EDITORIALE / Sicurezza, il nuovo strumento del potere

08.09.2025
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Dopo le lettere e le proteste, sulla nuova normativa tecnica dell’UCI è sceso il silenzio, ma non sono spariti i punti di domanda e neppure l’indignazione (in apertura il presidente Lappartient). Si ottiene così la vera sicurezza? E’ confermata l’entrata in vigore per il 2026? Si parla della limitazione all’altezza del cerchio. La larghezza del manubrio. Il limite allo sviluppo metrico dei rapporti, per cui chi ha il 10 deve metterci una vite per impedire alla catena si scendere. I GPS sulle bici e la squalifica delle squadre che non si sono piegate a regole inesistenti e non condivise. Al di là delle implicazioni industriali e della noncuranza con cui le regole sono state diffuse e imposte, restano la perplessità sulla competenza di chi le ha pensate e il silenzio di chi avrebbe potuto quantomeno aprire il dibattito e ha preferito restare in silenzio.

E’ mai possibile che Gaia Realini e Jonathan Milan debbano sottostare alla stessa regola per la larghezza de manubrio? Perché si è disposta la serie delle misure per le bici da crono basandosi sulla statura degli atleti e non si è fatto lo stesso per i manubri? E soprattutto qual è stato il reale coinvolgimento delle parti coinvolte?

Il range di larghezza per i manubri non tiene conto delle misure degli atleti: Gaia Realini avrà esigenze diverse da Milan?
Il range di larghezza per i manubri non tiene conto delle misure degli atleti: Gaia Realini avrà esigenze diverse da Milan?

La bandiera della sicurezza

La bandiera della sicurezza sta diventando il nuovo strumento di potere, solo che questa volta la sventolano in tanti. L’UCI si è mossa sul fronte dei materiali e delle regole di gara, imponendo multe per il gregario che esulta, ma non dicendo nulla sui percorsi borderline che mettono a repentaglio la salute stessa degli atleti. Sul fronte interno si organizzano convegni con gli stessi attori di sempre, che difficilmente porteranno a qualcosa, e contestualmente si viene a sapere che il presidente Pella ha depositato una proposta di legge, facendola scrivere – così ha spiegato – agli ex corridori che ha coinvolto nella Lega del ciclismo professionistico.

In entrambi i casi manca completamente la condivisione. E se è vero che a proporre una legge può essere soltanto un parlamentare, sarebbe stato e sarebbe ancora auspicabile che la stessa fosse scritta dagli attori che da anni si battono – con esiti incerti – per il tema sicurezza. La capacità di aggregare e prendere il buono dalle proposte altrui è quello che potrebbe fare la differenza.

Il Comitato regionale toscano della FCI con il supporto di Neri Sottoli può vantare sui dispositivi di sicurezza Boplan
Il Comitato regionale toscano della FCI con il supporto di Neri Sottoli può vantare sui dispositivi di sicurezza Boplan

Il fronte spaccato

Dalla Toscana, è rimbalzata la notizia che Neri Sottoli e il Comitato regionale della FCI hanno portato in Italia i dispositivi di sicurezza Boplan. Nel resto nelle gare giovanili si continua invece a inciampare e cadere sui piedini delle transenne che sporgono di 15 centimetri.

Quello che dal nostro modesto punto di osservazione facciamo fatica a capire è se l’obiettivo sia davvero la sicurezza o ottenere il primato di aver raggiunto per primi un risultato. Nel convegno che si è tenuto giovedì scorso alla vigilia dell’Italian Bike Festival si sono ritrovati attorno a un tavolo attori che non hanno mai condiviso molto e hanno continuato a ribadirlo, col sorriso ma senza arretrare di un metro.

Mentre Paola Gianotti rivendicava la legge sul metro e mezzo, le bike lane e i cartelli all’ingresso dei comuni, l’avvocato Santilli si è affrettato a dire che la sua utilità sia prossima allo zero. Allo stesso modo si è preso atto che le modifiche auspicate del Codice della strada non siano servite a migliorare le cose, né sul piano della circolazione né su quello delle dotazioni tecniche previste per le bici. E mentre si diceva che la politica non riesce a recepire le istanze del ciclismo, l’onorevole Pella ribadiva che non è vero, che Salvini e Piantedosi sono sensibili al tema e che comunque una legge intanto l’ha presentata lui.

Il metro e mezzo è una conquista? Il tavolo di Misano era spaccato anche su questo. Qui Marco Cavorso, Paola Gianotti e Fondriest
Il metro e mezzo è una conquista? Il tavolo di Misano era spaccato anche su questo. Qui Marco Cavorso, Paola Gianotti e Fondriest

Nessuna reazione

Riassumendo. Facendo leva sulla scarsa partecipazione – indotta o colpevole – si va riformando il ciclismo stabilendo arbitrariamente norme e criteri non sempre condivisi. Chi è stato escluso giustamente protesta. Le cose non cambiano. E sulle strade e a volte nelle corse si continua a morire. Il bello è che nessuno si arrabbia davvero. Si subiscono leggi e gabelle senza mettersi di traverso, come si subirono squalifiche e angherie senza il minimo cenno di protesta.

Nella Formula Uno cambiano regole su regole: impongono marca e misura delle gomme, delle centraline elettroniche, il tipo di motore e la sua potenza, ma lo fanno con il dovuto anticipo. Nel tennis si oppongono ai verdetti dell’antidoping tutelando i loro atleti (non serve neppure fare nomi). Nel ciclismo non si arriva neppure a pensarlo. Nel ciclismo si punta a farsi dire grazie, probabilmente, per avere un’altra leva da tirare.

Kigali, la conferma di Valverde: sarà la Spagna di Ayuso

08.09.2025
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MISANO ADRIATICO – Valverde non ha mai manifestato particolari tensioni alla vigilia di una gara importante. Eppure con l’avvicinamento del primo mondiale da tecnico spagnolo, il murciano ammette che un po’ di nervosismo sta arrivando. Detto questo, Alejandro non è un tecnico che assilli i corridori, seguendoli passo dopo passo. E’ andato alla Vuelta nel giorno di riposo. Ci tornerà di certo, ma da corridore ancora (quasi) in attività, sa che a questo punto della stagione c’è poco da programmare. Il lavoro s’è fatto all’inizio dell’anno e poi con l’estate: adesso si tratta solo di raccogliere le sensazioni e comporre il puzzle. Le vittorie di Ayuso e Soler alla Vuelta mettono di buon umore il commissario tecnico, invitato all’Italian Bike Festival da Canyon, di cui è testimonial.

«Dimmi una cosa – fa sorridendo – ti sei vaccinato? Io no e non lo farò. I corridori sono liberi di scegliere. Non ho ancora la lista definitiva, ma credo che arriveranno al punto giusto. Quasi tutti quelli che porterò sono in gara alla Vuelta. Ci tornerò, ma ci sono già stato a Pamplona per il giorno di riposo. Ma soprattutto li seguirò in televisione e parlerò con loro al telefono».

