Lampo d’azzurro su Beihai: Milan si lancia, Viviani lo infila

12.10.2023
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BEIHAI – Dedicato a Marco Villa, pensiamo non appena Viviani e Milan sfrecciano accanto andando a fermarsi in fondo allo stradone liscio, dritto e caldo. La prima tappa del Tour of Guangxi parla italiano, come meglio non si poteva sperare, il tecnico della pista azzurra avrà gongolato vedendo davanti due dei suoi. La gente è assiepata alle transenne, calde per il sole. I fotografi sono pronti e la volata è un esercizio di tattica e potenza. Giocano pulito. E Milan involontariamente si trasforma nel perfetto leadout per Viviani. Parte infatti ai 300 metri e il veronese trova lo spunto per passarlo. Nei giorni scorsi gli avevamo chiesto come mai non avesse preso Morkov, poi finito all’Astana.

«Evidentemente – sorride accaldato – il progetto di Cavendish era più concreto. Credo che Mark farà il record di tappe al Tour, come credo che anche io con un buon supporto e le giuste gambe, posso essere competitivo contro i migliori sprinter. Sono sempre stato anche realista, però oggi ho dimostrato che ci sono».

Il Trofeo del Tour of Guuangxi è esposto la mattina al foglio firma, sorvegliato da guardiani speciali
Il Trofeo del Tour of Guuangxi è esposto la mattina al foglio firma, sorvegliato da guardiani speciali

Un lampo di Milan

Primo Viviani, secondo Milan. Il gigante friulano ha pagato care le fatiche del Giro e da maggio ha messo insieme appena nove giorni di corsa, faticando a trovare ritmo e sensazioni Anche i mondiali di Glasgow su pista non lo hanno mostrato ai livelli che ben conosciamo.

«Sono contento che sia tornato a sprintare – dice Viviani – perché essendo nello stesso gruppo della nazionale, sappiamo anche come ci vanno le cose. E Jonathan dal Giro non ha più ritrovato le sensazioni che voleva. Dopo l’arrivo gli ho fatto i complimenti. Alla fine l’ho passato solo io, perché mi sono trovato nella situazione perfetta per farlo. Ma tutti gli altri sono rimasti dietro ed è partito a 300 metri. Qualche mese fa, contro i miei stessi interessi, gli avevo detto che avrebbe dovuto finire bene l’anno, perché il prossimo per lui comincia una nuova avventura da leader e non sarebbe facile iniziare con l’ultima vittoria fatta a maggio. Sono felice di averlo visto fare una volata lunga e bella. Quanto a me, sono contento di essere tornato a vincere nel WorldTour una cosa che mi mancava da tanto».

Questa prima tappa a Beihai è stata la 47ª giornata di gara per Milan, appena la 9ª dopo il Giro
Questa prima tappa a Beihai è stata la 47ª giornata di gara per Milan, appena la 9ª dopo il Giro

Contento a metà

Milan sorride. E’ contento per la vittoria dell’amico, ma proprio perché non vince da maggio e da tutto questo tempo non azzecca una bella corsa, non gli sarebbe dispiaciuto affatto alzare le braccia. Gli chiediamo che effetto faccia veder vincere il… vecchiaccio.

«Sono contento sinceramente che mi abbia passato lui – sorride a denti stretti – e non qualcun altro. Oddio, contento, insomma… E’ stata una giornata bella calda, ma l’andatura non è stata particolarmente sostenuta, a parte i primi chilometri quando voleva partire la fuga. I ragazzi mi hanno scortato per tutto il tempo e nel finale mi hanno lasciato al punto giusto, anche se forse mi sono trovato davanti troppo presto. Non potevo aspettare nessuno, perché non volevo essere riassorbito e quindi sono partito lungo. Mi aspettavo qualcuno da dietro, ho cercato di dare tutto fino all’arrivo, però ci sono ancora 5 giorni. Non saranno tutti arrivi per me, ma sicuro cercherò di fare bene».

La testa e le gambe

Per un motivo o per l’altro, entrambi hanno buttato in questo sprint un anno di bocconi più o meno amari. E tutto sommato il fatto che siano ancora qui a lottare in questa caldaia cinese significa che sono in cerca di riscatto. Milan ha ammesso di non essere stanco tanto nelle gambe, quanto psicologicamente e Viviani è sulla stessa lunghezza d’onda.

«Ieri ho letto un tweet che ricordava le 18 vittorie del 2018 – ricorda Viviani – e non è semplice passare a zero nel 2020, sette nel 2001, due l’anno scorso e vincere la prima del 2023 solo la settimana scorsa… Ovvio che sono cose differenti, cambia tutta la dimensione, non bisogna mollare e non è mai facile. Servono le gambe, ma la testa fa la differenza. Non è stato facile passare la settimana scorsa tra il Croazia e la partenza per la Cina. C’erano 10 giorni a casa e allenarsi non è stato facile. Devi capire bene il tuo corpo per decidere quali allenamenti fare e accorciare le ore. A fine stagione è inutile farne 5-6, meglio 4 di qualità. Ho trovato anche dei giorni per andare in pista con la scusa di test sui materiali e per fare allenamenti di qualità. Quindi la settimana è passata bene, però senza le gambe non ti inventi niente».

La Ineos è in Cina con i due Hayter, Leonard, Narvaez, Plapp e Rowe: tutti per Viviani
La Ineos è in Cina con i due Hayter, Leonard, Narvaez, Plapp e Rowe: tutti per Viviani

Destinazione Parigi

Milan è come se avesse sentito e racconta di non aver avuto sensazioni ottime, ma discrete. Dice di aver fatto dei buoni allenamenti prima di partire e qualche lavoretto specifico ieri nel provare il percorso di tappa. E poi, mentre il compagno di nazionale si avvia verso altri giornalisti, Milan gli riconosce il merito di aver sempre creduto nella doppia attività, fra strada e pista.

«Essere il portabandiera della doppia attività – risponde Viviani a distanza – mi fa sentire orgoglioso. E’ un gruppo cresciuto negli anni insieme, quindi è ovvio che vediamo dei punti di riferimento in uno o nell’altro. E’ bello che anche gli altri siano cresciuti alternando la doppia attività e che vadano ad affrontare una stagione importante come quella olimpica. Jonathan è diventato campione olimpico a vent’anni, non è una cosa da tutti, non è una cosa che si dimentica. E l’anno prossimo torneremo a essere lo stesso gruppo che ha fatto belle cose negli ultimi anni in pista».

Ci arriverà a capo di un inverno composto da 2-3 settimane di stacco e poi tanto lavoro per la strada. Nessuna Sei Giorni, al massimo qualche gara Classe 1. Molto probabilmente non sarà neppure agli europei pista di gennaio, per non dover anticipare troppo la preparazione. L’obiettivo sarà arrivare pronto al Tour Down Under e poi di partecipare alla prima Coppa del mondo su pista. Ma adesso c’è questa storia cinese da portare a compimento. Domani si riparte in maglia di leader, il resto si vedrà giorno dopo giorno.

