Il bis di Arensman, per merito e grazia ricevuta

25.07.2025
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LA PLAGNE (Francia) – «Ho cercato di guardarmi dietro il meno possibile – dice Arensman – perché non è proprio necessario. Rischi solo di distrarti. Avevo la radio e mi dicevano che il vantaggio era più o meno stabile sui 30 secondi. Ma ho preferito non fidarmi e ho seguito il mio istinto. Mi sono concentrato solo sul traguardo, perché comunque non posso influenzare le gambe degli altri. Potevo solo andare il più veloce possibile, lottando contro il mio corpo. E’ l’unica cosa che si possa fare in quei momenti. Guardare avanti, mantenere una buona cadenza e dare il massimo per arrivare al traguardo. E’ quello che avrei dovuto fare e che ho fatto. E ne sono davvero orgoglioso».

Che cosa vogliamo fare? Ma Vingegaard non risponde e Pogacar smette di tirare
Che cosa vogliamo fare? Ma Vingegaard non risponde e Pogacar smette di tirare

Una partita di scacchi

Thymen Arensman, olandese di 25 anni in maglia Ineos Grenadiers, conquista la seconda tappa del suo Tour, dopo quella di Superbagneres. In realtà non si capisce quanto sia stato per il suo enorme merito e quanto per l’indulgenza degli inseguitori. La sensazione, in questo pomeriggio freddo e bagnato sulle Alpi francesi, è che Pogacar non fosse forte come al solito e che, in aggiunta, non abbia voluto servire la vittoria a Vingegaard che gli è rimasto a ruota per tutto il giorno. Avrebbe lasciato vincere anche Lipowitz, ma non il danese. Amici mai, lo abbiamo scritto a inizio Tour, e oggi se ne è avuta la conferma. La maglia gialla sembrava voler vincere e ha anche attaccato. Ma quando si è accorto di non poter fare il vuoto, ha chiuso sul primo allungo di Arensman e poi si è concentrato sul suo primato.

«Oggi abbiamo cercato di puntare alla tappa – dice Pogacar, infreddolito e stanco – perché ci sentivamo forti. Siamo stati bravi nel tenere la corsa, poi ci siamo accorti che alcuni corridori pensavano di potersela giocare allo sprint dopo una salita di 19 chilometri. Nessuno ha voluto tirare. Così ho fatto un attacco e ho pensato che con Jonas saremmo potuti arrivare in cima, ma Arensman era lì e oggi si è rivelato il più forte. Io ho cercato di impostare il mio ritmo. Ovviamente sono stanco, non è semplice essere attaccato dal primo all’ultimo giorno ed essere sempre concentrato e motivato. La priorità è la maglia gialla, quindi alla fine contavo i chilometri. Andavo avanti con la testa e speravo che nessuno mi attaccasse. E’ presto per parlare di una vittoria nella tappa di Parigi, sono abbastanza sfinito».

Pogacar non era al meglio, ha pensato alla classifica e incoronato Arensman
Pogacar non era al meglio, ha pensato alla classifica e incoronato Arensman

Il rilancio di Arensman

A fine 2022, Arensman aveva lasciato il Team DSM in direzione Ineos, con la convinzione che potesse diventare uno dei talenti per i Grandi Giri. In realtà le cose non sono andate come lui per primo si aspettava, ma questa seconda vittoria scattando dal gruppo dei migliori riaccende un riflettore che sembrava definitivamente buio.

«Forse ora posso avere un po’ più di fiducia nelle mie capacità – dice – so che posso vincere due tappe al Tour e ho la stoffa per essere tra i migliori. Ma sono anche un essere umano, ancora vivo e vegeto, ho i miei limiti e faccio del mio meglio. La tappa di oggi è una bella spinta per pensare nuovamente a una classifica generale. Non sono tanto le due tappe, quanto piuttosto come mi sono preparato dopo la caduta al Giro e in vista del Tour (Arensman era caduto facendosi male a un ginocchio nella tappa di San Valentino, ndr). Come mi sono preso cura del mio corpo, le scelte che ho fatto, la preparazione adottata con il mio allenatore. Abbiamo cambiato alcune piccole cose in questa stagione. Sono più calmo. Ho più fiducia in me stesso e nel processo. E penso che siano le cose principali che porto con me per i prossimi anni della mia carriera. Sono orgoglioso di questi cambiamenti, perché sembra che stiano funzionando».

Tra forza e astuzia

Il primo scatto rientrando da dietro ha avuto vita breve. Lo sloveno infatti aveva ancora in testa di vincere e ha chiuso facilmente il buco. Arensman lo ha guardato e ha capito che fra lui e Vingegaard non ci fosse grande feeling. Così si è spostato sul lato sinistro della strada ed è scattato ancora. Questa volta Pogacar si è guardato alle spalle, ha percepito l’assenza di reazione e ha lasciato fare.

«Sentire che Pogacar ha detto che sia stato il più forte – sorride – è un complimento davvero bello. Non riesco a sentire le sue gambe, ma sono sicuro che avesse e abbia ancora voglia di vincere un’altra tappa al Tour. Forse, se avesse avuto la forza giusta, avrebbe attaccato lui. Alla fine credo che fossero molto vicini a me, ma anche io avevo anche delle buone gambe e ho cercato di giocare d’astuzia. So che Jonas e Tadej a volte si guardano, così ho cercato di attaccare ancora e alla fine è stata la decisione giusta».

Neanche il tempo di arrivare e alle spalle di Arensman è piombata la maglia gialla
Neanche il tempo di arrivare e alle spalle di Arensman è piombata la maglia gialla

Il filo del passato

Si percepisce la voglia di essere là davanti e la fatica mentale di quando non ci riesci per così tanto tempo. Ritrovarsi a lottare contro Pogacar (sia pure in una posizione lontanissima di classifica) ha riacceso in Arensman dei ricordi che credeva sepolti.

«La prima volta che ho incontrato Tadej – racconta –  è stato durante il Tour de l’Avenir del 2018, quando arrivammo primo e secondo in classifica generale. Capii subito che è un corridore davvero speciale, un talento davvero grande. Io ero al secondo, lui al primo anno da under 23 e non mi aspettavo davvero che sarebbe diventato così forte. Ma fu davvero bello, per un diciottenne e un diciannovenne, sfidarsi in quella grande corsa. E ora sono qui al Tour de France, il mio primo Tour de France e ho già vinto due tappe. Se ripenso a quei giorni e mi rivedo oggi, è tutto molto speciale. E’ come un filo che si riallaccia e che ora finalmente potrò seguire».

Chi si rivede: Leo Hayter freme per tornare in gruppo

21.07.2025
6 min
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Ci sono vittorie che non arrivano attraverso un traguardo o un responso cronometrico, ma che hanno molto più valore. Guardate la foto di apertura, presa dal suo profilo Instagram: ritrae Leo Hayter in gara, dopo un anno e mezzo e la sua espressione, al di là dello sforzo fisico, è quella di un giovane che ha ritrovato la passione. Ve lo ricordate? Lo avevamo lasciato lo scorso agosto quando a 22 anni aveva deciso di dare un taglio netto con la sua vita di corridore. Chiudendo repentinamente un contratto molto vantaggioso con la Ineos Grenadiers, piegandosi a quello che viene definito il “male oscuro” della depressione. Ora è un uomo nuovo, forse sarà anche un corridore nuovo.

Riavvolgiamo il nastro. Del corridore londinese si comincia a parlare nel 2021, quando raccoglie le sue prime vittorie internazionali. Di spessore, considerando che porta a casa anche la Liegi-Bastogne-Liegi per U23. Poi c’è quel cognome, quello di suo fratello Ethan sempre più in evidenza sia come sprinter di lusso, sia come finisseur, sia anche come pistard colonna della nazionale britannica. Un paragone continuo, soprattutto l’anno successivo quando dimostra di essere uno dei migliori prospetti per le corse a tappe aggiudicandosi una bellissima edizione del Giro NextGen mettendo sotto scacco corridori già molto affermati come il francese Gregoire. I giornalisti lo pressano, vogliono sapere tutto di lui, i paragoni con il fratello sono in ogni intervista.