Valverde è stato invitato a Italian Bike Festival da Canyon, di cui è testimonial
Valverde è stato invitato a Italian Bike Festival da Canyon, di cui è testimonial
Da noi si parla della difficoltà di fare squadre diverse per mondiale ed europeo. La Spagna porterà gli stessi uomini?

Alcuni vogliono farli entrambi, perché gli impegni sono compatibili. Forse la crono è un po’ troppo ravvicinata alla strada, ma quelli sono due percorsi diversi. La crono del mondiale è molto dura, 40 chilometri veramente impegnativi. La crono degli europei invece è veloce e più corta: sono 24 chilometri.

Che cosa ti sembra del percorso dei mondiali su strada?

E’ pazzesco, molto duro, molto esigente. Lo è per il percorso, per l’altitudine e per il dislivello. Si passa tante volte sul traguardo, penso che ci saranno pochissimi corridori all’arrivo, ma chi finisce sarà il migliore. E’ un mondiale dove si dovrà arrivare con tanta voglia di correre.

Sarà la Spagna di Ayuso o ci sono anche altri?

Penso che la squadra sia abbastanza completa, ma in finale l’uomo più forte è certamente Ayuso. Andiamo con parecchi sogni e tanta voglia.

Sabato alla Farrapona la vittoria di Soler ha rallegrato (non poco) Valverde
Sabato alla Farrapona la vittoria di Soler ha rallegrato (non poco) Valverde
Che cosa pensi della scelta di Ayuso di lasciare la UAE?

E’ una decisione sua, io non ci posso entrare. Non è buono che la notizia sia venuta fuori durante la Vuelta, perché ha coinvolto tutti. Non solo Juan, anche la UAE e Almeida, anche se non si nota dai risultati, perché continuano a vincere. Però è chiaro che in qualche modo ha inciso.

Sarebbe stato un percorso adatto a un corridore come Valverde?

Credo che lo sarebbe ancora (ride, ndr). Potrebbe essere adatto a me perché non ci sono salite molto lunghe e il finale è su uno strappo, con il pavé a due chilometri dall’arrivo.

Come si batte Pogacar?

Arrivando prima di lui (ride ancora, ndr). Bisogna sperare che abbia un giorno negativo, perché può succedere che abbia una giornata storta. Alla fine anche lui è umano, ma non possiamo certo impostare la nostra corsa su questo. Dobbiamo avere una strategia di squadra. Cercare di farlo lavorare al massimo, cose che vedremo durante la corsa.

La popolarità di Valverde non ha confini: al pari di Nibali, le richieste di foto e autografi è stata massiccia
La popolarità di Valverde non ha confini: al pari di Nibali, le richieste di foto e autografi è stata massiccia
Come è stata questa prima stagione come tecnico della nazionale?

All’inizio è stato tranquillo. Tutti lavorano con la loro squadra, hanno un calendario molto ricco, quindi non si possono disturbare. Ora è tutto più ravvicinato, molto più complicato. Non posso dire di essere emozionato, ma certo un po’ nervoso. Quando sei corridore, sei pure nervoso, ma ora è diverso. Ho sufficiente supporto, ma può anche capitare che delle cose sfuggano. In fondo il fatto che sia il primo mondiale significa anche che qualcosa devo ancora imparare…

La Trek Madone di Simone Consonni: posizione e setup

07.09.2025
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MISANO ADRIATICO – E’ una delle bici più iconiche del gruppo e uno dei modelli di punta di Trek: la Madone. Sotto le gambe di Simone Consonni, velocista del Lidl-Trek, questo mezzo assume un valore particolare. Aerodinamica, guidabilità e sicurezza sono i pilastri di una bici pensata per correre a tutta velocità, ma anche per garantire stabilità nei tratti più tecnici.

In questa intervista, Consonni ci racconta i dettagli della sua Madone, dalle scelte di posizione ai materiali, dalle ruote alle coperture fino alle preferenze per rapporti e pedali. Un viaggio dentro la bici di un professionista (con il professionista) fatto di piccoli accorgimenti che possono fare la differenza quando la vittoria si gioca su pochi watt.

La Trek Madone di Consonni. Qui quella da allenamento con borracce tradizionali e anche la videocamera posteriore montata per l’occasione dell’IBF
La Trek Madone di Consonni. Qui quella da allenamento con borracce tradizionali e anche la videocamera posteriore montata per l’occasione dell’IBF
Simone, qual è la prima cosa che vuoi dalla tua bici?

Sicuramente la sicurezza. E’ un tema molto discusso ultimamente e con questo modello il miglioramento è evidente. A livello di guida e tenuta, anche in discesa, la bici è incredibilmente ferma e facile da utilizzare, soprattutto quando bisogna spingere forte. Noi la portiamo all’estremo, ma questo si riflette anche per chi la usa tutti i giorni sulle strade, che purtroppo sono sempre più pericolose. Per me questa è la caratteristica principale.

Da velocista, immaginiamo che il secondo punto cardine sia l’aerodinamica…

Esatto. Già la “vecchia” Madone era ottima, ma con questa abbiamo fatto un passo avanti. In più le borracce aerodinamiche sono una chicca che dà un vantaggio reale e grazie a Trek e agli altri componenti abbiamo una delle bici più veloci del gruppo. In un ciclismo che va sempre più forte, avere un mezzo così è fondamentale.

Per quanto riguarda la posizione, hai cambiato qualcosa negli ultimi anni?

Non ho stravolto molto a dire il vero. Ho solo accorciato leggermente le pedivelle: da 172,5 sono passato a 170. Il manubrio è da 37, abbastanza stretto, l’attacco da 120 negativo. La mia posizione è rimasta simile, ma mi sono leggermente avanzato e negli ultimi anni ho inclinato sempre di più la sella, anche questa in negativo per avere più stabilità quando spingo. Sono piccoli accorgimenti che aiutano a cercare quel watt in più.

Le selle inclinate, Simone, sono una tendenza che notiamo sempre di più ma la domanda è: non si scivola in avanti?

Secondo me dipende da persona a persona. Io devo dire che non ho troppo questa problematica e penso che sia un discorso legato non solo alla bici e alla posizione ma a tutto il “pacchetto” dei materiali. Mi spiego: con la sella Bontrager e i pantaloncini Santini non ho mai avuto problemi di stabilità di scivolamenti in avanti. Il materiale che abbiamo a disposizione è davvero al top, quindi posso permettermi un’inclinazione più decisa, più racing senza inconvenienti.

Più o meno qual è l’inclinazione della tua sella?

Meno 5°. E’ abbastanza inclinata, ma solo da un anno circa: prima la tenevo a meno 2°. Mi dà la sensazione di avere il bacino più libero. Sono dettagli che scopri anno dopo anno, cercando sempre di perfezionare la posizione. Lo ammetto però: i meccanici soffrono un po’, perché sono molto pignolo! Il mio meccanico di riferimento è Mauro Adobati e sono il suo incubo. Pensate che quando viaggio, nelle trasferte, mi porto sempre reggisella e sella da casa.

