Paul Magnier, Soudal Quick-Step

Raccagni Noviero: uno sguardo da dentro sul talento di Magnier

30.10.2025
6 min
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La prima stagione nel WorldTour per Andrea Raccagni Noviero si è conclusa in Cina, dall’altra parte del mondo. Una trasferta che ha visto i ragazzi della Soudal Quick-Step conquistare cinque delle sei tappe previste, tutte con l’autografo del giovane talento francese Paul Magnier.

Il mese di settembre è stato il periodo di maggior raccolta per il velocista classe 2004, in diciotto giorni di corsa ha conquistato quattordici successi. Dalla Francia alla Cina, passando per Slovacchia e Croazia, Paul Magnier non ha lasciato praticamente nulla agli avversari. Solamente qualche briciola.

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe
Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Tour of Guangxi 2025
Tour of Guangxi, Magnier infila il quinto successo in sei tappe

Ricalibrare

Andrea Raccagni Noviero si sta godendo le vacanze in Repubblica Ceca dove da qualche tempo ama passare i periodi di stacco insieme alla fidanzata, atleta di biathlon, e fa il punto su questa prima esperienza tra i grandi del ciclismo mondiale. Una stagione lunga, partita a gennaio dalla terra dei canguri e terminata dieci mesi dopo in Cina

«Come primo anno era iniziato abbastanza bene – racconta – ma non al meglio, nelle gare più impegnative facevo più fatica del previsto. Questo perché a inizio anno la squadra mi aveva consigliato di rallentare un pochino con i carichi e le ore in vista dei tanti impegni. Però abbiamo capito che per performare mi serviva qualche ora di allenamento in più, così nel mese di aprile, dopo la Roubaix, ho cambiato qualcosa. Maggior volume e lavori ad alta intensità per migliorare i valori fuori soglia. In questo modo ho visto un cambio di passo notevole e sono fiducioso in vista del prossimo anno. Dovrei ripartire dall’Australia, dove avrò qualche chance per provare a mettermi in mostra».

La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
La stagione 2026 di Raccagni Noviero dovrebbe partire dall’Australia, come fatto quest’anno all’esordio nel WT
Torniamo un attimo indietro sul finale da record di questo 2025…

L’ultima parte di stagione l’ho corsa spesso accanto a Paul Magnier, prima in Slovacchia e poi in Cina. Sulle undici tappe a disposizione ne ha vinte nove, direi che il bilancio è più che positivo. Non c’è stato solo lui, anche perché mentre noi in Cina festeggiavamo con Magnier la squadra ha raccolto successi anche con Tim Merlier ed Ethan Hayter

La cosa impressionante di Magnier è stata la costanza e la facilità nell’inanellare vittorie. com’è correrci insieme?

E’ un ragazzo molto simpatico, ma anche uno capace di trascinare il gruppo. Quando si corre con lui si respira un’aria buona in squadra, certo che vincere aiuta a distendere gli animi ed essere sereni. 

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Magnier e Raccagni Noviero festeggiano la terza vittoria di tappa consecutiva in Slovacchia
In corsa è un leader?

Pur avendo solamente ventuno anni è molto sicuro e determinato, quando c’è lui la strategia è chiara: stare davanti, tenere chiusa la corsa e portarlo allo sprint. In tutto questo Magnier è uno che parla e si fa sentire tanto anche attraverso la radio. Inoltre è sicuro e determinato, ci aiuta a posizionarci e a farci capire quello di cui ha bisogno. Chiaro che non si corre sempre in gestione.

Ci fai un esempio?

Quello che ho descritto prima è la situazione ideale, gara adatta alle sue caratteristiche e che finisce sicuramente allo sprint. Nelle tappe più complicate, come l’ultima al Tour of Guangxi, abbiamo corso in difesa. Il percorso prevedeva uno strappo impegnativo da fare cinque volte, noi abbiamo lavorato per tenere chiusa la gara ma quando la strada saliva dovevamo tenere il suo passo. Nell’ultimo giro si è staccato, io gli sono rimasto accanto e in pianura siamo rientrati. E’ stata una grande fatica, ma poi ha vinto la volata…

Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Paul Magnier, Andrea Raccagni Noviero Soudal Quick-Step
Il clima in squadra è sempre sereno alle corse, complici i grand successi di questo finale di stagione
Un segnale forte.

Fa capire che non è solo uno sprinter, ma anche un corridore estremamente resistente. Infatti potrebbe essere adatto alle classiche del pavé, magari non quelle dei muri ma una Omloop Het Nieuwsblad, la Gent-Wevelgem o la Roubaix addirittura. E comunque come velocista Magnier ha dimostrato di essere tra i migliori al mondo, non tra i primi tre, ma non è molto lontano.

Uno di quei tre, Merlier, lo ha in squadra…

Per questo ho detto che Magnier può essere da classiche, in quelle corse Merlier fa fatica, mentre lui no. Allo stesso modo credo che per arrivare al livello dei primi al mondo (Philipsen e Milan, ndr) gli manchi solamente la costanza nello sfidarli. Deve mettersi alla prova. 

Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Per Boonen, Paul Magnjer è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche
Magnier è la carta giusta che la Soudal può giocare al tavolo delle classiche?
Tu come ti trovi con lui?

Bene, molto bene. Poi come detto prima, quando si vince così tanto è difficile trovarsi male. Mi piace anche il mio ruolo in gara, che all’inizio doveva essere quello dell’ultimo uomo, poi con il cambio di dieta e ritmo sono diventato il penultimo o anche qualche posizione prima. Magnier ha il suo ultimo uomo di fiducia che è Dries Van Gestel, ma in alcune gare si sono aggiunti al gruppo Lampaert e l’ultimo uomo di Merlier.

Com’è vederli all’opera?

Incredibile, abbiamo tanto da imparare. Alla fine quando conta sono capaci di fare un’accelerazione ai 700 metri dall’arrivo per portare fuori il velocista dal gruppo. Ti chiedi come fanno, ma la risposta è facile: sanno limare benissimo. Noi magari nel finale facciamo dieci minuti di fuori soglia, mentre loro giocano con le posizioni e risparmiano tantissime energie. 

Paul Magnier, Soudal Quick-Step, Jasper Philipsen, Alpecin Deceuninck
Elfstedenronde Brugge, Magnier guarda Philipsen, arrivo al fotofinish, ma la spunta il giovane del Wolfpack
Cosa manca a Magnier per lottare contro i migliori velocisti al mondo?

