Vingegaard strozza l’urlo di Ciccone: Vuelta subito esplosiva

24.08.2025
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LIMONE PIEMONTE – A un respiro dalla gloria rossa. Per qualche istante, la sagoma di Giulio Ciccone aveva fatto capolino nella nebbia e sembrava quella destinata a tagliare per prima il traguardo di Limone Piemonte, quassù dove di solito d’inverno si scia ed è di casa Marta Bassino. E, invece, con tutta la sua freddezza da killer, Jonas Vingegaard ha strozzato in gola l’urlo dell’abruzzese della Lidl-Trek, sfoderando il colpo di reni che in un sol colpo gli ha regalato tappa e maglia, la prima di leader della Vuelta della sua carriera.

Sul traguardo, Giulio è senza fiato, ma trova le parole per spiegare quanto lui davvero ci abbia sperato fino all’ultimo millimetro di asfalto: «Gli ultimi 500 metri c’è stato un po’ di casino e sono rimasto chiuso con Ayuso. Poi, sono partito con un rapporto troppo duro e infatti gli ultimi 50 metri ero troppo, troppo duro. Peccato perché oggi volevamo prendere la maglia e regalare una bella gioia a questo pubblico che mi spinge, ma ci riproveremo».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri

I dubbi di Vingegaard

E dire, che lo stesso Vingegaard non pensava più di ricucire sullo scatenato italiano: «A 100 metri dal traguardo – dice – non pensavo più di riuscire a vincere perché Giulio è andato fortissimo. Subito dopo la curva, credevo che lui fosse già vicino al traguardo, ma poi mi sono accorto che mancava più di quanto pensassi e così ho deciso di lanciarmi con tutte le forze e ce l’ho fatta».

Nonostante, il finale concitato, il danese della Visma-Lease a Bike si è subito reso conto di avercela fatta, alzando il braccio destro e baciando la fede nuziale. L’altro, sanguinante, non sembra preoccuparlo, così come il ginocchio sinistro, dopo la caduta occorsa per l’asfalto bagnato a una rotonda ai -25 chilometri dall’arrivo.

«Ho preso una bella botta, poi in realtà sono solo scivolato per parecchi metri. Il colpo più forte l’ha preso il ginocchio, ma subito mi sono reso conto che andata bene e per ora non sento particolare fastidio», ha aggiunto commentando il terzo successo di tappa nella Corsa spagnola dopo i due del 2023.

Ladri di biciclette

Peggio è andata al suo compagno Axel Zingle che, oltre a lussarsi la spalla sinistra e ad arrivare a più di 24 minuti, è rimasto anche a piedi per colpa di un ladro maldestro: «Mi sono slogato la spalla e ho dovuto rimettermela a posto da solo. Poi mi è successo una seconda volta mentre prendevo un gel, così mi sono dovuto fermare. Ho lasciato la bici a una persona che non parlava molto l’inglese, per tenerla quei 5/10 minuti mentre ero in ambulanza a farmi sistemare la spalla e questo tizio se n’è andato via. Per fortuna, sono arrivati con la bici di scorta dopo qualche minuto».

In realtà la versione di Zingle, evidentemente scosso, è stata più smentita dai fatti, dato che il suddetto tifoso aveva passato la bici agli addetti del camion scopa (tuttavia nella notte la Visma Lease a Bike avrebbe subito un furto ben più consistente in hotel).

In serata, come spiega anche Grisha Niermann, si valuterà se potrà ripartire domani da San Maurizio Canavese, in attesa che si sveli il mistero sulla bici sottratta: «Sono caduti sei su otto dei nostri e questo ha scombussolato un po’ i piani, ma per fortuna Jonas è rimasto concentrato e ce l’ha fatta. Devo dire che c’è stato anche grande fairplay in gruppo, al netto della situazione caotica che si era creata. La squadra si è comportata alla grande, ma sapremo solo dopo alcuni accertamenti se Axel potrà continuare la Vuelta».

Botte e risposte

Dunque, Vingegaard ha fatto centro al primo arrivo in salita, ma sottolinea subito che «se ci sarà una fuga, non sarà un problema perdere la maglia nei prossimi giorni». Niermann conferma: «A noi interessa che Jonas la indossi sul podio di Madrid, null’altro».

Fatto sta che le altre squadre dovranno inventarsi qualcosa per ribaltare tutto. La Uae Emirates ci aveva provato oggi, lanciando in avanscoperta Marc Soler ai 600 metri (subito dopo il forcing di Giulio Pellizzari). Almeida (5°) e Ayuso (8°) non hanno avuto però le gambe per seguire Ciccone e Vingegaard.

Lo spagnolo, comunque, è fiducioso: «Penso di aver superato questo primo test – dice Ayuso – e sono convinto di migliorare già verso Andorra, che sarà il momento chiave della settimana iniziale della Vuelta. Jonas e Ciccone erano favoriti, ma sia io e Joao abbiamo ancora tanta strada per dimostrare quanto valiamo».

Almeida gli fa eco: «E’ stata una giornata un po’ caotica, con la pioggia arrivata nei chilometri finali, le cadute e il nervosismo in gruppo. Per fortuna è andato tutto bene. Io, Juan e anche Marc siamo andati molto forte, gli altri sono stati più forti di noi, ma dobbiamo solo continuare a spingere. Il finale di domani presenta alcune curve insidiose, per cui cercheremo di stare davanti».

Il quarto posto di Bernal fa il pari con il sorriso del colombiano, che sembra molto in forma
Il quarto posto di Bernal fa il pari con il sorriso del colombiano, che sembra molto in forma

E la terza, breve frazione (134,6 chilometri) da San Maurizio Canavese a Ceres, sarà speciale per Egan Bernal, che tornerà sulle strade su cui è cresciuto agli ordini di Gianni Savio. Il quarto posto di oggi ha sorpreso lo stesso colombiano: «Non mi aspettavo di riuscire a lottare per il successo. Mi sono trovato là davanti e ci ho provato. E’ una bella iniezione di fiducia per il mio morale questo risultato e ringrazio Ben, Pippo e Kwiato (rispettivamente Turner, Ganna e Kwiatkowski, ndr) per avermi tenuto fuori dai guai».

Fermi tutti, per le tappe (e la classifica) c’è anche Ciccone

23.08.2025
4 min
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Giulio Ciccone alla Vuelta per la classifica o le tappe? Probabilmente per entrambe, se la prima dovesse diventare conseguenza delle seconde. Lo ha spiegato Pedersen: l’idea di replicare quello che non è stato compiuto al Giro sarà completa solo se “Cicco” salirà sul podio di Madrid. Nel catalogo della squadra americana, che dal prossimo anno sarà tedesca ed è ben dotata di uomini veloci e per le classiche, con Tao Geoghegan Hart che non ha mai ingranato, manca l’uomo della sicurezza nei Grandi Giri. La sfida di Ciccone intriga proprio per questo ed è il motivo per cui accanto all’azzurro si concentrano tutti i compagni.