Consonni apripista per Milan, con qualcosa ancora da scoprire

10.10.2023
6 min
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Siamo rimasti un po’ sorpresi nel non vedere Simone Consonni al via del Gran Piemonte qualche giorno fa, ma lui ha messo subito le cose in chiaro. «Non ero al top e la squadra ha fatto altre scelte. In questa fase della mia stagione, avendo ripreso dopo lo stop iridato, o ero fresco e ti tiravo fuori la super prestazione. O, come alla Bernocchi, non tenevo il ritmo e mi fermavo».

Il campione olimpico del quartetto ha così chiuso il suo 2023 agonistico su strada. A fine anno lascerà la Cofidis per passare alla Lidl-Trek, dove troverà anche il suo compagno di successi su pista, Jonathan Milan. 

Rientrato dopo l’infortunio di Glasgow, Consonni tra Agostoni e Bernocchi ha solo accumulato tanta fatica. Inutile continuare così
Rientrato dopo l’infortunio di Glasgow, Consonni tra Agostoni e Bernocchi ha solo accumulato tanta fatica. Inutile continuare così
Simone, innanzitutto come stai. Eravamo rimasti all’incredibile incidente di Glasgow…

Ora meglio. In questi casi è più la pazienza per rientrare che altro. Si è trattato di sistemare le cose, nel senso di fare gli esercizi per la spalla, la scapola… E infatti adesso mi alleno bene e anche tanto. Sto facendo parecchi chilometri, anche se non corro più. E’ un modo per non fermarmi presto. Esco la mattina di buon’ora, sia perché le giornate sono ancora belle, sia perché nel pomeriggio ho molte commissioni da sbrigare, visto che il 20 ottobre mi sposo. E’ come nei chilometri finali, devi spingere a tutta!

A proposito di spingere nei chilometri finali. E’ quel che dovrai fare il prossimo anno con Milan alla Lidl-Trek a quanto pare. Come è andata questa trattativa?

C’era già stato qualche contatto dopo il Saudi Tour ad inizio stagione. Lì avevo vinto e venivo da altre vittorie sul finire della stagione precedente. Però io stavo bene alla Cofidis e declinai le lusinghe. La stagione proseguiva bene, altri bei piazzamenti, una buona Tirreno. Ero motivatissimo per il Giro. E così ho deciso di andare in ritiro in Colombia, con l’okay della squadra, per fare tutto al massimo. Sono tornato che andavo fortissimo. A Francoforte avevo valori ottimi. Poi dopo 5-6 tappe del Giro ho avuto un crollo fisico.

E a cascata anche mentale…

Esatto. Prima del Giro dovevo rinnovare con Cofidis, ma poi ho visto che temporeggiavano e lì ho capito che era finito il mio tempo in questa squadra. Io ho dato il 100 per cento. Sempre. Ma non sempre sono andato bene. Sono andato in Colombia a farmi il mazzo e non tre settimane ad Ibiza. A quel punto ho rivalutato la proposta della Lidl-trek che mi aveva continuato a dare fiducia e mi aveva lasciato la porta aperta. Una scelta che col senno del poi avrei dovuto fare ad inizio stagione.

In due anni alla Cofidis, Consonni e Viviani hanno corso 94 giorni insieme con tre GT. Se si considerano le tappe di montagna, i ritiri dell’uno o l’altro, le occasioni di volate insieme non sono state poi tante
In due anni alla Cofidis Consonni e Viviani hanno corso 94 giorni insieme con tre GT
E ti sei ritrovato Milan…

Lui lo conosco bene. Qualche voce, ma solo rumors, in gruppo girava già da tempo. Cosa farò con lui? Ancora non abbiamo stilato un programma chiaramente, ma l’idea è quella di fare un calendario appaiato. Devo cercare di fargli prendere la strada giusta, specie negli ultimi chilometri. Johnny è giovane, fortissimo, va un po’ raddrizzato di testa, non in quanto a professionalità, ma per normali errori di gioventù.

Adesso non sei più il giovane tu. E’ come se si fosse invertito il ruolo con Viviani?

Io ho fatto l’apripista per Gaviria, Kristoff, poi per Elia e credo di avere l’esperienza per poterlo fare bene con Johnny e farlo crescere. E non dimentichiamo che alla Lidl-Trek c’è anche Pedersen, ci sono più uomini di punta. E’ una squadra aperta a più soluzioni. Io posso aiutarli, ma anche loro possono aiutare me a trovare la mia miglior dimensione.

Tecnicamente cosa dovrai fare con Milan? Dovrai portarlo fuori con velocità maggiore? In progressione? Dovrai correre con due “occhi” dietro le spalle?

Dirlo così è difficile. Di certo Jonathan ha una potenza esagerata. Al Giro ha fatto delle cose assurde, anche se io non sono rimasto stupito. Lo conosco, lo vedo lavorare in pista, conosco i suoi wattaggi, i  lavori che fa… In una specialità come il quartetto dove ogni minima accelerazione o decelerazione si sente serve un certo feeling. Poi però bisogna riportare tutto su strada, in corsa… e non è facile. Prima di dire cosa dobbiamo fare e come farlo, bisogna lavorare su strada. E poi non si tratta solo del feeling tra noi due.

Simone in testa e Jonathan a ruota: i due, anche grazie al quartetto, si conoscono alla perfezione
Simone in testa e Jonathan a ruota: i due, anche grazie al quartetto, si conoscono alla perfezione
Cioè?

Serve anche quello con la squadra. Il team deve crederci. Io ho in mente la vittoria di Pedersen al Tour. La squadra ci credeva a tal punto che due scalatori come Ciccone e Skjelmose tiravano in pianura ai cinque chilometri dall’arrivo.

Hai parlato di dimensione da raggiungere, ebbene qual è la tua?

Non lo so ancora, spero quella che dovrò ancora raggiungere.

Simone, ma ti senti un apripista ormai o un velocista di punta?

Io non mi sono mai reputato un velocista assoluto, ma un buon corridore che se dà il massimo, se sta bene, può spalleggiare con i migliori al mondo. Quello che posso dire è che il mio top di prestazioni l’ho toccato non quando dovevo correre per me, ma quando ero in appoggio (parole che ben si sposano con quanto detto da Guercilena, ndr). In appoggio a Viviani. Ricordo che in quella fase ho colto delle fughe importanti al Giro d’Italia per esempio, come a Stradella e a Gorizia. Fughe scaturite da un’ottima condizione.

La stagione di Consonni era partita molto bene. Qui la vittoria a Maraya al Saudi Tour
La stagione di Consonni era partita molto bene. Qui la vittoria a Maraya al Saudi Tour
Noi ti ricordiamo vincitore di un italiano under 23 durissimo. Oggi invece in salita fai tanta fatica, forse anche per quel chiletto o due di di muscoli in più che ti servono per la pista. Senza quella massa potresti andare più forte? Per assurdo anche in volata? Ci sta questa analisi?

