PREDAZZO – Questa mattina Giulio Pellizzari faceva girare velocemente le gambe sui rulli, al riparo dalle poche gocce che bagnavano Rovereto, alla partenza della quarta tappa del Tour of the Alps. Roberto Reverberi, team manager della Green Project Bardiani CSF Faizanè, rimproverava bonariamente il giovane marchigiano che scherzava con gli altri membri dello staff. «Scaldati seriamente – diceva – che oggi devi provare ad andare in fuga».
Occhi al cielo dopo il traguardo, Pellizzari per un momento ha creduto davvero di poter vincereOcchi al cielo dopo il traguardo, Pellizzari per un momento ha creduto davvero di poter vincere
Davanti a tutti, tra i grandi
Pronti via inizia il collegamento, e tra i numeri che si sentono snocciolare da Radio Corsa c’è il 94, quello del classe 2003. Si muove nel folto gruppetto e rimane guardingo, una volta calati gli occhiali sul viso la concentrazione sale. La corsa procede ed i minuti di vantaggio rimangono sempre tra i tre ed i quattro, si capisce che oggi il gruppo lascerà fare.
All’inizio della salita finale, quella di Passo Pramadiccio, Pellizzari si muove ed esce allo scoperto insieme a Muhlberger e Traaen. Il giovane della Green Project poi si toglie di ruota i due compagni di fuga e pedala forte. Le mani si fanno rosse ed il respiro pesante, scollina in solitaria ma nella discesa viene ripreso dai due inseguitori. In volata viene poi battuto da Muhlberger e Traaen, ed un pugno sbatte sul manubrio della sua De Rosa, la delusione c’è.
Una volta tornato al pullman la tristezza è andata via insieme alla fatica, rimane l’emozione di questa grande giornataUna volta tornato al pullman la tristezza è andata via, rimane l’emozione di questa grande giornata
Giulio, ci hai creduto?
Sì, ci ho creduto davvero, voi c’eravate al Recioto, quando ho perso la volata a due con Graat. Quella sera non ho chiuso occhio perché avevo buttato via una grande occasione, ed oggi non dormirò ugualmente.
Hai provato ad allungare fin dall’inizio del Passo Pramadiccio.
Avevo visto, anche nella salita precedente (Passo Sommo, ndr) che i miei compagni di fuga erano più forti di me in discesa. Mi ero ripromesso di guadagnare più tempo possibile, ma non è bastato, peccato davvero.
Quella salita da solo com’è stata?
Bella, uno spettacolo incredibile. Avere la gente che mi incitava ed urlava il mio nome mi faceva venire la pelle d’oca.
Pellizzari ha dimostrato grande carattere con quest’azione da lontanoQualità riconosciuta anche da Gregor Muhlberger, vincitore di tappa, che ha elogiato il giovane marchigiano in sala stampaPellizzari ha dimostrato grande carattere con quest’azione da lontanoQualità riconosciuta anche da Gregor Muhlberger, vincitore di tappa, che ha elogiato il giovane marchigiano
Avere alle spalle tutti quei grandi nomi che cosa ti ha fatto provare?
Emozioni bellissime, davvero. E’ tutta la settimana che mi sento così e questa sensazione, per fortuna, me la godrò anche domani.
La salita poi dopo il cartello del GPM non finiva più…
Quando ho guardato verso destra ed ho visto che la strada continuava ad andare su ho detto «cavolo! Non è mica finita». Però ero lì, pensavo solo a spingere forte e mettere secondi tra me e quelli dietro.
Ora hai altri obiettivi?
Posso dirlo con certezza, vista la mia condizione, soprattutto dopo la giornata di oggi: al Giro d’Italia under 23 punterò alla maglia rosa. Anche perché lì in discesa non si va così forte. Quella di oggi era la quarta tappa e stavo meglio della prima.
In partenza quando ti abbiamo chiesto come stessi hai detto che eri affaticato, hai bluffato?
No no – dice con una risata – diciamo che la stanchezza oggi c’era davvero. Ne parlavo stamattina con Henok (Mulubhran, ndr) il mio compagno di fuga, mi ha risposto che tutti hanno male alle gambe, si gioca su chi ne ha di meno. Ho dimostrato di stare bene e sono contento, ed avrò modo di riprovarci, proprio dal Giro U23.
Sala stampa presso il Centro del salto di Predazzo, teatro delle prossime olimpiadi invernaliIn piazza spazio a street food targato DolomitiAccanto all’arrivo si trovava il Museo Geologico delle DolomitiTante famiglie all’arrivo di Predazzo, una giornata di festa per il paese, nonostante il freddoSala stampa presso il Centro del salto di Predazzo, teatro delle prossime olimpiadi invernaliIn piazza spazio a street food targato DolomitiAccanto all’arrivo si trovava il Museo Geologico delle DolomitiTante famiglie all’arrivo di Predazzo, una giornata di festa per il paese, nonostante il freddo
La discesa
Sulle prime curve si era subito visto che Pellizzari fosse in difficoltà, i due inseguitori ci hanno messo poco a tornare sulle ruote del marchigiano. Una volta raggiunto Muhlberger gli ha fatto un cenno della mano come per dire a Pellizzari: «vieni con noi». L’austriaco poi ha vinto la tappa.
«Ero molto sorpreso di vederlo lì – racconta in sala stampa – ha un grande futuro davanti, ha solo 19 anni. Ha corso con grande forza in una salita difficile come l’ultima che abbiamo affrontato, dove ad un certo punto c’è stato anche vento in faccia. Il mio gesto è stato per dargli credito, per ciò che ha fatto vedere in salita, non è facile essere così giovani, essere qui e correre nel modo in cui ha fatto lui oggi».
Continua anche per la corrente stagione 2023 la partnership e la collaborazione tra EEVYE ed il team Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè. A disposizione di corridori e staff, cover smartphone personalizzate e EevyeBAG. Quest’ultima – solo per gli atleti – è l’esclusiva custodia “waterproof” personalizzata per custodire smartphone, documenti e contanti durante gli allenamenti.
Il brand EEVYE nasce da una consolidata esperienza, oramai ventennale, unita dal desiderio di creatività del designer fondatore Ivano Pezzotta. EEVYE è da sempre sinonimo di una collezione di cover per smartphone realizzate con inserti in pelle lavorate al laser ed assemblate artigianalmente su basi “soft touch”.
EEVYE e il team Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè collaboreranno anche per la stagione 2023EEVYE e il team Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè collaboreranno anche per la stagione 2023
Ciascun articolo è davvero unico in quanto è realizzato attraverso un’attenta lavorazione artigianale e perfezionato con la massima cura per ottenere un prodotto al tempo stesso piacevole e resistente. Un’attenta selezione delle migliori pelli toscane, accoppiate ad un progetto tecnologicamente molto avanzato, rende EEVYE un accessorio alla moda, di altissima qualità e soprattutto 100% Made in Italy: un modo unico per distinguersi e per prendersi cura del proprio smartphone!
