GRUISSAN (Francia) – Ciccone sta nel mezzo, come gli succede da parecchio negli ultimi anni. Voleva fare il Giro d’Italia, ma si è ammalato. Lo hanno portato al Tour per puntare alle tappe e aiutare Tao Geoghegan Hart, uomo per la classifica. Invece il britannico è caduto e Giulio si è ritrovato lui a fare classifica. E così adesso che Silvano Ploner di Rai Due gli chiede se non sarebbe meglio lasciar andare la classifica per puntare a una tappa, lui risponde con ironia.
«No, non è facile – dice l’atleta della Lidl-Trek – non è facile anche perché è sempre una top 10 a un Tour de France. Non va buttata così per andare in una fuga. Ci sono dinamiche un po’ diverse, però vediamo. Niente è deciso, quindi aspettiamo. Oggi è una tappa che tanti sottovalutano, ma sarà una tappa che farà più casino delle montagne. Quindi vediamo quello che succede e poi decideremo».
La partenza da Gruissan è caotica e calda. Le cicale friniscono senza tregua e prima che iniziasse il baccano della carovana si erano prese tutto lo spazio nella gamma dei rumori. I pullman sono arrivati alla spicciolata e quando Giulio ci raggiunge, ha lo sguardo divertito di sempre.
Ti abbiamo visto abbastanza stanco, come stai dopo il giorno di riposo?
L’altro giorno è stata una tappa folle. E’ vero, nell’ultima salita ho pagato qualcosa, però vi assicuro che non è stato un crollo. I miei dati erano buoni, la potenza era buona. Era semplicemente che Il ritmo era troppo alto per le mie possibilità, tutto qui. Ieri è stato un buon giorno di recupero e ora siamo nell’ultima settimana, vediamo cosa si riesce a tirar fuori.
L’idea comunque non era di fare classifica, giusto?
No, il leader era Geoghegan Hart, sulla carta. Arrivavo qui per fare qualche tappa, per riprovare magari la maglia pois. Poi però siamo partiti dall’Italia e, come avevo già dichiarato, volevo vedere come andava la prima settimana e poi decidere. Finora ho avuto delle belle prestazioni in salita, forse la peggiore è stata proprio a Plateau de Beille. Comunque tolti i tre fenomeni, poi il livello è molto bilanciato. Secondo me vale la pena provare a tenere duro. Manca ancora la settimana più dura, quindi se capita l’occasione non voglio tirarmi indietro.
Qualcuno ha detto che, visto il livello che hai in questo Tour, potevi fare un bel Giro.
Mi sarebbe piaciuto e come ho sempre detto, il Giro rimane il mio sogno. Però purtroppo per forza di cose sono già due anni che i programmi saltano. Ma ripeto per me il Giro è il Giro e magari fare un Tour così bene mi darà ancora più fiducia per riprovarci in Italia.
Cos’è che rende il Tour così duro?
Il Tour è il Tour, è micidiale. Non c’è una tappa dove si può stare tranquilli e le velocità sono pazzesche. Lo stress è altissimo, il livello è altissimo: è tutto diverso. Il Tour è una gara completamente a parte, non esiste una gara simile al Tour.
I valori sono buoni, la potenza è buona, quindi si corre guardando i dati sennò si salta?
Diciamo che io non li guardo, cerco di seguire la corsa e non mi lascio condizionare dai dati. Però poi ovviamente si analizza tutto e a leggere ci sono dei valori mostruosi. Ve lo assicuro. Quindi sono contento così.
BOLOGNA – Quando Pogacar e Vingegaard hanno attaccato, il gruppo di testa saliva a 500 watt. Mentre lo racconta, Ciccone solleva lo sguardo come a dire che aveva poco da farci. L’abruzzese gira le gambe sui rulli davanti al pullman della Lidl-Trek e intanto racconta. Fino a pochi secondi fa si è confrontato con Steven De Jongh, anche se a parlare era soprattutto il diesse belga. Prima di arrivare a chiedergli qualcosa, lo osserviamo. A tratti è pensieroso, nel cuore di questa stagione che lo ha visto saltare il Giro per una cisti al soprasella e iniziare il Tour in ritardo per un altro Covid.
L’ordine di arrivo lo colloca in quindicesima posizione, a 2’42” dal vincitore Vauquelin e ad appena 21” da Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel. Alle sue spalle sono finiti tutti gli altri leader del Tour: non è stata una cattiva giornata. E soprattutto, oltre alla propria prestazione, gli ha permesso di analizzare la condotta dei primi della classe.
«E’ stata una tappa molto dura – dice – specialmente dopo la giornata di ieri che è stata esigente, fra il caldo e il percorso. Il finale di oggi era molto movimentato, bellissimo. Il San Luca è stato uno spettacolo di gente, veramente emozionante. Però bisogna essere realisti sul livello che ho e seguire quei due mostri era praticamente impossibile. Perciò ho cercato di gestire con le forze che ho e farò così giorno per giorno. Pogacar e Vingegaard non li stiamo scoprendo adesso, hanno una marcia in più e oggi l’hanno dimostrato sul San Luca».
Solo da lì?
Il ritmo era altissimo già da tanto. Quando si va a più di 500 Watt per un tot di minuti, solo i grandi campioni come loro riescono a fare la differenza. Si era visto che Pogacar volesse provare qualcosa, sennò non mandi avanti Yates a quel modo. Sono state due giornate veramente strane, perché con il caldo il fisico si adatta, le sensazioni cambiano tantissimo e a volte la prestazione viene anche un po’ falsata. Per cui se ad esempio Roglic ha pagato è perché ieri può aver speso troppo, però non è necessariamente un brutto segno.
Quanto era forte il caldo oggi?
A dire la verità, oggi è stata molto meglio di ieri, meno estremo. Facendo delle salite veloci e grazie al vento, abbiamo avuto sensazioni migliori. Ieri invece abbiamo pagato tutti, perché era proprio afoso, non girava l’aria, non si respirava.
Pensi che i 4-5 giorni di allenamento che hai saltato per il Covid ti stiano condizionando?
Io sono sincero, in questi primi giorni mi manca la brillantezza, il cambio di ritmo. Però sono comunque soddisfatto perché voglio vivere giorno per giorno, facendo il mio massimo. L’importante è che riesca a mantenere il mio livello ed essere costante. A questi livelli, come ho già detto, si raggiungono dei picchi di potenza veramente alti, quindi se ti manca anche un 2 per cento, lo senti e lo paghi. Ci sta, siamo al Tour de France ed è giusto che ci sia anche questa differenza.
