La rivolta di Moser: «A chi piace il ciclismo senza scontri?»

31.03.2024
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Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?

Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.

Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…

Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.

Hai usato il verbo “schivare”.

Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.

Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…

Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.

Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?

Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.

Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.

Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…

In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppa del mondo e funzionava molto bene…

Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.

La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioni
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!

Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.

Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?

Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.

Oggi freschezza e prima sfinimento?

In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.

La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testa
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?

Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.

Chi vince il Fiandre?

Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!

La Tirreno di Ayuso vista con gli occhi di Baldato

15.03.2024
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La Tirreno-Adriatico vinta da Jonas Vigegaard ha lasciato pochi dubbi su chi sia stato il più forte. Il danese ha colto le occasioni, vinto e convinto sulle strade della Corsa dei Due Mari, agli avversari è rimasto poco o nulla. Uno dei più combattivi, insieme a Jay Hindley, è stato Juan Ayuso. Il giovane spagnolo, classe 2000, ha messo tutto se stesso sulle strade, provando a contrastare lo strapotere della Visma – Lease a Bike. In ammiraglia, al suo seguito, c’era Fabio Baldato, il diesse lo ha visto, ci ha parlato tutti i giorni. E’ il miglior interlocutore per tirare una somma finale rispetto alla corsa fatta da Ayuso. 

«Eravamo partiti con l’intenzione di fare bene – racconta Baldato che in questo momento si trova già in Belgio per le prossime corse – Ayuso ha fatto un avvicinamento promettente. Ha vinto in Francia alla Faun Ardeche, è arrivato secondo alla Drome Ardeche e poi terzo al Laigueglia. Insomma, che stesse bene si capiva».

Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari
Nella cronometro di Camaiore Ayuso ha massimizzato il vantaggio nei confronti degli avversari

Crono preparata

La prestazione a cronometro di Ayuso, sulle strade di Camaiore, dove ha preceduto Ganna per un solo secondo, ha stupito sì, ma non troppo. L’obiettivo del UAE Team Emirates era quello di partire forte fin da subito, andando a guadagnare il più possibile sugli avversari.

«Nella cronometro – afferma Baldato – volevamo guadagnare tempo, soprattutto su Vingegaard, infatti Ayuso ha fatto una prestazione perfetta. Farlo partire così presto era per evitare la pioggia, poi abbiamo avuto anche un po’ di fortuna. Le ultime gocce sono cadute proprio dieci minuti prima che partisse, quindi la strada non era così bagnata. Questo ha fatto la differenza, ha potuto spingere di più in curva, anche se il divario, minimo, con Ganna lo ha determinato il vento. Vincere è stata una piacevole sorpresa».

Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Il podio finale della Tirreno: Vingegaard ha regolato Ayuso e Hindley
Per il resto com’è andata la Tirreno?

Come ci aspettavamo Vingegaard era di un altro livello, è un ragazzo che non si può sottovalutare. Noi abbiamo fatto la nostra corsa, fino a quando la maglia è stata in casa ci siamo presi le responsabilità, anche nelle tappe piatte. Nei primi quattro giorni ci siamo messi a controllare bene, tirando spesso il gruppo. 

Poi sono arrivate le salite.

Si è visto come Vingegaard sia di un altro pianeta, nella prima tappa dura (la quinta, ndr) Ayuso ha pagato un po’ di più. Mentre il giorno dopo, nella frazione con arrivo a Monte Petrano, ha tenuto più botta, perdendo solo 26 secondi. 

A quale livello si è presentato Ayuso?

Ha ancora margini di crescita, non ha preparato la Tirreno come un obiettivo principe, facendo quindi altura, casa e poi gara. Ma ha corso prima, quindi non si è risparmiato, come dimostrano i risultati. E’ arrivato in forma, ma non al top. Vingegaard arrivava dal Gran Camino, che aveva dominato. Mentre per Ayuso era la prima corsa a tappe. 

Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Ayuso ha raccolto tanti risultati di rilievo a inizio stagione qui al Laigueglia dove ha fatto terzo
Vigegaard è andato davvero forte, vi spaventa anche in ottica futura?

Si tratta del miglior scalatore al mondo al momento, ma non siamo privi di soluzioni. Abbiamo una squadra forte, che può contrastarlo. Per come ne parlate sembra che Ayuso dovesse dare un minuto in salita a Vingegaard ma non può essere così. Il danese ha vinto due Tour, Juan è arrivato terzo in una Vuelta. Poi hanno due età diverse, Juan è giovane e di margini ne ha ancora tanti. 

Ayuso si è trovato spesso gomito a gomito con Hindley…

Quello è stato un confronto più confortante, dove il nostro ragazzo ha tenuto testa ad un corridore che ha vinto un Giro d’Italia. Noi abbiamo raccolto il massimo, secondo me, considerando anche le defezioni dell’ultimo minuto. 

Chi?

Nel piano originale avremmo dovuto portare Adam Yates, ma la caduta al UAE Tour ce lo ha impedito. Con lui, che avrebbe potuto provare a seguire Vingegaard in salita avremmo potuto fare una corsa diversa. Con un vantaggio numerico (Ayuso e Yates contro Vingegaard) avremmo potuto giocare diversamente. 

Al posto di Yates è venuto Del Toro, che ha fatto una grande prova.

Bisogna fargli una statua. Non è da tutti essere chiamati all’ultimo e farsi trovare pronti, soprattutto da così giovani. Ha dato una grande mano ad Ayuso, specialmente nella tappa di Valle Castellana dove ha tirato il gruppo inseguitore. 

Con Ayuso che bilancio avete fatto a fine corsa?

