Dopo la notte, Pinot rialza la testa, ritrova il sorriso. E attacca…

22.04.2022
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Ci eravamo lasciati sull’arrivo di ieri a Kals am Grossglockner con Thibaut Pinot stremato e in lacrime. E anche un po’, un bel po’, arrabbiato. Stamattina invece sotto la pioggia di Lienz il francese aveva ritrovato il suo sorriso.

Ogni tanto si affacciava dal camper (non il bus) per vedere il meteo. Poi richiudeva la porta. Sul manubrio della sua bici nessun memo dei rifornimenti e delle distanze. Che voglia attaccare a testa bassa? A quanto pare sì!

Notte serena

Ma andiamo con ordine. Il corridore della Groupama-Fdj scherzava con staff e compagni. E con lui siamo riusciti a fare una chiacchierata prima del via.

Al fianco del foglio firma Thibaut racconta.

«No, non sono più arrabbiato – dice Pinot – Di sicuro ieri ero deluso per aver perso la vittoria per poco. Ma è il ciclismo. E’ così… Pensiamo ad oggi. Vincere sarebbe stato importante perché avrei voltato pagina dopo questo brutto periodo». 

La sua ultima vittoria in effetti è datata 2019, la tappa del Tourmalet al Tour de France.

«E oggi farò di tutto per vincere. Dopo ieri sono ancora più motivato. Credo di aver recuperato bene. E mi fa piacere che ci sia questo percorso. Ci sono molti corridori che lottano per il podio. Un’alleanza francese con Bardet? Ah non so, di certo verrà fuori una corsa dura e combattuta. Bisognerà vedere i momenti della gara».

Rabbia e commozione

L’arrivo di ieri non è stato affatto banale. Sia per il risultato, sia per come è arrivato. 

Probabilmente, una volta ripreso da Lopez, Pinot avrebbe perso lo stesso, ma forse ha commesso anche un errore. Il colombiano era in netta rimonta, però il modo in cui si è fatto staccare forse lo colpisce un po’ nell’orgoglio. Rallentando, Pinot ha servito sul piatto d’argento il contrattacco a Lopez. Un errore da juniores, se vogliamo…

Forse anche per questo Pinot dopo l’arrivo era arrabbiato. E non solo commosso. Ma ripetiamo, non sarebbe cambiato nulla. La strada nell’ultimo mezzo chilometro riprendeva a salire e Lopez ne aveva palesemente di più.

Tra lo stare appoggiato alle transenne e lo starci seduto sotto, è rimasto in silenzio per un tempo indefinito. Tra il silenzio tombale di tutti noi giornalisti attorno che aspettavamo un suo segnale per porgli le domande.

E quando, dopo un suo gesto di assenso col capo, Pinot ci aveva dato il via libera, alla prima domanda aveva iniziato a parlare. Dopo poche sillabe la sua voce è rimasta strozzata dalla commozione. Quindi si è voltato e solo dopo qualche secondo è tornato ai microfoni.

Pinot sul Rolle: nella tappa di Lana ha incassato quasi 14′ di ritardo
Pinot sul Rolle: nella tappa di Lana ha incassato quasi 14′ di ritardo

Pinot a caccia di Pinot

La delusione è stata davvero forte. Fino ai mille metri aveva la corsa in mano.

«Se fossi stato al mio vero livello – aveva detto Pinot – Lopez non mi avrebbe ripreso». Ebbene quanto gli manca per tornare al suo livello?

«Non molto – ci ha detto stamattina – però manca sempre qualcosa. Una piccola percentuale, un cinque, dieci per cento: quello che serve per vincere una corsa. La schiena però va bene».

E dire che il suo Tour of the Alps non era iniziato nel migliore dei modi. Thibaut aveva pagato in particolar modo la seconda tappa. La partenza con il Passo Rolle in avvio lo aveva messo non poco in difficoltà, facendolo tra l’altro ripiombare un po’ nel baratro. «Non ho capito cosa sia successo», aveva detto all’arrivo di Lana, dove era giunto quasi 14′ dopo Pello Bilbao. Tra l’altro ultimo di quel gruppetto, un segnale non banale per un combattente come lui.

«Sono un combattente? Beh, grazie… Io cerco di provarci. Anche oggi. Certo c’è la pioggia, non che mi dia fastidio, ma dieci giorni fa sono caduto proprio sul bagnato, quindi sarà importante non rischiare».

Pinot non sarà presente al Giro d’Italia. Il suo amato Giro. Ma il diktat del general manager Marc Madiot è stato chiaro sin dall’inizio stagione.«Quest’anno al Tour voglio sia Pinot che Gaudu». 

«Eh no – ha concluso Pinot – al Giro purtroppo quest’anno non verrò. Nessun cambio di programma. Ma spero proprio di esserci il prossimo anno».

Dicevamo del suo essere combattente. Ebbene, pochi minuti dopo aver parlato con noi, Pinot si è gettato nella fuga. Si è infilato in un gruppetto e poi grazie al suo forcing, in salita, li ha staccati. Adesso vola verso l’arrivo con De La Cruz… per provare ancora una volta a cambiare pagina.

Però Madouas…. Sfiora il Fiandre e pensa alla Liegi

06.04.2022
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Sono davvero pochi i ciclisti in grado oggi di essere davvero competitivi sia nelle Fiandre che nelle Ardenne. Okay, togliamo gli extra big come Pogacar e Alaphilippe, ma un vecchio Gilbert o un Bartoli oggi si contano sulle dita di una mano. Uno di loro è Valentin Madouas, “incredibilmente” terzo al Giro delle Fiandre domenica scorsa.

Incredibilmente, come avrete notato, tra virgolette. E sì, perché il quasi ingegnere della Groupama-Fdj in fin dei conti era reduce da un più che buono inizio di stagione. Aveva conquistato la maglia a pois nella Parigi-Nizza e sappiamo quale fosse il livello, e aveva aperto la sua campagna del nord con delle buone prestazioni proprio nelle Fiandre: 7° ad Harelbeke e 11° a Waregem.

Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)
Nel dopo gara l’abbraccio con Kung (a destra), primo leader in partenza ad Anversa (foto Twitter – Equipe Groupama-Fdj)

Alti livelli

E poi la “ciliegiona” di domenica scorsa, il podio alla Ronde.

«Avevamo lavorato molto bene sul briefing – ha detto il francese dopo la corsa – Insieme con tutta la squadra abbiamo fatto la gara di cui avevamo bisogno. Purtroppo mi sono mancate un po’ di gambe all’ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont per seguire i due davanti. Ma si tratta davvero di dettagli, di poca cosa».

Poca cosa che però ha fatto la differenza quando hanno aperto il gas. Okay, poi il buco è stato richiuso in quanto VdP e Pogacar si sono fermati. In ogni caso per il classe 1996 questo podio così prestigioso è davvero un segnale importante, per la stagione e per la carriera. Dà fiducia.

«Ho fatto un po’ troppa fatica durante la giornata, ma tornerò per cercare di fare meglio. Però ho fatto un bel passo in avanti quest’anno», come a dire che per certe corse gli serve ancora un po’, un bel po’ di esperienza. Eppure non era al debutto, era la sua terza Ronde.

Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar
Lo sprint di Oudenaarde: arrivando da dietro inizialmente Madouas (al centro) e Van Baarle erano più veloci di Vdp e Pogacar

Lo sprint

Una delle cose più belle di domenica è stato ascoltare il racconto dello sprint dal suo punto di vista.

«Ci siamo avvicinati velocemente – chissà dalla radio cosa gli dicevano – ma avevo i crampi e le gambe mi “ballavano”. Non ce la facevo a stare bene in piedi.

«Ho fatto il mio sprint (lungo, ma non poteva fare diversamente, ndr) e quando li abbiamo agganciati con la velocità che avevo ad un certo punto ci ho creduto davvero. Ma le gambe hanno parlato e mi hanno detto di sedermi. È stato magnifico salire sul podio di un Monumento».

Madouas ha fatto un’ottima corsa. Anche se dice di aver speso un po’ più del previsto a risalire, a mantenere le posizioni, tutto sommato è rimasto ben coperto fino a quando non è scoppiata la corsa. E quel piccolo anticipo sullo scatto dello sloveno è stato provvidenziale.

«Quando eravamo in quattro ero concentrato, pensavo solo a seguire le ruote, soprattutto quelle di Pogacar. Per me lui era un gradino sopra. Fisicamente è davvero molto forte. Per colmare il gap coi migliori non manca poi tanto. E’ stato uno dei miei migliori giorni in bici, anche se non ho vinto».

Valentin sapeva bene che ad attaccare sarebbe stato lo sloveno. E sapeva anche che tenerlo non sarebbe stato facile. La sua intelligenza è stata quella di non seguirlo fino allo sfinimento. E infatti, poi quando si sono staccati, sembrava averne un po’ di più di Van Baarle.

Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza
Il bretone quest’anno ha conquistato la maglia a pois di miglior scalatore alla Parigi-Nizza

Ardenne e…

Accolto dal team in maniera trionfante, Madouas è stato assalito anche dalla stampa francese, che orfana di Alaphilippe non sperava tanto. Forse si aspettavano qualcosa di più da Turgis.

E proprio perché c’erano tanti francesi, gli hanno chiesto della sua presenza alla Parigi-Roubaix, anche se in teoria Madouas sarebbe più da Ardenne, in fin dei conti è già arrivato ottavo in un’Amstel. Senza contare che risultati come il 13° posto al Giro d’Italia del 2019 e la recente maglia a pois alla Parigi-Nizza lo farebbero protendere per i percorsi valloni.

«La Parigi-Roubaix – ha risposto loro Madouas – non è nel mio programma, ma mi piacerebbe farla, anche solo per scoprire la gara. L’ho corsa sia da juniores che da under 23 e poi potrebbe essere interessante farla anche in vista della tappa sul pavè del Tour de France, dove posso aiutare la squadra. 

«Vedremo… Prima c’è l’Amstel Gold Race. Io comunque corro fino alla Liegi».

Il Giro, la maglia rosa: 10 milioni di ungheresi aspettano Valter

25.03.2022
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Cresce l’attesa per il via del Giro d’Italia. Cresce per questa insolita partenza dall’Ungheria, al netto di un guerra che è appena al di là del confine. Ma se noi aspettiamo il Giro in quanto è la “nostra” corsa, c’è un corridore che più di altri aspetta proprio la partenza da Budapest. E’ Attila Valter.

Abbiamo imparato a conoscerlo lo scorso anno proprio sulle nostre strade, quando per tre giorni indossò addirittura la maglia rosa. Fu Bernal, il vincitore finale, a sfilargliela.

“Motivazione alle stelle” aveva scritto Valter alla news della partenza da Budapest (foto Instagram)
“Motivazione alle stelle” aveva scritto Valter alla news della partenza da Budapest (foto Instagram)

Emozione e pressione

«Quando sento la musica del Giro è sempre un’emozione – racconta Valter – E quest’anno sarà davvero strano partire da Budapest (la sua città natale, ndr). Mi piace correre in Italia, le gare sono belle e la maggior parte è adatta a me, quindi sì: è strano.

«Sento molto questo appuntamento, ovviamente. L’ho aspettato a lungo, ma ho anche un po’ di paura perché ora c’è sempre più gente che mi guarda nel mio Paese. Penso che a maggio ci saranno 10 milioni di persone che si aspettano dei buoni risultati da me. Non è una cosa facile. E anche io metto pressione su me stesso».