Pochissimi dettagli, ha dimostrato di avere potenza e forza a volontà. Forse, se devo trovare qualcosa, una posizione più aerodinamica in volata. Se si guarda a uno sprinter come Philipsen, si vede tanta differenza, lui è molto più schiacciato sulla bici rispetto a Magnier. Anche se una volta lo ha battuto, alla Elfstedenronde Brugge a giugno. Quindi penso sia proprio una questione di abitudine.

Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon

MyCanyon celebra il Re della velocità Jasper Philipsen

08.10.2025
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Jasper Philipsen è considerato da tifosi ed esperti come uno dei più forti, se non il più forte, velocista attualmente in circolazione. Quest’anno è riuscito a portare a termine un’impresa davvero straordinaria: conquistare la tappa di apertura del Tour de France e della Vuelta. Due vittorie che gli hanno garantito, almeno per un giorno, il simbolo del primato in entrambe le corse: la maglia gialla al Tour e la rossa a La Vuelta. 

C’è una però una maglia alla quale Philipsen sembra essere particolarmente affezionato. Si tratta della maglia verde che premia il leader della classifica a punti sia della corsa a tappe francese che di quella spagnola. Nel 2023 il campione della Alpecin-Deceunick è riuscito anche a conquistarla portandola fino al traguardo finale di Parigi. 

Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Canyon ha voluto celebrare Philipsen con una Aeroad personalizzata
Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Canyon ha voluto celebrare Philipsen con una Aeroad personalizzata

Una grafica speciale

Per celebrare il legame di Philipsen con il colore verde, Canyon ha di recente ampliato il programma di personalizzazione MyCanyon, che abbiamo avuto modo di conoscere in anteprima in occasione di una nostra recente visita al nuovo store Canyon di Monaco di Baviera.

MyCanyon offre la possibilità di personalizzare in fase di acquisto la propria Aeroad CFR (al momento il solo modello Canyon interessato dal nuovo programma, ndr) nelle seguenti tre aree di scelta: estetica, fitting e funzionalità. La recente espansione del programma MyCanyon ha previsto un aggiornamento per quel che riguarda l’estetica e il fitting.

Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Canyon ha di recente ampliato il programma di personalizzazione MyCanyon con una nuova colorazione verde, chiamata “Abell”
Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Canyon ha di recente ampliato il programma di personalizzazione MyCanyon con una nuova colorazione verde, chiamata “Abell”

Estetica “verde”

Per celebrare la passione per la maglia verde di Jasper Philipsen, Canyon ha lanciato una nuova colorazione verde, chiamata “Abell”, per la Aeroad CFR. La nuova colorazione prende il nome dall’astronomo George Abell, scopritore dell’omonima nebulosa planetaria. La costellazione Abell emette un fascio di luce verdastra, ed è stato questo a fornire l’ispirazione per il nuovo design MyCanyon, che richiama le maglie verdi del leader della classifica a punti sia al Tour de France che alla Vuelta.

La nuova colorazione Abell proposta da Canyon utilizza un esclusivo processo di spruzzatura e stampaggio a mano per ottenere l’aspetto di strati profondi sul telaio. Il design fa parte della serie Astro, la prima della collezione Mano di Canyon, ed è da oggi disponibile per chiunque lo desideri nel configuratore MyCanyon.

Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Oltre alle classiche pedivelle da 170, 172,5 e 175 millimetri Canyon fornirà anche quelle da 160, 165 e 167,5 millimetri
Canyon, Aeroad CFR, MyCanyon
Oltre alle classiche pedivelle da 170, 172,5 e 175 millimetri Canyon fornirà anche quelle da 160, 165 e 167,5 millimetri

Novità per le pedivelle

Oltre alla nuova colorazione, una ulteriore novità riguardale nuove specifiche per la lunghezza delle pedivelle. Una opportunità in termini di componentistica che offre al cliente la possibilità di personalizzare ulteriormente la propria Aeroad CFR al momento dell’acquisto. 

Oltre alle pedivelle da 170, 172,5 e 175 mm, Canyon offrirà ora pedivelle da 160 mm Shimano e pedivelle da 160, 165 mm e 167,5 mm Sram. Le pedivelle Shimano da 165 mm e Sram da 162,5 mm saranno disponibili invece entro la fine del mese di novembre.

Canyon

Giuria severa, Viviani declassato, ma lo spirito è quello giusto

30.08.2025
4 min
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Un’ora circa dopo l’arrivo di Saragozza, la giuria della Vuelta riapre l’ordine d’arrivo e ne toglie Viviani e Coquard, retrocedendoli in 105ª e 106ª posizione. Elia aveva sprintato in testa, fino a cogliere il secondo posto. Il suo spostamento dal centro strada verso il lato sinistro della strada è evidente, ma non è una manovra assassina. Tanto che quando il veronese si accorge di avere accanto Philipsen in rimonta, si raddrizza e il belga riesce a passare. Nelle stesse interviste del vincitore dopo l’arrivo non c’è alcun riferimento alla deviazione di Viviani.

«Abbiamo vinto – racconta Philipsen – quindi non posso lamentarmi. Ho perso i miei compagni di squadra nel finale, ho provato a richiamarli ma nell’ultimo chilometro ormai c’era poco da fare. Così ho dovuto fare da solo. Ho preso la ruota di Bryan Coquard. Mi sentivo le gambe durissime come il cemento, ma sono comunque riuscito a vincere».

Quella di Saragozza è stata l’ultima volata prima della 19ª tappa. Impossibile che la fuga arrivasse
Quella di Saragozza è stata l’ultima volata prima della 19ª tappa. Impossibile che la fuga arrivasse

Uno sprinter corretto

Nel vecchio ordinamento del ciclismo, la cosa si sarebbe fermata lì, anche perché il terzo sul traguardo – Ethan Vernon – aveva scelto di fare la volata dall’altro lato della strada. Dopo l’arrivo il solo sentimento di Viviani era la grande tristezza per l’occasione mancata e il grande lavoro dei compagni.

«Fa male – ha detto Elia – guardi la linea davanti. Senti che è più vicina, sempre più vicina, ma quando c’è in giro un corridore come Philipsen, la corsa non è mai finita sino alla riga. Con lui è molto probabile perdere. Ed è ancora più doloroso con il grande lavoro della squadra, che avete visto. Mi hanno messo nella posizione perfetta, anche se nel finale c’è stata un po’ di confusione. Ho preferito spostarmi su un lato, ma se riguardi questo sprint dopo, puoi affrontarlo in 100 modi diversi e magari vincere. Quando sei lì, devi scegliere e così ho fatto io. Fino a quando ho sentito urlare Philipsen dal lato delle transenne. Non volevo chiuderlo, non è così che vinco le gare. Ci sono andato vicino, quindi spero che nell’ultima settimana si possa fare qualche altra volata».