Leo Hayter ha avuto una splendida carriera da U23, ma il passaggio fra i pro’ ha subito evidenziato i suoi problemi
Leo Hayter ha avuto una splendida carriera da U23, ma il passaggio fra i pro’ ha subito evidenziato i suoi problemi

Troppa pressione e poca pazienza

Nel 2023 approda all’Ineos Grenadiers andando ad affiancare proprio Ethan, anche se i due, per caratteristiche, s’incontrano poco. Il più grande è già affermato specialista delle brevi corse a tappe come pregiato finisseur e poi si divide con la pista. Leo è visto come un ottimo prospetto per i grandi giri, ma bisogna lavorarci sopra lentamente. Già, lentamente, una parola che nel ciclismo attuale non è molto apprezzata, figurarsi per un giovane che vuole tutto e subito. L’anno si chiude con 30 giorni di gara e buone indicazioni alla Settimana Coppi e Bartali, ma lì la sua stagione s’interrompe per 4 mesi e già qualche campanello d’allarme inizia a suonare.

L’anno dopo, corre da gennaio a maggio, ma che sia in Australia o in Europa, è sempre nel fondo del gruppo. Pallida copia di quel che si era visto solo due anni prima. Non è problema di gambe o di condizione, non è il fisico che non risponde. A giugno, prima dei campionati britannici, Leo annuncia che mette in pausa la propria carriera (attenzione a questa frase…) per curarsi da una forte depressione che lo attanaglia sin da quando ha fatto il salto di categoria. La squadra gli è sempre stata vicino, ma si è resa conto di non avere più un proprio effettivo perché da tempo Leo non è più un corridore. Servono tempo, cure, terapie per riprendersi. Il ciclismo non è più un fattore primario, almeno non “quel” ciclismo.

Il britannico, già fermo per mesi nel 2023, ha staccato a metà stagione 2024 per entrare in cura
Il britannico, già fermo per mesi nel 2023, ha staccato a metà stagione 2024 per entrare in cura

La fatica per alzarsi dal letto

«Pensavo che fosse colpa mia – racconta Leo in un suo post sui social, che da sempre sono per lui una sorta di diario di bordo – che mi mancassero le motivazioni. Non c’era sintonia tra mente e fisico. Credevo che sarebbe passato, invece non è così. A maggio 2023 ero completamente bloccato, non riuscivo a lasciare il mio appartamento ad Andorra, a fatica mi alzavo dal letto. Il team ha fatto di tutto, mi ha sottoposto a una valutazione che ha dato il responso temuto: depressione. Mi sono preso una pausa, ho iniziato a prendere dei farmaci, ho iniziato un cammino lungo, molto più lungo di qualsiasi competizione ciclistica. E più duro….

«Sono tornato a fine stagione, al Tour of Guangxi in Cina, sembrava che il ciclismo tornasse a sorridermi, che la voglia riemergesse. L’inverno è andato bene ma non appena sono tornato ad allenarmi, sono tornate le stesse percezioni e gli stessi pensieri negativi, lo stesso panico, la stessa fatica ad alzarmi, ad affrontare la vita. Mi vergognavo di non essere al livello che volevo. Non dormivo, non mi allenavo, mi chiudevo sempre più in me stesso, isolato dal mondo. E mi sfogavo sul cibo».

La ripresa di Hayter è stata lenta, con la bici ritrovata senza pressioni. La Ineos gli è sempre stata vicino
La ripresa di Hayter è stata lenta, con la bici ritrovata senza pressioni. La Ineos gli è sempre stata vicino

Le piccole scosse elettriche dell’ansia

Nel suo articolato racconto, Leo spiega anche la coesistenza con l’ansia, qualcosa che è comune a tante persone: quella macchina che ti sorpassa all’improvviso, quei piccoli normalissimi eventi che su di lui come su altri hanno l’effetto di una scossa elettrica che ti blocca per lunghi istanti. Qualcosa di difficile da sopportare nella vita quotidiana, figuriamoci per un ciclista professionista. Leo ha spiegato nei particolari anche le cause di questo stato.

«Questa pressione viene sempre da me stesso, una pressione interna per essere il migliore, ossessionato dalla perfezione, che nello sport non è qualcosa di realistico o realizzabile giorno per giorno. Le piccole battute d’arresto fanno parte dello sport, ma io non riesco a gestirle in modo positivo. Quando l’anno scorso ho fatto un passo indietro, i miei livelli di testosterone sono aumentati notevolmente, dormivo meglio, ero più socievole e non mi abbuffavo, non ho mai perso peso così rapidamente. Ho sempre ottenuto buoni risultati quando non c’è pressione su di me e mi sento tranquillo. Tutte le mie prestazioni più importanti sono arrivate in questo modo».

Nel suo cammino di rinascita Leo ha riassaporato antichi valori e piaceri come la famiglia (foto Instagram)
Nel suo cammino di rinascita Leo ha riassaporato antichi valori e piaceri come la famiglia (foto Instagram)

La lenta scalata verso la luce

Da allora, Leo è scomparso dall’ambiente, ma a ben guardare proprio in quelle parole c’erano i prodromi della soluzione. Il britannico si è dedicato completamente a se stesso, affrontando un lungo lavoro psicologico che sembra avergli restituito innanzitutto la voglia di correre, di rimettersi in gioco senza chiedere troppo a se stesso. Leo ha detto, sempre sui social, di voler ricominciare e per farlo vuole partire non più dall’alto, ma trovare (con l’aiuto dell’Ineos) un team continental per riprendere l’attività.

«Sono passati 426 giorni dall’ultima volta che ho indossato un numero di gara, ma molti di più da quando ho partecipato a una competizione con desiderio di farlo. Mi “alleno” da pochi mesi e questo è già un grande risultato, frutto di tanta terapia, frequenti telefonate, lavoro su me stesso, nuova mentalità e ritrovata motivazione. Ora sono sicuro di voler essere un ciclista, ma non è tutto ciò che sono. Per molto tempo le prestazioni scadenti e l’aspetto fisico hanno definito la mia immagine di me stesso. Non volevo allenarmi con i miei amici, né tantomeno vederli, per paura che avessero la stessa opinione degradante che avevo di me stesso».

Hayter con l’allenatore John, il preparatore atletico Chris e Nora, la sua ragazza che gli è sempre stata accanto (foto Instagram)
Hayter con l’allenatore John, il preparatore atletico Chris e Nora, la sua ragazza che gli è sempre stata accanto (foto Instagram)

15 chili in più, ma tanta voglia di tornare

Hayter ha già gareggiato al campionato catalano a cronometro: «Peso 15 chili più del mio peso forma, eppure è stata una delle mie migliori prestazioni (…) Per la prima volta dopo tanto tempo sono ottimista per il futuro. Voglio tornare al ciclismo professionistico nel 2025, intanto mi sono posto come obiettivo la Chrono des Nations del prossimo ottobre, voglio salire sul podio, ma per gareggiare devo far parte di una squadra continental. C’è qualche team che è interessato?».

Se raggiungerà quel podio lo sapremo solo con il tempo, ma già il fatto di aver trovato la voglia di esserci è una grande vittoria e un esempio per chi è nelle sue condizioni. Tanti ciclisti ci sono passati, alcuni sconfinando nella tragedia, altri come ad esempio Dumoulin piegandosi al destino. Leo ha combattuto la sua battaglia e anche se non si può dire se abbia vinto, almeno ha lanciato un grande segnale di ottimismo.

