Con “capo” Velasco, nei segreti di Sram e Movistar al Giro

26.05.2022
7 min
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Nella giornata di riposo di Salò, ci siamo fermati anche al camion officina del Movistar Team e abbiamo sbirciato le soluzioni adottate da Valverde e compagni, che utilizzano le forniture Sram, Zipp e Canyon.

Gomme tubeless, ma anche tubolari, tantissime ruote con profili diversi e quegli impianti frenanti che non hanno bisogno di manutenzione. E le leve dei freni curvate all’interno del manubrio? Più che altro una moda, secondo Ivan Velasco, tecnico del team iberico, anche se alcuni aspetti positivi ci sono. Entriamo nel dettaglio.

Si ultimano le operazioni di setting, in merito ai rapporti richiesti dai corridori
Si ultimano le operazioni di setting, in merito ai rapporti richiesti dai corridori

Sram, Canyon e Movistar, collaborazione totale

Un team WorldTour come la Movistar non ha bisogno “solo” della fornitura dei materiali, ma anche di un supporto costante e completo dei partner. Non di rado, proprio tra i corridori, il team e le aziende che forniscono i materiali, si instaurano anche dei rapporti profondi che contribuiscono alla ricerca e sviluppo. Canyon è con la squadra di Valverde da più stagioni, Sram e Zipp sono entrati nel 2019.

«Abbiamo iniziato la collaborazione con Movistar a fine 2019, proprio alla vigilia dell’anno del Covid – spiega Carlo Anzolin, Road Race Technician di Sram per i team pro’ – e non è stato semplice. Le difficoltà erano rappresentate dalle prime forniture e dal fatto che noi, come tecnici, non potevamo andare in Spagna per effettuare i collegiali a stretto contatto dei meccanici. Proprio in queste occasioni lo staff della squadra si è dimostrato all’altezza, per competenze meccaniche e capacità di fornire dei feedback. Dettaglio, quest’ultimo, tutt’altro che secondario».

La grafica dedicata a Valverde
La grafica dedicata a Valverde

Il punto con Ivan Velasco

Ivan Velasco è arrivato al Movistar Team da quest’anno, dopo essere stato responsabile dei materiali e del loro sviluppo per l’Astana. Basco classe 1980, prima dell’Astana ha anche lavorato per Specialized. E prima ancora è stato corridore con Orbea, Euskaltel e Caja Rural.

«Dal punto di vista tecnico e di approccio, il ciclismo è cambiato davvero tanto – spiega il responsabile tecnico del team Movistar – i corridori giovani talvolta montano in sella senza il minimo problema, mentre quelli con diversi anni di attività sono pignoli in tutto».

Buona parte dei corridori più giovani usa i tubeless
Buona parte dei corridori più giovani usa i tubeless
Tubeless o tubolari?

Posso dire che abbiamo metà dei corridori che usano i tubeless e l’altra metà che monta i tubolari, per dare un riferimento. Poi la scelta viene fatta anche in base alla tipologia di percorso alla soggettività del corridore. Diciamo che gli atleti più anziani preferiscono ancora il tubolare, mentre i più giovani montano i tubeless da 28. La nostra fortuna è anche quella di avere un parco davvero importante in fatto di scelta delle ruote Zipp, tra queste ci sono le versioni hookless.

A che pressioni vengono utilizzati i tubeless, sulle Zipp hookless?

La pressione è soggettiva e il parametro da considerare è il peso del corridore, prima di ogni altro fattore. Indicativamente siamo intorno alle 4,2 bar, fino alle 4,8/5.

La raggiatura delle Zipp del team è Sapim
La raggiatura delle Zipp del team è Sapim
Sempre nel comparto ruote, le raggiature sono Sapim?

Sì, le raggiature sono Sapim, una sorta di customizzazione per il team, anche se il carico dei raggi è quello standard, che si può ritrovare anche nelle ruote con raggi classici. Anche le ruote in dotazione ai corridori hanno i raggi in acciaio.

Passando invece alla trasmissione, caricate le batterie dopo ogni tappa?

No, indicativamente ricarichiamo le batterie del deragliatore e del bilanciere dopo 3 tappe, ma comunque facciamo un check quotidiano del sistema e dello stato della batteria, semplicemente usando la app di Sram. Le trasmissioni e le batterie sono quelle che si trovano in commercio, non abbiamo delle serie dedicate.

Con quale intervallo viene sostituita la catena?

Premetto che le catene Sram hanno una longevità amplificata e fin dalle prime forniture ci hanno colpito la durata e l’efficienza. Sulle bici da gara cambiamo la catena una volta a stagione, a meno che non si verifichino problemi, magari una botta oppure un incidente. Le variabili esterne sono comunque da considerare. Se dovessi quantificare in termini di chilometri, potrei dire che una catena Sram è efficiente anche per 12.000 chilometri, forse di più. Le batterie sugli shifters le cambiamo una volta l’anno, per essere sicuri.

Ci sono anche i pignoni Sram Force, con la scala 10-33
Ci sono anche i pignoni Sram Force, con la scala 10-33
I corridori usano i pulsanti eTap Blips?

Hanno iniziato ad usare quelli della generazione precedente, collegati con il filo ai manettini, ma quasi tutti stanno passando gradatamente ai nuovi che sono wireless. Questi ultimi li troviamo ad esempio sul manubrio di Valverde, posizionati sotto la parte orizzontale. Il vantaggio è che questi pulsanti satellitari vengono alloggiati ovunque sul manubrio, senza problemi.

E cosa ne pensi delle leve girate all’interno?

E’ più che altro una moda, anche se qualche aspetto positivo può essere argomentato. Ad esempio si può sfruttare una sorta di doppio appoggio per mano e polso, ma bisogna stare attenti alla rotazione del polso. In termini di aerodinamica si guadagna qualcosa, i test lo confermano, ma anche in questo caso è fondamentale non sacrificare in modo eccessivo il comfort dell’atleta, che è portato a chiudere la spalle. Rannicchiarsi in modo eccessivo può portare a tensioni sul collo e sulla schiena.

E invece per quanto concerne la scelta dei rapporti?

E’ molto soggettiva, ma tendenzialmente i corridori spaziano tra la doppia anteriore 54-41, 52-39 per le frazioni con tanta montagna, 10-30 e 10-33 per i pignoni. Valverde ad esempio usa quasi sempre la seconda combinazione per le corone e i pignoni 10-30. La scala 10-33 l’ha chiesta per la tappa con arrivo ad Aprica.

Leve leggermente interne per Valverde, non troppo
Leve leggermente interne per Valverde, non troppo
Quali sono le considerazioni del team in merito ai freni a disco?

Le opinioni sono soggettive, anche se ormai le biciclette con i freni a disco non sono più una novità. Anche il limite del peso è un fattore quasi secondario, noi con le Aeroad siamo a 7 chilogrammi, nelle taglie più piccole andiamo anche sotto questa cifra. Il grosso vantaggio per i corridori e per i meccanici è l’affidabilità dell’impianto idraulico Sram, che non richiede il cambio dell’olio. Viene fatto una volta all’anno e nel circuito non si accumulano bolle pericolose. E poi i dischi, che non si storcono e non danno fastidio, anche dopo discese molto lunghe e tecniche.