Viviani ha lasciato spazio a Philipsen, ma la giuria ha ritenuto la deviazione volontaria e l’ha retrocesso
Viviani ha lasciato spazio a Philipsen, ma la giuria ha ritenuto la deviazione volontaria e l’ha retrocesso

La voglia di dimostrare

Dopo lo sprint di esordio di Novara, scambiando qualche messaggio, Viviani aveva detto che quel giorno non ci fosse la possibilità di battere Philipsen e che un secondo posto sarebbe stato un bel risultato. C’era e c’è ancora la voglia di dimostrare che averlo portato alla Vuelta sia stata la scelta giusta.

«Dobbiamo solo essere positivi – dice – e guardare cosa ha fatto la squadra, perché non posso chiedere di più da loro. Sono davvero felice di essere qui, anche se in questi primi giorni ho faticato molto, non c’è da nascondersi, perché è la verità. Ma quando ti avvicini a un obiettivo così importante, significa che sei un atleta serio e che a 36 anni provi ancora a battere il miglior velocista del mondo. Sono sicuramente felice di essere lì e mi dispiace non aver vinto oggi, ma il ciclismo è così».

In un post su Instagram dopo l’arrivo, Viviani è tornato sulla sua manovra nel finale. «Ho cambiato la mia linea? Sì. Perché? Perché come ogni sprinter, quando sei davanti cerchi un lato della strada. Perché non ho scelto il lato sinistro quando ho iniziato lo sprint? Perché davanti a me avevo il mio compagno De Buyst e so che mi avrebbe lasciato spazio. Però non posso prevedere cosa farà il leadout della Alpecin. Per questo ho deciso di spostarmi verso il centro della strada.

«Alla fine ho lasciato che la porta si aprisse a sinistra? Sì, quando ho sentito Philipsen urlare, sapevo che non potevo chiudere questa porta, così mi ha superato nettamente. Hai parlato con la giuria? Sì, ho parlato con il presidente della giuria e mi ha mostrato nel video cosa ho fatto e mi ha spiegato che non posso cambiare la mia traiettoria, anche se alla fine gli ho lasciato lo spazio per passare. Ti dispiace? Sì, mi dispiace per la mia squadra e per i miei compagni di squadra perché meritano un risultato migliore, oggi sono stati incredibili! Ovviamente, congratulazioni a Jasper Philipsen».

Quella di Saragozza era forse l’ultima vera possibilità per i velocisti. Per rivedere un arrivo adatto agli uomini veloci bisognerà aspettare probabilmente la 19ª tappa e poi quella finale di Madrid. Prevedibile quindi che la fuga non sarebbe arrivata e che nel finale ci sarebbe stata alta tensione. Per le prossime dieci tappe, la lotta dei velocisti sarà con il tempo massimo. L’appuntamento sarà forse a Guijuelo.

Un tuffo con Bennati nello spirito della Alpecin-Deceuninck

02.08.2025
5 min
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Con gli occhi ancora pieni della magia del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, Daniele Bennati si presta volentieri a parlare di una squadra che se ne è andata dal Tour con tre tappe vinte e la maglia gialla (con due corridori diversi).

La Alpecin-Decenunick dei fratelli Roodhooft non è la squadra più ricca del WorldTour e da quelle vette resta suo malgrado lontana. Eppure nonostante ciò, il suo campione di riferimento e il morale che sa trasmettere ai compagni ne fanno un approdo molto ambito. Vedere Mathieu Van der Poel mettersi al servizio di Philipsen per vincere una tappa al Tour o la Milano-Sanremo fa pensare a ciascun atleta che tutto sia possibile.

«Hanno vinto tre tappe – dice Bennati, l’ex tecnico della nazionale – con Philipsen che si è ritirato dopo tre giorni, sennò magari erano anche di più. Un bottino importante, ma poteva essere sicuramente superiore, anche se poi di volate vere e proprie non ce ne sono state tante».

Secondo Bennati, Philipsen dovrebbe dedicare un monumento a Van der Poel per ogni vittoria che ha propiziato
Secondo Bennati, Philipsen dovrebbe dedicare un monumento a Van der Poel per ogni vittoria che ha propiziato
Da corridore, a Bennati sarebbe piaciuto correre in una squadra così?

Mi è sempre piaciuta, fin dai loro inizi. Nonostante non avessero e non abbiano tutt’ora un budget esagerato, in corsa io li ho sempre visti muoversi molto bene. Se avessi una squadra mia, li prenderei sicuramente come esempio. Chi li dirige è molto bravo, perché sanno cavarsela sempre bene, soprattutto nelle volate. Se guardiamo i singoli e togliamo dal mazzo VdP e Philipsen, non è che ci siano nomi altisonanti, però nel loro caso è l’atteggiamento che fa la differenza.

Il fatto che Van der Poel si metta a disposizione dei compagni può essere un esempio anche per gli altri?

Non è che si limiti a tirare le volate, in certe occasioni lui diventa proprio determinante. Se ripenso alla Sanremo dello scorso anno, alcune tappe al Tour e alle gare più importanti, Philipsen dovrebbe fare un monumento a Van der Poel. E’ chiaro che quando un corridore così ha questa attitudine e si mette a disposizione di un capitano, fa la grande differenza. Chi non vorrebbe un ultimo uomo così? Eppure secondo me fa tutto parte della linea della squadra. Sicuramente però Mathieu è generoso, non pensa solo a se stesso, ma al bene di tutti.

Il fatto che lui abbia firmato a vita forse lo rende ancora più partecipe dei destini della squadra?

Questo sicuramente è un altro aspetto da tenere in considerazione. In qualche modo Van der Poel si sente riconoscente nei confronti della squadra, però anche prima di estendere così tanto il suo contratto non si è mai tirato indietro. A me personalmente piace non solo perché vince, ma perché si mette a disposizione.

Tappa di Chateauroux, Van der Poel e Rickaert in fuga per 173 km tra vento e pianura: azione eroica, ma folle secondo Bennati
Tappa di Chateauroux, Van der Poel e Rickaert in fuga per 173 km tra vento e pianura: azione eroica, ma folle secondo Bennati
Può dipendere da una mentalità di squadra che altrove non hanno?