Campioni nazionali, la Lidl-Trek si conferma in vetta

04.07.2025
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Non solo Conca. L’ultimo fine settimana, come da tradizione, è stato quello dedicato alle varie rassegne continentali e, al di là di nomi e nazioni, in giro per l’Europa (e non solo) sono emersi molti campioni o aspiranti tali, anche se probabilmente una sorpresa come quella vissuta in Italia non c’è stata. L’elenco dei nuovi campioni nazionali è quasi sterminato, ma offre anche spazio per interessanti considerazioni, a cominciare dalla Lidl-Trek.

Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde
Sesto titolo italiano crono per Ganna, maglia tricolore da indossare a Caen e nella cronoscalata sul Peyresourde

9 titoli come lo scorso anno

Che la formazione americana sia stata la primatista di vittorie nel weekend non è una sorpresa, perché il primato lo aveva già raggiunto lo scorso anno, sempre con 9 titoli: 5 a cronometro con Hoole (NED), Skuijns (LAT), Ghebreigzabhier (ERI), Pedersen (DEN) e Vacek (CZE), con quest’ultimo e Skuijns che hanno fatto doppietta con quello in linea. Sempre nella prova principale sono arrivati anche i sigilli di Simmons (USA) e Soren Kragh Andersen (DEN).

Al secondo posto in quest’ideale classifica si pone la Ineos Grenadiers, che toglie la piazza alla UAE. La squadra britannica, come da sua tradizione, sfrutta soprattutto la capacità dei suoi ragazzi nelle prove contro il tempo portando a casa, oltre al tricolore di Ganna, anche quelli di Bernal (COL), Leonard (CAN), Schmidt (USA), Foss (NOR) e Jungels (LUX), a cui si aggiungono le vittorie in linea dello stesso Bernal e di Watson (GBR).

Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)
Il titolo olandese è di Van Poppel, che batte allo sprint due big come Kooij e Groenewegen (foto CorVos)

Wellens e Narvaez al servizio di Tadej

Non che la UAE sia andata male. L’impressione però è che il team fosse già concentrato sul Tour, con Pogacar che ha disertato la gara nazionale per non rischiare cadute. Il team arabo, oltre all’iride dello sloveno, porterà in Francia anche le maglie nazionali di Belgio con Wellens e dell’Equador con Narvaez. A fare bottino sono state anche le vittorie di Ivo Oliveira (POR), Majka (POL) e a cronometro di Grosschartner (AUT) e Morgado (POR). Un titolo anche grazie al devo team con Matthias Schwarzbacher, vincitore in Slovacchia.

La vera notizia però è che alcune “corazzate” del ciclismo mondiale sono rimaste completamente a bocca asciutta, soprattutto due riferimenti del movimento olandese-belga come Visma-Lease a Bike e Alpecin Deceuninck, dove quindi non ci saranno variazioni sul tema nella vestizione dei propri ragazzi. Come loro anche Arkea-B&B Hotels, Bahrain Victorious (che però ha nelle fila del devo team il nuovo campione sloveno Jakob Ormzel), Cofidis, Groupama FDJ e Picnic PostNL. Stesso destino sfiorato per l’EF Education Easy-Post e questa è un’altra sorpresa, perché lo scorso anno la squadra americana aveva nelle sue fila ben 6 campioni nazionali, ora dovrà accontentarsi dell’estone Madis Mihkels.

Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)
Per Godon niente Tour, ma a consolarlo arriva il contratto con la Ineos per il 2026 (foto DirectVelo)

Un Tour con 17 maglie da campione

Ma che succede se trasponiamo il tutto in ottica Tour de France, in partenza domani? Cominciamo con il dire che, guardando il gruppo, spiccheranno ben 17 maglie di campioni nazionali, alcune nelle tappe in linea, altre in quelle a cronometro. Tante? Forse, ma la particolarità è data forse più da quelle che mancano. Quella francese, ad esempio: nella di casa, quella più amata, non ci sarà infatti Dorian Godon, il ventinovenne della Decathlon AG2R, squadra che ha preferito scegliere altri elementi sia per supportare l’uomo da classifica Felix Gall sia per andare a caccia di vittorie di tappa.

Le squadre con un roster più ricco di maglie di campione nazionale saranno a pari merito Ineos e Jayco Alula. I britannici avranno Ganna e Foss nelle cronometro, Watson nelle altre tappe. La Jayco potrà contare sui due campioni australiani, Dunbridge in linea e Plapp a cronometro, oltre all’elvetico Mauro Schmid che ha fatto doppietta e questo la dice lunga sulle sue condizioni di forma. Tre maglie diverse anche per la Soudal, ma nel suo caso il discorso cambia, perché Evenepoel indosserà quella di campione del mondo nelle cronometro, Merlier quella di campione europeo nelle tappe in linea. Con loro Schachmann, campione tedesco a cronometro.

Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…
Per Tadej Pogacar niente campionato nazionale, concentrazione massima verso il Tour…

La divisa più bella? Resta quella di Pogacar…

La Lidl-Trek primatista avrà solo due campioni nazionali fra gli 8 in gara sulle strade francesi: vedremo spiccare nel gruppo la bellissima maglia a stelle e strisce di Simmons ma anche quella di campione lettone di Skujins. Altre 6 saranno le formazioni che “coloriranno” le loro presentazioni sui palchi: Decathlon AG2R con Armirail campione transalpino contro il tempo. Intermarché con il tedesco Zimmermann. Astana con Fedorov, doppio campione kazako che però avrà indosso la maglia di campione asiatico. Leknessund campione norvegese per la pseudonazionale Uno-X. Van Poppel campione olandese per la Red Bull Bora Hansgrohe e lo spagnolo Romeo per la Movistar.

Abbiamo lasciato per ultima la UAE, che avrà dalla sua la maglia di campione belga di Wellens e quella di campione ecuadoriano di Narvaez, ma gli occhi saranno solo per l’iride indosso a Pogacar…

Bernal e la dura rincorsa per riunire le gambe con la mente

29.05.2025
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BORMIO – Dodicesimo a 1’10” da Del Toro, Egan Bernal non riesce ancora a essere continuo. Il Mortirolo lo ha visto faticare più di quanto ci saremmo aspettati. E’ evidente che il colombiano sia sulla via del recupero, ma ancora manca qualcosa. Per la Ineos Grenadiers il bilancio è tuttavia positivo. Le loro storie sono intrecciate. L’incidente di Bernal ha privato la squadra del suo ultimo vincitore del Tour, aprendo per i britannici due stagioni di siccità, con la sola parentesi del Giro di Tao, passato nel frattempo alla Lidl-Trek.

Lo spiega molto bene Zak Dempster, direttore sportivo classe 1987, arrivato nel 2023 sull’ammiraglia della squadra britannica. E’ lui al Giro il riferimento di Bernal ed è lui a spiegare alcuni passaggi e ad offrirci diverse prospettive. «Se davvero il suo corpo gli permetterà di fare ciò che la sua mente vuole – dice – allora potrebbe essere davvero speciale».

Qualche giorno fa, Egan ha detto: «Siamo il Team Ineos, dobbiamo fare qualcosa!». Che cosa intendeva?

Penso che questa squadra abbia una storia gloriosa basata sulla vittoria. Quindi l’obiettivo deve sempre essere vincere ed è per questo che siamo qui e faremo tutto il necessario per cercare di raggiungere questo obiettivo.

Ti aspettavi di nuovo Bernal a un livello così alto?

Penso che abbia avuto un inizio davvero sfortunato. Veniva dalla Colombia, dove ha accumulato molta fiducia. Si è allenato senza il mal di schiena e, ad essere sinceri, si sentiva al settimo cielo. E anche noi avevamo piena fiducia in questo processo. Siamo arrivati in Catalogna e lui era ancora molto cauto a causa della clavicola, temendo di essere rientrato troppo presto. E da lì abbiamo mantenuto il piano di rimandarlo in Colombia per prepararsi, come stabilito inizialmente. E’ stato un rischio.