Un velocista sul Mortirolo. La lunga giornata di Consonni

25.05.2022
8 min
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«Una delle mie peggiori giornate di sempre». Si è fatta sera e Simone Consonni dopo la Salò-Aprica è ancora “sotto shock”. Il corridore della Cofidis ha l’aria di chi ha dato tutto su queste montagne e tra queste valli.

Con Simone viviamo la giornata di un velocista sul Mortirolo e non solo… Una giornata lunga, intensa, durissima, ma anche con dei tratti di ironia e divertimento.

Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto
Consonni al via da Salò. Sempre sorridente, ma anche un filo di preoccupazione sul sul volto

Da Salò…

Tutto era nato alla partenza di Salò, quando gli avevamo chiesto di raccontarci l’approccio a questi 5.000 e passa metri di dislivello.

Simone come si prepara, anche mentalmente, un velocista ad una frazione tanto dura?

Non si prepara – ride Consonni – né atleticamente, né mentalmente. E’ una tappa che deve vivere chilometro per chilometro. Sarà durissima, spero di solo di aver recuperato e di aver superato bene il giorno di riposo. Questo vale per me, ma anche per il gruppo, perché c’è stanchezza. Abbiamo corso per due settimane a ritmi alti. 

Che corsa ti aspetti?

Sarà una lenta e dura processione. Ho montato il 36×32 che non penso servirà, però è lì. Speriamo si formi presto il gruppetto e via. È importante non restare solo in partenza. In tappe così, quando ci troviamo alla partenza tutti noi velocisti ci guardiamo e ci diciamo: gruppetto? E iniziamo a vendere i biglietti per il treno!

Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte
Verso il Goletto di Cadino (più noto come Crocedomini) subito gruppo allungato. Si andava forte

All’Aprica

Passa la giornata. Dal caldo e l’afa della pianura, alla pioggia della montagna. Consonni si è lasciato alle spalle Goletto di Cadino, Mortirolo, Teglio e Santa Cristina. Per arrivare all’Aprica ci ha messo oltre 6 ore e mezza, vale a dire 53’11” più di Hirt e ha tagliato il traguardo in ultima posizione. 

Il suo racconto della sera, seduto su una poltrona dell’hotel all’Aprica, è a dir poco coinvolgente.

Simone, ci eravamo lasciati che vendevano i biglietti del treno…

Sì, sono salito su un treno con pochi passeggeri perché è partito al volo. Ho perso la coincidenza. Ho perso il primo treno dei velocisti. La verità è che ho faticato tanto e la prima salita, il Crocedomini, l’ho scollinata spendendo tantissimo. Sono riuscito ad agganciare il gruppetto dei velocisti proprio in cima.

Come mai?

Siamo rimasti in quattro praticamente da subito e quindi è stata una bella agonia. In quella situazione poteva finire molto male. Può sembrare una cosa stranissima, però sono contento di essere ancora in corsa e di ripartire domani (oggi, ndr).

Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Marc Cavendish era riuscito ad inserirsi nella fuga del mattino e aveva attaccato davanti il Crocedomini
Come hai vissuto dunque la tua giornata con salite così dure?

E’ stata veramente una giornata incredibile: 5.000 metri di dislivello, anzi di più se ci si mette il trasferimento, e quasi sette ore di bici per tenere il gruppetto. Non ci siamo mai fermati perché anche nelle valli abbiamo girato sempre in doppia fila. Poi nel finale ho perso ancora un po’ di tempo, ma sapevo che ormai sarei stato nel tempo massimo. 

Come mai tanta fatica in avvio? Eppure non c’era subito una salita…

No, però siamo andati subito fortissimo. E’ una costante di questo Giro. Passano le ore prima che la fuga vada via. E’ impressionante come il livello del gruppo sia alto. Quindi escono queste partenze incredibilmente veloci. Ho parlato anche con con gli altri del team e anche loro hanno detto che è stata una giornata dove c’è stato poco da rifiatare. 

Non era quindi questione di scaldarsi o meno…

No, e poi il gioco è semplice: le salite mettono ognuno al proprio posto. Quando possiamo tener duro teniamo. Possiamo scaldarci, possiamo fare quello che vuoi, ma il nostro posto è quello.

Prima hai detto: una delle giornate più brutte. Perché?

Perché comunque non sono mai il primo a staccarmi dal gruppo in salita. Invece è stato così. Non so se a causa del giorno di riposo molto blando, ma sicuramente la settimana scorsa ho speso tanto. E anche prima nella tappa di Napoli ho tenuto duro un po’ troppo a lungo. Ho provato ad andare in fuga anche verso Genova.

Cosa hai fatto nel giorno di riposo?

Uscita super tranquilla. Venti chilometri, caffè al bar con i compagni e altri 20 chilometri per tornare in hotel. Ne ho parlato anche con Guarnieri e gli avevo chiesto cosa avessero fatto loro. Jacopo mi ha detto due ore e anche con dei momenti intensi. Io sono rimasto un po’ così – fa una pausa Consonni – ma col senno del poi forse aveva ragione lui. Tutte queste cose messe insieme e il fatto che ci sono queste partenze a tutta, hanno fatto sì che oggi il mio fisico e la mia testa fossero un po’ stanchi. La cosa più rischiosa, e strana, è stato ritrovarsi in quattro. In più una volta ripreso il gruppetto, nel fondovalle dopo il Mortirolo ho anche forato e ho dovuto inseguire a tutta.

Il tempo massimo però era abbastanza ampio (un’ora e un minuto, ndr)…

E infatti sull’ultima salita mi sono staccato dal gruppetto. Anche se non l’ho fatto apposta. Nel senso che il mio limite era quello.

Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Anche ieri il bergamasco ci ha messo una grinta infinita (foto Getty)
Chi erano gli altri tre che erano con te sul Crocedomini?

Van den Berg, Tagliani e Sinkeldam. Ci siamo fatti compagnia in questa “via crucis” per la prima salita.

E in questi casi come vi gestite? Vi aiutate con i computerini, spingete a tutta…

Ci aiutiamo un po’ tutti con con i potenziometri. Valutiamo i distacchi. E’ un mix di numeri e sensazioni. Nel caso del Crocedomini una volta entrati nel chilometro finale abbiamo visto che c’erano le ammiraglie del gruppo poco davanti a noi. Abbiamo anche ripreso morale e abbiamo fatto una “fiammata” per riprenderli. Se non lo avessimo fatto, nel fondovalle verso il Mortirolo saremmo rimasti soli e saremmo andati a casa. Abbiamo evitato un disastro.

Un mix di numeri e sensazioni…

Sulla prima salita non erano i miei numeri. Il mio fisico era stanco. Capivo che quando ero ad un certo ritmo non potevo andare di più. Cercavo di tenere quel ritmo, pur sapendo che non era altissimo. Ma al tempo stesso non potevo perdere troppo contatto dal gruppetto di velocisti. Le telecamere non lo fanno vedere, però ci sono queste corse nella corsa quotidianamente. Perché alla fine ognuno di noi ha l’obiettivo di giornata e quasi certamente è un obiettivo faticoso, dispendioso ma anche bello da raggiungere. Quando sono arrivato ero contento e soddisfatto di me stesso pur non avendo vinto nulla.

