De Paolis: «La categoria under 23 è cambiata molto»

27.01.2022
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Si è parlato molte volte in questo periodo dell’argomento squadre continental e under 23 legato all’universo giovani ciclisti. Stefano Giuliani ci ha detto come gestisce la sua Giotti Victoria Savini-Due, squadra continental ma con ex professionisti in organico. Lo stesso ha fatto anche Matteo Provini della Petroli Firenze Hopplà, team under 23. Infine, chiamiamo a dire la sua anche Ivan De Paolis della Area Zero Proteam. Ivan ha fondato la squadra nel 2014, le cose sono cambiate negli anni, la sua è la più vecchia delle 13 continental italiane.

L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la squadra continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)
L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)

Questione di numeri

«Nelle stagioni 2014 e 2015 correvamo solamente con i professionisti e l’età media dei nostri corridori era di 23 anni. Negli anni – spiega – questa si è abbassata notevolmente, basti pensare che nel 2020 era di 20,08, mentre la scorsa stagione di 20,83 (Ivan è un uomo ed un diesse molto attento ai numeri, ndr). Con l’abbassarsi dell’età media è cambiato anche il nostro approccio alle corse, dal 2016 in poi ho aperto il calendario a molte gare under 23».

Come mai?

I primi anni (2014 e 2015, ndr) lavoravamo anche con corridori di ritorno da sfortunate esperienze con le professional come Mosca (foto Area Zero Proteam in apertura) e Pasqualon. Con l’abbassarsi dell’età media, ci siamo accorti di come i ragazzi che affrontavano per la prima volta la categoria under 23 avessero bisogno di confrontarsi con i pari età.

Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Quindi avete aperto anche alle gare under 23.

Sì, nel 2016 ne ho messe solo 9 e tutte internazionali, come il Trofeo Piva o il Belvedere poi ho aperto anche a quelle regionali. Per un ragazzo di 20 anni non è possibile confrontarsi con i professionisti, rischi di non finire neanche la corsa. Ad onor del vero va detto che non ho sempre lavorato con corridori di primo piano…

Matteo Provini ha detto che questo modo di lavorare rischia di far sparire le squadre under 23…

Il vero cambio di rotta c’è stato quando Colpack Ballan e Zalf Euromobil Desirée Fior hanno fatto la squadra continental. Prima di quel momento i corridori non prendevano molto in considerazione questo genere di squadre. C’è modo e modo di fare le cose, noi abbiamo sempre fatto tutto in maniera graduale.

Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Prima ci si accorgeva se un corridore potesse fare questo lavoro nei dilettanti, ora lo si scopre tra i professionisti, infatti molti tornano indietro.

Le continental ora sono il termometro dello stato di salute del ciclismo italiano. Noi corriamo tre tipologie di gare: under 23, gare con squadre professional e gare con metà gruppo formato da WorldTour, come al Giro di Sicilia. In queste gare capisci se un corridore ha la stoffa e le qualità per fare bene tra i pro’.

Tu hai avuto tanti ragazzi nella tua squadra nel corso degli anni, cosa è cambiato maggiormente?

Devo dire che col passare del tempo è venuto sempre meno lo spirito di squadra, soprattutto nel 2020 e 2021. Infatti, nel ritiro che stiamo facendo in questi giorni ho optato per far stare i  ragazzi tutti insieme. 

Ci sono corridori che tornano nei dilettanti dopo brevi esperienze nel professionismo.

Mosca e Pasqualon sono quelli che ho avuto modo di vedere io, da quest’anno abbiamo preso anche Mattia Viel, reduce dall’esperienza in Androni (ora Drone Hopper Androni, ndr). Fa strano pensare che ha 26 anni e già stava per smettere. C’è da dire che la fretta ce l’ha imposta anche la società dove si vuole tutto e subito.