«L’organizzazione è “affamata”. So che stanno facendo un ottimo lavoro. Hanno coinvolto parecchie persone, ci sono eventi di lancio. E poi vedo le reazioni sui miei social. Ho migliaia di commenti. Persone che mi dicono che ci saranno. Che arriveranno sulla linea di partenza. Il Giro sarà l’evento principale nel mio Paese».

Attila ci tiene, ed era auspicabile tutto ciò. La scorsa volta dal team ci avevano detto che la conquista della maglia rosa aveva apportato una svolta alla sua notorietà, ma sinceramente non immaginavamo a tal punto. Però fa piacere e ci dice, ancora una volta, di cosa sia il Giro nel mondo. Magari vendendolo diversamente si potrebbe essere un po’ meno “tour-centrici”. Ma questo è tutt’altro discorso. Usciamo dalle divagazioni.

Attila Valter contento al termine della Strade Bianche (dove è stato 4°). Una risposta positiva dalla preparazione invernale
Attila Valter contento al termine della Strade Bianche (dove è stato 4°). Una risposta positiva dalla preparazione invernale

Gambe buone 

La voglia di fare bene però non basta. E Valter lo sa bene. Bisogna allenarsi, migliorare costantemente per essere al passo e migliorare ancora di più per scalare le classifiche. E nella Groupama-FDJ è proprio quel che stanno facendo con Attila.

Una crescita graduale per lui. Il motore c’è ma va sviluppato, così come lo stare in gruppo. In tal senso il quarto posto a Siena è un ottimo indizio. Certo le tappe ungheresi non saranno facili per lui. Sia perché non sono adattassime alle sue caratteristiche, sia perché sarà marcatissimo.

«Ho avuto un inizio di stagione normale – dice Attila – Mi sentivo forte nelle prime due gare soprattutto, poi mi sono calmato un po’. Ho un buon numero di corse nella gambe, sto bene, ma andare forte in un grande Giro è davvero difficile, non è solo questione di allenamento». 

Lo scorso anno ha capito che un grande Giro è molto di più. E’ concentrazione costante, rendimento sempre alto, pressioni… è il superare le giornate no. E in quei tre giorni in rosa ha davvero imparato molto.

Valter a tutta verso Campo Felice per difendere la rosa. Il suo impegno non basterà, Bernal gliela sfilerà per 43″
Valter a tutta verso Campo Felice per difendere la rosa. Il suo impegno non basterà, Bernal gliela sfilerà per 43”

Attila e il ciclismo ungherese

Come ci accennava anche il diesse Mauduit, Valter ha impresso una bella svolta alla diffusione del ciclismo in Ungheria, se non altro per il seguito. E tutto sommato lui stesso conferma.

«Ci sono sempre più professionisti – dice il corridore della Groupama-FDJ – per questo penso sia una progresso normale. E questo aiuta molto. Due o tre anni fa mi sono reso conto che c’erano tante persone a cui piaceva andare in bici in Ungheria, ma lo facevano quasi di nascosto perché non era il nostro sport principale. Poi ho capito che molti guardavano Tour de France e tanti il Giro e dopo la mia maglia rosa ci sono più persone che guardano le gare».

“In bici quasi di nascosto”: anche il suo inizio con la bici non è stato così scontato o lineare.

«Tutti i bambini – spiega Valter – sanno andare in bicicletta e tutti la usano qui come ovunque, ma un bambino francese, tedesco o olandese vede i corridori in qualche corsa e dice: voglio essere come loro. In Ungheria non era possibile. Al liceo sono andato in una scuola di sport. Tutti giocavano a pallamano, calcio, nuoto… quindi era un po’ strano che l’unico tra 500 persone ad andare in bici fossi io».

Guarnieri ha la febbre, Demare si allena. E con Pogacar come si fa?

17.03.2022
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Demare sta bene. Il francese (foto di apertura) è arrivato secondo nella tappa di Terni della Tirreno e chi pedalava accanto a lui lo ha visto tenere anche sulle medie salite che ricordavano la Cipressa e il Poggio. Il francese la Sanremo l’ha vinta nel 2016: circondato da qualche dubbio, ma l’ha vinta. E siccome tra i velocisti è uno di quelli che meglio tiene sulle salite, sentire cosa faccia e come se la passi potrebbe tornare utile. Anche perché Demare si è fermato in Italia a casa di Guarnieri, suo ultimo uomo e guardia scelta. Anche se le cose non sono andate come entrambi si aspettavano…

«Tutta la fatica della scorsa settimana – dice Arnaud – è stata per la Sanremo e per le tappe pià adatte a me. La Sanremo è il grande obiettivo, ma lo sono anche tutte le corse per velocisti. Voglio vincerle con la stessa determinazione. La forma è buona e l’Italia risveglia bei ricordi, dalla Sanremo al Giro d’Italia».

A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001
A Terni Demare secondo dietro Ewan e prima di Kooij, olandese classe 2001

Scongiuri Guarnieri

Guarnieri invece sta male. Il piacentino non è riuscito a schivare la bronchite che ha colpito mezzo gruppo alla Tirreno e non correrà la Sanremo. Così sta vivendo la vigilia rinchiuso in casa, mentre il compagno francese, suo ospite, si allena nei dintorni.

«Ho avuto la febbre dopo la tappa di Fermo – dice – ma fortunatamente mi sono svegliato il giorno dopo e non ce l’avevo più, quindi sono partito. C’era questa bronchite che girava in gruppo e temo di essermela presa anche io, ma in forma leggera. Sono riuscito a finire la corsa e poi il corpo è crollato. Di sicuro Arnaud sta bene e questa è la cosa più importante. Per la Sanremo si può considerare tra i favoriti, perché in salita sta andando molto forte, quindi come squadra siamo abbastanza tranquilli».

Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Neanche tutta la scaramanzia del caso ha salvato Guarnieri dalla bronchite: addio Sanremo
Secondo Nizzolo, non è più una corsa per velocisti…

Bisogna sapersi difendere in salita. Quando Demare sta bene, è molto forte e noi dobbiamo essere bravi a supportarlo. Ci sono state delle corse più dure, come magari la tappa di Matera al Giro del 2020, in cui abbiamo vinto con Arnaud e ci siamo scambiati di posizione con Konovalovas. Quando la corsa è dura, ci sono meno corridori che possano fargli paura. Quindi il mio ruolo rimane quello. Essere più veloce possibile come ultimo uomo. Anche se questa volta lo guarderò in televisione…

La Tirreno al servizio della Sanremo?

Non del tutto, come ha detto Arnaud, corriamo per vincere. Gli allenamenti li facciamo a casa.

Come mai non avete fatto la Milano-Torino?

Perché nei piani iniziali non c’era. Dovevamo fare tutti l’Oman e UAE Tour, poi invece vuoi il Covid e un po’ di altri problemi, non tutti siamo andati e lo stesso siamo rimasti col programma che avevamo prima.

Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Demare al traguardo di Carpegna. L’indomani ha chiuso al 9° posto sul traguardo di San Benedetto
Come è andata questa strana settimana di vigilia?

Arnaud è a casa mia da domenica, è venuto lo stesso. Ormai lo avevo invitato, non potevo lasciarlo in strada. Si è allenato tranquillamente per tre giorni e oggi ha fatto un piccolo richiamo, come avremmo fatto insieme, visto che comunque la Tirreno è stata molto impegnativa. La cosa principale è recuperare. Non aveva senso fare più di quattro ore, anche se la Sanremo è lunga 300 chilometri e sono comunque 7 ore. Ha fatto quel che serve, non c’è bisogno di inventarsi delle cose turche.

Quali scenari ti aspetti per sabato?

Sarà interessante, perché ci sono squadre come la UAE Emirates che verranno solo con gli scalatori, quindi sicuramente cercheranno di fare del casino. Poi è chiaro che non è solo questione di forza in salita, perché su quello sono sicuramente meglio dotati dei velocisti. Bisogna anche trovarsi davanti e la corsa si fa dopo sei ore, quindi non è detto che avere una squadra di soli scalatori possa automaticamente garantire dei risultati.

Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Verso il via della tappa di Carpegna, per Guarnieri il giorno più duro della Tirreno
Anche se parliamo di Pogacar?

Pogacar sicuramente è un po’ lo spauracchio di tutti, perché visto il livello che ha rispetto agli altri, fa paura. Secondo me se parte in cima al Poggio, non riuscirà a fare questa grande differenza. Ma col motore che ha, potrebbe anche azzardarsi a partire dal basso e lì allora farebbe davvero male.

Andiamo con Valter a scoprire il suo amato Giro “ungherese”

21.02.2022
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E poi fra gli ungheresi in odore di Giro, c’è Attila Valter (in apertura foto Instagram – @equipegroupamafdj). Lo scorso anno, lo ricorderete, indossò la maglia rosa per tre giorni. Un momento che a quanto pare gli ha cambiato la vita. Adesso non è più uno dei tanti…

Valter, della Groupama-FDJ, tornerà sulle strade del Giro d’Italia. L’obiettivo è quello di migliorarsi, anche se non è ancora il momento di fare classifica, nonostante l’anno scorso abbia concluso la corsa rosa al 14° posto. 

Alla notizia che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto
Alla news che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto

Voglia di Giro

Questo ragazzo ungherese è letteralmente innamorato del Giro e la grande partenza da casa sua, da Budapest, lo mette ancora più sulle spine. Probabilmente la sua squadra lo avrebbe spedito in Italia lo stesso, ma è stato anche lui a proporsi. Csomor, il centro da dove viene, infatti si può dire sia un distretto di Budapest, un sobborgo che sorge una dozzina di chilometri a Nord-Est della capitale ungherese, dove tra l’altro risiede anche Erik Fetter, intervistato pochi giorni fa. E’ un’occasione più unica che rara per Attila.

«Sì, per lui è una grande occasione – afferma il suo diesse, Philippe Mauduit – certo, le cose sono state messe in chiaro sin da subito con lui: noi andiamo al Giro per Demare e Attila sarà un po’ isolato. Ma sappiamo che si può fare, che potrà avere i suoi spazi e fare bene lo stesso. Lui è supermotivato, specie con questa partenza dall’Ungheria».

«Lo scorso anno ha portato anche la maglia rosa e questa gli ha dato tantissimo. Ha ricevuto molto sia da un punto di vista ciclistico che extraciclistico. Adesso in Ungheria lo riconoscono».

E su questo aspetto giungono rumors davvero curiosi. Le richieste da parte dei media su di lui sono state così tante che Valter sembra sia stato costretto a cambiare numero di cellulare. Meglio così! Un buon segnale per l’atleta, ma soprattutto per il ciclismo ungherese. Avere nei prossimi anni un nuovo bacino ciclistico importante può solo che far bene al nostro sport.

L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…
L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…

Scalatore tra i velocisti

Tornando a Valter, non deve essere facile sapere di essere l’unico uomo da classifica in una squadra votata al velocista. E’ un po’ come correre da isolati, come si faceva all’inizio del ‘900! Ovviamente non è così, però…

«Sapendo che la Groupama-FDJ al Giro è costruita attorno a Demare – riprende Mauduit – non è facile per lui, ma come ho detto Valter è motivato. E’ stato lui ad aver chiesto di essere portato al Giro.

«L’unica cosa che potremmo fare è che uno degli uomini di Demare sarà un “mezzo scalatore”. Quel corridore che magari dovrà aiutare Arnaud nei finali più duri per non perdere la volata, potrebbe stare vicino ad Attila nelle fasi iniziali delle tappe in salita».