Il lombardo in azione nelle fasi che precedono lo sprint. La Trek Madone si adatta perfettamente anche alle sue doti di pistard
Il lombardo in azione nelle fasi che precedono lo sprint. La Trek Madone si adatta perfettamente anche alle sue doti di pistard
Parliamo di ruote: qual è il tuo setup preferito?

Fino all’anno scorso usavo quasi sempre le 51, perché il vecchio telaio Madone era più massiccio. Con questa nuova mi piace alternare le 51 con le 62, soprattutto nelle corse più veloci e con poco dislivello. Sui percorsi misti le 51 vanno benissimo, ma le 62 possono dare quel watt in più che fa la differenza. In questi ciclismo bisogna limare su tutto!

E per le coperture?

Uso quasi sempre le Pirelli da 28 millimetri. Quest’anno non ho fatto molto Nord, ma abbiamo a disposizione anche i 30 millimetri che si usano soprattutto per quelle corse. Con i 28 millimetri però copri la maggior parte delle situazioni, direi il 95 per cento delle gare. Per una Roubaix, chiaramente, serve un setup più particolare.

Cosa ci dici dei rapporti?

Grazie a SRAM uso la cassetta 10-36 con il monocorona. Mi piace molto il 54 denti davanti: con il 10-36 vai dappertutto. Anni fa le corse si affrontavano diversamente e nelle prime ore potevi risparmiarti con il “rampichino” per esagerare il concetto. Oggi se provi a salvare la gamba sei già fuori. Con questo setup invece hai sempre margine.

Le più utilizzate? Le gomme da 28 millimetri
Le più utilizzate? Le gomme da 28 millimetri
Capitolo pedali: da velocista prediligi un attacco molto stretto?

Sì, abbiamo i Time aero (gli XPRO 12 SL, ndr) ed uso la tacchetta fissa. Voglio il piede ben fermo sul pedale, per me è fondamentale. E’ una questione di feeling, di dispersione di energia ma anche si sicurezza.

Molti professionisti oggi prendono la bici con l’impugnatura alta sulle leve. Vale anche per te, Simone?

Sì, ormai mani alte per il 90 per cento del tempo. Si è visto che è anche più aerodinamico anche quando si spinge. Anche per questo si mette un attacco un po’ più lungo e puoi “simulare” tra virgolette la posizione da crono. La presa bassa ormai si usa solo nelle volate e in discesa.

Però con i tanti dossi che ormai s’incontrano soprattutto negli attraversamenti dei centri abitati non rischi di perdere la presa e di scivolare in avanti?

In parte è vero, ma con le nuove leve SRAM la situazione è migliorata molto. Sono più ergonomiche, rialzate in avanti e ti permettono di stare ore in comodità e in sicurezza in posizione aerodinamica.

Petacchi: «Per il 2026 una Padovani rinnovata e più giovane»

06.09.2025
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MISANO ADRIATICO – La prima stagione della SC Padovani Polo Cherry Bank come team continental l’ha vista protagonista in tante corse, con un calendario ricco di appuntamenti sia tra i professionisti quanto all’estero. Il progetto portato avanti dal presidente Galdino Peruzzo insieme a Martino Scarso e Alberto Ongarato nato con l’intento di trovare il giusto mix tra esperienza e voglia di innovare ha messo una prima pietra importante per la sua crescita. La stagione 2025 sta volgendo al termine, e mentre alcuni dei ragazzi sono impegnati al Giro del Friuli si guarda già al futuro.

La SC Padovani Polo Cherry Bank ha corso anche con i professionisti, qui al Trofeo Laigueglia
La SC Padovani Polo Cherry Bank ha corso anche con i professionisti, qui al Trofeo Laigueglia

Tra Italia ed Europa

Allo stand di Dmt, nei giorni dell’Italian Bike Festival, è passato Alessandro Petacchi che della formazione veneta è il team manager. I suoi pensieri sono divisi a metà tra un bilancio del primo anno di attività e la voglia di crescere. 

«Siamo partiti poco più di un anno fa – ci racconta Petacchi – era il mese di agosto del 2024. Siamo riusciti a mettere in piedi un bel progetto e creare un organico interessante, con dei buoni corridori. Abbiamo anche preso le misure con un calendario che ci ha messi a confronto con i professionisti, ad esempio alla Coppi e Bartali e al Giro d’Abruzzo, dove abbiamo anche vinto la classifica dei GPM con Federico Guzzo».

Al Giro d’Abruzzo Federico Guzzo ha conquistato la maglia blu dei GPM (Photors.it)
Al Giro d’Abruzzo Federico Guzzo ha conquistato la maglia blu dei GPM (Photors.it)
Una squadra nata in poco tempo…

Non è stato semplice, perché quando ti trovi a prendere dei corridori e non hai nemmeno una maglia da mostrare loro diventa difficile convincerli. Ci siamo trovati a scegliere tra pochi atleti, ma per il prossimo anno la selezione diventerà più complicata. Per il 2026 stiamo lavorando al fine di avere una rosa giovane con corridori selezionati insieme al nostro futuro preparatore. 

Selezione mirata?

Siamo riusciti a trovare corridori di qualità che vanno forte in salita, cosa che un po’ ci è mancata quest’anno. Penso che dal prossimo anno saremo ancora più competitivi da questo punto di vista. La stagione ci sta vedendo attivi con qualche corridore che sta raccogliendo buoni risultati. 

Nella seconda tappa del Giro Next Gen Mirko Bozzola ha trovato un terzo posto alle spalle di due atleti dei devo team (Photors.it)
Nella seconda tappa del Giro Next Gen Mirko Bozzola ha trovato un terzo posto alle spalle di due atleti dei devo team (Photors.it)
Avete ufficializzato, nei giorni scorsi, tre nuovi innesti dalla categoria juniores…

Uno di loro sta correndo ora al Giro della Lunigiana (Riccardo del Cucina, ndr) e nella prima tappa si è comportato molto bene. Lui e Matteo Scofet hanno caratteristiche simili, mentre Kevin Bertoncelli è un passista e cercheremo di far emergere le sue qualità. 

Del Cucina lo hai visto correre giovedì al Giro della Lunigiana?

E’ stata la prima volta che sono riuscito a guardarlo dal vivo e mi è piaciuto veramente molto. E’ un ragazzo inquadrato e molto determinato, ha fatto tutto il mese d’agosto in altura prima di andare al Lunigiana. Nonostante avesse già preso un impegno con noi per il prossimo anno, ci teneva a far bene in quest’ultima gara. 

Marco Palomba sta trovando continuità e risultati, sarà uno degli atleti elite della SC Padovani del prossimo anno (Photors.it)
Marco Palomba sta trovando continuità e risultati, sarà uno degli atleti elite della SC Padovani del prossimo anno (Photors.it)
Dopo aver fatto uno stage con la Tudor poche settimane fa ha poi firmato con voi.

Ha fatto questa esperienza, però abbiamo parlato con lui, in presenza del padre e del suo procuratore (Matteo Roggi, ndr). E’ stato lo stesso Del Cucina a non volere la Tudor perché il calendario non gli piaceva, ha preferito il nostro. Posso capire che si tratta di una scelta in controtendenza, perché per un ragazzo di 18 anni vestirsi e utilizzare i mezzi dei professionisti è un sogno. Però noi abbiamo presentato il nostro progetto, dal prossimo anno avremo due nuove figure tecniche nello staff, un preparatore e un nutrizionista, che collaborano anche con un team WorldTour. 

