Finalmente Rota! E adesso il bilancio non è più a zero

06.08.2022
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Finalmente è arrivata. Lorenzo Rota ha vinto la sua prima corsa da professionista! Sembra incredibile visto il buon corridore che è, ma è proprio così. La vittoria è arrivata nella seconda frazione dello Sazka Tour, una breve corsa a tappe in Repubblica Ceca.

Avevamo lasciato Rota al limite delle lacrime in quel di Alberobello. Quel giorno pochi come lui volevano la vittoria e quel titolo. Tra i corridori delle WorldTour al via, era senza dubbio quello più affamato.

Eppure anche quella volta fu secondo.

«Ci provo da tanto tempo – ci disse il lombardo – l’ho presa bene al Giro dopo la sconfitta da Oldani, ma anche stavolta no».

Grande lavoro per la Intermarché Wanty Gobert: Pozzovivo (ieri terzo), Taaramae e Rota (in terza ruota) i capitani di giornata
Grande lavoro per la Intermarché Wanty Gobert: Pozzovivo (ieri terzo), Taaramae e Rota (in terza ruota) i capitani di giornata

Prima vittoria

Sulle rampe di Pustevny, perla delle montagne a cavallo tra Slesia e Moravia, e a due passi dal confine slovacco e più precisamente da casa di Sagan, la storia di Rota ha preso un altro corso.

«So che questa vittoria non è un italiano o un San Sebastian – dice Rota – ma vincere è… sempre vincere! E’ da tanto tempo che la cercavo. Questo zero in casella mi pesava parecchio. Che dire: sono contento!

«Spero d’ora in poi di essermi sbloccato e di non sbagliare più i finali di corsa».

«Quel giorno ad Alberobello, la mia delusione non era tanto per quella circostanza ma perché iniziavano ad essere tante le “botte”. E accumula, accumula.. ero arrivato al limite. Però adesso, a mente fredda, dico anche che ero stanco, poco lucido. E magari mi comporterei in maniera diversa».

E la sua lucidità traspare sin da subito e da come racconta il finale vittorioso di ieri.

«Qui siamo una squadra forte e volevamo la corsa dura. Avevamo lavorato tutto il giorno, specie sulle salite. Poi nel finale c’era questa scalata impegnativa di 7,5 chilometri. La tattica era che io dovessi scattare ai -4,5 dall’arrivo e così ho fatto. Ironia della sorte mi è venuto dietro Filippo Zana. A quel punto essendo noi in superiorità numerica ho mollato. Quindi è scattato Taaramae.

«Credevo vincesse lui perché aveva guadagnato 25″. Invece gli altri hanno tirato. Così ai 400 metri lo abbiamo ripreso, ai 300 sono partito e… è andata bene!».

Il finale era parecchio stretto. Ma Rota e gli altri lo conoscevano bene, anche perché ci erano passati già durante la corsa (salvo svoltare un po’ prima del traguardo) e perché era lo stesso arrivo dell’anno precedente. Il sangue freddo però non gli è mancato.

Al Wallonie Rota ha trovato tappe più veloci rispetto all’attesa, ideali però per fare ritmo (foto @cyclingmedia_agency)
Al Wallonie Rota ha trovato tappe più veloci rispetto all’attesa, ideali però per fare ritmo (foto @cyclingmedia_agency)

La rinascita

Ma facciamo un passo indietro. Torniamo laddove questa vittoria ha, molto probabilmente, la sua genesi. Ad Alberobello se ne andò con la delusione. Ma il “giorno dopo” Lorenzo aveva già il piglio di chi aveva ripreso a lavorare sodo. L’altura, il rientro alle gare, ancora dei buoni piazzamenti, il lavoro per la squadra… Fino ad oggi.

«Dopo l’italiano – riprende Rota – sono rimasto alcuni giorni in Puglia. La mia famiglia ha una casa nei pressi di Ostuni: un po’ di relax, mare… riposo assoluto. Avevo bisogno di staccare totalmente. Di azzerare tutto.

Dopo quei giorni in Puglia, Rota ha ripreso a darci sotto. Se ne è andato in altura sul Bernina dove è rimasto per 15 giorni. E da lì è rientrato alle corse.

«Sono rientrato al Tour de Wallonie, dove ho fatto quarto. Sono rimasto un po’ deluso da questa corsa: credevo che il percorso fosse un po’ più duro. Poi ho insistito per andare a San Sebastian, ma il recupero tra le due gare era poco. Senza contare che l’ultima tappa era piena di pavé. E si è fatta sentire.

«Infatti a San Sebastian non stavo benissimo, però sono riuscito ugualmente ad entrare nei primi dieci».

Rota (classe 1995) ha siglato la sua prima vittoria da pro’, nonostante sia uno dei migliori italiani nel ranking UCI. E’ anche leader della gara
Rota (classe 1995) ha siglato la sua prima vittoria da pro’, nonostante sia uno dei migliori italiani nel ranking UCI. E’ anche leader della gara

Dettagli rivisti

Rota è un professionista serio, uno che lavora sodo e cerca il dettaglio. E forse proprio questa ricerca della perfezione ha cambiato qualcosa, speriamo definitivamente.

Lui stesso ha chiesto di rivedere alcuni dettagli al suo preparatore.

«Mi segue Luca Quinti – dice Rota – me lo ha presentato Fausto Masnada. Lavoro con Luca da tre anni e devo dire che sono tre anni che sono a buoni livelli. Il merito dunque è anche suo. E della squadra (la Intermarché Wanty Gobert, ndr) che mi lascia la possibilità di avere un coach esterno.

«Non lo fanno tutti i team, ma loro hanno capito che a volte conta anche la stabilità mentale che può darti un allenatore. E io con Luca parlo molto, mi fido. Quando non sono d’accordissimo su alcune cose ci confrontiamo».

«Proprio perché lui è meticoloso, dopo l’italiano ha rivisto e analizzato i file di tutte le mie volate e ci siamo resi conto che negli ultimi anni avevamo lavorato molto sulla salita e poco per questo genere di sforzi. Quindi avevo perso un po’ di spunto. Già dall’ultimo ritiro in quota pertanto abbiamo rivisto alcune cose e siamo tornati a lavorare un po’ di più sul minuto, i due minuti a tutta».

