Amici mai, anzi Pogacar inizia a innervosirsi. Cosa fa la Visma?

15.07.2025
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La tattica della Visma-Lease a Bike ha dell’inspiegabile o forse no? Gli attacchi di Jorgenson visti ieri sono il massimo che sono capaci di fare o c’è dell’altro? Forse per replicare quanto di buono furono capaci di fare nel Tour del 2023 e ancor meglio in quello del 2022, gli uomini della squadra olandese si sono messi in testa di tenere Pogacar sotto pressione. Anche nel 2022 sembrava che lo sloveno, vincitore dei due Tour precedenti, fosse inattaccabile. Invece nel giorno del Granon, complice la tenaglia messa in atto fra Roglic e Vingegaard, la maglia gialla perse colore e lo sloveno andò a fondo.

Il Pogacar 2025 è un altro corridore. Ha preso tutte le contromisure del caso per fronteggiare la disidratazione. Ha un’altra solidità atletica. E quando accelera, il solo che gli resta dietro è proprio Vingegaard e non proprio agevolmente. Fra i due non c’è grande simpatia, forse è il contrario, ma appaiono il prodotto di preparazioni sopraffine e irraggiungibili per il resto del gruppo.

La Visma-Lease a Bike ha fatto il forcing sulla salita finale di ieri con Kuss, isolando Pogacar
La Visma-Lease a Bike ha fatto il forcing sulla salita finale di ieri con Kuss, isolando Pogacar

Dubbio Visma

Ieri la squadra olandese ha preso seriamente in mano la corsa e ha isolato il campione del mondo. Ha fatto di tutto, in apparenza, perché non perdesse la maglia gialla, ma Tadej in questo è stato bravissimo e l’ha lasciata andare. E quando ha accelerato, usando la Colnago Y1Rs, vale a dire la bici aerodinamica, la sensazione è che ne avesse ancora più di tutti. Ma non abbastanza per staccare Vingegaard.

«E’ vero che non abbiamo guadagnato tempo su Pogacar – ha detto Campenaerts, tra i più attivi nel fare il forcing con Kuss e Jorgenson – ma ci abbiamo riprovato. Come facciamo ogni giorno. Questa è la cosa più importante. Se arriveremo a Parigi senza aver vinto il Tour, almeno potremo dire di averci provato in tutti i modi possibili. Non dovremo avere rimpianti. E poi non credo che non serva a niente. Tadej sta diventando incredibilmente nervoso per il nostro approccio fuori dagli schemi nel mettere pressione alla sua squadra. Dobbiamo essere onesti e dire che ad ora è il più forte, ma noi continueremo a spingerlo al limite».

Si spiegano così la tattica e quella domanda che tutti ci siamo posti: a cosa serve tanto accelerare se Vingegaard nemmeno prova ad attaccare? Se hanno ragione loro, serve a tenere Pogacar sulla corda per ogni santo giorno del Tour. Ieri lo hanno isolato. Senza Almeida, con Sivakov malconcio e Adam Yates ancora da capire, i Pirenei potrebbero essere un interessante banco di prova.

Le risposte di Pogacar a Jorgenson fanno capire che lo sloveno vede due rivali nella Visma
Le risposte di Pogacar a Jorgenson fanno capire che lo sloveno vede due rivali nella Visma

La sfrontatezza del re

Lui, il re del Tour che ha ceduto il mantello giallo al furetto Healy, fa di tutto per sviare le tensioni. Si mostra divertito e leggero come uno che ancora nemmeno ha dovuto spremersi più di tanto e la sensazione è che sia vero.

«Stamattina abbiamo fatto una bella pedalata – ha detto commentando il giorno di riposo – e bevuto un buon caffè. Poi abbiamo pranzato con un hamburger e ora è il momento di fare un pisolino e un massaggio, poi andremo cena e sarà quasi ora di ripartire. E’ stato un giorno di riposo abbastanza veloce dopo nove tappe davvero frenetiche. In qualche modo ero contento che ieri ci fosse salita, così i ritmi si sono rallentati. Sono felice che siamo sopravvissuti e che stiano arrivando finalmente le montagne.

«Ci sarà meno stress. E’ stata una settimana davvero buona – ha proseguito – tranne per il fatto che abbiamo perso Almeida e quella è l’unica grande sconfitta. Negli ultimi due giorni in cui ha corso, Joao ha dimostrato un vero spirito da guerriero, non riesco a immaginare di correre con una costola rotta. Però mi dispiace che abbia dovuto andarsene, perché avevamo un gruppo davvero bello e anche lui non vedeva l’ora che arrivassero le prossime due settimane per difendere la maglia gialla. Ci aspettano tre giornate di salita davvero belle, in una settimana che, con il riposo di martedì, sarà più breve di un giorno. Penso che questa settimana possa essere già piuttosto decisiva, vedremo alcuni grandi distacchi, anche nella crono di Peyragudes. Il livello è altissimo, ma credo che le salite metteranno ordine».

Quando Pogacar si è stancato di rispondere a tuti, al suo scatto ha reagito solo Vingegaard
Quando Pogacar si è stancato di rispondere a tuti, al suo scatto ha reagito solo Vingegaard

Un Tour allo sfinimento

Il livello è davvero alto, ma sbalordisce quello del UAE Team Emirates e della Visma-Lease a Bike, che con Jorgenson tiene in apprensione Pogacar, per il suo distacco ancora minimo. Le altre squadre dietro vengono ridicolizzate da una superiorità che non ammette replica. Lo stesso Evenepoel, che probabilmente concluderà ancora una volta al terzo posto, appare lontano dai livelli di quei due che corrono in una lega a parte.

Non si può ancora parlare di Tour concluso, perché nella tattica asfissiante della Visma si riconosce uno schema preciso e non è detto che Pogacar sarà sempre in grado di avere l’ultima parola.  «Il nostro obiettivo – ha ribadito il general manager olandese Richard Plugge – è combattere ogni singolo giorno. Continuare a usare la mazza, rendendo le tappe difficili e continuando ad andare avanti».

Di sicuro si respira la volontà di non subire la corsa, ma di farla. E in questo contesto risulterà ancora una volta decisiva la seconda settimana. Se per decidere il Giro d’Italia c’è stato bisogno dell’ultima tappa di montagna, il Tour si decide da tempo nella settimana centrale. Chi fa prima il vuoto, riesce a difenderlo fino a Parigi. Vingegaard calerà la maschera e andrà all’attacco oppure si rassegnerà a reggere nuovamente lo strascico del re?

La polemica del limone: la moglie di Vingegaard e la Visma

13.07.2025
6 min
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Un argomento di cui in Italia si è parlato poco, ma che invece potrebbe aver influito non poco sulla tranquillità di Jonas Vingegaard, è una polemica scoppiata a ciel sereno e sollevata dalla moglie, Trine Marie Hansen. La “polemica del limone”: così è stata ribattezzata.

In sostanza, Trine ha dichiarato al quotidiano danese Politiken che alla Visma-Lease a Bike stanno spremendo Jonas come un limone. Da lì sono arrivate risposte, con grande garbo, da tutte le parti in causa, compresi Wout Van Aert e lo stesso Vingegaard. Ricostruiamo quindi questa vicenda e vediamo come si è evoluta.

Jonas Vingegaard con sua moglie Trine Marie Hansen
Jonas Vingegaard con sua moglie Trine Marie Hansen

L’intervista di Trine

Nell’intervista al Politiken, Trine tocca due temi principali: i numerosi ritiri in quota e la tattica della squadra che, a suo dire, non sarebbe del tutto favorevole a Jonas.

«Jonas non si ricarica dopo tre settimane in quota. Temo che stia bruciando la candela da entrambi i lati – ha detto Trine – Jonas è uno che ha bisogno di più riposo e relax per dare il massimo. Probabilmente si può calcolare tutto in un foglio Excel, ma credo che a volte ci si dimentichi della persona nel suo complesso e di come ottenere il meglio da questa.

«Il desiderio più grande della squadra è che vinca il Tour de France, quindi stanno pianificando di arrivarci nel miglior modo possibile e questo include un sacco di allenamento in quota. Ma Jonas preferirebbe allenarsi stando a casa con noi in Danimarca. Se non è possibile farlo in Danimarca, allora dovremmo avere la possibilità di essere insieme ed essere semplicemente noi stessi. A volte ha bisogno di ricaricarsi in un ambiente il più tranquillo possibile con la sua famiglia. Non è come molti altri ciclisti».