Ottimo. Con la Tirreno conclusa Ayuso è il corridore con il maggior numero di punti in questo momento. Poi da domani magari la classifica cambierà, però in un ciclismo che guarda anche i numeri è un ottimo segnale. Cresce e migliora, non serve mettere fretta, ci pensa lui stesso. 

In che senso?

Pretende tanto dalle sue qualità. E’ un vincente, vuole arrivare ed è convinto di poterlo fare. Ora Vingegaard è un gradino sopra, ma l’obiettivo di Ayuso è quello di salirlo.

Malori e il casco vietato ad Evenepoel: assenza di logica

15.03.2024
6 min
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«La cosa brutta è che adesso uno non potrà usare il casco con cui ha fatto tutti i test e con cui ha vinto il mondiale, gli altri invece non cambieranno niente. E visto che si giocheranno il Tour, poi forse le Olimpiadi e il mondiale, non lo trovo tanto giusto. Anzi, direi che mi fa proprio… arrabbiare».

Quando sei stato cronoman e poi sei diventato ambassador di varie aziende, ti viene facile capire che cosa significhi vedersi negare da un momento all’altro l’utilizzo di un componente per il quale avevi studiato e su cui avevi investito. Così quando Adriano Malori affronta il tema dei caschi da crono prima autorizzati e poi negati, ha un moto di stizza facilmente comprensibile. Lui che sulla crono ha costruito la sua notorietà è passato attraverso la fase dei caschi… fasulli, costruiti solo per aerodinamica. Poi però ha visto arrivare quelli sicuri e anche veloci. L’ultimo step, con il divieto del sotto casco Specialized e la messa in discussione di quelli della EF, del Bahrain e della Visma, non gli va davvero giù.

Cominciamo dal casco di Specialized, che è stato vietato. Ti piaceva?

Non è tanto un fatto di gusto, anche se credo che la decisione dopo la crono della Tirreno sia stata dettata solo dai commenti di certi tifosi che giudicano l’aspetto e non la sostanza. In questi ambiti dovrebbe essere un fatto di utilità e loro sono certi che serva. Hanno fatto i loro test, anche se come ogni cosa in questo ambito, è tutto legato alla posizione dell’atleta. Per Remco (Evenepoel, nella foto di apertura, ndr) di certo funziona. Lui ha la capacità di tenere la posizione aerodinamica e quindi, dato che tiene la testa come deve e l’aria scivola dalla zona del mento al collo, il sistema funziona. Se invece prendiamo Vlasov, che tiene la testa alta per guardare avanti, allora l’utilità di quella strana cuffia viene meno. Come facessero poi a usarlo con 40 gradi, sono fatti loro…

Questo il casco Giro della Visma-Lease a Bike sotto osservazione: il problema è solo la sua estetica?
Questo il casco Giro della Visma-Lease a Bike sotto osservazione: il problema è solo la sua estetica?
Singolare che prima lo abbiano approvato e poi vietato.

Come dicevo, sembra quasi che gli ultimi visti alla Tirreno li abbiano messi in discussione perché la gente ha fatto dei commenti strani. Perché loro, l’UCI, di fatto li aveva autorizzati in anticipo, per il fatto di dover correre con gli stessi materiali che è possibile trovare in commercio. La cosa buffa è che alla partenza di ogni cronometro ci sono dei giudici UCI. Se loro hanno detto che Vingegaard poteva correre con quel casco e che la Bahrain poteva usarlo, non capisco perché l’UCI adesso dica di voler riaprire il fascicolo.

Il casco deve essere esclusivamente un dispositivo di sicurezza, giusto?

Il regolamento dice questo, ma non credo che le aziende mettano fuori dei caschi che non proteggono l’atleta. Assolutamente no. Figurarsi a livello commerciale, toccando ferro, cosa accadrebbe se Vingegaard cadesse e si spaccasse la testa perché il casco non ha retto l’impatto… Per chi lo produce sarebbe un colpo mortale, non venderebbe più un solo casco. Mi ricordo che anni fa, quando ancora correvo, i modelli da cronometro li facevano con la calotta senza il polistirolo dentro: ricordate? Era il 2008 o 2009 e tra l’altro il casco con cui ho vinto il mondiale U23 ce l’ho ancora in studio e dentro non ha protezioni. Ha solo due cuscinetti. In quel caso sarebbe stato giusto vietarlo. Ma visti i caschi in questione, trovo illogico che li vogliano fermare. E’ come per il peso delle biciclette e ogni altro sviluppo…

Il casco con cui Malori vinse il mondiale U23 di Varese era effettivamente privo di grandi protezioni
Il casco con cui Malori vinse il mondiale U23 di Varese era effettivamente privo di grandi protezioni
Vale a dire?

Facciamo un esempio. Nella MotoGP ci sono delle moto che sono delle macchine come la Formula Uno. Hanno alettoni e ali, tanto che ai puristi son sembrano più neanche delle moto. Però mi sembra che lo sviluppo vada davanti lo stesso. E allora perché qui devi proibire un mezzo che aiuta la performance, senza pregiudicare la sicurezza? Il discorso di renderlo accessibile a tutti è preservato, perché non credo che un casco così avrà un costo proibitivo. Un casco da crono costa come uno da strada. Invece l’UCI si è mossa per far vedere a tutti che comandano loro. E le cose restano ferme con il nodo per il peso della bicicletta…

I famosi 6,8 chili…

Un limite che ormai è vecchio più di 20 anni, forse 25. Non ero ancora professionista (Adriano passò nel 2010, ndr) e già c’era quella regola. Adesso ci sono le biciclette che hanno i freni a disco, dei materiali che fanno paura e nuovi studi, come abbiamo visto per esempio con Ganna per il Record dell’Ora. Per quale motivo un’azienda dovrebbe investire se ha sempre quel limite? E se anche fossi un amatore e la volessi più leggera, partecipando a qualche gran fondo internazionale, sarei passibile di squalifica. E allora la ricerca si ferma e questo non è un bene.