E a quanto pare ha funzionato, caro Lorenzo. 

L’occhio sta bene e Girmay riparte con un titolo in più in tasca

24.07.2022
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Ci eravamo lasciati con una vittoria, un tappo in un occhio e un ritiro. Biniam Girmay era riuscito in tutto questo nella decima tappa del Giro d’Italia. Successivamente l’eritreo della Intermarché Wanty Gobert ha fatto parzialmente perdere le sue tracce.

In molti, dopo i successi alla Gand e appunto nella corsa rosa lo aspettavano anche al Tour de France. Ma “Bini” non c’era. La preoccupazione per l’incidente all’occhio non era poca. Noi eravamo lì, dietro al palco, e quella che era parsa solo una botta, in breve si era trasformata in una perdita momentanea della vista. La corsa in ospedale e il danno alla retina.

A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante
A Jesi, poco dopo l’incidente con il tappo dello spumante, l’occhio sinistro di Girmay ha iniziato a gonfiarsi in modo preoccupante

Recupero in Africa

A quel punto Girmay si è fermato. Ha riposato qualche giorno e una volta ripresa la vista è tornato a casa. Adesso però è di nuovo in Belgio. E nel mezzo come è andata?

«Nel mezzo – dice il suo direttore sportivo, Valerio Piva – è tornato ad Asmara in Eritrea. Il problema all’occhio sembra averlo recuperato benone e ha ripreso a correre giusto ieri al Tour de Wallonie. E la sua stagione proseguirà con una serie di brevi corse a tappe e corse di un giorno. Quindi niente Vuelta, per arrivare al meglio al mondiale di Wollongong. Ma puntiamo a fare bene nelle corse canadesi e anche in alcune italiane adatte a lui».

«Il Tour non era mai stato nei suoi programmi. Dopo il Giro sarebbe tornato a casa, magari con altri tempi, ma si sarebbe fermato. Ha fatto due settimane di riposo e due di ripresa lenta e graduale. Lui vive ad Asmara a 2.400 metri di quota, ma può andare anche più in alto».

Campione a crono

E in Eritrea l’aria di casa deve aver fatto bene a Girmay. Si è rimesso in sesto, ha ritrovato fiducia ed ha persino corso. Ha fatto qualche gara minore e ha preso parte alle due prove per i titoli nazionali, quello a crono e quello in linea. Magari il livello non è altissimo, ma come si dice la forma che ti dà la gara non te la dà nessun allenamento.

«Il livello non era alto? Non direi proprio così – riprende Piva – visto che nella gara che assegnava il titolo su strada ha perso. Ai primi posti c’erano Kudus e Tesfatsion e altri buoni corridori ancora, non solo gli europei. Però ha anche vinto! Un po’ inaspettatamente a dire il vero, ma si è portato a casa il titolo a cronometro».

Piva ci dice che da quelle parti le corse non mancano, anche se alla fine si tengono quasi tutte su uno stesso circuito. Anche per Piva tutto sommato si tratta di un buon allenamento buttarsi in quella mischia. «Si fa sempre un po’ di interval training». 

Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo
Per Piva, resta ancora l’incognita delle grande salite per l’eritreo

I suoi margini

Sapere che Girmay ha risolto completamente il problema all’occhio e che l’incidente sul podio di Jesi non abbia inciso troppo sui suoi programmi (in pratica non fare il Tour), è una buona notizia. Sarebbe stato un vero peccato che un tappo potesse compromettere la stagione di questo atleta.

Rimane il punto di domanda su cosa avrebbe potuto dargli in più concludere il Giro. Ammesso che arrivare a Verona fosse l’obiettivo.

«Beh – dice Piva – finire il Giro sarebbe stato importante soprattutto in ottica futura, una bella esperienza per valutare la sua forza. Un grande Giro ti porta ad un livello più alto, anche in vista di altre gare come il Tour. Con questo non voglio dire che il prossimo anno non potrà fare il Tour perché non ha finito il Giro.

«Per me Biniam lo avrebbe finito senza problemi. Non ha fatto le grandi montagne, ed è lì che lo avrei voluto vedere. Resta quell’incognita».

Rota e Petilli: il ritiro, gli obiettivi e due parole fra amici

17.07.2022
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Simone Petilli e Lorenzo Rota sono in ritiro sulle montagne alpine per preparare la seconda parte di stagione. Un periodo di stacco nel quale si lavora, gli impegni sono alla porta ed è importante prepararsi al meglio. I due corridori della Intermarché Wanty Gobert arrivano da momenti diversi. Simone ha metabolizzato l’esclusione dal Giro ed è pronto ad aggredire i nuovi appuntamenti che si presenteranno. Lorenzo, invece, arriva da una prima parte di stagione ricca ma con qualche episodio sfortunato alle spalle, ed un secondo posto al campionato italiano che fa fatica ad andare giù, come un boccone troppo amaro.

L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi
L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi

Un programma “distensivo”

PETILLI: «Siamo entrambi partiti per il ritiro il 5 di luglio e torneremo il 20. Non siamo da soli, ci sono altri nostri compagni ed in più abbiamo il supporto del team, ma poi ognuno di noi ha la sua libertà per gestire le tabelle e gli allenamenti».

ROTA: «Siamo in una decina di compagni di squadra, siamo un po’ sparsi intorno alla zona di Livigno. Personalmente arrivavo da un periodo di corse molto intenso: tra Giro d’Italia, Giro del Belgio e campionato italiano ero un po’ cotto».

Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione
Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione

Obiettivi diversi

Se Petilli sta cercando continuità ed una seconda parte di stagione con delle certezze per riscattare l’esclusione dal Giro, Lorenzo vuole delle certezze. E queste passano dalla tanto agognata vittoria. La motivazione è alta per entrambi, gli obiettivi sono diversi, ma la strada è comune.