Trine menziona anche il numero limitato di interviste e l’uso ridotto dei social, facendo ancora leva sul tema della famiglia. «Non lo consideriamo più importante del tempo trascorso insieme. Jonas è maturato: prima gli mancavano un po’ di peli sul petto, un po’ di fiducia in se stesso e la convinzione di essere all’altezza. Ora ce l’ha, e sono orgogliosa di lui». Anche su quest’ultima frase ci sarebbe da riflettere…

Al Giro, dopo aver vinto a Siena, Van Aert è stato fondamentale per il successo finale di Simon Yates
Al Giro, dopo aver vinto a Siena, Van Aert è stato fondamentale per il successo finale di Simon Yates

Wout sì, Wout no

E poi forse la critica più forte, quella relativa alla squadra e al modo di correre della Visma-Lease a Bike, definito, come dire, dispersivo…

«La squadra – ha detto la Hansen – dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulla vittoria del Tour. Spero che Jonas abbia il pieno supporto della squadra, invece di avere obiettivi diversi. A quel punto avrebbe le migliori possibilità di vittoria. Perché se ci si concentra anche sulle vittorie di tappa per altri corridori, non va bene. Guardiamo cosa fanno alla UAE Team Emirates con Tadej Pogacar: quando è al via di una corsa, non c’è dubbio su chi sia il leader. Tutti conoscono il suo ruolo. Penso che sia incredibilmente importante».

Lei non lo nomina, ma è chiaro il riferimento a Wout Van Aert. E’ certo che tutto questo non aiuti, tanto più in un Tour dove il nervosismo regna sovrano. E possiamo dirvi che al via delle tappe ce n’era parecchio. Anche con Michele Pallini, massaggiatore esperto, se ne parlava e si leggevano i linguaggi del corpo di atleti e non solo.

Troppi ritiri per Jonas. Troppo lunghe tre settimane. L’accusa di Trine Marie Hansen alla Visma (foto Instagram)
Troppi ritiri per Jonas. Troppo lunghe tre settimane. L’accusa di Trine Marie Hansen alla Visma (foto Instagram)

Le repliche

Puntuali, e giustamente, sono arrivate le repliche da parte degli interessati. Quelle della signora Vingegaard non sono state parole semplici da digerire. Partiamo proprio da Van Aert, che ha risposto da signore, senza alimentare la polemica.

«Ne abbiamo parlato a lungo in squadra – ha detto Wout – e credo che tutti nel mio team sappiano cosa aspettarsi da me. Ognuno conosce il proprio ruolo. Il nostro approccio alla corsa è sempre molto chiaro. Abbiamo più obiettivi ed è per questo che abbiamo avuto così tanti successi. Anche Jonas lo sa e la cosa non lo disturba affatto. Quindi sì, è un peccato che sia stata dipinta in questo modo e che queste dichiarazioni siano uscite così».

Poi è intervenuto Grischa Niermann, il direttore sportivo, facendo le veci del team: «Credo che la Visma stia ascoltando i desideri di Vingegaard. Ad esempio, non ha partecipato al ritiro di febbraio. Abbiamo un ottimo rapporto con Jonas e ci riuniamo sempre per pianificare la stagione. Ma bisogna fare sacrifici per vincere la corsa ciclistica più importante del mondo. Jonas lo sa. E lo sa anche Trine.

«Riguardo a Van Aert, Wout è l’aiuto più grande che Jonas possa immaginare. E’ un grande campione, e anche lui ha bisogno dei suoi obiettivi e della sua libertà. Se gli dai questo, ottieni il Wout che hai visto al Giro d’Italia: quello che ha aiutato Simon Yates a conquistare la maglia rosa. Se gli dici di andare al Tour e semplicemente di aiutare Jonas, lo farà. Ma non sarà forte come quando ha anche il suo spazio. L’obiettivo è sempre fare ciò che è meglio per la squadra».

Jonas Vingegaard (classe 1996) è in lotta per la conquista del suo terzo Tour de France. Queste polemiche non lo aiutano
Jonas Vingegaard (classe 1996) è in lotta per la conquista del suo terzo Tour de France. Queste polemiche non lo aiutano

Jonas il moderatore

Alla fine a mettere una pezza è stato proprio il diretto interessato, Jonas Vingegaard. Un po’ glissando e un po’ cercando di gettare acqua sul fuoco ma con più sostanza, ha detto: «Non ho letto l’intervista, quindi non posso commentarla per bene. So che Trine mi sostiene al 100 per cento e farà tutto il possibile per aiutarmi a dare il massimo. Vuole solo il meglio per me. Certo, ci sono molti ritiri di preparazione in quota durante l’anno, quindi è dura per la vita familiare. Ma continuo ad andare in bici e non ho ancora avuto un esaurimento nervoso».

Tra l’altro, le questioni sollevate dalla moglie stonano parecchio con un’intervista rilasciata dallo stesso danese a L’Equipe prima del Tour. In quell’occasione, Vingegaard aveva detto sostanzialmente di amare ancora la vita da atleta, tra cui i ritiri, e che finché sentirà questa motivazione continuerà. Impegnarsi, allenarsi, soffrire: per lui contano più del risultato finale. Il viaggio, non la meta. «Ho 28 anni e ancora quattro anni di contratto… Magari domani perdo la motivazione e smetto? Non succederà. Non domani almeno. Ma potrebbe succedere. Dipenderà da quanto a lungo continuerò ad amare questa vita».

«Mi piace davvero il ciclismo – aveva detto Jonas al quotidiano francese – uscire in bici ogni giorno, fare gare, lottare per la vittoria… tutto questo mi dà la motivazione per allenarmi quotidianamente. Se senti di aver ricevuto un dono, se posso dirlo così, devi usarlo, altrimenti lo perdi. In un certo senso ho ricevuto questo dono, e sentire che lo sto usando mi motiva. Quando ti senti bene in allenamento, quando soffri ma ti sembra normale, come mi è successo nelle ultime settimane, è qualcosa di meraviglioso. Se penso di essere forte mentalmente? Sì, credo che sia la mia qualità principale. Sono capace di resistere anche quando le cose vanno male».

Dal volo di Remco al podio di Affini. L’analisi a tutto tondo di Malori

09.07.2025
8 min
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Tutto (quasi) secondo programma. A Caen, tappa a cronometro individuale, vince Remco Evenepoel, ma subito dietro c’è Tadej Pogacar, che torna a vestirsi di giallo. Completa il podio un grandioso Edoardo Affini. E anche Adriano Malori in qualche modo si gode e saluta il gigante mantovano: è con lui che analizziamo questa crono.

Ma forse la grande notizia di giornata è che Jonas Vingegaard ha pagato dazio. Neanche Donald Trump avrebbe fatto tanto: 1’21” da Remco e 1’05” dal primo rivale, Pogacar

Di nuovo il Tour de France offre un bagno di folla. E’ incredibile come questo evento riesca a essere così attraente. Un po’ per il suo DNA e parecchio per la bravura dei suoi organizzatori anche nel renderlo così grande e appetibile. La gente che si è vista in queste due frazioni è stata qualcosa di incredibile. In fin dei conti, quella odierna è stata uno spettacolo lungo: i test del mattino e poi la possibilità di vedere uno ad uno tutti i 179 atleti rimasti in gara.

Pogacar in giallo. VdP cede nettamente. Lo sloveno guida con 42″ su Remco e 59″ su Vauqelin. Vingegaard è a 1’13”
Pogacar in giallo. VdP cede nettamente. Lo sloveno guida con 42″ su Remco e 59″ su Vauqelin. Vingegaard è a 1’13”

Parola ai tre tenori

«Tutto è andato secondo i piani – ha detto Evenepoel – non ho mai avuto la sensazione di poter andare più veloce, quindi sono contento del risultato. E’ la seconda vittoria per la squadra (dopo quella di Tim Merlier, ndr), quindi è fantastico. Ho corso in modo piuttosto costante, ho mantenuto un ritmo regolare dall’inizio alla fine e credo che questo sia stato il mio punto forte. Nei vari intermedi: ho continuato a risalire in classifica ogni volta e ho guadagnato tempo negli ultimi 7 chilometri. Il mio ritmo era perfetto e tutto procedeva a gonfie vele. E’ un passo in avanti verso il podio, non vincerò questa corsa quest’anno. Ma fra qualche anno sì».

Stranamente, nonostante non abbia vinto, il più felice sembra essere proprio il re sloveno. La rivincita dopo la debacle nella cronometro al Delfinato è bella e servita.

«Sono davvero contento di come ho corso oggi – ha detto Pogacar già in giallo – sono a soli 16 secondi dal campione olimpico, dal campione del mondo e miglior cronoman del momento. Sono estremamente contento. E inoltre, a parte Evenepoel, sto guadagnando tempo su tutti gli altri miei rivali per la maglia gialla. Soprattutto perché non mi aspettavo di guadagnare così tanto tempo, pensavo che Vingegaard sarebbe stato più vicino. Ora però dobbiamo restare concentrati. Nulla è deciso e difendere la maglia gialla fino a Parigi non sarà facile».