Mattia Viel dopo aver chiuso la sua esperienza all’Androni ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel
Mattia Viel ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel

Tutto e subito, con meno spirito di sacrificio

Si è sempre alla ricerca dei giovani campioni e questo porta corridori sempre più giovani tra i pro’. Sembra, però, che la vera fretta di cercare campioni ce l’abbiano le squadre professional, basti guardare l’esempio di Mosca e Pasqualon. Loro nelle professional sono stati scartati perché magari non erano dei corridori vincenti. Poi però una volta inseriti in un organico valido come quello di una squadra WorldTour sono diventati dei gregari di lusso.

«E’ una giusta considerazione – ci dice Ivan – anche se, a dire il vero, sono i ragazzi che non vogliono più fare i gregari. Sono pochi quelli che prendono in considerazione questo tipo di carriera, ma non possono vincere tutti e questo va ricordato. Nel ciclismo vince uno solo e la squadra forte si basa anche su gregari forti.

In bici da due settimane, Jacopo dorme poco ma sorride sempre

07.08.2021
7 min
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Il 18 giugno scorso, in quella fornace esagerata con cui Faenza accolse il campionato italiano a cronometro, Jacopo Mosca sbagliò la terza di tre curve e spiccò il volo. In quelle ultime frazioni in cui il suo corpo era ancora sano, senza paura per il semplice fatto di non averne avuto il tempo, il piemontese fece in tempo a processare ogni informazione che i suoi occhi e i suoi sensi furono capaci di raccogliere. Tanto che quando oggi ti racconta la scena, si fa fatica a non avere la pelle d’oca.

A Sega di Ala con Brambilla, scortando Nibali: «L’incidente al polso – dice Jacopo – ha cambiato ogni cosa»
A Sega di Ala con Brambilla, scortando Nibali: «L’incidente al polso – dice Jacopo – ha cambiato ogni cosa»

Ricordi chiarissimi

«Io mi ricordo tutto – Jacopo racconta – ero all’inizio della discesa. Ero andato per due volte con Tiberi a vedere quel passaggio e ci eravamo detti che non c’erano curve pericolose. Sinistra, destra, sinistra. In discesa sono uno che va, ma quel giorno neanche ho rischiato tantissimo. La prima l’ho fatta e ho preso velocità. La seconda l’ho fatta e mi sono ritrovato a 73 all’ora. Mancava la terza, ma ho perso il controllo della bici. La ruota dietro ha scodato. C’erano una siepe e un albero. Sulla siepe mi sono grattato. Contro l’albero ho rotto la clavicola. E cadendo sulla strada ho fatto il resto. La prima cosa è stato vedere se le gambe si muovevano. Fatto quello, ho lasciato che Slongo e mio padre che erano in ammiraglia mi aiutassero a spostarmi perché ero in mezzo al percorso. In quel momento ho capito di avere qualcosa ai polmoni, perché respiravo come Darth Wader di Guerre Stellari. Ed ero pieno di sangue per il taglio sull’orecchio. Però ero ancora vivo».

Casa Mosca

Benvenuti a casa Mosca, primi giorni di agosto, gli ultimi delle Olimpiadi. Jacopo ha già ripreso ad andare in bicicletta, ma da qui a dire che sia pronto per riattaccare il numero il passo è chiaramente molto lungo. Una caduta così è tanto se la racconti avendo ogni pezzetto al suo posto. E se pure lui ha vissuto tutto e riesce a raccontarlo con grande lucidità, chi gli era accanto ha trascorso un avvio di estate a dir poco preoccupante.

«Le tac – prosegue Jacopo – sembravano un bollettino di guerra. La questione più delicata era il pneumotorace. Per la clavicola sono stato operato. Costole e schiena sarebbero andate a posto col tempo. Non è stato bello avere il drenaggio ai polmoni, ma in quei primi giorni ho capito che la questione era risolvibile. Brutta, ma risolvibile. Tanto che il giorno dopo, quando è venuto il dottor Magni, per prima cosa gli ho chiesto quando sarei potuto uscire».

Mosca e Moscon, sorrisi dal Giro d’Italia: il buon umore non guasta mai
Mosca e Moscon, sorrisi dal Giro d’Italia: il buon umore non guasta mai
Adesso come stai?