ROTA: « Devo ammettere, ma penso lo si sappia già ampiamente, che questa vittoria manca e inizia ad essere una situazione frustrante. Ci sto provando da diverso tempo e continua a succedere qualcosa che mi frena, una volta un po’ di sfortuna, altre un piccolo errore…»

PETILLI: «Io e Lorenzo parliamo tanto, ci confrontiamo ed il nostro rapporto è bello così. Ci conosciamo da tanto tempo che ormai sappiamo tutto l’uno dell’altro, o quasi. Quando mi dice che gli pesa questa vittoria mancata, gli dico che ha dimostrato di andare forte. A San Sebastian lo abbiamo scoperto tutti e poi si è riconfermato sempre, anche quest’anno sulle strade del Giro. Insomma, se arrivi ad andare forte su questi palcoscenici, vuol dire che la gamba c’è. Non deve stare a sentire i pareri ed i commenti di tutti, anche dopo il campionato italiano ne ho sentite tante…».

Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco
Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco

Quel Giro mancato

PETILLI: «Il Giro d’Italia era un mio obiettivo di inizio stagione e mi è mancato farlo, non ne ho fatto un dramma. La squadra prende le sue decisioni ed è giusto rispettarle, ovviamente mi sarebbe piaciuto correrlo. Di contro non dovrei correre la Vuelta, non era in calendario e non mi sto preparando per questo. Mi hanno inserito come prima riserva».

ROTA: «Quando ho scoperto che Simone non ci sarebbe stato al Giro d’Italia, mi è dispiaciuto molto. Io, con il senno di poi, l’avrei portato anche perché abbiamo portato due corridori nella top ten ma ci sarebbe servito qualcuno di maggior supporto in salita. “Pozzo” e Hirt si sono ritrovati spesso da soli e lui avrebbe potuto fare tanto. D’altro canto non credo che l’esclusione dal Giro o da altre corse a tappe crei un problema, farle fa sempre piacere ma non è fondamentale. Abbiamo entrambi una certa età e quindi siamo arrivati alla nostra maturazione ciclistica. Se devo essere sincero spero non vada alla Vuelta così corre con me (dice ridendo, ndr)».

Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione
Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione

Strade simili

PETILLI: «I programmi miei e di Lorenzo sono simili da qui a fine stagione, a parte per quanto riguarda l’approccio alle corse dopo questo ritiro. Io farò San Sebastian lui il Giro di Vallonia. Quando corriamo in Italia, vogliamo farlo al meglio, dando spettacolo, così come fatto al campionato italiano. Eravamo solo noi due della squadra e così abbiamo deciso di provarci, ci è mancato davvero poco».

ROTA: «Essendo lui di Como ed io di Bergamo abbiamo una corsa in comune su tutte in Italia: il Lombardia. L’anno scorso non sono andato benissimo e mi piacerebbe correrlo meglio, avendo la possibilità di rifarmi. Devo dire che mi piace molto di più l’arrivo a Como, si addice molto di più alle mie caratteristiche».

Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli altri che preparano la Vuelta
Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli atleti che preparano la Vuelta

Allenamenti e chiacchierate

ROTA: «In questi giorni di ritiro parliamo tanto, ma cerchiamo di spaziare un po’ negli argomenti. Parliamo di macchine, di belle ragazze – ride insieme a Simone – è bello anche così, pensare un po’ ad altro».

PETILLI: «Siamo sempre in bici, in questi giorni è divertente fare altro e chiacchierare anche con gli altri compagni di squadra che sono qui con noi».

ROTA: «Prima di lasciarvi propongo un gioco: quello dei “difetti” dell’altro, altrimenti dopo questa intervista sembriamo troppo amichevoli (scherza il bergamasco, che poi resta in silenzio un attimo, ndr). Ci sto pensando ma non mi vengono! Ah no, ecco, se devo dire qualcosa direi che sei troppe volte per terra!».

PETILLI : «Anche tu non scherzi – replica con una risata – questa cosa mi piace, così poi domani ci scattiamo nei denti per vendetta. In realtà siamo abbastanza affini, ci capita più spesso di discutere con qualcuno del gruppo piuttosto che tra di noi. Ciao Lore, a domani e mi raccomando, puntuale!».

Pasqualon 2022

Dalla Vallonia, Pasqualon rivede il Giro e si lancia sul Tour

01.06.2022
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E’ un Andrea Pasqualon estremamente su di giri quello che risponde da Andorra, dove sta preparando i suoi prossimi impegni, ossia Giro di Svizzera dal 12 giugno e soprattutto il ritorno al Tour de France a luglio. La vittoria di domenica al Circuito di Vallonia, una delle prove del calendario belga “extraclassiche”, con al via molti corridori di primo livello gli ha dato quello spirito in più per lavorare in altura e preparare la campagna di Francia. Il veneto, come i suoi compagni, sarà chiamato a dare seguito allo splendido Giro d’Italia dell’Intermarché Wanty Gobert.

Rimpianto Giro

Pasqualon questo Giro lo ha vissuto prima con un po’ di rimpianto, perché avrebbe tanto voluto essere al via. La sua esperienza sui tracciati del Centro e Nord Europa (la partenza del Tour sarà dalla Danimarca) lo ha però dirottato sulla Grande Boucle.

«A conti fatti – dice – è stata anche una decisione giusta e che ho condiviso. Ero arrivato alla Roubaix con già 29 giorni di corsa nelle gambe ed ero sinceramente stanco. Avevo bisogno di ricaricare le batterie e soprattutto poter lavorare con calma, infatti mi sono fermato una settimana e poi ho ripreso con un primo periodo di allenamento intenso. I benefici si sono visti».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Com’è venuta la tua vittoria di Charleroi?

Era una gara ideale per le mie caratteristiche, con le tipiche strade del Belgio, tanto vento laterale, passaggi anche stretti, insomma dove c’era tanto da lavorare. Alla fine avevamo un circuito di 13 chilometri da affrontare tre volte, noi puntavamo a fare gara dura per ridurre al massimo la gente della volata finale. Io sapevo che il più pericoloso era Philippe Gilbert, ma all’improvviso è partito Zingle, il giovane della Cofidis. Gilbert non aveva gambe per chiudere, allora ai 300 metri sono scattato e ho superato il transalpino a 20 metri dal traguardo.

