che presentavano la formazione tipo che cosa ti ha detto?
Che possiamo sfidarle con coraggio, senza partire battute. Pur senza Letizia, dopo 3 chilometri eravamo in vantaggio e loro avevano perso un elemento. Purtroppo anche noi lo abbiamo perso, la Consonni al terzo impegno in un solo giorno non ha tenuto e le ragazze si sono un po’ sfaldate. Il torneo era racchiuso in una sola sessione, ci può stare anche perché avevamo una differenza rispetto alle altre squadre.
Quale?
Ho avuto la netta sensazione che le formazioni come Gran Bretagna e Francia siano arrivate a Milton rodate, dopo allenamenti mirati. Noi no, le ragazze si sono ritrovate lì dopo tempo, visti gli impegni su strada. La Fidanza è venuta a Montichiari venerdì prima della partenza per il Canada, la Guazzini aveva fatto i suoi carichi ma la Alzini non c’era, quando è arrivata non avevo con chi farla girare. Mancavano molti sincronismi, ma questo non mi preoccupa, anzi in questo periodo e considerando le difficoltà contingenti è un buon segno.
La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e ValenteLa Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La situazione sembra identica a quella di tre anni fa degli uomini, quando i ragazzi erano vicini ma ancora inferiori alla Danimarca. Poi sappiamo a Tokyo com’è andata a finire…
Io sono fiducioso, se avremo la possibilità di farle lavorare tutte insieme potremo fare grandi cose. A 4’09” ci siamo già con questa situazione, significa che si può fare meglio. Sono rimasto molto colpito dal rendimento di Consonni e Balsamo senza alcun allenamento specifico, come anche da quel che ha fatto la Paternoster…
Che sembra tornata davvero ai suoi migliori livelli…
Ho preferito che a Milton si concentrasse sull’omnium per avere e darmi risposte. Ha fatto davvero delle belle prove, è più vicina alle più forti come Archibald e Valente. Sicuramente l’attività su strada e soprattutto i risultati ottenuti in essa le hanno dato tanto in termini di fiducia, la vedo più sicura, si è messa finalmente alle spalle tutte le tribolazioni. Anche nel suo caso i margini di miglioramento sono ampi.
Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Paradossalmente anche la madison ha dato risposte positive, con Balsamo e Guazzini quarte dopo molti errori tecnici, soprattutto nei cambi.
Voglio vedere quella gara come un bicchiere mezzo pieno proprio perché ci sono molti particolari tecnici da aggiustare. La volata va impostata almeno 4 giri prima, non negli ultimi due e questo concetto non è ancora entrato nei sincronismi della coppia. L’ultimo sprint ha visto la Guazzini partire da molto dietro e fare una grande rimonta, ma spendendo molte energie che sarebbero state utili. Rivedremo i filmati, lavoreremo su quel che non ha funzionato guardando anche a come si muovono formazioni collaudate come Gran Bretagna e Francia. Io sono ottimista.
Veniamo agli uomini. Il 5° posto ti ha soddisfatto?
Era quello il nostro livello, in presenza di squadre con la formazione tipo e che hanno fatto una sorta di prova generale per i Giochi. Vorrei sottolineare la prova del Giappone, arrivato ancora a 3’48”, si vede come Gisiger stia lavorando bene anche lì dopo quanto fatto con la Svizzera. A dir la verità mi aspettavo un po’ di più da Manlio Moro, ma è arrivato con ancora dentro le tossine della Roubaix. Per uno giovane come lui era stata una grande opportunità, non potevo certo chiedergli di rinunciare.
Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
A tal proposito, in Belgio abbiamo vissuto la grande paura delle cadute di Milan e Viviani. Come stai vivendo queste settimane di approccio olimpico, hai anche tu paura di infortuni?
Se avessi paura non andrei avanti. Non dimenticate che nell’opinione generale è la pista che è più pericolosa, dove si cade e ci si fa male. Può capitare dappertutto, ma io non posso fasciarmi la testa a prescindere. I corridori devono onorare gli impegni delle loro squadre, io non posso far altro che sperare che non avvenga nulla né quando sono con loro, né tantomeno quando si allenano con noi. Non dimenticate quanto avvenne prima di Tokyo, quando Milan cadde in allenamento a Montichiari, mica in una corsa su strada… E’ un avvicinamento normale, andiamo avanti alla giornata.
Come si lavorerà ora?
Alcuni saranno impegnati con le squadre, c’è anche chi andrà al Giro, con altri faremo un periodo in altura. Lo stesso dicasi per le ragazze dove anzi ho programmato uno stage in altura per tutte meno la Guazzini che farà la Vuelta. Vedremo di giostrarci come sempre, cercando tutti i momenti giusti per lavorare insieme fino al rush finale verso Parigi dove tireremo le somme.
Un cenno finale lo merita Miriam Vece, che ha portato a casa due storiche qualificazioni…
Quando ho preso in mano il settore femminile le ho detto subito che doveva e poteva provarci, soprattutto nel keirin che viveva con grandi paure per cadute passate. Ci ha lavorato, a Milton ho visto suoi passaggi senza paura in mezzo alle avversarie, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Sta migliorando, si presenta sempre in buona posizione alla campana, io dico che non va a Parigi solo per partecipare.
