Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Dopo Cozzi, oggi tocca a Stefano Zanatta, direttore sportivo del Team Polti-Kometa, e il suo ricordo va dritto alla quinta tappa del Giro d’Italia, con Andrea Pietrobon terzo al traguardo. Si poteva vincere? Con un po’ di fortuna forse sì. Non è un’occasione da recriminare, se non contro la cattiva sorte e gli avversari che non hanno mai mollato un metro.
«Prima nella fuga c’era entrato Bais – racconta il trevigiano, voluto fortemente sull’ammiraglia da Ivan Basso – ma le squadre dei velocisti non lasciavano spazio. Poi è andato Andrea e magari con un po’ di fortuna in più, cambiava la stagione».
Zanatta, 60 anni, è tornato in ammiraglia con Basso per il lancio della Eolo-Kometa. E l’avventura continuaZanatta, 60 anni, è tornato in ammiraglia con Basso per il lancio della Eolo-Kometa. E l’avventura continua
La tappa andava da Genova a Lucca in 178 chilometri, 78 dei quali fatti in fuga proprio da Pietrobon. Il gruppo avrebbe affrontato in partenza il Passo del Bracco e nel finale il Montemagno da Camaiore. La squadra voleva andare in fuga: è la filosofia di corsa con cui nei suoi primi anni ha portato a casa la vittoria dello Zoncolan con Fortunato e quella di Bais a Campo Imperatore.
Si doveva andare in fuga anche quel giorno?
L’idea era di averne uno dentro sin dall’inizio e avevamo individuato Mattia Bais. Per noi il fatto di provarci è un leit motiv. Li obblighiamo a pensare fuori dagli schemi, a fare cose che nessuno si aspetta. Chi corre con noi deve essere disposto anche a fare cose tecnicamente non corrette. C’è uno solo che scatta in salita e arriva, noi dobbiamo correre diversamente. E la fuga di Pietrobon quel giorno a Lucca ci ha dato il morale per provarci ancora. Ad esempio per far andare Maestri in fuga con Alaphilippe.
Il primo corridore della Polti-Kometa a entrare in fuga era stato Mattia BaisDopo Bais, si è mosso Pietrobon, cha ha seguito Thomas, Paleni e ValgrenIl primo corridore della Polti-Kometa a entrare in fuga era stato Mattia BaisDopo Bais, si è mosso Pietrobon, cha ha seguito Thomas, Paleni e Valgren
Quindi prima Bais e poi Pietrobon?
Esatto. E quando dopo la salita ha visto partirei due francesi, cioè Benjamin Thomas ed Enzo Paleni, si è buttato dentro. Mattia aveva fatto la sua parte, toccava ad Andrea e devo dire che ha fatto tutto alla perfezione. Sapevamo che Thomas era più forte, per cui gli abbiamo detto di provare agli 800 metri. Sei nel finale di tappa. Sei andato per parecchi chilometri a 50 all’ora con il gruppo a 45 secondi. Se parti che manca un chilometro, ci sta che reggi. Se parti prima, ti pianti. Lui è partito bene. C’era una semicurva e poteva tenere certe velocità, conosco il mio corridore. Però l’uomo della Groupama (Paleni, ndr) non ha mollato un metro e lo ha messo nel mirino. Chissà se Andrea avesse tenuto le mani sotto…
Cambiava qualcosa?
Vedo che ormai hanno tutti la tendenza di abbassare il manubrio per essere aerodinamici, solo che poi non riescono a scendere e allora tengono le mani sulle leve dei freni. Lo stile di Andrea è buono, però lui è uno di quelli che tiene le mani sopra. Magari se le avesse tenute sotto sarebbe stato più aerodinamico in quei pochi metri. Oppure, al contrario, non avrebbe avuto la potenza che serviva. Di sicuro dietro non hanno calato un attimo.
Pietrobon ha attaccato, ma è stato ripreso da Thomas che ha vinto e ValgrenPietrobon ha attaccato, ma è stato ripreso da Thomas che ha vinto e Valgren
E alla fine l’hanno ripreso…
Ma sono arrivati in tre, l’azione l’aveva fatta giusta. Ha vinto Thomas, poi Valgren e poi lui. Dietro Paleni a 3 secondi e poi Milan che ha vinto la volata del gruppo a 11 secondi. Sul pullman un po’ abbiamo respirato l’aria dell’occasione perduta, ma gli abbiamo fatto i complimenti. Pietrobon fatto tutto benissimo. Ha provato dove gli avevamo detto di provare, che cosa volevi dirgli?