Piegato a lungo sulla sua Cervélo dopo il traguardo, Vingegaard è stato l’ultimo a parlare ed è stato laconico: «Non avevo le gambe e non so… non me lo aspettavo, ma succede. Il risultato riflette le sensazioni che avevo in bici. Stavo lottando con le gambe e la posizione in bici. Distacco superiore al minuto? Se guardiamo agli ultimi anni si è vinto con distacchi maggiori – come a dire che c’è spazio per recuperare».

E adesso passiamo ad Adriano Malori.

Vingegaard è incappato in una giornata poco positiva. «Ho litigato con la posizione», ha detto il danese
Vingegaard è incappato in una giornata poco positiva. «Ho litigato con la posizione», ha detto il danese
Adriano, cosa ti è sembrato di questa crono?

Sicuramente non mi aspettavo un tracollo così di Vingegaard. Mi aspettavo un Pogacar più forte rispetto a quello visto al Delfinato, perché lì non era per niente in giornata. Credevo che il danese potesse perdere 15”-20” da Pogacar ma non così tanto. Lo si vedeva scomposto, anche di spalle. E poi una volta era agile, una volta andava duro… questo è il tipico segno di chi non riesce a trovare il ritmo, il rapporto…

Ovviamente un distacco simile, Adriano, è figlio di una giornata no. Però abbiamo notato che c’era vento e lui aveva all’anteriore una ruota molto più alta rispetto agli altri. Può aver inciso?

No. Ripeto, si vedeva che non era in giornata e lo si è visto sin da subito. Storicamente Vingegaard è leggermente superiore a Tadej a crono, mentre oggi la tendenza è stata decisamente opposta. Per me, anche con una ruota più bassa, non sarebbe cambiato niente. Anche perché il vento forte e costante c’era solo nella parte finale. E tra l’altro, se guardiamo bene, è quella dove Remco ha fatto la differenza netta su Plapp e Affini.

E ora?

Tanti diranno Tour finito, ma il Tour non è finito perché 1’13” si possono recuperare. E’ chiaro che non è facile perché là davanti c’è Pogacar… Ma aspetterei, insomma.

La freccia Evenepoel. Da notare la visiera tagliata per lasciare spazio alle braccia
La freccia Evenepoel. Da notare la visiera tagliata per lasciare spazio alle braccia
Quale aspetto tecnico ti ha incuriosito di questa crono?

In generale un miglioramento di posizione veramente grande. Fino all’anno scorso solo Evenepoel riusciva a stare incassato veramente bene con le spalle ed essere tutt’uno col manubrio. Ora sono in tanti. Ma è così: quando uno ha un’invenzione, gli altri la copiano. Oppure prendiamo i caschi, per esempio. Tutti dicevano che quelli lanciati dalla Visma erano inguardabili, però adesso li usano quasi tutte le squadre così. Davvero una grande cura. Così come la guida…

Anche noi lo abbiamo notato. La parte finale era tecnica, eppure Remco è sembrato più abile con la bici da crono che con quella da strada…

In generale ora c’è una ricerca della prestazione anche dal punto di vista della guida. Nel finale Pogacar ha addirittura guadagnato 3”-4” a Remco che a sua volta è stato bravissimo, e quella poteva essere tranquillamente la differenza che decideva la gara. Di certo questo livello di guida, parlo in generale, è figlio di allenamenti particolari. Allenamenti che, se non avessi avuto l’incidente, avrei fatto anche io.

Spiegaci meglio…

La guida della bici da crono era un aspetto migliorabile e avevo in programma degli allenamenti nei kartodromi. Era una cosa che avrei fatto a fine stagione. Kartodromi, o piste per bambini… insomma circuiti sicuri con curve strette, in cui si riesce a fare tecnica di guida. A stare in posizione, a fare bene le traiettorie. Un tempo solo Cancellara guidava la bici da crono come fanno i ragazzi oggi. Adesso tutti si buttano giù in ingresso curva come se fossero sulla bici da strada.

Rispetto al Delfinato si è visto un Pogacar più sciolto. Probabilmente quel giorno stava provando un nuovo assetto
Rispetto al Delfinato si è visto un Pogacar più sciolto. Probabilmente quel giorno stava provando un nuovo assetto
Credevamo che con tutto il vantaggio su Vingegaard, dall’ammiraglia avessero detto a Pogacar di non rischiare. E invece ha guadagnato…

Pogacar ha rischiato, ma non oltre il limite, perché lo fa con naturalezza. Questo vuol dire che è abituato, che è sicuro su quella bici. Poi penso anche che tutti questi atleti vivono in luoghi dove le strade, almeno in certi orari del giorno, ti permettono di osare un pelo di più, di fare tecnica. Vivono in Francia, Slovenia, Monaco, Danimarca, Spagna… dove la lingua d’asfalto è ampia, sicura, e il fondo stradale è ottimo. Qui da noi, almeno dalle mie zone di Parma, ci sono crepe in cui ci finisci dentro fino alle protesi!

Chiaro…

Gente così può dire: «Beh, stamattina mi sveglio presto e mi butto giù una discesa bello andante». E magari davanti ho anche una moto che mi fa da riferimento. Vi racconto questa: prima dei mondiali di Firenze 2013, Cancellara si svegliò in piena notte per essere pronto alla primissima luce dell’alba. Erano lui e una moto e andò a percorrere il finale della crono perché voleva vederlo senza traffico e farlo a velocità di gara, o quasi. E anche questo faceva una grande differenza. Già dieci anni fa si guardava a queste cose. E dieci anni fa, nel ciclismo di oggi, è come se fossero trenta.

Invece il casco di Remco con l’apertura sulla visiera?

Prima ancora che una questione aerodinamica, io credo sia perché, stando lui così chiuso, la visiera gli dava fastidio sugli avambracci. Quel taglio oltre a non avere questo problema gli permette di chiudersi ancora meglio.

La crono è specialità futuristica, l’estremo della tecnica e della preparazione?

C’è stata un’evoluzione impressionante: materiali, posizione. Prendiamo gli scalatori: un tempo prendevano minuti, su minuti… oggi sono lì a un minuto e mezzo. Ci pensate voi a un Quintana che in una crono di 33 chilometri come quella di oggi prende solo un minuto e mezzo da Cancellara? Ora è normalità. Cura delle posizioni, gestione dello sforzo, misuratore di potenza, preparatore che ti fa un’analisi del wattaggio prima del via e come distribuirlo… Per assurdo, se vogliamo, il mestiere del cronoman è andato un po’ a sparire. Perché non devi più imparare a gestirti, non devi più imparare la posizione: sono i team, gli staff, che ti ci portano.

Bravissimo Affini, terzo a 33″ da Remco. Sarebbe stato interessante vederlo partire più vicino a Remco per avere pari condizioni di vento
Bravissimo Affini, terzo a 33″ da Remco. Sarebbe stato interessante vederlo partire più vicino a Remco per avere pari condizioni di vento
Cos’altro ti ha colpito della crono di Caen?

Che finalmente hanno messo una cronometro da cronoman. Senza salite in mezzo o strappi al 15 per cento che non si possono vedere. Quello odierno era un percorso bello, lineare. Anzi, farei un appunto…

Vai…

Visto che c’è questo grande fenomeno, Pogacar, che poi stacca tutti anche in salita, mi piacerebbe vedere un Tour con due belle cronometro da 50 chilometri come un tempo. Pensateci. Magari Remco arriva alle montagne con due minuti di vantaggio. Cambierebbe tutto. Ci sarebbe più spettacolo.

Torniamo all’attualità: che ci dici di Affini?

Ve ne avrei parlato anche se non me lo aveste chiesto! Edoardo mi è piaciuto veramente tanto. Senza nulla togliere ad altri grandi cronoman, ma ricordiamoci che è un gregario. Tira tutto il giorno, tiene davanti i capitani, va a prendere le borracce. Ha fatto così al Giro e sta facendo così al Tour. Non ha potuto fare la crono tricolore perché lo hanno richiamato in altura e nonostante tutto il lavoro di questi giorni oggi ha fatto terzo… dietro due alieni che hanno preparato il Tour al meglio. Quindi, veramente complimenti a lui. E’ bello vederlo lì. E se una squadra come la Visma-Lease a Bike lo ha appena fatto rinnovare per tre anni, un motivo c’è.

Van der Poel, tappa e maglia. Show di forza e tattica

06.07.2025
6 min
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BOULOGNE SUR MER (Francia) – Mentre Mathieu Van der Poel tagliava per primo la linea del traguardo, l’urlo più forte che si è sentito in tutta la città è stato quello di Roxane Beterls, la compagna di VdP. Un urlo acuto, tipico da donna.