Questo il casco Rudy Project della Bahrain Victorious: ugualmente sotto la lente
Questo il casco Rudy Project della Bahrain Victorious: ugualmente sotto la lente
Mettiti un attimo nella testa di Remco, che ha fatto tutti i test in galleria del vento per ottenere del margine con quel caso, come ti sentiresti ora che te l’hanno tolto?

Mi girerebbero le scatole. Come se quando correvo alla Movistar e la nostra Canyon era una bici da crono pazzesca, arrivava qualcuno e mi vietava di usarla, dopo che ci avevo corso e vinto per un anno. Sono passaggi che non capisco, non c’è in ballo la sicurezza. Le crono dovrebbero essere il banco di prova della ricerca. Le aziende non fatturano poi molto con quelle bici, non ne vendono poi molte, no? Pinarello fa un telaio allo Scandio per il record dell’Ora, ci studia, il record viene e ne ottiene una bella immagine. Logicamente se lo studio viene fermato, tutto si appiattisce.

Con i caschi è lo stesso?

E lo stesso accade con i caschi. Quelli da crono dovrebbero essere un bel terreno di studio e di sviluppo, perché il casco da strada comunque è quello. Anzi, se posso permettermi, si mettono di mezzo nelle crono e poi permettono alla EF di correre su strada con un casco da cronometro. Lo avete visto quello con cui ha vinto Bettiol alla Milano-Torino? E’ un casco che usano anche le donne su strada, ma di fatto quello è un casco da crono. Sapete cosa mi dà fastidio?

Bettiol vince la Milano-Torino con il casco Procen di Poc, nato per le crono
Bettiol vince la Milano-Torino con il casco Procen di Poc, nato per le crono

Cosa?

Hanno fatto meno storie a fare entrare i dischi sulle bici da strada in gara, che sono delle lame che girano. Mi ricordo il caso di Ventoso, che correva con me e che hanno insabbiato. Fran si è aperto il ginocchio per un disco, ma dietro i caschi non ci sono gli interessi che c’erano dietro i dischi. E allora si spiega tutto, perché alla fine è un fatto di potere e di soldi. E i corridori stanno in mezzo.

Continental, con le Classiche italiane cresce la voglia di ciclismo

14.03.2024
3 min
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Il legame che unisce il marchio Continental alle grandi corse che si svolgono in Italia si arricchisce oggi di un nuovo capitolo. Il brand tedesco è infatti Official Supplier delle grandi Classiche del ciclismo italiano firmate RCS Sport. Stiamo parlando della Strade Bianche, vinta, anzi stravinta da Pogacar, della Tirreno–Adriatico che ha visto il trionfo di Vingegaard, della Milano – Torino di ieri con la vittoria di Alberto Bettiol.

Quest’ultima corsa ha rappresentato una sorta di “antipasto” per la Milano–Sanremo di sabato prossimo. Dopo l’estate, il calendario delle corse che vedranno protagonista Continental come Official Supplier si chiuderà con il Gran Piemonte e Il Lombardia, rispettivamente il 10 e il 12 ottobre.

Continental fornisce gli pneumatici alle macchine di RCS Sport al seguito delle corse
Continental fornisce gli pneumatici alle macchine di RCS Sport al seguito delle corse

In mezzo al Giro

Fra Milano-Sanremo e Il Lombardia, le due Classiche che aprono e chiudono il calendario delle corse “Monumento”, ci sarà il Giro d’Italia che vedrà Continental ancora grande protagonista questa volta nel ruolo di Top Sponsor della Corsa Rosa.

Il brand tedesco avrà un ruolo di rilievo anche al Giro-E come sponsor di maglia e con un proprio team che potrà contare su un capitano davvero speciale. Stiamo parlando di Damiano Cunego che nella sua carriera è stato capace di vincere un Giro d’Italia e ben tre Lombardia.

Le vetture RCS monteranno pneumatici AllSeasonContact 2
Le vetture RCS monteranno pneumatici AllSeasonContact 2

Il meglio di Continental

In occasione di tutte le Classiche firmate RCS Sport, la flotta ufficiale delle vetture Toyota sarà equipaggiata con l’AllSeasonContact 2. Si tratta di un prodotto di ultima generazione in grado di garantire elevate percorrenze e una guida sicura in tutte le condizioni atmosferiche. L’ultima generazione del prodotto all-season di Continental è infatti dotata delle più recenti tecnologie che garantiscono una resa chilometrica senza precedenti e di assoluto rilievo nella categoria dei prodotti 4 stagioni.

Oltre a questo, AllSeasonContact 2 è perfetto anche per i veicoli elettrici, come certificato dalla marcatura EV sul fianco. Assicura inoltre un comfort di guida ottimizzato, una ridotta rumorosità e un disegno del battistrada innovativo che permette un ottimale drenaggio dell’acqua e un’aderenza eccezionale su ogni superficie. 

Damiano Cunego sarà capitano del team Continental al Giro-E (foto RCS Sport)
Damiano Cunego sarà capitano del team Continental al Giro-E (foto RCS Sport)

Numeri importanti

Oggi Continental è presente in 57 Paesi in tutto il mondo. La divisione Pneumatici conta 20 siti di produzione e 16 di sviluppo. Con i suoi 57.000 dipendenti, Continental si colloca tra i leader delle tecnologie di produzione di pneumatici con un’ampia gamma di prodotti per autovetture, veicoli commerciali e due ruote. Tutto ciò è reso possibile a continui investimenti in ricerca e sviluppo. Continental garantisce un importante contributo alla mobilità sicura, economica ed ecologicamente efficiente. 