Chi è in macchina è sicuramente bravo, ma per arrivare a vincere una tappa in fuga come ha fatto Groves, sicuramente alla base c’è proprio una mentalità di squadra. Non ti svegli la mattina e trovi un direttore che ti motiva, c’è un modo di andare in corsa che è tutto loro e che gli permette di cercare una fuga a due per 173 chilometri, a 49,6 di media, arrivando quasi a vincere la tappa.

Azioni belle, magari prive di grande logica, ma splendide…

Un’azione che forse con un finale diverso sarebbe potuta andare in porto. Ci fosse stata qualche curva in più, dietro avrebbero faticato a chiudere. Si sono sciroppati talmente tanti chilometri e hanno accumulato talmente tanta fatica, che forse quel giorno la generosità di Van der Poel è stata anche esagerata. La cosa bella è che Mathieu è un trascinatore per tutto il resto della squadra.

Sembra di capire che tu quella fuga non l’avresti fatta…

Esatto, avrei risparmiato l’energia per vincere qualche altra tappa. Secondo me quel giorno ha raschiato il fondo del barile e poi infatti si è ammalato. Però l’appassionato apprezza queste cose e l’ho apprezzato anch’io. Ha portato con sé Rickaert e voleva regalargli la soddisfazione di un podio, che sportivamente è molto bello.

Groves vince a Pontarlier e diventa uno dei 114 corridori di sempre ad aver vinto almeno una tappa nei tre i Grandi Giri
Groves vince a Pontarlier e diventa uno dei 114 corridori di sempre ad aver vinto almeno una tappa nei tre i Grandi Giri
Anche lui dà la sensazione di cercare sfide che lo divertano, come il suo amico e grande rivale Pogacar. Ogni volta che si scontrano, se ne vedono davvero delle belle…

Soprattutto grazie a Tadej, il ciclismo degli ultimi anni sta diventando più spettacolare. Non penseresti di trovare uno come lui in certe gare del Nord, invece si è buttato prima sul Fiandre e poi sulla Roubaix, scommettendo su se stesso e rendendo quelle gare più spettacolari.

Ci fosse stato Van der Poel nella tappa di Parigi, oltre a Van Aert, Ballerini e Pogacar, ci avrebbero fatto ballare…

Forse sarebbe arrivato da solo. Ma lui non c’era e sono contento che abbia vinto Van Aert, perché aveva un credito con la cattiva sorte e credo che il suo successo sia piaciuto a tutti. Obiettivamente il maltempo ha un po’ falsato l’ultima tappa, la neutralizzazione ha cambiato il finale. Al primo scatto sono rimasti in cinque e se la sono giocata loro.

Ma davvero pedalando con Jovanotti ogni giorno seguivate il Tour?

Assolutamente! E quando facevamo tardi, io piazzavo il telefono sul manubrio e ascoltavamo la cronaca, perché guardare non si poteva. La tappa che ha vinto Milan, la seconda, siamo arrivati che mancavano 4 chilometri all’arrivo e siamo andati davanti alla TV dell’hotel a guardare.

Fra Bennati e Jovanotti l’amicizia è di vecchia data: c’era anche lui nel viaggio dell’artista ai Laghi di Fusine (immagine Instagram)
Fra Bennati e Jovanotti l’amicizia è di vecchia data: c’era anche lui nel viaggio dell’artista ai Laghi di Fusine (immagine Instagram)
Hai scritto belle cose su Lorenzo e la bici.

Ho scritto che la bici non è solo un mezzo di trasporto. E’ un modo di vedere il mondo. E questo viaggio con Lorenzo ne è stata la dimostrazione più bella. E se i ragazzi vogliono fidarsi e lo ascoltano, lui che è un influencer potentissimo, forse davvero qualcosa si può iniziare a cambiare.

Troppi rischi negli sprint intermedi e Philipsen ne fa le spese

08.07.2025
4 min
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Non è facile immaginare la delusione in casa Alpecin-Deceuninck dopo il ritiro di Philipsen. Ci siamo passati pochi giorni fa con Ganna, su cui avevamo appuntato ben più di una speranza, caduto prima di aver dato una forma al grande lavoro. Ma il belga aveva già vinto una tappa, indossato la maglia gialla ed era il detentore della verde: ieri avrebbe certamente lottato per concedersi il bis.

Philipsen è caduto in un traguardo volante, abbattuto da Brian Coquard per una manovra al limite dell’incomprensibile. Il francese della Cofidis prima si è toccato con Laurenz Rex della Intermarché, poi è rimbalzato a centro strada e ha trascinato nella rovina il belga che risaliva per i fatti suoi, preparando la volata sul traguardo a punti. Philipsen è stato trasportato in ospedale e ha riportato la frattura della clavicola e di almeno una costola. Per essere operato, verrà trasferito all’ospedale di Herentals.

«Jasper è stato vittima di una caduta stupida – ha commentato il suo team manager Philip Roodhooft – completamente fuori dal suo controllo. Non voglio puntare il dito contro gli altri due corridori. Le conseguenze per Jasper e la nostra squadra sono particolarmente gravi, ma cosa si può fare? A volte succedono cose brutte».

Philipsen era partito da Dunkerque con la maglia verde, che costituiva il primo obiettivo per la Alpecin
Philipsen era partito da Dunkerque con la maglia verde, che costituiva il primo obiettivo per la Alpecin

La squadra raggelata

La rabbia dei primi momenti ha lentamente lasciato il posto alla rassegnazione. Poteva andare molto peggio e in fondo la clavicola rotta non cancellerà il successo nella tappa inaugurale e la prima maglia gialla.

«Questo smorza l’atmosfera all’interno della squadra – ha detto Mathieu Van der Poel che da Philipsen aveva ereditato il primato – abbiamo iniziato così bene ed è un peccato, soprattutto per Jasper. Sono situazioni molto frenetiche in cui tutti corrono per i punti. In queste tre settimane solo due o tre corridori riusciranno a vincere, ma tutti hanno il diritto di partecipare alle volate. Quando ho visto Jasper seduto a terra, ho capito subito che non stava bene. Ma penso che dovrebbe essere molto orgoglioso di aver vinto la prima tappa e di aver potuto indossare la maglia gialla. Conoscendolo, sarà molto deluso, ma potrà anche concentrarsi rapidamente sul suo prossimo obiettivo. Abbiamo perso il nostro velocista, ma anche il nostro obiettivo per il Tour: dare il massimo per la maglia verde con lui. Oggi (ieri, ndr) abbiamo cercato di ritrovare la concentrazione e di puntare su Kaden Groves, ma si capiva che nessuno di noi fosse davvero sereno».