Questa è la tua prima vittoria in maglia Intermarché…

Sì e per me ha un valore altissimo. Finalmente dopo tanto lavoro al servizio degli altri ho avuto la mia giornata di gloria. Oltretutto ho ripagato la fiducia del team che in quest’occasione, proprio considerando le caratteristiche del percorso, mi aveva eletto capitano. Era la maniera migliore per proiettarsi verso l’estate.

Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Hai visto il Giro?

Certamente, con i ragazzi ci siamo sentiti quasi ogni giorno dopo la tappa. Io credo che il segreto del bei risultati della squadra sia proprio l’atmosfera che c’è fra noi. Siamo una famiglia unita, un vero gruppo di amici prima ancora che compagni di squadra. C’è lo spirito giusto e soprattutto affrontiamo ogni gara con l’obiettivo non del piazzamento, ma della vittoria. Quest’anno siamo già arrivati a 11, è un’annata magica che sarà difficilmente ripetibile e se continuiamo così io dico che possiamo anche entrare fra le prime 5 squadre del WorldTour.

I risultati dei tuoi compagni ti hanno sorpreso? Due uomini in top 10, le vittorie parziali di Girmay e Hirt…

Se devo essere sincero no. Biniam partiva con l’obiettivo di prendere la maglia il primo giorno e infatti è stato quello che l’ha contesa a Van Der Poel. Sono stato poi felicissimo per la sua vittoria a Jesi su un arrivo ideale per lui. “Bini” è esplosivo ma leggero, su un arrivo in leggera salita sapevo che poteva stroncare VDP che è più pesante e così è stato. Hirt dal canto suo sapevo che se superava indenne la prima settimana andava in crescendo e poteva anche entrare fra i primi 5.

Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
E Pozzovivo?

E’ stato fenomenale, forse lui è stato la vera sorpresa, con quel che ha passato, arrivando in squadra quasi fuori tempo massimo. Non credevo potesse fare quello che ha fatto, se lo merita tutto. Ha dimostrato una tenacia che dovrebbe essere d’insegnamento a tanti ragazzi che mollano alle prime difficoltà. Questo è professionismo puro.

Ora c’è il Tour che ti chiama in causa. Con che obiettivi partite?

Avremo una squadra completa, con un treno per le volate di Kristoff e un uomo per la classifica come Meintjes. Anche lui è un diesel, se riesce a passare la prima metà Tour poi andrà a caccia della top 10 che ha già raggiunto due volte. Noi dovremo dargli una mano e tenerlo coperto in un Tour che si preannuncia molto duro sin dall’inizio, con la parte danese e l’incognita della quinta tappa sul pavé. Noi comunque possiamo emergere in ogni tappa, vogliamo assolutamente mettere la nostra firma con almeno un successo.

Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
E Pasqualon che compiti avrà?

Io lavorerò per gli altri, ma avrò anche spazio, soprattutto in quelle tappe con arrivo in leggera salita dove ci invertiremo i compiti con Kristoff, che sarà lo sprinter per gli arrivi in pianura. Su quelle tappe più mosse, anche in caso di arrivo allo sprint posso dire la mia. Mi sto preparando per quello.

Hirt lava la beffa del 2019: questa volta Aprica si inchina

24.05.2022
7 min
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La prima volta che mise il naso in Italia, Jan Hirt aveva 19 anni. Un tale dalla Repubblica Ceca aveva chiamato Angelo Baldini, direttore sportivo all’epoca della MG K-Vis polacca. Era il 2010. La squadra era strapiena di polacchi forti, tra cui Gawronski, che a luglio avrebbe vinto il campionato europeo ad Ankara, e Wisniowski che corre alla Ef-Easy Post. Sono passati 12 anni da quando il ragazzino della Repubblica Ceca entrò nel ritiro di Marinella di Sarzana e oggi che ha vinto la tappa di Aprica del Giro, per certi versi la tappa regina, il suo italiano fluente è una sorpresa inattesa.

«Mi piace l’Italia – dice – quando ero dilettante ho corso per due anni in squadre italiane. Avevo 19 anni. Mi piacciono la cultura italiana, il cibo. La natura. Mi piace il Giro, che mi si addice anche molto. Mi piacciono i suoi percorsi, le Dolomiti e le Alpi».

Uccellino uscito dal nido

Angelo Baldini segue il Giro con RCS Sport e il finale della tappa l’ha visto dai 300 metri all’arrivo, prima di rimettersi in macchina verso Lavarone. Lui è quello che lo accolse e tutto sommato lo inorgoglisce che qualcuno se ne sia ricordato.

«Non sono uno che fa il tifo per i corridori – sorride – ma quando mi è passato accanto, ho fatto un urlo così forte che mi è andata via la voce. Ha fatto davvero una bella vittoria. Era un ragazzino interessante, si vide subito che aveva qualità. La sua sfortuna fu di ritrovarsi con quel gruppo di polacchi che escludevano gli altri. Veniva da un paesino in Repubblica Ceca, sembrava un uccellino uscito dal nido. Faticava a inserirsi, ma frequentava spesso casa mia, anche per quello parla così bene l’italiano. Il guaio però è che non andava d’accordo coi polacchi, per cui a fine stagione decise di andare via e non mi sentii di trattenerlo. Mi pare che passò alla Italifine. Oggi ho avuto davvero la pelle d’oca».

Battuto da Ciccone

Hirt non è più un ragazzino, ha compiuto 31 anni alla fine di gennaio. Forse non tutti ricordano che è l’atleta dell’Astana battuto da Ciccone quando nel 2019 conquistò il traguardo di Ponte di Legno. Ancora una volta dopo il Mortirolo, che oggi gli ha reso giustizia. E quando certe salite le conosci, impari a correrci sopra. Un’esperienza che Kamna e Arensman non avevano e hanno pagato cari gli scatti violenti sul Santa Cristina.