Oggi ci si aspettava che la UAE Emirates attaccasse, invece si sono ritrovati con Vingegaard di nuovo sul groppone…
Devo dire che su tutti gli strappi c’è stato molto nervosismo. Siamo alla seconda tappa del Tour e si sa che le prime tappe sono sempre più nervose. Siamo anche fortunati che queste giornate siano dure, perché la salita fa ordine e si rischia meno che nelle tappe piatte.
La gente sul San Luca ti ha dato una spinta in più per tenere duro?
E’ stato qualcosa di impressionante. Ho fatto tante volte il San Luca in diverse occasioni: all’Emilia e al Giro d’Italia, ma oggi davvero scoppiava la testa dalle urla. Penso che sia stato uno dei momenti che sicuramente mi ricorderò tutta la carriera.
Il Tour de Romandie ha significato il rientro alle corse per Giulio Ciccone. Un inizio di stagione tardivo causato da un problema al soprasella che lo ha escluso dal Giro d’Italia, suo primo obiettivo del 2024. Finite le fatiche in terra svizzera è volato in Spagna, a Sierra Nevada, per fare un lungo blocco di lavoro in vista dei prossimi impegni. Lo scalatore abruzzese sarà prima al via del Giro del Delfinato e poi al Tour de France.
«Sto bene ora – racconta Ciccone – sono stato in ritiro con la squadra e abbiamo fatto tre settimane intense di allenamento. Iniziare la stagione al Tour de Romandie è stato strano, non avevo mai cominciato così tardi a correre. Ma se ci pensate il calendario è ricco di impegni e da qui a settembre ci sono tante gare alle quali guardare con ottimismo».
Due ritmi differenti
In Svizzera erano presenti tanti corridori che sarebbero poi stati protagonisti al Giro d’Italia appena concluso come Arensman, Caruso e Alaphilippe. Oppure altri che andranno verso il Tour de France: Bernal, Vlasov e Simon Yates. Anche Ciccone punta alla Grande Boucle, ma per lui il Romandia era il primo passo, mentre per gli altri era l’ennesimo verso questo importante appuntamento.
«Il Romandia – continua Ciccone – serviva per mettere insieme ritmo gara e condizione. Ovvio, ho fatto tanta fatica, ma non correvo da mesi quindi era prevedibile. In più il livello degli altri corridori era alto. Io ho preso l’impegno come un prosieguo degli allenamenti fatti in precedenza. Finito il Romandia sono andato alla Eschborn-Frankfurt dove la condizione era già più alta».
Ricominciare da capo
Lo stop subito da Giulio, a inizio febbraio, ha costretto il corridore della Lidl-Trek a ripartire da zero e ricostruire tutto il lavoro dell’inverno. Una cosa che mentalmente può abbattere anche gli atleti più motivati.
«Sono arrivato al Romandia con meno di due mesi di allenamento – riprende – fermarsi durante l’inverno ha azzerato tutto il lavoro fatto in precedenza. L’uno di marzo sono partito da zero e dopo qualche settimana sono tornato in gruppo. Si deve ripartire con le gambe, ma anche di testa. Non bisogna farsi abbattere dalla situazione anche se rimettere insieme i pezzi è difficile. Arrivare ad una condizione decente mi è costato fatica e impegno. Probabilmente questo è stato uno dei periodi più difficili, ma sono contento di come l’ho superato».
Nuovi obiettivi
Con appena sette giorni di corsa messi insieme in questo 2024 Ciccone si avvicina alla seconda parte di stagione carico di aspettative, grazie anche al supporto della squadra.
«Il team – conclude – mi ha subito cambiato il calendario e i piani. L’avvicinamento al Tour è dei migliori e forse farò un calendario più intenso del previsto. Farò la Grande Boucle e a settembre la Vuelta, mentre con il programma iniziale avevo un solo una corsa a tappe di tre settimane: il Giro d’Italia. Ovvio che gli obiettivi cambiano, al Tour Thao sarà il capitano mentre io mi metterò nel ruolo del “jolly”. Porterò fantasia, ma sarò comunque a disposizione di Geoghegan Hart. Probabilmente avrò più spazio alla Vuelta, ma vedremo come mi sentirò durante la stagione. Dispiace aver perso il Giro, ma ora mi concentro sul Tour de France, che parte comunque dall’Italia.
«Il Delfinato – che partirà domenica 2 giugno – sarà un po’ una sorpresa visto che è la prima gara in cui arriverò con una buona condizione e una preparazione mirata. Provo e testo con tanta curiosità, vedremo dove mi porterà».
Con la stagione che è ormai iniziata, nasce una riflessione su Ciccone: chi lo guida dall'ammiraglia verso Giro e Tour? La Trek-Segafredo ha il nome giusto?
Arriva il Tour de France e si solleva il velo sui prodotti Eevye realizzati in esclusiva. Si tratta delle EevyCASE e delle EevyBAG con grafiche speciali
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Il progetto Giro d’Italia di Felline è durato quanto quello di Ciccone. Quando a causa della nota cisti e il relativo intervento ai primi di febbraio l’abruzzese ha dovuto rinunciare al grande obiettivo, la Lidl-Trek ha rimodulato la squadra e del gruppo costruito attorno a Giulio è rimasto ben poco. Il piemontese ha avuto tutto il tempo per farsene una ragione: l’annuncio è arrivato il 14 marzo e da allora il suo calendario è stato riscritto.
Fabio non è mai stato un corridore banale e probabilmente vale più di quanto sia riuscito a ottenere, che è comunque tanto. In questi giorni è al Giro d’Ungheria e la vittoria di Nys nella tappa di ieri vedrà probabilmente la squadra in difesa della maglia di leader. Perché Felline alla Lidl-Trek c’è arrivato per lavorare, mettendo in un angolo le velleità personali.
In Ungheria probabilmente la Lidl-Trek correrà in difesa del primato di Nys. Qui Felline dietro TesfatsionVincendo la tappa di ieri a Kazincbarcika, Nys è diventato leader della corsa
Il Giro da fuori
Quando la squadra americana si è ritrovata con i bimbi del Motovelodromo della sua città, Fabio si è fermato dietro le quinte della manifestazione che aveva contribuito a organizzare. Chi c’era lo ha visto un po’ malinconico, come è facile intuire se il Giro d’Italia parte da casa tua e tu non ne fai parte.