Se partiamo da quell’italiano okay, potrei essere più di un velocista, ma parliamo di 7-8 anni fa e nel frattempo il ciclismo è cambiato. Si va più forte in salita, la si approccia diversamente. Faccio un esempio. La Bernocchi l’ho fatta anche al primo anno da pro’, anzi ero ancora under 23. Se su sette passaggi del Piccolo Stelvio si apriva il gas dal quinto in poi, era grasso che colava. Adesso si va forte sin da subito. Prima i velocisti tenevano, adesso no. L’altro giorno sono arrivati in cinque o sei. C’è una gestione della corsa che taglia fuori i velocisti. E anche dopo Parigi 2024 non credo che alla fine cambierà molto. I lavori che si fanno in pista servono anche per le volate. Magari potrebbero essere meno estremizzati, ma aiutano.

Quindi Consonni velocista.

Poi non so, forse anche io negli ultimi due anni senza Elia non dico di non aver dato tutto, ma con lui avevo più responsabilità. Ne ho sempre avute di più quando dovevo lavorare per gli altri anziché che per me. Forse perché avevo “paura” di farmi trovare impreparato.

Se è così, ti rimetti in gioco parecchio con Milan…

Non abbiamo ancora parlato a quattro occhi, ma direi di sì. Per me sarebbe stato più “facile” restare in Cofidis, magari anche da leader. Lì se sbagliavo avevo meno pressione i miei eventuali errori erano meno in vista. Nella nuova squadra avrò più responsabilità. Insomma non vale il discorso: “Consonni ha fallito come leader alla Cofidis e va a fare l’apripista alla Lidl-Trek”.

Consonni per Milan, Bagioli per vincere: Guercilena e la Lidl 2024

23.09.2023
5 min
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Luca Guercilena fa il punto della situazione sulla squadra che sta nascendo per la prossima stagione. E’ abbastanza evidente che l’arrivo di Lidl abbia portato più risorse, ma quello che ci interessa approfondire è la compagine italiana. Se infatti Tiberi e Baroncini hanno preso strade diverse, non si può negare che gli arrivi di Milan, Consonni, Bagioli e Felline abbiano rinforzato il contingente nostrano nella squadra che, pur avendo sponsor tedeschi e americani, ha una fortissima componente italiana.

Ad ora gli italiani sono sette, circa un terzo del totale. Da chi cominciamo?

Partirei da Dario Cataldo, un uomo storico del ciclismo italiano. Un gregario che conosce bene la storia del ciclismo. A prescindere dall’infortunio, è una persona che porta equilibrio all’interno del gruppo e sa soprattutto calmare i compagni, consigliarli nei momenti più complessi. Poi abbiamo il rientro di Fabio Felline.

Ciccone con Cataldo, rientrato dopo la frattura di primavera: il leader e il braccio destro
Ciccone con Cataldo, rientrato dopo la frattura di primavera: il leader e il braccio destro
Fabio era già stato con voi per sei anni, tanti…

Abbiamo sempre avuto un rapporto ottimo: fra noi e con la squadra in generale. Ci ha chiesto appunto l’opportunità di tornare con noi ed è stato più che ben accetto, ovviamente con un ruolo diverso da quello che aveva qualche anno fa. Con noi ha vinto delle belle corse, mentre ora insieme a Dario sarà uno degli uomini di esperienza, quelli che ormai vengono definiti “road captain”. Poi abbiamo Jacopo Mosca, che ormai è diventato uno dei pilastri del team. Dal punto di vista sportivo, nel senso che è il classico corridore che si fa trovare sempre pronto, che ha grinta, che lavora. Un gregario che sa fare bene il suo lavoro ed è ancora in crescita. E poi ha qualità, è una persona che riesce a fare veramente gruppo.

Finora sono stati due degli uomini di fiducia di Giulio Ciccone.

Giulio è uno dei nostri leader, con l’obiettivo chiaro di continuare a crescere. Credo che ormai si sia consolidato per le gare di una settimana. Sicuramente per i grandi Giri resta l’obiettivo delle tappe, insieme alla possibilità di fare classifica qualora ci fosse una componente maggiore di salita. Ovviamente Giulio si sta confermando come riferimento e deve continuare in questa direzione. Per noi è un grosso investimento per cui dobbiamo cercare di portare bene a casa i frutti.

Mosca si è scavato il suo spazio da uomo squadra: ha rinnovato fino al 2025
Mosca si è scavato il suo spazio da uomo squadra: ha rinnovato fino al 2025
Fra gli investimenti importanti, a quanto si dice, c’è Jonathan Milan.

Lo apprezzavo da tempo, fortunatamente non ho aspettato il Giro d’Italia. Jonathan ha fatto vedere a tutti un grandissimo potenziale, che chiaramente adesso va incanalato all’interno del gruppo. Ma soprattutto lui deve lavorare per sfruttare tutte le sue qualità, andando a vincere le corse importanti e non solo in volata. Credo infatti che un ragazzo come lui debba avere l’ambizione di essere forte in volata, ma anche nelle classiche. Con i dovuti paragoni, per l’amor di Dio, visto che è tutto da scoprire…

A chi ti fa pensare?

Lo vedo vicino a un Tom Boonen, con cui potevi fare determinati sprint di gruppo, determinati sprint ristretti, però poi la differenza vera andavi a giocarla alle classiche. Io credo che Milan possa avere certe qualità, anche se quest’anno al Nord ha avuto parecchie cadute, per cui è da scoprire. Oltre al fatto che ovviamente fino a Parigi la pista per lui sarà una cosa importante.

Felline torna alla corte di Guercilena, dove ha già corso per sei stagioni
Felline torna alla corte di Guercilena, dove ha già corso per sei stagioni
Simone Consonni, altro arrivo importante.

Con lui abbiamo fatto un’analisi e Simone chiaramente, da persona matura, ha capito che le sue chance di vittoria all’interno di un gruppo WorldTour possono esserci, ma chiaramente ridotte. Il suo desiderio in questo progetto era quello di affiancare Jonathan per fare il suo ultimo uomo, che è un ruolo che a noi effettivamente mancava. Di conseguenza, benvenga. Perché quando un ragazzo ha le idee chiare, abbiamo già fatto il 50 per cento del lavoro.

E poi c’è Bagioli, uno che da junior era fortissimo, poi è finito a fare spesso l’uomo di rincalzo…

Penso che Andrea abbia ancora grandissimi margini. Se si analizza la sua carriera da professionista, da under 23, ma anche delle categorie giovanili, è sempre stato vincente con regolarità. Secondo me, con più libertà in determinate corse, ad esempio Ardenne o altre corse miste, credo che lui possa fare un grande passo, per collocarsi su un livello nettamente superiore. Tutto lo fa presagire.

Bagioli è vincente e alla Lidl-Trek, su rassicurazione di Guercilena, avrà spazio per emergere nelle classiche
Bagioli è vincente: Guercilena gli darà spazio spazio per emergere nelle classiche
Su cosa ti basi?