Il forcing dell’Astana sul Mortirolo ha infiammato i tifosi di Nibali, che ha provato, pur non essendo in giornata super
Il forcing dell’Astana sul Mortirolo ha infiammato i tifosi di Nibali, che ha provato, pur non essendo in giornata super

«Il Mortirolo mi piace – dice – è una salita della storia del Giro. L’ho fatto tante volte in corsa e mi ha motivato molto. Mi piace quando le salite sono più ripide del 10 per cento. Non fa niente se sei un po’ indietro, si può recuperare. 

«Non conoscevo invece il Santa Cristina – sorride – mai fatta. Sapevo però che era più ripida nella seconda parte. Con Valverde e Carthy all’inizio abbiamo collaborato. Poi quando ha attaccato anche Arensman mi sono ho detto che non potevo aspettare oltre e sono partito cercando di rientrare».

Una stagione inattesa

E così l’Intermarché-Wanty-Gobert porta a casa un’altra vittoria dal Giro d’Italia che si somma alle altre 8 di una stagione inattesa, ma non certo insperata.

Hindley, Carapaz e Landa, in fondo si vede Almeida, terzo in classifica
Hindley, Carapaz e Landa, in fondo si vede Almeida, terzo in classifica

«Abbiamo un’ottima atmosfera in squadra – spiega Hirt – potrei dire che siamo amici. E quando hai un gruppo di persone con cui ti piace anche passare il tempo, puoi arrivare a bei successi. Credo che questa sia la cosa più importante. Di sicuro è la più grande vittoria della vita. Prima ero un corridore al servizio di grandi leader sulle montagne (Hirt ha corso per due anni con l’Astana, lavorando per Lopez e Fuglsang, ndr). Al Giro ho sempre avuto una possibilità di andare in fuga e ho sempre cercato di sfruttarla. Quest’anno sono più libero, sono anche ben preparato. Ho vinto il Tour of Oman a inizio stagione e mi fa piacere per una volta pensare a me stesso».

Un mese in Colombia

Non ci sono segreti, insomma. Quanto alla preparazione, viene fuori alla fine di questa chiacchierata che Hirt ha trascorso quasi un mese prima del Giro in Colombia, a Boyaca: la regione di Quintana e Lopez.

«Nella seconda parte del Catalunya – dice – mi sono ammalato. Ho avuto la febbre a 40, sono rimasto a casa per una settimana e quando ho ricominciato, è stato come riprendere dopo la sosta invernale. Ero certo che in altura avrei ritrovato la forma e così è stato. Non credo di sapere come si vince. Sono solo ben allenato e ho perso un po’ di peso. Penso di avere una buona forma e ho voluto approfittarne. Il segreto in questi casi è non arrendersi e continuare a provarci. Più volte ci provi e più aumentano le chance di vincere.

«Quando ho iniziato a pensare pensare che la tappa fosse persa, ho detto a me stesso: “Pensa a pedalare. Non ti capita così tante volte di entrare nella fuga giusta, cerca di fare il tuo meglio!”. Non ho cambiato nulla, sono piuttosto conservatore. Cambio poche cose, non mi piacciono i grandi cambiamenti».

Per il suo Paese

Il finale è un pensiero per il suo Paese. La Repubblica Ceca non ha più tanti corridori in gruppo, tolti Barta, Stybar, Cerny e pochi altri.

«Non sono certo io – dice Hirt – il ciclista più famoso del mio Paese. Ma sono felice di aver potuto vincere anche per la mia gente. Da noi il ciclismo è molto popolare, spero che questa vittoria motivi i ragazzi e li spinga a correre in bicicletta».

Pozzovivo ancora una volta il migliore dei nostri

15.05.2022
3 min
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Pozzovivo si ferma sulla destra con una smorfia di fatica e insieme un sorriso che sprizza dagli occhi. Alla fine ha persino attaccato, scattando in faccia ai più forti del Giro. Un club ristretto di cui il piccolo lucano fa parte, malgrado i mille acciacchi. Come anche sul Muro d’Huy, il migliore degli italiani è stato lui: l’osservazione meriterà riflessioni approfondite, questo però è il momento degli applausi e del racconto.

Strizza l’occhio. Dice di avere mal di schiena per la posizione che è costretto a tenere e a chi gli chiede se essere così storto lo penalizzi, risponde con lucidità stupenda: «Sarebbe penalizzante, se ci fosse un’alternativa!».

Con i migliori

Alle spalle dei primi, corridori arrivano alla spicciolata in una processione che andrà avanti fino a 13 minuti dallo scoccare del tempo massimo. Tutti classificati sul Blockhaus, solo Rudiger non l’ha finita: martedì ripartiranno in 166, domani il giorno di riposo giunge quantomai provvidenziale.

Il lucano è sempre stato guardingo nelle posizioni di testa
Il lucano è sempre stato guardingo nelle posizioni di testa

«Speravo in una giornata come questa – dice Pozzovivo, mentre si affida alle cure del massaggiatore della Intermarché-Wantycinque anni fa arrivai sesto, ma staccato. Questa volta me la sono giocata fino all’ultimo, anche se lo sprint non è il mio forte. La prestazione è stata molto buona. 

«Le gambe ci sono, lotto un po’ con il mal di schiena, ma se ho tenuto oggi dopo sei ore, vuol dire che ci sono. Questo era un crocevia importante per decidere se fare classifica o meno e la risposta è stata positiva. Faccio classifica».

Ventagli in salita

Fra le pieghe del racconto, vengono fuori anche le dinamiche di corsa. Gli chiediamo se il lavoro di Porte sia stato davvero tremendo come è parso dai maxi schermi e il risvolto va oltre la semplice velocità.

«Il lavoro di Porte ha fatto molto male – dice Pozzovivo – il momento più difficile è stato quando ha accelerato con il vento laterale. Oramai si fanno i ventagli anche in salita (fa un ghigno sconsolato, ndr). Avevo un po’ l’incubo dell’Etna. Appena ha cominciato a metterci sul ciglio, ho fatto il massimo sforzo per coprirmi e poi mi sono serviti due chilometri per recuperare. Lì ho anche visto che riuscivo a respirare bene. Un buon segno per rimanere fino in cima. Di solito le salite lunghe mi piacciono ed è stato un bel segno. La salita me la ricordavo, non sono venuto a vederla. Era talmente dura, che non volevo mettere il dito nella piaga. Ho detto di volermi giocare le tappe di montagne ed eccomi qua…».

