La rinascita della velocità azzurra spiegata da Bragato

10.08.2022
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La differenza nel settore velocità azzurro l’hanno fatta la volontà di cambiare marcia, il tempo speso e l’entusiasmo di Ivan Quaranta. Parlando con Diego Bragato che segue la preparazione degli sprinter azzurri, il succo è proprio questo, a conferma che ci fosse soprattutto da rimboccarsi le maniche.

«Parlavamo con Miriam Vece che lavora ad Aigle con il suo allenatore – racconta Bragato – e ci rendevamo conto che lassù facessero le stesse cose nostre, ma tutti i giorni. Invece noi ci limitavamo a raduni meno frequenti e a programmi più blandi. Eravamo più concentrati sui corridori di endurance, che hanno la loro routine fatta di pista e strada. E quando venivano a Montichiari bastavano dei richiami. Invece per i velocisti la continuità palestra-pista è fondamentale. Ma c’erano poche risorse. Invece adesso Ivan si è buttato e di colpo le cose sono cambiate».

Bragato non ha dubbi: la svolta nella velocità è venuta con l’interesse federale e l’impegno di Quaranta (foto FCI)
La svolta nella velocità è venuta con l’interesse federale e l’impegno di Quaranta (foto FCI)
Da dove siete partiti?

Dai corridori che già conoscevamo e poi abbiamo iniziato ad allargare il campo degli juniores. Avendo buone prospettive siamo andati a parlare con atleti e squadre, proponendo loro di entrare nel gruppo velocità. Sul fronte della preparazione, fra Marco Compri e il sottoscritto c’era già il bagaglio di esperienze messe a punto prima con Ceci e poi con Matteo Bianchi, per cui programmare l’attività non è stato impossibile.

In che modo siete stati accolti?

Prendiamo la Campana Imballaggi, una delle società più coinvolte. Abbiamo detto loro che avremmo fatto più raduni, proponendogli che fossero ancora loro a gestire la componente strada per ottenere una formazione globale degli atleti. Si è creato un bel clima.

Le partenze, i cambi, l’affinità per gi europei, costruiti in ritiro a Montichiari (foto FCI)
Le partenze, i cambi, l’affinità per gi europei, costruiti in ritiro a Montichiari (foto FCI)
Quindi il velocista ha comunque bisogno della strada?

I tornei sono lunghi, le volate da ripetere sono tante. Predomo agli europei ha ottenuto nelle volate dei tempi migliori rispetto alle qualifiche (in apertura il bolzanino agli europei di Anadia, foto UEC). Segno che aveva una base migliore rispetto agli avversari.

Si è trattato quindi di intensificare la loro presenza in pista?

Sono sempre collegati con ritiri più o meno lunghi. Come base, c’è Montichiari per due volte a settimana. Ma prima degli europei, abbiamo fatto un ritiro di tre settimane. E in quella fase, si guardavano i video degli avversari, si facevano prove delle batterie uno ad uno. Potevano confrontarsi fra loro e il confronto in queste fasi aiuta a crescere. Chiedete a quelli del quartetto di ogni volta che ci sono selezioni da fare e che tirate danno…

Le indicazioni di Miriam Vece sono state cruciali per il rilancio del settore velocità (foto FCI)
Le indicazioni di Miriam Vece sono state cruciali per il rilancio del settore velocità (foto FCI)
Il ruolo di Miriam Vece qual è stato?

Abbiamo sempre parlato e ci dava le informazioni di quello che fanno a Aigle. Il progetto velocità è nato così. Lei adesso è legata al suo allenatore, ma abbiamo bisogno che torni in Italia. Speriamo di poterla riportare presto a casa.

Le sinergie con la Bmx sono così efficaci?

Sono contento dei risultati di Tugnolo. Abbiamo copiato dal sistema olandese, grazie a un cittì come Lupi che ha una buona apertura mentale. Siamo passati dal fatto che la pista possa essere per loro una buona fase di preparazione, al capire se siano possibili degli sviluppi diversi. Tugnolo è stato il primo a crederci e a raccogliere risultati.

E’ un processo bidirezionale? Un pistard potrà passare alla Bmx?

Negli juniores e a salire, temo sia unidirezionale. Per correre nella Bmx serve un livello tecnico altissimo, che non costruisci da grande se non l’hai fatto da bambino. Difficilmente uno junior può passare dalla pista alla Bmx. Ma lo stesso Tugnolo, ad esempio, per un po’ potrà ancora farle entrambe, perché nella Bmx è uno dei migliori. Poi penso che dovrà scegliere.

Quali sono i punti comuni?

Entrambi lavorano tanto sulla forza. L’atleta della Bmx nasce facendo palestra e partenze da fermo, il modo in cui dovrebbero crescere i velocisti. Con palestra e volumi di forza crescenti. Il problema è la paura di non andare più in salita e non vincere le volate su strada.

Bragato segue la preparazione del gruppo azzurro, fra endurance e velocità
Bragato segue la preparazione del gruppo azzurro, fra endurance e velocità
Occorre offrirgli alternative consistenti.

Abbiamo esordienti capaci di tempi ottimi a livello internazionale, titubanti davanti alle scelte da fare. La strada in Italia è un richiamo fortissimo. La nostra preoccupazione ora è consolidare questo percorso, per proporre loro un’alternativa.