Sul fatto che anche quest’anno, quando ha avuto le sue opportunità, ha vinto. E’ chiaro che vincere le corse più piccole è meno complicato e quando vai sui livelli superiori è più complesso. Però se il trend è quello e quando gli si dà spazio vince, allora io sono convinto che possa continuare a farlo. Negli ultimi anni abbiamo dimostrato che la nostra politica è quella di dare spazio, a volte forse esageriamo nel dare possibilità agli atleti, anche quando poi non ti mostrano niente. Io credo che con noi Bagioli avrà grandissime possibilità e un calendario ad hoc. Penso che possa realmente dimostrare tutto il suo valore. Sono sincero, secondo me lui è un ragazzo che può veramente fare tantissimo.

Milan “poco brillante”? Fusaz ci spiega perché

10.08.2023
4 min
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Ne avevamo parlato direttamente con Jonathan Milan e lo stesso friulano ha ribadito il concetto dopo l’inseguimento iridato: «Sono stanco. Ho fatto fatica a recuperare dopo il Giro d’Italia». Il tutto con un bronzo al collo! Il che non può che farci ben sperare. Pensiamoci un po’: se a 23 anni, dopo aver preso parte al tuo primo grande Giro, con giusto una manciata di giornate in pista per allenarti arrivi terzo in un mondiale, il bicchiere è decisamente mezzo pieno.

Tuttavia con il suo coach, Andrea Fusaz abbiamo voluto analizzare meglio la situazione del “Jonny nazionale” e capire meglio il perché di questo recupero lento e di questa stanchezza latente rimasta nelle sue gambe.

Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale
Jonathan Milan (23 anni da compiere) bronzo iridato nell’inseguimento individuale

Il primo GT

Fusaz fa un discorso semplice, ma al tempo stesso importante, che lega il grande Giro alla stanchezza delle gambe, ma anche a quella mentale. E c’è un aspetto che in tutto questo discorso resta sempre centrale. E questo aspetto non è tanto il grande Giro, quanto il primo grande Giro. Una differenza fondamentale.

«Sicuramente – spiega Fusaz – Milan non aveva la stessa brillantezza che si può avere prima di un grande Giro, ma tutto ciò per me è normale, tanto più alla sua età. Jonathan è partito per la corsa rosa senza pressioni, nessuno gli ha chiesto nulla. Poi è stato lui stesso a mettersele a suon di risultati, con la vittoria, la maglia ciclamino… tutto ciò lo ha portato a tirare un po’ troppo la corda non solo fisicamente». Gli mancava cioè quel guizzo che ti fa andare oltre i tuoi limiti.

Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo
Giro d’Italia 2023, Milan vince la seconda tappa a San Salvo

Calo fisiologico

Secondo Fusaz la stanchezza mentale incide quando non si “performa” – come si dice adesso – o almeno non lo si fa a livelli che vanno oltre certi limiti. Perché comunque va ricordato che Milan non è andato piano. A Glasgow si è espresso su standard molto alti ed importanti. E parlano i risultati: terzo con un 4’05″868.

«A volte – riprende Fusaz – ci si dimentica che siamo di fronte a degli esseri umani e non a delle macchine. Tecnicamente Milan non era stanco, altrimenti non sarebbe riuscito a fare ciò che ha fatto. Come ho detto, era meno brillante.

«Non cambierei nulla del suo post Giro. Abbiamo rispettato le tempistiche necessarie. Dopo il tempo di recupero bisognava riprendere a lavorare per gli obiettivi successivi, però è chiaro che se esci stanco ci metti un po’ di più a ritornare al top. Ma torniamo al solito discorso, al punto di partenza: Milan era al primo grande Giro. In più bisogna considerare che a metà stagione è più difficile recuperare. Non è come lo stacco d’inverno in cui puoi stare davvero due settimane senza fare nulla totalmente.

«E’ fisiologico per un ragazzo della sua età, al primo grande Giro pagare un po’. Non stiamo parlando di un ragazzo di 28-30 anni che di Giri ne ha fatti già due, quattro o sette… Jonathan si è ritrovato di fronte ad un carico di lavoro enorme per 20 giorni per la prima volta e per di più con degli obiettivi importanti». Non poteva mollare, come invece hanno potuto fare altri “girini”».

Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo
Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo

Guardando avanti

Questo non vuol essere un processo. Il ricordo va ai mondiali di Roubaix 2021 quando Ganna fu terzo nell’inseguimento individuale e tutti restammo scioccati. Lo stesso Villa ha ricordato quell’episodio. Tra l’altro a giocarsi l’oro ci andò proprio Jonny!

«Sento parlare di certi risultati quasi come se fossero negativi – dice Fusaz – ma alla fine siamo stati secondi al mondo nel quartetto, primi e terzi nell’individuale. La Danimarca aveva atleti che fanno solo pista. I nostri vengono dalla strada e questo conta… Siamo ad eventi di portata mondiale: qualcuno che ti mette la ruota davanti lo puoi anche trovare».

Il quadro di Fusaz va a braccetto con le parole del cittì Marco Villa, il quale pensando alle Olimpiadi del prossimo anno ha già indicato la via: dopo il Giro tutti all’appello da lui. E’ chiaro che il tutto rientra in un programma più generale. In cui si progettano con ampio anticipo certi “macrocicli” di lavoro. Queste esperienze, vedi il Ganna sfinito a fine 2021 o il Milan poco brillante dopo il Giro di quest’anno, non fanno altro che tracciare la via. Quella giusta chiaramente.

Il mondiale in panchina di Pasqualon, utile alla causa

10.08.2023
5 min
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Una domenica diversa, quella vissuta da Andrea Pasqualon. Sicuramente diversa da quella che si era immaginato fino a pochi giorni prima. Il veneto doveva far parte del team azzurro in gara ai mondiali di Glasgow, invece si è ritrovato a fare la riserva, ma non per questo si è tirato indietro. Non sarebbe stato da lui. Andrea si è messo a disposizione, ha lavorato per tutto il tempo con Bennati e il suo staff, era ai box o in altri punti concordati del percorso a rifornire i ragazzi o a dare consigli.

Le premesse erano diverse. Bennati contava su di lui, sulla sua esperienza per dare una mano in gara alle punte Bettiol e Trentin, poi che è successo?

«Era già stato stabilito – racconta Andrea – che partecipassi al Giro di Polonia, Bennati si era raccomandato che mi ritirassi un paio di giorni prima per raggiungere la squadra. Solo che Mohoric era in lotta per la vittoria finale e io, in qualità di ultimo uomo, non potevo lasciarlo solo. I dirigenti della Bahrain Victorious mi hanno detto che era necessario tirassi dritto, così i miei sogni azzurri sono stati riposti in un cassetto…».

Il momento topico del Polonia: Pasqualon tira la volata di Mohoric che batte Almeida e vince il Giro
Il momento topico del Polonia: Pasqualon tira la volata di Mohoric che batte Almeida e vince il Giro
Un dolore, soprattutto considerando che hai 35 anni e tante altre occasioni non ci saranno…

Sì, ma non ho nulla da recriminare. Era giusto che restassi, la mia presenza si è rivelata fondamentale. Se guardate la classifica e l’andamento dell’ultima tappa, tutto il Polonia si è giocato in un traguardo volante, noi lo sapevamo e soprattutto sapevamo che dovevamo giocare d’anticipo nei confronti di Almeida. Io ho pilotato Matej fino alla fine e i risultati ci hanno dato ragione. Quella vittoria, quella maglia la sento anche un po’ mia.