Qualità 100% Made in Italy
Come anticipato, EevyeBAG è una custodia funzionale ed elegante. Nel pannello centrale sono ricavate due tasche per carte di credito e documenti, oltre ad una più piccola per contenere agevolmente le monete. La struttura interna della EevyeBAG è in Nylon 210 WR, mentre esternamente il rivestimento è in pelle con stampa digitale UV. L’interno è anche foderato con un tessuto effetto alcantara, molto morbido al tatto. La cerniera, spalmata e con dentatura in nylon, è anch’essa “water resistant”.
I corridori di Reverberi potranno contare sui prodotti 100% Made in ItalyIvano Pezzotta, fondatore EEYVE, con Sonny ColbrelliI corridori di Reverberi potranno contare sui prodotti 100% Made in ItalyIvano Pezzotta, fondatore EEYVE, con Sonny Colbrelli
Una cover… unica!
Eevye cover è oramai diventata un vero e proprio classico. Questa cover si caratterizza per essere un’eccellenza artigianale Made in Italy. Essa è composta da una base rigida o semirigida in policarbonato rifinita con effetto “soft touch” per migliorarne la presa. L’inserto personalizzato è in vera pelle, tagliato al laser ed assemblato rigorosamente a mano… come nella piena tradizione EEVYE!
I due giorni tra Giro del Belvedere e Palio del Recioto sono colorati di giallo e nero. Il Team Development della Jumbo-Visma porta a casa il bottino pieno, ieri con Johannes Staune-Mittet ed oggi con Tijmen Graat. Il Palio del Recioto, giunto alla sessantesima edizione si conferma una gara altimetricamente impegnativa, i corridori si presentano sotto la linea dell’arrivo alla spicciolata.
L’olandese della Jumbo-Visma batte in volata Pellizzari (photors.it)L’olandese della Jumbo-Visma batte in volata Pellizzari (photors.it)
Doppietta giallo-nera
Poco fuori Verona, nei territori della Valpolicella, va in scena uno spettacolo continuo, una gara sempre tesa. Dal comune di Negrar l’occhio si perde velocemente verso i più alti pendii, che la primavera ha prontamente colorato di verde. Tijmen Graat vince in volata su Giulio Pellizzari, un successo abbondante, con più di una bici di vantaggio.
«Ero molto fiducioso nella forza della squadra – ammette Graat in sala stampa – mi hanno aiutato in maniera perfetta. Peccato per Johannes (Staune-Mittet, ndr) che nel finale è caduto, altrimenti ci saremmo potuti trovare ancora una volta in superiorità numerica. L’attacco era programmato, sia noi che la Green Project eravamo in superiorità numerica e ci siamo confrontati per gestire la corsa. Devo ammettere che quando ci siamo trovati Pellizzari ed io, abbiamo parlato e collaborato. Il mio sprint è davvero pessimo e lui mi ha detto che aveva lo stesso problema – dice tra le risate – dovevamo lavorare più forte possibile in salita».
Grazie al dislivello di 2.900 metri in 142 chilometri la corsa è stata davvero esplosiva (photors.it)Grazie al dislivello di 2.900 metri in 142 chilometri la corsa è stata davvero esplosiva (photors.it)
Un caloroso saluto
Dopo la linea del traguardo Giulio Pellizzari non è deluso, anzi, l’amarezza del secondo posto è stata prontamente scacciata via dai tanti baci e abbracci ricevuti. I capelli mossi gli si schiacciano sulla fronte e subito dopo l’arrivo ammette di non aver avuto le gambe per sprintare con Graat.
«La settimana scorsa al Piva – racconta Pellizzari – eravamo nella stessa situazione di superiorità numerica e ci siamo fatti cogliere di sorpresa. Abbiamo imparato la lezione e oggi ci siamo messi ad attaccare per mettere in difficoltà gli altri. Sulla salita finale mi sono reso conto di stare bene, soprattutto nella parte conclusiva, così ho provato ad attaccare, non volevo rimpianti. Anche perché – conferma guardando ironicamente Graat – il mio sprint è peggio del suo».
Sul volto di Pellizzari non c’è delusione, ha giocato tutte le carte a sua disposizioneSul volto di Pellizzari non c’è delusione, ha giocato tutte le carte a sua disposizione
Pinarello in appoggio
Alle spalle della coppia che si è giocata in volata questo Palio del Recioto, arriva in solitaria Alessandro Pinarello. Il corridore di Conegliano mette in fila un altro bel risultato. Dopo il sesto posto del Trofeo Piva di domenica scorsa è arrivato il dodicesimo posto di ieri al Belvedere ed il terzo di oggi.
«Quando abbiamo fatto lo strappo vicino all’arrivo – spiega – abbiamo visto che eravamo davanti noi tre della nostra squadra ed il gruppo era diviso. Sulle rampe successive c’è stata ancora un po’ di selezione, abbiamo deciso di muoverci attaccando frontalmente».
«Quando ti ho visto davanti ho pensato davvero che potessi vincere»: così Pinarello al suo compagno dopo l’arrivo«Quando ti ho visto davanti ho pensato davvero che potessi vincere»: così Pinarello al suo compagno dopo l’arrivo
I giovani di Reverberi
I due ragazzini, che stanno crescendo alla corte di Reverberi, iniziano a farsi vedere. La Green Project CSF Faizanè li ha presi l’anno scorso sotto la propria ala, appena usciti dalla categoria juniores. Ora, con una stagione alle spalle, l’obiettivo non è solo fare esperienza, quella deve essere una costante, ma provare a conquistare qualcosa.
«L’anno scorso abbiamo principalmente corso con gli under 23 – dice Pinarello – quest’anno abbiamo fatto già qualche corsa con i professionisti. Mettere qualche chilometro in più nelle gambe ha fatto bene».
«L’obiettivo è migliorare sempre di più – gli fa eco Pellizzari – corriamo tante gare importanti, quando siamo con gli under 23 sono tutte internazionali, come quella di oggi. Tutte le gare sono un mettersi in gioco per noi. Correre con i professionisti, come fatto a Taiwan, è stimolante per due corridori giovani come noi».
Punto di fine stagione con Proietti Gagliardoni. Stagione finita per problemi fisici, ora la prossima con la Movistar. La scuola di Gentili dà ottimi frutti
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Sul podio del 72° GP Fiera della Possenta c’era un Lucca, ma questa volta non si trattava di Riccardo, bensì del fratello Simone. Classe 2000, corre per la Solme Olmo. Anche lui è entrato in quella categoria che tanto fa paura, gli elite, dalla quale si pensa di uscire difficilmente. La storia di suo fratello Riccardo però è a lieto fine, ed ha insegnato tanto ad entrambi.