Però come dici te, hai vinto la tua corsa nella corsa: stare nel tempo massimo in una giornata no…

Esatto, pur avendo avuto una bruttissima giornata fisica, come sensazioni, sono riuscito a completare una tappa di 200 chilometri e 5.000 di livello, che per un velocista non è facile.

Un velocista come affronta salite ripide quali Mortirolo e Santa Cristina?

Quando stai bene, chiacchieri e ti godi anche il panorama. Oggi (ieri, ndr) è stato uno sguardo fisso sulla ruota davanti mentre ero immerso nel mio tunnel, nei miei pensieri, nel mio “ma chi me lo fa fare”, nel mio  “ma quando cavolo la finisce la salita”… 

Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Mentre la maglia rosa stava per scollinare il Mortirolo, il gruppetto dei velocisti con Consonni aveva appena lasciato Monno
Il gruppetto spinge forte nei fondovalle, ma anche in discesa?

Sì, sì… tutti nemici! Per fortuna che scendendo dal Mortirolo non è piovuto perché era abbastanza pericolosa, tecnica e veloce. In pianura invece si spingeva. Nel fondovalle verso il Mortirolo ho tirato anche io, mentre verso Teglio no, perché avevo forato.

E tirano tutti, o i capitani i Demare, i Gaviria che hanno i compagni, stanno a ruota?

Tirano tutti, anzi i capitani spesso tirano anche di più.

Eri nelle retrovie e da solo: avevi l’ammiraglia dietro?

No, ma in questi casi si cerca un aiuto. La nostra ammiraglia si è appoggiata a quella Groupama-Fdj. Gli hanno lasciato borracce e anche delle ruote. E infatti anche quando ho avuto il problema meccanico ho avuto l’assistenza da loro.

Quante borracce e quanto cibo hai consumato in una tappa del genere?

Ho mangiato poco a dire il vero. A livello solido solo due rice cake. E poi tanti gel, una decina credo. Quando va così hai poco tempo per mangiare, si parte a tutta, in salita… Che poi a me piace mangiare solido, ma non era possibile. Il gel è più pratico. Di borracce invece credo di averne bevute 15-18.

E il “rampichino”, il 36×32, poi lo hai usato?

Sempre! Solo sulla prima salita non l’ho messo. Anche sul Teglio. A proposito, quando siamo arrivati all’imbocco del Teglio, sulla mappa abbiamo visto il “giro dell’oca” con l’imbocco del Santa Cristina dall’altro lato. Ho pensato: ma non possiamo tagliare!

Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Verso l’Aprica Simone ha consumato oltre 15 borracce (foto Instagram)
Senti, ma Cavendish che è andato in fuga?

Incredibile come va. Lo abbiamo preso sull’ultima salita.

E dopo l’arrivo come ti sei gestito? Cosa hai fatto?

Ho visto alcune persone che conoscevo, che volevano parlare, però è stato un ciao veloce. Infatti quando mi sono ripreso qualcuno l’ho richiamato per scusarmi. Li ho richiamati dopo che mi sono fatto una doccia di un quarto d’ora, passato a fissare il vuoto. Una doccia calda. Mi sono sdraiato mezz’ora. Dopo ho fatto quasi un’ora di massaggio e quindi sono andato a cena.

Cosa hai mangiato?

Pasta al ragù, un assaggino di pizzoccheri… dopo aver speso 6.600 calorie ci sta, coniglio con un po’ di patate e una fetta di torta di mele. E prima di andare a letto, una borraccina di proteine per la notte. Adesso ci si riposa in vista di domani (oggi, ndr).

E anche oggi non sarà facile per Consonni. Tanta salita e soprattutto il Tonale in avvio. «Per la prima volta domani farò i rulli prima del via di una gara su strada. Sarà che devo farne tanti in pista, che quando posso evito. Ma se non faccio così…».

Gaerne per Vendrame: al Giro con delle G.STL davvero uniche!

25.05.2022
3 min
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Gaerne e Andrea Vendrame formano un sodalizio tecnico e sportivo molto più che consolidato… L’azienda di Coste di Maser, in occasione del passaggio del Giro d’Italia dalla provincia di Treviso, ha consegnato al corridore trevigiano in organico con il team AG2R Citroën una speciale – ed unica – versione personalizzata del proprio modello di punta: il “best seller” G.STL

Vendrame calzerà queste scarpe dipinte a mano dall’artista Morris Spagnol in occasione della 18ª tappa della corsa rosa, quella che attraverserà le Colline del Prosecco con l’arrivo fissato nel cuore Treviso.

La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame
La tappa numero 18 attraverserà le strade di casa per Andrea Vendrame

Dipinte a mano

Ma come sono state interpretate da Morris Spagnol queste calzature Gaerne? Sulla tomaia sinistra l’artista ha riprodotto le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, Patrimonio dell’Umanità UNESCO: un vero e proprio paradiso attraversato come detto dal Giro. Sulla destra è raffigurato Joker – simbolo di Vendrame – che pedala in sella ad una bicicletta da città con il celebre pittogramma riprodotto sul lato interno. 

Gaerne, realtà aziendale fondata da Ernesto Gazzola e che il prossimo mese di ottobre festeggerà i (primi) 60 anni d’attività, ha voluto così omaggiare il proprio testimonial Andrea Vendrame con questa scarpa personalizzata: una calzatura che mette in evidenza il forte legame con il territorio, ma anche i duri ostacoli affrontati negli anni dal forte corridore di Conegliano.

La 18ª tappa del Giro d’Italia entrerà in provincia di Treviso a Ponte di Fener, e attraverserà da Valdobbiadene a Susegana l’intera zona di produzione del Prosecco Superiore DOCG: un area delimitata ad est da Vittorio Veneto… il luogo dell’incidente in cui incorse Vendrame in allenamento il 7 aprile 2016.

Gaerne G.STL sono anche le scarpe indossate dagli atleti della Bardiani CSF Faizanè
Gaerne G.STL sono anche le scarpe indossate dagli atleti della Bardiani CSF Faizanè

Le due tomaie in microfibra forate a laser delle G.STL di Vendrame sono diventate così una vera e propria… tela per l’artista trevigiano Morris Spagnol che ha raffigurato, dipinti a mano, tutti i motivi appena descritti. Spagnol, 30 anni e residente a Caerano San Marco dove ha fondato il laboratorio d’arte YishuLab, è chiamato “l’artista dei campioni”. Soprannome che deriva proprio dal fatto che molti calciatori si rivolgono a lui per creare dei veri e propri quadri con le loro rispettive maglie. La collaborazione tra Spagnol e Gaerne è oramai consolidata: nel tempo sono state diverse le decorazioni che l’artista ha dedicato al velocista tedesco André Greipel, ritiratosi al termine della scorsa stagione, e alle Gaerne di Fabio Aru con la riproduzione dello stemma dei quattro mori.