Col fiato strozzato dopo l’arrivo di Monte Berico, in cui ha chiuso 10° a 5 secondi
Col fiato strozzato dopo l’arrivo di Monte Berico, in cui ha chiuso 10° a 5 secondi
Perché?

Abbiamo discusso se includere il Tour of the Alps o il Romandia o qualcosa del genere. Poi abbiamo deciso di no, di avere fiducia che si sarebbe preparato nel modo giusto e penso che nelle ultime due settimane i segnali siano stati davvero buoni. Abbiamo sempre creduto che se tutto fosse andato bene, avrebbe potuto lottare per un risultato.

Trovi che in squadra si sia ricreata la mentalità del Team Sky di leader fortissimi come Froome e il gruppo tutto per loro?

E’ diverso, quella del Team Sky è una lunga storia. Ci sono ancora in giro delle persone che c’erano già allora, ma io ad esempio sono relativamente nuovo nella squadra. Sono nella mia terza stagione e penso che l’anno scorso non sia andata proprio bene. Bisogna essere realisti, gli ultimi tre mesi si sono trascinati a dismisura e questo alla fine ci ha aiutato a forzare il cambiamento.

La Ineos Grenadiers è stata rifondata. Qui Heiduk e dietro Castroviejo, che a fine anno lascerà il ciclismo
La Ineos Grenadiers è stata rifondata. Qui Heiduk e dietro Castroviejo, che a fine anno lascerà il ciclismo
In che modo?

Abbiamo fatto discorsi chiari perché finalmente tutte le persone che lavorano per questa squadra vogliano fare parte di qualcosa di speciale. Quest’inverno abbiamo riflettuto, abbiamo parlato di come corriamo, di come vogliamo comportarci. Abbiamo apportato anche alcuni cambiamenti in alcuni processi di preparazione.

E ha funzionato?

Abbiamo fatto un’analisi approfondita di cosa stiamo facendo. Ed è stato davvero bello vedere che ciò di cui abbiamo parlato è stato messo in pratica. Non è tutto perfetto, perché commettiamo errori e dobbiamo accettarlo. Ma allo stesso tempo, penso che possiamo essere davvero orgogliosi della mentalità e dello spirito che abbiamo portato. Ritengo che se continuiamo così – pensando in modo critico e valutando come stiamo andando e prendendo decisioni basate sulla vittoria – allora creeremo tutti qualcosa di cui essere davvero orgogliosi. In realtà lo stiamo già facendo.

Arensman sta vivendo la sua classifica personale, ma potrebbe mettersi a disposizione di Bernal
Arensman sta vivendo la sua classifica personale, ma potrebbe mettersi a disposizione di Bernal
Vedi Bernal come un leader o deve ancora guadagnare la fiducia dei compagni?

E’ un leader, per le sue azioni o quello che dice. Le sue parole hanno peso nei meeting. Abbiamo Arensman che è arrivato sesto in due Grandi Giri ed è uno che nella terza settimana si comporta bene come i migliori. Quindi abbiamo due carte da giocare e le manterremo, ma è probabile che uno dei due dovrà sacrificare il suo risultato per l’altro. Questa è una delle cose che ci stanno a cuore come squadra. Si fidano l’uno dell’altro, comunicano apertamente e gareggiano per vincere. Quindi sono sicuro che a un certo punto quella decisione arriverà e non peserà.

Parliamo di Egan: il suo ritorno sta nelle gambe o anche nella mente?

Penso davvero che se il suo corpo gli permetterà di fare ciò che la sua mente vuole, allora ne vedremo delle belle. Ha avuto forti problemi di mal di schiena: dopo l’incidente con il pullman, è fortunato a poter ancora camminare, figuriamoci correre. E’ stato un processo lungo e frustrante per lui, perché non sai mai cosa ti riserverà la vita. Ma da come l’ha gestita, ne è uscito più resiliente che mai

Bernal è al Giro mostrando finalmente sprazzi della vecchia intraprendenza
Bernal è al Giro mostrando finalmente sprazzi della vecchia intraprendenza
L’hai visto cambiare durante l’anno a fronte dei miglioramenti?

Sì, penso che lui sia ansioso di essere lì davanti e ha aspettato davvero tanto per tornarci. Era lì ogni settimana a competere con i migliori. Quando ha vinto il primo Tour, la maggior parte di noi era convinta che avrebbe continuato a vincerne altri. Poi ha vinto il Giro ed è stato chiaro che Egan fosse uno di quei 3-4 corridori più forti del gruppo. Ma la vita ti lancia delle sfide ed il suo è stato un lungo processo per tornare. In queste ultime tappe lo vedo desideroso di godersi il fatto di essere lì. Ma allo stesso tempo è un killer.

Un killer?

Ci dimentichiamo di come fosse all’inizio della carriera: competitivo con i migliori su finali di potenza e cose del genere. Ma penso che questi istinti si affineranno e quel giorno inizierà a ottenere anche delle vittorie.

Non è passata salita in cui Bernal non abbia provato ad attaccare Del Toro, che è stato però pronto a rispondere
Non è passata salita in cui Bernal non abbia provato ad attaccare Del Toro, che è stato però pronto a rispondere
Sentite come squadra di essere sulla porta di due giorni molto importanti?

Sì, sicuramente. Se si guarda al dislivello, la tappa di San Valentino è stata una delle più impegnative che abbiamo avuto nel Giro in questa terza settimana. Abbiamo già avuto alcune tappe decisive, ma ce ne sono state anche tante in cui abbiamo sofferto senza aspettarcelo. Cadute sotto la pioggia. Abbiamo avuto la tappa delle Strade Bianche che è stato un vero caos. La cronometro sul bagnato con tanto di caduta. Le prossime due sono le tappe più importanti. Due giorni davvero decisivi e penso che bastino 20 minuti ben fatti perché tutto possa ancora cambiare.

Ma che bel Bernal abbiamo rivisto. Ed Ellena racconta

19.05.2025
5 min
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VIAREGGIO – Il tempo all’improvviso rallenta. Dopo la frenesia totale dei giorni scorsi, ecco una giornata relativamente tranquilla. Di certo senza stress. Ed E’ senza stress e di meritato riposo anche per Egan Bernal. Negli hotel si lavora comunque. La sgambata per quasi tutti verso le 11, ma forse con un filo in meno di frenesia. Forse… Almeno qui è una bella giornata, anche se per domani sembra che il tempo si guasterà e dovrebbe sfavorire chi partirà nel finale.

Ma torniamo a Bernal. Il colombiano passeggia mano nella mano con la sua compagna. Poi, una volta accompagnata alla macchina, lei se ne va e lui ritorna alla base. E’ sereno, sorridente. Stamattina la sgambata con delle bici che vedremo a Treviso. I massaggi. Qualche chiacchiera con la sua amata. E tra poco la cena.

La Pinarello Bolide di Bernal. Il colombiano oltre ad essere campione nazionale su strada, lo è anche a crono
La Pinarello Bolide di Bernal. Il colombiano oltre ad essere campione nazionale su strada, lo è anche a crono

Giornata di relax

E’ sereno e sorridente e, soprattutto, dopo un bel po’ di tempo ci torna ad apparire muscoloso. Lo scorso anno era solo magro. Insomma, è un corridore.

«Sto bene – ci ha detto Egan – fa piacere essere di nuovo lì. Ieri è stato un momento difficile per tutta la tappa: dalla partenza alla fine».

Intanto i suoi meccanici lavorano sulla Pinarello Bolide che domani sfoggerà nella crono da Lucca a Pisa. Egan spingerà un 64×11.
Due prove fanno (quasi) un indizio: Tagliacozzo e Siena. Chiaramente non si può non partire dalla tappa di ieri, quella degli sterrati. Quanto è stato bello vederlo là davanti in una tappa lunga e dura. Tutti, ma veramente tutti, sono stati contenti di ammirare nuovamente il corridore della Ineos Grenadiers così pimpante.