«Da quest’anno sono elite – racconta Simone Lucca – e devo ammettere che pensavo non cambiasse nulla rispetto agli anni precedenti. Invece, mi sento più esperto e anche con i miei compagni ho un rapporto diverso, riesco ad insegnare loro qualcosa, a dare una mano».
Simone Lucca conduce il terzetto che ha guidato per larga parte il GP Fiera della Possenta (photors.it)Simone Lucca davanti a Matteo Zurlo i due si sono giocati il GP Fiera della Possenta fino all’ultimo (photors.it)
Quanta motivazione ti ha dato la storia di tuo fratello?
Tanta, davvero. Uno dei motivi che mi hanno spinto a provarci è stato quello che ha vissuto lui, vedere che alla fine si riesce a passare anche da elite.
Avete tre anni di differenza, che rapporto avete?
Quando ero junior era più difficile a causa della differenza di età, parlavamo meno. Dal mio primo anno under 23, complice il fatto di aver corso insieme in Work Service, è migliorato tanto. Abbiamo condiviso molti più momenti insieme e il legame si è rafforzato davvero tanto.
I fratelli Lucca vanno spesso a camminare in montagna durante la pausa invernaleI fratelli Lucca vanno spesso a camminare in montagna durante la pausa invernale
Com’è avere il fratello maggiore in squadra?
Mi ha aiutato tanto, in corsa mi dava sempre dei consigli sul come e quando muovermi. Al primo anno sei un po’ spaesato, direi che mi ha aiutato a ritrovarmi (dice con una risata, ndr). Mi diceva quando si sarebbe formata la fuga oppure se insistere o aspettare una situazione migliore.
Dopo aver corso insieme com’è cambiato il vostro rapporto?
Ci siamo legati molto, abbiamo iniziato ad allenarci insieme e quando siamo in bici parliamo tanto, ci confidiamo. A casa parliamo di altro, non possiamo parlare di bici tutto il giorno (dice ancora ridendo, ndr).
Dopo lui è passato in General Store.
Sì, nel 2020, l’anno del Covid. Non è stato semplice, ma allo stesso tempo, aveva molta voglia di ripartire, perché voleva dimostrare il proprio valore. L’anno più difficile è stato sicuramente il 2021, ripartire ancora da una continental lo ha buttato giù. Alla fine quell’anno ha vinto sette corse tra cui il San Daniele.
Il primo anno da under 23 Simone Lucca lo ha corso in Work Service, insieme a Riccardo (photors.it)Il primo anno da under 23 Simone Lucca lo ha corso in Work Service, insieme a Riccardo (photors.it)
Che cosa vi dicevate?
Durante le nostre pedalate mi chiedeva se avesse davvero senso continuare. Io gli rispondevo che se fosse riuscito a trovare una continental di buon livello sarebbe passato. “Tutto torna” è il nostro motto, ce lo diciamo spesso.
La squadra giusta, con Ilario (Contessa, ndr) ci aveva già lavorato la prima volta che era stato in Work. E’ stata una figura importante per lui, per dargli la giusta sicurezza.
Il momento più emozionante è stata la vittoria all’Adriatica Ionica Race?
Assolutamente! Io ero fuori in allenamento ed appena sono tornato a casa mi sono messo sul telefono per seguire la diretta. Mancavano tre chilometri, quando ha superato la linea del traguardo è stata una botta incredibile, da pelle d’oca. Quel giorno hanno pianto tutti, Contessa, Riccardo e ci è mancato poco che lo facessi anche io.
La vittoria a Sirolo di Riccardo ha commosso tutti, anche il fratello piccolo SimoneLa vittoria a Sirolo di Riccardo ha commosso tutti, anche il fratello piccolo Simone
Quando ha firmato con la Green Project che hai pensato?
Quando è uscita la notizia io correvo e lui era lì a vedermi. E’ cambiato tutto nella sua testa, io per primo l’ho visto, era sereno. Tutti i risultati che sono arrivati poi sono figli di una leggerezza che non aveva da tempo. Prima, molte volte, capitava di vederlo teso, ma è normale quando devi dimostrare tanto e le occasioni sono poche. E’ una cosa che capisco, io stesso ora vivo molte gare come se fosse l’ultima volta che le corro, per gli elite è così.
Cosa ti ha insegnato la carriera di tuo fratello?
Tanto, per prima cosa che passare elite non è una condanna, le squadre se sei forte ti osservano. Un’altra cosa è il lavoro, non bisogna mai arrendersi e stare concentrati. E l’ultima, forse la più importante: il nostro motto “tutto torna” è vero.
La prima pedalata con accanto Riccardo in maglia Green Project com’è stata?
Bella – esclama – ce la siamo goduta poco però, il primo pensiero di Riccardo è stato: «Bene, ce l’ho fatta, ma ora inizia una nuova sfida». Devi sempre porti nuovi obiettivi, lui ora ha cambiato corse e il livello si è alzato, si trova in gare WorldTour.
Quest’inverno per loro una pausa di fine stagione diversa, qualche lavoro di edilizia a casaQuest’inverno per loro una pausa di fine stagione diversa, qualche lavoro di edilizia a casa
Siete così simili tu e lui?
A livello di determinazione sì. Per il carattere meno, lui è metodico, sistematico. Io, invece, sono più alla mano ed estroverso, anche se Riccardo lo diventa, deve prima conoscerti, poi si apre.
Non è stato un esempio solo per te però.
No, direi per tutti. Quest’anno vedo molti ragazzi della mia età che hanno continuato nonostante passassero elite. E’ una bella storia la sua, che insegna tanto, soprattutto ad essere determinati e crederci sempre.
Dov’è finito Matteo Scalco? Miglior azzurro ai mondiali juniores 2022, protagonista assoluto della stagione italiana con le perle delle vittorie al GP Sportivi Loria, alla Corrubio-Montecchio e al Trofeo Buffoni, il corridore di Thiene è scomparso un po’ dai radar. Niente di preoccupante, è un prezzo che si paga al cambio di categoria. Il veneto infatti è approdato nelle file della Green Project-Bardiani-Csf-Faizané per affrontare la sua prima stagione U23 e chiaramente paga l’apprendistato.
Sondando il suo umore, ci si accorge di come il non comparire in alto negli ordini di arrivo non lo preoccupi, anzi. Sa bene che queste gare gli sono servite molto più di qualsiasi vittoria. Come sa anche che tutto è nato proprio dalla sua stagione 2022.