«Dispiace – dice – certo che dispiace, ma non ho problemi a riconoscere un limite fisico. L’anno scorso il Giro d’Italia dovevo farlo, ma non andavo, era un periodo no, quindi alla fine sono stato anche contento di saltarlo. Diciamo però che quando la scelta non si basa su un discorso di watt o di forza, ma su ragionamenti tattici che non dipendono dal corridore, bisogna accettarli in maniera professionale. E’ stata una scelta, semmai ora potrei sperare di entrare nella rosa della Vuelta. Ma la mia non era la delusione di uno che è stato fatto fuori, sapevo da tempo che avrei cambiato programmi. Tutte le gare che ho fatto da marzo a oggi non erano finalizzate al Giro. L’idea del Motovelodromo è nata quando ero ancora nel gruppo del Giro. Ho dato il mio contributo, ma era un progetto talmente nobile, importante e bello che era giusto farlo a prescindere dalla mia presenza».
Le gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo GiroLe gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo Giro
Come sta andando il ritorno in Lidl-Trek?
Mi trovo da Dio, qui mi sono sempre sentito a casa. E’ stata la mia prima grande squadra, poi sono andato in Astana, ma sul piano affettivo non è scattata la scintilla. Ci siamo lasciati bene, solo che dopo i primi due anni la squadra ha cambiato pelle e obiettivi. Sono spariti uno ad uno i leader per il Giri e io mi sono ritrovato senza riferimenti che prima valorizzavano il mio lavoro. Sono arrivato che c’erano Vlasov e Fuglsang, poi è venuto Nibali e mi sono trovato benissimo, poi la squadra ha cambiato obiettivi.
Cosa prevede ora il tuo programma?
Avevo valutato se staccare, anche perché non rientro nel gruppo del Tour. Però abbiamo deciso di tenere duro fino all’italiano, facendo Norvegia e Belgio. Questo vuol dire che correrò fino a giugno e poi il vero stacco lo farò dopo i tricolori.
Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…
In Ungheria si lavora per qualcuno in particolare?
Onestamente siamo partiti abbastanza liberi. L’altro giorno abbiamo provato a fare la volata e siamo arrivati quarti con Vacek. Io le volate di gruppo non le faccio più, per cui mi sono spostato all’ultimo chilometro e mezzo dopo aver tenuto davanti i miei compagni. Ieri c’era un arrivo in salita in cui ero libero di tenere duro. Ha vinto Nys, che aveva già vinto al Romandia. Il nostro obiettivo qui non era fare la classifica, vediamo adesso cosa cambierà.
Dopo 14 anni da professionista, ti sei dato un termine o si va avanti?
L’anno scorso, onestamente, ho pensato di smettere. Ho saputo a luglio che sarei venuto alla Lidl-Trek e ho rivisto la luce, ma prima ero abbastanza giù. Ho fatto 15 anni di professionismo e penso anche di aver fatto grandi cose. Magari non tutto quello che la gente si aspettava e questo l’ho sempre sofferto. Il fatto è che mi hanno sempre additato per quello che non ho fatto, piuttosto che applaudito per quello che sono riuscito a fare. Ho vinto 14 corse. Ho fatto 9 volte podio nelle tappe dei Grandi Giri, ma nessuno lo sa. Quando sono passato si aspettavano che vincessi il mondiale, la Liegi, questo e quest’altro. Non so se non ci sono riuscito perché non avevo abbastanza qualità, ma non sono uno che si piange addosso. Non sono uno che si sfoga sui social, sbandierando le sventure passate. Eppure, quando mi fermo a raccontare la mia vita d’atleta e metto in fila tutti gli infortuni e le coincidenze sfortunate, è veramente una barzelletta.
Felline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al TourFelline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al Tour
Qual è stato il momento in cui hai scelto di diventare un gregario?
Quando all’Astana ho capito che davo più garanzie aiutando un capitano, che cercando il risultato per me. In più c’è stato un ricambio generazionale ed è oggettivo che ci sono dei giovani che vanno fortissimo e che hanno cambiato il ciclismo. Forse il mio più grosso rammarico è stato aver perso i primi 7-8 anni in cui ero più rampante e forse avrei avuto la possibilità di svoltare.
Sei passato a vent’anni e sei subito andato al Tour: super giovane anche tu?
Non lo so, ma so che l’anno dopo la squadra è fallita e io ho avuto paura di andare nuovamente in una grande squadra. Sarei potuto andare alla Liquigas, ma pensai di non avere la solidità necessaria e andai all’Androni. A Savio devo un grazie grande così, ma se non avessi avuto quel blocco psicologico, magari la mia crescita sarebbe iniziata a 22 anni e non a 25 quando sono arrivato alla Trek. Quindi per tornare alla domanda di partenza…
Ti sei dato una scadenza?
So che la squadra è contenta, io sono stato chiaro sulle mie intenzioni. Ho detto che il mio lavoro penso di poterlo fare ancora un paio d’anni: mi piacerebbe e spero di rientrare ancora nei loro progetti. Non voglio diventare un corridore che si trascina o che la gente guarda chiedendosi perché non abbia ancora smesso. Mi piacerebbe uscire dal ciclismo a testa alta, dicendo che fino all’ultimo sono stato utile a qualcosa. In questo momento però non ho nulla di certo in nessun senso, magari se ci risentiamo fra un mese avrò le idee più chiare…
Al Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di StansAl Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di Stans
E’ frustrante lavorare se poi alla fine non si vince?
No, perché so che vincere è durissimo. Per cui non ce l’hai con chi non vince, mentre è frustrante per quelli che ti valutano. Il valore di un atleta e quello che può fare dovrebbe essere riferito alla tipologia di squadra. Chiaro che il rendimento atletico tu debba garantirlo, ma se sei sempre dove serve e aiuti bene la squadra, allora hai fatto la tua parte. Sono contento di come sto andando. E alla fine sarò soddisfatto se potrò continuare a fare il mio lavoro come lo sto facendo ora.
Dopo così tanti anni, quanto c’è ancora di passione?
Ti rendi conto che a volte odi il ciclismo, se si può dire così. Succede quando fai tanta fatica e non viene ripagata dalle soddisfazioni. Poi però, appena ritrovi il filo conduttore, la passione ritorna. Sfido chiunque ad avere passione se semina, semina e semina ancora e alla fine non nasce nulla. Dopo un po’ diventa dura, in qualsiasi ambito lavori. Sono fasi che vengono e vanno via. Adesso quello che sto facendo mi piace davvero molto…
Luca Guercilena e la Lidl-Trek sono nel pieno di una grande accelerazione. Le risorse pompate da Lidl hanno permesso al team un’importante campagna acquisti: l’ultimo colpo di mercato è la firma del giovane Philipsen, che raggiungerà il team a partire dal 2025. Il senso di abbondanza si ha soprattutto nell’osservare la distribuzione degli uomini nei vari appuntamenti. Ciccone al Giro per fare classifica, ad esempio, dovrà convivere col treno di Milan e con le ambizioni di Bagioli: un bel vedere pensando al ciclismo italiano, una situazione da gestire per i diesse.