«Il piano di gara – aveva detto Bernal riferendosi alla frazione di Siena – non era affatto una scienza esatta. Dovevamo essere in testa all’ingresso del primo settore sterrato e da lì in poi correre a tutto gas. Dovevamo solo rimanere in testa, settore dopo settore. Siamo riusciti a concludere in una buona posizione. Mi è mancata un po’ di potenza per non farmi staccare dalla testa della corsa nel finale, dopo aver speso molte energie nei chilometri precedenti».

Non solo, abbiamo scoperto un dettaglio non da poco. Nel finale Bernal si è staccato anche perché molto probabilmente era disidratato. Quando l’ammiraglia gli è piombata finalmente addosso, mancavano ormai meno di 20 chilometri all’arrivo. E appena gli hanno dato da bere, ha preso la borraccia in modo quasi famelico. Di sicuro non beveva già da diversi quarti d’ora. Immaginiamo la sete, la polvere che s’impasta con la saliva… devono essere state sensazioni tremende.

A Tagliaccozzo la maglia rosa 2021 ha messo a segno il primo acuto di questo Giro: terzo. Prima grossa iniezione di fiducia
A Tagliaccozzo la maglia rosa 2021 ha messo a segno il primo acuto di questo Giro: terzo. Prima grossa iniezione di fiducia

Bernal c’è

Fatto sta che a quasi metà Giro d’Italia, domani il colombiano si presenta al via in settima posizione, a 1’10” da Isaac Del Toro.

«Le sensazioni sono buone, molto buone, però bisogna andare piano: giorno dopo giorno», ci ha detto Egan.

I giornalisti colombiani, che sono sempre molto attenti ai loro connazionali, cominciano a muoversi come un tempo. Questo non è più il Bernal del recupero. Adesso si torna a parlare del corridore. Un altro dettaglio. Ieri dopo la tappa di Siena ha voluto fare il defaticamento sulla bici da crono… Questo lo fa chi punta alla classifica.

In questo assalto al podio c’è da metterci anche lui? Molto probabilmente sì. E il Giro e lo spettacolo ne guadagnerebbero non poco. «Egan per me, senza l’incidente, sarebbe stato uno dei pochissimi, se non l’unico, a poter lottare con Pogacar sulle lunghe salite».

Bernal (classe 1997) è alla sue seconda partecipazione al Giro
Bernal (classe 1997) è alla sue seconda partecipazione al Giro

Parola ad Ellena

Questa ultima frase è di Giovanni Ellena, il direttore sportivo che lo ha avuto ai tempi dell’Androni Giocattoli, quando Bernal arrivò in Italia. Ellena, ora in forza alla Polti–VisitMalta, ci ha detto la sua.

«Vedere Bernal, ma anche Brendon Rivera, che si sono divertiti lì davanti, mi ha fatto davvero piacere. Rivera è il suo amico di sempre. Egan ce lo aveva proposto in Androni, ma era un emerito sconosciuto. Andava in Mtb con lui, e ieri sugli sterrati si sono divertiti, ne sono certo».

«Se invece andiamo su un livello psicologico, io ho passato un po’ quello che ha passato Egan sul mio corpo. E pensare che uno si butti a fare quello che sta facendo lui sulle strade vuol dire che ha una testa impressionante. Senza contare il suo recupero fisico. Ora lui non è tanto il campione che va in bicicletta per vincere, ma è quello che dà l’esempio alla gente che ha dei problemi. Dimostra che se ne può uscire».

Per Ellena vederlo buttarsi in questo modo in discesa, in gruppo e nello sterrato è segno di una grande forza mentale da parte di Bernal
Per Ellena vederlo buttarsi in questo modo in discesa, in gruppo e nello sterrato è segno di una grande forza mentale da parte di Bernal

Podio possibile?

Cosa può fare dunque concretamente Egan Bernal in questo Giro d’Italia? Davvero può lottare per il podio? Anche in questo, l’occhio tecnico e di chi conosce l’atleta, quello di Ellena, ci viene in soccorso: «Difficile dire cosa davvero potrà fare – riprende Ellena – bisogna vedere il fisico, che non è più quello di prima. La testa però sì. Ne sono certo. Si vede. Vi racconto questa.

«Un giorno mi sono ritrovato a Madrid per andare al Gran Camino e sull’aereo vedo un cappellino nero sul mio sedile. In inglese chiedo al ragazzo di spostarlo. Quel ragazzo alza gli occhi e mi fa: “Ciao Giovanni”. Era Egan. A un certo punto gli ho chiesto: “Ma tu come stai?”. E lui: “Sono abbastanza ben messo. Vediamo, cosa mi dirà il futuro”. Allora l’ho guardato e gli ho detto: “Il tuo futuro dice che o diventi quello di prima (o quasi), o smetti. Perché tu non sei mediocre”. Mi disse che avevo ragione.
Questo per dire che Bernal non è qui per portare a spasso la bici. Se poi lotterà per il podio, la vittoria, una top five… non lo so. Ma di certo è qui per fare bene».

Ellena poi sottolinea un altro aspetto: la fiducia da parte della squadra. E questa non è cosa da poco. Come tutti i grandi, anche Bernal si è creato il suo ambiente. «Ormai Egan ha il suo massaggiatore di fiducia, il suo compagno di allenamenti e d’infanzia. E poi è un ragazzo che si fa amare e si fa rispettare al tempo stesso».

Un buon Catalunya e le certezze di casa: così Bernal punta il Giro

02.05.2025
4 min
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Dopo il grande recupero dal grande incidente che lo aveva quasi costretto a lasciare il ciclismo, Egan Bernal quest’anno era tornato alla vittoria. Neanche il tempo di godersi il nuovo stato di forma che zac: il destino ci ha rimesso lo zampino. Morale della favola: frattura della clavicola. Di nuovo al lavoro. E ora, cosa si sa del colombiano?

Ne abbiamo parlato con uno dei direttori sportivi della Ineos Grenadiers, Xavier Zandio. Entrambi di madrelingua spagnola, i due hanno un ottimo rapporto e si sentono con costanza. Oltre alle sue parole aggiungiamo quelle freschissime, di Scott Drawe, direttore della perfomance in casa Ineos.

«Bernal e Arensman ci offrono garanzie per una lotta nella classifica generale. Il percorso è adatto ad Egan». E già questo non è poco.

Xavier Zandio, uno dei direttori sportivi della Ineos Grenadiers
Xavier Zandio, uno dei direttori sportivi della Ineos Grenadiers

Egan vuole la rosa

Chiaro che Bernal attira attenzione anche da solo, ma dopo che qualche giorno fa Thymen Arensman lo ha chiamato in causa dopo la sua vittoria al Tour of the Alps, questa fame di news sul colombiano è cresciuta. Tanto più in vista del Giro d’Italia.

«Egan – ha detto Zandio – sta bene. Si sta allenando a casa sua in Colombia. E’ in quota, tutto procede regolarmente e, da quello che posso dire sentendolo, è motivato. Sta pensando a come vincere il Giro. Lui è sempre contento, ottimista. Sempre pronto a superare gli ostacoli che gli capitano lungo il cammino».

«Voglio allenarmi a casa. Fare un allenamento speciale per il Giro – aveva detto Bernal subito dopo il Catalunya – allenarmi con clima buono, visto il freddo che abbiamo preso in Spagna». Magari Egan ha solo bisogno delle sue certezze. Chi gli è vicino dice che la Volta a Catalunya gli ha lasciato grande serenità. E infatti quando manca ormai giusto una settimana al via della corsa rosa ha detto che si sente pronto per affrontare questa sfida. «Il Giro ha uno spazio speciale nel mio cuore. Sono molto motivato nel tornare».