E’ così che si chiude l’astinenza di Van der Poel al Tour de France, che durava dal 2021: un’eternità per un vincente come lui. Anche in quell’occasione, a Lachen conquistò la frazione e prese la maglia. Il campione della Alpecin-Deceuninck vince come in una classica, solo che stavolta i rivali non sono Pedersen o Van Aert, ma Pogacar (quello c’è sempre), Vingegaard, Remco…

Philipesn (in giallo) ha parlato di una squadra compatta. E lo stesso ha detto Van der Poel
Philipesn (in giallo) ha parlato di una squadra compatta. E lo stesso ha detto Van der Poel

Philipsen e la Alpecin

E a proposito di Alpecin-Deceuninck, l’inizio della squadra dei fratelli Roodhooft è a dir poco perfetto: due tappe, due vittorie, due maglie gialle con i due corridori più rappresentativi. Loro sono formidabili a puntare ai singoli obiettivi. E ancora una volta lo fanno muovendosi alla perfezione in certe corse. Non dimentichiamo Dillier, Vermeersch, Groves…

Infatti proprio Jasper Philipsen, contento nonostante abbia appena perso la maglia gialla, ha detto: «Abbiamo avuto un ottimo feeling e un’ottima fiducia sin da ieri, abbiamo preso il controllo della corsa. I ragazzi hanno lavorato molto duramente e bene. E non era semplice. Ma con un capitano forte come Mathieu, che si è messo a disposizione, è stato tutto più semplice.
Oggi è stato differente. Si correva per lui, con la stessa fiducia e compattezza di ieri, ma con un altro leader».

Tutto sommato, Philipsen era felice anche la propria prestazione. Neanche lui, che è un velocista, si aspettava di andare così forte nei 15 chilometri finali, duri sia tecnicamente (e quello per lui non sarebbe un problema) che altimetricamente.

«E’ stato un giorno incredibile e lungo, a volte sentivo quasi freddo. Nel penultimo strappo ero davvero a blocco, sapevo che se avessero continuato così per me sarebbe stato impossibile. Ma l’importante è che abbiamo ancora vinto noi e che la maglia gialla sia rimasta in casa». E non è finita qua per lui e la sua squadra. Domani si annuncia ancora una tappa per sprinter, ma il meteo inciderà moltissimo.

Van der Poel in giallo. Rispetto all’ultima volta, col nonno, Raymond Poulidor, appena scomparso ha messo che c’è stata meno emozione
Van der Poel in giallo. Rispetto all’ultima volta, col nonno, Raymond Poulidor, appena scomparso ha messo che c’è stata meno emozione

Tappa e maglia

E poi c’è lui, Mathieu Van der Poel. Tra la partenza posticipata del mattino per il caos tra l’arrivo dei bus dei team e la partenza della carovana pubblicitaria, sono quasi le 19 quando Van der Poel si presenta ai microfoni. Fa qualche smorfia, è felice, ma anche stanco.

«Era davvero difficile vincere oggi – attacca Van der Poel – contro Tadej e Jonas che sono in super forma per la conquista del Tour. Stamattina ho visto un video della linea d’arrivo e quindi sapevo cosa volevo fare e come dovevo farlo. Arrivare qui nel Nord della Francia è stato un po’ come correre le classiche, ma con qualche avversario differente.

«Avere la giusta posizione era fondamentale e infatti c’era un grande nervosismo, grande la lotta per le buone posizioni. Ma con una squadra come Alpecin-Deceuninck è qualcosa a cui siamo abituati e bravi, e questa guerra delle posizioni l’abbiamo vinta».

Sull’arrivo c’era anche suo padre, il grande e ancora in forma Adrie Van der Poel. Era felice, ma con la sua solita schiettezza ripeteva che loro (va a capire il plurale) preferiscono le classiche. E che nonostante lui queste strade le avesse battute, al figlio non aveva detto una parola. «Non metto bocca nelle tattiche del team».

Dubbi sulla forma?

Dopo l’incidente in MTB e la conseguente microfrattura al polso, ci poteva essere qualche dubbio sulla condizione di Van der Poel. Ma già averlo visto al Delfinato aveva tolto quasi del tutto i dubbi. Lo stesso Mathieu ha parlato del Delfinato e di come ha ricostruito questo stato di forma stellare. Di fatto ripetendo il metodo che usano per le classiche.

«Rispetto ai miei altri Tour – riprende Van der Poel – stavolta ho avuto un approccio diverso. Per una volta abbiamo fatto il Delfinato ed è stata una buona scelta. Ogni anno facciamo un’esperienza diversa per arrivare al meglio al Tour de France, ma direi per arrivare a tutti i nostri obiettivi nella migliore condizione possibile.

«Per esempio, quest’anno abbiamo capito che avremmo dovuto fare un periodo di allenamenti in altitudine prima della Tirreno-Adriatico, che è la corsa che mi piace di più prima delle classiche, e lo abbiamo fatto. E di nuovo ci siamo resi conto che serviva un altro training camp in quota prima del Tour de France. Anche perché questa edizione ha un percorso sul quale io e i miei compagni possiamo eccellere. Abbiamo molte tappe e questo fa una grande differenza rispetto al percorso dell’anno scorso. E anche sulle motivazioni».

«La nostra squadra si muove sempre con un obiettivo perfettamente chiaro a seconda del leader. E tutto ciò che succede durante la giornata e le difficoltà che si presentano, le affrontiamo uniti. E’ il nostro spirito di squadra e credo sia questo a fare la differenza. Ognuno sa cosa deve fare».

In pratica, le stesse parole che ci aveva detto poco prima Philipsen. «Nell’ultimo chilometro – continua VdP – ero concentrato sul fatto di non fare nessun errore. Volevo prendere l’ultima curva davanti. Non ci sono riuscito in pieno, ma ero comunque in buona posizione. Stare vicino a Tadej andava benissimo. E quando lui è partito, ho potuto fare il mio sprint senza problemi».

Pogacar in maglia a pois. Lo sloveno è parso divertito dal vestire questa maglia
Pogacar in maglia a pois. Lo sloveno è parso divertito dal vestire questa maglia

Pogacar e la centesima rimandata

Meno se lo aspettava a corsa in corso Michele Pallini, massaggiatore della XDS-Astana, che ci aveva detto: «Sapete chi vince oggi? Pogacar oppure Van der Poel. Ma credo più Van der Poel perché tatticamente è più intelligente». Nessuna profezia fu più azzeccata. E Tadej Pogacar stesso in qualche modo dà ragione a Pallini.

Il clima in casa UAE Emirates è sereno e se questo secondo posto non brucia è solo perché a vincere è stato uno dei supereroi di questo ciclismo.

«Direi che è stata una buona giornata nel complesso – ha detto Pogacar – E’ stata una tappa dura e lunga, con un po’ di tutto: pioggia, tensione, strappi… Mi sentivo bene nel finale e anche la mia squadra ha lavorato bene. Il secondo posto va bene, Mathieu è stato più forte in volata, quindi tanto di cappello. E’ difficile batterlo allo sprint.
«A dire il vero, ho giocato un po’ male tatticamente, perché avevo un po’ paura di sprintare contro di lui e ho aspettato troppo a lungo nella sua ruota».

«La maglia a pois e l’attacco di Vingegaard? La prima non me l’aspettavo, il secondo sì. Non credevo di vestire questa maglia. Ho vinto la classifica della montagna al Tour due volte, ma l’ho indossata un solo giorno. Mi fa piacere.
«Da parte di Jonas ci aspettavamo un attacco, specie dopo quello che abbiamo visto al Delfinato. E’ bello vederlo all’attacco. Ci ha fatto soffrire».

Affini al Tour: custode di Vingegaard e in supporto di Van Aert

05.07.2025
4 min
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E’ iniziato il primo Tour de France in carriera per Edoardo Affini. Un esordio importante per il mantovano, che ormai vive stabilmente in Olanda, e un attestato di stima da parte della Visma Lease a Bike nei suoi confronti. I calabroni hanno voluto mettere un altro dei protagonisti della vittoria di Simon Yates al Giro d’Italia accanto a Jonas Vingegaard. 

L’ultima corsa a cui ha preso parte Affini è stato proprio il Giro d’Italia, da quel momento è iniziata la preparazione per la Grande Boucle. 

«E’ una cosa nuova anche per me – ci ha raccontato poco prima di mettersi in viaggio verso Lille – perché per la prima volta correrò due Grandi Giri in maniera consecutiva. L’anno scorso avevo fatto Giro e Vuelta ma l’approccio è diverso, si ha più tempo per prepararsi e si può staccare un po’. Invece quest’anno appena finito il Giro sono andato in altura a Tignes, praticamente il mio riposo è stato di due giorni».

Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Edoardo Affini sarà uno degli uomini al servizio di Vingegaard al Tour de France
Quando avete deciso che avresti fatto anche il Tour?