Al termine della tappa, chiusa al 6° posto, Pozzovivo si ritrova 8° in classifica a 54″ da Lopez
Al termine della tappa, chiusa al 6° posto, Pozzovivo si ritrova 8° in classifica a 54″ da Lopez

Esperienza d’oro

Nel gruppo di testa, oltre al giovane vincitore, a Carapaz e Landa, per un lungo tratto abbiamo osservato il colpo di pedale di Nibali, Valverde e dello stesso Domenico. “Ragazzini” di grande esperienza, che hanno supplito con il mestiere al gap di potenza.

«L’esperienza conta tantissimo – dice – cinque anni fa avevo avuto un momento di difficoltà attorno agli 8 chilometri dall’arrivo e l’avevo superato. Quello mi è servito come riferimento. Io, Almeida e Hindley abbiamo gestito la rincorsa, perché i tre davanti erano un piccolo gradino sopra. Non eravamo così distanti, per questo guardo con ottimismo al seguito del Giro. La prossima settimana è forse la meno dura delle tre, ma si chiude con un fine settimana importante. Domani avrò da studiare…».

Contratto nuovo, numero nuovo: è tornato Girmay

02.05.2022
5 min
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Alla vigilia del GP Francoforte, Biniam Girmay da poco tornato in Europa ha ritrovato la stampa dopo più di un mese e ha annunciato il prolungamento del contratto con Intermarché-Wanty-Gobert per altri due anni, sino a fine 2026. E seppure tra le offerte ci sia stata anche quella della Ineos, pare proprio che il vincitore della Gand-Wevelgem non abbia dovuto pensarci troppo a lungo.

«Non ho mai veramente considerato un cambio – ha raccontato – perché non si è trattato solo di questioni finanziarie. Intermarché è la mia seconda famiglia. E questo conta».

Altura africana

Nel corso dell’incontro con la stampa, la squadra belga si è detta consapevole che aver preso l’eritreo sia stato un grosso colpo di fortuna, ma adesso di non volersi lasciare sfuggire l’occasione. Così il prossimo anno fra i suoi obiettivi ci saranno la Milano-Sanremo e ovviamente le classiche fiamminghe. Poi però l’intenzione del team sarà quella di schierare Girmay come velocista in uno dei grandi Giri.

«Non pensavamo che sapesse andare bene sul pavé – ha spiegato Valerio Piva un paio di giorni prima della Liegi – invece ci ha stupiti tutti. Sappiamo però che è anche veloce e l’idea è di farlo crescere su entrambi i fronti. L’idea di tenerlo ancora su per il Fiandre ci è passata per la testa, non lo nascondo, ma gli avevamo dato la parola che sarebbe tornato a casa ed è stato giusto mantenere la parola. Sappiamo che aveva bisogno di stare in famiglia e che in Eritrea riesce ad allenarsi bene. C’è giusto il problema delle comunicazioni. Ma per il resto si tratta di lavorare in altura. Taaramae ad esempio ha iniziato ad andare in Rwanda. C’è un centro sportivo con appartamenti per gli atleti e percorsi quanti se ne vogliono…».

Nella Intermarché è Africa-mania. Taaramae ad esempio trascorre in Rwanda i suoi camp in altura (foto Instagram)
Nella Intermarché è Africa-mania. Taaramae ad esempio trascorre in Rwanda i suoi camp in altura (foto Instagram)

Il Fiandre in tivù

Girmay racconta di aver seguito il Giro delle Fiandre in televisione, assieme alla famiglia e a suo figlio. Biniam ha 22 anni, vive ad Asmara e quando è in Europa ha fissato la base a San Marino. «Non mi è pesato – ha raccontato – aver visto il Giro delle Fiandre in televisione. Ho seguito tutto dall’inizio alla fine».

Eppure durante la diretta, pare fosse più in ansia di quando è sulla bici. Racconta il suo allenatore Visbeek che la corsa era appena partita da Anversa, a dire tanto da 10 chilometri, quando Biniam lo ha chiamato per chiedergli come andassero le cose.

Selfie e foto dai tifosi eritrei, ma nulla rispetto all’accoglienza ad Asmara
Selfie e foto dai tifosi eritrei, ma nulla rispetto all’accoglienza ad Asmara

Tre giorni di follia

Ieri a Francoforte, Girmay ha toccato con mano la sua grande popolarità. Sulle strade della città tedesca ha riconosciuto uno sventolare chiassoso di bandiere eritree, a dare continuità ai festeggiamenti ricevuti a casa dopo la vittoria della Gand.

«Ho girato la capitale – ha raccontato – con un’auto scoperta per quattro ore. C’era una folla di persone ovunque. Vecchi che altrimenti non uscirebbero di casa, studenti che si prendevano una pausa dallo studio. Le scuole erano addirittura chiuse, in modo che potessero venire anche i più piccoli. L’ultima volta, quando tornai dopo la medaglia d’argento ai mondiali U23 di Leuven, fu una follia. Questa volta è stato molto di più. Ho festeggiato per tre giorni senza sosta. Selfie e omaggi. Anche il presidente mi ha invitato nel suo palazzo. Ma da noi si festeggia in modo diverso da qui. Non beviamo alcolici e iniziamo nel primo pomeriggio. Balliamo e poi mangiamo. E quando scende la notte, siamo già a letto. Al terzo giorno però, sono tornato a casa e ho anche cambiato numero di cellulare. E poi finalmente ho potuto allenarmi bene per tre settimane. A volte sul livello del mare, altrimenti sempre oltre i 2.000».

Girmay ha corso a Francoforte in appoggio a Kristoff, 4 volte vincitore in Germania (foto Instagram)
Girmay ha corso a Francoforte in appoggio a Kristoff, 4 volte vincitore in Germania (foto Instagram)

Una tappa al Giro

A Francoforte si è piazzato al 38° posto dopo aver aiutato Kristoff, salito sul terzo gradino del podio. E adesso nel mirino di Girmay ci sono il Giro d’Italia e possibilmente una vittoria di tappa.