Quaranta fa festa: 4 titoli europei nella velocità

28.07.2022
4 min
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Agli ultimi campionati europei su pista per juniores e under 23 disputati ad Anadia, l’Italia ha fatto la parte del leone con ben 16 medaglie d’oro, il doppio della Germania e un totale di 23 podi. Un dominio clamoroso al quale ha dato un importante contributo anche il settore velocità di Ivan Quaranta (foto FCI in apertura), con 4 titoli equamente ripartiti fra lo junior Mattia Predomo e l’under 23 Matteo Bianchi. Un risultato di grande valore, considerando soprattutto la concorrenza della scuola tedesca e polacca che da molti anni fanno il bello e il cattivo tempo, almeno a livello di categoria.

Nella sua analisi, il nuovo tecnico del settore Ivan Quaranta, ai suoi primi allori internazionali di spessore, punta proprio sull’aspetto della partecipazione.

«Il livello era alto – dice – e lo dimostrano le prestazioni ottenute a livello cronometrico: Bianchi con 1’00”911 non è lontano dal podio elite nel chilometro da fermo, ma anche gli inglesi nel team sprint con 44”168 hanno fatto un tempo assoluto. Negli juniores sui 200 metri lanciati in sei sono scesi sotto i 10”. Insomma è stata un’edizione più che degna».

Predomo Keirin 2022
Il podio del keirin U23, con Predomo vincitore e Minuta terzo dietro il polacco Marciniak (foto FCI)
Predomo Keirin 2022
Il podio del keirin U23, con Predomo vincitore e Minuta terzo dietro il polacco Marciniak (foto FCI)
Partiamo non dalle vittorie, ma dal bronzo nel team sprint perché è qualcosa di inconsueto per il nostro movimento, oltretutto la squadra azzurra ha trovato un elemento nuovo in Matteo Tugnolo, prelevato dal Bmx…

E’ il frutto di una collaborazione tra i due settori che ci porterà lontano, c’è una bellissima sinergia. Con Tommaso Lupi ci scambiamo continuamente informazioni. Tugnolo è ideale per le discipline veloci e ha potuto dare al terzetto quel qualcosa in più in termini di esplosività. Matteo è ancora da poco nel nostro gruppo ma proprio il team sprint, il giro di lancio sono l’ideale approccio con la nuova specialità, perché sfrutta le sue doti senza avere bisogno di quei lavori specifici che sta effettuando per le altre prove, dove ha bisogno di maggior tempo per emergere. Lui riesce partendo da fermo a esprimere una velocità superiore ai suoi compagni, invece più portati sul lanciato.

Questa collaborazione vedrà altri rider approdare alla pista?

Sicuramente, ne abbiamo già un altro, Frizzarin, un primo anno che sta facendo le sue esperienze. Ma la collaborazione non è a senso unico, nel senso che verifichiamo anche se e come è possibile far fare la doppia attività a questi ragazzi, poi sceglieranno dove impegnarsi maggiormente.

Intanto Bianchi ha conquistato due titoli, nel chilometro e nel keirin.

E’ un atleta ritrovato. Aveva già vinto un bronzo anni fa da junior, poi si era un po’ perso, soprattutto come mentalità, come motivazioni. Ritrovarlo a questi livelli è un grande risultato, è la dimostrazione che questi ragazzi ci devono credere, si può fare qualcosa d’importante con il tempo. Ma vorrei sottolineare anche la prova di Daniele Napolitano, argento nel keirin e bronzo nel team sprint, altro talento da coltivare.

Il Team Sprint U23: Bianchi, Napolitano e Tugnolo con i tecnici Ivan Quaranta, Tommaso Lupi e Diego Bragato (Foto Fci)
Il Team Sprint U23: Bianchi, Napolitano e Tugnolo con i tecnici Ivan Quaranta, Tommaso Lupi (Foto Fci)
Bianchi puntava ad accedere al centro Uci di Aigle. Il fatto di potersi ora allenare in Italia in una struttura consolidata può avergli restituito quella motivazione di cui dicevi?

Sicuramente. Non c’è bisogno di andar lontano, noi abbiamo tutto per emergere, dalle strutture al centro studi. Il gruppo è giovane e su quello dobbiamo lavorare, l’unico problema è che anni e anni di stop non si cancellano con un colpo di spugna, serve tempo. Il poter far gruppo è certamente un aiuto.

Predomo ti ha sorpreso? Oro nello sprint e nel keirin, bronzo nel team sprint con Milo Marcolli e Stefano Minuta…

Io avevo capito già dalla trasferta in Germania in primavera che poteva fare qualcosa di grande. I vertici sono lì, aveva lottato ad armi pari con i tedeschi, poi è cresciuto ancora. Delle due gare mi ha sorpreso la vittoria nella velocità, perché sapevo che nel keirin è forte, invece paradossalmente ha fatto più fatica lì, nella velocità che è tutta tecnica, dove solitamente soffriva l’avvio delle batterie si è saputo distinguere. Significa che è cresciuto anche mentalmente e strategicamente.

Conti di poter partecipare agli Europei assoluti di Monaco di Baviera?

Sì, porteremo questo gruppo di under 23 per farli confrontare con gli elite, con i campioni assoluti, ad esempio i mostri sacri olandesi. Sarà un bel test, i risultati non avranno importanza, servirà invece guardare con attenzione, capire i rapporti che usano, la frequenza di pedalata. Dico sempre loro che certi rapporti riesci a usarli solo dopo anni di esperienza, ma vederlo con i propri occhi sarà importante. Ci arriveranno, serve però tempo. Per ora sono molto competitivi con i pari età e questo va già bene.