1.962 chilometri dei 12.395 corsi nel 2024 visti dalla testa della corsa. Manuele Tarozzi conclude la sua terza stagione in maglia VF Group-Bardiani CSF-Faizanè con questi numeri, ai quali affianca anche due vittorie. Il corridore di Faenza è pronto per le vacanze di fine stagione, che corrispondono anche alla luna di miele, visto il matrimonio celebrato lo scorso giugno. Ma prima di partire gli chiediamo di ripercorrere insieme a noi questi 1.962 chilometri, iniziati in Spagna e terminati in Malesia.
«Tra poche ore sarò in volo – ci anticipa Tarozzi – direzione Seychelles per andare finalmente in ferie. Torneremo il 5 novembre e dal 10 sarò di nuovo in bici, d’altronde la stagione inizia il 20 gennaio e bisogna farsi trovare pronti. Ora però mi godo due settimane senza regole e pensieri, poi si pensa al 2025».
La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testaLa stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa
Di necessità virtù
Manuele Tarozzi durante questi tre anni ha intensificato sempre di più la sua presenza nelle fughe della prima ora. Nel 2022 fu una sola alla Coppa Sabatini, l’anno dopo sei, mentre quest’anno i giorni in avanscoperta sono stati ben 16.
«Mi sono accorto al Giro del Veneto di domenica – continua – che non ho il ritmo per seguire i migliori. Mi mancano quei 5 o 10 minuti di sforzo massimale per restare con loro. Così mi sono dovuto ingegnare e ho capito che se voglio vincere devo anticipare la corsa. Qualche volta arrivo anche (dice ridendo, ndr) e devo dire che è un bel modo di fare, sia per me che per la squadra».
Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappaTarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
La prima fuga quest’anno è stata alla Valenciana, con la doppietta firmata insieme a Tonelli dopo 155 chilometri. E’ stata difficile?
Non direi, anzi quelle a inizio stagione sono le fughe più semplici perché arrivi fresco, riposato e libero di mente. A gennaio e febbraio la testa è sgombra da fatiche e pensieri che invece si accumulano durante l’anno. In più nei primi mesi faccio registrare valori alti, che difficilmente replico nel resto dell’anno. Quella della Valenciana è stata una giornata particolare nella quale piano piano abbiamo staccato tutti i nostri compagni di avventura. Poi ci siamo goduti l’arrivo in parata.
Anche se ad un certo punto avete sbagliato strada.
Lì è stato un errore della traccia GPX. Tonelli ha visto che doveva girare a destra, aveva la testa bassa e si è buttato. Io mi ero accorto dell’errore e l’ho richiamato, in quel momento avevamo ancora tanto vantaggio sul gruppo. Non è stato un finale thrilling, diciamo che è andata bene!
Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPMSulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Poi sono arrivate le tre fughe, su cinque tappe, alla Coppi e Bartali…
Il primo giorno sono andato in avanscoperta e ho preso la maglia dei GPM, così la squadra mi ha detto di tenerla. Questo mi ha portato a cercare la fuga anche il giorno dopo per prendere altri punti. L’ultima tappa, invece, sono andato in avanscoperta per evitare brutte sorprese. Con me c’era anche il secondo della classifica dei GPM quindi me la sono dovuta sudare. Sono uscito da quella gara parecchio cotto visti i 315 chilometri in fuga sui 707 totali di gara. Però era la corsa di casa, quindi l’ho fatto volentieri.
Dei tanti giorni passati in testa alla corsa quali sono stati i tuoi preferiti?
Quelli del Giro d’Italia. Non per sminuire le altre gare ma la corsa rosa è davvero unica. Il giorno migliore direi quello vissuto sulle strade di casa, da Riccione a Cento. Abbiamo fatto tutta la Via Emilia, e siccome le visite parenti sono ormai vietate mi sono dovuto inventare la fuga, anche se non ne valeva la pena.
Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’IntergiroAl Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
In che senso?
Decidere di andare in fuga prevede comunque una strategia. Si cerca di uscire allo scoperto quando sai che ci sono buone chance di arrivare al traguardo. Questa cosa si impara con il tempo. Ad esempio al Giro sai che nella tappa dei muri ci sono buone occasioni, infatti quest’anno ha vinto Alaphilippe. Io lì c’ero, ma il francese è stato più forte. Tornando alla tappa di Cento si sapeva che il gruppo avrebbe chiuso, ma sulle strade di casa si doveva fare. Ma lì era una lotta per capire chi potesse andare in fuga.
Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Spiegaci meglio.