«I grandi Giri – ha spiegato Biniam – godono di molta più attenzione in Eritrea rispetto alle classiche di primavera. E col fatto che siamo stati una colonia italiana, tante parole legate al ciclismo derivano dall’italiano e lo stesso Giro d’Italia è un appuntamento importante anche laggiù».

Nel frattempo però pare che la maglia dell’Intermarché-Wanty-Gobert sia la più diffusa sulle strade dell’Eritrea. E con il contratto prolungato fino al 2026, i ragazzini non correranno il rischio di doverne comprare un’altra per almeno quattro anni.

Hermans 2022

Hermans a Liegi, uno sprint sognato una vita

27.04.2022
5 min
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Avevamo imparato a conoscere Quinten Hermans nel ciclocross. Non un corridore qualsiasi, ma uno dei più forti, almeno dopo i “tre tenori”. Dallo scorso anno avevamo anche cominciato a seguirlo non solo d’inverno, ma anche su strada. Resta però il fatto che il secondo posto di domenica alla Liegi-Bastone-Liegi abbia avuto un sapore speciale e per molte ragioni. Innanzitutto perché è stato il primo podio in una Classica Monumento nella storia dell’Intermarché Wanty Gobert. Poi perché lo ha ottenuto battendo in volata proprio uno di quei tre, Wout Van Aert, che gli ha sempre fatto mangiare terra e sabbia, ogni inverno.

«Sapevo che la mia condizione era abbastanza buona per sopravvivere a tutti questi chilometri – raccontava subito dopo la gara – ma quando ho guardato la lista di partenza, ho capito subito che non ero l’unico in grado di farcela. Fortunatamente, la gara è andata in modo perfetto. Sono sempre stato in testa al momento giusto e queste strade sono ideali per me: gli sforzi durano al massimo cinque minuti. Inoltre, so che il mio sprint resta buono dopo una gara lunga e dura. Ho solo fatto buon uso di tutto ciò».

La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)
La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)

Piva aveva visto le sue possibilità

Valerio Piva, il suo diesse, ha iniziato a conoscerlo lo scorso anno e dalla sua testimonianza di capisce come l’esplosione di Hermans fosse solo questione di tempo: «Lo portai al Giro dei Paesi Baschi, sapevo che aveva bisogno di tempo per recuperare dagli sforzi invernali, ma intuii subito che aveva un’esplosività tipica del ciclocrossista, una grande esuberanza tanto che andava quasi frenato, tanto era il suo ardore nell’affrontare le corse. Lavorandoci sopra, ha affiancato a queste qualità anche il fondo tipico dello stradista e ne è venuto fuori un corridore ideale per le classiche delle Ardenne».

Hai avuto bisogno di tempo per inquadrarlo?

Sì, è normale che sia così, ma già lo scorso anno fece vedere belle cose, finì vicino ai primi 10 alla Freccia Vallone e fu con i migliori alla Liegi fino alla Roche aux Faucons. Fu però al Giro d’Italia che mi colpì, fu lì che provò a sfruttare l’esuberanza di cui parlavo prima. Andava quasi sempre in fuga, era sempre tra i più attivi a inizio tappa e colse anche qualche buon piazzamento. Lì capii che, con una preparazione mirata, poteva fare grandi cose nelle classiche.

Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Cosa avvenuta quest’anno…

Eppure non è stato un avvicinamento facile. Aveva iniziato bene la stagione su strada, al Giro dei Paesi Baschi era già con i primi ma dopo essere stato terzo nella seconda tappa, alla terza ha chiuso con 39 di febbre e come lui gli altri compagni tanto che ho dovuto portarli via tutti. Era disperato, temeva di perdere proprio le classiche alle quali teneva di più. Da allora non ha corso più, si è allenato e una settimana prima siamo andati a fare la ricognizione sia della Freccia che della Liegi. Ha interpretato la prima come preparazione della seconda e i risultati si sono visti.

Il suo secondo posto ti ha sorpreso?

Per certi versi sì, considerando da che cosa arrivava. Sapevo che poteva far bene, sapevo anche che ha uno spunto veloce, ma quando in una volata secca ti ritrovi a battere Van Aert, significa che vali davvero tanto, anche perché non era stata una gara semplice. Ha corso con molta attenzione, gestendosi al meglio.

Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Battere in volata Van Aert, per un ciclocrossista come lui, deve aver avuto un significato particolare…

Credo che neanche lui se lo aspettasse. Alla radio glielo avevo detto: « Guarda che sei veloce, guarda che dopo una gara simile te la puoi giocare». Con Van Aert su 10 sprint ne perderà 9, ma in una situazione simile, con l’avversario alla sua prima gara dopo il Covid, non brillante come sempre, aveva le sue possibilità. Ho avuto l’impressione che anche Van Aert sia rimasto sorpreso dall’essere stato rimontato.

Quest’inverno Hermans aveva iniziato la stagione alla grande, vincendo nella tappa di Coppa del Mondo di ciclocross a Fayetteville tanto che Pontoni lo dava tra i favoriti per il mondiale, l’impressione è che però poi abbia un po’ calato il rendimento: pensava già alla strada?

Un po’ sì, ma non è solo per questo. Hermans ha sempre avuto un grande avvio di stagione, poi andava un po’ spegnendosi. E’ un corridore che vive molto di sensazioni, ad esempio soffre molto la rivalità con Iserbyt, ha come un complesso d’inferiorità. Durante la stagione del ciclocross abbiamo fatto un ritiro su strada e lui è venuto, ci aveva detto che teneva ai mondiali, ma anche che pensava molto al periodo delle Ardenne, credo che questo un po’ abbia influito sul suo rendimento a gennaio.

Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Il suo secondo posto è stata la ciliegina sulla torta per la vostra squadra.

Se me lo avessero detto all’inizio, di un avvio simile, avrei messo mille firme. Già 6 vittorie in stagione, con due classiche con Girmay a Wevelgem e Kristoff alla Schelderprijs e poi piazzamenti alla Roubaix e alla Liegi, significa che abbiamo lavorato bene, soprattutto in confronto allo scorso anno quando l’inizio non fu favorevole. I problemi non sono mancati, vedi quanto successo al Paesi Baschi, ma la stagione è ancora lunga.