Bernal in allenamento sulle strade di casa in compagnia di Rivera (immagine Instagram)
Bernal in allenamento sulle strade di casa in compagnia di Rivera (immagine Instagram)

Poche gare

Ma una delle domande che più ci interessava porre al diesse spagnolo riguardava il calendario agonistico di Bernal. Un calendario alquanto scarno. Come mai? Solo per la questione della frattura alla clavicola?

«Vero – spiega Zandio – Bernal ha corso poco e in tutto questo la frattura ha inciso. C’erano alcune gare in più nel suo programma, ma siamo stati costretti a cambiare un po’ i piani. Però le gare che ha fatto, le ha fatte bene. Il piano è questo: allenarsi bene, a casa. Ed Egan lo ha fatto in compagnia del suo compagno di allenamento di sempre, Brandon Rivera. La squadra lo sta seguendo con costanza. Il piano iniziale era comunque fare il Catalunya, l’altura e poi andare direttamente al Giro. E abbiamo deciso di rispettarlo nonostante la frattura».

Non è certo la prima volta che Bernal corre poco e si presenta a un grande appuntamento in forma. Cosa che, tra l’altro, fanno in molti al giorno d’oggi. Ma certo, da quel Bernal che vinse il Giro 2021 ne è passato di tempo. Magari un po’ di ritmo gara in più, che ha faticato tanto per ritrovare, gli avrebbe fatto bene. Ma queste sono solo supposizioni.

Quello che invece è certo, che è un dato, è che il colombiano arriverà alla corsa rosa con appena dieci giorni di gara nelle gambe. Nel 2021, quando vinse, lo fece con 18. Quell’anno, l’ultima gara prima del Giro fu la Tirreno-Adriatico, vale a dire quasi due mesi prima del via. Quest’anno, avendo fatto il Catalunya, ci arriva con un mese e mezzo di distanza. Come Primoz Roglic del resto.

«Nonostante non sia stato fortunato con la frattura della clavicola – ha detto Bernal – sono pronto a giocarmi la generale, spalla a spalla con Arensman».

Al Catalunya Bernal è parso pimpante: 7° posto nella generale. Eccolo a ruota di Roglic vincitore della corsa spagnola
Al Catalunya Bernal è parso pimpante: 7° posto nella generale. Eccolo a ruota di Roglic vincitore della corsa spagnola

Dubbi sì, dubbi no

Insomma, come starà realmente e cosa potrà fare Bernal lo scopriremo solo durante la corsa rosa. Dopo il famoso incidente del 2022, in cui davvero rischiò non solo di smettere di correre, ma di restare paralizzato (ci sono nuovi documenti che testimoniano tutto ciò), è chiaro che i punti di domanda su di lui sono maggiori.

Tuttavia, se si parte da quanto visto negli ultimi mesi, davvero non si può che essere ottimisti, come diceva Zandio. Bernal ha concluso il Tour de France 2024. Ha ripreso la stagione vincendo il titolo nazionale sia a crono che in linea. Nonostante la frattura a febbraio dopo appena 26 giorni dall’incidente si è presentato al Catalunya, dove è arrivato settimo. Per di più senza una tappa di salita, a lui congeniale, eliminata per maltempo.

Se quindi si tira una riga e si prendono in considerazione questi mesi finali, allora, come diceva Arensman, davvero può fare classifica. O almeno può partire per farla.

«Questo lo vedremo – conclude Zandio – intanto l’importante è che stia bene. Abbiamo previsto il ritorno in Europa una settimana prima del Giro e sarà pronto. Si è allenato con la massima intensità e con i giusti lavori specifici. Ormai il ciclismo e i metodi sono cambiati».

Tour of the Alps: ecco Arensman, il granatiere fa rotta sul Giro

24.04.2025
4 min
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OBERTILLIACH (Austria) – Il Tour of the Alps sconfina nel Tirolo austriaco proponendo una tappa impegnativa e adatta solo a corridori dalle gambe forti. Se a questo aggiungiamo il meteo avverso, con freddo e pioggia a colpire duramente i protagonisti di giornata, il risultato diventa quello che abbiamo sotto gli occhi. Volti scavati dalla fatica, labbra che tremano ancora intorpidite dal freddo e occhi spiritati. Sulla strada l’azione di Thymen Arensman ha scavato solchi profondi in classifica e l’olandese alto e magro dai lineamenti decisi ha preso in un colpo solo la gloria e la maglia verde. 

Nulla di programmato

Su questa piccola frazione austriaca, adagiata su una vallata che sembra senza fine, le nuvole grigie e cariche di pioggia nascondono le vette innevate. Quando il corridore della Ineos Grenadiers approccia l’ultima salita la pioggia inizia a picchiettare sul casco, rendendo ancora più complicati i chilometri conclusivi. 

«L’unica cosa pianificata di questa tappa – spiega Arensman – è stato il mio primo attacco. Volevo essere nella fuga. Nella prima discesa il freddo ha lasciato un piccolo gruppo di pretendenti alla vittoria e ci sono stati degli attacchi. Durante le scalate successive ho continuato ad attaccare, volevo mettere fatica nelle gambe dei miei avversari. Quando sono rimasto solo non ho fatto nessun ragionamento, ho spinto fino alla fine cercando di tenere un passo regolare». 

Arensman è sceso dall’altura poco prima del via, la condizione migliora giorno dopo giorno
Arensman è sceso dall’altura poco prima del via, la condizione migliora giorno dopo giorno

La prima tra i granatieri

Nel 2022 Arensman ha lasciato il Team DSM per accasarsi alla Ineos Grenadiers. La vittoria di tappa al Tour de Pologne prima e alla Vuelta poi avevano evidenziato le doti del ragazzo olandese. Il team britannico, che nell’inverno di quella stessa stagione contava su tanti pretendenti ai grandi giri, non ha spinto sull’acceleratore e ha lasciato ad Arensman il tempo di lavorare e imparare. La sua prima vittoria è arrivata oggi sulle strade di questa breve e intensa corsa a tappe ma il cammino era già stato tracciato. 

«Il primo successo in maglia Ineos – dice ancora – è una bellissima sensazione. Sono entrato nella squadra alla fine del 2022, ed era qualcosa di completamente nuovo per me. Ho dovuto imparare a conoscere questo team e ho avuto come insegnanti i migliori compagni che potessi immaginare. Al primo anno sono stato accanto a Geraint Thomas al Giro, facendogli da spalla. Da quell’esperienza ne è scaturito un sesto posto finale, ed è stato fantastico e anche un onore. Durante queste due stagioni la squadra mi ha lasciato lo spazio per provare a fare la corsa e mettermi in mostra per ciò che ero. Dal canto mio sento di essere cresciuto anno dopo anno. Lo staff e i compagni mi hanno dato fiducia e io ne ho acquisita rispetto alle mie qualità. Questa vittoria credo sia il modo migliore per ripagare la squadra e spero ne possano arrivare tante altre». 

Lo spunto rosa

La Ineos Grenadiers torna al Giro d’Italia con un gruppo solido e con Thomas dirottato sul Tour de France si apre lo spazio per vedere di che pasta è fatto Thymen Arensman. Senza dimenticarci di Bernal, sparito dai radar da quasi un mese ma pur sempre al lavoro per il Giro. 

«Gli anni scorsi – conclude Arensman – arrivavo al Giro condividendo il ruolo di capitano con Thomas. A maggio, invece, saremo Egan Bernal ed io a curare la classifica generale. Siamo due corridori completamente diversi, io sono un atleta che fa del passo il suo forte. Inoltre ho ottime doti anche a cronometro. Bernal, invece, è uno scalatore puro. La squadra avrà due carte da giocare. Quando correvo accanto a Thomas l’approccio era più conservativo, visto che abbiamo caratteristiche molto simili. Sono sicuro che Bernal attaccherà su ogni salita, mentre io avrò come focus le cronometro per guadagnare tempo. Poi magari arriveranno giornate buone come quella di oggi. Sono sicuro che avere due approcci diversi alla gara sarà un cambiamento positivo».