Saranno voci, infatti, ma intorno alla Lidl-Trek si respira aria di clamorose novità. Parlando con Pedersen due giorni fa, è emerso il fatto che la partenza di Stuyven e Declercq che smette (passano entrambi, con ruoli diversi, alla Soudal-Quick Step) sembrano indebolire il reparto delle classiche. Il danese non ha approfondito il discorso. Ha detto che altri verranno e ha lasciato sul tappeto una frase sibillina circa la sua partecipazione ai prossimi Tour. Un riferimento alla possibilità che la squadra decida di specializzarsi nelle classifiche generali e potrebbe non avere più spazio per i velocisti nella corsa (cosiddetta) più importante al mondo. Contemporaneamente si è diffusa la voce del probabile arrivo di Juan Ayuso, da poco corridore di Giovanni Lombardi, che sembrava promesso alla Movistar. I soldi freschi di Lidl potrebbero aver riaperto il discorso. In questo scenario di lavori in corso senza altri riferimenti, Ciccone si avvia alla partenza della Vuelta da Torino con ambizioni niente affatto ridimensionate. Si vive oggi per oggi e domani si vedrà.

Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Vuelta Burgos, terza tappa: vince Bisiaux, dietro (a 9″) Ciccone e Pellizzari, entrambi alla Vuelta
Si parla di un tuo possibile attacco già domani nella tappa che arriva a Limone Piemonte, è una salita che già può fare un po’ di selezione?

E’ una salita che onestamente non conosco. Ho visto il profilo altimetrico e non sembra durissima, quindi onestamente non ci aspettiamo una grandissima selezione. Però sicuramente sarà fatta forte e per questo resta adatta a me che sono anche abbastanza esplosivo e veloce. Quindi domani può essere una giornata buona, per iniziare questa Vuelta col piede giusto. Diciamo che nella seconda tappa non si vince la Vuelta, però forse si può perdere.

La condizione è buona?

E’ molto buona, quindi vediamo. Non è la stessa che avevo prima del Giro, alla Liegi o all’inizio della stagione. Non ho cambiato niente. Ho solo avuto un buon recupero dopo l’incidente e mi sono allenato molto in altura per migliorare.

Il recupero è stato più difficile mentalmente o fisicamente?

Non è stato un periodo facile per me dopo la caduta al Giro. Certo, c’è stata molta delusione, ma una volta superata quella e vista la luce in fondo al tunnel, mi sono sentito motivato a tornare a correre più forte di prima. Non mi sarei mai aspettato di vincere subito, ma la vittoria a San Sebastian è stata davvero incredibile. Il fatto che poi sia venuta anche la tappa alla Vuelta a Burgos mi ha semplicemente confermato che la mia forma fisica è quella che voglio.

Fabio Aru, che giusto dieci anni fa ha vinto la sua Vuelta, ti ha consigliato di puntare alle tappe e lasciar stare la classifica.

In una corsa così dura, le tappe sono una priorità. Ma è anche vero che se sei in grado di vincere le tappe con degli arrivi così impegnativi, probabilmente la classifica può arrivare di conseguenza. Come ho detto già, la priorità è quella di vincere, senza altro assillo, ma senza chiudermi la porta sulla classifica prima ancora di essere partiti.

Pedersen propone di ripetere lo schema del Giro…

E io sono d’accordo con lui. Abbiamo tutto quello che serve e siamo complementari. A fine stagione non è mai facile come all’inizio, ma entrambi, per un motivo o per l’altro, abbiamo grandi motivazioni.

Quindi pensi di aver messo in valigia tutto ciò che serve?

Sono davvero felice e parto con piena fiducia in me stesso e nella squadra. Questa corsa è sempre una sfida speciale, con un terreno difficile, ma il mio obiettivo è continuare a migliorare. Sappiamo che la Vuelta può essere imprevedibile, ma sono determinato a correre al massimo livello possibile e a sfruttare al meglio ogni opportunità in questo viaggio verso Madrid.

Il Tour non è tutto. E ora Pedersen si avventa sulla Vuelta

22.08.2025
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Che il 2025 sarebbe stato per lui un anno giusto si era capito sin dalle prime corse di stagione. E se le vittorie e il buon umore del Giro d’Italia avevano offerto di Mads Pedersen un’immagine burlona e più solare del solito, non c’è dubbio che lo strapotere messo in mostra nel Giro della sua Danimarca lo proietti sulla Vuelta con credenziali d’eccezione. Il danese della Lidl-Trek sarà l’uomo da battere sin da domani sul traguardo di Novara.

Ieri Mads ha incontrato la stampa e la sensazione di solidità e serenità che ha… raccontato per tutto il tempo conferma un livello che anno dopo anno si fa più solido. Se ne è accorto Jasper Stuyven, che per scavarsi un po’ di spazio, alla fine dell’anno passerà alla Soudal-Quick Step. Fra Pedersen e Milan, per lui si stavano chiudendo troppe porte. 

Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Pedersen arriva alla Vuelta forte di tre tappe vinte e la classifica del Giro di Danimarca
Sei d’accordo sul fatto che al Danimarca hai messo in mostra doti e numeri al livello del Giro?

Sto bene e i numeri sono abbastanza buoni. Non sarebbe possibile vincere come abbiamo fatto, senza avere i numeri tutti a posto. E’ stato un buon test per la Vuelta, ho capito di essere nella forma giusta e sono pronto per le prossime tre settimane.

Viviani ha raccontato di aver lavorato tanto in salita, viste le tappe che vi attendono. Tu hai cambiato qualcosa?

No, non ho fatto niente di diverso. Mi sono allenato normalmente, ho affrontato lo stesso numero di salite e così via. La preparazione non è stata incentrata sulla montagna, ma sull’essere in ottima forma ed essere in grado di spingere al massimo per il tempo necessario.

Cosa ha significato per te l’aggiunta di Jasper Phillipsen alla lista di partenza?

Non è un segreto che vorrei la maglia roja di leader nella prima tappa e la presenza di Philipsen lo renderà più difficile. E’ uno dei migliori velocisti al mondo e lo ha dimostrato al Tour vincendo la prima tappa e vestendo la maglia gialla. Sarà più difficile, ma niente è impossibile. Ho corso contro di lui in Danimarca e in passato l’ho anche battuto in uno sprint di gruppo. Questo mi dà fiducia in me stesso e nella squadra. Spero che possiamo iniziare questa corsa con un buon risultato.

Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Tour de France 2023, Limoges: Pedersen batte in uno sprint di gruppo Philipsen, Groenewegen e Van Aert
Hai già un’idea di treno?

Guardando solo gli ultimi ad entrare in azione, ci sarebbe Sergeant davanti a me e Dan Hoole davanti a lui. Ma tutto cambierà di giorno in giorno e ovviamente anche da come verrà fatta la tappa. Quindi non so elencare il treno completo, ma spero che questi due ragazzi saranno lì tutte le volte che dovremo fare uno sprint. Ma non siamo qui soltanto per me. Puntiamo anche alla classifica con Ciccone e alla maglia a punti con me.

La squadra ha dato delle priorità fra questi due obiettivi?