Giada Capobianchi 2022
Giada Capobianchi, una delle azzurre dello sprint ad Anadia in un settore in pieno rinnovamento (foto Fci)
Giada Capobianchi 2022
Giada Capobianchi, una delle azzurre dello sprint ad Anadia in un settore in pieno rinnovamento (foto Fci)
A livello femminile come siamo messi?

Le ragazze impegnate ad Anadia si sono ben comportante, finendo non lontane dal podio considerando che Bertolini e Ratti sono primo anno junior. Il problema a livello femminile è il reclutamento, abbiamo numeri troppo ristretti e quindi partiamo con un maggiore handicap. Ma ci arriveremo anche lì…

Bianchi, a un passo da Aigle, poi la chiamata di Quaranta

27.05.2022
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Dalla nostra intervista con Ivan Quaranta, da quest’anno collaboratore tecnico del cittì Marco Villa per il settore velocità, è emerso come la Federazione stia iniziando a lavorare per far emergere anche queste discipline, finora un po’ trascurate. Uno dei ragazzi simbolo del movimento della velocità su pista è Matteo Bianchi, che aveva già le valigie pronte per andare al centro UCI di Aigle. Invece, con il progressivo aumento dell’interesse nel suo settore è rimasto, per lavorare fianco a fianco con Ivan Quaranta.

Intercettiamo Matteo appena rientrato da un allenamento, il gruppo velocità si trova in Germania, alle porte di Berlino per un weekend di gare. Matteo e compagni hanno appena concluso un lungo viaggio ed hanno fatto un’oretta per “sciogliere” le gambe.

Ai mondiali juniores del 2019, per Bianchi arriva il bronzo nel chilometro da fermo
Ai mondiali juniores del 2019, per Bianchi arriva il bronzo nel chilometro da fermo
Allora Matteo, mentalmente eri già a Aigle?

Praticamente. In Svizzera c’è il centro federale dove vengono accolti atleti da tutto il mondo, soprattutto di Nazioni minori. Non che l’Italia lo sia, ma nella disciplina della velocità il movimento scarseggiava, così per crescere e maturare ero pronto a partire con zaino e bici in spalla.

Cosa avresti fatto al centro UCI?

Per far fruttare al meglio il lavoro ed avere dei risultati il tempo da dedicare all’attività è molto, sarei rimasto lì dai sei mesi all’anno. Il centro mette a disposizione tutto quel che serve per allenarsi: pista, ovviamente, tecnici e palestre. Questo “erasmus” mi avrebbe permesso di avere stimoli diversi, confrontarmi con altri atleti e di crescere e maturare più velocemente. 

Sei giovane, del 2001, sarebbe stata anche un’esperienza di vita…

Sicuramente, a questa età prendere una decisione del genere sarebbe stato importante. Tuttavia non ci avrei pensato due volte, se si ha un obiettivo bisogna fare di tutto per raggiungerlo.

Il keirin è la seconda disciplina portata avanti da Matteo Bianchi
Il keirin è la seconda disciplina portata avanti da Matteo Bianchi
Invece è partito il gruppo della Nazionale, contento?

Sì, perché vuol dire che qualcosa si è mosso ed è importante. A livello di preparazione o di motivazioni andare in Svizzera non mi avrebbe frenato, come imparo qui avrei imparato anche lì. Sono uno che si adatta a quel che gli dicono di fare. Le esperienze alla fine le fai anche qui, vai in trasferta, impari a gestirti…

E’ un progetto appena partito, come sta andando?

Siamo da poco in movimento ma siamo motivati, con Quaranta lavoriamo bene, Villa rimane un punto di riferimento ma Ivan (Quaranta, ndr) sta facendo molto. Stiamo creando un bel gruppo, io sono il più grande, è un bel passo in avanti per tutti, anche perché riusciremo a fare tante gare e questo ci permetterà di maturare molto.

Per te che sei stato un po’ l’apripista tra gli atleti deve essere una bella soddisfazione…

Quella che la Federazione ci ha dato è una bella possibilità, fino a qualche anno fa non c’era questo movimento, ora grazie a Quaranta e Villa inizia ad esserci interesse verso la pista. Avere concorrenza tra atleti della stessa nazionale ed allenarsi tutti i giorni con un gruppo è molto accattivante ed è uno stimolo a lavorare ancora di più. Poi da poco si è unito anche qualche ragazzo dalla BMX, è un bel binomio quello che si sta venendo a creare.

Matteo e compagni negli allenamenti settimanali alternano pista e strada
Matteo e compagni negli allenamenti settimanali alternano pista e strada
I successi e le vittorie ottenute sono state uno stimolo nel far crescere il settore della pista in Italia?

Tutto quello che di positivo è arrivato ha contribuito a far sempre meglio, si pensi all’oro di Viviani a Rio e a quello del quartetto a Tokyo. Anno dopo anno si è cercato di ampliare il settore e migliorare tutte le discipline, ora è giunto il momento della velocità.

Hai accennato alle gare, quanto è importante confrontarsi con il resto del mondo?

Fa capire che c’è ancora tanto da fare e bisogna lavorare, ma direi che sicuramente è uno stimolo in più. Arrivare a competere con le Nazioni più attrezzate, come Francia, Germania, Inghilterra ce ne vuole.

Come lavori con Quaranta e tutto il gruppo?