Quanto è difficile approcciarsi alla categoria juniores per una continental?

E’ evidente che i ragazzi sono attratti dai devo team e lo capisco. D’altro canto ho qualche esperienza con ragazzi che arrivano da quelle realtà e non si sono trovati bene. Il rischio è di correre con meno rispetto dei ruoli per la voglia di emergere, perché spinti dal voler dimostrare che possono passare professionisti. 

Un profilo sul quale Petacchi crede molto è Ursella, caduto alla Popolarissima e non ancora tornato in gruppo (Photors.it)
Un profilo sul quale Petacchi crede molto è Ursella, caduto alla Popolarissima e non ancora tornato in gruppo (Photors.it)
Alla fine i devo team sono formazioni continental, la dinamica dell’egoismo rischia di emergere anche da voi?

Vero, però abbiamo uno staff qualificato e valido, gente esperta che sa come gestire i corridori. Uno su tutti è Dmitri Konychev, i ragazzi lo rispettano perché è capace di trasmettere loro molte cose e riesce a farli correre bene. L’obiettivo della Padovani è di portare i ragazzi al professionismo, quindi insegnargli come si corre e a gestirsi sin da quando passano da juniores a under 23.  

State puntando molto sui primi anni…

Si tratta di una scelta un po’ in controtendenza rispetto allo scorso anno, ma crediamo serva trovare il giusto equilibrio tra under ed elite. I grandi possono aiutare i compagni più giovani. Abbiamo deciso di costruire un calendario più equilibrato, che verrà deciso insieme al nuovo preparatore, per dare il giusto ritmo tra allenamenti e gare. Bisogna gestire gli impegni perché la stagione è lunga e le gare sono tante. Avremo quattordici ragazzi, riusciremo a fare la doppia attività, ma senza esagerare. 

Marta Cavalli, quale futuro? Un viaggio fra mille domande

06.09.2025
8 min
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MISANO ADRIATICO – Alle 12 ci aspetta Marta Cavalli allo stand di Prologo, con cui ha collaborato a lungo. L’atleta cremonese è a un passo dall’ultima corsa di stagione, il Tour de l’Ardeche. Il 2025 è stato l’anno del ritorno in gruppo, quando neppure lei credeva di meritarsi un posto. La giornata è calda, ma all’ombra si sta ancora bene e il momento va bene per fare quattro chiacchiere in libertà, spaziando dalla sua storia a quello che si sta muovendo sotto il cielo del ciclismo femminile. In tanti anni di incontri e interviste, raramente si è raggiunta la profondità di quando davanti c’è lei.

«E’ stata una stagione particolare – dice – che ha avuto il suo lato positivo, perché non mi aspettavo niente. L’avrei presa come fosse arrivata. E’ iniziata bene, meglio delle mie aspettative. Ripartivo da zero, dall’infortunio dell’anno scorso, e la costruzione della forma fisica è stata graduale. A differenza di tutti gli inverni, dove a un certo punto mi ammalavo perché facevo troppo, non ho avuto delle interruzioni quindi sono arrivata alle classiche bene e senza chiedere troppo al mio corpo. E’ stato un crescendo, con gli occhi puntati sul ritiro in altura che mi avrebbe aiutato a migliorare la condizione, ma qualcosa non è andato secondo il piano».

Abbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike Festival
Abbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike Festival
Che cosa?

Subito dopo l’altura sono andata in Svizzera e sono tornata un po’ malata e da lì non ho più recuperato, infatti ai campionati italiani non stavo benissimo. Al Giro ho fatto fatica sin dalle prime tappe e mi è spiaciuto veramente tanto doverlo abbandonare. Di conseguenza le cose non sono andate bene per il Tour, che sembrava una corsa troppo ambiziosa per la quale non ero pronta. Non mi sentivo di prendere la responsabilità di un posto in squadra e non essere al livello che avrei voluto. Quindi mi sono concentrata di più sulla preparazione. E adesso mi trovo con l’ultima gara della stagione, l’Ardeche. Ho dei bei ricordi dagli anni scorsi, quindi vediamo di fare qualcosa di buono e poi ci sarà tempo per pensare. Devo fare dei ragionamenti. Pensare un po’ e vedere cosa chiedermi e cosa aspettarmi per il prossimo anno. Adesso come adesso non lo so, vorrei solo concludere la stagione e prendere del tempo per estraniarmi e valutare quello che è stato.

Ti piace ancora il mondo delle corse, l’allenamento, l’adrenalina?

Diciamo che dopo un po’ di anni inizia ad essere la stessa cosa, la stessa routine, c’è sicuramente meno entusiasmo. La sensazione degli ultimi anni di non riuscire, di dover spingere di più ma non riuscirci mi sta mettendo alla prova. Il ciclismo è cambiato, è diventato tutto migliore e io sento di essere rimasta indietro. Mi sembra di essere sempre in rincorsa. Rincorro la mia miglior condizione, ma so che in questo momento la mia miglior condizione non è più sufficiente, quindi vedremo.

Marta Cavalli ha riscoperto il gusto di correre grazie al Team PicNic, che le ha permesso un rientro graduale
Marta Cavalli ha riscoperto il gusto di correre grazie al Team PicNic, che le ha permesso un rientro graduale
Si è fermato tutto con l’incidente del Tour 2022?

Lì c’è stata una brusca interruzione che non mi aspettavo e mi ha dato la scossa. Quasi come se mi avesse fatto crescere, uscire dalla sfrontatezza della gioventù. Mi ha dato qualcosa su cui riflettere sul fatto che si rischia tanto. Ho riconquistato fiducia, ma da lì è stato sempre più facile perderla. Ci sono stati altri infortuni, è stato un rincarare la dose. Mi hanno cambiato come atleta, ma anche come persona.

Come è stato assistere da fuori alla vittoria di Ferrand Prevot al Tour?

Avevo un piccolo sentore, perché lo capisci quando un’atleta è tanto concentrata. Dai messaggi che cerca di far trasparire sui social, per esempio. So che lei è un atleta forte e determinata, soprattutto l’ha dimostrato quando anni fa ha vinto tutti e tre i mondiali in un anno. Non è una cosa facile. Poi penso che anche lei abbia avuto un momento difficile, poi è riuscita a rivincere e a ritrovare la serenità. Me la ricordo benissimo alla Sanremo, poi molto bene alla Roubaix. E lì ho iniziato a pensare che facesse sul serio anche su strada. Quando poi ho visto tutte le storie della preparazione in altura per il Tour, ho pensato che avrebbe potuto davvero scuotere le gerarchie del gruppo.