Continental

Vingegaard firma una super primavera e avvisa Roglic

13.03.2024
5 min
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Vingegaard se ne è andato da San Benedetto portando con sé la settima vittoria stagionale e il tridente di Nettuno, con cui viene premiato il re dei Due Mari. Scherzando a corsa finita, l’ha definito uno dei premi più belli e singolari da aggiungere alla sua collezione, perché lo lega al precedente lavoro al banco del pesce. La prossima sfida del danese sarà il Giro dei Paesi Baschi, vinto l’anno scorso su Landa e Izagirre.

Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori
Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori

Prima il Tour

Nei giorni della Tirreno-Adriatico hanno provato tutti a fargli dire che verrà a correre il Giro, ma due aspetti sono stati palesi: la sua grande educazione nel rispondere sempre in modo affabile e l’intenzione di restare legato al Tour per tutto il tempo che sentirà di poterlo vincere. Nel giorno finale della Tirreno, lo stesso in cui Jorgenson vinceva la Parigi-Nizza, Vingegaard è parso allegro e più spiritoso del solito.

«E’ un giorno fantastico per la nostra squadra – ha detto – con Matteo che vince alla Parigi-Nizza e io qui. Immagino che non potrebbe andare meglio per noi. Siamo arrivati molto pronti a questi appuntamenti. Abbiamo fatto una buona base durante l’inverno e poi siamo appena scesi dal ritiro in altura, dove abbiamo fatto un sacco di duro lavoro. Ho visto quanto ha lavorato Matteo lassù, quindi ero sicuro che avesse un livello altissimo e che fosse in grado di fare qualcosa di veramente buono in Francia. Questo mi dà molta fiducia. Si è detto che senza Van Aert e Roglic al Tour potremmo essere meno forti, ma vedere i compagni vincere dà fiducia e convinzione che possiamo lottare di nuovo per la vittoria. Mi piace correre in Italia. Mi piacciono i posti, le strade, il tifo e i tifosi. Non escludo che un giorno io venga al Giro, ma finché potrò vincere il Tour, il mio obiettivo sarà quello».

Il trofeo della Tirreno-Adriatico è un singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce
Il trofeo della Tirreno è il singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce

Roglic, un rivale

La sfida del Tour sarà come al solito roboante e di altissimo livello. Non è sfuggito, anche perché lo ha fatto notare lo stesso Vingegaard, che la sua squadra si ritroverà senza Van Aert e Van Hooydonck, che lo scorso anno fecero la loro parte, e senza Roglic, che è diventato un avversario. Il primo confronto fra i due è ormai alle porte. Si sfideranno ai Paesi Baschi, che Primoz ha vinto nel 2018 e nel 2021, mentre Jonas ne è appunto il vincitore uscente.

«E’ sarà un po’ strano, credo – dice – perché ho corso nella sua stessa squadra negli ultimi cinque anni, quindi correre contro di lui sarà una sensazione davvero particolare. Però dovrò sforzarmi di considerarlo un avversario come chiunque altro. Come Remco, come Ayuso, come Pogacar. Immagino che una volta capito questo, non cambierà molto».

La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour
La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour

Colonna Jorgenson

L’arrivo di Jorgenson e la sua capacità di esprimersi a un livello così alto in qualche maniera lo solleva. Quando si arriva alla fine di un ciclo come quello di Roglic, occorre ricrearsi subito dei punti di appoggio e l’americano ha tutti i requisiti per diventarlo.

«Sono stato in stanza con lui a Tenerife per tre settimane – spiega Vingegaard – ed è un ragazzo davvero eccezionale. E’ calmo e molto professionale, non è difficile stare con lui. Penso che si adatti molto bene alla nostra squadra in ogni aspetto, per gli allenamenti e l’alimentazione. Ha fatto un grande passo quest’inverno e penso che tutti possano rendersene conto. Non che prima fosse un cattivo corridore, perché ricordo che l’anno scorso alla Parigi-Nizza, nell’ultima tappa facevo fatica a seguirlo. E quando ho saputo che lo avevano ingaggiato, ho detto subito che era un ottimo acquisto e lui lo ha già dimostrato».

Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»
Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»

Gestendo lo sforzo

Lo vogliamo al Giro e lo vogliamo assolutamente alle classiche. Nei giorni precedenti Vingegaard ha dovuto smarcarsi anche da domande sulla Liegi: sono corse che gli piacciono, ma si resta fedeli alle scelte fatte con i necessari elementi nelle mani.

«Stessa cosa per le Olimpiadi – dice Vingegaard – sarei anche pronto a farle. Ma quando guardo le possibilità e la quantità di corridori che possiamo portare, capisco che per me sarebbe molto difficile fare la selezione, su un percorso che mi si addice davvero poco. Penso che in Danimarca abbiamo tanti corridori di qualità che meritano più di me di andare alle Olimpiadi. Quindi si può dire che sarei felice di andare, ma dubito che lo farò. Diverso invece il discorso dei mondiali di Zurigo, che in teoria sono molto più adatti. Quella è un’opzione che dobbiamo ancora studiare, perché non abbiamo ancora deciso quale sarà il mio programma dopo il Tour. La Tirreno mi ha dato buone sensazioni, ma non posso dire di essere andato davvero a fondo nello sforzo. Monte Petrano è stato una scalata molto dura, ma non sempre è necessario andare al massimo. Adesso torno a casa con il mio trofeo e fino ai Paesi Baschi non andrò nuovamente in altura, starò al livello del mare».