Con Oggiano nel laboratorio Ineos, progettando il futuro

24.04.2025
6 min
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L’universo Ineos è estremamente vasto. Non c’è solo il ciclismo, considerando l’impegno fino all’edizione dello scorso anno della Coppa America di vela (e il ritiro della sfida di Ineos Britannia dei giorni scorsi ha destato molto scalpore) come anche quello nella Formula 1 al fianco di Mercedes, rivale sulle due ruote ma strettissima partner sulle quattro. Le commistioni fra i vari campi sono molto strette e a livello di ricerca il lavoro diventa spesso comune.

Direttore Area Ricerca e Sviluppo della Ineos Cycling è Luca Oggiano, dirigente che si è fatto una lunga esperienza all’estero e che tra l’altro ha vissuto sulla sua pelle l’evoluzione sempre più prepotente del movimento norvegese nello sci alpino, passando poi alle due ruote. L’intervista con lui significa entrare in un mondo davvero particolare, dove non si parla solamente di watt, copertoni, allenamento perché per poter emergere in un ambiente così complesso, la commistione fra le varie discipline è massima e non è neanche unica, considerando ad esempio come il lavoro della Visma-Lease a Bike sia alla base della scalata ai vertici mondiali del movimento remiero olandese.

Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Alla Ineos Grenadiers Oggiano è stato nominato direttore dell’Area Ricerca e Sviluppo
Partiamo dalla tua carica. In che cosa consiste?

Si tratta di seguire e curare tutti i vari prodotti sviluppati dai partner che poi vanno a essere implementati all’interno della squadra. Io mi occupo del lato performance di tali prodotti, più che altro dal punto di vista aerodinamico, quindi Kask, Pinarello, Gobik, eccetera. Affrontando lo sviluppo, la ricerca e l’implementazione all’interno della squadra dei vari prodotti.

Questo lavoro che tu fai quanto prende anche dalle altre esperienze di Ineos e quanto le altre esperienze di Ineos, ad esempio nella vela, sfruttano anche il lavoro che fate voi?

In realtà ci sono stati dei travasi di esperienza, soprattutto per quel che riguarda Mercedes Formula Uno all’inizio della partnership. Il mondo del ciclismo però è diverso, non si può far tutto in “house” come si fa con la vela o la Formula Uno, si lavora in sinergia con diversi partner. La commistione riguarda soprattutto le metodologie, dove c’è un continuo scambio, soprattutto sul piano dell’aerodinamica, ma poi gli ambiti sono diversi. Quindi si va avanti per la nostra strada.

Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Luca Oggiano ha iniziato la sua carriera di ricercatore in Norvegia, dedicandosi agli sport invernali
Quando sei entrato in questo mondo?

Dal lato del ciclismo nel 2017, ma il lavoro sull’aerodinamica riguarda aerodinamica dei tessuti, sviluppo tute e sviluppo prodotti è più datato, dobbiamo risalire alla mia tesi di laurea nel 2005. Qualche annetto di esperienza c’è, lavorando per anni con il team norvegese tra discipline veloci dello sci e pattinaggio su ghiaccio in particolare. Nel 2017 ho accettato la proposta del team Sky.

Da spettatore prima e protagonista poi, quanto è cambiato l’influsso della ricerca e dello sviluppo nel ciclismo?

Credo che uno dei passi più grandi che siano stati fatti è stato quello del riuscire a dare delle metodologie super avanzate, facendo crescere aziende “medio piccole”, come possono essere per esempio quelle dei caschi. In questo sono state implementate esperienze di altri campi come la stessa Formula Uno, dando accesso a nuove strumentazioni. Questo ha portato un enorme miglioramento dello sviluppo del prodotto e quindi anche ovviamente delle prestazioni.

Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Con Ganna ha lavorato a lungo su ogni aspetto per arrivare ai suoi primati su pista
Tu hai una cultura e radici omnisportive, secondo te l’evoluzione del mezzo che c’è stata nel ciclismo è pari a quella degli altri sport di vostra competenza?

Difficile fare un paragone. Il ciclismo ancora oggi ha comunque una forte componente umana, negli altri quella meccanica è quasi allo stesso livello, quindi incide molto di più. Il ciclismo credo che in questo momento sia lo sport trainante nel suo genere e potrebbe essere ancora più rivoluzionario senza le varie limitazioni poste dall’UCI, che fa un ottimo lavoro, ma tende a limitare la possibilità di spingere dal punto di vista della ricerca e sviluppo per cercare di equalizzare le forze. Ma si vede che nel ciclismo odierno è stata implementata molto della cultura di discipline come Formula 1 ma anche Moto GP.

A breve termine ci saranno altre evoluzioni nel mondo del ciclismo e chiaramente quindi anche nel tuo team?

Sicuramente, considerando che siamo nel pieno di una rivoluzione industriale dettata dall’uso dell’intelligenza artificiale che va di pari passo con l’atleta stesso. Io credo che nell’ambito di caschi, telai, strutture aerodinamiche si possa ancora fare tantissimo. Di pari passo con le limitazioni di cui prima, pienamente legittime, che ti portano spesso a cancellare tutto il lavoro e rimetterti davanti a una pagina bianca, ma più ricco di prima in base alle conoscenze acquisite.

Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Ineos è partner di primo piano della scuderia Mercedes in Formuna 1 (foto DPPI)
Un lavoro necessario?

L’impegno del massimo organo porta a cercare di minimizzare le differenze tra le varie squadre permettendo uno sviluppo della tecnologia che sta diventando sempre più fruibile anche da team che non hanno dei budget enormi, che sta portando quasi tutte le aziende ad avere un’attenzione più rivolta alla performance del prodotto piuttosto che al design. Secondo me vedremo delle cose interessanti nei prossimi anni.

Secondo te queste evoluzioni andranno a ridurre sempre più la componente umana nella prestazione?

Nel ciclismo probabilmente no, si tratta di uno sport dove ancora la componente umana è fondamentale. Certo, se metti di fronte due Pogacar, quello con i materiali migliori probabilmente andrà a vincere. Ma le differenze grosse, come è anche bello che sia, arriveranno comunque dalla componente umana. La componente dei materiali darà quell’extra, diciamo quel 5-10 per cento in più, ma il resto verrà comunque fuori dalle gambe del ciclista. Ed è questa la strada che comunque l’UCI vuole dettare.

Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Ha destato sensazione il ritiro della sfida del team Britannia con Ineos dalla Coppa America (foto Cameron Gregory)
Le innovazioni nella Formula Uno hanno avuto un ricasco importante dal punto di vista della sicurezza nelle auto di tutti i giorni. Nel ciclismo avviene e avverrà lo stesso?

Sicuramente, se guardiamo tantissime innovazioni nate per il ciclismo professionistico sono diventate di uso comune. Basti pensare al computerino, il Garmin, ormai anche il ciclista della domenica lo usa, guarda i watt, tiene conto di tutto. A parte il lato sicurezza, c’è proprio il lato di gamification, come si chiama in inglese, ovvero il trasformare lo sport in gioco e rende tutto secondo me molto più bello, più divertente. Anche dal punto di vista dell’aerodinamica stessa ci sono ormai varie possibilità per tutti di poter per esempio misurare il proprio coefficiente aerodinamico. C’è questo travaso di conoscenze che anche vent’anni fa erano utilizzate solamente ad altissimo livello, che stanno iniziando a essere fruibili per tutti.

Si parte: quali rifornimenti per Ganna? Tante borracce

13.04.2025
6 min
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Pronti per la Parigi-Roubaix. Ieri abbiamo visto la gara delle donne, oggi tocca agli uomini: da Compiegne a Roubaix, quasi 260 chilometri, 55,3 dei quali in pavé. Una prova così richiede massima attenzione sotto ogni aspetto, anche quello dei rifornimenti. Rifornimenti che sono gestiti da una “triade”: il nutrizionista, i direttori sportivi e i massaggiatori.