E’ stato Coquard a colpire Philipsen, ma il francese (pur scusandosi) ha parlato di un incidente
E’ stato Coquard a colpire Philipsen, ma il francese (pur scusandosi) ha parlato di un incidente

Le scuse di Coquard

Coquard ha impiegato un po’ per recuperare la lucidità e spiegarsi. Il francese che per una caduta ha chiuso la tappa fra gli ultimi, ha ammesso l’errore, ma respinto le accuse di essere stato scorretto

«Una giornata dura – ha detto – immaginate quanto sia spiacevole che Philipsen abbia dovuto arrendersi. Non volevo causare una caduta, non volevo correre rischi. Non è stato intenzionale, ma voglio scusarmi con Philipsen e la Alpecin. Non sono cattivo e tantomeno scorretto e alla fine sono caduto anche io nello sprint finale. Ho dolori ovunque, ma vedremo».

Da lui si è presentato inzialmente con propositi bellicosi Jonas Rickaert, compagno di squadra di Philipsen, che poi ha aggiustato il tiro, pur sollevando una corretta osservazione. «Sono andato subito da Coquard – ha detto – per chiedergli cosa fosse successo e lui mi ha detto che non era colpa sua. Era stato solo uno stupido incidente. Ma quando sei settimo o ottavo nella classifica a punti, non dovresti correre rischi totali in una volata intermedia. Capisco che si faccia all’arrivo, anche se a volte è fastidioso assistere a certe scene, ma questo è il Tour, no?».

Oggi potrebbe toccare nuovamente a Van der Poel sul traguardo nervoso di Rouen
Oggi potrebbe toccare nuovamente a Van der Poel sul traguardo nervoso di Rouen

Oggi occasione per VdP

«Stavamo guardando la gara sul pullman – ha raccontato ancora Roodhooft – quando abbiamo visto Jasper cadere e abbiamo capito subito che era una cosa seria. In un attimo siamo passati dall’euforia alla delusione. Jasper è emotivamente devastato e sta soffrendo».

La squadra belga ha un piano di riserva che per molti altri sarebbe quello principale, con Kaden Groves che ha il livello per vincere le volate di gruppo. L’australiano sarà guidato da Van der Poel, che ieri non è riuscito a portarlo oltre il settimo posto, quando però tutti i corridori della Alpecin avevano negli occhi l’immagine di Philipsen che piangeva seduto sull’asfalto. Per loro fortuna, oggi potrebbe essere un altro giorno buono per Van der Poel. Riuscire a vincere in maglia gialla e dedicare il successo all’amico ferito è una di quelle molle che rende l’olandese una bestia selvaggia e imbattibile.

Van der Poel, tappa e maglia. Show di forza e tattica

06.07.2025
6 min
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BOULOGNE SUR MER (Francia) – Mentre Mathieu Van der Poel tagliava per primo la linea del traguardo, l’urlo più forte che si è sentito in tutta la città è stato quello di Roxane Beterls, la compagna di VdP. Un urlo acuto, tipico da donna.

E’ così che si chiude l’astinenza di Van der Poel al Tour de France, che durava dal 2021: un’eternità per un vincente come lui. Anche in quell’occasione, a Lachen conquistò la frazione e prese la maglia. Il campione della Alpecin-Deceuninck vince come in una classica, solo che stavolta i rivali non sono Pedersen o Van Aert, ma Pogacar (quello c’è sempre), Vingegaard, Remco…

Philipesn (in giallo) ha parlato di una squadra compatta. E lo stesso ha detto Van der Poel
Philipesn (in giallo) ha parlato di una squadra compatta. E lo stesso ha detto Van der Poel

Philipsen e la Alpecin

E a proposito di Alpecin-Deceuninck, l’inizio della squadra dei fratelli Roodhooft è a dir poco perfetto: due tappe, due vittorie, due maglie gialle con i due corridori più rappresentativi. Loro sono formidabili a puntare ai singoli obiettivi. E ancora una volta lo fanno muovendosi alla perfezione in certe corse. Non dimentichiamo Dillier, Vermeersch, Groves…

Infatti proprio Jasper Philipsen, contento nonostante abbia appena perso la maglia gialla, ha detto: «Abbiamo avuto un ottimo feeling e un’ottima fiducia sin da ieri, abbiamo preso il controllo della corsa. I ragazzi hanno lavorato molto duramente e bene. E non era semplice. Ma con un capitano forte come Mathieu, che si è messo a disposizione, è stato tutto più semplice.
Oggi è stato differente. Si correva per lui, con la stessa fiducia e compattezza di ieri, ma con un altro leader».

Tutto sommato, Philipsen era felice anche la propria prestazione. Neanche lui, che è un velocista, si aspettava di andare così forte nei 15 chilometri finali, duri sia tecnicamente (e quello per lui non sarebbe un problema) che altimetricamente.

«E’ stato un giorno incredibile e lungo, a volte sentivo quasi freddo. Nel penultimo strappo ero davvero a blocco, sapevo che se avessero continuato così per me sarebbe stato impossibile. Ma l’importante è che abbiamo ancora vinto noi e che la maglia gialla sia rimasta in casa». E non è finita qua per lui e la sua squadra. Domani si annuncia ancora una tappa per sprinter, ma il meteo inciderà moltissimo.

Van der Poel in giallo. Rispetto all’ultima volta, col nonno, Raymond Poulidor, appena scomparso ha messo che c’è stata meno emozione
Van der Poel in giallo. Rispetto all’ultima volta, col nonno, Raymond Poulidor, appena scomparso ha messo che c’è stata meno emozione

Tappa e maglia

E poi c’è lui, Mathieu Van der Poel. Tra la partenza posticipata del mattino per il caos tra l’arrivo dei bus dei team e la partenza della carovana pubblicitaria, sono quasi le 19 quando Van der Poel si presenta ai microfoni. Fa qualche smorfia, è felice, ma anche stanco.

«Era davvero difficile vincere oggi – attacca Van der Poel – contro Tadej e Jonas che sono in super forma per la conquista del Tour. Stamattina ho visto un video della linea d’arrivo e quindi sapevo cosa volevo fare e come dovevo farlo. Arrivare qui nel Nord della Francia è stato un po’ come correre le classiche, ma con qualche avversario differente.