Fa un sorriso per il riferimento alla Corsa dei Due Mari e poi prima di andarsene si presta a piccoli video per gli uomini di RCS Sport. Con sette vittorie collezionate in undici giorni di corsa, si capisce bene che l’umore sia lieve. E il bello è che la stagione vera non è ancora cominciata.

Due cardini e tanta qualità attorno: la Visma secondo Belli

11.03.2024
5 min
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A volte della Visma-Lease a Bike e persino della UAE Emirates, vale a dire la seconda e la prima squadra del ranking UCI, è stato detto che senza i campioni di vertice sono poco vincenti. Ma è davvero così? Se della squadra di Pogacar abbiamo già parlato, stavolta con Wladimir Belli ci concentriamo sui “calabroni” olandesi.

L’ex professionista e oggi commentatore tecnico di Eurosport è convinto che la Visma abbia due cardini, ma intorno la qualità c’è. Ed è tanta. Inoltre la squadra di Richard Plugge si sa anche rinnovare. La prova freschissima è Matteo Jorgenson, nuovo acquisto, che ha vinto la Parigi-Nizza.

In più aggiungiamo un dato che parla della crescita e della “rosa profonda”: nel 2023 la Visma ha vinto con 14 corridori diversi, la UAE con 17.

Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007
Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007

Due cardini

«La Visma-Lease a Bike – dice Belli – è impostata su due grandi corridori: Wout Van Aert per le classiche e Jonas Vingegaard per le corse a tappe. Certamente questi sono i fari, ma intorno ci sono tanti altri ottimi corridori. Hanno Laporte, che ha vinto la Gand anche se con l’aiuto di Van Aert ed è campione europeo.

«E poi anche se dovessero vincere “solo” una classica monumento con Van Aert e il Tour con Vingegaard sono a posto per l’intera stagione. Magari in tal senso Van Aert dovrebbe essere un filino più vincente. Perché lui c’è sempre, s’impegna, ma poi quell’altro, Van der Poel, è un cecchino e vince».

E’ chiaro che con corridori così tanto più forti e che danno garanzie – si veda Vingegaard, ma anche Pogacar – i compagni anche se sono dei campioni si ritrovano a fare i gregari. Ed è uno dei motivi per cui Roglic ha deciso di cambiare squadra. Alla Tirreno abbiamo visto tirare da lontano Kruijswijk e Van Baarle, gente che è salita sui podi di grandi Giri o ha vinto la Roubaix. Ci sta che poi certi campioni inevitabilmente catalizzino l’attenzione.

Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza. Altra doppietta Visma-Lease a Bike
Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza

Rendere al massimo

Belli poi tocca un altro paio di tasti davvero importanti: la capacità di rinnovare la squadra e soprattutto quella di fare rendere al meglio i corridori. Questo è possibile con una buona campagna acquisti e con un settore giovanile molto curato, anche nella ricerca dei talenti. Abbiamo visto per esempio il fondista norvegese Jorgen Nordhagen.

«La Visma è una squadra – prosegue Belli – che quando prende i corridori gli riesce a far fare il salto di qualità. Penso per esempio a Laporte. Alla Cofidis non era così, andava forte, ma non in questo modo e con questa costanza. Un altro esempio recente è Jorgenson. Alla Movistar era un giovane di buone prospettive, qui è già un vincente. E credo sarà la stessa cosa con Cian Uijtdebroeks. E poi hanno Koij, Tulett…

«Però, questo aspetto vale per un po’ tutti i top team attuali. La Ineos-Grenadiers in questo momento sta facendo un po’ più di fatica, ma di base stanno lavorando bene con i giovani. UAE Emirates solo quest’anno ha messo dentro Morgado e Del Toro e guardate come vanno».

Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli
Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli

Forza e tattiche moderne  

Un altro aspetto che può indurre al pensiero “oltre i grandi niente”, c’è anche il modo di correre di queste squadre. Ma se tocchiamo questo tasto in qualche modo torniamo al punto di prima: vale a dire che è “normale” che campioni di un certo calibro finiscano per catalizzare attenzioni ed energie.

Con un Vingegaard in questa condizione come si fa a lavorare per un Uijtdebroeks? La differenza è troppo netta. Le garanzie che dà il danese troppo superiori. E c’è un altro aspetto: i punti UCI oggi sono vitali.

«Il ciclismo è cambiato – spiega Belli – guardiamo alla frazione del Petrano. Se fosse stata disputata ai miei tempi e io fossi stato in maglia, tanto più dopo aver già vinto una tappa, avrei lasciato andare la fuga. Avrei lasciato tirare altri e se proprio si presentava l’occasione magari avrei pensato alla tappa. Vingegaard invece ha voluto vincere lo stesso. E forse è anche giusto. Il pubblico vuole lo spettacolo, vuole i migliori e non la corsa nella corsa. A Campo Imperatore lo scorso anno aspettavano i big».

Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore
Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore

Troppo forti?

Non sempre però essere i più forti, corrisponde ad adottare le tattiche migliori. Pensiamo alla Omloop Het Nieuswblad. La Visma-Lease a Bike, come ci ha raccontato anche Affini, ha lavorato alla perfezione fino all’esplosione della corsa e dei ventagli, ma poi ha rischiato di perdere. Alla fine davanti erano due: Tratnik (Visma) e Politt (UAE). Avevano il 50 per cento di possibilità a testa, mentre la Visma era nettamente più forte.

«Succede anche questo – commenta Belli – quel giorno magari gli è andata di lusso, ma… Primo: avevano talmente tanta energia più degli altri che avrebbero vinto con altri corridori. Secondo: questo è il vantaggio di avere comunque un Van Aert in gara. Se lui è tanto marcato, si può dare spazio ad altri e correre di rimessa».