Ne abbiamo parlato seriamente con lo staff che segue la parte di performance al Giro. Ci siamo messi a parlare e abbiamo deciso cosa fare tra le due gare per arrivare pronto. 

Cosa avete deciso?

Di andare subito in altura a Tignes (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike). Praticamente il Giro è terminato domenica 2 giugno e io il sabato successivo ero già in ritiro. Per la prima settimana mi sono concentrato sul recupero attivo e sull’adattamento all’altura. Da lì in poi ho fatto allenamenti mirati, pochi giorni dopo sono arrivati anche gli altri che erano al Delfinato. 

Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Terminate le fatiche del Giro, Affini ha iniziato la preparazione per la Grande Boucle (foto Instagram/Visma-Lease a Bike)
Come stavano le gambe dopo il Giro?

Bene. Alla fine ogni giorno c’era qualcosa da fare, anche a Roma abbiamo lavorato per la volata di Kooij. Diciamo che ero stanco, ma non distrutto. Un bel segnale in realtà in vista della preparazione per il Tour. 

A proposito, hai cambiato qualcosa negli allenamenti?

Bene o male ho seguito il solito schema. Ho fatto qualche modifica sui blocchi di lavoro facendo due giorni di carico e non tre. Non serviva caricare troppo anche perché l’endurance, arrivando dal Giro era già allenata. Bastava qualche ora in meno di allenamento ma con più qualità. 

Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Affini correrà le due cronometro del Tour indossando la maglia di campione europeo conquistata a Zolder lo scorso settembre
Non sei riuscito a correre al campionato italiano, ti è dispiaciuto?

Con il team eravamo in ritiro ufficialmente fino al 25 giugno, poi eravamo liberi di fare quello che avremmo voluto. Pensare di scendere dall’altura e andare direttamente al campionato italiano a cronometro diventava troppo complicato. Tignes e San Vito al Tagliamento distano parecchie ore di auto, non sarei arrivato nelle giuste condizioni per onorare la corsa. Mi è dispiaciuto perché avrei corso con la maglia di campione europeo. Avrei preferito testare la gamba prima di tornare in corsa, ma non c’è stato modo. Le prime due tappe serviranno per trovare il ritmo. 

Che atmosfera si respirava in ritiro?

Buona, il Delfinato è andato bene, anche Tadej (Pogacar, ndr) è andato secondo le aspettative. Direi che tutto è pronto per la sfida. Però il Tour non sarà solamente una battaglia a due, anche Remco (Evenepoel, ndr) è un cliente scomodo. In più in corsa c’è tutto il gruppo. 

Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Affini ha già assaporato il clima del Tour de France con la presentazione delle squadre di giovedì
Quale sarà il tuo ruolo?

In linea di massima sostenere e tenere coperto Vingegaard il più possibile. Se ci sarà da tirare sarò uno dei primi a entrare in azione. Poi dovremo capire cosa fare se Van Aert vorrà provare a vincere qualche tappa. In tal caso penso di essere io il primo al suo fianco. 

Che effetto fa essere al Tour?

E’ una grande emozione. Partecipare era uno dei miei obiettivi da corridore e sono felice di esserci. Sono curioso, è la corsa più grande al mondo con un impatto mediatico incredibile. Tutti sanno cos’è il Tour de France. Si andrà forte, ma anche al Giro non si è mai andati piano, da questo punto di vista non mi aspetto enormi differenze. 

Qui Lille: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel accendono la sfida

05.07.2025
5 min
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LILLE (Francia) – Ci siamo, poche ore e sarà il Tour de France. L’altro ieri abbiamo assistito all’abbraccio enorme che la folla di Lille ha riservato ai corridori, ma forse sarebbe più corretto dire al Tour stesso. Era complicato camminare e noi giornalisti abbiamo faticato non poco, nonostante il pass, per poter raggiungere il punto d’ingresso della zona mista, proprio nel centro della Grand Place. Ci sembrava di essere al Palio di Siena, in mezzo a Piazza del Campo e con la pista intorno.

Ma se il Palio è stato rinviato per il maltempo, il Tour va eccome. C’è grande attesa per questo duello che, come molti sperano, potrebbe diventare sfida a tre. Stiamo parlando del confronto tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, al quale si aggiunge il terzo sul podio del 2024: Remco Evenepoel.

L’atmosfera che si respira qui in Francia appare rilassata, ma è soltanto apparenza. Tutti sono pronti a dare il massimo e ormai questo Tour è anche una sfida tra team, specialmente nello scontro diretto tra il danese della Visma‑Lease a Bike e lo sloveno della UAE Emirates. E gli apprezzamenti che si sono scambiati sembrano tanto essere dei colpi di stiletto mascherati da complimenti.

Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)
Pogacar sul palco di Lille. Lo sloveno (classe 1998) punta al suo quarto Tour (foto ASO/Charly Lopez)

Lo show di Pogacar

Ma partiamo dal podio 2024, quindi da Tadej Pogacar. Fra i tre ci è parso, a dirla tutta, quello più rilassato, più spensierato. Con il cappello giallo da pescatore offerto dall’organizzazione, resisteva sul palco di Lille, faceva battute in francese. «Ciao, come state?», una sorta di one man show.

«Con Jonas – ha detto Pogacar – c’è una bella rivalità. Sulle salite lunghe, Vingegaard è il corridore migliore e lui sa andare anche molto forte a cronometro, a volte anche meglio di me. A volte può esserci qualche frizione tra e me lui e nostri team, ma alla base c’è tanto rispetto e quando finisce la corsa tutto è passato. Credo sarà un mese molto avvincente per tutti gli spettatori, sia da casa che lungo le strade».

Pogacar ha parlato poi anche di questo inizio Tour. Un inizio più facile rispetto agli ultimi anni, ma proprio per questo potenzialmente più pericoloso, tanto più che nei prossimi giorni sembra che il meteo cambierà con vento prima e pioggia poi.

«In queste prime frazioni – ha detto Tadej – si può perdere il Tour de France. La prima cosa dunque sarà salvarsi. Chiaro poi, alcune di queste tappe iniziali sono anche opportunità e di sicuro proverò a guadagnare del tempo (il riferimento è a quella di domani con l’arrivo su uno strappo, ndr). Ma soprattutto non dovrò avere problemi e arrivare sano e salvo all’ultima settimana».

Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima
Sorridente ma “velenoso”, Jonas Vingegaard (classe 1996) vuole dimostrare di essere tornato più forte di prima

Il piano di Vingegaard

«Sono a un livello mai visto prima, il mio corpo ci ha messo quasi un anno per tornare dopo l’incidente». E ancora: «Ammiravo Contador, ma se parliamo di storia Tadej è il più grande». Queste frasi apparentemente contrastanti e sibilline emergono dalla conferenza stampa del danese. Vingegaard è apparso sorridente, calmo, ma pronto a sferrare l’attacco.

«Anche l’anno scorso – ha detto Jonas – ho gareggiato ad altissimo livello al Tour, ma c’è una differenza rispetto a quest’anno, ed è significativa. Ho messo su un po’ più di peso, dovuto alla massa muscolare che ho recuperato. Ho impiegato molto più tempo del previsto per tornare al mio stato iniziale, quasi un anno dopo tante settimane passate a letto. Da qualche mese a questa parte, il mio corpo è però tornato a sentirsi meglio di prima dell’incidente ai Paesi Baschi. Posso dire di essere più forte che mai: oggi sono al livello più alto che abbia mai raggiunto»

E poi ecco le dichiarazioni che sembrano aver colpito Tadej. Girando negli ambienti dei team, sembra che Pogacar, al quale tutto scivola via, abbia prestato attenzione alle parole che seguono.

«Rispetto moltissimo Pogacar – ha detto il danese – come tutta la mia squadra, ma senza timore. Altrimenti non sarebbe stato nemmeno intelligente venire al Tour se avessimo pensato il contrario. Ho una squadra da sogno sia in montagna che in pianura per colpire i punti deboli di Tadej. Abbiamo un piano, ma non ve lo dico, ce lo teniamo per noi. Al momento giusto lo vedrete sulla strada.

Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca
Remco Evenepoel (classe 2000) punta al podio… e al bis della maglia bianca

L’umiltà di Remco

Chiudiamo con Remco Evenepoel. Il campione olimpico ci ha colpito per la sua magrezza. Incredibile. Ha un punto vita che farebbe invidia ad una pinup… Il capello rasato faceva emergere ancora di più gli zigomi.