In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)
In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)

In gruppo, che fatica…

Alla luce di queste dichiarazioni, probabilmente, vedremo un Attila Valter correre sulle ruote degli altri? Il che ci starebbe. Tutto sommato non sarebbe spettato a lui, né alla sua squadra, fare la corsa.

«L’obiettivo di Valter al Giro è quello di migliorarsi: non tanto nella classifica nel testa a testa con i big, perché non è ancora pronto, ma di sfruttare le fughe».

«Attila è ancora giovane. Lo porteremo come leader in qualche corsa a tappe in futuro, ma non ancora. Perché? Perché come ho detto è giovane, ci sono cose che ancora deve imparare. Non ha molta esperienza. Anche in Algarve per esempio, dove ha corso in appoggio di Gaudu, ha avuto qualche problema per stargli vicino.

«Problemi non di ritmo, ma nello stare in gruppo. Sapete – e qui Mauduit fa un ragionamento molto interessante – i ragazzi come Attila che vengono da Peasi ciclisticamente piccoli fanno fatica in certe situazioni perché da bambini corrono in pochi, non crescono con l’abitudine di correre in 200 e quando ci si ritrovano hanno delle difficoltà. Specie se devono svolgere ruoli specifici».

Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021
Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021

Motore sì…

Ma se dal punto di vista tecnico Valter ha qualche difficoltà, da quello del motore sembra invece in netta crescita.

«Il gap con David Gaudu e Thibaut Pinot si è molto ridotto – afferma Mauduit –  lo abbiamo visto anche nei ritiri. Ed è per quello che puntiamo molto su questo ragazzo. Ha qualità fisiche e anche qualità mentali».

Mauduit parla di un ragazzo che ha voglia di imparare, di mettersi in gioco. Anche a crono, per esempio, lui e il suo team hanno lavorato.

«E tanto – conclude Mauduit – per noi è troppo importante che i ragazzi sappiano esprimersi al meglio nelle cronometro. E non solo per una questione di prestazione, ma anche di guida. Non ci devono lavorare solo gli specialisti. E quando poi c’è una cronosquadre? Si rischia che vadano tutti per terra».

Aspettiamoci quindi un Valter col coltello tra i denti. Nelle prime frazioni in Ungheria, si vorrà mettere in mostra, ma forse non avrà il terreno ideale. Invece, visto come andò l’anno scorso, saranno le prime tappe italiane, quelle sulla terra ferma che potrebbero strizzargli particolarmente l’occhio. In fin dei conti prese la maglia rosa sul duro arrivo di Ascoli, a San Giacomo…

Alé raddoppia: sono ancora italiane le maglie del UAE Tour

18.02.2022
3 min
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Per il secondo anno consecutivo saranno firmate Alé le maglie ufficiali indossate dai capi classifica in occasione dell’UAE Tour, la breve corsa a tappe in programma negli Emirati Arabi dal 20 al 26 febbraio. Come avvenuto per la passata stagione, le maglie appannaggio dei leader delle differenti classifiche saranno quattro. La maglia rossa, verde bianca ed infine c’è la bellissima maglia nera.

Un impegno a 360 gradi

Già partner di eventi e di squadre WorldTour (Bahrain Victorious, Bike Exchange Jayco e Groupama-FDJ) Alé segue anche federazioni nazionali di assoluto prestigio, tra cui quella francese due volte iridata con Julian Alaphilippe, ma anche della UEC (l’Unione Ciclistica Europea). Alé prosegue nel proprio cammino mettendo a disposizione dell’UAE Tour la più avanzata ingegneria tessile unitamente alla propria inconfondibile ricerca grafica. 

Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022
Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022

Il percorso dell’UAE Tour 2022 prevede sette tappe per un totale di 1.081 km. Due saranno gli arrivi in quota. Le maglie riservate ai leader di classifica fanno parte della collezione PR-R: una gamma completa di capi in grado di fondere qualità importanti per tutti coloro che vanno in bicicletta: leggerezza, traspirabilità ed ergonomia “fit race”. Il tutto abbinato a tecnologie estremamente innovative…

Una corsa, grandi campioni

«Siamo davvero felici, anzi onorati, di poter affiancare in qualità di partner e per il secondo anno consecutivo l’UAE Tour – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di Alé – una corsa bellissima, ottimamente organizzata e che ogni anno viene vinta da un campione vero: come avvenuto l’anno scorso con il successo di Tadej Pogacar. Vestendo i corridori che indosseranno le maglie di leader dell’UAE Tour, diamo anche ufficialmente il nostro via alla stagione ciclistica 2022, e per questo motivo auguro a tutti gli atleti ed a tutti i team partecipanti un bellissima ed entusiasmante corsa».

Alé

Nimbl e il mondo dei pro’: un asset fondamentale

15.02.2022
4 min
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Una vera e propria nazionale. Anzi, meglio: uno squadrone internazionale che raggruppa trasversalmente la cifra “monstre” di 55 corridori WorldTour ed altri 10 appartenenti a squadre professional. Corridori e campioni del calibro di Vincenzo Nibali, Jonathan Milan, Matteo Sobrero, Greg Van Avermaet, Jakob Fuglsang, Dylan Groenewegen, Alberto Rui Costa, Sebastian Molano, Victor Campenaerts, Thomas de Gendt, Pavel Sivakov, Omar Fraile, Joe Dombrowski e Pierre Rolland: tutti accomunati quest’anno da un unico brand che proprio a tutti loro fornisce le scarpe. E questo brand, che è italianissimo, si chiama Nimbl.

Per capire meglio la crescita vertiginosa di questo nuovo marchio che si propone via web a livello internazionale – ma che ha cuore e soprattutto produzione artigianale nelle Marche – abbiamo approfittato di una visita in azienda, a Porto Sant’Elpidio nel pieno distretto mondiale della calzatura di qualità, per scambiare quattro chiacchiere con uno degli artefici del progetto: Francesco Sergio, che di Nimbl è socio e operativamente il responsabile del marketing.