Penso che possiamo gestire le due priorità e condividere il lavoro, la pressione e i risultati. Lo stavamo dimostrando al Giro, dove abbiamo fatto un lavoro quasi perfetto. Fino alla caduta di Ciccone eravamo in un’ottima posizione e crediamo di poter fare lo stesso, altrimenti uno di noi sarebbe rimasto a casa. Giulio ed io pensiamo davvero che insieme potremo aiutarci a vicenda.

Hai detto che il Giro è stato quasi perfetto, cosa servirebbe perché la Vuelta lo fosse completamente?

Cicco sul podio di Madrid, facile!

Cosa puoi dirci del tuo programma di quest’anno, con Giro e Vuelta e niente Tour?

Mi ha fatto capire che il Tour de France non è tutto. Abbiamo tante gare in calendario e se il Tour de France è l’obiettivo principale, allora potresti non rendere al 100 per cento nelle altre. All’inizio di questa stagione, non sono stato selezionato per il Tour perché volevamo andare con Johnny (Milan, ndr) per i suoi sprint. Io da parte mia volevo ottenere il massimo da ogni opportunità che mi si presentava, comprese le classiche. Ho voluto mettermi subito pressione, iniziare a vincere e ottenere il maggior numero di vittorie possibile. Poi è venuto il Giro e ora la Vuelta. E mi sono chiesto: perché non affrontarla con le stesse ambizioni che avevamo al Giro? Anche perché metà della squadra è la stessa di due mesi e mezzo fa. Così abbiamo alzato la posta per ottenere il massimo.

Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Nelle prime tappe del Giro, Ciccone ha aiutato Pedersen. Poi l’abruzzese è caduto e questo ha impedito a Mads di ricambiare il favore
Sembra di capire che dietro ci sia anche un ragionamento molto approfondito sulla preparazione…

In realtà, faccio solo quello che mi dice il mio allenatore, è un tipo intelligente: dovreste parlarne con lui. Quando corro, cerco solo di avere la mente lucida per cercare di vincere quando è possibile e finora ha funzionato. Se anche la Vuelta dovesse andare a rotoli, penso che la stagione sia stata comunque positiva.

Questo significa che comunque vorresti tornare al Tour?

E’ la gara più importante, non ho ancora finito con il Tour. Il mio obiettivo è vincere un giorno la maglia verde. E poi perché dovrei metterlo da parte? Solo perché non lo faccio per una stagione? Non sto ancora pensando al ritiro o cose del genere, quindi le squadre possono avere piani diversi che l’anno successivo magari cambiano. E allora magari al Tour ci tornerò l’anno prossimo, chi può dirlo?

Facce, quote e nomi della Vuelta: Ciccone tira il gruppo azzurro

15.08.2025
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Dopo la partenza del Giro d’Italia e un pezzetto della Grande Depart del Tour 2024, Torino darà il via anche alla Vuelta. Dal 23 agosto, la corsa spagnola partirà dal capoluogo piemontese e sarà il consueto esame di fine anno per chi ha risultati da confermare e chi deve invece recuperare una stagione balbettante. La statistica racconta che il primo vincitore italiano della Vuelta, Angelo Conterno nel 1956, era proprio di Torino. Se ne andò nel 2007 a 82 anni, dopo aver vinto un Giro del Piemonte e tre tappe al Giro d’Italia.

Sono appena sei i vincitori italiani della Vuelta Espana. Ci fu Conterno nel 1956, poi Gimondi nel 1968, Battaglin nel 1981, Giovanetti nel 1990, Nibali nel 2010 e Aru nel 2015. Sono sei: uno in meno dei vincitori italiani del Tour che sono sette. Significa che non c’è niente di facile a vincere la Vuelta, ma questo crediamo lo abbiate capito da un pezzo.

Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino
Angelo Conterno, vincitore della Vuelta 1956: foto tratta dalla mostra allestita dalla Città Metropolitana di Torino

L’assenza di Pogacar, nell’aria dopo le tante energie spese al Tour de France, sarà compensata da alcuni nomi di primissima grandezza, dando vita si spera a uno spettacolo come quello che ha reso davvero indimenticabile il Giro d’Italia di Yates. Il percorso si snoderà nella parte superiore di Spagna, con l’arrivo di Madrid che ne costituisce anche il punto più a sud. Quattro le tappe pianeggianti (una con arrivo in altitudine). Sei di media montagna, cinque di alta montagna, con tre arrivi in alta quota. Una cronometro e due giorni di riposo.

Vingegaard e il mondiale

Il favorito numero uno è Jonas Vingegaard, per nome e palmares. Il danese, che al Tour le ha provate tutte per staccare Pogacar, lo aveva detto già alla fine della sfida francese: «Prima mi prenderò una settimana di riposo e poi comincerò ad allenarmi di nuovo. E’ andata bene nel 2023, spero che funzioni ugualmente». La sua preparazione si è svolta ad Annecy, dove vive con la famiglia. Non ha svolto lavori di preparazione in altura, avendone accumulata parecchia per il Tour. A quanto risulta, nelle due settimane e mezza di allenamento, il suo unico obiettivo è stato recuperare freschezza. Come è chiaro, per averlo dichiarato da tempo, che il suo grande appuntamento di fine stagione sia il mondiale di Kigali.

«E’ stato il piano fin dall’inizio – ha spiegato il tecnico danese Michael Morkov – quando ho parlato con Jonas durante l’inverno e mi ha detto chiaramente di essere motivato per i campionati del mondo. E’ ad un punto della carriera in cui punta ai grandi appuntamenti».

Proprio per questo, in Danimarca si respira un po’ di apprensione perché Jonas non avrà abbastanza tempo per preparare i mondiali, che si correranno appena due settimane dopo la fine della Vuelta.

Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson
Vingegaard sarà il favorito numero uno della Vuelta con il supporto di Matteo Jorgenson

Ciccone alla prova

Dato il meritato spazio al più blasonato dei concorrenti, torniamo volentieri in Italia per Giulio Ciccone, che al rientro dalla preparazione in altura ha vinto a San Sebastian e alla Vuelta Burgos (foto di apertura). Il suo obiettivo 2025 sarebbe stato il Giro d’Italia, ma la caduta di Gorizia ha vanificato i suoi piani e quelli di altri corridori del gruppo. L’abruzzese ha detto chiaramente che vivrà la Vuelta giorno per giorno, ma sappiamo che per il Giro aveva lavorato tanto e bene in ottica classifica.

A chi gli contesta si aver sempre sofferto di un giorno di blackout nell’arco della tre settimane, lui per primo e la sua squadra rispondono che l’atleta è molto maturato. Vivrà alla giornata, ma non avendo mai chiuso un Grande Giro nei primi 10, è legittimo pensare che voglia mettersi alla prova.

«Mi piace confrontarmi con corridori forti – ha detto dopo aver battuto Del Toro a Lagunas de Neila, tappa più dura della Vuelta Burgos – preferisco gare così. Questa volta sapevo di avere il vantaggio di non essere in classifica e che lui avrebbe spinto a tutta. Ho approfittato della situazione e poi ho preferito non aspettare la volata. In questa corsa ci sono state diverse belle tappe, che sono state anche un’ottima preparazione per la Vuelta. Ci vado molto motivato, con l’intenzione di far bene».

Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme
Almeida e Ayuso sul Galibier al Tour 2024: i due non hanno avuto molte occasioni di correre insieme

Fra Almeida e Ayuso

La voglia di riscatto si respira anche in casa UAE Team Emirates. Il forfait di Pogacar è stato favorevole al ripescaggio di Ayuso: dopo il ritiro del Giro, altrimenti, lo spagnolo non avrebbe avuto un programma degno di interesse. Purtroppo per lui o per sua fortuna, dovrà fare i conti con l’identica sete di rivincita di Joao Almeida. Dopo la vittoria al Giro di Svizzera, il portoghese si è ritirato dal Tour con svariate abrasioni e una costola fratturata ed ha trascorso la convalescenza a casa. I due leader non sono mai stati grandi amici, si vedrà in che modo riusciranno a convivere.

«E’ una sensazione speciale iniziare la Vuelta da leader della squadra – ha detto Almeida – soprattutto con la forma che ho mostrato in questa stagione. Il recupero dall’incidente del Tour è stato fluido e le mie sensazioni in allenamento sono migliorate. Spero di continuare a progredire e di essere vicino al mio miglior livello all’inizio di questa Vuelta. Abbiamo un gruppo forte intorno a noi e credo che possiamo lottare per qualcosa di grande».

Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia
Dopo il passo a vuoto del Giro, Tiberi ha conquistato il secondo posto al Polonia

Tiberi per la generale

In casa Italia annotiamo anche altri nomi di sicuro interesse. Quello di Filippo Ganna, ritirato dal Tour, che avrà una cronometro in cui farsi valere. Lorenzo Fortunato, re degli scalatori al Giro d’Italia. In casa Red Bull-Bora, i nomi di Giovanni Aleotti, Matteo Sobrero e Pellizzari: pare che il marchigiano vada forte come e più che al Giro d’Italia. E’ la prima volta che Giulio affronta il secondo Grande Giro nella stessa stagione, ma non è da escludere che possa trovare il suo spazio accanto a due leader come Hindley e Vlasov.

Chi invece partirà con i gradi cuciti sulle spalle è Antonio Tiberi, affiancato da Damiano Caruso e Andrea Pasqualon. Uscito male dal Giro d’Italia, il laziale della Bahrain Victorious ha lavorato sodo in altura sul Passo Pordoi e al rientro ha centrato il secondo posto finale al Tour de Pologne.

«Dopo il Polonia – ha detto – una settimana di altura a Sestriere mi permetterà di arrivare direttamente a Torino per la Vuelta. Cercherò di rifarmi della sfortuna patita al Giro, sperando che possa andare meglio. La voglia è di fare bene, cercando di curare la generale».

Ciccone show a San Sebastian: UAE battuta e Vuelta in vista

02.08.2025
6 min
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Lo avevamo lasciato quel 25 maggio a Nova Gorica, quando arrivò in parata scortato dalla squadra con il quadricipite destro gonfio come un pallone. Da allora Giulio Ciccone non aveva più gareggiato. Lo abbiamo ritrovato a San Sebastian, con la sua solita grinta e delle curve tirate al limite, forse anche di più.

La Clàsica San Sebastian si è mostrata in tutto il suo splendore, con un finale thrilling come non si vedeva da un po’. E per noi italiani è stata ancora più bella, grazie al successo dell’abruzzese. Una vittoria in una classica che mancava da anni. Se facciamo riferimento al WorldTour, bisogna riavvolgere il nastro fino alla Roubaix di Colbrelli.

L’arrivo di Ciccone a San Sebastian, per l’abruzzese è la 12ª vittoria in carriera
L’arrivo di Ciccone a San Sebastian, per l’abruzzese è la 12ª vittoria in carriera

Larrazabal gongola

La classica basca si rivela quel crocevia tra atleti che escono dal Tour e quelli che rientrano in vista della Vuelta. E’ un mix di tante incognite. Come si sta? Questa è la domanda generale.

E questa è la domanda che si è fatto anche Josu Larrazabal, capo dei preparatori della Lidl-Trek. Ciccone è seguito da Michele Bartoli, ma il tecnico spagnolo osserva da vicino tutti i suoi atleti e, tanto più che oggi si correva a casa sua, era emozionatissimo. A fine corsa si è fermato subito in un bar per un caffè, per riprendersi dal (bello) shock.

«Questo è il Ciccone top. Questo ragazzo ha fatto un altro step – attacca subito Larrazabal – secondo all’UAE Tour, secondo alla Liegi, e quando non c’è Pogacar riesce a vincere anche lui, battendo tra l’altro i corridori più forti del momento. Se era pronto subito? Penso che quando si arriva a un certo livello certe cose le capisci. Mi spiego…

«Molti atleti, dopo un lungo stop, devono ricostruire la fiducia tramite i numeri in allenamento. Arrivati a quel punto, cercano conferme in corsa e solo dopo si sentono pronti. Ciccone non ha bisogno di questa seconda fase e questa è una dote dei grandi. E lui lo è. Vi racconto questo: siamo stati in ritiro ad Andorra e lì aveva detto ai ragazzi che stava bene. Ha stabilito anche due KOM. Piccole cose, ma che danno morale».

Per i baschi, tra cui coach Larrazabal, questa gara è magnetica. Quanto tifo lungo le strade
Per i baschi, tra cui coach Larrazabal, questa gara è magnetica. Quanto tifo lungo le strade

La fiducia di Ciccone

Ciccone ha guidato benissimo e in generale possiamo dire che ha condotto la sua corsa alla perfezione. Ha gestito bene la squadra, ha rintuzzato senza esagerare gli attacchi di Roglic e Del Toro sulla penultima salita e ha contenuto e poi rilanciato sull’attacco di Jan Christen nello strappo finale.

«Era tanto che non gareggiavo e qualche dubbio poteva esserci – ha detto Ciccone – sono contento di aver recuperato bene dall’infortunio al Giro. Abbiamo fatto un ottimo lavoro con tutta la squadra, ma sapete due mesi lontano dalle gare sono tanti, quindi è sempre difficile aspettarsi un risultato all’esordio. Però devo dire che oggi le gambe erano buone e abbiamo corso veramente bene.

«E’ stato difficile capire cosa fare quando eravamo in due, perché mancava ancora tanto all’arrivo. Ma quando sei in fuga con un corridore come Isaac Del Toro non hai tante scelte: devi continuare. Il momento decisivo c’è stato quando è rientrato Christen. Lui è arrivato veramente fortissimo da dietro. Pensavo preparasse un attacco di Del Toro, invece poi lui si è staccato».

E lì davvero Ciccone è stato bravo. Un gatto. Appena lo svizzero della UAE Emirates è partito, ci ha messo mezzo secondo a piombargli addosso, dando ai due compagni della UAE dimostrazione di forza e presenza tattica. Insomma, non si è fatto mettere in mezzo.