Due bici, due giorni, due vittorie: la strategia di Vingegaard

11.03.2024
5 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dopo la vittoria sul Monte Petrano, la seconda consecutiva, Vingegaard ha spiegato brevemente di aver cambiato bici, utilizzando questa volta la Cervélo R5, perché il percorso più duro richiedeva una bici da scalatori. E ha poi aggiunto che si era trattato di una scelta condivisa fra lui e la squadra.

Visto che lo scorso anno, ugualmente alla Tirreno-Adriatico, Roglic aveva seguito la stessa strategia tecnica, abbiamo intercettato Vingegaard alla firma di partenza per farci raccontare le differenze tecniche e le scelte al riguardo.

La Tirreno è la quarta gara a tappe WT vinta da Vingegaard, cui si sommano i 2 Tour
La Tirreno è la quarta gara a tappe WT vinta da Vingegaard, cui si sommano i 2 Tour

La S5 del venerdì

La S5 con cui il danese ha conquistato la tappa di Valle Castellana, attaccando a 29,5 chilometri dal traguardo sulla salita di San Giacomo, è la bici aero di Cervélo. Il telaio consente il montaggio di pneumatici fino a 34 mm, anche se la scelta di Vingegaard è caduta su pneumatici Vittoria Corsa Pro da 28. La S5 usata da Vingegaard e i suoi compagni è equipaggiata con mono corona Sram da 52 denti e pacco pignoni 10-36 dello Sram Red.

«Abbiamo deciso di usarla – spiega il danese – già prima della corsa. Facciamo un piano in anticipo, mettendo insieme le intuizioni dei tecnici e le mie sensazioni e di solito le nostre idee coincidono. La S5 è molto veloce e si guida bene, per questo l’ho scelta nel giorno di Valle Castellana, perché dopo la montagna c’era un lungo tratto nella valle. La discesa quel giorno è stata molto veloce, ma essere da solo mi ha permesso di fare traiettorie più libere per cui anche se la bici è meno pronta in certi cambi di direzione, sono andato giù benissimo. E avendo deciso di attaccare prima, mi serviva un mezzo per non perdere velocità.

«Avere la corona singola – prosegue – non mi crea difficoltà. Un po’ perché la uso anche in allenamento e poi perché davanti posso scegliere fra un 50 o il 52 (alla Tirreno ha usato il 52, ndr) mentre dietro arrivo fino al 36, quindi andare in salita non è affatto un problema. Chiaramente si usano rapporti diversi, ma ormai fra potenziometro e conta pedalate so esattamente come scegliere il rapporto migliore».

La R5 del sabato

Il giorno dopo per vincere sul Petrano, al posto della mono corona è tornata una doppia guarnitura sulla Cervélo R5, la bici da salita. Il nuovo telaio R5 è più leggero di 130 grammi rispetto al modello precedente (6,85 chili senza pedali), con la soluzione dei cavi integrati che ha ridotto la resistenza aerodinamica in una bici che non ha tra le sue finalità ultime quella di essere super aerodinamica.

«La senti diversa perché ovviamente è più leggera – dice Vingegaard – e anche al livello del movimento centrale senti che ha una super risposta ai cambi di ritmo in salita. E’ molto rigida e sai che nel cambio di ritmo ha un’arma in più».

La R5, come abbiamo scritto nel nostro test, ha la scatola centrale BBRight, con una larghezza di 73 millimetri. Con il passare degli anni Cervélo ha mantenuto questa impostazione, che appunto garantisce rigidità al cuore della bici e dà compattezza alle parti asimmetriche.

Da una all’altra

«Non ho problemi nel passare da una bici all’altra – dice Vingegaard – perché è tutto uguale tranne il telaio. La sella è la stessa, l’altezza del manubrio è la stessa, non cambia nulla e anche il ritmo di pedalata è abbastaza simile a quello che riesco ad avere con la mono corona. Siamo abbastanza abituati a questi passaggi, perché adottiamo la stessa strategia in tutte le corse a tappe».

Tra i dettagli identici fra le due bici c’è anche l’uso delle leve del cambio dello Sram: non quelle del Red bensì le più piccole del Force. Una soluzione abbastanza frequente fra gli atleti che hanno le mani piccole o che vogliano avere una presa più stretta sul manubrio.

Milan fa il bis (come la Visma) e Consonni ci mette lo zampino

10.03.2024
5 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ai 700 metri Milan stava per farlo ancora. Si è infilato nella doppia curva a tutta velocità, pronto per lanciare una volata troppo lunga. Però Consonni se ne è accorto e ha avuto la prontezza di cacciare un urlo, facendo nei metri mancanti il lavoro di tre compagni per chiudere un buco che poteva essere decisivo. Raccontandolo ora agli uomini del Team Lidl-Trek, dice di aver strillato tanto forte che secondo lui l’avranno sentito anche in televisione. Gli chiediamo se Jonathan abbia la tendenza ad anticipare troppo perché ha ancora poca esperienza o perché non si fidi di chi ha davanti e Simone si mette a ridere.

«Secondo me lo fa perché ne ha troppa – dice – ne ha talmente tanta che anche nel circuito finale voleva sempre stare davanti. Per carità, è anche giusto, però spendi di più. Probabilmente con il fatto di averne tanta, si può permettere di buttare via qualcosa, anche se è giusto cercare di ottimizzare sempre al meglio tutte le energie. Se poi analizziamo bene lo sprint, oggi ha fatto la prima volata ai 700 per rilanciare quando l’ho chiamato. Mi ha aspettato, l’ho passato un po’ più veloce, quindi ha dovuto accelerare per prendermi la ruota. Poi ha fatto il testa a testa con due dei velocisti più forti, ci metto anche Kristoff che su questi percorsi è un cagnaccio che non molla mai. E insomma, abbiamo portato a casa un’altra bella vittoria…».