Ecco gli atleti che correranno nel 2022 con le scarpe Nimbl
Ecco gli atleti che correranno nel 2022 con le scarpe Nimbl
Allora Francesco, l’impatto di Nimbl nel mondo dei professionisti è stato davvero dirompente…

Sì, è così. E siamo davvero entusiasti di quanto raccolto in queste prime settimane di corse. Vittorie importanti e riscontri molto positivi da parte dei corridori non sono mancati. Ed entrambe le cose ci danno estrema fiducia per il futuro. Un futuro, quello dei prossimi mesi, che abbiamo già disegnato e che sarà caratterizzato da lanci di prodotto estremamente interessanti e qualitativamente molto importanti. Così come nello spirito di Nimbl.

Raccontaci come è nato il progetto Nimbl

Nimbl nasce appena nel 2018. Ad una cena con il mio attuale socio olandese Robert. Entrambi eravamo alla ricerca di uno stimolo imprenditoriale nuovo, di un progetto dal respiro internazionale che si potesse fondare su un’estrema qualità del prodotto e su dinamiche di marketing che potessero farlo letteralmente decollare. Da quella idea siamo arrivati ad esplorare il settore delle calzature tecniche per il ciclismo e successivamente abbiamo individuato una piccola eccellenza produttiva italiana – quella rappresentata da Luigino Verducci – che abbiamo acquisito.

Punto imprescindibile l’artigianalità del prodotto

Questo è esattamente un punto cruciale dell’attività di Nimbl. Tutto parte dalla assoluta artigianalità nel processo produttivo delle nostre scarpe per il ciclismo. I migliori materiali oggi in circolazione sul mercato sono assemblati a mano presso i nostri due stabilimenti di Porto Sant’Elpidio: nel fermano e nel cuore del distretto mondiale della calzatura di qualità. Da poche settimane abbiamo attivato anche una nostra linea interna per la realizzazione delle suole in fibra di carbonio, così da essere indipendenti ed al tempo stesso poter sviluppare sempre più i nostri progetti. Siamo partner BOA, e moltissimi corridori professionisti con i quali collaboriamo sono già venuti a trovarci in sede… Così è stato per Vincenzo Nibali, ad esempio, oppure per Greg Van Avermaet o Jonathan Milan. Ad attenderli hanno trovato Luigino Verducci che ha realizzato per loro il calco in gesso per loro scarpe personalizzate. Uno spettacolo.

A sinistra Francesco Sergio e a destra Luigino Verducci: motori potenti della realtà Nimbl
A sinistra Sergio e a destra Verducci: motori della realtà Nimbl
E per il futuro, cosa “bolle in pentola”?

Presto arriveremo a presentare (a proposito, le nostre calzature Nimbl le potete acquistare anche online…) alcuni modelli di calzature che per rapporto peso/rigidità saranno davvero uniche sul mercato. Le abbiamo già pronte, le stiamo testando a fondo. Anche sotto questo aspetto, il rapporto privilegiato che abbiamo in essere con questo nutrito e qualificato gruppo di professionisti ci gioca estremamente a favore.

Nimbl

Guarnieri, Demare e quei 30 secondi a tutta per il Giro

30.01.2022
7 min
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Jacopo Guarnieri e Arnaud Demare: tutti abbiamo ancora negli occhi le volate del Giro 2020. Con loro anche le tappe di pianura erano diventate uno show. Non vedevi una maglia Groupama-FDJ fino a cinque chilometri dall’arrivo.

Poi “Jacopone da Castell’Arquato“ richiamava tutti all’appello ed ecco che si formava il treno che lanciava il francese. Lui scaricava la sua enorme potenza a terra e alzava le braccia. Poi, venti posizioni dietro, mentre sfilava il resto del gruppo, Guarnieri faceva la stessa cosa.

Adesso ci risiamo. Li vedremo di nuovo al Giro d’Italia.

Jacopo, come vi state preparando?

In effetti è stata una preparazione bella lunga, che poi è quello che più ci è mancato l’anno scorso. La passata stagione è finita davvero tardi e il 3 febbraio avevamo già ripreso a gareggiare. Quest’anno invece abbiamo chiuso a fine settembre e di fatto abbiamo avuto un mese in più, senza contare che anche il meteo è stato più clemente.

Qualcosa si è inceppato per voi del treno. Demare è entrato in condizione a fine stagione vincendo la Parigi-Tour (in fuga)

Abbiamo iniziato bene, siamo andati presto in condizione, poi sono iniziati dei lunghi alti e bassi. E credo che se abbiamo perso questa regolarità e perché ci è una mancata la base fatta l’inverno. Insomma, se l’anno scorso all’inizio dell’anno avevamo qualche dubbio sulla preparazione, quest’anno ne abbiamo molti meno.

Abbiamo visto che ci state dando sotto. Qualche giorno fa avete fatto un allenamento molto impegnativo, con delle volate fino ad uno scollinamento…

Sì, si trattava di 30” a tutta. Un lavoro molto intenso, che “fa male”: puro acido lattico ma che dà grandi risultati. Questa è la base del velocità e con Arnaud è un lavoro che facciamo spesso. Come ho detto, è uno specifico terribile perché stai molto più tempo in acido rispetto ad una volata in corsa. Dopo 15” sei in acido totale e fare altri 15” è lunga!

Come funziona questo allenamento? Abbiamo visto che c’era un cono giallo in cima: fate avanti e indietro per caso?

Solitamente cerchiamo un circuito con uno strappo e sullo strappo facciamo questi 30”. In base alla lunghezza del circuito il recupero è più o meno lungo. Può essere un anello di 5′ o di 15′, come in questo caso. Se si recupera più a lungo, si fa un maggior numero di ripetizioni.

Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Per ora il treno della Groupama-FDJ non sarà toccato. Oltre a Guarnieri (in foto) di solito ne fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Jacopo Guarnieri, Giro d'Italia 2020
Oltre a Guarnieri (in foto) del treno Groupama-FDJ fanno parte anche Scotson e Sinkeldam
Nel 2020 ci siamo lasciati con Demare dominatore: cosa dobbiamo aspettarci quest’anno?

Più che cosa aspettarci, io direi cosa vogliamo fare. L’ambizione è quella di ripetere il 2020. Anche se non è ufficiale io seguirò il programma di Arnaud ed è un programma che prevede molta Italia. Abbiamo lavorato bene e quando lavori bene ti metti in condizione di cogliere i risultati. Poi vediamo anche dove sono gli altri. Intanto partiamo con la coscienza pulita!

Avete dato un’occhiata al percorso?

Io sì. Se non altro perché da italiano voglio vedere dove passa il Giro. Ho visto che c’è qualche richiamo al 2020, come la tappa di Catania, c’è una tappa verso Reggio Emilia ed una che parte non lontano da casa mia. Di questa ho fatto praticamente la ricognizione, il passo del Bocco e le altre salite. Poi non ho visto il finale perché con il traffico aperto sarebbe stato inutile. Ho notato che nel resto del Giro ci sono salite dure, come il Fedaia. Infatti ho detto ragazzi: preparatevi che lì c’è da stringere il di dietro!

Però se parli di Fedaia che è alla penultima tappa e il giorno dopo c’è la crono, significa che questo Giro lo volete finire? Che l’eventuale maglia ciclamino volete portarla a casa?

In questa squadra non c’è mai stata l’idea di tornare prima a casa, neanche per il velocista, sia che si lotti per la maglia che non ci si lotti. Poi però vi dico anche che mi piacerebbe molto che il Giro tornasse a proporre una tappa piatta, una passerella per i velocisti nel finale. Di certo è un modo per invogliare gli sprinter a restare in corsa fino alla fine. E credo anche che ne guadagnerebbe lo spettacolo. Anche perché, 2020 a parte, raramente la crono finale è stata decisiva.

Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Tra Denia e Calpe duri allenamenti per tutto il team (foto Instagram Groupama-FDJ)
Prima, Jacopo, hai accennato al calendario, ci sono novità per voi?

Qualche novità c’è ed è un bel calendario. In pratica faremo quasi tutte gare RCS, già dal UAE Tour, ma inizieremo prima in Oman. Tornerò alla Tirreno-Adriatico, corsa dalla quale manco da un bel po’. Ho sempre fatto la Parigi-Nizza e questo approccio diverso mi fa e ci fa bene. Cambiare dopo tanti anni è un bello stimolo.

Riguardo al treno avete delle new entry?

C’è un nuovo acquisto, Bram Welten dall’Arkea-Samsic, però al momento non farà parte del treno. In qualche occasione sarà al mio fianco, ma più nella seconda parte di stagione. Nella prima non ci saranno cambiamenti.

Squadra che vince non si cambia, insomma! Sul fronte tecnico invece ci sono novità?

Grosse news non ci sono. Abbiamo cambiato bici lo scorso anno, abbiamo il nuovo Shimano Dura Ace a 12 velocità. Noi lavoriamo da anni con Shimano e abbiamo già i gruppi. Una delle novità riguarda le ruote, sempre Shimano, anche se esteticamente sembrano identiche.

Dicono abbiano mozzi scorrevolissimi…

Per il momento le ho usate davvero poco, ci ho fatto giusto un paio di uscite nei giorni di scarico, ma la sensazione è che siano abbastanza rigide. Arnaud invece è molto contento. Anche se poi i veri test si fanno in corsa dove le velocità sono decisamente più alte. È lì che vedi le vere differenze. Per esempio proprio il nuovo acquisto, Welten, mi ha detto che non sentiva grosse differenze fra le due bici, ma io gli ho detto di aspettare le gare perché le differenze ci sono eccome.

Jacopo, ma invece pensi mai ad una tua vittoria personale?

Sinceramente no, sono ampiamente contento di quello che sto facendo. E poi una volata per me ormai sarebbe davvero improbabile. Servirebbe un arrivo con molte curve e qualcuno che mi facesse il buco perché su una volata pura, lineare ormai è difficile che possa vincere. Potrei ottenere un piazzamento. Ma a cosa servirebbe?

Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Guarnieri, classe 1987, è alla sesta stagione consecutiva con la squadra francese (foto Instragram Groupama-FDJ)
Noi pensavamo magari ad una fuga, ad un arrivo su un piccolo strappo. In fin dei conti i “cavalli” a te proprio non mancano…

Sì, però io ormai ho l’approccio da velocista e sinceramente se c’è una fuga perché dovrei buttare via energie, quando magari il giorno dopo c’è una volata? Alla fine, anche noi sprinter corriamo come gli uomini di classifica, ma al contrario! Cerchiamo di finalizzare le energie per gli obiettivi alla nostra portata. Ohi, poi vediamo: magari ci sarà una possibilità per me. Ma comunque non è un pensiero che mi fascia la testa.

Tu sei contento di venire al Giro, ma Demare come l’ha presa?

Chiaramente da italiano io sceglierei il Giro e lui da francese il Tour. Dopo una situazione iniziale in cui l’ha presa con pizzico di “delusione”, adesso Arnaud è contento. Infatti nel secondo ritiro l’ho trovato super carico. Alla fine per lui meglio avere tutta la squadra per sé al Giro, piuttosto che averne mezza al Tour. E conoscendolo sceglierebbe sicuramente la soluzione del Giro.

Che poi Demare è amato in Italia, probabilmente anche per merito tuo che sei italiano e di fatto orchestri le sue vittorie…

E vi posso dire che lui si rende conto di questa cosa. Essere apprezzato da francese in Italia non capita sempre! E poi diciamolo, il Giro è bello! Adesso vado che devo raggiungere i compagni. Siamo separati. Loro dormono nell’hotel con la camera iperbarica (che simula l’alta quota, ndr), io da italiano non posso usarla e sono da un’altra parte.