Sto recuperando abbastanza, ma sarà lunga. Sono in grado di andare in bici, ci sono risalito 15 giorni fa, 32 dopo la caduta. Per ricominciare, la squadra mi ha mandato la bici che normalmente si usa alla Roubaix, che è un po’ più morbida. Sulla mia non riuscivo quasi a starci. E’ tanto rigida e con la posizione in avanti, che non arrivavo alle leve dei freni. Però ho ricominciato a uscire, anche se tornavo a casa con più battiti che watt. E ora ho ripreso la bici di sempre…

Dopo quella crono saresti andato in vacanza?

Era l’ultima gara della prima parte di stagione. Avrei staccato e me ne sarei stato tranquillo. Per fortuna è successo dopo il Giro, che era la parte più importante della mia stagione. Ripartirei domani se fossi in grado, a livello di voglia non vedo l’ora. Ma con la squadra ci siamo detti di usare il cervello e di stare tranquillo. Che se anche non rientro in corsa quest’anno, mi aspettano per il prossimo. Non sono più nella fase precaria della mia carriera in cui dovevo preoccuparmi per il contratto, quella l’ho superata. Se fossimo ancora a quegli anni, adesso avrei addosso uno stress…

Hai parlato del Giro.

Personalmente sono soddisfatto, perché ho confermato quanto di buono avevo fatto vedere l’anno prima nello strano Giro corso a ottobre. Ovviamente come squadra sarebbe potuto andare molto meglio. Nei primi giorni ho fatto un gran lavoro. E secondo me ho fatto anche qualche bella impresa.

Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter che c’era il giorno della caduta
Ha ripreso la bici 32 giorni dopo l’incidente: qui Jacopo con papà Walter
Ad esempio?

Ne ho riso con Affini nei giorni successivi. Ci siamo ritrovati in fuga il giorno dello Zoncolan. Io per aiutare Mollema che poi à arrivato quinto, lui per Bennett che è arrivato settimo. E ci siamo detti che per noi è stato un grande risultato. La squadra era soddisfatta, perché ho fatto il mio lavoro come dovevo.

Cosa manca per dire che sei a posto?

Ci sono state due complicazioni. La prima un versamento pleurico al polmone sinistro. La seconda che la ferita dell’operazione non si è ancora chiusa per un’infezione. Hanno trovato un batterio che ho curato con l’antibiotico e ora sto aspettando e facendo terapie aspettando che si chiuda del tutto. Sono al 90 per cento di mobilità della spalla, poi dovremo mettere a posto la schiena. Faccio tanto lavoro di recupero funzionale.

Si dice sempre che il giorno dopo è il peggiore…

A parte le fratture e il resto, il vero dramma erano le notti. In ospedale i primi giorni dormivo a dire tanto due ore, sommando i pezzettini di sonno che riuscivo a fare. Ricaricavo il telefono tre volte al giorno, ero sempre attaccato a leggere e far passare il tempo. A casa non riuscivo a stare disteso a letto, finché mia madre ha avuto l’idea geniale e mi ha proposto di dormire sul divano. E fra cuscini e posizioni varie, sono passato 3-4 ore per notte.

Il 2021 era iniziato alla grande: qui la vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Vittoria di Teuns a Sanremo, il contributo di Jacopo non è mancato
Ne hai approfittato per seguire il ciclismo in tivù?

Con le dirette integrali, non mi sono perso un solo chilometro di corsa. La corsa di Tokyo l’ho vista dalla partenza, quella delle donne idem, ma partiva più tardi.

Come sarà in Trek senza più Nibali?

Devo dire che in questi ultimi tempi non ho seguito molto le vicende del mercato. Però perdere uno come “Vince” un po’ ti cambia, poi vedi quello che ha fatto Ciccone al Giro e ti dici che l’uomo da classifica lo abbiamo. Ma in questo anno e mezzo da Nibali ho imparato tanto.

Che cosa?