«Avere la giusta posizione era fondamentale e infatti c’era un grande nervosismo, grande la lotta per le buone posizioni. Ma con una squadra come Alpecin-Deceuninck è qualcosa a cui siamo abituati e bravi, e questa guerra delle posizioni l’abbiamo vinta».

Sull’arrivo c’era anche suo padre, il grande e ancora in forma Adrie Van der Poel. Era felice, ma con la sua solita schiettezza ripeteva che loro (va a capire il plurale) preferiscono le classiche. E che nonostante lui queste strade le avesse battute, al figlio non aveva detto una parola. «Non metto bocca nelle tattiche del team».

Dubbi sulla forma?

Dopo l’incidente in MTB e la conseguente microfrattura al polso, ci poteva essere qualche dubbio sulla condizione di Van der Poel. Ma già averlo visto al Delfinato aveva tolto quasi del tutto i dubbi. Lo stesso Mathieu ha parlato del Delfinato e di come ha ricostruito questo stato di forma stellare. Di fatto ripetendo il metodo che usano per le classiche.

«Rispetto ai miei altri Tour – riprende Van der Poel – stavolta ho avuto un approccio diverso. Per una volta abbiamo fatto il Delfinato ed è stata una buona scelta. Ogni anno facciamo un’esperienza diversa per arrivare al meglio al Tour de France, ma direi per arrivare a tutti i nostri obiettivi nella migliore condizione possibile.

«Per esempio, quest’anno abbiamo capito che avremmo dovuto fare un periodo di allenamenti in altitudine prima della Tirreno-Adriatico, che è la corsa che mi piace di più prima delle classiche, e lo abbiamo fatto. E di nuovo ci siamo resi conto che serviva un altro training camp in quota prima del Tour de France. Anche perché questa edizione ha un percorso sul quale io e i miei compagni possiamo eccellere. Abbiamo molte tappe e questo fa una grande differenza rispetto al percorso dell’anno scorso. E anche sulle motivazioni».

«La nostra squadra si muove sempre con un obiettivo perfettamente chiaro a seconda del leader. E tutto ciò che succede durante la giornata e le difficoltà che si presentano, le affrontiamo uniti. E’ il nostro spirito di squadra e credo sia questo a fare la differenza. Ognuno sa cosa deve fare».

In pratica, le stesse parole che ci aveva detto poco prima Philipsen. «Nell’ultimo chilometro – continua VdP – ero concentrato sul fatto di non fare nessun errore. Volevo prendere l’ultima curva davanti. Non ci sono riuscito in pieno, ma ero comunque in buona posizione. Stare vicino a Tadej andava benissimo. E quando lui è partito, ho potuto fare il mio sprint senza problemi».

Pogacar in maglia a pois. Lo sloveno è parso divertito dal vestire questa maglia
Pogacar in maglia a pois. Lo sloveno è parso divertito dal vestire questa maglia

Pogacar e la centesima rimandata

Meno se lo aspettava a corsa in corso Michele Pallini, massaggiatore della XDS-Astana, che ci aveva detto: «Sapete chi vince oggi? Pogacar oppure Van der Poel. Ma credo più Van der Poel perché tatticamente è più intelligente». Nessuna profezia fu più azzeccata. E Tadej Pogacar stesso in qualche modo dà ragione a Pallini.

Il clima in casa UAE Emirates è sereno e se questo secondo posto non brucia è solo perché a vincere è stato uno dei supereroi di questo ciclismo.

«Direi che è stata una buona giornata nel complesso – ha detto Pogacar – E’ stata una tappa dura e lunga, con un po’ di tutto: pioggia, tensione, strappi… Mi sentivo bene nel finale e anche la mia squadra ha lavorato bene. Il secondo posto va bene, Mathieu è stato più forte in volata, quindi tanto di cappello. E’ difficile batterlo allo sprint.
«A dire il vero, ho giocato un po’ male tatticamente, perché avevo un po’ paura di sprintare contro di lui e ho aspettato troppo a lungo nella sua ruota».

«La maglia a pois e l’attacco di Vingegaard? La prima non me l’aspettavo, il secondo sì. Non credevo di vestire questa maglia. Ho vinto la classifica della montagna al Tour due volte, ma l’ho indossata un solo giorno. Mi fa piacere.
«Da parte di Jonas ci aspettavamo un attacco, specie dopo quello che abbiamo visto al Delfinato. E’ bello vederlo all’attacco. Ci ha fatto soffrire».

La gioia di Philipsen, il dolore di Ganna che già saluta la Francia

05.07.2025
6 min
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LILLE (Francia) – E’ certo che non ci sarà la bici da crono di Filippo Ganna sui rulli per il defaticamento post tappa, davanti al bus della Ineos Grenadiers. Il Tour de France non è iniziato nel migliore dei modi per i colori dell’Italia, anzi, degli italiani. Proprio Ganna è stato il primo a ritirarsi, il primo a lasciare la Grand Boucle. Ed è questo, ahinoi, il fatto del giorno.

Dall’altra parte c’è Jasper Philipsen che fa festa assieme alla sua Alpecin-Deceuninck. Tappa e maglia per il belga che, come sempre, ha potuto contare su un Van der Poel magistrale. Ma va detto che tutta la sua squadra era ben messa. Pensate, ne avevano cinque tra i 38 davanti dopo che si erano aperti i ventagli.

Visma attacca, Alpecin festeggia

Ventagli che sono stati propinati dalla Visma – Lease a Bike. A circa 17 chilometri dall’arrivo, in un tratto con vento piuttosto teso e laterale, la squadra di Vingegaard si era spostata tutta dalla parte opposta rispetto alla direzione del vento. Erano solo in tre paralleli davanti, segno chiaro che si voleva aprire un ventaglio, che era in corso un attacco. Come abbiamo visto dall’immagine frontale, con la velocità sul filo dei 70 all’ora, non abbiamo fatto in tempo a pensare: «Attenti che ora succede qualcosa», che nell’inquadratura successiva c’era già la spaccatura.

Una situazione che, incontrato per caso dopo il traguardo, ci ha confermato anche Jacopo Guarnieri, che di ventagli e strade da queste parti se ne intende.

«E’ davvero incredibile – ha detto Philipsen – questa decima vittoria è qualcosa che non dimenticherò mai. La prestazione della squadra è incredibile. Credo che siamo stati lì tutto il giorno. Io ero nervoso sin dal mattino, avevo in mente questa tappa e questa maglia. Ma sapevamo che poteva essere la nostra occasione, dovevamo “solo” stare davanti e così abbiamo fatto».