Uno di famiglia…

«Quella che abbiamo creato per Andrea Vendrame – ha dichiarato Ernesto Gazzola, il fondatore di Gaerne – è una scarpa a dir poco speciale. E’ un simbolo del nostro rapporto di stima, di crescita e di collaborazione iniziato nel 2019. Vendrame è trevigiano come noi e anche se il mestiere lo porta spesso lontano dalle sue colline, non ha dimenticato queste origini al punto che ogni volta che ci viene a trovare in azienda lo considero oramai un membro della nostra famiglia».

L’artista Morris Spagnol
L’artista Morris Spagnol

«Questa è la mia scarpa – ha ribattuto Vendrame – in assoluto la scarpa Gaerne che mi rappresenta meglio, sia come uomo che come atleta. Questa edizione speciale è dedicata alla mia terra, il Veneto: un territorio fantastico che con Gaerne stessa abbiamo in comune ed al quale siamo indissolubilmente legati».

Gaerne

Joao, ancora una difesa eroica. Ma potrebbe non bastare più

24.05.2022
5 min
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Sul Mortirolo e soprattutto sul Santa Cristina, Joao Almeida firma ancora un capolavoro, come sul Blockhaus. Per uno che non è uno scalatore, aver scollinato ad appena quattro secondi dalla maglia rosa, da Landa e da Hindley vuol dire tirare fuori il classico coniglio dal cilindro.

A cinque tappe dalla fine del Giro d’Italia, il corridore della UAE Emirates si trova in terza posizione a 44″ da Carapaz, non male. Anzi… Ma neanche benissimo: la sua posizione non è idilliaca. Quest’anno non avendo lo spazio di cui aveva beneficiato due anni fa (da semisconosciuto), non ha potuto sfruttare le tappe intermedie.

All’Aprica il portoghese incassa 14″ dai big. Il massaggiatore gli passa una borraccia con gli integratori, ma lui gli chiede l’acqua
All’Aprica il portoghese incassa 14″ dai big. Il massaggiatore gli passa una borraccia con gli integratori, ma lui gli chiede l’acqua

Sorpreso di se stesso

Però Almeida lotta. Eccome se lotta. Centellina ogni mezzo briciolo di energia. Anche sul Mortirolo, nel tratto più duro, si era leggermente sfilato, roba di centimetri. Ma come è iniziato il falsopiano si è riaccodato con una certa facilità.

All’arrivo però era provato anche lui. La prima cosa che ha chiesto è stata l’acqua. Nonostante la pioggia. Nonostante non facesse caldo come nei giorni precedenti.

In salita, ha confidato Joao ad un suo tecnico, ha sentito un po’ caldo. Neanche il tempo di mandare giù qualche sorso e di lasciar uscire dalle labbra un po’ d’acqua, per sentirne il fresco sulla bocca, che lo hanno portano via. C’era la vestizione della maglia bianca.

«Oggi – ha detto Almeida dopo l’arrivo – se devo essere sincero sono sorpreso di me stesso. Fin dalla partenza siamo andati a tutto gas. Non c’è stato un istante per respirare. Negli ultimi due Giri che ho fatto non ricordo di aver affrontato salite così impegnative e tappe tanto dure. Anche per questo sono davvero felice della mia prestazione e del mio risultato.

«Se penso alla maglia rosa? Ovviamente ci penso. Ma so che sarà un obiettivo difficilissimo perché i miei rivali sono fortissimi. Sono ancora ben messo in classifica. Non vedo l’ora di fare le prossime tappe. Devo continuare ad andare avanti e vedere fin dove arrivo. Continueremo a lottare fino alla fine».

Nella breve ma insidiosa discesa finale, sotto la pioggia, Almeida non ha rischiato nulla
Nella breve ma insidiosa discesa finale, sotto la pioggia, Almeida non ha rischiato nulla

Nessun rischio

Almeida però in volto non sembra soddisfatto, forse è solo stanchezza, visto che le sue parole sono state ben diverse.

Il distacco di Joao è un po’ aumentato scendendo verso l’Aprica, roba di nove secondi rispetto allo scollinamento. Il portoghese non è un drago in discesa, però è anche vero che aveva appena iniziato a piovere. E quando è così, sull’asfalto, specie se appena rifatto o nel sottobosco, si crea quella piccola patina che rende tutto più scivoloso. Anche Hirt e Arensman hanno avuto i loro bei problemi.

Ma gli ordini, ci hanno detto in casa UAE Emirates, erano chiari: non bisognava rischiare troppo. Meglio perdere qualche secondo più, fosse anche un secondo a curva, che mandare tutto all’aria.

L’unico piccolo rammarico che regna nel clan di Joao è l’aver messo il piede a terra quando Landa e Bilbao si sono toccati. Per un passista, regolarista come Almeida è stato uno stop dispendioso. Più dispendioso che per uno scalatore.

L’espressione del portoghese la dice lunga sulla durezza della tappa di oggi. Per queste salite aveva montato il 36×32
L’espressione del portoghese la dice lunga sulla durezza della tappa di oggi. Per queste salite aveva montato il 36×32

A sensazione

Ma quel colpisce di questo ragazzo è come sa gestirsi. Un veterano, nonostante sia un classe 1998. E abbiamo provato a parlarne direttamente con lui.

«Il Santa Cristina – ha aggiunto più tardi Joao mentre stava per rientrare in hotel – è stata davvero una salita dura e posso dire solo che l’ho fatta a tutta. Ho cercato di gestirmi al meglio, a volte guardavo il computerino, a volte no…».

«Sono sempre il primo big a staccarmi? E’ vero, è così. E’ il mio modo di andare – allarga le braccia, come a chiedersi: cosa ci posso fare? – ma bisogna soffrire. Io sto bene, le sensazioni sono buone ma ora, dopo 5.000 e passa metri di dislivello, sono stanco». E se ne va ai massaggi.

Joao a colloquio con Matxin, che lo porta subito all’interno per fare un debriefing della tappa
Joao a colloquio con Matxin, che lo porta subito all’interno per fare un debriefing della tappa

Tante, troppe salite

All’inizio abbiamo parlato di conigli dal cilindro. Ma anche se questi conigli iniziano a diventare tanti, potrebbero non bastare più. Verona è lontana e la cronometro finale non è lunga.

«Va bene – ci dice Matxin, super tecnico della UAE, che aspetta tutti i suoi ragazzi sulla soglia dell’hotel – dobbiamo tenere duro. Il problema è che ci sono salite. Salite e ancora salite. Volevamo essere un po’ più avanti e non è facile trovare spazio per attaccare. E sì: la crono è un po’ corta».

Però l’Almeida del 2020 era un corridore esplosivo su arrivi con strappi veloci. Era colui che a Monselice si buttava nello sprint con Ulissi, che guadagnava secondi sullo strappo di San Daniele del Friuli. Ha ancora queste caratteristiche? Maxtin non dice di no, ma neanche di sì.

«E’ molto regolare e in salita va più forte. Vediamo cosa inventarci».

La sensazione è che gli UAE Emirates da qui a Verona proveranno a ridurre il gap. E’ la loro unica chance.