L’ho osservato in ogni cosa. La sua guida in discesa, ad esempio. Quando scendi alla sua ruota capisci perché sia uno dei più grandi al mondo. Fa linee perfette e mai al limite. Non lo vedi preoccupato, è sempre in controllo. Dispiace che sia caduto prima del Giro.

Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione di Jacopo Mosca, in appoggio a Nibali e Ciccone
Il Giro d’Italia è stato il momento clou della prima parte di stagione
Un brutto colpo, hai ragione.

Siamo stati in stanza insieme sul Teide e poi al Giro. Quando punta a un obiettivo sta nel suo mondo, concentratissimo. Ma visto come andava in altura e i tanti sacrifici che abbiamo fatto, quando ho sentito che era caduto e si era rotto il polso, mi è dispiaciuto prima per l’uomo e poi per l’atleta. Non sono i cinque giorni di bici che perdi, ma un incidente così alla vigilia del Giro ti condiziona. Passi da essere super motivato a perdere la fiducia.

Tanta voglia di ripartire quest’anno, pensi che ci riuscirai?

Mi piacerebbe fare qualche corsa a fine stagione, ma bisogna ragionare. Se sarò all’altezza, ci sarò di certo. Ma anche parlando col dottor Magni si diceva di capire bene ogni cosa. Se per fare tre corse a ottobre, devo pregiudicarmi la possibilità di fare un buon inverno, allora tanto vale avere pazienza sino alla fine.

La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento
La mobilità della spalla è ormai arrivata al 90 per cento

Una nuova vita

Il sorriso è discreto come al solito. Benvenuti a casa dell’uomo che ha dovuto sudarsi il suo posto nel mondo, ma che alla Trek-Segafredo ha cambiato vita e prospettive. La sua calma davanti a un incidente così brutto si deve anche a questo. Quando intorno hai solo punti di riferimento solidi, capisci che poteva andarti anche molto peggio e che nel brutto sei stato fortunato. Ci sarà da chiedere scusa ai propri cari per lo spavento e le settimane d’inferno. E ci sarà soprattutto da lavorare sulle curve a sinistra. Quelle, amico Jacopo, ancora danno qualche problema…

Per Jacopo Mosca due vittorie e una piadina

24.03.2021
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Nel weekend indimenticabile della Trek-Segafredo, primo Jasper Stuyven a Sanremo, primo Matteo Moschetti a Sesto Fiorentino e prima Elisa Longo Borghini a Cittiglio, un ruolo molto importante l’ha giocato Jacopo Mosca. Chiaramente a Cittiglio non c’era! Ma nelle altre due prove il piemontese ci ha messo del suo. 

L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…
L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…
Jacopo, due vittorie su due gare: una bella soddisfazione…

Decisamente! Sono stato presente a tutte e due e in entrambe sono stato parte attiva, ma non ho fatto nulla di eclatante, soprattutto a Sanremo, il merito è stato tutto di Jasper, bisogna essere onesti. Però è stato bello far parte di una vittoria storica per il team.

Raccontaci la vigilia della Sanremo…

Una vigilia classica. Il giretto il giorno prima con la squadra, i massaggi e la riunione dalla quale è emerso che Stuyven e Nibali erano i leader. Noi dovevamo metterli nelle condizioni migliori in corsa, soprattutto nel finale.

Qual era il tuo ruolo?

Dovevamo essere nel vivo della corsa. E’ chiaro che non siamo partiti con l’idea concreta di vincere la Sanremo. C’è differenza tra l’avere il leader per giocarsela e quello per vincerla, però ci hanno detto di provarci, di crederci sempre. E lui è stato bravo a cogliere l’occasione. Se fosse rimasto in gruppo cosa avrebbe fatto? Un sesto, un ottavo posto in volata? Dovevamo proteggere i capitani, portarli avanti nel finale. Io in particolare dovevo stare vicino a Vincenzo, ma alla fine è stato un gioco di squadra perché siamo sempre stati tutti insieme. Io mi sono staccato nel finale del Poggio. A quel punto in discesa, dopo due curve ho sentito alla radio che Stuyven aveva attaccato. Così, mi sono detto: aspetta, fammi ascoltare.