Ma l’occhio del “capo” ci serve per spaziare su temi più ampi, che riguardano da un lato la sua squadra, dall’altro gli equilibri del ciclismo mondiale, che a giudicare dalle ultime e contorte vicende contrattuali, non se la sta passando proprio bene.
Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?
La Lidl-Trek ha ingaggiato un bel numero corridori di grande qualità, alcuni già pronti, altri con grandi prospettive: quali sono stati i criteri di scelta?
L’esigenza di implementare la competitività nel WorldTour ci ha fatto valutare atleti che avessero già fatto risultati di qualità a quel livello. Come sempre però teniamo un occhio sul futuro, quindi cercando di ingaggiare giovani forti o con un talento sopra la norma. Starà a loro, col nostro supporto, trasformare il talento in performance di alto livello.
L’arrivo di Philipsen dal 2025 fa pensare a un progetto a lunga scadenza. Si è valutato di inserirlo nel devo team? In futuro questa potrebbe essere una via da seguire?
L’idea è di inserirlo step by step. Abbiamo l’intenzione di vederlo all’opera magari già nel 2024 nel nostro devo team, probabilmente dandogli la possibilità di correre alcune gare di livello superiore. Poi penseremo al passo definitivo. Albert è un grande potenziale, ma ancora molto giovane. Vogliamo dargli il giusto tempo di crescere e raccogliere i risultati a momento debito, considerato anche l’impegno in più discipline.
Quali sono state secondo te gli argomenti che hanno convinto Philipsen e in che modo seguirete il suo sviluppo durante la stagione?
Penso che il nostro modo di operare e il lavoro svolto dallo scout e manager del devo team, Markel Irizar, sia stato fondamentale. Creare un rapporto prima di proporre un contratto credo sia la chiave giusta. Aggiungerei che la serietà e l’affidabilità del nostro team sul fare crescere i giovani, senza affrettare i tempi, sia un altro parametro fondamentale. Non ultimo il nuovo progetto Lidl-Trek ha dato entusiasmo all’ambiente e gli atleti lo percepiscono.
Da quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team LidlDa quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team Lidl
La Tudor ha ingaggiato Tosatto, la Jayco ha preso Piva, com’è la situazione dei direttori sportivi nella Lidl-Trek?
Abbiamo il nostro nucleo storico con Andersen, Baffi e De Jongh. A loro abbiamo aggiunto Sebastian Andersen, già tecnico in Riwal, che ha grande esperienza con i giovani e si occuperà del “devo” insieme a Markel Irizar. Inoltre ho fortemente voluto Schar con cui ho condiviso gli anni da CT della Svizzera, perché credo abbia le capacità per essere un grande diesse. Esattamente come facemmo con Irizar, Popovych e Rast nel recente passato. Ci sarà un graduale passaggio di consegne. Nel ciclismo moderno, con atleti sempre più giovani, bisogna avere mille attenzioni in più e il gap generazionale può essere un elemento su cui lavorare.
Per tanti team il Tour è l’obiettivo principale, la Vuelta è l’esame di riparazione. Può avere senso costruire un team per il Giro e per un leader giovane, oppure la Francia attira di più?
La realtà ad oggi è così, anche se da italiano ho sempre cercato di bilanciare il team su Giro e Tour, quasi allo stesso modo. Molto dipende dal tipo di leader che si ha. Se avesse più chance al Giro, meglio concentrarsi lì e vincere, che focalizzarsi solo sul TDF sapendo di non essere competitivi.
L’UCI valuta un rimpasto del calendario, con spostamenti di classiche: cosa pensi dell’attuale calendario?
Ogni cambio va valutato con attenzione. Se il concetto è cambiare data per creare eventi più appetibili o aiutare i team dal punto di vista logistico a fare dei blocchi di gare vicine tra loro (avendo un occhio per un tema di grande attualità come la sostenibilità dei trasporti), sono sicuramente favorevole.
Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?
Saresti favorevole all’introduzione di un salary cap, di un tetto stipendi che non faccia pendere tuttto dalla parte dei più ricchi?
Sarei più per una “luxury tax” (nel basket NBA è una multa che si paga in caso di sforamento del tetto stipendi, ndr), nonché ad un serrato controllo dei contratti degli atleti. Nessuno può fare contratti più lunghi della sponsorizzazione del team (fino a che il 95% del budget è costituito dagli sponsor). Ovviamente tutto questo andrebbe inserito in un contesto dove il ciclismo professionistico si allinei agli altri sport considerati tali (ATP, NBA,NFL, F1) avendo come premessa di prendere le “parti” buone di quel business.
Dopo il faticoso passaggio olimpico e il Tour per rimettersi in bolla, Balsamo riparte dalla primavera e dalla voglia di divertirsi. Il tunnel è alle spalle
Prima del via, incontriamo Ghebreigzabhier. A lungo in fuga nella tappa di ieri, ha un fisico da mezzofondista. Tira per Milan, sogna di vincere per sé
Il debutto nella peggior Roubaix degli ultimi 20 anni e poi loro agli europei su pista. Jonathan Milan racconta e guarda verso i mondiali che già bussano
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
CALPE (SPAGNA) – «Vado al Giro d’Italia come si deve. Da capitano. Per la classifica». Finalmente un corridore che parla senza mezzi termini. Senza troppi giri di parole, schietto, diretto, come la sua terra: l’Abruzzo. Giulio Ciccone ci ha accolto così nel suo ritiro dicembrino in quel di Calpe. LaLidl-Trek è in fermento. Come più volte abbiamo già scritto c’è un sacco di personale che corre da una parte all’altra. Meeting, riunioni, visite, set up… interviste.
Prima di sedersi a parlare con noi, Giulio cerca qualcosa da sgranocchiare sul banco della sala a noi riservata. Ci sono tutti prodotti messi a disposizione da Lidl, che poco prima ci ha offerto un pranzo gourmet preparato da una graziosa e preparatissima chef.
«Dopo il finale di stagione un po’ movimentato– anticipa Ciccone – ora tutto va bene e siamo qua operativi. Pronti a ripartire». L’entusiasmo non manca. Così come non manca la passione per le grandi corse a tappe. Una passione mai sopita in “Cicco”.