«In quel momento – riprende Ciccone – ho dato il mio 100 per cento e poi da lì all’arrivo è stata tutta una lunga apnea. Sì, fino a due chilometri dall’arrivo ho avuto paura, perché non riuscivo a capire bene la situazione. Poi, negli ultimi 500 metri, quando ho visto che non arrivava più nessuno, me la sono goduta tanto».

Il momento decisivo della gara. Del Toro non spinge più, mentre da dietro spunta Christen

Il lavoro ad Andorra

Non troppi giorni fa avevamo parlato proprio con Ciccone del suo rientro e del lavoro ad Andorra. E visto come era stato improntato quel lavoro, questo successo assume ancora più valore. Cicco era stato fermo fino a metà giugno. Aveva ripreso con gradualità e, prima del ritorno in quota, aveva ripreso i carichi di lavoro abituali. Ma poi il vero step, il grande blocco, lo aveva fatto proprio sulle alture pirenaiche.

«Non abbiamo lavorato in modo specifico per San Sebastian – spiega Larrazabal – ma in ottica Vuelta. Il fatto è che oggi tutto è stato perfetto. Lui era fresco perché non correva da molto tempo e magari il cuore poteva essere troppo alto, faceva caldo, la corsa era superiore ai 200 chilometri… insomma tante incognite. Quindi almeno fino alla salita decisiva, Erlaitz fino a 50 chilometri dall’arrivo, si restava un po’ sul chi va là. Poi però, se vedi che stai bene, puoi andare. Lì capisci chi c’è e chi no. Quelli del Tour magari avevano gambe ma non più la testa per tenere duro, altri al contrario non avevano abbastanza gambe. Giulio aveva tutto».

E qui Larrazabal aggiunge un tema non da poco, che più di una volta è stato toccato parlando di Ciccone. «E’ stato tutto perfetto perché Giulio, in queste condizioni, è un vero killer. Ha spunto, tiene in salita, sa guidare bene, ha grinta e poi ha una cosa che non s’impara, né si allena: l’istinto della gara. A lui la pressione non lo intimorisce, ma lo esalta. E quando ci sono corse così riesce a fare quello step che magari nei grandi Giri, spesso anche per sfortuna, non gli riesce. Nei grandi Giri ci sono tante più incognite: le cadute, le crono, il meteo… Per questo dico che per le classiche, per le corse di un giorno, Giulio è un corridore fortissimo. Sono anni che glielo diciamo, con Luca Guercilena e gli altri tecnici».

Ciccone e la classica foto con la chapeza, il tipico cappello basco…
Ciccone e la classica foto con la chapeza, il tipico cappello basco…

Tra festa… e foto

Ora la Lidl-Trek farà festa di nuovo. Dopo la maglia verde al Tour e le due vittorie di Jonathan Milan, ecco un altro successo di peso. La squadra di Guercilena c’è sempre.

Ancora Ciccone: «Che dire? Sono contento. Oggi ho trovato delle ottime gambe e vincere qui è davvero bellissimo, perché la Clàsica San Sebastian è una delle mie gare preferite. Era da tanto tempo che provavo a fare bene qui e questa è stata l’occasione giusta».

Finita? Non del tutto. Sentite di nuovo Larrazabal: «Un mio amico strettissimo, Josè – prosegue il tecnico basco – è tifoso di Cicco e mi ha detto che voleva fare una foto con lui. Allora stamattina l’ho portato da Giulio e ha fatta questa foto. Prima di andare via proprio Cicco gli ha detto: “Dopo l’arrivo ne facciamo un’altra con la chapeza”. La chapeza è il nostro cappello tipico che va al vincitore. Josè mi ha chiesto se secondo me veramente Giulio rifarà la foto. Gli ho detto che può starne certo. Andremo in hotel, avrà la foto prima e dopo la corsa… con la chapeza! Una giornata così è indimenticabile».

Voci da Andorra: Ciccone prenota una ripartenza alla grande

17.07.2025
4 min
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L’ultima volta che lo abbiamo incontrato, Roma intorno celebrava le maglie del Giro e Ciccone si era avvicinato per un saluto mentre insieme a sua moglie Annabruna stava cercando di raggiungere il pullman della Lidl-Trek. La corsa del team americano era stata così travolgente, che anche l’abruzzese, ritirato sul più bello per la caduta di Gorizia, aveva voluto essere presente per festeggiare con i compagni (in apertura la sua esultanza dopo aver propiziato la vittoria di Pedersen a Durazzo, ndr). Sorrideva, ma era anche mogio. Poi, sorridendo, aveva raccontato di aver trascorso gli ultimi due giorni a casa di Michele Bartoli (il suo allenatore, ndr) che lo aveva rimpinzato di buon cibo toscano per impedirgli di pensare all’occasione sfumata. Non sapeva se sarebbe andato a Parigi per assistere alla finale del Roland Garros fra il suo amico Sinner e Alcaraz (speriamo non sia andato: l’umore sarebbe peggiorato ulteriormente). Poi “Cicco” è scomparso, dietro alla rieducazione e alla ripresa della preparazione.

Quando finalmente si è riconnesso col mondo, al netto di qualche apparizione sui social per tifare il Sinner (questa volta vittorioso a Wimbledon), lo abbiamo intercettato ad Andorra. Mentre il Tour entra nel vivo, la sua estate ha la forma della ricostruzione della condizione e della fiducia, in attesa del rientro a San Sebastian e poi della Vuelta che partirà da Torino.

Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Dopo la caduta di Gorizia, che ha provocato la ferita al quadricipite destro, Ciccone ha dovuto lasciare il Giro
Torniamo per un istante al Giro: quanto è stato doloroso doverlo lasciare?

E’ stato molto difficile. In generale lasciare una corsa è sempre difficile, specialmente quando le cose stanno andando bene. Lo è stato ancora di più soprattutto per il clima più che ottimo che c’era nella squadra. E’ stata proprio una bella mazzata. Sono i casi in cui fa più male l’anima del corpo. Alla fine il corpo è abituato a prendere botte, mentre il dolore mentale è un’altra cosa. Tu sei lì che ti fermi e il Giro va avanti. Il dolore di testa non va via tanto facilmente.

Tanto più che le cose stavano andando bene, giusto?

Stavano andando super bene. Avevo passato gli esami più difficili, vale a dire le cronometro e lo sterrato. Secondo me ero in un ottimo stato di forma e dovevano ancora arrivare le tappe più adatte a me. Avrei fatto bene, questa è la mia sensazione. E poi è vero, sono stato da Bartoli nei giorni dopo la caduta: diciamo che è stata una sorta di mini vacanza. Abbiamo cercato di non concentrarci sul Giro, su quello che era andato perso, ma di risollevarci un po’ il morale. Di pensare agli obiettivi più grandi che devono arrivare. Di farci forza pensando a quanto di buono è stato fatto e prenderlo come spunto per i prossimi obiettivi.

Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Ciccone era arrivato al Giro come meglio non poteva e infatti era nel vivo della corsa
Quanto tempo sei rimasto fermo?