Scalco è al primo dei due anni di contratto con la Green Project-Bardiani. Per ora gare solo all’esteroScalco è al primo dei due anni di contratto con la Green Project-Bardiani. Per ora gare solo all’estero
«Finora è stata un’annata molto più che positiva – racconta – considerando il fatto che nessuna corsa è stata semplice. La squadra aveva impostato un calendario impegnativo, tutto fatto di prove nazionali, alla fine ho conquistato 3 vittorie e altri 6 podi ma soprattutto è stato importante per crescere. Il team aveva sposato un programma impegnativo proprio con questo obiettivo».
E come giudichi i tuoi inizi?
Diciamo che sono partito col piede giusto, andando abbastanza bene nelle poche corse che ho fatto considerando che sono state solo 7, tutte tra Croazia e Slovenia. Erano però corse elite, quindi ho affrontato gente molto esperta, lavorando per la squadra. Per certi versi non è cambiato molto il leit motiv: continuo ad apprendere.
Nei 7 giorni di gara fra Croazia e Slovenia, Matteo si è messo a disposizione dei compagni più espertiNei 7 giorni di gara fra Croazia e Slovenia, Matteo si è messo a disposizione dei compagni più esperti
Che differenze hai trovato?
Molte, è un modo di correre parecchio diverso. Intanto ci sono ore in più, il ritmo è profondamente diverso e soprattutto cambia nel corso della stessa giornata. Quando si apre il gas si “mena”, non puoi certo nasconderti…
Approdando alla Green Project e soprattutto nella categoria superiore cambia anche il concetto di ciclismo che diventa più sport di squadra…
Vero, ma già alla Borgo Molino questa impostazione c’era, soprattutto mentalmente. Ci si aiutava in corsa, capitava anche di lavorare per un compagno. E’ chiaro però che qui è tutto diverso, ci sono scelte consolidate, come all’Istrian Spring Trophy dove si lavorava tutti per Martinelli che alla fine ha sfiorato il podio. Le corse sono sicuramente più “gestite” di quanto avveniva prima.
Uno dei successi del 2022, al GP Sportivi Loria (foto Francesco Cecchin)Uno dei successi del 2022, al GP Sportivi Loria (foto Francesco Cecchin)
Il fatto di non essere più così in alto negli ordini di arrivo ti pesa?
No, sapevo che passando di categoria si tornava un po’ nei ranghi inizialmente. Sono al primo anno, devo imparare tanto. Non bisogna dimenticare poi che questo è un anno delicato perché ho ancora la scuola, gli esami a giugno e questo influisce sugli allenamenti. Ad esempio in inverno le ore disponibili per uscire in bici prima del buio non sono state molte, considerando la scuola. Anche questo è un pedaggio da pagare.
La scuola influisce anche sulle scelte di gare da affrontare?
Un po’. Il calendario è abbastanza “soft”, per me come per altri due ragazzi che sono nella mia stessa condizione. Affrontiamo gare di un livello non esagerato. Ad esempio in Croazia e Slovenia abbiamo trovato corridori più esperti e questo un po’ mi ha fatto effetto. Ora toccherà alle classiche del nostro calendario di categoria, come Trofeo Piva, Giro del Belvedere, Corsa di San Vendemiano… Poi a maggio si andrà sui Carpazi per una corsa a tappe di 5 giorni.
Scalco aveva chiuso il 2022 con numerosi exploit. Ai mondiali era stato 14°Scalco aveva chiuso il 2022 con numerosi exploit. Ai mondiali era stato 14°
A prescindere dai risultati, anche a livello fisico stai notando cambiamenti?
Sì, innanzitutto per un fattore fisico considerando che ho 18 anni. Sono cresciuto ancora in altezza e do più attenzione al peso: fino allo scorso anno era affidato un po’ alle nozioni che girano in gruppo, ora c’è un nutrizionista che mi segue e i cambiamenti si sentono. Poi è cambiata anche la preparazione. Ora mi segue Paolo Artuso che ha adattato le tabelle alla mia età e alla categoria, con più volumi e intensità. E’ chiaro come detto che questo è un anno atipico, ma gli effetti già li vedo dal punto di vista prestativo.
Parlavi prima di corsa a tappe. Tu lo scorso anno hai colto più risultati nelle prove in linea, ma hai anche portato a casa un 2° posto al Giro della Valdera. Ti senti portato per le gare di più giorni?
E’ una domanda che mi pongo anch’io. Da junior ne ho affrontate solo 3, poco per poter avere una risposta chiara. Credo di avere un buon recupero e questo è un punto a favore, poi dipende molto dai percorsi. Staremo a vedere, sono curioso di saperlo.
Se il ciclismo fosse una partita di poker, Samuele Zoccarato sarebbe sempre all-in. Da inizio anno il classe ’98 della Green Project Bardiani-CSF Faizanèha già collezionato ben 1.022 chilometri in fuga (primo nel ranking). Un dato curioso che dice tanto sull’interpretazione che il campione italiano gravel dà alle corse. Un’indole da attaccante che non abbraccia la sfrontatezza, bensì una pragmatica visione del ciclismo in cui si trova.
Secondo Samuele infatti il divario tra WorldTour e professional è così ampio che l’ultima spiaggia è quella del fuggitivo. Un aspetto che non si allontana così tanto da quella che è la trama narrata dalla sua squadra. Non a caso i “verdi” sono i primi anche come team in questa statistica con ben 3.218 chilometri in avanscoperta.
Zoccarato in fuga ha sempre trovato i suoi risultati miglioriZoccarato in fuga ha sempre trovato i suoi risultati migliori
Samuele, partiamo con il chiederti se sei soddisfatto di questo inizio di stagione…
Bella domanda. Non posso ritenermi così soddisfatto, ma neanche da buttare via. In alcuni casi è mancata un po’ di fortuna e in altri non ero al top io. In ogni corsa ho cercato di dare il massimo.
Quali sono i tuoi obiettivi prossimi?
Il primo blocco si sta per chiudere con il Giro di Sicilia in programma dall’11 al 14 aprile. Poi, in teoria, dovrei andare al Giro quindi due settimane piene di preparazione. Dobbiamo decidere se allenarci per bene a casa oppure andare in altura.
Come mai questo dubbio?
La questione dell’altura non è così semplice perché è vero si hanno dei benefici a livello fisico, ma è anche vero che serve qualche giorno per ambientarsi prima di allenarsi al top. Poi c’è l’incognita meteo, ad aprile non si dà per scontato che a quelle altitudini ci sia sempre il bel tempo. Sono ancora in fase di valutazione, se dovessi decidermi per il sì, andrei al Passo Pordoi o a Livigno.