Ora arrivano i grandi giri, dove la vostra squadra si è sempre ben distinta.

Ai ragazzi ho sempre parlato chiaro: non abbiamo l’uomo da classifica né il velocista per le tappe, quindi dobbiamo correre lavorando di fantasia, inventare ogni tappa e i risultati si sono visti Quest’anno al Giro avremo una squadra più forte dello scorso anno, con Hirt e Pozzovivo per la classifica, Girmay, Rota e Taaramae per le tappe, un bel mix di esperienza e freschezza. Non siamo lì per vincere la maglia rosa, ma per fare bottino e mettere pepe in ogni frazione. Hermans non ci sarà, sarà utile più avanti.

Qualche buon motivo per seguire Kristoff alla Roubaix

11.04.2022
5 min
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Di Alexander Kristoff si è smesso da tempo di parlare, come se non avesse più niente da dire, anche se di corridori con il suo palmares nel gruppo ce ne sono davvero pochi. Per raccontare il gigante di Stavanger, che a 34 anni corre con la Intermarché Wanty Gobert e continua a vivere in Norvegia, basterebbe ricordare la Sanremo conquistata nel 2014, il Fiandre nel 2015, la Gand del 2019, le quattro tappe al Tour e adesso la Scheldeprijs, corsa per velocisti conquistata con 24” di vantaggio sul secondo.

Kristoff, campione europeo nel 2017 e bronzo olimpico a Londra 2012, cominciò un po’ a perdere consistenza al passaggio nel UAE Team Emirates. Senza responsabilità particolari, semplicemente per il tempo che passava o per un ambiente in cui non è riuscito a esprimersi. Per cui, passato nella squadra belga, per un motivo o per l’altro, ha ritrovato lo spazio e la voglia per emergere.

Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria
Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria

Conti pareggiati

Hilaire Van der Schueren, storico direttore sportivo del team, non vinceva una classica dall’Amstel Gold Race del 2016, quando ad alzare le braccia fu Enrico Gasparotto. Quest’anno prima Biniam Girmay e poi appunto Kristoff hanno pareggiato tutti i conti in un colpo solo. Dopo la sorprendente volata dell’eritreo nella Gent-Wevelgem, Kristoff si è preso il gusto di arrivare da solo.

«Lavoriamo su ogni aspetto dello sport – ha spiegato – ed è così che riusciamo a superare i nostri limiti. Non ho davvero nulla di cui lamentarmi. Stiamo vivendo una stagione fantastica come squadra. Prima Biniam che vince la Gand-Wevelgem, poi ho vinto io. E la stagione è ancora lunga, possiamo essere molto orgogliosi di questa stagione alle classiche. Lavoriamo bene insieme e ci concentriamo sui piccoli dettagli».

Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare
Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare

Un grande gruppo

Quando la Intermarché Wanty Gobert ebbe l’occasione di salire al WorldTour, oltre alla ricerca di corridori che le permettessero di rimanervi, mise mano in modo deciso proprio alla preparazione dei corridori e allo studio dei dettagli tecnici. E se il primo anno è stato di rodaggio, il 2022 è iniziato in modo importante. Il gruppo ha risposto nel modo giusto. Kristoff stesso aveva già vinto la Clasica de Almeria. Jan Hirt si è portato a casa una tappa e la classifica del Tour of Oman. Infine le vittorie di Girmay e Kristoff in Belgio hanno reso tutto più bello. Se c’è un aspetto su cui la squadra sta lavorando davvero bene – cosa non affatto scontata – è la creazione del gruppo, operazione sempre difficile quando avviene un innesto massiccio di nuovi corridori.

«Senza l’aiuto di Gerben Thijssen – ha detto Kristoff dopo la vittoria alla Scheldeprijs – non avrei mai potuto vincere. In questa squadra abbiamo molti corridori che sanno posizionarsi bene nel gruppo. Una cosa fondamentale, a mio avviso. Puoi essere forte quanto vuoi, ma se non sei nel posto giusto quando attaccano, sei fuori dai giochi. Gerben mi ha portato fuori in modo esemplare. Peccato solo che sia caduto, altrimenti il finale sarebbe stato anche più facile».

Nel 2018 con Aru e Martin al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo
Nel 2018 con Aru al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo

Sentirsi importanti

Il nuovo ambiente lo ha ringalluzzito, anche perché la UAE Emirates nel frattempo si è attrezzata con un gruppone fortissimo di scalatori e nella squadra del Tour per Kristoff non c’è più stato posto.

«Ovviamente questa è una squadra più piccola – ha detto – nessuno può negarlo. Ma di là non c’era la stessa attenzione per le classiche che abbiamo qui. Ecco perché per me arrivare alla Intermarché-Wanty non è stato un passo indietro. La UAE ha il grande obiettivo di vincere il Tour con Pogacar e tutto deve essere funzionale a questo. E le cose alla fine si erano fatte difficili, proprio perché è difficile trovare posto per me in una simile impresa. Quindi ho più motivazione. Da un lato sono più prezioso per la squadra di quanto fossi in UAE Emirates, che pullula di grandi campioni. E d’altra parte, sento più supporto per potermi dedicare alle corse che amo di più. Ho trascorso qualche giorno a casa – ha concluso – ma niente paura: tornerò per la Parigi-Roubaix».

In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto
In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto

Numeri da Roubaix

A Roubaix è arrivato due volte tra i primi 10, l’anno scorso è stato 14°. Sa andare sul pavé, basti considerare anche che in 11 partecipazioni al Fiandre, è stato per 8 volte tra i primi 10 e non è mai finito fuori dai 20. Se la cava anche bene quando piove: vivere a Stavanger accentua questa sua attitudine. E’ potente, ha il fisico giusto (è alto 1,81 e pesa 78 chili) e in questa stagione ha anche buone gambe. Potrà vincere? La Roubaix si gioca spesso sulla fortuna e ci sono favoriti più forti, ma Kristoff forse merita di essere considerato.