«La squadra è stata incredibilmente forte. Eravamo in tanti davanti, potevo fare gioco su di loro e dovevo solo completare l’opera. Negli ultimi 15 chilometri tutto è andato per il verso giusto. E negli ultimi due chilometri tutti gli spettatori, tutte le persone dietro le transenne, mi hanno fatto venire la pelle d’oca. Avevo una forza extra grazie a questa adrenalina.
«La maglia gialla? Un sogno che si avvera. A casa ho già la maglia verde, ora avere la maglia gialla appesa da qualche parte sui muri sarà incredibile».

Milan, ci ripensa

Il 39° classificato, vale a dire il primo del gruppo inseguitore, è stato Jonathan Milan. All’arrivo era veramente deluso, quasi scocciato. Lui sì che era partito col piede giusto. Aveva infatti conquistato il traguardo volante.

«Dispiace – ci ha detto mentre tornava al bus – perché la gamba era buona. Poteva essere una bella occasione, per questo dà fastidio. Ero proprio lì quando si è aperto il ventaglio. Uno o due corridori davanti a me. Ho visto tutto chiaramente, ma pensavamo si chiudesse subito. Erano pochissimi metri. Poi un corridore della Groupama-FDJ ha fatto il buco e…
«Dietro tiravamo, ma non sempre e non tutti. Non capisco la Soudal Quick-Step, avevano Remco e Merlier si poteva chiudere finché erano vicini. Noi ci abbiamo anche un po’ provato, ma davanti andavano forte».

In effetti che la gamba fosse buona si capisce anche dalla lucidità con cui Milan racconta. Dal suo recupero. Altri ci sono apparsi più stanchi. Il gigante di Buja invece era bello presente, tranquillo. Di positivo c’è la consapevolezza che può fare bene.

Ganna, che dolore

Ci rispostiamo dunque nella zona della Ineos Grenadiers. Arrivano le ammiraglie. Cerchiamo di saperne di più da Oliver Cookson, uno dei direttori sportivi. Ganna era già nel bus. Era arrivato nel corso della tappa. Caduto dopo circa 52 chilometri, si è fermato poco dopo il centesimo chilometro di gara.

«Al momento – spiega Cookson – non posso aggiungere molto perché c’è lo staff medico sul bus che lo sta visitando. Sembra una botta alla testa, ma non si può dire nulla finché non si ha un referto del medico. Sulla salita di Mont Cassel lo abbiamo visto sfilarsi, poi abbiamo continuato a parlare con lui, cercando di farlo stare tranquillo, di vedere come andava. Se ci ha chiamato lui? No, anche perché dopo la caduta la radio non funzionava. Gli siamo stati vicini con la macchina, ma a un certo punto ha detto basta. Sentiva dolore. E se uno come Pippo sente dolore, significa che questo c’è».

La delusione è tanta, sia per lo staff che per i tifosi. Ganna aveva una gran voglia di fare bene e di vincere la crono di Caen in maglia tricolore.

«Purtroppo il ciclismo è uno sport duro – riprende Cookson – ore e ore di lavoro, mesi a prepararti, e Pippo lo aveva fatto benissimo, e tutto svanisce in pochissimo. La crono di Caen poteva essere una grande opportunità. Ma succede, come ci era già successo al Giro d’Italia 2020, quando perdemmo subito Thomas e dovemmo ridisegnare tutta la corsa.
«La perdita di Pippo non sarà facile da gestire. Lui è uno dei nostri corridori più rappresentativi e anche per i ragazzi era un riferimento. Ma il Tour è molto lungo. Ripartiremo in qualche modo. Certo che non siamo partiti bene. Siamo appena arrivati e devo vedere tutto, ma credo che ne avessimo solo uno nel primo gruppo».

I velocisti al Tour? Per Malucelli è una lotta a tre

03.07.2025
5 min
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«Jonathan Milan, Jasper Philipsen e Tim Merlier – ci dice Matteo Malucelli appena accenniamo all’argomento della chiamata – sono i tre velocisti più forti al Tour de France. Le sette volate previste se le spartiranno loro».

La Grande Boucle, che partirà da Lille sabato 5 luglio, non sarà solamente l’ennesimo banco di sfida tra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard. Il Tour de France è la corsa a tappe più importante al mondo e di conseguenza diventa il palcoscenico sul quale ammirare i migliori ciclisti al mondo, qualsiasi siano le loro caratteristiche tecniche. 

secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan
secondo Malucelli la vittoria di tappa del Delfinato è un segnale molto positivo per Milan

Milan e la forza del team

Partiamo parlando di Jonathan Milan. Il velocista della Lidl-Trek arriva al Tour de France per la prima volta nella sua carriera. Un avvicinamento curato nei minimi dettagli e forte delle buone risposte arrivate dal Giro del Delfinato. Malucelli e Milan si sono incrociati al campionato italiano: vero che lui come tutti gli altri si è fatto mettere nel sacco da Conca e dalla Swatt Club, ma i segnali visti sono positivi. 

«Milan sta andando fortissimo – prosegue Malucelli – al Delfinato non è arrivato in una super condizione e ha fatto fatica. Però è stato giusto così, in una gara del genere non devi presentarti al 100 per cento. Anzi, meglio arrivare con qualcosa da migliorare. In altura ha lavorato tanto quindi ha perso qualcosa nello sprint secco e una corsa come il Giro del Delfinato serve per ritrovare la giusta brillantezza. Ha vinto una tappa e questo è un ottimo segnale. Vero che nella quinta è stato battuto, però dopo tanti chilometri e molti metri di dislivello ci sta. Domenica l’ho visto in azione all’italiano, dopo 230 chilometri aveva ancora gambe e stava molto bene».

«Se avesse avuto la squadra – dice ancora – avrebbe vinto il campionato italiano. Al Tour, Milan si presenta con la formazione più forte: Theuns, Stuyven e Consonni sono affiatati e lavorano benissimo insieme».

Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem
Merlier ha dimostrato di poter battere Milan anche in rimonta, come fatto al UAE Tour e alla Gent-Wevelgem

Merlier, il più forte

Tim Merlier sarà l’uomo veloce della Soudal Quick-Step. La formazione belga si schiererà però a favore di Remco Evenepoel con l’intento di lottare per la classifica generale. Il campione europeo in carica e il nostro Milan si sono scontrati poche volte quest’anno spartendosi però le vittorie in palio. 