Samuele Zoccarato è nato a Camposampiero (Padova) il 9 gennaio 1998. E’ pro’ dal 2021. E’ alto 1,83 per 74 chiliSamuele Zoccarato è nato a Camposampiero (Padova) il 9 gennaio 1998. E’ pro’ dal 2021. E’ alto 1,83 per 74 chili
Veniamo alla statistica che ti riguarda. Spiegaci questi 1.022 chilometri in fuga da inizio anno (23 giorni di corsa)…
Ci son vari tipi di fughe. A partire dalla classica fuga televisiva che serve per fare vedere la maglia o anche per allenarsi, come può essere per la Sanremo o al UAE Tour. Sono quelle fughe che al 95 per cento non vanno all’arrivo. Poi ci sono lefughe che hanno il risultato ancora da scrivere. Ad esempio alla Tirreno non stavo benissimo, ma comunque a San Benedetto del Tronto ci hanno ripreso ai meno 3 dall’arrivo, quindi con un finale molto incerto che poteva in qualsiasi momento andare a favore di noi fuggitivi. In qualsiasi caso è chiaro quando si è in fuga si pensa sempre di andare all’arrivo.
Pensi che la tua sia un’indole o un’esigenza per dire la tua?
Con le caratteristiche che ho, è una delle carte migliori che mi posso giocare. Con un arrivo in salita, magari su uno strappo, posso anche vincere se mi avvantaggio con un attacco anticipato. Il mio modo di correre comunque si sposa con l’indole della mia squadra. La Green Project-Bardiani ha sempre corso così, all’attacco.
Un anno fa ci confidasti che Reverberi ti aveva chiesto di provare a fare qualche classifica generale. E’ ancora un tuo obiettivo?
Per la classifica generale bisogna andare forte sempre su tutte le salite. Su un ipotetico gruppo di 180, non so se riesco a rimanere con gli ultimi dieci corridori più forti del gruppo. Magari può essere un ottimo modo per racimolare qualche punto UCI, con la lotta sempre più presente all’ordine del giorno. Però pensare solo alle classifiche generali la vedo dura. A meno che in una corsa a tappe con una fuga, non riesca ad avvantaggiarmi e a guadagnare minuti preziosi in classifica.
Zoccarato sarà presente al prossimo Giro di Sicilia: qui con la maglia della montagna della ValencianaZoccarato sarà presente al prossimo Giro di Sicilia
Parlando con Tarozzi, lui ci ha raccontato che va in fuga perché in gruppo ci si annoia. E’ così anche per te?
Di sicuro rende più entusiasmante tutta la corsa. Alla Sanremo mi sono annoiato i primi chilometri anche in fuga, ma dopo il Turchino e la discesa verso Genova è stato tutto molto veloce e divertente. In gruppo si corre molto di più sulle ruote e, ad essere sinceri, è anche più difficile gestirsi. C’è più nervosismo che poi porta anche a dimenticarsi di mangiare.
Che obiettivi hai per il Giro?
Vivo alla giornata. L’unica nostra possibilità è quella di andare in fuga e si torna al discorso di prima. Se ci si deve giocare una tappa in gruppo, ci sono sempre i 180 pretendenti, mentre se trovi quelle tappe che la fuga ha il via libera, ci si ritrova faccia a faccia in 15. Il gioco delle probabilità è indubbiamente più vantaggioso.
La ricerca del risultato è quindi vincolata all’attaccare?
Nelle corse di alto livello è oggettivamente impossibile per noi fare risultato. Mentre nelle corse dove magari c’è un livello meno esasperato dalle WorldTour, abbiamo più possibilità di fare il risultato. Possiamo quindi provare a non subire la corsa, ma farla.
Samuele Zoccarato vincitore della classifica degli scalatori alla Volta Valenciana (foto Green Project-Bardiani-CSF Faizanè & Sprint Cycling)Samuele Zoccarato (a destra) vincitore della classifica degli scalatori alla Volta Valenciana (foto Green Project-Bardiani-CSF Faizanè & Sprint Cycling)
Hai una visione razionale rispetto alle corse insieme alle WorldTour?
C’è un gap assurdo tra WorldTour e professional. Quando vedi gli squadroni con la miglior formazione schierata, sai che non lasceranno scampo a nessuno e a vincere saranno sempre gli stessi. Ne parlavo proprio ieri in allenamento con Oss, anche lui ha notato questa cosa. Nelle gare di alto livello le squadre a vincere e a fare la corsa sono sempre le stesse. Non c’è tattica che regga. Si può partire per fare quinti, ma non per vincere.
Raccontaci questa maglia degli scalatori conquistata alla Volta a la Comunitat Valenciana…
Era la prima volta che provavo a fare la classifica dei GPM. E’ venuta un po’ per caso. Ero andato in fuga alla seconda tappa che strizzava l’occhio a noi attaccanti perché era molto nervosa e presentava diversi strappi duri. Il problema è che siamo riusciti ad andare in fuga solo in cinque e quindi sapevamo fin da subito che sarebbe stata dura arrivare. A quel punto ho deciso di provare a fare la classifica degli scalatori. In pratica ho battagliato solo quel giorno per la maglia, perché poi alla quarta tappa avevo talmente tanti punti che nessuno provava a fare la volata sui gran premi della montagna.
Samuele Zoccarato è campione italiano gravel: ha conquistato il tricolore nel 2022 ad ArgentaSamuele Zoccarato è campione italiano gravel: ha conquistato il tricolore nel 2022 ad Argenta
Non parti mai con questi obiettivi di maglia quindi…
Sono dinamiche che si capiscono durante la corsa. Al UAE Tour ho provato a fare la classifica dei traguardi volanti. Quando ho visto che il mio avversario era dieci volte più veloce di me, mi sono accontentato del secondo posto.
E alla maglia blu del Giro, ci hai mai pensato?
Direi che al Giro d’Italia è impossibile. Ci sono talmente tanti arrivi in salita o GPM nel finale di tappa, quando davanti ci sono i contendenti della classifica generale, per uno come me risulta impensabile. Nelle prime tappe sarebbe sicuramente un piccolo obiettivo che mi piacerebbe raggiungere.
Domanda obbligatoria per il campione italiano gravel. Ti stai preparando per la stagione offroad?
Adesso la testa è al Giro e quello ha la priorità. Dopo avrò modo di valutare un avvicinamento mirato. Intanto esco ancora con la gravel, magari nei giorni di scarico per divertirmi e staccare un po’ la testa.
Più che una corsa, è stata un’avventura, già solo per la distanza e il jet lag, fastidioso anche a distanza di giorni. Giulio Pellizzari è tornato dal Tour de Taiwan con un bagaglio ricco di esperienze che passano sì per le tappe, ma che hanno riempito i suoi occhi e la sua testa di tantissime immagini legate a un posto lontanissimo anche dalle nostre abitudini.