Il Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappa
Il Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappa
Sentire quei commenti sul suo peso cosa ti ha fatto pensare? Addirittura Marlene Reusser si augurava che lei non vincesse…

Tifare che uno non vinca non mi è mai piaciuto. Ognuno nella propria vita sceglie cosa è giusto e cosa è sbagliato. C’è chi fa scelte di un tipo, chi fa scelte di un altro e vanno tutte rispettate, così come le idee e le opinioni. Non credo sia giusto giudicare quanto fatto da altri. Lo dico perché tante volte ho ricevuto giudizi su quello che facevo io, ma alla fine ognuno si prende la responsabilità per se stesso. Con l’attenzione che c’è adesso nelle squadre, credo che non sia stato fatto niente di troppo pericoloso. Sono d’accordo con l’altra sponda della corrente, perché noi atlete veicoliamo un messaggio. Però mi sembra che siano state prese le dovute precauzioni.

Quindi un limite esiste?

E’ giusto perdere peso, è giusto prepararsi. Questo definisce anche la mentalità e la determinazione di un atleta, la sua serietà. Se è sotto controllo di un medico non fa niente di sbagliato, anche perché poi ha fatto il suo periodo di riposo, di recupero e preparazione. L’importante è non finire in giri negativi, di cui risente la salute. Ci si prende cura della sicurezza per quanto riguarda caschi e attrezzature, si deve prendere molto a cuore anche la sicurezza fisica e della salute. Perché finito il ciclismo, poi c’è un’altra vita da affrontare. Ed è quello che sto facendo. Dopo anni in cui ho tirato la corda, adesso ho capito che è meglio lasciare un po’, mollare ogni tanto. E dire: «Okay, però per la Marta del futuro cosa è meglio? Continuare ad allenarsi forte o fare un passo indietro, riposare, recuperare e guadagnare di freschezza, di tranquillità e di poterlo spendere da altre parti?».

Tour de l’Ardeche 2023, l’ultima vittoria di Cavalli, che precede Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
Tour de l’Ardeche 2023, l’ultima vittoria di Cavalli, che precede Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
Si può dire, estremizzandola molto, che si smette di essere atleti a quel livello estremo quando si comincia a pensare al dopo?

Sì, certo. Quando sei fuori dal loop di essere sempre a gas aperto, inizi a dirti che forse sta arrivando un cambiamento. Ho iniziato a prendermi più cura di me. Mi rendo conto che anni fa andavo a tutta d’estate, inverno, in pista e strada. Poi inizi a capire che non puoi reggere quei ritmi e inizi a centellinare energie. Poi anche centellinarle non è più sufficiente. Cambiano le generazioni, arrivano altri più nuovi, con più forza.

Voler fare tutto accorcia le carriere?

Sicuramente. Sono anni che spingo, spingo, spingo. Invece ogni tanto ci sta prendersi un anno più tranquillo. Ora guardo un po’ fuori dalla mia bolla. Per quello mi è piaciuto quest’anno. Smettere dopo l’anno scorso sarebbe stata un’interruzione brutta e brusca, che mi avrebbe fatto lasciare con dei brutti ricordi. Non mi sarebbe piaciuto.

Che cosa ti ha convinto a riprovarci?

Tante persone, la squadra in primis. Mi hanno preso sotto braccio senza pressione e mi hanno invitata al primo ritiro, poi al secondo, poi mi hanno proposto di fare le prime gare e mi sono ritrovata con il numero sulla schiena. Non l’avrei mai detto, per questo non so che cosa avverrà nel futuro. Però ho avuto la soddisfazione di aver superato la paura. Gradualmente sono riuscita a godermi una nuova opportunità ed è stato bello. Ho vissuto sul lato umano le mie compagne, mentre prima ero più concentrata su di me. Anni di corse ne ho, quindi magari non mi sono resa utile in corsa, ma ho potuto dare dei consigli con l’esperienza che ho messo insieme. Mi ha fatto piacere condividerla.

Cavalli ha scoperto il gusto di mettersi a disposizione delle compagna: qui con Ciabocco
Cavalli ha scoperto il gusto di mettersi a disposizione delle compagna: qui con Ciabocco
Quindi ti è piaciuto di avere il numero sulla schiena?

Sì, ma proprio non me lo aspettavo. Per me era un no categorico e invece pian piano ci ho provato, l’ho vissuto, me la sono anche goduta. Mi è piaciuto, ha portato fuori una parte di me e spero di averla trasmessa. Spero che sia stata utile alle ragazze giovani della squadra, a cui auguro un bel futuro perché lo sport dà tante soddisfazioni. Sono convinta che se anche uno non arriva al top, è importante che abbia dato il massimo per se stesso. Di questo mi sono resa conto e ho imparato che lo sport non è solo eccellere, vincere ed essere perfetti. Esiste anche uno sport agonistico in cui hai dato il massimo. Sai quanto c’è voluto per arrivare lì. Non importa se le altre persone non lo sanno, ma è importante che tu sia convinto di aver fatto tutto quello che potevi. Mi rendo conto che negli anni ho fatto anche cose che io in prima persona magari non avrei mai fatto perché per me non erano essenziali. Però in quel momento per arrivare là serviva e sforzandomi l’ho fatto.

Hai davanti due porte. Cosa potrebbe convincerti a continuare?

A volte si va avanti per abitudine, ma a me quell’abitudine non è mai piaciuta. Per me deve esserci il vero fuoco dentro. Quando il fuoco si spegne, puoi tenerlo acceso soffiando, però sai che il grande falò non tornerà. Però il fatto di aver trovato un modo per essere di supporto e godersi ancora questo mondo potrebbe essere una spinta per continuare. Veramente, voglio vedere come va questa gara. Ho fatto delle buone settimane di allenamento, mi sono goduta paesaggi differenti. E’ una gara che mi piace, le mie compagne continuano a credere in me ed è bello. Mi piace così e poi vedremo…

Italian Bike Festival, ci siamo. Ma prima si parla di sicurezza

05.09.2025
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MISANO ADRIATICO – «Proviamo a ragionare uniti – dice a un certo punto Gianluca Santilli – e a raggiungere qualcosa di concreto. La sicurezza stradale non riguarda solo ciclisti e pedoni, ma le migliaia di persone che muoiono ogni anno sulle strade italiane. Tutti sbagliano, ma l’utente debole la paga troppo cara. Bisogna immaginare che determinate strade andrebbero vietate alle biciclette, almeno finché qualcuno non garantisce che siano sicure. Usciamo di qui con un progetto. Se dovesse essere l’ennesima riunione di sole chiacchiere, è l’ultima volta che mi vedete».

Italian BIke Festival apre stamattina i cancelli: ieri era tutto un lavorare
Italian BIke Festival apre stamattina i cancelli: ieri era tutto un lavorare

Dieci anni allo stesso modo

Italian Bike Festival apre i cancelli fra due ore. Ieri sera il parcheggio dell’autodromo era come una cittadina brulicante di uomini e mezzi. Stand da riempire, biciclette da montare sugli espositori. Intanto nella terrazza della grande tribuna centrale un convegno sulla sicurezza stradale ha raccolto diversi personaggi già molto attivi sul territorio nazionale. Persone di spessore, ciascuno nel suo settore. L’idea è quella di costituire un soggetto unico, composto da diversi attori, ma portatore di una sola voce. Almeno si è capito che la frammentazione fra i tanti soggetti non porta da nessuna parte. Lo ha detto ben chiaramente Davide Cassani.