Fa le azzurre per Parigi, Longo Borghini è la più solida. Immagina una corsa disordinata e aggressiva. Le nostre saranno unite. Sogna di arrivare da sola
Una dannata febbriciattola che non passa costringe Letizia Paternoster ai box. Nessun allarme, ma il rammarico per non averla in ritiro con la nazionale
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Allo stesso modo in cui, vinto il Fiandre, Elisa Longo Borghini ha ringraziato Paolo Slongo, nelle parole di Letizia Paternoster è risuonato più volte quello di Marco Pinotti. La trentina non ha ancora vinto grandi corse su strada, ma è innegabile che rispetto allo scorso anno le prestazioni di questa primavera siano nettamente superiori. Per cui si è accesa la stessa curiosità. E come qualche giorno fa contattammo Paolo Slongo sul Teide, ora è la volta di Pinotti che risponde da Andorra. Si lavora in funzione del Giro d’Italia, i preparatori in questa fase hanno le loro tante cose da fare.
Letizia Paternoster è sempre stata allenata da Dario Broccardo, Maestro dello Sport che con Pinotti collaborò negli anni della BMC. Tutto quello che sa sulla cronometro a squadre, ammette onestamente il bergamasco, l’ha imparato dal tecnico trentino. Allora in che modo Marco è entrato nella routine della “Pater”?
«Ci tengo a confermare – inizia – che Letizia è sempre seguita da Broccardo. Ma io mi occupo di sovraintendere alla preparazione degli atleti, per cui quando lo scorso anno è arrivata, ho iniziato a seguire anche il suo lavoro. Devo dire che la prima sensazione era che non lavorasse abbastanza e soprattutto mi sono accorto che non caricava i file. Siccome non sono uno che le manda a dire, gliel’ho fatto presente e forse lei ha visto in questo una forma di attenzione. A un certo punto, all’inizio del nuovo anno, mi ha chiesto in che modo avrebbe potuto cambiare la preparazione. Voleva fare bene al Nord, ma era febbraio e non c’era tanto tempo. Io ho obiettato che avremmo dovuto parlarne con Broccardo, ma mi ha detto che lo avrebbe fatto lei. E così ho cominciato a darle qualche consiglio».
Crono di Monte Lussari al Giro 2023: Pinotti sulla moto alle spalle di Filippo ZanaCrono di Monte Lussari al Giro 2023: Pinotti sulla moto alle spalle di Filippo Zana
Parlando di te, Letizia ha fatto riferimenti alla necessità di crescere nell’esperienza e nella resistenza.
E ha ragione. E’ certamente un’atleta di talento, che però da solo non basta. Bisogna lavorare: gliel’ho detto subito. Si è visto alla Roubaix. Le sono mancati gli ultimi 20 chilometri, proprio perché non ha la resistenza di base necessaria. Ma ugualmente, anche se 21ª a 2’14”, è stata la migliore delle nostre e questo conferma il talento. Invece per il discorso dell’esperienza, mi chiedeva chi curare e come muoversi in gara.
E tu?
E io, consapevole che sia adatta a quelle corse, le ho dato qualche consiglio. Ero consapevole che non avessimo una squadra per chiudere sugli attacchi delle altre, soprattutto alla Roubaix, e che lei non potesse seguirle tutte. Al Fiandre siamo andati bene e tutto sommato anche alla Roubaix finché le gambe hanno tenuto.
Hai parlato di poco lavoro.
Quando mi ha cercato, sono stato un po’ duro. Le ho detto che non avrei voluto perdere tempo. Avevo visto da poco un suo file e c’era scritto che aveva fatto 5 ore a 90 watt medi. Davanti alla mia durezza, deve aver apprezzato il fatto che io guardassi quotidianamente il suo lavoro. Si è sentita supportata e si è rimboccata le maniche. Le manca l’abitudine a certe distanze, ma si sta impegnando e i risultati si iniziano a vedere.
Dario Broccardo, Maestro dello Sport trentino, è stato tecnico federale e ha collaborato con la BMC. Qui a Richmond 2015 con Oss e QuinziatoBroccardo è stato tecnico federale e ha collaborato con la BMC. Qui a Richmond 2015 con Oss e Quinziato
Sentendola parlare, è parsa un’atleta più consapevole.
E’ più matura, ma questo fa parte del processo di crescita. Sta imparando a fare le sue scelte, facciamo l’esempio della Roubaix. Dopo il Fiandre, avrebbe dovuto lavorare su pista. A noi come squadra è un discorso che interessa relativamente, ma ci siamo impegnati a lasciarla libera di andare. Invece lei ha deciso di voler tornare su per correre ancora. Mi ha detto che per Broccardo andava bene: ci ha parlato lei. Ha fatto un giorno in pista e poi è tornata al Nord.
In che modo state gestendo la preparazione olimpica?
Ho parlato con Dario. In questa fase stiamo valutando che non facendo il Giro d’Italia, Letizia potrebbe non avere un programma abbastanza importante in vista di Parigi. Come squadra, corriamo il Thuringen Ladies Tour con la Devo Tem, quindio lei non può partecipare. Quindi farebbe la Ride London e il Womens Tour, che è poco. Altre faranno un calendario più pesante di lei.
Nella Coppa del mondo di Milton, per Paternoster arriva l’argento nell’eliminazione (foto FCI)Nella Coppa del mondo di Milton, per Paternoster arriva l’argento nell’eliminazione (foto FCI)
Perché non può fare il Giro d’Italia?
Perché finisce il 14 luglio e non avrebbe tempo per fare i lavori specifici che servono per la pista.
Non credi che questa sovrapposizione con Broccardo potrebbe generare qualche confusione?
Dario la conosce da tempo e lei si fida. Non so come andrà avanti la collaborazione. Se mi chiederà consiglio, io glielo darò. Ma Dario è uno bravo e con lo studio può certamente tenersi al passo con le nuove tendenze della preparazione. Certo che Letizia ha bisogno di lavorare di più: quello che faceva prima non può assolutamente bastare.
Una dannata febbriciattola che non passa costringe Letizia Paternoster ai box. Nessun allarme, ma il rammarico per non averla in ritiro con la nazionale