Che mondiale è stato personalmente?

Messo da parte il dispiacere per non essere della partita, mi sono messo a disposizione e devo dire che è stata un’esperienza molto interessante. Ho capito innanzitutto che il lavoro è enorme, anche e soprattutto nella vigilia. Io ho cercato di parlare molto con i ragazzi, di motivarli, di dare indicazioni in corsa. Non ho certo avuto tempo per pensare che non ero io a correre.

Andrea ha fatto la ricognizione del sabato con i compagni, traendo molte indicazioni (foto Maurizio Borserini)
Andrea ha fatto la ricognizione del sabato con i compagni, traendo molte indicazioni (foto Maurizio Borserini)
Il percorso ti sembrava adatto alle tue caratteristiche?

Sì, decisamente, era un tracciato “cattivo”, per velocisti abituati a limare. Per emergere serviva avere una grande condizione, capisco Bennati che voleva gambe fresche al via. Dopo le fatiche del Polonia fino all’ultimo giorno, non c’era la possibilità di esserci e dare una mano, soprattutto quando la corsa fosse entrata nel vivo.

Che cosa dici della condotta dei tuoi compagni?

A freddo si può pensare che, se Bettiol non avesse attaccato da solo poteva anche entrare nei primi 5 vista la condizione che aveva, ma ha fatto bene a provarci. E’ stata per lui un’esperienza più che positiva. Magari se un paio di corridori gli si fossero attaccati e avessero dato cambi, potevano arrivare anche più avanti. Va comunque detto che la nostra nazionale è stata grandiosa, anche se non ricompensata dal risultato.

L’unica apparizione in azzurro del veneto è agli europei del 2019. Dopo 4 anni ci sarà un bis?
L’unica apparizione in azzurro del veneto è agli europei del 2019. Dopo 4 anni ci sarà un bis?
Pensi che se Bettiol fosse stato seguito sarebbe finita diversamente?

Non credo, sono emersi i veri valori in campo e in un mondiale non succede sempre. Gli strappi duri hanno messo in evidenza chi ne aveva di più, di talento prima di tutto. Inoltre, se ci fate caso, i primi 4 venivano tutti dal Tour, segno che la corsa a tappe li aveva rodati al meglio.

Ora che cosa ti aspetta?

Dopo il Polonia e la trasferta scozzese, ho due settimane di riposo attivo a casa, poi si parte per il Giro del Benelux che è una corsa che mi piace molto e nella quale sarò ancora ultimo uomo a favore di Mohoric per provare a replicare il risultato polacco. Poi si andrà a Plouay e la lunga trasferta canadese per le classiche del WorldTour.

Pasqualon ha un altro anno di contratto alla Bahrain. Intanto la sua agenda è fitta d’impegni
Pasqualon ha un altro anno di contratto alla Bahrain. Intanto la sua agenda è fitta d’impegni
Poi c’è l’europeo…

Sì, in Olanda, su un percorso che mi favorisce. Vorrei esserci, ma perché ciò avvenga dovrò farmi vedere nelle settimane precedenti. Con Bennati non abbiamo avuto occasione di parlarne ma lo faremo, io intanto vado avanti un gradino alla volta e voglio essere all’altezza di un’eventuale convocazione.

Tu hai già il contratto per il prossimo anno?

Avevo firmato un biennale con la Bahrain, mi trovo davvero molto bene, è un gruppo affiatato con un’atmosfera positiva e i risultati sono la logica conseguenza.

Insieme a Milan, un binomio che poteva costruire qualcosa d’importante anche in proiezione Parigi 2024
Insieme a Milan, un binomio che poteva costruire qualcosa d’importante anche in proiezione Parigi 2024
Alla vigilia dei mondiali, dopo l’ufficializzazione dei percorsi olimpici, si era notato come ci fosse una somiglianza. Un pensierino a una convocazione olimpica per finire in bellezza lo fai?

Sinceramente – ammette Pasqualon – quando è uscito il percorso, ci ho pensato. Io penso che sia un tracciato dove Milan può recitare un ruolo importante e con lui mi sono trovato bene, mi dispiace che cambi squadra perché altre esperienze insieme sarebbero state utili. D’altronde si è visto anche al mondiale come correre senza radioline cambi molto nella gestione di una gara.

Tu sei di una generazione che sa come si correva senza radio: cambia davvero così tanto?

E’ proprio questo il punto: i più giovani non sono abituati a correre senza sapere dal di fuori com’è la situazione e che cosa fare. Puoi comunicare dai box, con le lavagne se si corre in circuito, ma non è lo stesso. In quei casi un regista in corsa che piloti la squadra è davvero fondamentale.

Il bronzo e le fatiche del Giro: Milan riparte da Glasgow

07.08.2023
3 min
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GLASGOW – La medaglia di bronzo al collo non manda riflessi, ma resta pur sempre una bella conquista. Anche Ganna è passato per quel colore e se ne è servito come rampa per tornare all’oro. In una stagione come quella di Milan, molto complicata da maggio in avanti, aver chiuso al terzo posto il torneo dell’inseguimento ai mondiali è un bel risultato.

«Quello che gli ho detto stamattina – raccontava ieri sera Marco Villa commentando la serata – quando si aspettava di fare la finale con Filippo, invece c’è rimasto un po’ male. I periodi dove pensi di aver fatto tutto giusto, ma poi le gambe non girano come pensi possono capitare. E a questi livelli si emerge di più colmando il piccolo gap che manca. Ci eravamo accorti che non fosse il solito Milan, probabilmente le grosse fatiche del Giro, il suo primo Giro, le sta ancora recuperando. Deve prendere insegnamento da Filippo che due o tre anni fa, proprio mentre Jonathan era in finale per il primo e secondo posto, stava facendo la finale per il terzo. Ganna è risorto, aspettiamo anche Milan».

Finale per il terzo posto, Villa lo incoragga. Dall’altra parte c’è Oliveira
Finale per il terzo posto, Villa lo incoragga. Dall’altra parte c’è Oliveira

Il primo Giro di Milan è stato una chiamata a sorpresa, che ha portato a una vittoria di tappa, quattro secondi posti e la maglia ciclamino, impegnativa per le strade e la pressione che porta con sé. La “scaldata” subita nel giorno delle Tre Cime di Lavaredo è il boccone che ha fatto fatica a mandare giù, anche se la sensazione è che sia stato ormai digerito.

Come vogliamo interpretarlo questo bronzo?

Sono abbastanza soddisfatto. Ovvio che, come ho già detto negli scorsi giorni, si punta sempre più in alto, ma alla fine si regola il tiro con le energie che ci sono e già in mattinata non mi aspettavo di fare delle grandi qualifiche, perché non avevo delle buone sensazioni. Speravo e puntavo a fare meglio, ma ho raggiunto questo bronzo. E devo dire che in finale stavo meglio che in qualifica. Questo era ciò che avevo da offrire.