Ciccone (classe 1994) si appresta ad affrontare la 9ª stagione da pro’, la quinta col gruppo di GuercilenaCiccone (classe 1994) si appresta ad affrontare la 9ª stagione da pro’, la quinta col gruppo di Guercilena
Di colpo l’anno scorso arriva un nuovo coach e dice che hai un motore enorme. Al Tour vai forte fino alla fine. Il Giro 2024 offre un’occasione importante e tutto cambia. Quindi al Giro cosa farai?
E’ la prima volta che proverò in maniera seria a fare classifica. Cercherò di sfruttare i mezzi della squadra, dello staff e tutto ciò che vi ruota attorno. E’ una sfida, una nuova sfida per me. Mi fido delle persone che lavorano con me, mi conoscono bene e sono state anche loro non dico a convincermi, ma a dirmi che si può fare.
Non è la prima volta che sei capitano, ma come hai detto tu stavolta è diverso: pensi di essere pronto?
Credo di sì, anche perché c’è la fiducia da parte della squadra. Lo scorso anno, nonostante i problemi proprio prima del Giro, ho dimostrato una certa solidità per tutta la stagione. Siamo un gruppo ormai affiatato e il progetto è condiviso da tutti. Questo non è solo il progetto di Giulio Ciccone. Ci sono tante persone dietro che lavorano. Non ci siamo svegliati da un giorno all’altro e abbiamo detto: «Andiamo a fare classifica al Giro».
Di questi tempi poi…
Chiaro, siamo consapevoli che ci sono tante cose da migliorare. E la prima che mi viene in mente è la cronometro. In tanti dicono: «Eh, ma al Giro ci sono molti chilometri contro il tempo». Ma come ripeto, c’è un lavoro dietro di molte persone e la sfida è anche questa. Siamo una famiglia: può sembrare una frase fatta, ma non lo è.
Hai toccato il discorso della crono. Il prossimo Giro ne propone quasi 70 chilometri. Ci state già lavorando? Hai fatto dei test anche per il body?
Sì, sì… ci stiamo lavorando sotto forma di test per valutare tutti i miglioramenti. L’intera struttura è già all’opera. Ho già svolto dei test in pista e ne farò altri. Poi ci sarà la galleria del vento: tutte cose nuove che non ho mai fatto prima.
L’abruzzese sa bene che dovrà lavorare molto per la cronoL’abruzzese sa bene che dovrà lavorare molto per la crono
In quale galleria del vento?
Non so se andremo in Olanda o altrove, stiamo valutando. Per ora abbiamo fatto i test con gli ingegneri su pista. E lì si lavora su tutto: sui materiali, sui body, sui manubri, sulla posizione chiaramente. Poi è chiaro, 70 chilometri sono tanti.
E poi quel giorno il tuo avversario non sarà Ganna, dai…
No, no! Però dovrò comunque dare il massimo e cercare di rimanere in linea con i miei avversari. Non devo vincere la cronometro, non devo arrivare nei primi cinque o dieci. Ma il bello di questo progetto è anche questo, perché c’è qualcosa in più che mi stimola. L’anno scorso avevo l’obiettivo di tornare a vincere e ci sono riuscito. A dimostrazione che se sto bene, le cose girano. Voglio alzare l’asticella. Non voglio mettermi pressioni da solo, però non mi pesa neanche dirlo e non mi va nemmeno di nascondermi.
Il buon Tour dell’anno scorso ha spinto un po’ in questa decisione? Ricordiamo che nella terza settimana, per difendere la maglia a pois, eri sempre davanti e hai speso molto.
Un po’ sì, diciamo che quello è stato un momento importante. Non è stato solo il Tour ad influire, ma l’intero anno. Ho sempre ottenuto buoni risultati e buone performance. Ho vinto anche al Delfinato e al Tour, ero ancora competitivo, nonostante comunque abbiamo dovuto cambiare i piani all’ultimo perché, ripeto, per me l’obiettivo l’anno scorso era il Giro.
Avevi preso il Covid dopo la Liegi…
E nonostante tutto sono riuscito a fare quello che volevo. Quindi è stata l’intera stagione che ci ha dato fiducia.
La bella prestazione all’ultimo Tour, con tanto di maglia a pois, ha incentivato l’idea di dare l’assalto al GiroLa bella prestazione all’ultimo Tour, con tanto di maglia a pois, ha incentivato l’idea di dare l’assalto al Giro
Il giudizio del tuo allenatore quanto pesa in tutto ciò?
Quello è stato un motivo che mi ha spinto ancora di più. Alla fine mi rendo conto delle persone importanti che ho intorno. E se certe cose me le dicono il preparatore e il mio manager, allora vuol dire che siamo pronti per provare a fare quello step in più. Inoltre adesso ho anche l’età giusta. Io ho sempre detto che mi rivedo nella vecchia generazione. Ormai tutti siamo abituati a vedere i ventenni spadroneggiare. E a 28 anni mi dicono: «Ma che cavolo fai»? Ma io vengo dal vecchio percorso delle categorie giovanili e in quel percorso le cose belle iniziavano a 27-28 anni.
Indurain, vecchia generazione, ha vinto il suo primo grande Giro a 27 anni…
Ognuno vede il ciclismo a modo suo. Secondo me adesso sono abbastanza maturo per poter provare quel qualcosa in più. Prima non lo ero.
Con le nuove teorie della crono, in cui si sta un po’ più alti con le mani, secondo te lo scalatore è un po’ avvantaggiato rispetto al passato, quando invece si stava schiacciati e distesissimi?
Qui si apre un mondo infinito, è qualcosa di incredibile e non si tratta solo di posizione. Basta pensare che un copriscarpe o un guanto, una manica lunga piuttosto che una manica corta, ti possono far vincere o perdere. Non riesci a sentire questi effetti, ma alla fine della prova sono i numeri che parlano. Ormai è tutto studiato. Abbiamo non so quanti ingegneri che fanno questo lavoro: chi si occupa solo dei manubri, chi del vestiario, chi fa degli scanner in 3D… Quindi più che il potenziale e la tipologia del corridore, che ovviamente contano, se oggi riesci ad avere dei buoni parametri, un buon “contorno”, riesci a spingere.
Ciccone ha corso 11 grandi Giri, il miglior risultato è il 16° posto nel Giro 2019 (in foto), quando fu anche miglior scalatoreCiccone ha corso 11 grandi Giri, il miglior risultato è il 16° posto nel Giro 2019, quando fu anche miglior scalatore
L’obiettivo è esprimere tutto il proprio potenziale, insomma.