Abbiamo due giorni a settimana dedicati all’attività su pista vera e propria e come tutti ci alleniamo a Montichiari. Poi a questo si unisce una buona parte di allenamenti si strada dove si allenano le partenze da fermo, volate, volate agili, la forza, la frequenza a la resistenza alla velocità. Un ruolo importante, di supporto e preparazione, lo giocano anche la mia squadra la Campana Imballaggi Geotex con Alessandro Coden ed il gruppo dell’esercito .

A che età arriva la maturazione in queste discipline?

Beh io ho visto che dalla categoria juniores a quella under 23 o elite cambia tutto: fisico, rapporti, e modo di correre. Quando cambi categoria e vedi quanto sono maturi gli altri atleti e che modo di correre hanno, via via più affinato. Secondo me intorno ai 25 anni hai il momento un po’ più prestante ma poi si rimane competitivi fino ai 30, anche di più.

Al momento, in partenza Bianchi usa il 63×13-14. I big spingono anche il 70
Al momento, in partenza Bianchi usa il 63×13-14. I big spingono anche il 70
Questo a testimoniare che sei, siete ancora molto giovani…

Sì, non ci facciamo prendere dalla fretta, il tempo è dalla nostra parte

I prossimi impegni quali saranno? 

Ne avremo ancora molti, il più importante sarà il campionato europeo U23. E’ un primo step per capire come siamo messi e che livello avremo raggiunto dopo quasi un anno di lavoro.

Velocità Francoforte 2022

Qualcosa si muove nella velocità juniores. Parola di Quaranta

19.05.2022
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Mentre a Milton si svolgeva la seconda tappa di Nations Cup, Ivan Quaranta ha portato i suoi ragazzi del settore velocità a Francoforte, alla Brandenburger Sprint Cup. La notizia è nel fatto che la truppa azzurra ha portato a casa una serie clamorosa di risultati di spicco, dalla doppietta di successi di Mattia Predomo fra gli juniores (con gli ori in velocità e keirin, con Marco Morgante al 3° posto), al record italiano assoluto della velocità a squadre, dove Matteo Bianchi, Mattia Tugnolo e Daniele Napolitano hanno fatto fermare i cronometri sul tempo di 44”785 togliendo oltre un secondo al vecchio record.

E’ chiaro che sono risultati da prendere col bilancino, ma che hanno un loro valore per un settore appena nato. A Quaranta, che fa parte dello staff di Marco Villa come responsabile del settore velocità, è stato chiesto un compito davvero arduo: colmare oltre 25 anni di (quasi) totale assenza. Riagganciare la storia del settore ai fasti di un ciclismo lontano nel quale l’Italia dominava il mondo.

Un record vecchio di 10 anni

Quaranta ha preso l’incarico molto sul serio e non si nasconde le difficoltà, ma l’entusiasmo è palpabile dalle sue parole. La discussione parte proprio dal tempo dei tre ragazzi.

«Il precedente record aveva oltre 10 anni – dice – era tempo di scendere sotto, ma va considerato che in Italia la velocità a squadre era stata dimenticata perché non avevamo tre atleti in grado di farla. Ora invece vogliamo coprire tutte le gare e in maniera seria. Il tempo dei ragazzi sarebbe valso il 6° posto a Glasgow e l’8° a Milton e parliamo di tre under 23».

Predomo Francoforte 2022
Il podio della velocità juniores. In finale Predomo ha battuto il polacco Marciniak
Predomo Francoforte 2022
Il podio della velocità juniores. In finale Predomo ha battuto il polacco Marciniak
Ci sono margini di miglioramento immediato?

Sicuramente, considerando ad esempio che la partenza non era stata all’altezza. Io penso che possiamo limare almeno mezzo secondo e ricordo che lo scorso anno con 44″ netti si vinsero gli europei di categoria. Io voglio far bene, portare questi ragazzi a competere ad alto livello per le gare titolate di categoria, ma il mio pensiero va anche oltre, a farli partecipare a europei e mondiali assoluti. Poi è chiaro, nella velocità a squadre magari andremo ai mondiali e arriveremo ultimi, ma almeno ci saremo. In cima alle scalate non ci arrivi se non parti proprio dalla base…

Che livello aveva la gara tedesca?

Era buono, altre Nazioni hanno fatto la nostra stessa scelta, portando juniores e under 23 mentre le prime squadre erano presenti a Milton. Noi non possiamo fare diversamente, stiamo iniziando un percorso lavorando con i giovani, proprio perché abbiamo un enorme buco generazionale. Vorrei però sottolineare il fatto che abbiamo ragazzi che valgono davvero tanto. Predomo ad esempio, lo scorso anno con 10”8 sui 200 metri è andato sul podio juniores, oggi è al secondo anno ma già fa 10”2. Io dico che può giocarsi qualcosa di molto importanti nelle gare titolate.

Bertolini Francoforte 2022
Brave anche le ragazze: Beatrice Bertolini terza nella velocità juniores davanti ad Alessia Paccalini
Bertolini Francoforte 2022
Brave anche le ragazze: Beatrice Bertolini terza nella velocità juniores davanti ad Alessia Paccalini
Mattia Tugnolo viene dalla Bmx. E’ il primo prototipo di quella commistione con il settore sul quale si fa tanto affidamento?

Il discorso è lungo e complesso. Con Tommaso Lupi, responsabile tecnico della Bmx, stiamo confrontandoci molto e sto trovando grande collaborazione. Noi dobbiamo guardare a quei ragazzi che nella Bmx, dopo aver fatto la loro esperienza e appreso le basi tecniche, hanno dimostrato di non poter emergere, magari per paura dei salti, ma possono anche coltivare sogni olimpici nella velocità. Tugnolo ne è l’esempio, è un prospetto validissimo che può trovare una sua strada nella pista.