«In dieci anni – ha detto il romagnolo, presidente di APT Emilia Romagnala situazione non è migliorata di nulla. La maleducazione è aumentata e parlo di ciclisti e anche di automobilisti. Quando parlo con i ragazzi, dico sempre che bisogna pensare a quello che fanno gli altri. Il fatto di avere la precedenza non significa essere al sicuro».

Il grafico mostra le regioni italiane con il maggior numero di incidenti
Il grafico mostra le regioni italiane con il maggior numero di incidenti

Trenta morti ad agosto

I numeri sono raccapriccianti. I morti al 31 agosto 2025 sono 155, 30 quelli morti soltanto ad agosto. Li snocciola Giordano Biserni, presidente di ASAPS, il portale della sicurezza stradale. Ribadisce che si è fatto ancora poco, ma sottolinea che le strade non sono presidiate a sufficienza dalle forze di Polizia. La Lombardia guida il ranking degli incidenti, seguiti da Lazio, Emilia Romagna, Toscana e Veneto. Se però si fa il rapporto fra il numero dei morti e quello dei residenti, la Lombardia scende all’ultimo posto dell’infausto ranking. Le regioni ad alta vocazione ciclistica hanno anche un superiore numero di incidenti.

«Il metro e mezzo – dice Paola Gianotti – è un passo avanti, una conquista culturale, per far sapere che ci sono anche le bici. I Comuni ci chiamano per montare i cartelli e l’arrivo delle bike lane è un altro passo avanti. L’obiettivo sarebbe quello di collegare i paesi con queste corsie riservate alle bici».

Fra i presenti, l’avvocato Balconi, Andrea Albani (CEO dell’autodromo), Jolanda Ragosta della FCI e Marco Scarponi

Il metro e mezzo serve?

Non sono d’accordo su tutto, lo capisci quando Santilli ribatte che a suo avviso il metro e mezzo non ha risolto nulla. E a quel punto la parola va a Federico Balconi, l’avvocato che s’è inventato Zerosbatti e ha gestito finora 1.500 sinistri in cui sono state coinvolte delle bici.

«Ci sono vuoti normativi – dice – e non sempre le Forze dell’Ordine intervengono quando cade una bici. Se l’incidente dipende dalle cattive condizioni della strada, non si muove nessuno. La normativa non è adeguata. Non si capisce perché i Italia sia vietato pedalare in fila per due. Se non altro l’automobilista si accorge meglio delle bici e sa che non può superarle tutte in una volta».

L’Italia, gli fa eco Massimo Gaspardo Moro di FIAB, è cinque volte meno sicura dell’Olanda. Perché da noi circolano più auto che negli altri Paesi europei. A Roma il 64 per cento della mobilità è composto da auto e moto, mentre a Berlino la ripartizione è ben più equilibrata. Le bike lane sono utili aggiunge, ma non ci sono i decreti attuativi che le prevedono e soprattutto mancano i controlli.

La pista sarà teatro di test ed eventi per tutto il lungo weekend
La pista sarà teatro di test ed eventi per tutto il lungo weekend

Le scuole e le famiglie

Quello della sicurezza stradale è un problema culturale, ormai è evidente. Lo sottolinea Bruno Di Palma, Direttore Ufficio Scolastico Regionale Emilia Romagna. «In Italia ci sono 7.500 scuole – dice – tanti studenti e in media due genitori per studente. E i genitori devono essere di esempio per i figli. All’inizio del percorso scolastico si firma il patto di corresponsabilità e non è accettabile che nelle scuole si insegni qualcosa e a casa venga tradita. Abbiao firmato un protocollo di intesa con l’Osservatorio regionale sulla sicurezza stradale e l’abbiamo inserita nei corsi di educazione civica».

Cultura, gli fa eco Marco Scarponi, segretario della Fondazione che porta il nome di suo fratello Michele. «Si fa fatica a comunicare – dice – anche a trovare l’accordo sui termini. Si usa spesso la parola incidente, ma quando qualcuno guida usando il cellulare, oppure va a 100 all’ora nei tratti con limite a 50 e ammazza qualcuno, è incidente oppure è violenza? Servono cultura, comunicazione e controlli. Davanti alle nostre scuole abbiamo messo un vigile che costringe i genitori a rallentare sulle strisce».

E di formazione, che genera cultura, parlano anche Andrea Onori in rappresentanza delle scuole guida, e Jolanda Ragosta della Federazione ciclistica italiana.

Italian Bike FEstival richiama anche quest’anno le principali aziende del mondo del ciclismo
Italian Bike FEstival richiama anche quest’anno le principali aziende del mondo del ciclismo

La legge di Pella

C’è in collegamento anche l’onorevole Roberto Pella, il presidente della Lega Ciclismo, che si collega da Roma dove si sta lavorando alla Legge di Bilancio. Le sue parole di sindaco e onorevole sono un netto richiamo alla realtà.

«Molte delle cose che sono state dette – spiega – cozzano con le attuazioni delle esigenze delle singole parti. A fine luglio abbiamo presentato una legge che porterà il mio nome, ma non perché l’abbia scritta io. E’ stata scritta con i Prefetti e con i campioni che collaborano con la Lega, da Gianni Bugno a Francesco Moser, Saronni e Nibali, Fondriest e Ballan. Ho voluto raccogliere le loro istanze. Una proposta concreta in tema sicurezza che possa essere integrata con altre norme».

L’intervento dell’Onorevole viene ascoltato e recepito, anche se qualcuno annota con stupore che nessuno fosse al corrente della volontà di depositare una proposta di legge. Ciascuno dei presenti avrebbe dato volentieri il suo contributo. Quando alle 18, dopo tre ore, tutti si alzano dalle sedie, la promessa è quella di risentirsi alla svelta. Il fuggi fuggi fa sì che dopo tre minuti non ci sia più nessuno. Sono tutti grandi e vaccinati. Se sarà stata l’ennesima riunione che non porta a nulla, lo capiremo nel giro di pochi mesi. Noi siamo a disposizione, perché la comunicazione è una delle chiavi per il successo. Nel frattempo, Nostro Signore della strada, tieni una mano sul capo dei tuoi figli che ogni giorno sfidano le strade su una bicicletta.

Canyon tra novità nel board aziendale e invito a IBF

01.09.2025
4 min
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A partire da oggi, lunedì 1° settembre, Roman Arnold assume la carica di Executive Chairman di Canyon, l’azienda da lui stesso fondata nel 2002. Arnold rileva Nicolas De Ros Wallace che ha ricoperto questo incarico negli ultimi tre anni e mezzo raggiungendo risultati di assoluto rilievo.

Nel nuovo ruolo Arnold si concentrerà sulla visione di lungo termine e sulla strategia futura dell’azienda. Sarà un ponte tra la storia di innovazione e performance di Canyon e la sua crescita futura, assicurando che l’azienda resti profondamente legata ai suoi valori fondanti: creare biciclette best-in-class che ispirino i ciclisti, connettano le comunità e supportino gli atleti professionisti ai massimi livelli.