Il primo Giro fa crescere il motore, ma nell’immediato rischia di scaldarlo molto…

Ho avuto un momento un po’ difficile dopo il Giro. Ero semplicemente stanco e ho fatto fatica a recuperare. Il motore s’è scaldato parecchio, però è vero che qualcosa cambia. Anche la fiducia che si ha in se stessi, vedere dove puoi arrivare. E’ ovvio che anche questo è stato tutta una scoperta, perché non sapevo quanto in fretta il mio corpo avrebbe recuperato da questo grandissimo sforzo. Perciò sono contento. Adesso pensiamo a rimetterci in sesto, poi continuiamo con la stagione su strada.

Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo
Milan ha sofferto in qualifica, mentre è cresciuto nella finale ed è arrivato il bronzo
Ecco, quale dovrebbe essere il programma?

Adesso dovrei andare subito ad Amburgo, poi Benelux, Plouay, Canada e poi forse gli europei, che sono il 24 settembre a Drenthe, in Olanda. Ma vediamo in che condizioni ci arrivo, sarebbe bello farli, però devo meritarmeli.

Cosa ti è parso della gara su strada?

L’ho vista, anche se a un certo punto mi sono anche appisolato. Non perché fosse noiosa, dato che hanno iniziato a scattarsi in faccia a 140 chilometri dall’arrivo, ma perché ero stanco. Van der Poel ha fatto davvero una grande cosa, è anche caduto ma si è rialzato come una molla. Ha fatto una stagione impressionante. Veramente bravi, anche Bettiol. Penso che anche noi abbiamo fatto un mondiale molto bello.

Ganna di nuovo iridato e a Villa per poco veniva l’infarto

07.08.2023
4 min
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GLASGOW – Proprio questa volta che la Chris Hoy Arena pregustava l’oro più bello, quello dell’inseguimento maschile con Bigham che prometteva di impallinare Ganna, il Pippo nazionale ha trovato il modo perfetto per guastargli la festa.

E’ partito piano o l’altro è partito più forte: Villa lo aveva avvisato, per cui ci sta che non ne fosse troppo preoccupato. Però quando ci si aspettava l’inversione della curva dei tempi, il britannico ha continuato a volare. Allo scoccare del terzo chilometro, Bigham viaggiava in 3’02”336, Ganna invece 3’04”504: 2”168 di differenza a favore dell’ingegnere.

Sul podio oltre ai due azzurri, anche Daniel Bigham, 31 anni, ingengere
Sul podio oltre ai due azzurri, anche Daniel Bigham, 31 anni, ingengere

Due secondi in tre giri

La pista di Glasgow misura 250 metri. Come sia che Ganna in tre giri abbia recuperato oltre 2 secondi e abbia superato Bigham di 0,054 è qualcosa che chi c’era fa ancora fatica a spiegarsi. Anche perché il grosso è andato via nell’ultimo giro: la tabella dell’analisi Tissot illustra tutto con dovizia di particolari. Fino a 125 metri dallo sparo, Bigham e la sua Pinarello erano ancora in testa.

«Pippo si è presentato stamattina in pista – dice Villa con un sorriso grande così – e ha detto di voler mettere un altro rapporto: il 62×14. Prima aveva 66×15, l’anno scorso il record lo ha fatto col 67×15. Ha chiesto di cambiare ed era così sicuro che lo abbiamo seguito. Gli avevo spiegato che Bigham avrebbe fatto i primi 9 giri guadagnando su di lui, mentre negli ultimi 7 avrebbe cominciato a perdere. Invece è arrivato a 1”900 di vantaggio e poi è cresciuto ancora fino a 5 giri dalla fine.

La prova di Ganna si è riaperta davvero negli ultimi giri di pista: un finale travolgente
La prova di Ganna si è riaperta davvero negli ultimi giri di pista: un finale travolgente

«Dopo 11 giri Bigham era ancora in crescita e a quel punto, anch’io non sapevo più cosa pensare. Pensavo che fosse difficile recuperare, invece Pippo ha fatto la differenza negli ultimi due giri. Mi aspettavo ormai che invece di vincere con pochissimo avremmo perso per pochissimo, invece ci ha stupito ancora. Probabilmente fa bene allo spettacolo, ma non tanto a me (dice ridendo e mimando l’infarto, ndr). Dicono che la coperta è sempre quella, però questa volta ha giocato proprio col limite».

Niente di facile

Ganna e Bigham si sono abbracciati in favore di telecamera, in questa sorta di staffetta che spesso li accomuna. Poi il piemontese ha fatto un passaggio nella postazione Rai, è salito sul podio con Milan arrivato terzo e alla fine… è sparito. Col resto dei giornalisti lo attendevamo nella zona mista, ma lui non c’è venuto. Averlo incontrato è stato un colpo di fortuna o un gesto da pirati, entrando laddove non si può senza il magico braccialetto verde.

L’abbraccio con Simone Consonni appena sceso di bici. I due sono amici sin agli anni negli U23
L’abbraccio con Simone Consonni appena sceso di bici. I due sono amici sin agli anni negli U23

«Raccontare come è andata? Dovreste farlo voi – ha risposto – io pensavo a fare il mio lavoro e basta. Non ho visto la rimonta che ho fatto, non sapevo neanche di essere in vantaggio, pensavo solo a fare il mio e seguire Marco alla lettera. Vincere è sempre una cosa emozionante, c’è sempre pressione perché la gente pensa che sali in pista e vinci facile, però forse dovrebbero provarci anche loro… L’inseguimento è una disciplina che devi preparare, io non l’ho preparata, quindi sono già felice per essere riuscito a vincere. Non guardavo le lavagne, cercavo di sentire Marco, ma guardavo il più basso possibile».

Il cuore dei campioni

L’applauso del pubblico di Glasgow ha tributato il meritato trionfo all’atleta azzurro e al suo sfidante dal sorriso simpatico, in questa pista che davvero è un’arena infuocata. Poi il programma è andato avanti, con Viviani entrato in azione e subito prima il quarto posto di Rachele Barbieri nell’eliminazione.

Milan sperava di andare per l’oro, ma ha resettato le ambizioni: ottimo il bronzo
Milan sperava di andare per l’oro, ma ha resettato le ambizioni: ottimo il bronzo

Difficile capire in che modo si manifestino le emozioni in questi grandi atleti. Dopo una vittoria ti aspetteresti la voglia di raccontare o condividere con chi t’è stato accanto, come ha fatto Bettiol che tutto sommato nel pomeriggio aveva da festeggiare una fuga promettente, andata poi male. Evidentemente non è così per tutti.

«Ora mi attende la crono – chiude – dopo tante settimane in ritiro lontano da tutto e tutti, quello è l’obiettivo principale che ho in testa. L’ho vinta due volte, mi piacerebbe il tris. La maglia tricolore non mi basta, ma avrò davanti dei grandi campioni. Farò il massimo per essere all’altezza».