I suoi pensieri non possono partire che dalla corsa: cinque tappe che hanno lasciato il segno: «Tappe abbastanza corte e senza grandi salite, diciamo che è stato un crescendo. Il tempo era caldo, sempre fra i 25 e i 30 gradi. La frazione più difficile è stata sicuramente la terza, dove abbiamo pedalato per lunghi tratti sotto l’acqua».
Per Pellizzari una trasferta positiva, sfiorando la Top 10 su un percorso non per le sue caratteristichePer Pellizzari una trasferta positiva, sfiorando la Top 10 su un percorso non per le sue caratteristiche
Come ti sei trovato?
Bene, ma tecnicamente non era una corsa adatta alle mie caratteristiche, per questo il 12° posto finale è stato un buon risultato. La prima tappa era la più breve e tutta piatta, sono andati in due in fuga, abbiamo chiuso noi della Green Project-Bardiani per preparare la volata di Zanoncello, ma quel giorno non stava bene e ha chiuso 4°. La seconda tappa abbiamo provato ad attaccare nella parte finale, ma quando il JCL Team Ukyo ha fatto il forcing ci siamo un po’ persi.
Vai avanti…
Nella terza c’era una salita, ma quelle di Taiwan non sono ascese difficili, le pendenze sono sempre dolci. Davanti si è formato un gruppo folto con uno nostro dentro, ma da dietro il gruppo è rientrato, abbiamo preparato la volata di Enrico finito 2° dietro il belga De Decker della Lotto-Dstny. Nella quarta tappa, che era la più dura, siamo andati regolari. Davanti la fuga aveva accumulato tanto vantaggio, li abbiamo ripresi solo nel finale e io sono finito 11°. Poi nella frazione conclusiva siamo partiti con una classifica corta, eravamo 21 in 14”. C’è stata battaglia costante, soprattutto perché la corsa si giocava sui traguardi volanti ad abbuoni e io ho trovato la fuga per guadagnare secondi. L’arrivo poi è stato con una volata generale e questa volta Zanoncello ce l’ha fatta.
La volata vincente di Enrico Zanoncello nella tappa finale a Kaohsiung CityLa volata vincente di Enrico Zanoncello nella tappa finale a Kaohsiung City
Che livello era?
Sicuramente molto buono, c’erano 4 formazioni professional, 3 nazionali e molti team che incontriamo in giro per l’Europa. Per questo anche il 7° posto a squadre ha avuto un certo peso.
Fin qui la corsa, ma Taiwan siete riusciti a girarla anche a parte i chilometri in bici?
Sì, un po’ di tempo l’abbiamo avuto. La cosa che mi ha lasciato interdetto è la grande quantità di macchine e motorini che girano per le strade. Mi sarei aspettato, dal Paese maggior produttore di bici, una situazione diversa, invece c’è un traffico impossibile soprattutto a Taipei. Ci sono molte piste ciclabili, quello sì, per andare in bici devi passare obbligatoriamente da lì. Inoltre ho notato che sono tutti molto ligi alle disposizioni sanitarie: lì si gira ancora con le mascherine.
Strade larghe ma grande attenzione nel percorrerleUn’immagine del traffico, ciclisti bloccati in attesa…Il gruppo della Green Project Bardiani, 7° a squadreNon poteva mancare il passaggio davanti a una pagodaLa presentazione dei team davanti al Buddha di Kaohsiung CityStrade larghe ma grande attenzione nel percorrerleUn’immagine del traffico, ciclisti bloccati in attesa…Il gruppo della Green Project Bardiani, 7° a squadreNon poteva mancare il passaggio davanti a una pagodaLa presentazione dei team davanti al Buddha di Kaohsiung City
Come siete stati accolti?
C’era una passione e un’attenzione incredibile, sembrava che eravamo delle star. Ci hanno portato in alberghi di lusso, c’era generalmente molta attenzione da parte degli organizzatori. Anche dal punto di vista delle strade abbiamo trovato una situazione ideale, molto larghe, senza buche, perfettamente asfaltate. Per loro erano 5 giorni magici, come una festa e noi eravamo gli invitati speciali.
La corsa che sensazioni ti ha dato, parlando dal punto di vista personale?
Non era un percorso adatto a me ma questo lo sapevo, era utile per fare esperienza e lavorare per gli altri. Sono però tornato a casa con grandi emozioni: avevamo lavorato tutta la settimana per portare a casa qualcosa ma per un verso o per l’altro non si riusciva mai a concretizzare, l’ultimo giorno con la vittoria di Zanoncello abbiamo davvero fatto festa, l’abbiamo tutti sentita come nostra. Non nascondo che ci siamo anche un po’ commossi…
Zanoncello 1° nella classifica a punti, con Aitken (montagna), Meijers (generale) e Chayasonbat (1° asiatico)Zanoncello 1° nella classifica a punti, con Aitken (montagna), Meijers (generale) e Chayasonbat (1° asiatico)
Riprenderti dal jet lag non è stato facile…
No, infatti ci ho messo un po’ a riprendermi e a ritrovare le sensazioni che avevo a fine corsa. Devo dire che, come sempre avviene per una corsa a tappe, ho chiuso con una gran condizione che spero di portarmi dietro per le prossime gare, sia all’estero che nelle classiche italiane. La forma adesso è quella giusta e bisogna farla fruttare.
Leonardo Piepoli rilegge le recenti prestazioni di Pellizzari. Dalle corse U23 di aprile all'attuale Tour of Austria. Il progetto di Reverberi funziona
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Nella fuga della Milano Sanremo si sono ritrovati gomito a gomito due atleti che di esperienza, nell’anticipare il gruppo, e non solo, ne hanno tanta. Si tratta di Mirco Maestri e di Alessandro Tonelli, due corridori che di chilometri in testa alla corsa ne hanno messi tanti nelle gambe. I due ora si trovano rispettivamente alla Eolo-Kometa ed alla Green Project-Bardiani, ma in precedenza hanno condiviso la stessa maglia della formazione di Reverberi.
Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019Maestri (davanti) e Tonelli (dietro) avevano già condiviso una fuga alla Sanremo in maglia Bardiani, era il 2019
Maglie diverse, stessa situazione
Maestri e Tonelli, insieme agli altri sette corridori, si sono sciroppati 259 chilometri di fuga alla Sanremo. Una giornata in avanscoperta ma con le ore contate, una specie di “bomba ad orologeria” pronta ad esplodere. Insieme a loro scopriamo come si gestiscono e cosa si fa in una fuga così particolare come quella della Classicissima di Primavera.