Servono uno staff adeguato, il materiale giusto che ti permetta di esprimere quei numeri. Come succedeva a me in passato: i numeri in termini di potenza erano buoni durante le crono ed era inspiegabile che perdessi così tanto. Io spingevo, il problema è che la mia spinta non rendeva: mancava il contorno.
Dopo quest’ampia parentesi sulla crono, che comunque avrà il suo bel peso, torniamo alla corsa rosa. Quale sarà il tuo avvicinamento?
Abbiamo inserito l’altura ad aprile sul Teide e in generale farò qualche gara di meno. Sarà tutto improntato sul Giro: preparazione, corse, altura, corse… Dovrei però fare la Liegi. L’ho chiesto io, perché mi piace molto. E’ anche un modo per arrivare già belli “cattivi” e rodati per per la partenza del Giro. Tanto più che sarà subito duro. C’è Oropa alla terza tappa.
Hai dato uno sguardo al percorso? Andrai a vedere delle tappe?
Sì, gli ho dato una bella occhiata. Molte salite le abbiamo già fatte, le conosco. Di certo andremo a vedere le crono. Il problema è che adesso con con le gare, i ritiri, le trasferte è difficile trovare il tempo. Ma piano, piano faremo tutto.
Sembra sia già iniziato il funerale del Giro d’Italia relativamente al parterre. Niente super campioni, tutti al Tour con l’aggravante delle Olimpiadi, per le quali la Grande Boucle sembra il viatico migliore. Noi non siamo del tutto d’accordo. Alla fine qualcuno di peso ci sarà.
Di certo non vedremo il campione uscente Roglic, che ha deciso di cambiare squadra proprio per giocarsi il tutto e per tutto in Francia. E molto probabilmente non vedremo neanche Vingegaard e Pogacar. Anche se qualche “micro-porticina” aperta lo sloveno l’ha lasciata.
Ma se così fosse, si potrebbero aprire delle enormi occasioni per i corridori italiani. E’ vero, non abbiamo atleti pronti, ma c’è una buona schiera di corridori giovani e maturi (più un “vecchietto”) che può fare bene. Al netto dei loro programmi, che ancora non si conoscono, questi atleti hanno i numeri tecnici, fisici e mentali per farci sognare. E i più giovani hanno anche margini di crescita.
Ciccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo GiroCiccone viene dalla vittoria della maglia a pois al Tour. Un segnale positivo in vista del prossimo Giro
Ciccone, la svolta
Seguendo il ranking UCI, il primo “corridore che ci viene in mente “papabile” è Giulio Ciccone. L’atleta della Lidl-Trek aveva detto di aver messo una pietra sopra sul discorso classifiche generali, però è anche vero che alcune cose sono cambiate.
E’ cambiato il suo preparatore e Cicco ha scoperto nuovi orizzonti. Ed è uscito bene dal Tour: per conquistare la maglia a pois bisognava spendere parecchio fino alla fine e Giulio ha tenuto botta.
In più lo scorso anno aveva preparato la corsa rosa al dettaglio, aveva dovuto dare forfait a pochi giorni dal via causa Covid. Magari vista la situazione potrebbe essere ingolosito da tutto ciò.
Ciccone potrebbe davvero avere l’occasione della vita e una volta in ballo sappiamo che l’abruzzese riesce a tirare fuori anche quello che non ha. Ricordiamo la sua determinazione nella crono di Combloux giusto all’ultimo Tour. Lottò come un leone sulla salita per prendersi i punti del Gpm. In quel tratto fu più veloce anche di Vingegaard. Certo, il danese aveva spinto per tutto il tempo e Cicco si era concentrato su quel settore, ma ricordiamoci come andava il danese. Quel giorno prima di parlare con noi, Cicco dovette recuperare diversi minuti dopo l’arrivo, tanto era il fiatone.
Frigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso ZoldoFrigo e Zana sono stati compagni di squadra nella nazionale U23 di Amadori. Lo scorso anno si sono anche ritrovati in fuga insieme verso Zoldo
Zana e Frigo per sognare
Capitolo giovani. Ecco che si apre un fantastico mondo di speranze e sogni. Qui si va con pressione zero. Nessuno può e deve chiedere nulla ai nostri ragazzi, ma l’opportunità è ghiotta anche per loro. Possono fare esperienza ad alto livello, iniziare a prendersi certe responsabilità e a fare i conti con le tre settimane in veste da leader.
Il corridore della Jayco-AlUla forse è un po’ più avanti rispetto a quello dellaIsrael-Premier Tech. Primo perché Filippo ha un anno di più e poi perché ha più esperienza e più vittorie di peso, su tutti la tappa della Val di Zoldo giusto all’ultimo Giro, e il tricolore. Aver portato sulle spalle quella maglia per un anno ti fa crescere. Certo però che se verrà Simon Yates i giochi si complicheranno per lui.
Frigo probabilmente è più bravo a crono e questo conterà non poco nella prossima corsa rosa che di crono ne ha due. Marco sta crescendo con costanza ma certo pecca di esperienza e ci sono alcuni aspetti in cui deve migliorare, ma in quanto a motore non si discute. In più lui è da corse a tappe nella mente. Ce lo disse proprio durante il Giro: «Voglio provare a tenere, per vedere in ottica futura cosa potrò fare in classifica generale».
All’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande soliditàAll’ultima Vuelta, Tiberi (in testa) ha avuto come compagno di stanza Caruso (alla sua ruota). Un duo di grande solidità
Tiberi-Caruso: concretezza totale
Chi invece a crono potrà fare molto bene è Antonio Tiberi. Il corridore della Bahrain-Victorious ha già alle spalle due Vuelta. Al Giro sarebbe un debuttante, ma certe strade e certe dinamiche di gruppo le conosce già.
E poi ha dalla sua una squadra che sa come affrontare determinate situazioni. Non solo, prima abbiamo detto un “vecchietto”, ci riferivamo a Damiano Caruso.
E qui passiamo al siciliano. Damiano potrebbe aspirare a grandi cose. Molto grandi. E’ l’ultimo italiano ad essere salito sul podio di un GT, secondo al Giro 2021. Va bene a crono. E’ una garanzia in salita e alla distanza. In 18 grandi Giri un solo ritiro. Corre spendendo meno energie degli altri e ha un cuore grosso così. Ma se le cose non dovessero andargli benissimo, potrebbe essere la vera arma in più proprio per Tiberi.