Fantastico, ti sei sentito la “radiocronaca”!

Sì! Sono sceso “tranquillo” tanto non sarei più rientrato, ho “portato la bici al traguardo”. Negli ultimi due chilometri ho pedalato in pratica con il dito sulla radiolina per ascoltare meglio. Vicino a me c’era Vliegen, il belga della Wanty, amico di Stuyven. Gli dico: Jasper è davanti. E lui è restato con me. Poi ho sentito gli urli e ho capito che avevamo vinto!

E 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto Fiorentino
E 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto Fiorentino
Caspita, è una soddisfazione doppia per te sapendo della tua storia. Nell’estate del 2019 sei passato da una continental, la D’Amico, ad una WorldTour, la Trek-Segafredo…

Se mi avessero detto che mi sarei ritrovato qui, non ci avrei creduto. Già fare il Giro l’anno scorso con Vincenzo è stato un qualcosa d’incredibile. Così come è stato bello aspettare Jasper sul bus. Ci ha messo almeno un’ora e mezza ad arrivare…

Eh lo sappiamo, anche in conferenza stampa non arrivava mai! Che poi mentre ritornavamo verso il quartier tappa abbiamo incrociato due tuoi compagni con la bottiglia dello spumante del podio… 

Sì, erano Simmons e Mullen. Loro si erano staccati e sono passati sul traguardo mentre c’era la premiazione. Così hanno preso direttamente la bottiglia di Jasper e l’hanno portata al bus.

E ne hai bevuto un goccio?

Sinceramente no! E’ stata una vittoria di squadra. Abbiamo lavorato bene questo inverno e non è stata una sorpresa ritrovarsi competitivi per queste corse. Per battere Van der Poel, Van Aert, Alaphilippe devi essere al 100% e serve anche un po’ di fortuna.

Fortuna, alla fine siete sempre lì…

Beh, diciamo che nulla deve andare storto.

E poi sei partito per Sesto Fiorentino, per la Per Sempre Alfredo. Immaginiamo una vigilia molto diversa, visti i tempi ristretti.

Parecchio diversa! Io e Conci siamo partiti poco dopo l’arrivo di Stuyven al bus. Con noi in macchina c’era Baffi. Siamo arrivati in hotel dopo le 23 e tutti già erano a letto.

E dove avete mangiato?

Abbiamo preso una cosa al volo in autostrada. Di questi tempi anche trovare un autogrill aperto non è facile. Io ho preso una piadina e Conci non ricordo, un panino mi sembra.

E la mattina dopo altra riunione lampo sul bus per la Per Sempre Alfredo. Come è andata?

Bisogna essere onesti: il livello non era quello del giorno prima.

Le corse facili non esistono…

Noi avevamo Moschetti e se non vinci certe gare meno importanti, ti dicono che “non vinci neanche quelle”.

Moschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cielo
Moschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cielo
Quindi per certi aspetti c’era anche più pressione?

Ah, sì sì. Comunque era un percorso nuovo, nessuno lo conosceva o sapeva come sarebbe andata. Con quelle salite iniziali tutti hanno cercato di staccare Mareczko, il più veloce, e per noi che venivamo dalla Sanremo è stato un bene, perché alla fine si è fatto un buon passo, ma regolare. Non era un ritmo impossibile. E questo ci ha aiutato a smaltire un po’ la corsa del giorno prima. E poi anche noi non è che potevamo andare a tutta, altrimenti si sarebbe staccato Moschetti. Quindi dopo le tre salite iniziali, una volta in pianura, abbiamo preso in mano la corsa. Eravamo in sette, cinque scalatori, più Moschetti ed io, che ancora non so bene cosa sono!

E qual è stato il tuo compito?