«Penso che Merlier – racconta Malucelli – sia il più forte dei tre nomi citati. Lo confermano i numeri e la maglia di campione europeo che porta addosso. Tuttavia al Tour si presenta con una squadra votata ad altri obiettivi. Per vincere dovrà correre sulla ruota di Milan e del treno della Lidl-Trek, facile a dirsi ma molto più difficile a farsi. Tutti vorranno incollarsi al team più forte, anche lo stesso Philipsen.

«L’unico che può battere Milan in un testa a testa è Merlier. Il belga ha la forza per superare Jonathan anche quando è lanciato alla massima velocità. lo ha dimostrato diverse volte. Però senza il supporto dei compagni è difficile arrivare posizionati bene in una volata del Tour de France. Alla lunga questo fattore potrebbe incidere». 

Philipsen e il fattore VDP

Il terzo nome fatto da Matteo Malucelli è quello di Jasper Philipsen, l’unico dei tre ad aver vinto la maglia verde al Tour de France (era il 2023, ndr) e uno sprinter forte. Tuttavia questa stagione non ha sorriso molto al belga della Alpecin-Decuninck che ha conquistato due sole vittorie fino ad adesso. 

«Sicuramente la caduta alla Nokere Koerse – analizza “Malu” – non gli ha fatto bene e ha compromesso la Sanremo e le prime Classiche e semi classiche di primavera. Poi ha raccolto qualcosa, ma non ha brillato. Lui però è uno che al Tour ci arriva sempre pronto e i risultati del Baloise Belgium Tour e del campionato nazionale testimoniano una buona condizione. Lo metto comunque un attimo sotto gli altri due, però dalla sua parte gioca il fattore Van Der Poel. Quando il tuo ultimo uomo è un corridore del genere hai un qualcosa dalla tua parte che gli altri difficilmente possono avere.

«A livello tecnico – conclude Malucelli – Philipsen non ha la forza per superare Milan una volta lanciato, deve sorprenderlo. Lo può fare in un modo solo, a mio avviso, ovvero mettendosi alla ruota di Van Der Poel alle spalle del treno della Lidl-Trek. Ai 300 metri dal traguardo VDP apre il gas e anticipa, in questo modo Milan deve uscire allo scoperto e prendere vento. Ai 150 metri Philipsen lancia la volata e rimane in testa».

Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay
Malucelli ha escluso altri velocisti dalla lotta per gli sprint, anche il vincitore della maglia verde lo scorso anno Biniam Girmay

Tutto equilibrato

«La cosa bella – dice infine Malucelli – è che tutti e tre sono molto forti ma non c’è il velocista capace di annientare la concorrenza. Tutti hanno delle caratteristiche di forza e delle “debolezze” che gli altri possono sfruttare. Non vedo l’ora di guardarli in azione. E a Parigi per me si arriva in volata! E’ una regola non scritta del Tour». 

Philipsen, qualche dubbio da scacciare per la sfida del pavé

11.04.2025
3 min
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Gli anni non sono mai uguali, ma questo sembra il meno uguale di tutti. Quelli forti sembrano ancora più forti e gli altri, che nel 2024 erano parsi alla loro altezza, sono alle prese con varie vicissitudini. Se nel 2024 la Alpecin-Deceuninck era arrivata alla Roubaix con Philipsen vittorioso alla Sanremo e Van der Poel al Fiandre, questa volta la sensazione è che l’olandese dovrà fare da solo. Philipsen infatti c’è, ma al pari di Van Aert non dà la sensazione di solidità che lo scorso anno gli permise di vincere la Classicissima e arrivare secondo nel velodromo francese.

Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier
Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier

Caduta alla Nokere Koerse

Nella squadra dei fratelli Roodhooft una spiegazione se la sono data e sono convinti che la situazione sia ormai recuperata. Alla radice di tutto ci sarebbe la brutta caduta che Philipsen ha subito alla Nokere Koerse. Si correva due settimane dopo la sua vittoria di Kuurne e tre giorni prima della Sanremo. E proprio nel giorno della Classicissima, Philipsen sembrò davvero lontano dalla baldanza dell’anno precedente.

«Sono caduto piuttosto violentemente battendo il viso – ha raccontato mercoledì dopo il secondo posto nella Scheldeprijs – e sento ancora dolore. Non voglio cercare scuse, la caduta è avvenuta tre settimane fa, ma non voglio sottovalutarla. Subito dopo ho avuto un vero e proprio contraccolpo, credo di aver subito un piccolo colpo di frusta. L’osteopata ha lavorato molto sui muscoli che dal collo vanno verso il cranio, perché ho sofferto parecchio di mal di testa e non mi sono sentito bene in diverse occasioni. Non mi sono sentito bene nemmeno durante gli allenamenti della scorsa settimana».

Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento
Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento

Nuovi dubbi a Waregem

Ci sono stati sicuramente medici chiamati a valutare la sua situazione e non può essere il racconto dell’atleta a far suonare qualche campanello d’allarme, ma certo la scelta di correre la Sanremo dopo una caduta così violenta potrebbe non essere stata la più azzeccata. Pensiamo a Elisa Longo Borghini, appena fermata per una settimana, dopo la caduta al Fiandre.

«Alla Gand-Wevelgem – aggiunge – sono stato bene (Philipsen è stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, perdendo poi contatto per una foratura, ndr), ma pochi giorni dopo, alla Dwars door Vlaanderen, ho avuto ancora una brutta sensazione e mi sono fermato. Quindi dovremo aspettare e vedere se sarò di nuovo in forma alla Parigi-Roubaix. Ci abbiamo lavorato duramente e speriamo che domenica saremo ricompensati. La Roubaix è in ogni caso la classica che più mi si addice. Faremo la valutazione dopo domenica».

Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura
Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura

L’avvicinamento di Philipsen alla Roubaix procede. Anche lo scorso anno era stato battuto da Merlier alla Scheldeprijs, ma non doveva fare i conti con i postumi della caduta. E’ certo che avere in gruppo il miglior Philipsen potrebbe dare a Van der Poel la leggerezza per accettare lo scontro frontale con Pogacar, contando sulla volata del compagno casomai gli attacchi non portassero a nulla. Anche se quest’ultima ipotesi suona davvero improbabile. Quelli forti sembrano così più forti degli altri, che difficilmente un attacco a due di quei due potrebbe cadere nel vuoto.