Come ti stai trovando nel settore?

Quando me lo hanno proposto, ho chiesto tempo. Volevo studiare, guardare come si lavora all’estero e sono andato in Francia, Svizzera, mi sono anche sentito con miei ex colleghi. Avevo bisogno di capire e per farlo ho guardato i numeri. Numeri che ad esempio mi dicono che a livello allievi, i nostri sono al pari delle grandi scuole straniere se non addirittura meglio. Il miglior allievo italiano fa 11”1, il francese 11”3.

Predomo Quaranta 2022
Ivan Quaranta punta molto su Predomo, perché raccolga la sua eredità da iridato juniores (foto Fci)
Predomo Quaranta 2022
Ivan Quaranta punta molto su Predomo, perché raccolga la sua eredità da iridato juniores (foto Fci)
Dov’è allora la differenza?

La differenza è che quel ragazzo italiano non ha interesse precipuo per la pista, il suo sogno è approdare alla strada, correre il Giro d’Italia o il Tour de France. Il francese viene subito preso dai tecnici di settore e si dedicherà alla pista. Se guardiamo l’albo d’oro allievi degli ultimi 10 anni, troviamo tutti nomi che volevano correre su strada e hanno smesso. Noi dobbiamo interrompere questa catena nefasta, spingere sui genitori perché i figli facciano attività su pista o nei bike park in cui si garantisce la loro sicurezza. Ma soprattutto far capire che il ciclismo su strada non è per tutti e ci sono altre vie per emergere.

In Germania si è distinto anche Matteo Bianchi, vicino al podio nella velocità e nel keirin. Si era parlato per lui della possibiltà di approdare al centro Uci di Aigle. Ora si allena con voi?

Sì, lo seguiamo noi. La cosa nasceva dal fatto che non ci fosse un settore e Villa non poteva seguire tutto. Ora invece c’è la possibilità di lavorare in Italia con tutte le strutture a disposizione. La Federazione non mi sta facendo mancare nulla, sapendo che il lavoro per tornare ai vertici sarà lungo. Intanto però guardiamo all’immediato. Fra 10 giorni seconda trasferta tedesca a Cottbus, speriamo di fare altri passi. Io guardo soprattutto a europei e mondiali di categoria per chiudere un cerchio. Sapete chi è stato l’ultimo campione del mondo italiano nella velocità? Io, fra gli junior nel 1992. A trent’anni di distanza è ora che qualcuno mi tolga questo primato…

La zampata di Quaranta sulla velocità azzurra

14.04.2022
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La prima domanda, un sospiro e una battuta divertita come risposta. «Come ho trovato la velocità della pista italiana? Eh, potrei dirvi come la penso ma dopo dovrei uccidervi! Come facciamo?». Ivan Quaranta (in apertura con Matteo Bianchi e Mattia Predomo, foto FCI), che chiamavano “il Ghepardo”, apre la nostra chiacchiera con una zampata (di spirito) proprio come terminava le volate da corridore.

Dallo scorso gennaio, ufficialmente, il 47enne cremasco è collaboratore del cittì della pista Marco Villa per le discipline veloci. Quelle che stanno facendo fatica nel nostro movimento e per le quali Quaranta dovrà rimboccarsi le maniche per riportarle agli antichi splendori. L’argomento meritava di essere approfondito con lui, che da junior nel 1992 ad Atene fu campione del mondo della velocità, prendendo spunto anche dai suggerimenti di Sir Chris Hoy dei giorni scorsi.

Il coinvolgimento di Quaranta nei piani federali era emerso già al Lunigiana 2021, dove ha guidato il team azzurro
Il coinvolgimento di Quaranta nei piani federali era emerso già al Lunigiana 2021
Ivan come mai la velocità azzurra non è più quella di un tempo?

Il mio pensiero è allineato a quello di Villa, Fabio Masotti e Diego Bragato (questi ultimi due rispettivamente collaboratore e preparatore atletico, ndr). Ovvero che in Italia è un problema culturale. L’italiano ha la velocità nel proprio DNA. Ha vinto tutto quello che si poteva fin dai tempi di Maspes e Gaiardoni fino a Chiappa o ai miei. Se oggi dovessimo fare un mondiale di velocità in pista con esordienti o allievi saremmo sicuramente tra i primi. Poi però succede che all’estero, in Francia, Gran Bretagna o Olanda, questi ragazzi continuano a lavorare su pista mentre qua da noi il diesse, il genitore o il tifoso del ragazzo inizia già ad immaginarselo vincente nelle volate su strada al Giro o al Tour. E’ vero che abbiamo vinto le Olimpiadi con Viviani, Ganna e il quartetto nelle discipline endurance ma in Italia si pensa che il ciclismo sia solo su strada. Figuriamoci la velocità.

Come si può ovviare a questo modo di pensare?

E’ dura adesso convincere un ragazzino a non abbandonare la velocità in pista, dedicandosi totalmente ad essa. La fase più importante, quindi, è quella del reclutamento. Adesso sto cercando di compiere questa missione con i più giovani, sia col mio modo di fare sia anche e soprattutto con dei numeri o certezze scientifiche. Non è che Villa o io ne sappiamo di meno dei tecnici olandesi, ad esempio. E’ che con i cavalli da corsa sono capaci tutti a vincere e tutto è più semplice. Bisogna avere più ragazzi.