Non è un errore: Milan ha vinto, Consonni che l’ha aiutato festeggia come se avesse vinto lui
Non è un errore: Milan ha vinto, Consonni che l’ha aiutato festeggia come se avesse vinto lui

Atto finale

La Tirreno-Adriatico si è conclusa con la vittoria di Vingegaard nello stesso giorno in cui la Visma-Lease a Bike ha conquistato la Parigi-Nizza con Jorgenson. Il danese ha avuto parole di elogio per il compagno, confidando di trovarlo altrettanto forte al Tour de France.

Nella conferenza stampa, quando verrà il suo turno, Milan ringrazierà la squadra e avrà parole di riguardo per Consonni. Il friulano mostra una grande pacatezza nel raccontare il bello e il brutto degli errori nella prima volata. Sono due i verbi che più ricorrono nel suo discorso: lavorare e imparare. E mentre Milan si racconta, sotto al pullman della Lidl-Trek Consonni sistema le ultime cose prima di ripartire.

Sul podio finale, Vingegaard ben scortato da Ayuso e Hindley
Sul podio finale, Vingegaard ben scortato da Ayuso e Hindley
Allora partiamo dagli abbracci che ti ha dato in occasione delle due vittorie. Riavvolgi il nastro: da dove nascono?

Se devo guardare cosa c’è in quegli abbracci, dobbiamo partire da tanto lontano. Dal 2018-2019, quando un giovane con la testa bella frizzante entrò nel nostro gruppo della pista e, passatemi il termine, cominciammo a bullizzarlo perché andava forte e l’avevamo già visto. Era un bersaglio facile da far arrabbiare. Ci siamo divertiti insieme a lui, ovviamente. Poi l’anno scorso c’è stato un cambiamento radicale a livello professionale. Ho deciso di intraprendere la nuova avventura con questa squadra, che era già grande e quest’anno ha fatto veramente un salto in avanti. In quegli abbracci c’è tanto lavoro, c’è tanta amicizia, c’è tanta passione per quello che facciamo. E’ uno sport dove non ti regalano niente, quindi è bello gioire di questi momenti che sono rari. Cerchiamo di lavorare perché siano meno rari.

Dopo la prima volata c’è stata una riunione per rimettere le cose a posto, Johnny si perdeva un po’…

La prima volata l’abbiamo analizzata. Ai 300 metri, prima dell’ultima curva, eravamo messi in ottima posizione a ruota degli Uno X. Poi probabilmente non si è visto, ma siamo rimasti chiusi tra i due della Alpecin, quindi abbiamo perso parecchie posizioni. Era un arrivo dove puoi avere tutta la gamba che vuoi, ma partendo da fermo è veramente dura rimontare. Invece gli altri finali li abbiamo gestiti ottimamente. Erano arrivi duri, dove era più importante avere la posizione che un leadout vero e proprio. E oggi tutto ha funzionato al meglio, anche se dopo gli tirerò le orecchie perché mi ha anticipato ancora nell’ultima chicane. Però è andata bene così. Per fortuna mi era rimasto un po’ di fiato e sono riuscito a chiamarlo.

Dopo l’arrivo l’abbraccio di Skuijns: i due saranno compagni alla Sanremo
Dopo l’arrivo l’abbraccio di Skuijns: i due saranno compagni alla Sanremo
Tu hai fatto questo tuo lavoro con Elia Viviani, adesso lo stai facendo con lui, non sembrano uguali…

Ogni sprinter ha il suo approccio alle volate. Fortunatamente ho lavorato con tanti velocisti. In UAE ho lavorato anche con Kristoff e con Gaviria, quindi mi sono fatto un po’ di esperienza. Probabilmente il fatto di averlo a ruota anche nel quartetto è sicuramente qualcosa che ti dà una spinta in più. Insomma, come inizio di stagione non c’è male…

Lo bullizzate ancora in pista?

Ci proviamo, ma poi ci picchia perchè è diventato grande…

Questa coppia funziona perché c’è l’esperienza della pista o perché c’è un bel rapporto fra voi due?

Entrambi gli aspetti, secondo me. Alla fine ti devi fidare. E vero che veniamo dalla pista, ma la strada è un’altra cosa, ci sono altre dinamiche, altri sforzi. Tra la Valenciana e qua siamo riusciti a fare dei buoni lavori e sono felice.

Sarai anche tu nella squadra della Sanremo?

No, non ci sono e un po’ mi spiace, perché è la classica di casa. Però ad essere sinceri e guardando la nostra squadra, con Mads Pedersen, con Jasper Stuyven, con Toms Skuijns, che alla Strade Bianche ha fatto vedere che sta passando un momento veramente incredibile, più anche Johnny… Da atleta dispiace restare fuori, però è una cosa normalissima.

E dove lo mettiamo Johnny in mezzo a tanti compagni?

Affari del team…

Fa una risata, ha in mano un sacchetto da mettere nella valigia. Martedì si parte per il Belgio, guai fermarsi. Mentre Milan va verso casa e giovedì si sposterà verso la Sanremo, Consonni andrà a mettere le ruote sulle strade del Nord.

Ayuso e Hindley litiganti per le briciole e il secondo posto

09.03.2024
5 min
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MONTE PETRANO – Quando Ayuso è andato a parlare con Hindley dopo l’arrivo, l’australiano ha fatto spallucce, infastidito per i cambi che lo spagnolo non gli ha dato nell’ultimo chilometro. Dopo la mazzata di ieri, Vingegaard li ha messi nuovamente tutti al loro posto, ma la salita è stata dura, i corridori sono arrivati tutti vicini al limite e in questi casi anche la pazienza va a farsi benedire.