Completamente fermo per 10 giorni, senza bici. Poi ho iniziato a muovermi, a fare qualche allenamento, ma molto tranquillo, per un’altra decina di giorni. Quindi in totale direi che sono stato fermo una ventina di giorni: 10 senza bici, 10 molto molto easy. Il dolore è sparito del tutto, però comunque c’era una lesione sul quadricipite, quindi sul muscolo principale della gamba. Ancora adesso è rimasta la cicatrice sul tessuto e stiamo continuando a lavorare per recuperare la piena efficienza, ma il dolore nel frattempo è sparito.

Stai lavorando per un obiettivo specifico? Pensi al mondiale?

Per ora obiettivi ne ho tanti, perché mi piace rientrare competitivo, quindi sto lavorando bene in quota qui ad Andorra. Preferisco non pensare a una gara precisa, voglio rientrare forte. Voglio tornare a stare bene come al Giro d’Italia e voglio lasciare il segno da qui a fine anno. Il mondiale è nei radar, ne ho parlato con Marco Villa. Ci siamo sentiti, però dobbiamo ancora definire tutto. Io da parte mia sono disponibile per fare bene, a patto che riesca ad essere competitivo. Non mi andrebbe di fare solo presenza, quello non lo non lo vorrei mai e soprattutto la nazionale non lo meriterebbe.

Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Lo scorso anno a Zurigo, Ciccone ha corso il primo mondiale da pro’
Quindi il programma sarebbe?

Ora sono ad Andorra con i miei compagni di squadra. Il rientro è previsto a San Sebastian, poi Vuelta Burgos e la Vuelta di Spagna. Poi c’è da capire il discorso del mondiale e le gare di fine anno fino al Lombardia.

Lo spirito è quello giusto. La seccatura di essersi fermato sulla porta del grande risultato ha lasciato una cicatrice sull’anima al pari di quella che la caduta di Gorizia ha lasciato sulla gamba. Il Lombardia dello scorso anno lo vide sul podio dietro Pogacar ed Evenepoel: quella è la sua dimensione. La sensazione che voglia riprendersela si fa parola dopo parola più forte.

La Lidl-Trek del Giro: Guercilena e lo spirito di squadra

05.06.2025
6 min
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La Lidl-Trek ha appena concluso un Giro d’Italia davvero memorabile nella storia della squadra. Sei vittorie di tappa con tre corridori diversi, 17 piazzamenti nei primi dieci, cinque giorni in maglia rosa e una maglia ciclamino dominata fin dal primo giorno con Mads Pedersen.

Quello che però ha colpito è stato anche lo spirito di squadra che hanno dimostrato durante le tre settimane. Ciccone in testa nelle tappe di pianura, il campione del mondo di Harrogate che si metteva a disposizione dei compagni nelle tappe più impegnative, e molto altro. Come si costruisce una coesione simile? L’abbiamo chiesto a Luca Guercilena, direttore generale della squadra.

Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca, quello appena concluso è stato il vostro miglior Giro di sempre?

Altre volte abbiamo vinto delle tappe e anche la maglia a punti, ma mai dominandola così. Questa volta poi le tappe vinte sono state 6, obiettivo che non avevamo mai raggiunto non solo al Giro d’Italia, ma in generale in nessun Grande Giro. Il fatto poi che siano arrivate con 3 corridori diversi rende tutto ancora più straordinario.

E in tutto questo avete perso per strada Ciccone, che sembrava avere finalmente l’occasione per puntare ad una buona (ottima?) classifica. 

Quello è un grande rimpianto. Aveva superato molto bene le due cronometro e c’erano molte salite adatte a lui nella terza settimana, quindi è chiaro che è un dispiacere che non abbia potuto sfruttare questa possibilità. Il Giro sembra stregato per Giulio, per un motivo o per l’altro non è mai riuscito a dimostrare le sue potenzialità, e quest’anno aveva dimostrato di essere nella posizione e nella posizione migliore. Ma ci riproverà, ci riproveremo.

Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Il vostro spirito di squadra è parso subito qualcosa di speciale.

Direi che è da sempre una nostra caratteristica. Ci sono squadre che fanno risultati con un solo atleta, noi invece abbiamo cercato di essere un gruppo che si aiuta a vicenda. Poi avere Mads ci ha fatto un salto di qualità, è ovvio che una squadra competitiva si compatta, perché vincere aiuta a vincere. La vittoria di Hoole invece si costruisce nel tempo, con la ricerca sui materiali e con il lavoro specifico per le crono. La tappa conquistata da Verona dimostra il suo grande carattere, ha fatto vedere come fossimo pronti ad sostenere Giulio nelle tappe più dure.

Come si crea questo spirito, è un indirizzo dello staff oppure nasce spontaneamente dai corridori?

Da noi non c’è un grandissimo turnover, tanti corridori stanno per molti anni col team e quindi si riesce a costruire un rapporto solido, poi viene tutto più facile. Nelle ultime stagioni abbiamo aumentato i ritiri prima delle gare, quindi i ragazzi condividono molti giorni assieme, l’hanno fatto anche prima del Giro. Poi in una gara di tre settimane i problemi ci sono sempre, ma con un gruppo affiatato si risolvono molto meglio.

Nella frazione con arrivo a Siena, Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di un grande rientro su Del Toro e Van Aert
Nella frazione con arrivo a Siena Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di in grande rientro su Del Toro e Van Aert
Abbiamo già accennato ai vincitori di tappa e a Ciccone, ma anche il giovane Vacek ha fatto bella mostra di sé.

Mathias è un atleta che rientra nel gruppo delle classiche, che ha condiviso con Mads. E’ giovane e deve ancora prendere le misure, ma credo che in questo Giro abbia dimostrato le qualità che ha. Nella tappa di Siena per esempio, o anche in quella di Vicenza, ha fatto dei numeri incredibili. Con l’esperienza diventerà un punto di riferimento.

Solo per le classiche o in futuro anche in ottica classifica generale?

Per il ciclismo di oggi, almeno in questo momento, è un atleta che può fare bene nelle classiche o in alcune tappe. I migliori si aggirano sui 65-67 kg, mentre Vacek è sopra i 70 kg quindi viene più difficile pensare alla classifica. Con il tempo e con un’altimetria particolare, mai dire mai. Per ora lo vedo per le singole tappe e per le classiche.

Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
La tappa vinta da Verona ha emozionato tutti. Com’è stata viverla da dentro?

Anche per noi è stata un’emozione grandissima. Carlos si è sempre dedicato agli altri, si è sempre speso per il leader e noi abbiamo cercato di esaltare le sue qualità. Il giorno prima avevamo il morale sotto le scarpe per il ritiro di Ciccone e quella mattina i ds avevano cercato di motivare al massimo i ragazzi. Carlos è riuscito a trasformare quel momento in una grandissima prestazione, sia fisica che di carattere, in una tappa molto impegnativa. Il fatto poi che abbia dedicato quella vittoria a Giulio, avendo anche ad aspettarlo al traguardo tutta la famiglia, è sicuramente una delle cose più belle di questo Giro.

E poi c’è Pedersen, che corre e si comporta come un leader carismatico.