Miriam Vece, Migle Marozaite, velocità, europei Plovdiv 2020
Miriam Vece, qui contro Marozaite agli europei di Plovdiv 2020, è un talento in crescita fra le ragazze
Miriam Vece, Migle Marozaite, velocità, europei Plovdiv 2020
Miriam Vece, qui contro Marozaite agli europei di Plovdiv 2020, è un talento in crescita
Cosa bisogna fare per essere persuasivi?

Bisogna farli appassionare. E per farsi appassionare devi aumentare la attività. Qui da noi le discipline veloci in pista vengono un po’ snobbate dagli organizzatori. All’estero ogni domenica i giovani gareggiano in pista. Personalmente ho pensato a un modo sia a breve che a lungo termine per convincerli ed interessarli. Nel breve bisogna lavorare bene con i ragazzi che abbiamo adesso. Il lungo termine poi sarà una conseguenza. La Federazione in ogni caso ci sta aiutando tanto, però potrebbe spingere gli organizzatori a fare più corse di questo tipo. Vi faccio un esempio per spiegarmi meglio…

Vai pure…

Prendete i ragazzi della BMX. Loro sanno già che non correranno mai il Tour de France, perché le loro prove durano pochissimo. E’ un modello di prestazione totalmente diverso alla strada, eppure chi inizia con questa disciplina continua e non gli interessa del resto. La fanno perché gli piace. E corrono tutte le domeniche. Ci vorrà della pazienza, ma la via da seguire è questa.

Matteo Bianchi, uno dei velocisti azzurri più forti, impegnato in una volata nel keirin
Matteo Bianchi, uno dei velocisti azzurri più forti, impegnato in una volata nel keirin
Se l’hai letta, cosa pensi di quello che ci ha detto Hoy a Londra?

Eh, figuratevi se dieci minuti dopo che l’avevate pubblicata, non me l’avevano già girata (ci confida sorridendo, ndr)?! Ho il suo stesso pensiero, che tra l’altro ha detto in maniera disinteressata. L’unico aspetto che non condivido a pieno è quello legato al budget. Ovvero che investendo nella velocità si tolga qualcosa all’endurance. Chris Hoy ha tanta esperienza e lo ha affermato come ipotesi, però magari non conosce bene la realtà italiana. Villa sarebbe ben felice di vincere, ad esempio, sia l’inseguimento a squadre che il team sprint. Noi tecnici dobbiamo poter lavorare con i migliori e poi garantire in futuro a questi ragazzi un adeguato stipendio per mantenersi in modo autonomo.

Come sta procedendo il tuo lavoro?

Abbiamo ragazzini che fanno già tempi buonissimi su pista in cemento all’aperto. Se lavoriamo sul rapporto da spingere portandoli in un velodromo al chiuso con pista in legno, guadagniamo un secondo abbondante come ridere. E da lì quindi iniziare a lavorare sempre meglio per abbassare i tempi. Ora stiamo facendo buone cose con Miriam Vece, cui faceva riferimento Hoy, con Mattia Predomo (bronzo mondiale nel 2021, ndr), Matteo Bianchi o Daniele Napolitano. Inoltre abbiamo iniziato una bella collaborazione con Tommaso Lupi, il cittì della nazionale di BMX.

Predomo 2021
Nel 2021, Mattia Predomo ha centrato il bronzo mondiale nella velocità juniores al Cairo
Predomo 2021
Nel 2021, Mattia Predomo ha centrato il bronzo mondiale nella velocità juniores al Cairo
In cosa consiste?

Mi hanno messo a disposizione già alcuni loro atleti che hanno girato in pista con noi. I loro atleti hanno caratteristiche simili ai nostri e viceversa. Ci stiamo già muovendo, ma ancora non entro nel dettaglio delle cose. Ciclisticamente parlando la velocità in pista e la BMX sono due discipline che più si somigliano. E infatti non è un caso che l’olandese Harrie Lavreysen (due ori olimpici a Tokyo e già campione del mondo ed europeo e vincitore della Champions League della pista, ndr) venga proprio dalla BMX.

Hoy ci ha detto che se l’Italia trova la persona giusta, la velocità azzurra si rilancerà in fretta. Sei tu quella persona?

Non lo so, ma spero proprio di sì. Posso dirvi che mi aspetta un compito difficile, però questo ruolo è stimolante. Ho affrontato così tante sfide quasi impossibili nella mia vita, che questa mi affascina. Parigi 2024 è troppo vicina, ma Los Angeles 2028 è alla nostra portata. Stiamo lavorando in questa ottica, oltre che per le rassegne mondiali e continentali. Anzi secondo me potremmo avere delle sorprese nel giro di poco.

Dalla BMX all’empireo della velocità: il regno di Harrie Lavreysen

29.10.2021
4 min
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Ricordate quando incontrando gli atleti della Bmx nel velodromo di Montichiari e parlando con il loro tecnico Tommasi Lupi venne fuori che in Olanda da quel tipo di base venivano fuori i velocisti su pista? Bene, la conferma è venuta ai recenti mondiali di Roubaix, dove Harrie Lavreysen si è portato a casa tra medaglie d’oro che si sono aggiunte alle due di Tokyo. Impressionando per la guida, l’esplosività e la struttura fisica.