«L’avevo fatta in fuga dal 2016 al 2019 – attacca Maestri – poi per motivi diversi negli ultimi anni prima non ho partecipato e poi, l’anno scorso, ho corso in gruppo a sostegno di un mio compagno. Devo dire che una Sanremo dove la fuga prende solamente tre minuti non me la ricordo, eppure siamo andati forte, ma da dietro non ci hanno lasciato spazio. Nel 2016, per esempio, eravamo in undici e siamo arrivati a più di dieci minuti di vantaggio. Rispetto alle edizioni precedenti quest’anno abbiamo anche fatto fatica a portare via il gruppetto degli attaccanti. Infatti, io e Alessandro (Tonelli, ndr) ci siamo avvantaggiati subito ed abbiamo aspettato l’arrivo degli altri.
«Si è trattata di una mossa di esperienza – gli fa eco l’amico Tonelli – abbiamo preso quei quindici secondi sul gruppo che ci hanno fatto comodo. Una volta che il gruppo ha rallentato noi ci siamo fermati, letteralmente, ad aspettare i contrattaccanti. Quest’anno, rispetto alle edizioni precedenti, la fuga è andata via con tanta difficoltà anche a causa del cambio di percorso. Con la partenza da Abbiategrasso i primi 30 chilometri erano completamente differenti e c’era un po’ di timore».
Nella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fugaNella Sanremo 2022, Tonelli insieme a Rivi è arrivato fino al Poggio in fuga
La gestione
Quella della Sanremo sembra una fuga scontata, dove il gruppo ti tiene nel mirino e con due pedalate, nel momento clou, ti riprende. Ma dal racconto di Maestri e Tonelli non pare proprio così, anzi.
«La Sanremo – spiega Paperino Maestri – è una corsa nella quale non si sa mai. In gruppo diventa molto più stressante rispetto al correrla in avanscoperta, devi sempre limare e anche a tanti chilometri dall’arrivo sale lo stress. Alla fine vengono fuori due corse completamente differenti. Vi faccio un esempio: sul Turchino noi davanti andiamo forte ma non a tutta, mentre in gruppo si apre di più il gas. Questo perché la discesa che porta a Genova è insidiosa e in mezzo al gruppo si rischia e non poco (anche quest’anno, infatti sia in salita che in discesa ci sono state due cadute, nella prima è stato coinvolto Alaphilippe, ndr).
«Poi una volta arrivati sul mare inizia un’altra corsa, in fuga si va a tutta e cerchi di prendere più vantaggio possibile. La speranza è quella di arrivare sul mare con 5 minuti di vantaggio, così sei abbastanza sicuro che vieni ripreso a metà Cipressa, per cercare di rimanere agganciato ed arrivare nel finale davanti. A me non è mai successo, a Tonelli, fortunato lui – dice ridendo – sì, anzi lui è stato ripreso sul Poggio l’anno scorso!».
«Non è così semplice – replica il corridore della Green Project – siamo consapevoli del fatto che verremo ripresi, ma per motivi diversi conviene andare avanti. Io preferisco anticipare perché sono consapevole che riesco a gestire meglio lo sforzo se lo affronto con più costanza. Nel 2018, l’ultimo anno che l’ho fatta in gruppo, sono arrivato dopo la Cipressa che ero finito. In questi anni sono riuscito a gestirmi bene, tant’è che sono arrivato fin sul Poggio lo scorso anno. A Mirco devo una fuga fino a lì, ci ha provato, ma non è mai riuscito».
Quest’anno i fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggioI fuggitivi non sono mai andati oltre i tre minuti di vantaggio
Anticipare e “sperare”
Quella della Sanremo non sarà una fuga di anticipo come quella della Roubaix, in cui dal gruppo in avanscoperta può uscire il vincitore della corsa. Tuttavia anticipare il gruppo può portare i suoi frutti.
«Ormai – dice il corridore della Eolo – anticipare e fregare il gruppo è diventato difficilissimo. Qualche anno fa non c’era tutta questa conoscenza anticipata delle condizioni di gara, il vento era la più grande incognita e tu andavi in fuga sperando giocasse a tuo favore. Perché, se lo hai alle spalle, è tutto un altro programma. Sai che il gruppo non può guadagnare troppo tempo nel breve periodo. Negli ultimi anni, ormai, si sa tutto prima, anche la direzione del vento quando si arriva sul mare. Io quando vado in avanscoperta non penso mai al fatto che sia un’operazione “suicida”, ma credo sempre di poter fregare il gruppo. Altrimenti, se non parti convinto di testa, è meglio che stai indietro».
La Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del TurchinoLa Sanremo in gruppo si vive con più nervosismo, lo sa bene Alaphilippe caduto sulla salita del Turchino
L’avviso di Mosca
La Trek Segafredo è una delle squadre che si è incaricata in primis di gestire l’inseguimento. Uno dei volti che appariva sempre nelle prime posizioni del gruppo era quello di Mosca, mai fuori dai primi dieci fino ai Capi. Insomma, per il corridore piemontese più di 200 chilometri ad inseguire.
«Parlavo con lui prima del via – spiega Tonelli – e mantenere la fuga sotto controllo era parte del programma. L’anno scorso sono andato così tanto avanti, perché abbiamo giocato bene le nostre carte e sfruttato il vento a favore una volta arrivati sul mare. Quest’anno c’era ancora una volta il vento a favore, ma dietro hanno tirato costantemente in quattro e non siamo riusciti a prendere vantaggio. In fuga devi giocare sull’esperienza, è un braccio di ferro psicologico, non di forza bruta.
«Se vedi che il gruppo fin da subito ti tiene a tre minuti tu stai lì e gestisci lo sforzo. Poi nelle zone favorevoli, come il passaggio da Genova dove il gruppo si ferma, dai gas e provi a guadagnare tempo. Nel ciclismo moderno non ci sono più grandi occasioni per i fuggitivi della prima ora. Anche alla Tirreno negli ultimi anni sarà arrivata una sola volta la fuga al traguardo. Ma due corridori esperti come noi due non si fanno demoralizzare e ci proveranno sempre».
Mosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibileMosca e la Trek si sono sobbarcati gran parte dell’inseguimento, così da tenere la corsa il più chiusa possibile
I pitstop
Una cosa che si nota in una gara da quasi 300 chilometri sono i continui pitstop, soprattutto nella prima parte di corsa. I corridori del gruppo si fermano spesso per i propri bisogni e hanno più tempo per gestirsi. In fuga, invece, il tempo e lo spazio sono contati. Sabato, alla Classicissima, il giovane francese della Tudor: Aloi Charrin, ha fatto un piccolo scatto per avvantaggiarsi e fermarsi.
«E’ un’abilità anche quella – dice Maestri- io nel 2019, alla Tirreno, quando ho vinto la maglia della classifica a punti, ho imparato a fare i bisogni mentre sono in bici. Non è semplice, però ti lanci, fai e perdi molto meno tempo che a fermarti. Alla Sanremo, però, il ragazzo della Tudor non era capace e la situazione stava diventando un’agonia. Così gli abbiamo detto di fermarsi e che lo avremmo aspettato. Diciamo che fermarsi sul Turchino non è stata la mossa migliore, ma alla fine cambia poco scendere da 3 minuti a 2’30”. Tanto il gruppo non aveva intenzione di riprenderci a 150 chilometri dall’arrivo».