Dolomiti bellunesi: emozioni da vivere tra leggenda e territorio

24.05.2022
4 min
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Le Dolomiti Bellunesi racchiudono un territorio di una bellezza che lascia senza parole. All’interno di questo territorio si susseguono vette imponenti, come le Tre Cime di Lavaredo, la Marmolada, ma anche laghi e parchi naturali. Il Giro d’Italia ha, da sempre, legato la sua grande tradizione a queste montagne, teatro di grandi battaglie. Gli appassionati avranno ancora negli occhi la vittoria di Vincenzo Nibali alle Tre Cime di Lavaredo nel 2013, incorniciata da una nevicata che rese ancor più grande l’impresa del messinese. 

Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro nel 2013
Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro nel 2013

Le montagne di Venezia

“Dolomiti Bellunesi – the mountain of Venice” (DMO) è il marchio nato da poco più di un anno, che racchiude l’intento di collegare sotto un unico progetto un territorio tutto da vivere. Ancora una volta il Giro si collega a questo territorio: in occasione della 19ª tappa la carovana partirà proprio da Belluno e sarà cullata da questi paesaggi che doneranno un tocco scenico speciale alla lotta per la maglia rosa. 

L’intento di Michele Basso, direttore di DMO, è quello di collegare, grazie alla bici, questi due territori così vicini ma così diversi: Venezia e le Dolomiti Bellunesi. Il simbolo di unione più grande è proprio una ciclabile, che da Venezia porta a Monaco di Baviera. Un viaggio di 560 chilometri nella storia in sella alla propria bici, i servizi non mancano, sia di trasporto (con bus e navette) sia tecnici (con numerosi punti di assistenza lungo il percorso).

Uno dei fiori all’occhiello delle Dolomiti Bellunesi è il lago di Misurina con sullo sfondo le Tre Cime di Lavaredo
Uno dei fiori all’occhiello delle Dolomiti Bellunesi è il lago di Misurina con sullo sfondo le Tre Cime di Lavaredo

Uno sguardo al futuro

La ciclabile Venezia-Monaco di Baviera condurrà i cicloturisti attraverso paesaggi e borghi magnifici. Uno di questi è Cortina d’Ampezzo, che insieme a Milano, nel 2026 sarà luogo ospitante delle Olimpiadi invernali. Un paese che ha unito la sua fama di meta turistica a quella dell’evento sportivo invernale più importante al mondo; Cortina, infatti, ha già ospitato le Olimpiadi invernali nel lontano 1956.

Le salite delle Dolomiti sono uno spettacolo da godersi in sella
Le salite delle Dolomiti sono uno spettacolo da godersi in sella

Un salto nella leggenda

E’ proprio la maglia rosa, simbolo del primato al Giro, che su queste salite ha acquisito ancor più posto nella leggenda sportiva. In particolare, sulle due salite che i corridori affronteranno proprio nel corso della tappa numero 19: Passo Pordoi e Passo Fedaia. La prima fu teatro di battaglie antiche tra due corridori che grazie alla loro gesta diedero vita ad una rivalità sportiva destinata a durare per sempre: Coppi e Bartali. Sulle pendenze del Pordoi i due si scontrarono due volte, nel 1940 e nel 1947. 

Il Passo Fedaia, teatro di arrivo della tappa di sabato, nel 1998 vide issare sulla sua cima una bandiera con il teschio, simbolo del pirata Marco Pantani. Sulle micidiali pendenze che portano in cima al Fedaia il Pirata timbrò il biglietto che lo portò alla conquista della maglia rosa a Selva di Valgardena. E pochi mesi dopo, anche a quella del Tour de France, firmando una indimenticabile doppietta a tinte tricolori. 

DMO presente con un’auto brandizzata con il nuovo logo che viaggerà con la corsa rosa dal 16 al 28 maggio
DMO presente con un’auto brandizzata con il nuovo logo che viaggerà con la corsa rosa dal 16 al 28 maggio

Assaporare il territorio

Tra un viaggio e l’altro, in sella alla propria bici, ci sarà anche la possibilità di fermarsi e assaggiare tutte le prelibatezze che questi territori hanno da offrire. Sono numerose, infatti, le possibilità di assaggiare la cucina tipica: malghe, ristoranti, caseifici ed i suggestivi mercatini a cielo aperto. Le particolarità culinarie sono per tutti i gusti, dai più decisi ai più delicati, la varietà è infinita.

Per chi non vuol farsi cogliere impreparato, la Provincia di Belluno ha incaricato recentemente il Touring Club e Slowfood che hanno pubblicato un’intera guida dal titolo: “Belluno, Feltre, Cortina d’Ampezzo e le Dolomiti Venete. In montagna, tra città d’arte e celebri vette, valli e sapori d’alta quota”, ricca di itinerari golosi e curiosità sui prodotti tipici.

Pozzovivo, dicci un po’: quale bici per Aprica?

24.05.2022
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Le giornate di riposo dei grandi Giri corrono via veloci anche per i corridori. Una sgambata leggera in tarda mattinata, massaggi e relax al pomeriggio, ma con un occhio rivolto alle scelte tecniche ottimali. Siamo stati da Domenico Pozzovivo, ci siamo fatti raccontare la sua bicicletta in vista della tappa del Giro con arrivo ad Aprica e la convivenza con i problemi fisici.

Una Cube Litening TE taglia 50 per Pozzovivo
Una Cube Litening TE taglia 50 per Pozzovivo

La Cube Litening TE del “Pozzo”

Si tratta di una bicicletta full carbon monoscocca da 6,8 chilogrammi di peso, nella configurazione che andiamo a raccontare. Il telaio, la forcella e anche il cockpit integrato, sono quelli standard in dotazione alla squadra, mentre le ruote sono una chicca. Sono una sorta di customizzazione delle NewMen R50 Streem, con i raggi in carbonio e con un valore alla bilancia di 457 e 570 grammi, rispettivamente per anteriore e posteriore (l’unica coppia in dotazione alla Intermarché Wanty Gobert). Hanno il profilo da 50 millimetri con predisposizione per il tubolare (pneumatici Continental Competition da 25 millimetri).

La sella utilizzata dal corridore lucano è la Prologo Zero II CPC Nack. La trasmissione è Shimano Dura-Ace 12v, con guarnitura (53/39) e power meter della vecchia generazione. Il cambio posteriore ha il bilanciere CeramicSpeed. In vista della durissima tappa odierna, con arrivo ad Aprica, Pozzovivo ha fatto montare una cassetta 11-34.

Ci sono due dischi da 140 millimetri. I pedali sono i Look Blade Ceramic con lama in carbonio da 20Nm (quella blu). La Cube Litening TE di Pozzovivo è una taglia 50.

Facendo un confronto con il passato, dopo l’ultimo incidente usi una posizione differente sulla bicicletta?

Siamo intervenuti sull’inclinazione e sull’altezza sella, abbassandola leggermente, ma anche sulla posizione delle leve del cambio, più rialzate rispetto al passato. Quest’ultima soluzione in particolare, mi permette di contrastare al meglio la posizione del braccio sinistro che fa fatica ad allungarsi. In merito alla sella ho dimezzato la sua inclinazione, considerando che ho sempre pedalato con la punta rivolta verso l’alto. Sempre con la punta rivolta verso l’alto di 0,6°, in passato ero intorno ai 1,2°. Diciamo che è un giusto compromesso. Mi permette di non sovraccaricare la zona lombare e di tenere leggermente scaricate anche le braccia. Le leve sono dritte e non sono girate verso l’interno del manubrio.