La rivalità fra Lavreysen e Hoogland è uno stimolo per entrambi
La rivalità fra Lavreysen e Hoogland è uno stimolo per entrambi

Star della Bmx

Prima di indossare il body da pista e il casco aerodinamico, infatti, l’olandese di 24 anni si è fatto un nome proprio nella BMX. Tre volte campione europeo juniores tra il 2011 e il 2013, il ragazzo avrebbe avuto certamente davanti una carriera luminosa, anche se praticando una disciplina soggetta a cadute, la sua condizione oscillava spesso tra alti e bassi, entrate e uscite dall’ospedale. Finché nel 2014, ci ha messo un punto.

«Ero tornato al mio miglior livello – ha raccontato – e stavo andando alla grande, ma mi sono lussato entrambe le spalle».

Pare che siano stati gli stessi medici che lo sistemavano da anni a suggerirgli di cambiare sport. E così Harrie ha scelto di allenarsi sulla pista di Papendal, nel centro del Paese.

«E’ stato molto strano passare da professionista della BMX a dilettante su pista – ha raccontato – non sapevo cosa stavo facendo e mi sentivo ridicolo».

Innesco rapido

Eppure, a conferma del fatto che i due percorsi possono essere complementari, i frutti del cambiamento si sono iniziati a vedere quasi subito. Nel 2015, il ragazzo alto 1,81 e arrivato a 92 chili di peso forma, ha vinto subito il campionato nazionale di velocità a squadre. Il primo oro internazionale è arrivato tre anni dopo e da quel momento ha dato il via a un dominio incontrastato nelle discipline veloci.

Detentore del titolo mondiale di velocità a squadre dal 2018, Harrie si è distinto anche individualmente: nella velocità (2019, 2020, 2021) e nel keirin (2020, 2021). A Tokyo, l’olandese ha sfiorato una nuova tripletta, fallendo nel keirin (bronzo), sorpreso da Jason Kenny.

A Roubaix nella velocità ha battuto il compagno di nazionale Hoogland
A Roubaix nella velocità ha battuto il compagno di nazionale Hoogland

Rivalità da fare invidia

Lavreysen non è da solo. Ogni volta, succede infatti la stessa cosa. I due compagni nella squadra olandese di velocità a squadre, Jeffrey Hoogland e Harrie Lavreysen, diventano avversari all’ultimo respiro quando si tratta di eventi individuali. E se al traguardo uno dei due non è primo, ci sono buone probabilità che l’oro sia al collo dell’altro.

Come a Roubaix, dove Lavreysen, vincitore di keirin e velocità, ha avuto ogni volta dietro di sé il compagno più esperto. Ma questa rivalità non è malsana. I due olandesi condividono sempre la stessa stanza d’albergo prima delle grandi gare, si divertono, guardano film insieme e si tirano su.

«Mi alleno con il migliore al mondo – ha spiegato Hoogland prima delle Olimpadi – penso che ogni corridore sarebbe invidioso».

Un duro lavoratore

Quando Lavreysen non è in bicicletta, è in sala pesi e viceversa. Dedicato ormai totalmente alla pista, il sei volte campione del mondo è alla continua ricerca della forza. Nel 2015, infortunato, ha inviato un messaggio molto evocativo al suo preparatore atletico, Christian Bosse.

«Mi sono operato ieri – gli ha scritto – domani lascerò l’ospedale e al massimo entro due giorni voglio allenarmi. Non posso usare le braccia, puoi farmi ugualmente un programma?».

Oltre alle sessioni fisiche, Harrie Lavreysen trascorre lunghe ore davanti allo schermo, analizzando le sue prestazioni e quelle dei suoi futuri avversari. 

«Mi piace anche conoscere le caratteristiche della pista su cui correrò – ha spiegato – curo tutti i dettagli prima di andare da qualsiasi parte».

Per Ivan Quaranta, che a quanto si dice avrà in carico il settore velocità sotto l’occhio di Marco Villa, il riferimento è impressionante, ma in qualche modo l’iter dalla BMX alla pista potrebbe indicare la strada per arrivare a qualcosa di concreto in attesa che crescano dalla base dei giovani talenti. In Olanda l’hanno capito da anni, qui dobbiamo rimboccarci tutti le maniche.

Ivan Quaranta, Mario Cipollini, Parma, Giro d'Italia 2001

Quaranta, il Ghepardo che ora parla da saggio

05.12.2020
5 min
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Quelli nati dopo il 1990 probabilmente non sanno che Ivan Quaranta è stato per qualche anno uno dei pochissimi velocisti al mondo in grado di mettere alle strette Cipollini. Lo chiamavano “il Ghepardo”, mentre per loro il cremasco è da qualche stagione uno dei direttori sportivi del Team Colpack. In cui dal 2021 correrà anche suo figlio Samuel. Chi scrive invece è nato ben prima e in un giorno imprecisato del 1992 si trovò a suonare al campanello della famiglia Quaranta a Vaiano Cremasco, per conoscere il campione del mondo juniores della velocità su pista.

Ventotto anni sono tanti e non sono stati sempre di rose e fiori. Nel mezzo ci sono stati quelli del dilettantismo nella stessa squadra che ora guida dall’ammiraglia. Poi quelli del professionismo, con 39 vittorie fra cui 6 tappe al Giro, che probabilmente sarebbero potute essere molte di più. I racconti dei festeggiamenti in discoteca con Stefano Giuliani. E una carriera spesso sul filo per un ragazzo che del velocista incarnò ottimamente anche l’estro e la follia. E poi, sempre pensando a lui, c’è un quesito che cerca risposte nel silenzio dei velodromi italiani. Perché mai non ci sono più ragazzi che si dedicano alla velocità, quantomeno nelle categorie giovanili?