Dopo il terzo posto in Friuli a fine Giro, Tonelli riparte per chiudere bene (possibilmente vincendo) l'8ª stagione in Bardiani. E poi si parlerà di futuro
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Bastano pochi istanti, ascoltando la sua voce, per capire che è un Alessio Martinelli diverso da quello dello scorso anno. I problemi non erano stati pochi nella sua prima stagione alla Green Project Bardiani CSF Faizané, ma il corridore di Sondalo ha voltato pagina e ha ripreso con vigore quel cammino verso la conferma delle tante aspettative riposte su di lui, come una delle grandi speranze per riavere un corridore italiano adatto ai grandi Giri.
Martinelli viene dalla quarta piazza finale all’Istrian Spring Trophy, sfida istriana frequentata da corridori di buon livello (era gara 2.2 Uci) tutti giovani come lui. Gara con molti devo team e con molti ragazzi intenzionati a mettersi subito in evidenza per impressionare soprattutto i propri dirigenti. Più che il risultato, il valtellinese ha però messo l’accento su un altro aspetto.
«Ci riflettevo anche in corsa – afferma Martinelli – era da tempo che non mi divertivo così, ma è qualcosa che fa parte della squadra quest’anno e me ne ero accorto già a inizio stagione».
In Istria i corridori hanno trovato un clima difficile: qui la grandinata nel pieno della prima tappaIn Istria i corridori hanno trovato un clima difficile: qui la grandinata nel pieno della prima tappa
I tuoi risultati in Croazia non sono stati una sorpresa, è già da inizio stagione che vai forte…
A dir la verità mi aspettavo qualcosa in più dalla gara istriana. Ero partito per fare classifica, la corsa la conoscevo essendoci stato lo scorso anno. Il prologo era appena un assaggio, un chilometro in tutto, ho perso 4” e andava bene così. Il primo giorno effettivo è stato invece un disastro, climaticamente parlando: grandine e fulmini a più non posso, un freddo terribile.
E poi?
La tappa successiva era quella decisiva, noi abbiamo sempre tirato, in salita avevo gestito bene la situazione pensando al finale, ma sul pavé dissestato non mi sono trovato bene e ho perso il contatto con i primi. Nella frazione conclusiva abbiamo provato a raddrizzare la situazione ma ormai era impossibile, la Jumbo-Visma controllava tutto.
Anche con il team Development si ha la sensazione che gli olandesi abbiano una marcia in più. Hai notato se hanno l’abitudine a tenere la corsa bloccata?
Non direi, anzi nelle prime tappe correvano un po’ nascosti, poi quando Tijmen Graat si è preso la tappa decisiva, hanno messo in funzione tutte le tattiche di controllo. Sicuramente si vede che hanno un’abitudine maggiore a correre fianco a fianco con i grandi, sono gestiti esattamente come la squadra maggiore. Ma anche noi che facciamo attività di categoria all’estero, notiamo molti progressi. Occasioni come queste servono proprio per imparare a correre come un professionista.
Nelle prime uscite il valtellinese ha sofferto il freddo. Qui al Laigueglia, dove si è ritiratoNelle prime uscite il valtellinese ha sofferto il freddo. Qui al Laigueglia, dove si è ritirato
Riguardandoti indietro, pensi che la stagione scorsa sia stata deficitaria o c’è qualcosa da salvare?
Molto direi, io non sono deluso. Fino al Giro dell’Appennino sono andato forte, poi lo strappo al polpaccio ha cambiato tutto. Se stai fermo per un mese, ripartire poi è difficile. L’Avenir è stato la mia ultima corsa, proprio pensando a quel che avevo passato ho staccato prima la spina per affrontare meglio l’inverno e i risultati ora si vedono. Ma comunque ho portato a casa tre vittorie che rappresentano comunque una crescita.
Che cosa è cambiato in quest’inverno?
Ho preso due chili di muscoli e stanno influendo molto, in positivo. Pedalando alla soglia mi accorgo che spendo meno energie in pianura e a cronometro. Inoltre ho aumentato un po’ la distanza in allenamento, continuando quel cammino di crescita ragionata che è alla base dell’impostazione scelta dal mio preparatore Omar Beltran.
La Green Project Bardiani ha lavorato molto per Alessio in Croazia, provando il colpo grossoLa Green Project Bardiani ha lavorato molto per Alessio in Croazia, provando il colpo grosso
Quei due chili li hai presi in palestra?
No, Omar è contrario. Abbiamo fatto molti lavori di forza in bicicletta, abbinandoli a esercizi a corpo libero e i risultati ci sono stati. Inoltre – e questa è stata una novità per me – ho corso molto a piedi, a ottobre e novembre abbinando le uscite podistiche agli allenamenti specifici. Serviva a far salire bene i battiti del cuore, con sedute fino a 40-50 minuti: all’inizio il batticuore era tanto, poi si è andato stabilizzando.
Effettuavi lavori specifici a piedi?
Cercavamo di ripetere un po’ l’impostazione in bici, ad esempio 30” a tutta e 30” piano. Ho raggiunto anche velocità medie di 4’ al chilometro che so essere molto apprezzabile. Per ora comunque non conto di emulare gente come Van Aert e Yates che hanno fatto anche la maratona, anche se da bambino avevo iniziato a fare sport proprio con la corsa. Io quando chiudo la stagione ciclistica ho bisogno di rilassarmi, pensare a tutt’altro. Magari chissà, a fine carriera…
Mondiali 2019, l’azzurro è secondo, qui il podio con Simmons e Sheffield, ora già affermati pro’Mondiali 2019, l’azzurro è secondo, qui il podio con Simmons e Sheffield, ora già affermati pro’
Tutti ti vedono come uno specialista da corsa a tappe, ma ti senti davvero tale?
Diciamo che è un giudizio esterno, io credo di poter far bene anche nelle corse d’un giorno. Certamente il recupero è una delle mie doti migliori, ma in corse con strappi brevi e ripetuti io sono convinto di poter dire la mia. Esattamente come avveniva da junior, quando sono stato secondo ai mondiali. Infatti nelle prime classiche spagnole d’inizio stagione non ero andato male.
Hai una corsa specifica alla quale punti?
Voglio sicuramente essere in forma per il Giro Under 23, farlo come si deve puntando alla classifica, ma non corro pensando a quello. Ogni gara è un obiettivo, io quando parto voglio far bene sempre e d’altro canto è quello che anche la squadra vuole.