Quartetto, l’argento va bene. Ma per Parigi serve di più

05.08.2023
6 min
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GLASGOW – Se si volesse comporre un’antologia di questi mondiali su pista, dopo il disastro della qualificazione, l’argento del quartetto degli uomini andrebbe raccontato come una grande impresa. E in fondo lo è. Solo che ci siamo abituati così bene, da non ammettere alternative all’oro. Anche se la Danimarca non ha preparato altro per mesi e i nostri ci sono arrivati leccandosi le ferite di un Giro d’Italia che li ha segnati tutti.

Italia e Danimarca continuano nel braccio di ferro: prossima tappa le Olimpiadi di Parigi
Italia e Danimarca continuano nel braccio di ferro: prossima tappa le Olimpiadi di Parigi

Superman non è bastato

Ganna ci ha provato. E quando a tre giri dalla fine è passato in testa, abbiamo tutti sperato che potesse recuperare il gap aperto dai danesi. Ma superman stasera non è riuscito nell’impresa e il verdetto accumulato giro dopo giro, è rimasto scolpito sul tabellone: 3.45.161 per i danesi, 3.47.396 per i nostri. Un passivo forse più pesante del vero, ma che resta consegnato agli annali del mondiale.

«L’ultima volta nell’anno preolimpico – dice Pippo – avevamo fatto terzi, quest’anno abbiamo fatto secondi. A Montichiari avevamo fatto un tempo simile dopo tanto lavoro, ma questo è un velodromo un po’ strano. Tutti parlano di traiettorie particolari, di certo bisogna provarlo, bisogna usarlo. Alla fine arrivati quassù tanto tardi, il livello è questo. Certo due secondi di differenza sono tanti, ma lavoreremo per colmarli. Di certo a Parigi con 3’45” non si vince. Intanto domani farò l’inseguimento individuale. Ero dubbioso, ma una prova in più non fa tanta differenza. Non so come andrà nella crono, ci penseremo da lunedì».

Lamon ha disputato un torneo di inseguimento a standard altissimi: il lavoro ha pagato
Lamon ha disputato un torneo di inseguimento a standard altissimi: il lavoro ha pagato

Orgoglio Lamon

Lamon esce da questo mondiale con l’armatura lucida. Dopo le critiche di qualche passaggio a vuoto, il veneziano ha tenuto su il quartetto con prestazioni che non si vedevano da un po’ e fanno pensare che per arrivare qui abbia lavorato davvero tanto. Tanto per fare un esempio, era l’unico del quartetto di Tokyo in ritiro con la nazionale a Noto durante l’inverno.

«Si era è visto già dal primo turno che i danesi avevano qualcosa in più, quindi abbiamo cercato di portare a casa il miglior risultato possibile, sapendo qual è il nostro margine di miglioramento. Abbiamo visto che siamo riusciti a migliorare molto dalle qualifiche. Oggi abbiamo cercato di partire molto più forte, in modo da contrastarli nei primi chilometri, solo che poi sono venuti fuori forte. E’ vero che ho un orgoglio particolare dopo queste giornate. Io in primis non ero soddisfatto di come andavo in certe prove, quindi ho cercato di rimboccarmi le maniche e ora so come si arriva a questa condizione. L’ho fatto al meglio, sono contento di aver dimostrato di essere stato di aiuto per i miei compagni, sono contento di questo».

Milan è arrivato ai mondiali con una sola corsa nelle gambe. Domani correrà l’inseguimento
Milan è arrivato ai mondiali con una sola corsa nelle gambe. Domani correrà l’inseguimento

Milan e la strada

Milan è stato il primo a passare, gigantesco e calmo. Lui è uno di quelli che ha pagato il Giro a caro prezzo e forse l’avvicinamento correndo solo a San Sebastian non è stato il passaggio migliore e lui se ne è reso conto. Bennati lo avrebbe volto fortemente su strada, visto il percorso che gli strizza l’occhio, ma le scelte sono state diverse.

«Sapevamo che la Danimarca era un team molto forte – racconta – non l’abbiamo mai sottovalutata. Siamo saliti in pista per dare il 100 per cento e l’abbiamo dato. Si punta sempre al gradino più alto, non sempre si riesce. Forse siamo partiti un po’ troppo forte e ci è rimasto nelle gambe, ma abbiamo un anno per rifarci a Parigi. Domani intanto faccio l’inseguimento. Penso a recuperare e domani vedremo. Sinceramente sono un po’ stanco, ma penso che sarò pronto, per sfidare me stesso e i tempi che ho già fatto e cercare di battere gli avversari che mi troverò di fronte. Se domani fossi dovuto partire su strada, sarebbe stata dura. Sono bello stanco. Partirei e penso che sarei in grado di aiutare, ma non di essere capitano. Mio parere personale, più sincero possibile».

Moro ha peccato di troppa foga? E’ quello che dice Villa: peccato di inesperienza
Moro ha peccato di troppa foga? E’ quello che dice Villa: peccato di inesperienza

Moro che cresce

Se Ganna, Milan e Consonni (di cui parleremo in un articolo a parte, per la grandezza della sua scelta) sono arrivati a Glasgow passando dal Giro e Lamon lavorando in pista, Manlio Moro lo ha fatto correndo su strada con la Zalf, a un livello per forza più basso. Per questo le sue prove sono una porta aperta su futuro.

«Da questo quartetto – dice – ho imparato che devo cercare di rimanere più concentrato, più tranquillo. Ho le mie capacità e se riesco a rimanere più concentrato, riesco a fare molto meglio. In certi allenamenti vado più di quanto sia andato oggi e secondo me è una questione di testa, di tranquillità. Devo imparare a partire tranquillo, essere concentrato quando faccio le mie tirate, quando vado a ruota. Comunque ho i mezzi per stare nel quartetto e visto che il prossimo anno passerò anche io professionista, speso di riuscire a fare il salto di qualità che mi manca».

Il velodromo era strapieno di gente, la temperatura interna era prossima ai 30 gradi
Il velodromo era strapieno di gente, la temperatura interna era prossima ai 30 gradi

Il bilancio di Villa

Villa tira i fili. E se si è già espresso sulle ragazze, che hanno chiuso al quarto posto con Chiara Consonni che ha preso il posto di Elisa Balsamo, su questi quattro uomini ha cose da dire.

«Volevamo arrivare – sorride – ma non dobbiamo abbatterci. Abbiamo perso contro la Danimarca, segno che le nostre due scuole arriveranno a giocarsi le Olimpiadi. Sappiamo cosa ci può mancare, siamo arrivati con delle emergenze. Simone Consonni non sta benissimo e abbiamo trovato un giovane come Manlio Moro che si è confermato dall’europeo. E’ stato un po’ troppo esuberante e proprio questo ci ha portato a passare troppo forte al terzo giro e, avendo ormai preso quell’andatura, abbiamo provato a portarla fino all’arrivo. L’abbiamo pagata e l’ha pagata soprattutto lui. Sono errori di inesperienza, ma non gliene faccio assolutamente colpa, perché partire da secondo non è da tutti. 