Il chiarimento fra Ayuso e Hindley non porta sorrisi o pacche: Jai ha sorriso ironicamente
Il chiarimento fra Ayuso e Hindley non porta sorrisi o pacche: Jai ha sorriso ironicamente

I due litiganti

La Bora-Hansgrohe ha provato a far saltare la corsa, era giusto farlo. Prima Martinez e poi Kamna hanno iniziato il Petrano ad una bella andatura, ma contro Vingegaard c’era poco da fare. Il danese se ne è andato a 6 chilometri dall’arrivo e dietro i due rimasti si sono ritrovati a litigare per la seconda piazza, di tappa e nella generale.

«Oggi ho avuto sensazioni migliori rispetto a ieri – dice Ayuso intirizzito – ho avuto un piccolo problema meccanico in un momento veramente difficile, ma grazie alla squadra sono riuscito a rientrare. Poi avevo bisogno di riprendere fiato in fondo al gruppo ed è per questo che ho iniziato la salita in fondo. Ho superato il gruppo poco a poco ed è andata indubbiamente meglio di ieri, soprattutto perché ieri non ho mai avuto buone sensazioni. Sapevo che quando Jonas avesse attaccato, avrei dovuto resistere il più a lungo possibile. Speravo che si fermasse e che si arrivasse allo sprint, ma si è voltato e anziché sedersi ha piazzato un altro allungo e io ho dovuto mollare. Però sono contento di aver provato a correre così. Quando c’è un corridore così superiore, non c’è molto da fare se non provare e semmai scoppiare, come sono scoppiato io oggi».

Il livello di Vingegaard

Nel confronto con Hindley, Ayuso è parso più solido di ieri e sembra scusarsi sinceramente quando dice di non aver più dato cambi perché da dietro stava rientrando il compagno Del Toro. Argomento leggero, dato che il messicano era messo peggio in classifica, ma tant’è.

«A un certo punto – dice – le staffette mi hanno detto che il mio compagno veniva da dietro, per questo ho smesso di collaborare. Mi piace dare il mio contributo, ma non si può sempre farlo. Comunque, è stata una settimana eccellente e molto completa. Il primo giorno ero più felice di oggi, perché ho vinto la cronometro ed è stato speciale farlo su quel percorso così piatto. Dalla Tirreno-Adriatico mi porto via le buone sensazioni di oggi, avevo altre gambe. Non so quantificare quanto mi manchi per arrivare al livello di Vingegaard, ma oggi penso di essere stato un po’ più vicino. Almeno sono riuscito a fare lo sprint dei primi inseguitori, ieri nemmeno quello. Proverò ad avvicinarmi, un po’ per volta…».

Fortunato è stato il primo degli italiani: 12° a 1’20” dal vincitore: bilancio positivo
Fortunato è stato il primo degli italiani: 12° a 1’20” dal vincitore: bilancio positivo

Vincere il più possibile

Attorno a Hindley hanno fatto una specie di cordone, in cima a questa montagna su cui il cielo si è abbassato, scuro e freddo. L’addetto stampa con la barba ha intimato di non fare domande. Poi il vincitore del Giro 2022 si è vestito di tutto punto e ha preso la discesa verso i pullman, anche oggi alla base della salita, proprio mentre Vingegaard ci raggiungeva per raccontare la sua giornata.

«Quando c’è la possibilità – dice parlando della vittoria – allora perché non provarci? Oggi ho usato un’altra bici. Ieri aveva più senso andare con la S5, perché c’era una lunga discesa e poi un lungo tratto in pianura. E quando la velocità è così alta, è meglio andare sulla bicicletta aerodinamica. Oggi però c’era l’arrivo è in salita, allora ha più senso avere la R5, la bici da scalatore. Sono decisioni che prendiamo insieme, la squadra ed io. Anche oggi ci ho messo tutto quello che avevo. Quando è così, cerco di superare i miei limiti. Vincere a marzo fa parte del processo del Tour, ma anche del mio essere corridore. La stagione non è fatta solo del Tour de France e mi piace l’idea di provare a vincere gare, vincere il più possibile. Ho sempre molta fiducia in me stesso e credo che a luglio potrò fare bene, non importa quale sia la forma attuale».

Jonas Vingegaard, 27 anni, ha vinto gli ultimi due Tour de France. Prossima corsa il Giro dei Paesi Baschi
Jonas Vingegaard, 27 anni, ha vinto gli ultimi due Tour de France. Prossima corsa il Giro dei Paesi Baschi

L’attesa del Tour

Anche oggi ha dominato e a voler essere poco simpatici, viene da chiedergli se non pensi di aver avuto un lotto di avversari un po’ troppo morbidi, mentre i più forti sono alla Parigi-Nizza.

«In Francia – conferma – ci sono alcuni dei corridori più forti al mondo e onestamente non vedo l’ora di correre contro di loro. Remco e Roglic sono fortissimi, ma anche qui il livello è stato molto buono. Si corre e si fa riferimento ai corridori che ci sono. Si corre nel modo che più ci ispira e per me un’ispirazione è sempre stato Alberto Contador. Mi piaceva il suo modo di correre e lo stile che aveva».

Poi lo vengono a chiamare, perché è freddo e perché il trasferimento che ci aspetta è davvero lungo. Mentre i corridori se ne vanno, noi torniamo in sala stampa. C’è questo pezzo da scrivere, poi due ore di macchina verso la tappa di domani. La Tirreno volge al termine, grandi sfide si annunciano all’orizzonte.