Hai dei fastidi quando sei in sella, sulla zona lombare e sulla schiena?

Convivo con questo fastidio, che diventa costante e si fa sentire quando le tappe sono particolarmente impegnative. Il fastidio non si presenta solo in salita, ma anche quando si affrontano le discese con tanta pendenza, perché il carico del corpo si sposta in avanti. Comunque riesco a tenere tutto sotto controllo, ma è pur vero che ho lavorato molto con gli osteopati e passo dopo passo abbiamo migliorato una situazione inizialmente complicata.

Ti viene a mancare la forza nelle fasi di frenata più decise?

Sì, mi manca la forza e anche la sensibilità delle due dita esterne.

La bici del Pozzo al Giro d’Italia 2022
La bici del Pozzo al Giro d’Italia 2022
Percepisci delle limitazioni anche nella zona delle gambe?

Sono costantemente in torsione con il bacino e di conseguenza con la parte inferiore del corpo. Questo accade perché cerco di sopperire alla mancanza di forza del braccio sinistro. Inizialmente ho avuto qualche problema al soprasella, ma ora ho quasi risolto anche questo aspetto.

Pedali con il massimo della tensione
Pedali con il massimo della tensione
Non utilizzi una sella corta: una scelta voluta, oppure condizionata dai problemi fisici?

Mi trovo particolarmente bene con la Zero II di Prologo, perché è piatta ed è conformata in maniera perfetta per il mio ischio. Mi piace anche l’inserto CPC. L’avevo persa per qualche tempo, ma ora che l’ho ritrovata me la tengo stretta.

Sella con lunghezza tradizionale, una Prologo Zero II CPC
Sella con lunghezza tradizionale, una Prologo Zero II CPC
In una situazione come questa, la bicicletta con i dischi ti porta dei vantaggi?

Si, tutte le dinamiche legate alla frenata sono meno complicate e sono portato a fidarmi di più. Questo mi succede nelle situazioni di asciutto, ma anche di bagnato e di sconnesso, anche e soprattutto se dovessi fare un confronto con il passato quando si usava il cerchio in carbonio, quando la frenata diventava un fattore critico.

E invece cosi ci dici di queste ruote?

Mi sono trovato benissimo fin dalla prima volta che me le hanno date da provare, perché sono leggere e perché mi permettono di chiudere tantissimo le traiettorie, come piace a me. Di solito le ruote super leggere sono da controllare e da assecondare, in questo caso ho un prodotto reattivo e guidabile, si adatta al mio stile di guida. Mi piace sentire la ruota e in parte anche la sua secchezza nelle risposte.

Pozzovivo e i numeri in gara, usi tanto il power meter?

Sempre, ho confidenza con i numeri e mi divertono, perché mi aiutano anche a far passare il tempo. Spesso in gara faccio anche i lap e faccio dei confronti con quello che eseguo in allenamento. Nelle ultime stagioni cerco sempre più, quando mi alleno, di simulare delle situazioni di gara. Questo fattore mi è stato utile anche per modificare una parte del training, visto che non sono più un ragazzino e mi confronto con gente che ha 15 anni meno di me.

C.B.T. Italia si testa sulle strade del Giro E

23.05.2022
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Mentre il Giro d’Italia entra nella sua ultima e decisiva settimana di corsa, un altro Giro si sta disputando in parallelo raccogliendo sempre più consensi ed interesse da parte del pubblico. Stiamo parlando del Giro E, giunto quest’anno alla sua quarta edizione con ben 15 team al via. Le tappe da affrontare sono 18 e porteranno le squadre a percorre alla fine oltre 1.000 chilometri. Fra i team presenti segnaliamo il “FREE TO X Autostrade//per l’Italia” i cui componenti gareggiano su un modello e-road firmato da C.B.T. Italia. Stiamo parlando della “Artik-09”.

A guidare il team troviamo l’ex professionista Andrea Tafi, capace nella sua carriera di vincere tra le altre cose Parigi-Roubaix e Giro delle Fiandre.

Questa è la squadra “FREE TO X Autostrade//per l’Italia” che partecipa al GiroE
Questa è la squadra “FREE TO X Autostrade//per l’Italia” che partecipa al GiroE

Made in Cuneo

C.B.T. Italia, acronimo di “Costruzione Biciclette Tardivo” è un’azienda piemontese, per essere più precisi cuneese. Nasce a metà degli anni Cinquanta a Cuneo ad opera di Giovanni Tardivo, grossista e distributore di parti per ciclo e motociclo. Nel corso degli anni l’azienda ha avviato la produzione di biciclette e telai puntando sempre su prodotti affidabili e di altissima fascia. Ancora oggi la produzione di telai per biciclette da corsa resta il punto forte di C.B.T. Italia che non ha mai voluto discostarsi dalla propria politica aziendale: pochi pezzi prodotti, altissima qualità, materiali di primissima scelta e tecnologie innovative. Il tutto al servizio di una fascia di mercato con alte e specifiche esigenze. 

Alla produzione di bici da corsa si è aggiunta recentemente quella di e-bike, con declinazioni per la corsa su strada, l’urban e il gravel. La scelta da parte di C.B.T. Italia di fornire le proprie biciclette elettriche al team “FREE TO X Autostrade//per l’Italia” ha una finalità ben precisa: sviluppare soluzioni tecniche ed elettroniche che verranno poi inserite nelle e-road future.

C.B.T. Artik 09
C.B.T. Artik 09
C.B.T. Artik 09
C.B.T. Artik 09

Scopriamo la Artik-09

La ARTIK-09 è un concentrato di tecnologia e design made in Italy. Il telaio è in fibra di carbonio. La batteria, nonostante un peso contenuto in 2.300 grammi, offre una potenza che la posiziona al vertice del mercato. L’accumulatore di C.B.T. Italia garantisce infatti 378 Wh nominali e addirittura 430 Wh effettivi. La batteria è fissata alla bici con un sistema di chiusura automatico, facendo dimenticare rumori e vibrazioni. 

Il team FREE TO X Autostrade//per l’Italia si è aggiudicato la prima tappa con arrivo a Nicolosi
Il team FREE TO X Autostrade//per l’Italia si è aggiudicato la prima tappa con arrivo a Nicolosi

Il motore brushless miniaturizzato nel mozzo, oltre a richiamare le linee filanti di una bici da corsa tradizionale ed a fornire un’elevata efficienza, garantisce una ottimale distribuzione dei pesi e grande performance in salita. 

La resistenza al rotolamento garantita dall’assenza di ingranaggi, pari a quella di una bicicletta muscolare, rende questa e-road ottimamente guidabile anche nei tratti di pianura nei quali non interviene l’assistenza elettrica. 