Villa è consapevole del lavoro fatto con il quartetto per arrivare a Glasgow e guarda a cosa si può migliorare
Villa è consapevole del lavoro fatto per arrivare e guarda a cosa si può migliorare

«Credo che per vincere a Parigi bisogna andare più basso di 3’45”. Siamo arrivati qua con 3’46” facendo due allenamenti. Due che arrivavano dal Vallonia, uno da San Sebastian, non ci siamo mai quasi incrociati. Abbiamo assemblato il quartetto negli ultimi giorni, quindi non c’è niente da recriminare. Dovremo lavorare di più e meglio. Sappiamo che l’anno prossimo fino al Giro d’Italia la strada sarà più importante, poi però li avremo in pista. E sappiamo di poter fare meglio…».

Milan: «Vi spiego perché a Glasgow farò la pista»

30.07.2023
5 min
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Jonathan Milan, l’uomo dai doppi impegni. La strada e la pista, poi il Tour de Pologne e la Clasica San Sebastian. Lo aspettavamo qui in Polonia, ma il campione olimpico del quartetto era nei Paesi Baschi ad aiutare Pello Bilbao. Mentre da ieri sera è già a Montichiari in pista.

Milan, maglia ciclamino all’ultimo Giro d’Italia, era l’oggetto del desiderio del cittì Daniele Bennati per i mondiali di Glasgow. Ma era anche l’oggetto del desiderio del cittì della pista, Marco Villa. Il corridore della Bahrain-Victorious si è così ritrovato tra due fuochi amici mica da ridere. Due passioni, due sogni, due squadre e due enormi possibilità e due enormi responsabilità.  Ricostruiamo dunque il tutto con il talento friulano stesso.

Milan (classe 2000) giganteggia tra i suoi compagni al via della Clasica San Sebastian
Milan (classe 2000) giganteggia tra i suoi compagni al via della Clasica San Sebastian
Jonathan, prima di tutto: come stai?

Un po’ stanchino! A San Sebastian ho fatto un buon lavoro per la squadra e per Pello Bilbao. Chiaramente la classica basca è un po’ dura per me, ma ho cercato di prenderla come un allenamento, tra virgolette. Di andare più in là possibile.

San Sebastian, Polonia: eri annunciato da entrambe le parti. Come è andata?

In effetti avrei dovuto fare il Polonia, ma con le tempistiche che c’erano in vista degli impegni con la nazionale per i mondiali, non lo avrei finito. La squadra cercava qualcuno per completare la formazione di San Sebastian e, in accordo anche con i tecnici, ho chiesto di andare in Spagna.

Invece sul fronte della condizione come stai? Come hai lavorato?

Bene – risponde con un tono sicuro – ho lavorato tanto e bene. Ho fatto tanta pista, tanta forza e sono soddisfatto di quanto svolto. Adesso ci aspettano gli ultimi giorni per rifinire la gamba, fare le ultime prove…

Non che lo scorso anno sul quartetto siano state investite meno energie ed attenzioni, ma dalla mole del lavoro svolto in pista, dai ritiri di Villa, sembra che l’aria sia cambiata di nuovo. Un’altra determinazione. E’ così?

E’ così, le Olimpiadi sono più vicine. Il mondiale è sempre importante, ma un mondiale con l’Olimpiade a seguire lo è ancora di più. Vogliamo arrivarci bene per confrontarci con le altre nazionali, penso alla Nuova Zelanda o all’Australia… Anche loro si faranno trovare pronte. Siamo curiosi di vedere come hanno lavorato, a che livello sono, chi portano, che materiali useranno.

Primo Giro d’Italia, quanta fatica verso le Tre Cime, ma che esperienza per Milan
Primo Giro d’Italia, quanta fatica verso le Tre Cime, ma che esperienza per Milan
Ti vuole Villa, ti vuole Bennati…

Purtroppo, e ci tengo a dire che mi è dispiaciuto, ho dovuto scegliere. Quest’anno il programma iridato è complicato con le date. Non so chi lo abbia fatto, né che senso abbia un programma simile. Io subito dopo il Giro d’Italia ci pensavo al mondiale su strada, eccome… Avrei saltato anche l’individuale se fossi stato bene.

E invece cosa è successo?

Non sono stato male, ma ci ho messo un po’ a recuperare le fatiche del Giro. Ho avuto qualche problema intestinale la sera prima della tappa delle Tre Cime e ho faticato tantissimo fino a Roma. Non immaginate cosa abbia passato per concludere la frazione delle Tre Cime, quasi mi staccavo nel trasferimento su un falsopiano. Quindi sono uscito molto stanco. Sono stato fermo diversi giorni e quando sono ripartito sentivo che il mio corpo aveva ancora bisogno di riposo. A quel punto non era più fattibile preparare entrambi i mondiali, strada e pista.

Chiaro, però alla fine fa piacere essere desiderati da una parte e dall’altra. E’ anche motivo di orgoglio…

Sì, fa piacere, ma questa scelta come ho detto a me è dispiaciuta. Mai avrei pensato di arrivare a chiedermi: «Ah, che mondiale faccio quest’anno?». Se le due prove fossero state un pelo più distanziate le avrei fatte entrambe. La cosa sarebbe stata più fattibile. Ci sarebbe stato più recupero, ma così no (sabato sera finale dell’inseguimento a squadre, domenica la strada, domenica sera inseguimento individuale, ndr). Avrei rischiato di farle male tutte e due e a me non piace.

Jonathan (qui in ultima ruota agli europei di Plovdiv 2020) tiene molto al quartetto. Probabilmente dietro la sua scelta c’è anche una promessa fatta a questa “famiglia”
Jonathan (qui in ultima ruota) tiene molto al quartetto. Probabilmente dietro la sua scelta c’è anche una promessa fatta a questa “famiglia”
Hai detto che sei stato male dopo il Giro, che sentivi il bisogno di recuperare: questo ha inciso un bel po’ nella scelta tra strada e pista il post Giro?

Sì, ha inciso. Se verso le Tre Cime non ci fossero stati i miei compagni a scortarmi e ad incitarmi per tutto il tempo, non ce l’avrei fatta. Poi sapete com’è: finché sei in corsa in qualche modo ti sostieni, ma appena è finito il Giro, è calata l’adrenalina e mi sono proprio sentito vuoto. Quindi ha inciso perché non me la sentivo più di provare a farle entrambe. Anzi, per un momento ho pensato che non sarei stato pronto neanche per la pista.

E i tecnici cosa ti hanno detto?

Siamo stati concordi. Loro mi hanno detto di decidere e dopo aver parlato tutti insieme ho scelto la pista.

Come mai la pista?

Perché siamo alla vigilia delle Olimpiadi. Vorrei fare il quartetto e l’inseguimento individuale e la scelta è stata fatta soprattutto in questa ottica. Poi c’è un’altra cosa (sappiamo che a Jonathan non piace improvvisare, ndr). All’inizio dell’anno sapevo che avrei dovuto fare i mondiali su pista, ma quelli su strada no. Mai mi sarei immaginato che Bennati mi chiedesse di andare con lui. La corsa su strada è di 270 chilometri, devi arrivarci bene. Non si può improvvisare.