«E’ una bella sensazione essere qui a Lille – ha detto il belga – il primo obiettivo sarà vincere la cronometro di Caen nella quinta tappa. L’altro obiettivo sarà puntare almeno al terzo posto nella classifica generale. Farò del mio meglio e poi si vedrà. Gl ultimi cinque vincitori di Tour sono Pogacar e Vingegaard, dunque sono i più forti. Sarebbe ingiusto da parte mia dire che sono qui per vincere. Sono qui per provarci, per rendere loro la vita difficile».

I belgi chiedono a Remco di fare Remco, cioè di attaccare come ha fatto per esempio alla Freccia del Brabante quest’anno, o molte altre volte. Deve sfruttare le tappe intermedie e la sua capacità di tenere a lungo velocità elevate grazie alle sue capacità aerodinamiche. Non deve correre di rimessa. E quel senso di rimessa un po’ in effetti appare. Magari ci sbaglieremo. Ma quando lo vedi alle classiche ha un altro sguardo, un altro modo di porsi. Lì sa che può vincere e fare male, qui invece sa che non è il più forte, almeno in partenza. Di conseguenza ci sembra quasi che cambi anche il suo linguaggio fisico… ma magari è un’impressione…

«Penso – conclude Remco – che tutti siano un po’ spaventati da questo inizio. Non vogliamo uscire con infortuni già dopo poche tappe. Prima di una corsa come questa speriamo tutti che le tappe più nervose non siano realmente caotiche».

Luci e ombre del Delfinato nella testa di Pogacar e Vingegaard

20.06.2025
7 min
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Dice Garzelli che dopo il Delfinato, Vingegaard ha capito di dover lavorare sui cambi di ritmo e che avrà le prossime due settimane in altura per mettersi a posto. Pogacar invece l’ha detto da sé: dovrà lavorare sulla crono, perché il quarto posto di Saint Peray non gli è andato giù. Al punto da essere sceso dai rulli subito dopo e aver saggiato la leggerezza della bici del rivale. Ma se questi sono stati gli esiti fisici del confronto, che cosa è rimasto nelle loro teste dopo il confronto appena vissuto? Quali sicurezze in più ne ha tratto Pogacar? E a Vingegaard è convenuto sfidarlo dopo un anno di batoste, col risultato di essersi ritrovato esattamente deve l’aveva lasciato l’ultima volta?

Sono sfumature su cui si ragiona fra amici e addetti ai lavori. E così, avendo la fortuna di poter interpellare il meglio fra gli esperti che operano nel professionismo mondiale, ci siamo rivolti a Elisabetta Borgia, psicologa e mental coach della Lidl-Trek e della nazionale, portando con noi le stesse domande.

Elisabetta Borgia fa parte dello staff performance della Team Lidl-Trek e della nazionale italiana
Elisabetta Borgia fa parte dello staff performance della Team Lidl-Trek e della nazionale italiana
Si può dire secondo lei che Vingegaard abbia preso le misure a Pogacar anche sul piano psicologico e ne sia uscito con qualche certezza in più oppure si è fatto male?

Bisogna analizzare più aspetti. Il primo è che sicuramente un campione come Vingegaard ha molto chiaro il suo piano di avvicinamento all’obiettivo, che si basa su di sé e non sugli avversari. Va da sé che lavorando sulla tua fiducia e la tua efficacia, hai bisogno di dati oggettivi, tuoi personali. Banalmente vedere che cresce l’allenamento o che cresci in base alle tempistiche che ti sei dato col coach e con la squadra. Però ogni tanto è importante avere anche delle reference esterne. Non solo tue, ma anche nel confronto con l’altro, prendendo sempre tutto con le pinze, nel senso che immagino nessuno conosca il tipo di allenamento e avvicinamento che hanno fatto al Delfinato e nessuno sappia quanto margine reale abbia l’altro.

Qualche dato ce l’hanno…

Immagino di sì, anche se non li seguo nello specifico. In ogni caso sono entrambi in altura e Vingegaard ha chiare le cose su cui migliorare per essere performante nei confronti di Pogacar. E’ sicuramente qualcosa che lo può aiutare a far uscire la parte più aggressiva e agonistica che c’è nel pensiero quando fai dei blocchi di lavoro da solo o con la squadra e che nel momento dello scontro diretto col tuo avversario esce di più. Quindi credo che Vingegaard, cosciente del valore suo e di Pogacar, dal Delfinato abbia preso soltanto il buono. Sa su cosa lavorare, se evidentemente ha previsto altro lavoro per crescere. Sappiamo che in 2-3 settimane c’è anche il rischio di arrivare ai corti, per cui da un lato è molto positivo ragionare in un’ottica di crescita, ma bisogna anche ragionare in un’ottica di calo all’interno delle tre settimane. E per questo è bene avere dei buoni punti di riferimento.

Bene i riferimenti, ma ha senso, progettando l’appuntamento più importante, cercare il confronto con uno che ultimamente ti ha sempre surclassato?

Vingegaard sta cercando di arrivare al Tour nella sua migliore espressione possibile, indipendentemente da Pogacar. Come pubblico guardiamo sempre loro due, ma chi lo dice che non arrivi un altro che non abbiamo considerato? E’ fuori discussione che nel momento in cui costruisci l’autoefficacia, quindi la fiducia nel poter far bene, parti dal lavoro che stai facendo, dei feedback che ottieni in allenamento, ma anche partendo dallo storico. Vai a vedere gli scontri precedenti e puoi anche fare il conteggio delle volte che hai vinto tu e quelle che ha vinto l’altro. E’ chiaro che devi avere una lettura di quello che è stato e contestualizzarlo. Io credo che anche per questo Vingegaard ne sia uscito consapevole di poter crescere ancora. Tre settimane sono lunghe, bisognerà che giri bene tutta una serie di cose. Avere la squadra, avere la vicinanza dei compagni giusti, far le cose come si deve, recuperare bene. Stiamo parlando di dettagli, perché nessuno a quel livello fa le cose sbagliate. Magari uno le perfeziona, le ottimizza, perché stiamo parlando di professionisti di un livello stellare. Quindi che tu lo veda o ce l’abbia nella testa, Pogacar c’è e non si dissolve.

Vingegaard è andato meglio di Pogacar nella crono, poi ha subito in salita, chiudendo in crescendo
Vingegaard è andato meglio di Pogacar nella crono, poi ha subito in salita, chiudendo in crescendo
Allora mettiamoci per un attimo nei panni di Tadej, che corre sempre per vincere. In certe dimostrazioni di forza ci sono anche dei messaggi che manda al rivale?

Certamente, ma dico una cosa. Essere quello che vince sempre, da un certo punto di vista può essere anche un limite. Prima o poi questo filotto finirà, è più probaile che finisca prima o poi piuttosto che continui all’infinito. Quindi è qualcosa che hai in testa e sai che succederà: per alcune mentalità può diventare un limite. Sai bene che se non vinci, hai perso: per te e per l’immaginario collettivo. La realtà è che la mentalità di Pogacar è proprio l’opposto. Non ha paura di perdere: ho sempre vinto, continuerò a farlo ancora.

Non ha paura di perdere, ma quando accade (come nella crono) mastica molto amaro.

Certo. E’ fuori discussione che la crono sia un elemento sempre più importante nei Grandi Giri, però lo sappiamo che non è il suo cavallo di battaglia. E’ forte, ci mancherebbe, però il pubblico se lo aspetta in altre condizioni e in altre situazioni. Nelle tappe di salita, nelle più tappe dure. Quindi davanti a quel quarto posto, avrà pensato che avrebbe potuto perdere meno. Però oltre a questo, io credo che la mentalità vincente sia proprio quella: ho visto che sono meno performante, ma studio e la prossima volta vengo e te le do. Anche il siparietto in cui va a guardare la bici di Vingegaard fa capire la sua voglia di tornare dominante: vediamo se c’è qualche dettaglio, qualcosa di diverso cui ci si possa ispirare. E questo da un certo punto di vista è la conferma del suo essere assolutamente uno che vuole vincere e fa di tutto per continuare a farlo. Non è uno che si siede, nonostante abbia vinto praticamente tutto. Continua ad avere grandi motivazioni, la cattiveria agonistica per continuare a spingere a fondo e cercare di migliorarsi, cambiare, crescere. 

Quando devi sfidare la tua bestia nera, esiste un metodo di lavoro per non farsene schiacciare?

E’ chiaro che se vai in una gara e conosci gli avversari, nella tua testa hai una potenziale classifica. Sai dove potresti posizionarti all’interno di un gruppo. E’ un’aspettativa che può diventare un’arma a doppio taglio e allora io cerco sempre di sottolineare due aspetti.

Pogacar e Vingegaard si sono sfidati al Delfinato, con lo sloveno dominante e il danese in crescita
Pogacar e Vingegaard si sono sfidati al Delfinato, con lo sloveno dominante e il danese in crescita
Quale il primo?