Mads può essere paragonato ad una bandiera della squadra, è passato nel WorldTour con noi e rimarrà con noi. La sua peculiarità è che nonostante sia un campione di livello assoluto, si spende sempre moltissimo. E’ una persona di carisma e gli altri lo prendono come riferimento, perché dà sempre l’anima. Sostiene la squadra e i compagni, quando è il momento di tenere i piedi per terra li tiene, quando invece bisogna spostare l’asticella verso l’alto è il primo a farlo. E’ uno che preferisce dimostrare in prima persona e poi chiedere agli altri, è un grandissimo esempio. E in più gli piace anche scherzare, come si è visto nella scommessa fatta con Mosca.

Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Infatti forse l’unica a non aver beneficiato di questa compattezza di squadra è forse Elisa Longo Borghini, che si è vista tornare a casa il marito con un taglio di capelli non preventivato…

Forse sì, ma Elisa è stata con noi diversi anni, quindi capisce bene cosa significa fare parte di un gruppo simile, qualcosa che va oltre la performance. L’immagine più bella di questo Giro, non a caso, è quando tutti hanno aspettato Giulio Ciccone il giorno della sua caduta. Un gesto che vale più delle vittorie, perché siamo tutti professionisti, ma per noi l’aspetto umano conta ancora di più.

Ad Asiago l’impresa di Verona, per la famiglia e per Ciccone

25.05.2025
5 min
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ASIAGO – Le figlie Berta e Nina lo guardano e probabilmente non capiscono quello che il padre Carlos sta dicendo in inglese ai giornalisti. Il Giro d’Italia ha incoronato Carlos Verona, di professione gregario e innamorato dell’Africa: al Giro per aiutare Pedersen e Ciccone, che forse non avrebbe neppure immaginato di ritrovarsi in questa corsa a parlare di sé. Lui è emozionato da morire e basta fargli una domanda perché la voce si rompa. Lo sguardo che rivolge verso sua moglie Esther, anche lei sul filo delle lacrime, è una delle immagini più belle di questo dopo tappa. Che cosa significa aver vinto qui, oggi, davanti alla tua famiglia?

«Tutto. Ho incontrato mia moglie quando ero junior – racconta – eravamo nella nazionale spagnola e abbiamo iniziato la nostra carriera insieme. Poi siamo cresciuti come famiglia. Accanto a lei sono cresciuto come persona e ora cresco anche come ciclista. Essere qui con loro è stato molto emozionante. Mi manca solo il mio piccolo Leo, abbiamo tre figli e lui non poteva essere qui. Ma questa vittoria è anche per lui e per la nostra grande squadra. La fatica più grande nel fare il corridore è trovare l’equilibrio tra lo sport e la famiglia. E’ molto impegnativo. Puoi dedicargli tutto il tempo e le energie che vuoi, ma loro sono sempre lì a tenermi con i piedi per terra. A ricordami di godere le piccole cose della vita, a pensare ad altro che allo sport. Averli qui è stato molto emozionante».

Carlos Verona, classe 1992, è nato a San Lorenzo de El Escorial. Pro’ dal 2013, è alto 1,86 e pesa 68 kg
Carlos Verona, classe 1992, è nato a San Lorenzo de El Escorial. Pro’ dal 2013, è alto 1,86 e pesa 68 kg

Dalla delusione al successo

Dice tutto d’un fiato, nel giorno in cui è entrato nella fuga e ha trovato le forze per staccare tutti e cercare l’azione solitaria sull’ultima salita che conduceva all’altopiano di Asiago. Alle sue spalle i primi della classifica saggiavano per la prima volta la resistenza di Del Toro.

«Sono lo stesso che ieri era a terra per la caduta di Ciccone – dice, cercando di spiegare l’emozione – quando ho tagliato il traguardo ero super deluso, ma poi ho dovuto mantenere la calma per rimanere concentrato. E oggi ho vinto ed è molto bello, perché mi ha permesso di creare emozioni e di intrattenere la gente. Spero che la gente si sia divertita a guardare questa vittoria. Mi piace molto cercare di lavorare sodo per la squadra. Fare tutto quello che posso per la mia famiglia. E per dare un senso al duro lavoro che io e la squadra abbiamo fatto durante questa stagione. Qui oggi si è vista soltanto la tappa, ma sono certo che anche Cicco avrebbe potuto giocarsi la vittoria. Siamo stati insieme negli ultimi due mesi con un atteggiamento così positivo, facendo tanti sacrifici. E sono contento, nonostante tutto, che oggi sia andato tutto per il meglio».

Al via della tappa da Castel di Sangro a Tagliacozzo, la foto con le maglie e il team quasi al completo: mancava già Kragh Andersen
Al via della tappa da Castel di Sangro a Tagliacozzo, la foto con le maglie e il team quasi al completo: mancava già Kragh Andersen

Un motore decente

Non vinceva dal Delfinato del 2022 e si era trattato della prima vittoria in carriera. Per fare il bis ha scelto il Giro d’Italia e probabilmente ha dovuto cambiare il chip in corsa. Come quando ti tolgono la briglia e ti lasciano libero di correre come vorresti e non come ti dicono di fare.

«In realtà nella prima parte della tappa – dice – stavo cercando di prendere la fuga e non ci sono riuscito e ho pensato che fosse una buona lezione, perché non ero preparato a lottare. Poi ci sono entrato e mi sono detto che alla peggio sarebbe stato un buon allenamento. Ho visto che continuavamo a guadagnare e allora mi sono detto di lasciarci una possibilità. Ho pensato di resistere più a lungo possibile e poi avremmo visto, anche perché il Monte Grappa è stato un passaggio difficile. Quando ci siamo ritrovati in 15, ho pensato che mi sarebbe piaciuto vincere. Mi sentivo forte, ma ero in fuga con corridori che non conoscevo e non potevo rischiare di arrivare con loro allo sprint. Ho un motore decente, non sono molto bravo quando devo fare molti attacchi, tattiche o sprint, ma riesco a mantenere un buon ritmo per molto tempo. Ed è quello che ho fatto. Ho dato il massimo e sono molto contento di esserci riuscito. Ma ho cominciato a credere alla vittoria negli ultimi 50 metri, prima ho sempre avuto paura che da dietro tornassero i primi della classifica».

Attacco a 44 km dall’arrivo e Verona resta solo. Alle sue spalle Garofoli e Zana
Attacco a 44 km dall’arrivo e Verona resta solo. Alle sue spalle Garofoli e Zana

Lo shock per Ciccone

Per la Lidl-Trek, che Verona definisce il luogo in cui si può essere se stessi e dare il proprio meglio, si tratta della sesta vittoria in questo Giro d’Italia, dopo la quarta di Pedersen e la crono di Hoole. Aspettando la corsa, il dottor Daniele ci ha spiegato che l’ematoma avrebbe comunque impedito a Ciccone di proseguire e che si fosse accorto da subito della gravità della situazione. Un brutto colpo per i tifosi italiani che confidavano nella terza settimana dell’abruzzese, figurarsi per la squadra pronta per aiutarlo.