Il duo Bahrain non va assolutamente dimenticato. Tutto il pacchetto, ammiraglia inclusa, è estremamente competitivo.
Cattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al TourCattaneo aspira ad una maglia azzurra per Parigi. La speranza per i tifosi italiani è che Remco non lo voglia al suo fianco al Tour
Cattaneo e le crono
E il discorso della concretezza vale anche per Mattia Cattaneo. Atleta di una serietà unica, il corridore della Soudal-Quick Step potrebbe sfruttare al top la sua forza nelle cronometro. Anche se la stessa crono potrebbe dirottarlo verso il Tour, perché Mattia ha enormi possibilità di correre la prova olimpica contro il tempo.
Tra quelli citati sin qui è il meno scalatore forse, ma è anche vero che il Giro che arriva non è impossibile. Con Remco che fa rotta sul Tour, Cattaneo potrebbe avere i suoi spazi. Ma dipenderà molto anche da come la squadra vorrà venire in Italia. Con il velocista? Con i cacciatori di tappe? Facciamo un po’ fatica, ma magari ci sbagliamo, ad immaginare che Lefevere gli metterà vicino dei gregari fissi. Un conto è trovare strada facendo compagni che si adattano, e un conto è averli già mentalizzati al via.
E’ anche vero però che Cattaneo non dà tutte queste garanzie in termini di classifica. Ma tutto sommato questo discorso vale anche gli altri ragazzi citati.
Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti Parlare di classifica generale al Giro per Garofoli è forzato, ma se il corridore dell’Astana sta bene ha valori importanti
E gli altri
A tutti questi nomi ne possiamo aggiungere altri. Ne citiamo tre: Domenico Pozzovivo,Gianmarco Garofoli e Giulio Pellizzari.
“Pozzo” è sempre Pozzo, ma gli anni passano e ad oggi non ha ancora ufficialmente una squadra per il 2024. Se le gambe (e gli infortuni) seguissero la testa, forse in carriera non avrebbe vinto solo la Roubaix. Forse.
Gianmarco Garofoli: il talento non si discute, ma il terreno da recuperare dopo i problemi di salute è davvero grande. Ciò non toglie che lui, e tutti i gli altri, possano ritagliarsi spazi importanti. Dalla sua ha quel volpone di Giuseppe Martinelli.
Infine c’è Giulio Pellizzari. Questa è davvero una scommessa. Un gioco. Una piacevole suggestione. L’atleta della Green Project-Bardiani, secondo all’ultimo Tour de l’Avenir, non hai mai preso parte ad un grande Giro e neanche è detto ci sarà, ma vista la buona annata era giusto citarlo.
Dopo il 2023 dei tre grandi Giri vinti, la Visma-Lease a Bike del Giro è parsa una piccola squadra. L'hanno finito in quattro. E uno è il gigante Affini
Giulio Ciccone è pronto ad affrontare il suo ultimo blocco di gare del 2023. L’abruzzese sarà di scena domani al Giro dell’Emilia, quindi Tre Valli Varesine e Giro di Lombardia. In realtà poi il suo programma prevede anche l’appendice asiatica della Japan Cup.
Il corridore dellaLidl-Trek è rientrato in gara dopo le fatiche del Tour de France e lo ha fatto al Giro di Lussemburgo, anche se prima c’era stata la parentesi del Trofeo Matteotti. Come ha lavorato dunque Ciccone nel suo post Tour? Cosa ci possiamo attendere? Ce lo ha detto Giulio stesso… E lo ha fatto con un tono brillante che ci ha lasciato davvero una piacevole impressione.
Giulio Ciccone (classe 1994) in maglia a pois a Parigi con sua moglie AnnabrunaGiulio Ciccone (classe 1994) in maglia a pois a Parigi con sua moglie Annabruna
Giulio, ultime fatiche. Una stagione tutto sommato buona a parte la parentesi del Covid che non ti ha permesso di fare il Giro…
E’ quasi fatta dai! E’ stata una buona stagione, altroché. Io dico sempre che se non avessi preso il Covid non avrei vinto la tappa al Delfinato, non sarei andato al Tour e non avrei portato a casa la maglia a pois. Magari se fossi andato al Giro d’Italia chissà cosa avrei fatto. Questi intanto sono stati risultati concreti.
Partiamo proprio dalla fine del Tour: come è andata?
La settimana successiva alla Grande Boucle sono stato ancora in giro per mezza Europa per i circuiti, avendo vinto la maglia c’erano questi impegni. Quindi mi sono riposato una settimana, una settimana scarsa. Ne avevo bisogno. Avendo cambiato i piani nel corso della stagione sono arrivato a fine Tour che ero davvero stanco.
E come hai lavorato?
Ho fatto una parte di giorni, 5-6, di riposo assoluto, poi qualche piccola uscita e dal 10 agosto ero di nuovo nel pieno degli allenamenti. Non sono andato in altura. Subito dopo il Tour, Bennati mi ha chiamato e mi ha detto del Matteotti. Io ho accettato immediatamente. Sapevo che qualche gara mi serviva e l’ho vista come un’ottima occasione. E infatti è stata ottima per tornare a fare un po’ di ritmo. E poi era anche un po’ la corsa di casa.
Ciccone è tornato in gara al Matteotti (in azzurro), vale a dire 55 giorni dopo la fine del Tour (foto Instagram)Ciccone è tornato in gara al Matteotti (in azzurro), vale a dire 55 giorni dopo la fine del Tour (foto Instagram)
Il Matteotti si è tenuto il 17 settembre, a seguire c’è stato il Lussemburgo: che sensazioni hai avuto? Hai riconosciuto la gamba “fotonica” del Tour?
Riprendo il discorso del cambio dei piani nel corso dell’anno. Dopo il Tour mi serviva quel periodo di stacco e il Lussemburgo lo abbiamo preso proprio per fare ritmo. L’ho disputato in un’ottica di carico di lavoro. E tutto sommato le sensazioni sono state buone nonostante il livello alto. I valori non erano malvagi, ma come detto, mancava il ritmo corsa. E quella gara era perfetta: cinque tappe, l’ultima delle quali a sei giorni dall’Emilia, percorsi vallonati con salite brevi… L’unico piccolo rammarico è che nei giorni più difficili faceva freddo, c’erano sette gradi e pioveva, e in questi casi è difficile testarsi o avere indicazioni precise.
Sei giorni tra Lussemburgo ed Emilia: come li hai gestiti?