Madiot, il Tour de France e lo Sbarco in Normandia

29.01.2022
4 min
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I discorsi motivazionali di Madiot. Quando Lorenzo Germani nei giorni scorsi ce ne ha parlato, sapevamo esattamente di cosa stesse parlando. E da uno di questi interventi è iniziato il 2022 della Groupama-Fdj (in apertura gli uomini del Tour de France, come nella locandina di un grande film).

«Durante il briefing generale nel ritiro di Calpe – ha raccontato Marc a L’Equipe – ho fatto un confronto che potrà sembrarvi sconcertante, ma stavamo per iniziare la nuova stagione e avevamo le nostre domande. Ho pensato al 5 giugno 1944, a tarda sera, quando dei ragazzi salirono sulle loro barche. Non parlavano una parola di francese, non avevano mai messo piede in Francia, non era la loro guerra. Gli era stato detto: “Sbarcate! Molti di voi moriranno lì e gli altri, gli altri dovranno provare a conquistare Pointe du Hoc (il promontorio in cui si svolse la battaglia più dura, ndr)”. Così ho detto alla squadra: “Amici miei, salite sulla vostra barca. Non vi spareranno, ma ci sarà qualcosa davanti. Frontiere. Pavé. L’Alpe d’Huez. Volate. Quindi poche storie, andate!”».

Pinot è guarito? Eccolo con Madiot in una foto del Tour 2019, chiuso col ritiro dopo la vittoria del Tourmalet
Pinot è guarito? Eccolo con Madiot in una foto del Tour 2019, chiuso col ritiro dopo la vittoria del Tourmalet

Il terzo gradino

Ci sono stati finora molti segnali che la squadra francese di Pinot, Gaudu e Demare voglia partire con il piede giusto e punti decisamente in alto. Il fatto che il leader più solido abbia in apparenza superato i suoi problemi fisici ha portato nuova fiducia. E con la necessaria dose di cinismo di quando si punta così in alto, l’incidente di Egan Bernal ha riaperto una porta sul podio del Tour che altrimenti sarebbe stato probabilmente già assegnato.

«Se guardo i ragazzi che lo hanno conquistato negli ultimi anni – ha spiegato Madiot – perché non noi? E poi se non ci fissiamo questi obiettivi, tanto vale mettersi da una parte a vedere correre gli altri. Hanno due braccia, due gambe, quindi ci siamo anche noi. Pogacar e Roglic potrebbero essere un po’ sopra, ma c’è da occupare un altro gradino. E poi, guardate cosa è successo l’anno scorso a Roglic… Il nostro obiettivo sarà salire sul podio, dobbiamo sentire che è possibile. Pinot l’ha già fatto (3° nel 2014), Gaudu (11° nel 2021), se cresce un po’ non sarà lontano».

Nel ritiro di dicembre il team si è riunito. E dal 2022 sono arrivate le nuove Lapierre (foto Groupama-FDJ)
Nel ritiro di dicembre il team si è riunito. E dal 2022 sono arrivate le nuove Lapierre (foto Groupama-FDJ)

La rifondazione 

A Madiot, che ha 63 anni e da corridore vinse due Roubaix, non è sfuggito che il 2021 sia stato al di sotto delle aspettative. La squadra ha investito parecchio, ma per vari motivi i risultati non lo hanno soddisfatto.

«Credo che abbiamo gestito bene il 2020 – ha detto – che tranne per l’incidente di Pinot, aveva dato dei bei responsi. Nell’inverno successivo invece siamo stati traballanti, non abbiamo fatto i soliti ritiri, non siamo mai riusciti a riunire tutto il team e così l’anno scorso siamo stati sempre fuori passo, mancava qualcosa. L’unico che ha fatto bene nel complesso è stato Gaudu, ma è passato in secondo piano per le difficoltà di Thibaut e di Demare. Perciò finito il Tour, ho pensato che fosse ora di fare un check-up generale. Abbiamo dedicato molto tempo ad analizzare il funzionamento della squadra. Ci sono stati tagli, persone che non ci sono più, sono state fatte delle scelte e siamo tornati in una dinamica diversa. E finalmente nel ritiro di Calpe a dicembre ci siamo ripresi tutti insieme».

La mezza ruota in allenamento li farà crescere: Madiot ne è certo (foto Groupama-FDJ)
La mezza ruota in allenamento li farà crescere: Madiot ne è certo (foto Groupama-FDJ)

L’unione sacra

Il paragone con lo Sbarco in Normandia. La necessità di avere una squadra e non un insieme di persone vestite allo stesso modo. Il richiamo a uno spirito più elevato. Il Covid ha fatto perdere il senso dell’unità. Allenarsi insieme ha rimesso in moto la sana concorrenza interna di cui ha parlato anche Pinot.

«Lo scopo di quel discorso – ha sorriso – era di far capire loro che dipende soprattutto da loro, da noi. Non voglio più sentire che domani andrà meglio. No, dobbiamo far andare bene l’oggi. Voglio che fra tutti quelli che vestono questa maglia ci sia una forma di unione sacra. Devono credere in quello che sono. A Pinot è stato detto che deve credere in se stesso e che si riprenderà. Ma ha anche bisogno di essere convinto. Perché il dolore tornerà e lui deve sapere di poterlo superare. E’ presto per parlare di gerarchie al Tour, ma credo che fra questi ragazzi coraggiosi ci sarà competizione. La mezza ruota in allenamento che fa male agli amici si fa ancora. C’è sempre un momento in cui c’è un confronto tra le forze. Anche in ritiro, delimiti il tuo territorio. Ho parlato con Thibaut, mi ha detto: “Dannazione, a Calpe non sono stato il migliore”. Beh, questo mi rassicura».