La necessità di partire senza memoria. E’ un po’ una provocazione: dirsi di restare nel presente, anche se fino a ieri le hai sempre buscate. Riparti con le stesse possibilità di darle, piuttosto che con la rassegnazione di prenderle ogni giorno. Devi fare sì che la testa non diventi un limite, perché se pensi che ogni giorno il rivale ti ha dato 3 minuti, sei morto. Devi riuscire a riattivare ogni giorno una nuova pellicola, sennò il rischio di vedere il solito film è altissimo. Magari si ripresenta, perché oggettivamente sei meno forte, però questo è un altro conto.

E il secondo aspetto?

Mi è successo anche in altri sport, magari in situazioni in cui hai l’atleta che cresce e che affronta grandi campioni o atleti che gli sono sempre state superiori. E allora dico ai miei atleti che l’avversario non deve avere un nome. A volte si potrebbe dare di più, ma c’è quello che in psicologia si chiama “senso di impotenza acquisito”.

Vale a dire?

Sei tu che ti dici: ci ho sempre provato e non ha funzionato perché l’altro è sempre stato superiore. Quindi se fa uno scatto, non lo segui con la stessa convinzione, come faresti se fosse un’altra persona che consideri più vicina a te in termini di livello. Per questo dico sempre di togliergli il viso e di pensare che hai davanti un avversario su cui non devi avere pregiudizi di alcun tipo. Non si lotta per il secondo posto, ma se vogliamo vincere, stringiamo i denti per seguirlo quando scatterà. E’ chiaro che stiamo parlando di due atleti di altissimo livello…

Il quarto posto nella crono del Delfinato ha infastidito Pogacar e non poco…
Il quarto posto nella crono del Delfinato ha infastidito Pogacar e non poco…
Quindi?

Quindi magari puoi focalizzarti sul fatto che sia proprio l’altro che ti fa uscire l’aggressività in più che non avresti con un altro avversario. Sono meccanismi che ti danno un click in più, permettono di accedere a qualche percentuale supplementare di grinta. Però, in linea generale, soprattutto parlando di coloro che stanno costruendo la loro efficacia e la loro fiducia, dobbiamo ragionare nell’ottica di dire che a me non interessa chi sia il mio avversario, soprattutto per quelli che sono in fase di crescita. Anno dopo anno, non sai mai quanto cresci. E magari gente che era lontanissima, l’anno dopo si avvicina molto di più. Oppure riesci a battere le persone che vedevi in televisione fino a qualche anno prima e ora sono i tuoi avversari. Se inizi a subire questo ti po di pressione, il rischio è che tu non riesca a esprimerti al 100 per cento. Sappiamo bene tutti che c’è dietro anche un aspetto mediatico, per cui per Vingegaard non si tratta solo di vincere un duello, ma di battere Pogacar. E per l’altro non solo aver vinto, ma averle suonate nuovamente a Vingegaard.

Verso il Tour, Garzelli: «UAE fortissima, Visma più squadra»

19.06.2025
6 min
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In questo Critérium du Dauphiné abbiamo avuto un gustoso antipasto in vista del Tour de France sul fronte delle squadre, con i due squadroni che si daranno battaglia anche a luglio: UAE Emirates e Visma-Lease a Bike. Chiaramente ci riferiamo al grande duello tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.

L’analisi è lunga e articolata, e a farla con noi è Stefano Garzelli. L’ex maglia rosa e oggi commentatore tecnico della Rai ci aiuta a capire che squadre vedremo, i punti di forza e le (poche) debolezze in vista del Tour de France. Chiaramente per le formazioni definitive bisognerà attendere ancora qualche giorno, e ci sarà qualche innesto dal Tour de Suisse, che Garzelli sta seguendo con attenzione.

Al Delfinato si è vista un’ottima Visma, compattissima attorno al suo leader Vingegaard
Al Delfinato si è vista un’ottima Visma, compattissima attorno al suo leader Vingegaard
Stefano, dacci una prima impressione sulle due formazioni. Partiamo dalla Visma?

Partiamo dalla Visma! E’ andata molto bene nel complesso. Sono mancati alcuni momenti, alcuni corridori nei frangenti finali, ed è normalissimo: Jorgenson ha avuto una giornata di crisi e ci sta. Ricordiamoci che eravamo al Delfinato, non già al Tour. Però la corsa l’hanno fatta loro fin dal primo giorno. Su quello strappetto di 800 metri è partito Tullet, poi Jorgenson e infine Vingegaard. Corrono bene, sono uniti e compatti. Immagino che ci sarà l’innesto di Simon Yates e Wout Van Aert. E anche Edoardo Affini. Corridori che alzano il livello di tutta la squadra.

Li vedi equilibrati?

E’ una squadra molto forte, ben organizzata anche in pianura con Van Aert, Affini, Benoot, e forse Campenaerts. In pratica sono tutti capitani! In salita, oltre a Vingegaard, ci saranno Jorgenson, Simon Yates e Sepp Kuss.

Chiaro…

E tutti questi possono ancora migliorare. Jorgenson è una sicurezza, ha avuto solo un giorno difficile. A volte è meglio avere una crisi ora: vuol dire che sei ancora in fase di crescita. Simon Yates? Era stato preso per aiutare Vingegaard al Tour, ma hanno fatto un’imboscata al Giro, convincendo tutti che lo stessero preparando per quello. Invece adesso, sulle ali dell’entusiasmo, andrà fortissimo al Tour… quando dovrà esserci.

E quando dovrà esserci?

Nei momenti chiave in salita. Non tutti i giorni. Questo vuol dire molto anche in termini di energie, specie nervose, per un corridore del suo livello.

Kuss potrà crescere ancora e con le frazioni più lunghe del Tour uscirà alla distanza
Kuss potrà crescere ancora e con le frazioni più lunghe del Tour uscirà alla distanza
E gli altri?

Immagino che cercheranno di tenere Jorgenson in classifica. Van Aert sta bene, al Giro si è ritrovato. Gente come Affini, Campenaerts e Benoot sono una garanzia anche in pianura. La Visma è una squadra fortissima. E sembra che negli ultimi anni abbiano corretto anche alcune situazioni critiche.

A cosa ti riferisci in particolare?

Penso a quel famoso cambio di bicicletta caotico: un corridore a destra, uno a sinistra, uno lungo la strada, l’altro che attraversava… bici che non arrivava. Ora mi sembrano più precisi.

Quale potrà essere secondo te il ruolo di Van Aert? Quello a cui siamo abituati o tornerà a cercare le volate?

Non so se deciderà di buttarsi nelle volate, lo capiremo presto. Anche se il suo obiettivo potrebbe essere la maglia verde. Ma io lo vedo diversamente. Quest’anno la Visma-Lease a Bike vuole vincere il Tour come squadra. L’obiettivo di Vingegaard è un obiettivo collettivo. Penso a Van Aert, ma anche a Simon Yates. Poi Wout, come ha fatto al Giro, potrà togliersi qualche soddisfazione. Avrà segnato 4 o 5 tappe adatte a lui. E la sua presenza tattica è importantissima. L’abbiamo visto sul Colle delle Finestre, ma anche al Tour in passato: i suoi movimenti sono stati decisivi per vincere.

Kuss sarà ancora l’ultimo uomo o avrà un ruolo diverso?

Quando lavorava per Roglic o per Vingegaard e tirava, dietro restavano solo Pogacar e Jonas. Ha vinto una Vuelta… ma anche per lui gli anni passano. Sarà importante, ma forse non più decisivo come tre anni fa. Poi magari mi smentisce! Ma come ultimo uomo vedo più Jorgenson e, in alcune giornate, Simon Yates. O anche Van Aert, a seconda di come andrà la corsa.

UAE Emirates fortissima con alcuni elementi, ma meno dominante del solito nel complesso. Mancano però gli innesti (pesanti) del Tour de Suisse
UAE Emirates fortissima con alcuni elementi, ma meno dominante del solito nel complesso. Mancano però gli innesti (pesanti) del Tour de Suisse
Passiamo alla UAE Emirates. Al Delfinato avevano Pogacar, Novak, Politt, Wellens, Narvaez, Sivakov e Soler.

Fortissimi anche loro. Ma qui c’è il gregario, mentre alla Visma fai fatica a trovarlo. Sono tutti capitani. Analizziamo Marc Soler: al Delfinato era uno dei primi a staccarsi. Secondo me in UAE hanno ancora qualche dubbio sulla formazione finale. E ci sta: puoi fare la squadra, ma poi il corridore per vari motivi non rende. Anche Sivakov non è stato eccezionale. Poi è vero che anche loro devono ancora crescere. Io credo che guarderanno molto il Tour de Suisse.