Nei primi due ho continuato a recuperare, ma andando in bici: senza avrei avuto l’effetto opposto e il Lussemburgo anziché farmi bene mi avrebbe fatto male. Poi ho fatto un giorno di lavoro intenso e quindi in questi ultimi due giorni prima dell’Emilia ancora recupero, scarico. In bici ovviamente. Alla fine non ho fatto molto (esattamente il discorso che faceva Notari qualche giorno fa, ndr).
Giro dell’Emilia: cosa ci possiamo aspettare da Giulio Ciccone?
L’Emilia è una di quelle gare che mi piace tanto, ma proprio tanto… devo però ancora capire se è adatta a me! Certo, con i corridori che ci sono quest’anno è dura, soprattutto per essere a fine stagione. Però io ho lavorato bene e anche di testa sono propenso, sono motivato. E in questa fase della stagione magari si riesce a cogliere qualcosa di più proprio perché si ha voglia. Mettiamola così: le aspettative sono buone, il risultato vedremo.
Al Lussemburgo un buon lavoro, peccato per il freddo in un paio di tappe chiaveAl Lussemburgo un buon lavoro, peccato per il freddo in un paio di tappe chiave
Fai lo stesso discorso per il Lombardia?
E’ un po’ diverso perché il Lombardia è l’obiettivo grande, grande. Arriva alla fine e lo si prepara come fosse un mondiale… ma è così per tutti. Io mi aspetto di stare bene.
Preferivi il finale più duro di Como o quello più classico di Bergamo che andrà in scena il prossimo 7 ottobre?
A me piace di più questo di Bergamo. Primo, perché sono strade che conosco molto bene (Ciccone è stato alla Colpack, team bergamasco, ndr). Secondo, perché l’arrivo a Bergamo presuppone un tracciato diverso, con salite più lunghe e regolari prima. Vero, il finale di Como è più duro, ma anche più esplosivo se vogliamo, mentre qui c’è lo strappo della Boccola (Bergamo Alta, ndr), ma come ho detto ci si arriva facendo scalate più lunghe. E’ una corsa diversa.
Allora vedremo Ciccone fare a “sportellate” con Pogacar!
Il Lombardia è il mio grande obiettivo. In questa corsa ho colto un quinto posto nel 2020. La condizione c’è, manca ancora qualcosa e spero di trovarla con Emilia e Tre Valli Varesine. Se tutto va come deve andare sarò competitivo come voglio io.
Tao Geoghegan Hart (foto Instagram in apertura) a fine stagione lascerà la sua “casa” ciclistica: la Ineos Grenadiers. Il britannico si trasferirà alla Lidl-Trek, una squadra che da quando ha cambiato nome, e sponsor, si è mossa tanto nel prendere nuovi corridori. Tao ha 28 anni, cambia squadra in quello che è sempre stato il periodo di maturazione per un ciclista professionista.
Una decisione che merita un approfondimento, per questo abbiamo cercato di capire di più parlando con il suo procuratore: Joao Correia. Ex corridore portoghese che da qualche anno rappresenta alcuni dei corridori più importanti del gruppo con la sua agenzia Corso Sports, fra cui Almeida e Pedersen. Correia ha una vita “divisa” in tante parti del mondo: Stati Uniti, Portogallo e Italia. Quando si trova da noi sta in Toscana, dove ha un B&B con il quale organizza viaggi legati alla bici per i turisti stranieri, in particolare americani.
Buongiorno Joao, innanzitutto, come procede la riabilitazione di Geoghegan Hart?
Ha terminato la settimana scorsa, è stata lunga: più di 3 mesi di lavoro per tornare in bici. A breve riprenderà a pedalare su strada e metterà nel mirino la preparazione verso la prossima stagione. Da quando abbiamo capito che nel 2023 non avrebbe più corso si è deciso di guardare al futuro. La squadra gli ha dato una grande mano, nonostante a fine stagione si saluteranno ha avuto un ottimo appoggio.
2024 che vede un grande cambiamento per l’appunto, cosa c’è dietro?
Dietro questa divisione c’è l’ambizione, che ogni corridore ha, di voler provare qualcosa di nuovo. Avere degli stimoli diversi fa bene agli atleti. In estate c’erano stati dei colloqui con la Ineos ma non tutto era chiaro, per esempio il ruolo che Tao avrebbe avuto. Lui vuole essere un uomo da grandi Giri, un leader. Non un capitano unico, perché nel ciclismo moderno è impossibile, l’abbiamo visto con la Ineos.
Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Quando è caduto al Giro, fratturandosi il femore, la Ineos aveva Thomas come “seconda punta”.
Esatto. Si sono invertite le parti rispetto al 2020, quando Geoghegan Hart vinse il Giro. A quell’epoca cadde Thomas e lui fu l’uomo di classifica, quest’anno è stato il contrario.
Allora com’è si è arrivati alla volontà di cambiare?
Tao ha un obiettivo: il Tour de France. Gara che ha disputato solamente una volta, nel 2021, in supporto a Carapaz e Thomas. Ormai è arrivato ad un’età in cui deve dire “ho vinto un grande Giro, ora ci voglio puntare in alto”.
Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da TaoIl cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Pensi che sia maturo per farlo?
Quest’anno al Giro d’Italia stava davvero bene, lo si è visto alla cronometro di Cesena. Lui è uno scalatore, quando un corridore del suo tipo fa una cronometro a quel livello vuol dire che sta molto bene.
Com’è nato il contatto con la Lidl-Trek?
Ho un grande rapporto con Luca Guercilena, grazie al fatto che un mio corridore, Mads Pedersen, corre per loro. Così parlando con lui è uscita questa occasione ed è stato tutto molto veloce. La Lidl-Trek stava cercando un uomo per fare classifica nei grandi Giri e l’occasione era importante. Ci sono anche altri profili (Ciccone su tutti, come detto dallo stesso Guercilena, ndr).
Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a OrtonaAl Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Geoghegan Hart ha corso sette anni con la Ineos: un corridore britannico in una squadra britannica, il cambiamento si farà sentire?
Non penso proprio. Tao è un ragazzo che sa stare molto bene in contesti internazionali, si trova a proprio agio a contatto con culture e lingue diverse. Quando è in Spagna parla spagnolo con grande disinvoltura e ha una speciale connessione con l’Italia. Ha un modo di pensare multidimensionale.
Il cambiamento gli farà bene quindi?
Quando si cambia si assumono nuove responsabilità. Ora deve focalizzarsi sul recupero e fare un buon inverno, poi vedremo dal 2024 cosa succederà.