Ivan oggi ha 45 anni e una passione per il ciclismo che nessuno può mettere in discussione.

Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Quaranta con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Hai smesso a 34 anni. E poi?

Avevo un po’ la nausea dell’ambiente. Del ciclismo no, perché continuavo a sentire gli amici e a seguire le gare. Finché a un certo punto Stefano Pedrinazzi della Uc Cremasca mi chiese perché mai uno come me fosse ancora fuori. E così mi propose di seguirgli gli allievi. Ma lo sapete com’è il ciclismo. Inizi piano e poi ti coinvolge sempre di più. Così a un certo punto il Comitato Regionale mi ha chiesto di seguire i ragazzini in pista. E una cosa tira l’altra, ho rivisto Antonio Bevilacqua e cinque anni fa sono entrato in Colpack. Ma esordienti e allievi in pista non li mollo, mi piace lavorarci. Così due pomeriggi a settimana sono con loro a Dalmine.

Come mai?

Perché se hai passione, capisci che fino agli U23 sono le categorie migliori, capisci che puoi dargli supporto, essere davvero utile. Fare il tecnico di Nibali e Sagan richiede tanto lavoro di organizzazione, ma cosa gli insegni? Invece così ho trovato la mia dimensione.

Tu non eri troppo inquadrato da junior, se la memoria dice il giusto…

Dice giustissimo. E’ cambiato il mondo. Noi vivevamo alla giornata, non c’era l’esasperazione di adesso. A parere mio c’è stato uno slittamento delle categorie: l’allievo di oggi è il dilettante di allora. E io, da allievo, il sabato pomeriggio giocavo a pallone e la domenica correvo. Oggi chi lo farebbe più? I dilettanti di oggi invece sono i professionisti di 30 anni fa. Fanno meno ore, ma hanno il nutrizionista, il preparatore, il mental coach, il fisioterapista, vanno in galleria del vento. E soprattutto hanno addosso tanta pressione.

Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Paolo Bettini: è il 2007 e il toscano è campione del mondo
Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Bettini in maglia iridata
E quella pesa…

Guardiamo i giovani più forti, anche Bagioli e Consonni che sono passati per la Colpack. Siamo contenti di vederli bene di là, ma io credo che nessuno farà più 15 anni di professionismo. Bagioli da dilettante era già corridore. E non parlo di un fatto mentale, quanto piuttosto fisico. Il ciclismo è uno sport pulito, non come anni fa quando vedevi davvero gli asini volanti. Ma a pane e acqua è durissimo recuperare. Per cui fanno due mesi e poi mollano. Due mesi e poi mollano. Ma se fai così da quando sei junior, quelli di fatto sono anni di professionismo prima di esserlo davvero. Anni di carriera in meno. Come per la scuola…

Cosa?

Pensano che se non vanno a scuola, arrivano prima al professionismo. Così invece di andare al liceo, fanno corsi professionali e dopo due anni smettono. E i risultati vengono falsati, perché questi magari vincono, ma solo perché gli altri che ancora vanno a scuola possono allenarsi dalle 14. E magari l’anno successivo c’è chi non trova squadra perché ha scelto di andare a scuola.

Perché più nessuno fa velocità in pista?

Perché non dà futuro, dato che si investe solo sulle discipline di endurance. Quelli del quartetto, ad esempio. Corrono da dilettanti e sono nei corpi militari. Se riescono, passano professionisti, altrimenti hanno il posto assicurato. La velocità devi iniziare a farla da esordiente e da allievo ed è difficile portarli via dalla strada.

Perché Quaranta accettò?

Perché i nostri mondiali si correvano a fine stagione. Così facevo l’inverno con i compagni stradisti e anche la stagione, vincendo corse. Poi un paio di mesi prima, iniziavo i lavori specifici. Solo che oggi i velocisti puri non li vogliono più, serve gente che tiene in salita e corridori come Mareczko o Guardini hanno vita dura. Per ricreare un Roberto Chiappa (velocista azzurro che ha partecipato a 4 Olimpiadi e vinto un mondiale, ndr) serve prenderli da giovani, proprio mentre sognano di essere Viviani o Nizzolo. Anche Viviani e Ganna hanno la loro temporizzazione e in pista ci vanno per i grandi eventi, mentre le qualificazioni se le fanno gli altri.

Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Con la Uc Cremasca, Quaranta al GP Fiera Persichello. E’ il 2013
Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Quaranta, diesse della Uc Cremasca nel 2013
Quindi?

Quindi servirebbe un tecnico che faccia scouting nelle scuole di ciclismo e possa parlare con le famiglie proponendo cose concrete. Avendo le spalle coperte.

Come sarà dirigere tuo figlio?

Samuel è un po’ meno veloce di me, ma tiene meglio in salita. Ha iniziato perché mi vedeva uscire, ma fino ai 12 anni il sabato anche lui giocava a calcio e poi ha scelto. Ha fatto tutto da solo. Detto questo, dovremo essere bravi. I ragazzi hanno confidenza con me, ma ho l’obbligo di essere anche severo. Il bastone e la carota. Avevo paura che si creassero antipatie, che non lo coinvolgessero perché figlio del direttore, ma in apparenza va tutto bene.

Coinvolgessero in cosa?

Magari nella scappatella a mangiare un gelato, per paura che me lo dica.

Il rimedio c’è: il primo gelato lo paga lui e poi non ti dice niente…

Potrebbe essere un’idea, magari anche una birretta…