Roman Arnold è il nuovo Executive Chairman di Canyon
Roman Arnold è il nuovo Executive Chairman di Canyon

Al centro la passione

Nell’assumere il nuovo ruolo di Executive Chairman, Roman Arnold si è soffermato sull’importanza della “passione” come elemento centrale nella storia passata e futura di Canyon.

«Canyon è nata dalla passione per lo sport e per il ciclismo», ha dichiarato Arnold. «Quella passione ci guida ancora oggi e ci porterà nel futuro. Come fondatore, torno come Executive Chairman per rafforzare le nostre radici e plasmare il nostro futuro. Al centro di Canyon ci sono i nostri ciclisti e clienti, la nostra community e la nostra ambizione di costruire le migliori biciclette al mondo. Con una strategia chiara, spirito di squadra e passione, creeremo valore per tutti i nostri dipendenti, i nostri partner, i nostri investitori e, soprattutto, i nostri ciclisti. La nostra promessa resta la stessa: Inspire to Ride».

Con MyCanyon ora è possibile personalizzare al massimo la propria bici
Con MyCanyon ora è possibile personalizzare al massimo la propria bici

Grazie Nicolas

Come detto, Roman Arnold va a sostituire nel ruolo di Executive Chairman Nicolas De Ros Wallace che negli ultimi tre anni e mezzo ha guidato Canyon attraverso una fase di crescita e trasformazione. Sotto la sua leadership, i ricavi sono raddoppiati fino a quasi 800 milioni di euro. De Ros Wallace ha rafforzato la posizione del marchio Canyon nel mercato globale del ciclismo, ampliato le capacità organizzative e consolidato la reputazione dell’azienda per innovazione, performance ed eccellenza nel modello direct-to-consumer. Il Consiglio di Amministrazione di Canyon ha espresso la propria gratitudine a Nicolas De Ros Wallace per la dedizione e la leadership dimostrate durante il suo mandato.

«Nicolas ha portato competenze preziose e nuove prospettive a Canyon in una fase importante del nostro percorso», ha sottolineato Roman Arnold. «La sua leadership negli ultimi anni ha costruito una solida base, e sono grato per la sua dedizione e i suoi risultati. Lo ringraziamo sinceramente per i suoi contributi e gli auguriamo ogni successo per il futuro».

All’Italian Bike Festival ci sarà modo di incontrare Alejandro Valverde
All’Italian Bike Festival ci sarà modo di incontrare Alejandro Valverde

Pronti per Misano

Canyon è ora pronta a incontrare i suoi tanti estimatori questo fine settimana a Misano, in occasione di Italian Bike Festival. Sarà l’occasione per presentare le ultime novità delle collezioni strada, gravel ed e-road.

Allo stand Canyon (Y8) sarà possibile conoscere MyCanyon, il nuovo sistema di personalizzazione che promette di rivoluzionare l’esperienza di ogni ciclista in sella. Un servizio che permette di configurare la bici in base alle proprie esigenze, unendo tecnologia, design e performance. 

Si potranno inoltre avere informazioni sui servizi post-vendita e scoprire la rete ASP (Authorized Service Partner) presenti in tutta Italia, punti di riferimento per manutenzione, riparazioni e supporto tecnico.

Ricco anche il programma dei bike test. Per conoscerlo basta collegarsi alla pagina dedicata sul sito ufficiale Canyon per registrarsi e non perdere l’opportunità di pedalare su un modello top di gamma.

Canyon all’IBF lancerà un concorso con in palio una Grizl CF 6, nella colorazione Lavander Gelato
Canyon all’IBF lancerà un concorso con in palio una Grizl CF 6, nella colorazione Lavander Gelato

C’è anche Valverde

Sabato 6 settembre alle 18 lo stand Canyon ospiterà un esclusivo Meet & Greet con Alejandro Valverde, leggenda del ciclismo, attuale tecnico della nazionale spagnola dei pro’ e ambassador del brand. Campione del mondo su strada 2018, vincitore della Vuelta, di quattro Liegi-Bastogne-Liegi e di cinque Freccia Vallone. Valverde è considerato uno degli atleti più completi e longevi della storia del ciclismo. Un’occasione unica per incontrarlo di persona, scattare una foto e condividere l’emozione del grande ciclismo insieme alla community Canyon.

Vinci una Grizl

In occasione di Italian Bike Festival, Canyon lancerà anche un concorso speciale: in palio una Grizl CF 6, nella colorazione esclusiva Lavander Gelato. Una bici gravel versatile, con telaio in carbonio, pensata per affrontare ogni avventura outdoor.

Per partecipare al concorso è necessario recarsi allo stand Canyon durante i tre giorni di Italian Bike Festival. Il termine per registrarsi e concorrere all’estrazione è fissato al 30 settembre 2025.

Canyon

GEKO presente a IBF: e la domenica arriva anche Gianni Bugno

28.08.2025
3 min
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Il mondo del ciclismo italiano, ma non solo, si prepara a vivere l’evento espositivo più importante della stagione. L’Italian Bike Festival, che si terrà al Misano World Circuit dal 5 al 7 settembre prossimi, sarà il palcoscenico per le più recenti innovazioni del settore. Tra gli espositori che hanno confermato quest’anno la propria partecipazione c’è anche GEKO, il brand che sta rivoluzionando il comfort e le prestazioni in sella. GEKO si posizionerà allo stand V10, pronto ad accogliere i visitatori e svelare le novità e i suoi prodotti di punta per la prossima stagione.

L’evento romagnolo non sarà solo una vetrina di nuove tecnologie, ma rappresenterà anche un’occasione unica per incontrare una vera e propria icona del ciclismo mondiale. Domenica 7 settembre, i riflettori saranno puntati sullo stand di GEKO, dove sarà presente il grande campione Gianni Bugno. L’ex professionista, oggi testimonial e ambassador di GEKO, condividerà la sua esperienza e racconterà il proprio legame con l’innovativa tecnologia proposta dall’azienda.

All’Italian Bike Festival gli appassionati avranno modo di toccare con mano la tecnologia brevettata dei pantaloncini GEKO
All’Italian Bike Festival gli appassionati avranno modo di toccare con mano la tecnologia brevettata dei pantaloncini GEKO

Una carriera da n°1

La presenza di Gianni Bugno all’Italian Bike Festival non è casuale. La sua carriera, ricca di successi, lo rende il volto ideale per rappresentare un’innovazione che mira all’eccellenza. Professionista dal 1985 al 1998, Bugno ha conquistato il cuore degli appassionati con vittorie memorabili. Nel 1990 ha indossato la Maglia Rosa dal primo all’ultimo giorno del Giro d’Italia, un’impresa che resta scolpita nella storia del ciclismo. Negli anni successivi, ha dominato la scena internazionale, vincendo due titoli consecutivi di Campione del mondo su strada, nel 1991 e nel 1992. La sua versatilità in gara era straordinaria. Era in grado di eccellere nelle prove a cronometro, nelle tappe di montagna e nelle volate, dimostrando una polivalenza raramente vista. Con 72 vittorie in carriera, e la conquista del primo posto nella classifica mondiale UCI tra il 1990 e il 1991, Bugno ha scritto pagine indelebili del ciclismo. Oggi, la sua esperienza e la sua passione continuano a vivere attraverso la collaborazione con GEKO, testimoniando la qualità e l’efficacia dei loro prodotti.