Lì c’è Almeida che sarà sicuro al Tour. Devono arrivare a otto: al Delfinato erano in sette. Manca Adam Yates…

Provo a fare la formazione: Pogacar, Wellens, Politt, Almeida e Adam Yates sicuri. Anche Narvaez. Siamo a sei. Novak, Soler e Sivakov mi convincono meno. Io inserirei Michael Bjerg: quando va forte, tiene anche in salita. E poi porterei il ragazzo svizzero Jan Christen.

Difficile che lo facciano esordire nei grandi Giri al Tour…

Ma è molto forte e sa tirare bene. Terzo al GP Aargau, lo scorso anno ha controllato oltre mezzo Giro di Lombardia da solo. Comunque dallo Svizzera, oltre ad Almeida, penso arriverà Bjerg. Poi vedremo uno tra Soler e Novak. Bisogna capire perché Soler ha reso meno: magari ha avuto un virus intestinale. Io mi baso su quello che ho visto in corsa. In alternativa porterei Del Toro o Ayuso!

Non dimentichiamo che in rosa e in corsa al Tour de Suisse c’è anche Grossschartner…

Però a quel punto meglio Bjerg. Altrimenti in pianura sarebbero leggeri. E’ vero che Narvaez si muove bene, ma muoversi è una cosa, tirare per chiudere un ventaglio è un’altra. Quindi dico: Pogacar, Almeida, Adam Yates, Narvaez, Sivakov, Wellens, Politt e Bjerg.

Wellens e Narvaez hanno dimostrato di saper fare accellerazioni devastanti
Wellens e Narvaez hanno dimostrato di saper fare accellerazioni devastanti
Come hai visto muoversi la UAE al Delfinato?

Bene, ma gli altri mi hanno dato più compattezza di squadra. Per carità, hanno grandi corridori. Oltre a Pogacar, basta nominare Jonathan Narvaez o Tim Wellens. Il giorno di Combloux, quando Tim tirato in salita, erano rimasti in otto. L’accelerata l’ha data Narvaez su ordine di Pogacar. Tadej avrà detto: “Fai male a me. Perché se fai male a me, fai male a tutti”. Ora Pogacar ha capito che quelle accelerazioni violente all’inizio salita chiedono il conto alle gambe di Vingegaard. Per quello attacca subito.

Interessante. Li manda in acido e poi se la giocano sul passo…

I rivali hanno visto questa tattica e cercheranno di migliorare su quel tipo di sforzo. Poi è chiaro: se migliora anche Tadej, cosa puoi fare? Se uno ti fa 480 watt per 20 minuti, come lo batti? Tuttavia Vingegaard non è lontano. Per me ha lavorato per avere ancora margini, altrimenti non avrebbe fatto quella crono.

Spiegati meglio…

Voglio dire che sta già bene, ma gli mancano dei lavori specifici per resistere all’accelerazione violenta di Pogacar in salita. E quelli li fai adesso. Ora Vingegaard torna in quota: lui e la squadra hanno ancora due settimane di lavoro. Ripenso anche all’accelerazione in pianura nella prima tappa: per me è in “work in progress”. La parte finale del Tour è fra più di un mese. E’ presto per essere già al top. Parlo in base alla mia esperienza.

Se Narvaez può garantire quelle strappate, chi può farle in casa Visma?

Dipende dalla tappa. Quel giorno al Delfinato è arrivato un gruppetto e le tappe erano corte. In molti le soffrono. In tappe più lunghe cambia tutto. Quelle strappate potrebbe farle Simon Yates. Ma per queste accelerazioni e tattiche bisogna vedere come stanno le gambe dopo 13, 14, 18 tappe e 200 chilometri: è tutta un’altra storia.

Tanta Francia al Delfinato: vince Martinez, saluta Bardet

15.06.2025
5 min
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Romain Bardet arriva al 43° posto nell’ultima tappa del Delfinato e quando taglia il traguardo, le sue prime parole danno la misura del peso interiore che deve essere stato per il ragazzo di Brioude disputare la corsa sapendo che fosse l’ultima.

«Non vedevo l’ora che finisse – ha detto a caldo –  sono esausto, sinceramente. Ho resistito fino in cima all’ultima salita, per avere il piacere di farla con Chris Hamilton e godermela un’ultima volta. Non sopporto più di soffrire per il 15° posto. Ho dato tutto e ora sento che il serbatoio è vuoto. Sarò felice di essere di nuovo con la mia squadra e di non dover pensare alla prossima gara domani o dopodomani».

La fuga dei delusi

Per un grande francese che se ne va, eccone un altro piccolino di statura ma dalle grandi prospettive. Lenny Martinez ha resistito infatti sull’ultima salita e ha vinto la tappa sul Plateau del Moncenisio, a due passi dall’Italia.

Il giovane figlio d’arte della Bahrain Victorious si era infilato di mattino in una fuga di delusi, dopo aver perso più di 35 minuti nella tappa di ieri. Con lui all’attacco si sono ritrovati alcuni nomi importanti e forse questo ha permesso al tentativo di arrivare avanti quanto bastava. Van Gils, Kuss, Foss, Valentin Paret-Peintre, Armirail, Healy, Mas, Ivan Romeo, Lutsenko e persino Van der Poel. Con un gruppo di gente così forte e la tappa piuttosto corta ancorché severa (3.531 i metri di dislivello), Martinez ha giocato ottimamente le sue carte.

«Non mi aspettavo molto oggi – ha detto – e solo alla fine della tappa ho creduto davvero di poter vincere. Pensavo davvero che mi avrebbero raggiunto».

Evenepoel all’attacco

Va così quando alle tue spalle si danno battaglia Vingegaard e Pogacar, ma questa volta i duellanti non sono riusciti a riprendere l’ultimo attaccante

Il campione del mondo e il danese sono presto rimasti da soli, mentre era stato Evenepoel in precedenza il primo a sferrare un attacco deciso nel gruppo maglia gialla. Il belga, seguito solo dai primi due della classifica generale e da Johannessen, non è però riuscito a guadagnare abbastanza per superare Lipowitz in classifica generale, lasciandogli il terzo posto.

Dopo il duro lavoro di Evenepoel, Vingegaard ha cercato di staccare Pogacar, ma lo sloveno ha tenuto facilmente il passo fino al traguardo, dove il danese ha accelerato per conquistare il secondo posto di tappa.

Una scena dal Delfinato cui dovremo prepararci per il Tour: Vingegaard attacca, Pogacar non lo molla
Una scena dal Delfinato cui dovremo prepararci per il Tour: Vingegaard attacca, Pogacar non lo molla

Le lacrime di Martinez

La brutta notizia per i francesi è la caduta di Seixas, coinvolto in un incidente di gruppo a 10 chilometri dall’arrivo. Nonostante il forte colpo al braccio e la rottura del manubrio, il ragazzino ha concluso 13° di tappa e 8° nella generale. La sua caduta non ha però guastato la festa ai francesi, in festa con Martinez, che sul traguardo non ha trattenuto le lacrime.

«Ieri non mi sentivo proprio bene – ha raccontato – e anche i giorni precedenti non erano andati benissimo. Però alla partenza ho avuto sensazioni migliori, quindi mi sono detto che avrei provato a unirmi alla fuga. Quando è partito Van der Poel a 50 chilometri dall’arrivo, ho pensato che potesse vincere lui e che il gruppo avrebbe ripreso tutti noi. Ero venuto al Delfinato per lottare per la classifica generale, ma non ha funzionato: con questa vittoria ho salvato la settimana. La prossima corsa sarà il Tour de France, ma non punto alla classifica generale. Vorrei però vincere una tappa».

Una vittoria che dà grande morale a Martinez, al primo anno con la Bahrain Victorious
Una vittoria che dà grande morale a Martinez, al primo anno con la Bahrain Victorious

Pogacar e la crono

C’è il Tour che bussa forte alla porta. E mentre dal Giro di Svizzera arriva la notizia di un altro francese sugli scudi, con Romain Gregoire arrivato da solo davanti a Vauquelin, Pogacar si guarda intorno e fa la sintesi della settimana trionfale appena conclusa. E ancora una volta si conferma che il passo a vuoto nella crono lo ha infastidito non poco.

«Mi ricordavo questa corsa dal 2020 – ha detto – e tornare dopo così tanti anni in questa forma poco prima del Tour de France mi rende davvero felice. E’ importante soprattutto per il morale, dato che il Tour è l’obiettivo più grande della stagione. E’ una spinta mentale per me e per la squadra, per convincerci che possiamo fare altri progressi. Non andrò ai campionati nazionali, perché mi costringerebbero a scendere troppo presto dall’altura. Per cui ora faremo un buon riposo e poi forse dovremmo puntare un po’ sulla cronometro, perché il distacco dell’altro giorno mi è parso troppo grande. E’ vero che poi c’erano le salite per recuperare, ma comunque non bisogna mai dare certe cose per scontate».