Ho fatto l’ultimo uomo. Tra l’altro è stato tutto molto scenografico perché ai quattro chilometri dal traguardo c’è stata una caduta (in cui è rimasto coinvolto anche Mareczko, ndr), noi l’abbiamo mancata perché eravamo messi bene. Devo averlo pilotato bene. Ho lasciato Matteo ai 200 metri e ai 50 ero già con le braccia al cielo. Si è visto subito che era davanti. Aveva due bici di vantaggio.

Come si trovano le motivazioni per due gare tanto diverse e con due sforzi tanto ravvicinati?

Le mie motivazioni sono sempre alte in questo team. Il mio lavoro viene notato e sono apprezzato. Qualsiasi gara devo fare, io ci sono e do il massimo. Se poi arriva una corsa come la Coppi e Bartali nella quale magari ho qualche occasione per me, spero di coglierla, come il terzo posto nella tappa di Asti al Giro dell’anno scorso. Ma prima di tutto spero di essere un valido supporto per i leader.

Mosca contro corrente: «Il 2020 me lo tengo…»

16.01.2021
5 min
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Per tanti il 2020 è stato un anno da dimenticare. Non per Jacopo Mosca, uno che ha sempre saputo tirare fuori il meglio nelle difficoltà e, in una stagione complicata come quella passata, ha sfoderato doti che gli sono valse la riconferma nella Trek-Segafredo: mica poco per uno che soltanto un paio d’anni fa rischiava di rimanere a piedi. Ma il ventisettenne piemontese non si è mai dato per vinto e nell’anomalo Giro d’Italia autunnale dello scorso anno è stato l’ombra dello Squalo Vincenzo Nibali, un ruolo che spera di calzare anche nei prossimi mesi. Direttamente dal ritiro di Denia, in Spagna, ha aperto la sua valigia dei sogni.

Nel 2017 conquista la classifica finale del Tour of Guanxi
Nel 2017 conquista la classifica finale del Tour of Guanxi
Com’è stata la ripresa?

Dopo il Giro d’Italia avevo bisogno di tanto riposo. Adesso siamo col gruppo della Trek-Segafredo, abbiamo iniziato il 10 e termineremo il 25. Ci stiamo allenando bene, anche se siamo divisi in tre bolle differenti

Tu con chi giri più spesso?

Sono in camera con Mollema. Bauke è un grande, un po’ particolare, ma molto simpatico. Quando vuoi chiacchierare, lui lo fa sempre volentieri, altrimenti io mi metto la musica nelle cuffie e lui si mette a leggere. 

Riavvolgiamo il nastro: ti aspettavi un 2020 così?

Non ho mai pensato di poter vincere una corsa vera e propria, mentre quest’anno mi sono trovato a scattare sulla Cipressa nella Milano-Sanremo. E’ stato strano, ma direi che è stato un anno più che positivo.

Il momento clou è stato poi il tuo secondo Giro d’Italia: ce lo racconti?

Il lavoro che ho fatto mi ha reso orgoglioso. Poi, il giorno in cui siamo passati da Osasco è stata un’emozione unica, da pelle d’oca: passare davanti a casa mi ha riacceso, dopo che la luce si era spenta per le fatiche dello Stelvio di qualche giorno prima.

Jacopo Mosca è nato nel 1993 a Savigliano, ma vive a Genova
Jacopo Mosca è nato nel 1993 a Savigliano, ma vive a Genova
Ti è piaciuto vivere nell’ombra dello Squalo?

Avere un leader come Vincenzo ti fa tirare fuori non il 110 e nemmeno il 120, ma il 150 per cento. Certe volte sei oltre il limite, ma sai che stai lavorando per lui e riesci a dare tanto di più. E’ incredibile vederlo limare in gruppo: penso che sia uno dei maestri, lo fa quasi meglio di un velocista.

Il tuo programma seguirà quello di Nibali anche nel 2021?