Tra i rappresentanti di quest’ultima categoria, ci siamo rivolti a Piero Baffi, massaggiatore, ma anche fisioterapista e osteopata della  Ineos Grenadiers e in particolare uomo fidato di Filippo Ganna. Baffi ci spiega come si gestisce la parte dei rifornimenti a terra in una gara dalla planimetria lineare come la Roubaix. Una gestione che parte sin dal venerdì… come vedremo.

Fare i rifornimenti alla Roubaix è un vero caos. Questi vengono effettuati quasi sempre all’uscita dei settori in pavè
Fare i rifornimenti alla Roubaix è un vero caos. Questi vengono effettuati quasi sempre all’uscita dei settori in pavè
Piero, dicevamo dei rifornimenti a terra. Come vi organizzate per la Roubaix?

Quest’anno con i rifornimenti fissi imposti dall’organizzazione c’è stato un grande cambiamento. Direttori sportivi e nutrizionista indicano se distribuire i sacchetti o le borracce. Se il diesse, studiando la tappa o la corsa come in questo caso, reputa che ci sia un tratto tranquillo, allora resta fedele al “vecchio sacchetto”, altrimenti si va sulle borracce…

Cioè l’alimentazione liquida…

Principalmente è così, ma anche borracce e gel, borracce e barrette.

Oggi, come accennavamo, ci sono tre figure che gestiscono i rifornimenti. Un tempo era quasi tutto nelle mani del massaggiatore…

Esatto, si parte dal nutrizionista, il quale decide cosa devono mangiare gli atleti. Poi tocca ai direttori sportivi. Loro decidono i vari punti in cui distribuire i sacchetti o le borracce. Infine ci sono i massaggiatori che preparano il tutto.

Per la Roubaix avete previsto dei sacchetti?

Per una corsa intensa e complicata come la Roubaix si privilegiano le borracce. Borracce di acqua, di sali, di malto e soprattutto borracce con il gel attaccato, come accennavo. Noi in Ineos abbiamo sostanzialmente due borracce: una di acqua e una con sali minerali e carboidrati.

Come diceva Baffi, Pippo ormai predilige sempre di più l’alimentazione liquida
Come diceva Baffi, Pippo ormai predilige sempre di più l’alimentazione liquida
Come vengono distribuite?

Di solito si fa un’auto per punto con due massaggiatori. La nostra regola è che il primo che trovano a bordo strada ha l’acqua, mentre il secondo ha i sali. Il lato è obbligatorio, ed è a destra. Solo al Tour dello Yorkshire era a sinistra ed era difficile. In Australia e in altre gare inglesi, dove ugualmente si guida a sinistra, il rifornimento era normale, a destra. Ma il vero problema oggi è un altro.

Quale?

Col fatto che sono stati stabiliti i punti fissi, in ogni punto di ristoro ci sono 50 persone più o meno (2 per team, ndr) in pochissimo spazio. Per carità, poi ci si abitua a tutto, ma all’inizio soprattutto i corridori non erano contenti. Prima invece ogni squadra mandava le proprie auto lungo la corsa a piacimento. Un altro problema è che a volte questi punti fissi di rifornimento sono posti in tratti impensabili, come una discesa… per dire.

Hai detto che darete preferenza alle borracce. Quante ne consuma un corridore alla Roubaix?

Partiamo dai punti fissi, che in una prova così lunga sono tanti: l’organizzazione ne ha decretati 28 più due feed zone ufficiali. Ogni massaggiatore ha almeno cinque borracce per punto. Noi copriremo 14 punti. Se pensiamo che se ne preparano sempre un po’ di più di quelle che serviranno, si fa presto ad arrivare a 150 borracce solo per il rifornimento a terra fra tutti. In più c’è il frigo nelle ammiraglie. Alla fine, quindi, ogni corridore tra rifornimenti a terra e ammiraglia ne consumerà non meno di 15.

Piero Baffi è osteopata e fisioterapista di Ganna, ma come tutti coloro che rientrano nell’ampia figura del massaggiatore aiuta nei rifornimenti
Piero Baffi è osteopata e fisioterapista di Ganna, ma come tutti coloro che rientrano nell’ampia figura del massaggiatore aiuta nei rifornimenti
Okay a privilegiare l’alimentazione liquida, ma in una corsa tanto lunga ci sarà anche qualcosa di solido. Cosa mangiano gli atleti?

Ora vanno molto di moda delle rice crispy con marshmallows. In corse così lunghe come la Roubaix questi si preparano in anticipo. Si mettono in un sacchettino, che sia a terra o in ammiraglia, prima del via. Di solito con questi cibi solidi ci partono, li mettono nella tasca. Prima del via noi massaggiatori li prepariamo e loro li prendono da un tavolo sul bus. A quel punto l’autista prende ciò che è avanzato e lo mette nella prima ammiraglia.

Piero, tu sei il massaggiatore di Ganna. Cosa ci puoi dire qualcosa dei suoi gusti?

Pippo non mangia quasi più cibo solido, ma in gare così lunghe è ancora “vecchio stile” e non disdegna un paninetto col prosciutto cotto. Lui e Puccio sono così, ma anche qualche spagnolo. Anche eventuali barrette, di regola, si mettono in tasca prima del via.

E con le borracce?

Pippo, come gli altri, cerca di stare sui 120 grammi di carboidrati l’ora, in ogni caso mai sotto i 90-100 grammi. Poi dipende anche da come va la gara. Riguardo ai gusti, da quest’anno con un nuovo sponsor questo “problema” non sussiste in quanto abbiamo un solo tipo di gel che tra l’altro è senza sapore. A Pippo piacciono le cose al cioccolato, specie per quanto riguarda i prodotti di recovery.

Ganna e i suoi durante la ricognizione. In queste fasi si testano anche i materiali e i portaborracce affinché tengano bene (foto Instagram)
Ganna e i suoi durante la ricognizione. In queste fasi si testano anche i materiali e i portaborracce affinché tengano bene (foto Instagram)
Quando preparate il rifornimento?

Il cibo, cioè le cose solide, si prepara il giorno prima, mentre le borracce si preparano già dal venerdì. Il solido che deve essere più fresco si fa la sera prima, anche perché con gare così lunghe si lascia l’hotel molto presto. Al Fiandre, per dire, siamo partiti dall’hotel alle 7, quindi al mattino non hai tempo di fare nulla.

E il tuo lavoro di “rifornitore” come funziona oggi? Al Fiandre la planimetria è un dedalo e si possono fare tagli, alla Roubaix invece è lineare…

Il direttore sportivo stabilisce i punti di riferimento da coprire. Non è detto che siano tutti quelli fissi prestabiliti, magari uno o due si saltano come abbiamo visto. Di solito ogni macchina, cioè due massaggiatori o comunque due persone dello staff, fa due punti a testa, mentre chi fa l’arrivo – i massaggiatori che vediamo in tv con lo zainone sulle spalle – ne fa uno. Alla Roubaix, che è molto lunga, i punti diventano tre. Io dovrò fare 4 punti e so che avrò 40 borracce pronte e altrettante il mio compagno in auto.

Quindi devi studiare bene le tue tappe?

La sera si guardano i vari punti da raggiungere. I diesse ti indicano su Veloviewer il punto con il numero della tua macchina e sai che devi andare lì. Ci si aiuta anche con Google Maps, anche per verificare eventuali chiusure stradali. Ma alla Roubaix per certi aspetti è più facile, essendo in linea. Al Fiandre magari il navigatore pretendeva di attraversare la strada dove passava la corsa. Alla Roubaix corri da un punto all’altro sfruttando l’autostrada. Magari su Google Maps metti la via prima del punto preciso, così sei sicuro di avvicinarti e poi prosegui a piedi o, se si può, con Veloviewer.