La ARTIK-09 nella versione utilizzata al Giro E ha un peso di 13,180 kg (con pedali montati) nella misura 54 e vanta una componentistica di prim’ordine, con il gruppo Shimano Ultegra, la sella Fi’zi:k Vento Argo R5, l’attacco del manubrio e il reggisella Deda Zero 100 in lega leggera, manubrio e reggisella anch’essi Deda Zero, ruote DT Swiss e copertoncini Michelin. 

C.B.T

Cogne, Ciccone sorride dopo due anni di problemi

22.05.2022
7 min
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Prendetelo, se siete capaci. Li ha fatti fuori a suon di scatti e adesso Ciccone scava il solco alle spalle. A volte allarga un po’ il ginocchio sinistro e guarda in basso, come se la sua bici avesse qualche problema. Ma le ruote continuano a girare e le gambe a spingere. Il traguardo si avvicina.

Cogne è là davanti, da qualche parte in mezzo ai boschi. La strada dell’ultima salita ha tratti in discesa che fanno rifiatare, ma dopo le prime due scalate e soprattutto la tappa di Torino nelle gambe, nessuno ha la potenza per riprenderlo. Così “Cicco” va e chissà se in testa prende a calci la crisi del Blockhaus. Strana coincidenza, a pensarci. I due bocciati di lusso dalla salita abruzzese si sono rifatti nel weekend successivo. Ieri Yates, oggi Giulio.

La tappa è partita da Rivarolo Canavese in un tripudio di publico davvero notevole
La tappa è partita da Rivarolo Canavese in un tripudio di publico davvero notevole

Eredità immotivata

I giudizi sono stati spesso ingenerosi, un po’ come quando si decise di accostare Cunego a Pantani e ogni passaggio a vuoto del veronese gli veniva sbattuto in faccia quasi con disprezzo. Non si sa perché qualcuno a un certo punto ha deciso che Ciccone dovesse essere l’erede di Nibali ed è stato come toccare un altro mostro sacro: perché? E allo stesso modo in cui non fu Cunego a chiedere l’investitura, ancora oggi si continuano a chiedere certe cose a Giulio.

Quando ce lo troviamo davanti, le ombre si sono diradate e con la sua faccia da monello, Ciccone ha solo voglia di far festa. Sulla stessa salita nel lontano 1998, un altro corridore delle sue parti – Ruggero Marzoli da Pescara – vinse una tappa del Giro delle Regioni. Entrambi cresciuti alla Colpack, entrambi con lo sguardo da matto.

In avvio di tappa, una caduta ha coinvolto Carapaz, Yates e Guillaume Martin
In avvio di tappa, una caduta ha coinvolto Carapaz, Yates e Guillaume Martin
Possiamo dire che era ora?

Più che altro possiamo dire che ci voleva. E’ stata bella sofferta e arriva dopo un lungo periodo difficile, in cui sono stato tanto sfortunato. Non è stato facile, però è arrivata.

Ieri Yates ci ha raccontato come si è ripreso dalla mazzata del Blockhaus, qual è stato il tuo percorso?

Sicuramente per me è stata una bella mazzata. Sapevo che poteva succedere, perché prima del Giro sono stato male. L’avevamo anche messo in conto con la squadra, in assoluto non è stata una sorpresa. Ma certo non potevo pensare che succedesse così, a casa mia, sul Blockhaus. Poi il giorno dopo c’è stato il riposo, quindi ero proprio dentro casa. Con la mia gente. Il feeling è stato ancora più brutto.

In fuga dal mattino, Ciccone ha liquidato gli ultimi attaccanti con tre scatti sulla salita di Cogne
In fuga dal mattino, Ciccone ha liquidato gli ultimi attaccanti con tre scatti sulla salita di Cogne
Come ne sei uscito?

Ho cercato di aggrapparmi alle cose giuste, alle mie capacità, al fatto di restare concentrato. Sapevo che comunque ero un po’ limitato dai problemi che ho avuto prima del Giro. Però sapevo anche che prima o poi doveva arrivare. Se avessi continuato a correre bene e a gestirmi, l’occasione doveva arrivare. E oggi è arrivata al momento giusto, con le gambe giuste.

A quali cose giuste ti sei aggrappato?

Ho pensato ai fatti dell’ultimo anno e degli ultimi giorni. In tante occasioni sono stato motivo di critica. E’ assolutamente normale, lo accetto. Siamo degli sportivi e la critica va accettata. Un po’ come nel calcio, quando si tifano squadre diverse e si smontano le altre. La critica è anche costruttiva, ma ultimamente era diventata esagerata, perché si gonfiavano sempre le aspettative, anche se io resto sempre a basso profilo. Non mi piace espormi molto, perché è nel mio carattere, non perché voglio tirarmi indietro. Mi sono attaccato semplicemente alle cose fondamentali.

Sul Blockhaus, Ciccone ha pagato il caldo e la preparazione non perfetta: al traguardo con 9’26” da Hindley
Sul Blockhaus, Ciccone aveva pagato il caldo e la preparazione non perfetta
Quali?

Come dicevo, alle mie caratteristiche. Al lavoro che ho sempre fatto sul serio, anche se alcuni ne hanno dubitato. Alle persone che hanno creduto in me. Alla mia famiglia. Alle persone che tutti i giorni mi hanno sempre ripetuto: «Cicco, sei sempre tu. Stai tranquillo e vedrai che arriva!». A differenza di quelli che dicevano: «Cicco è finito. Cicco è un fuoco di paglia. Cicco qua e Cicco là». Mi sono aggrappato a quelli che hanno creduto a me fino a ieri, nonostante abbiamo preso ancora legnate.

Fare classifica in un Giro è ormai un’utopia?

L’anno scorso la sfortuna ha deciso di condizionarmi. Al Giro secondo me avevo una condizione ottimale, ero sempre lì in tutte le tappe a combattere con gli uomini di classifica. E alla 16ª tappa ero sesto, dopo aver combattuto per quasi tre settimane. Per me era la prima classifica. Ero partito con Vincenzo come leader, era arrivato tutto a sorpresa. Ma ero lì e invece mi hanno coinvolto in una caduta e mi sono ritirato. Poi la Vuelta…

Negli ultimi chilometri Ciccone ha invitato il pubblico a far festa e poi ha lanciato gli occhiali, come nel suo rituale
Negli ultimi chilometri Ciccone ha invitato il pubblico a far festa e poi ha lanciato gli occhiali, come nel suo rituale
Come è andata?

Alla Vuelta volevamo fare classifica, ma nella stessa tappa sono andato a casa per una caduta. Anche lì ero in crescita e stavo rientrando nei primi dieci, con un livello altissimo. Ripeto: io so che stiamo vivendo un ciclismo in cui campioni come Pogacar e Roglic sono di un’altra categoria. Va accettato che sono più forti, però ho sempre detto che per me fare una buona classifica significava avvicinarmi ai primi cinque, iniziare a fare esperienza e vedere come reagiva il mio fisico nelle tre settimane.

Dovevi farlo quest’anno…

Era il programma, ma dalla Tirreno in poi è andato tutto storto. Con il covid e la bronchite. Un mese prima del Giro ho fatto due settimane di antibiotici. Ho rinunciato alla Freccia e alla Liegi e tutte le gare di avvicinamento. Sono arrivato al Giro a fari completamente spenti e il risultato è stato che la classifica non era possibile.