Allo stand di GEKO nella giornata di domenica arriverà anche un ospite speciale: Gianni Bugno
Allo stand di GEKO nella giornata di domenica arriverà anche un ospite speciale: Gianni Bugno

La rivoluzione brevettata

Il cuore dell’innovazione presentata da GEKO è il pantaloncino, un prodotto che ridefinisce il rapporto tra ciclista e sella. Il sistema brevettato GEKO assicura difatti un grip senza precedenti, eliminando lo spreco di potenza e garantendo maggiore stabilità e sicurezza senza limitare la libertà di movimento. Il segreto risiede nella perfetta fusione tra un’attenta ricerca tecnica e l’uso di materiali di alta qualità. Il bibshort GEKO è un prodotto top di gamma, pensato per gli atleti più esigenti.

L’eccellente vestibilità è garantita dal tessuto Thunderbike Power Stretch & Shield, noto per la sua elasticità e durabilità, ideale per le attività ad alte prestazioni. Inoltre, la tecnologia ECLIPSE Sun Protection offre un’efficace barriera contro i raggi UV, proteggendo la pelle del ciclista durante le lunghe uscite sotto il sole.

L’idea alla base del brevetto è nata da una semplice intuizione, ma si è sviluppata in un progetto ambizioso, durato oltre due anni. L’obiettivo era superare i limiti dei sistemi antiscivolo convenzionali e puntare anche sulla sicurezza del ciclista, un aspetto spesso sottovalutato. Sin dalle prime fasi di sviluppo, il team di esperti GEKO ha collaborato a stretto contatto con due grandi nomi del ciclismo: Gianni Bugno e Stefano Zanatta. La loro esperienza e professionalità sono state fondamentali per perfezionare il prodotto, rendendolo un vero alleato per ogni ciclista. Entrambi hanno creduto fin dall’inizio nel progetto, diventandone con orgoglio i primi e più autorevoli testimonial.

L’appuntamento è dunque fissato al Misano World Circuit, dove allo stand V10 si potrà scoprire da vicino l’innovazione che sta cambiando il modo di pedalare, supportata dalla testimonianza di una vera, autentica leggenda italiana del ciclismo.

GEKO

Alé presente “sul campo” dei grandi festival ed eventi europei

27.08.2025
3 min
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Con l’arrivo dell’autunno, il calendario ciclistico internazionali si fa sempre più fitto di grandi eventi e manifestazioni expo. I festival, le rassegne e le gare più importanti d’Europa richiamano appassionati da ogni angolo del continente. Un mondo in movimento, dove la passione per le due ruote si fonde con l’innovazione e la tecnologia. 

In questo scenario dinamico, Alé si conferma un punto di riferimento, un partner immancabile e nelle competizioni più prestigiose. La sua presenza è costante: dagli eventi internazionali alle gare professionistiche, senza dimenticare gli appuntamenti dedicati ai ciclisti amatori.

Non a caso, la filosofia di Alé si basa sulla perfetta fusione tra stile, comfort e performance. Ogni singolo capo è difatti il risultato di un’attenzione maniacale ai dettagli, unendo l’alta sartorialità italiana con l’innovazione tecnologica. Materiali di prima scelta, e design all’avanguardia, si combinano per offrire un’esperienza superiore. Non si tratta solo di abbigliamento, ma di una vera e propria seconda pelle, pensata per esaltare ogni pedalata e garantire il massimo delle prestazioni, indipendentemente dalle condizioni climatiche o dal tipo di percorso.

Alessia Piccolo, amministratore delegato di APG
Alessia Piccolo, amministratore delegato di APG

Innovazione… su misura

Alé non si limita a produrre capi di alta gamma e di altissima qualità, ma va oltre, offrendo un esclusivo servizio di personalizzazione che eleva l’abbigliamento ciclistico a un livello superiore. Questo servizio di “customizzazione” permette a squadre e gruppi di ciclisti di dar vita a un’identità visiva unica e inconfondibile, trasformando la passione per il ciclismo in un’espressione tangibile di spirito di squadra. 

Il processo di creazione è curato in ogni singolo dettaglio, a partire dalla progettazione grafica, dove le idee dei ciclisti prendono forma, fino alla scelta dei materiali e dei tessuti più adatti a ogni esigenza. I team possono scegliere tra una vasta gamma di tessuti tecnici e colori, garantendo non solo un’estetica perfetta, ma anche prestazioni ottimali in qualsiasi condizione. Il risultato è un capo d’abbigliamento unico e personale, che si adatta perfettamente non solo alle esigenze tecniche, ma anche alle ambizioni di ciascun team. Alé trasforma un semplice indumento in una vera e propria divisa, simbolo di coesione, identità e spirito competitivo. È una straordinaria opportunità per ogni gruppo di distinguersi nel gruppo e di pedalare con un senso di appartenenza che va oltre il semplice sport.

L’Italian Bike Festival aprirà la lunga serie di fiere ed eventi di Alé Cycling
L’Italian Bike Festival aprirà la lunga serie di fiere ed eventi di Alé Cycling

Appuntamenti da non perdere

Per chi vuole toccare con mano l’eccellenza e l’innovazione di Alé, le prossime settimane offrono occasioni imperdibili. L’azienda veronese sarà difatti presente con il suo stand nei principali eventi ciclistici di settembre e ottobre, un’occasione unica per incontrare il team, scoprire in anteprima le nuove collezioni e vivere da vicino l’esperienza del brand. Sarà possibile esplorare le ultime novità in fatto di tessuti tecnici, design e soluzioni innovative, confrontandosi direttamente con gli esperti del settore.

Ed ecco il calendario dei prossimi appuntamenti dove sarà presente lo stand Alé:

  • Italian Bike Festival (Misano Adriatico, 5-7 settembre): la vetrina italiana del ciclismo, un’occasione per scoprire le tendenze future.
  • Ironman Italy (Cervia, 18-21 settembre): un palcoscenico di forza e resistenza, dove l’abbigliamento tecnico fa la differenza.
  • Sea Otter Europe (Girona, Spagna, 19-21 settembre): il festival internazionale che celebra ogni aspetto della cultura ciclistica.
  • Strade Bianche del Garda (Bardolino, 20-21 settembre): la sfida sulle strade sterrate dove la qualità dei materiali è fondamentale.
  • Istria 300 (Poreč, Croazia, 27 settembre): un evento che mette alla prova i limiti, con la necessità di un equipaggiamento affidabile.
  • Roma 24H (Roma, 28 settembre): la maratona ciclistica nella capitale, un test di resistenza e performance.
  • Roc d’Azur (Fréjus, Francia, 8-12 ottobre): il più grande evento “off-road” in Europa, un vero e proprio rito per gli amanti della mountain bike.

Alé Cycling