No, a inizio anno farò le gare in Francia: comincerò il 3 febbraio con l’Etoile de Bessèges, poi il Tour de la Provence e le due semiclassiche Drome e Ardèche. Rientrerò in Italia per il Laigueglia del 3 marzo, dopodiché farò la Parigi-Nizza. Il programma poi è di fare il Giro al fianco di Vincenzo, ma adesso siamo a gennaio e la Corsa Rosa è a maggio, per cui vedremo in che condizioni sarò.

Anche perché si parla di una partenza da Torino…

Infatti, sarebbe davvero molto bello.

Le trasferte in Oriente erano il suo pane quotidiano: qui maglia dei Gpm al Tour de Guanxi 2019
Le trasferte in Oriente erano il suo pane quotidiano
Pochi ma buoni: sei d’accordo con questa massima sui piemontesi nel mondo del professionismo?

Ma in realtà non siamo nemmeno pochissimi, perché col passare degli anni c’è sempre più scrematura e selezione a livello internazionale. Basta guardare al numero dei corridori delle categorie giovanili e di quanti smettono da allievo o da juniores prima di passare dilettanti. Certo, con la crisi che stiamo vivendo per colpa del Covid sicuramente qualche talento andrà perso.

Piemontese è anche Filippo Ganna: ti saresti aspettato un’esplosione così anche su strada?

Nel 2015 abbiamo corso insieme nella Viris. Credo che nessuno si sarebbe aspettato un’esplosione del genere: ne sono molto felice perché lui è un buono da quando lo conosciamo negli esordienti ed è rimasto sempre lo stesso. Un po’ matto, ma ora fa faville.

Tu sei uno che ha tenuto duro ed è stato ripagato: che consiglio ti senti di dare alle nuove leve in questo momento così complesso?

Di non mollare, perché la classica frase “la ruota gira” è vera. Se fai le cose nel modo giusto e dando tutto quello che hai, prima o poi le soddisfazioni arrivano. Per me è stato così con la chiamata della Trek-Segafredo: l’importante è dare il massimo e non aver rimpianti.

Mosca terzo su traguardo di Asti all’ultimo Giro, dopo Cerny e Campenaerts
Qui Mosca, 3° su traguardo di Asti all’ultimo Giro
Il tuo sogno per questa stagione?

Spero di riuscire a confermare e far vedere che posso essere un supporto prezioso per i capitani. Grandi ambizioni personali non ne ho, quindi, vedo questo come obiettivo di tutta la carriera: essere un gregario affermato e solido.

Com’è la vita del gregario?

Non è difficile. Il punto di partenza sta nel capire che c’è chi è fatto per vincere e chi ne ha meno le possibilità, non perché sia scarso e vada meno, ma per una serie di motivazioni da sommare tra di loro. Comunque, quando vedi il tuo capitano vincere o lottare fino alla fine per un buon piazzamento, sai che tu hai dato il massimo per permettergli di trovarsi lì e sei soddisfatto. Ovviamente, se poi arriva il risultato, lo sei ancora di più.

La salita che preferisci in allenamento?

Pramartino, che è stata fatta tante volte al Giro. Oppure anche Prarostino, che è un’altra collinetta vicino a casa: hanno strappi belli duri.

E la più bella che hai fatto in corsa?

Vorrei dire lo Stelvio, ma ho sofferto talmente tanto che l’ho rimosso. Sarò di parte da piemontese, ma dico il Colle delle Finestre, fatto al Giro del 2018 nel giorno dell’impresa di Froome. Ha un suo perché.

Trek, gare virtuali Zwift

Trek ti invita a sfidare i suoi campioni

03.12.2020
2 min
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Con l’avvicinarsi della stagione invernale Trek ha pensato di organizzare 11 appuntamenti virtuali per dare la possibilità a tutti gli appassionati di potersi misurare “virtualmente” con i campioni dei team professionistici strada o mountain bike che sponsorizza.

Per gli appassionati di ciclismo su strada sono state organizzate 5 social ride con il team Trek-Segafredo mentre per gli amanti del cross country sono stati programmati 6 eventi con gli atleti del Trek Factory Racing. Basterà collegarsi a Zwift per poter pedalare con atleti del calibro di Mads Pedersen, Lizzie Deignan, Elisa Longo Borghini, Stéphane Tempier e Jolanda Neff.