«Quando abbiamo saputo che sarebbe andato a casa – dice Verona – siamo rimasti scioccati. Aspettavamo tutti la prossima settimana. Anche nel mio caso personale, non vedevo l’ora di dare un senso a tutto il lavoro della settimana scorsa. Il giorno dello sterrato mi sono svegliato super preoccupato non per me, ma per la paura di perdere Mads o Cicco (Pedersen o Ciccone, ndr), perché sono loro due che danno un senso al mio lavoro. E’ stato un durissimo colpo, ma alla fine la vita è così. Bisogna essere resilienti e guardare al futuro. Penso che tutto accada per una ragione. Si vede che non doveva essere il Giro di Ciccone, ma di sicuro lo attende qualcosa di buono. E questa vittoria è per onorare lui e tutto ciò che ha fatto».

Gorizia, disastro al Giro. Ciccone all’ospedale, Van Aert accusa

24.05.2025
6 min
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C’erano le Frecce Tricolori e le bandiere. Se non fosse stato per la pioggia, sarebbe stata una giornata di festa. Si annunciava come una tappa di avvicinamento alle prime montagne, con l’arrivo condiviso fra Gorizia e Nova Gorica nel segno della cultura e della fratellanza tra i popoli. Invece si è trasformata nel disastro per i protagonisti italiani del Giro d’Italia. Può succedere ancora tutto, come si affrettano a ripetere i commentatori televisivi, ma il dato di fatto sconsolante è che la situazione rosea di ieri è ormai un lontano ricordo.

Colpa di una caduta provocata non certo dal fato: in certe dinamiche purtroppo la sfortuna non è il primo fattore da considerare e dopo la tappa Van Aert lo ha detto chiaramente. Mancavano 23 chilometri al traguardo e in testa al gruppo la Visma-Lease a Bike lavorava nella scia di Asgreen ancora in fuga, per portare Kooij alla volata, quando è successo il finimondo.

«Certo era un circuito con molte curve – ha detto Van Aert ai media belgi dopo l’arrivo – ma quello di Lecce mi era sembrato molto più pericoloso. Quello che è successo oggi è stato una scelta dei corridori. I team di classifica sono nervosi, producono il loro stress ed è per questo che cadono. Bisogna avere il coraggio di dirlo. Corrono costantemente dei rischi eccessivi ed è per questo che cadono».

Non è ancora dato sapere se ci saranno polemiche perché la squadra olandese ha continuato a tirare, ma con Asgreen ancora in fuga e lanciato verso la vittoria non avrebbe avuto senso fermarsi. E così la Visma si è ritrovata senza la tappa, ma con Simon Yates rientrato in classifica. Anche se non è così probabilmente che sarebbero voluti tornare in gioco.

Del Toro, occhi di gatto

La caduta, si diceva, è avvenuta nelle prime quindici posizioni del gruppo, a conferma di quanto detto da Van Aert. Sono rimasti dietro quasi tutti gli uomini di classifica, ad eccezione di Isaac Del Toro, che ha riflessi da gatto e sembra quasi avere l’occhio magico per prevedere quel che accadrà. La tappa era vissuta quasi interamente sullo stesso schema, con i quattro fuggitivi davanti e il gruppo a fare l’elastico alle loro spalle, per non prenderli troppo presto. 

Asgreen, Davy, Marcellusi e Maestri, con la Alpecin e la Visma dietro a tenere il ritmo allegro avendo ancora Groves e Kooij con i migliori. Tutto il giorno così, fino al primo passaggio sul Saver, salita di 700 metri con una pendenza del 7,7 per cento, quando il gruppo è stato completamente falciato da una caduta.

Una strettoia tra le vie cittadine. Il fondo acciottolato bagnato. E dopo la frenata, il rumore della caduta. Tra coloro che hanno messo piede a terra e che sono anche caduti, si sono segnalati subito Pedersen e Vacek, candidati a giocarsi la tappa. La maglia rosa Del Toro, che però è ripartito subito. Bernal, Roglic e Ayuso, lesti a riprendere il ritmo. Mentre Ciccone è rimasto fermo, poi si è seduto sul marciapiede, con il ginocchio evidentemente malconcio.

Prima della tappa, l’abruzzese era settimo in classifica generale, a 2’20” dalla maglia rosa. Aveva conquistato per due volte il podio, ma ora il punto di domanda è se riuscirà a ripartire domani ed eventualmente virare verso la conquista di una tappa. In questi casi, più del dolore fisico fa lo scoramento e la faccia di Giulio mentre si infilava nella tenda per cambiarsi non prometteva nulla di buono. Il ritardo di 16’14” con cui la Lidl-Trek ha tagliato il traguardo compatta suona come una sentenza inappellabile.

Distruggersi per vincere

La voce di Asgreen risuona a margine della baraonda ed è giusto riconoscere il merito a questo danese concreto e duro, che già in passato è riuscito a battere Van der Poel nella volata a due di un Fiandre. Era il 2021 e in quel piegare Mathieu dopo la fuga a due c’era la sua capacità di tirare fuori il meglio quando anche i più forti sono stanchi. Per questo oggi non ha avuto grandi problemi a scrollarsi dalla scia Marcellusi e Maestri ormai allo stremo delle forze.

«E’ stata una giornata dura – ha detto – per arrivare a questo genere di cose devi distruggerti completamente, ma quando ci riesci la gioia è tanta. La squadra mi ha dato molte informazioni e mi ha anche suggerito a un certo punto di attaccare. So che nella seconda parte di un Grande Giro, le fughe possono arrivare, anche se è una tappa pianeggiante. Eravamo tutti stanchi e per questo ho dato tutto gas. Il circuito era tecnico, le strade erano bagnate, era difficile per il gruppo andare più veloce di noi nella fuga».

Ciccone all’ospedale

La giornata promette di essere ancora lunga. Il reparto comunicazione della Lidl-Trek ha chiesto di non contattare i corridori del team e che gli aggiornamenti saranno forniti quando anche loro sapranno qualcosa di più. Ciccone è stato accolto all’arrivo dal dottor Daniele, che ha cercato subito di farsi un’idea delle sue condizioni. Nel momento in cui scriviamo questo articolo, Giulio sta andando all’ospedale per sottoporsi a radiografie che possano dare una dimensione al suo infortunio. Le ambizioni di classifica forse erano tramontate dopo la cronometro, ma certo nessuno poteva immaginare una simile svolta nel suo Giro.

Vi forniremo aggiornamenti sui nostri canali social quando anche noi sapremo qualcosa di più. Furono ugualmente una caduta (provocata tuttavia da un capriolo che aveva attraversato la strada) e il conseguente dolore al ginocchio a causare il ritiro dell’abruzzese dalla Vuelta dello scorso anno. Attendiamo notizie dal team e intanto cerchiamo di capire quale potrà essere il ruolo dei nostri in questo Giro che è certo d’Italia, ma sempre meno degli italiani.

P.S. alla fine Ciccone ha dovuto alzare bandiera bianca. Gli esami hanno confermato che Giulio ha riportato un importante ematoma al muscolo vasto laterale del quadricipite destro e una piccola lesione alla fascia muscolare. Le sue parole nel comunicato della Lidl-Trek.