Ciccone non vinceva dal Trofeo Laigueglia del 2020: era il 16 febbraio
Ciccone non vinceva dal Trofeo Laigueglia del 2020: era il 16 febbraio
Questo paragone con Nibali?

E’ un paragone forte, perché siamo due corridori completamente diversi, di caratteristiche e mentalità. E’ una responsabilità grande, perché lui ha vinto tutto quello che poteva e se vieni paragonato a un campione è sempre una responsabilità grande. Da parte mia, potenzialmente ero e sono convinto tutt’ora che non mi manca niente per fare una buona classifica ed essere competitivo. Però ci sono dei fattori che non puoi controllare, come è successo a me dal 2019. Ci sono stati tanti bastoni fra le ruote che hanno portato a questa situazione.

Cosa hai provato vedendo Lopez in maglia rosa?

“Juanpe” è più di un compagno per me. Ho passato un mese in altura con lui e, ridendo e scherzando, gli ho detto più di una volta che sarebbe andato molto forte al Giro d’Italia. Quindi per me non è stata una sorpresa. Certo, vederlo in maglia rosa specialmente il primo giorno mi ha fatto un effetto strano. La maglia rosa è una cosa importante e in lui e nella sua spensieratezza ho rivisto un po’ il Giulio Ciccone del 2019, quando facevo così, un po’ spensierato e un po’ leggerino

La conferenza stampa ha permesso a Ciccone di fare anche qualche precisazione
La conferenza stampa ha permesso a Ciccone di fare anche qualche precisazione
Come sono stati quegli ultimi chilometri?

Dall’ammiraglia mi tenevano aggiornato sul vantaggio. Mi dicevano di gestirmi e di non saltare per aria e che comunque sarei arrivato, perché dietro erano staccati di un bel po’. Mi sono goduto la gente e ho riassaporato la sensazione bella che si vive quando stai per vincere.

Ti sei divertito ad attaccare a quel modo?

Sono stato Giulio Ciccone, che quando si sente bene fa sempre così, come è sempre successo. Quando sto bene e la gamba mi dice di andare, io provo ad attaccare: che sia in salita o in discesa. Non sono attacchi della disperazione, ma per far male e infatti hanno fatto male. Perché alla fine siamo rimasti in tre, poi in due, poi sono rimasto da solo. Quando sto bene, io sono così.

Volpi: «A Landa do 7, ma d’ora in poi lo voglio più coraggioso»

21.05.2022
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Non saranno ancora le grandi montagne delle Alpi, ma di fatto oggi con la Santena -Torino, si comincia a salire. E quando si parla di salite Mikel Landa è a suo agio. Il suo direttore sportivo, Alberto Volpi, lo sta guidando alla grande.

E Landa, lo diciamo senza troppe riserve, ha bisogno di una guida. Anche domenica scorsa ha rischiato di mandare tutto all’aria. E’ caduto. Però è riuscito ad arrivare davanti. Volpi dovrà tenerlo a riparo da se stesso. Ma il ragazzo e il suo motore non si discutono.

Nella crono di Budapest Landa ha “incassato”, per Volpi tutto secondo la norma
Nella crono di Budapest Landa ha “incassato”, per Volpi tutto secondo la norma

L’insidia di Torino

«Sì, l’altro giorno Landa ha rischiato, ma sapete anche voi che nell’economia di un Giro capita sempre la giornata più o meno fortunata – dice Volpi – e per fortuna nostra, non è stato niente di grave. L’anno scorso è stato molto peggio. Diciamo che il conto con la sfortuna lo abbiamo saldato». 

«Sono fiducioso perché il percorso del Giro è adatto a lui. E lo è già da questo weekend che propone due tappe impegnative. E sono preoccupato soprattutto per quella di Torino, che è meno dura, ma anche meno lineare. E’ una frazione insidiosa adatta non a scalatori, ma a gente che pedala forte in salita. E c’è una bella differenza».

Volpi la sa lunga e il fatto che sia più preoccupato per questa frazione e non per quella di Cogne “fa scopa” con quello che abbiamo sostenuto: le insidie planimetriche (e tattiche).

Per Mikel Landa davvero una brutta caduta. Per fortuna nulla di grave
Per Mikel Landa davvero una brutta caduta. Per fortuna nulla di grave

Verso la terza settimana

Ma sarà soprattutto la terza settimana quella che deciderà tutto e che ci dirà davvero se Landa ha compiuto questo salto di qualità. Dal Tour of the Alps, Mikel ha parlato pochissimo, come se volesse starsene sulle sue e non attirare troppi i riflettori. Anche le mattine prima del via, in zona mista, è alquanto telegrafico.

«A partire dal giorno di riposo – spiega Volpi – l’ultima settimana è davvero severa e credo che i giochi si decideranno prima. Ma la penultima tappa (quella della Marmolada, ndr) potrà ancora dire qualche cosa, nel caso uno volesse rimediare o allungare un po’ sugli avversari. Per cui credo che per noi e per il nostro corridore sia un percorso strutturato bene.

«Rispetto agli altri anni arriviamo a questo punto bene direi, nonostante le cadute appunto. E credetemi, per come è caduto poteva andare molto peggio. E’ caduto in malo modo. Poi nel rientrare, in discesa, credo abbia fatto una curva troppo all’interno trovando dello sporco ed è caduto ancora, stavolta rompendo la tacchetta della scarpa. Però non ha perso la testa».

E questo punto lo hanno sottolineato in molti. Era facile saltare di testa. Affrontare una salita così dura, potenzialmente decisiva, con una scarpa diversa non è facile (un diesse avversario ci ha fatto notare che lo scarpino di Landa non fosse il suo, ndr). Segno davvero di un grande stato di forma.

Scarpe diverse per il basco nella salita del Blockhaus
Scarpe diverse per il basco nella salita del Blockhaus

Più coraggio

«Se dovessi dargli un voto? Finora gli do un sette perché è stato bravo, ma non di più perché spero possa avere più coraggio».

E questo a dire il vero un po’ ci ha stupito. Di solito il problema di Landa è che attacca un po’ troppo, si espone molto. Volpi lo vorrebbe più aggressivo. 

«Sì, sì… spero che possa avere più coraggio perché lui le gambe per fare certe azioni ce le ha. Ma per fare delle cose che da buone diventano eccezionali serve coraggio. Mi aspetto un po’ più di spregiudicatezza».

E per essere spregiudicati serve anche la squadra e a Landa proprio non manca. La Ineos-Grenadiers forse è un po’ più forte nel complesso, ma non in salita. Due scalatori come Buitrago e Pello Bilbao non li ha nessuno.

«Siamo attrezzati bene – dice Volpi – ma anche la Bora Hansgrohe, per esempio è molto forte ed anche imprevedibile. Hanno vinto due tappe, corrono con serenità… Magari non hanno il super scalatore, ma messi insieme fanno la differenza. E comunque anche la Ineos Grenadiers resta sempre una grande squadra. Mi aspetto di avere un giro di grande equilibrio, vincerà uno che è forte forte in salita».