Gli appuntamenti 

Le pedalate virtuali con gli atleti saranno programmate nei seguenti giorni:

8 dicembre: Toms Skujins, vincitore di tre tappe al Tour of California e della Tre Valli Varesine e Elisa Longo Borghini, bronzo olimpico e sei volte campionessa nazionale tra strada e cronometro.

15 dicembre: Mads Pedersen, campione del mondo nel 2019 e vincitore della Gand-Wevelgem 2020 e Lucinda Brand, ciclista su strada e ciclocrossista olandese.

22 dicembre: Lizzie Deignan, argento olimpico, un titolo mondiale e vincitrice della Liegi-Bastogne-Liegi 2020 e Jacopo Mosca, ciclista su strada e professionista dal 2017.

29 dicembre: Elisa Longo Borghini e Jacopo Mosca professionista dal 2017.

Tutti i partecipanti avranno la possibilità di condividere la propria storia taggando @Trek_italia. Le storie più simpatiche saranno condivise sul profilo ufficiale.

trekbikes.com

Jacopo Mosca

Jacopo Mosca, professione gregario

16.09.2020
2 min
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Jacopo Mosca è passato professionista nel 2017 ed è davvero un bravo ragazzo: così dicono tutti quelli che lo conoscono e proprio per questo forse la sua vita alla fine ha preso la direzione che il ragazzo piemontese aveva sempre sognato.

Nelle prime due stagioni alla Wilier Triestina, Mosca ha messo insieme una tappa e la vittoria al Tour of Hainan, mentre nella stagione successiva ha conquistato la maglia a punti della Tirreno-Adriatico. Poi però è stato lasciato a piedi, con la poco elegante spiegazione che non fosse adatto per fare il corridore.


Al suo fianco si è mobilitato così Matteo Provini, diesse fra gli under 23, poi gli ha spalancato le porte la continental D’Amico-Area Zero. E quando a metà stagione di lui si è ricordato Luca Guercilena, che lo aveva avuto come stagista, e lo ha portato alla Trek-Segafredo, lui quasi era in difficoltà con Massimo Codol e Ivan De Paolis che lo avevano salvato dall’appendere la bici al chiodo.

Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La compagine italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca è con… Moschetti
Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La schiera italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca e Moschetti
Il 2020 in fondo non è stato così male…

Una strana stagione in cui ho ottenuto più di quel che pensavo. Al campionato italiano su 12 volte cha abbiamo fatto la Rosina, ho tirato sempre io. Dal giorno in cui ho firmato con la Trek-Segafredo sono un’altra persona e ho capito che sto meglio in una squadra con dei capitani, perché riesco a tirar fuori un altro Jacopo.

Stai parlando di Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone…

Cicco lo conoscevo da under 23. E’ rimasto genuino com’era nel 2015, ci vado tanto d’accordo perché posso dirgli le cose in faccia. Vincenzo invece l’ho sempre considerato inarrivabile, ma è molto alla mano. Lo vedi da come tratta i compagni e dal fatto che in corsa riesce a limare anche da solo. In una squadra così sei sempre nel vivo della corsa e non riesci a mollare.

Che cosa intendevi poco fa parlando di un altro Jacopo?

Un altro me stesso, un altro Jacopo Mosca. Pensavo che gli avvenimenti dei primi anni mi avessero segnato, ma ne sono uscito. E ora faccio il gregario, ben contento di aiutare i miei capitani a vincere.

Per il resto, cosa c’è nella tua vita?

Da novembre vivo a Genova perché la mia compagna Federica si sta specializzando lì in medicina. Il mare non mi fa impazzire, perché ho tutti i tratti del montanaro, per cui sto bene con la gente, ma anche da solo. Le montagne mi mancano, ma dopo aver rischiato di smettere, ci penso due volte prima di fasciarmi la testa.