Che in certe tappe la fuga non parte perché provano tutti, come nella tappa di Sappada al Giro di quest’anno. Altri giorni si fanno 50 chilometri senza che nessuno faccia uno scatto o un allungo.
Tra l’altro tu eri anche in quella di Sappada…
Direi che è stata la più bella della stagione. Per tanti era l’ultimo giorno disponibile per provare a vincere, anche perché il giorno si scalava due volte il Monte Grappa e il verdetto era scritto. Così come a Roma. Quel giorno verso Sappada siamo andati via in 19. E’ la mia fuga preferita perché nonostante tutto ho ottenuto un buon undicesimo posto, che al Giro non fa mai male.
Al Tour of Qinghai Lake anticipa il gruppo per resistere al ritmo degli sclatori (foto Tour of Qinghai Lake)Piano riuscito: sul traguardo anticipa tutti, è la prima vittoria stagionale (foto Tour of Qinghai Lake)Al Tour of Qinghai Lake anticipa il gruppo per resistere al ritmo degli sclatori (foto Tour of Qinghai Lake)Piano riuscito: sul traguardo anticipa tutti, è la prima vittoria stagionale (foto Tour of Qinghai Lake)
Poi sono arrivate quelle più “esotiche” in Malesia e in Cina, lì riesci a goderti il panorama?
Quando sei in fuga meno. In gruppo puoi alzare lo sguardo una volta in più e respirare. Invece nel momento in cui sei in testa alla corsa devi pensare a come fare per arrivare per primo. La mente è impegnata a cercare strategie per fregare il gruppo.
La giornata più dura?
In Turchia! Mi sono sciroppato 70 chilometri da solo e mi hanno ripreso solamente a 100 metri dall’arrivo (in apertura foto Tour of Istanbul). In quei momenti, a fine gara, pensi sempre che avresti potuto fare qualcosa in più: una pedalata, una curva… Ma poi ti rivedi in video e capisci che non era possibile. Di quel giorno mi rimane l’orgoglio di essere arrivato a pochi metri dal successo e la soddisfazione di non aver buttato tutto visto il decimo posto finale. Al contrario di quanto fatto in Malesia.
In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincitaIn Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
Perché?
Nella quarta tappa ci hanno ripreso a 200 metri dall’arrivo, ma lì siamo stati ingenui. Ci siamo fermati a un chilometro dall’arrivo per guardarci. Nessuno voleva perdere e alla fine il gruppo ci ha infilato. Non ci ho dormito la notte, e sono uno che di solito chiude gli occhi presto a letto. Avevo talmente tanta rabbia che due giorni dopo sono ripartito e ho vinto, anche se per soli nove secondi. Poi ce n’è un’altra della quale sono orgoglioso.
Quale?
La vittoria in Cina, al Tour of Qinghai Lake. Nella frazione regina, la terza, sapevo di non avere il passo degli scalatori più forti. Così ho deciso di anticipare, sapevo che se fossi arrivato con un minuto o due ai piedi dell’ultima salita sarei potuto rimanere agganciato ai migliori. Così è stato. In discesa ho recuperato un po’ e nel finale me la sono giocata con Mulubrhan allo sprint. Un doppio risultato positivo: la vittoria e la maglia di leader. Il giorno dopo l’ho persa, ma quella tappa mi ha permesso di rimanere sul podio della classifica generale.
La stagione 2024 di ciclismo su strada per professionisti si è conclusa, e ora gli appassionati possono immergersi nei grandi eventi di ciclismo indoor. A pochi giorni dalla vittoria di Tadej Pogacar al Lombardia, RCS Sport & Events e BKOOL hanno annunciato una nuova edizione del Giro d’Italia Virtual. Il tutto avvenuto con una “Group Ride” virtuale che ha visto la partecipazione di Paul Magnier della Soudal Quick-Step. Un’esperienza innovativa che permetterà a tutti di vivere tutte le emozioni della Corsa Rosa… comodamente da casa.
Partecipare al Giro d’Italia Virtual 2024 è semplice: basta possedere un rullo smart o una Smart Bike e avere un abbonamento alla piattaforma BKOOL. Gli utenti possono anche provare gratuitamente l’esperienza per 30 giorni, iscrivendosi su a questo link. Grazie alla tecnologia di simulazione immersiva di BKOOL, i partecipanti potranno pedalare sugli stessi percorsi delle tappe reali del Giro d’Italia di quest’anno, registrate appunto durante l’ultima edizione della corsa.
Il prossimo Giro d’Italia Virtual si terrà sulla piattaforma BKOOLIl prossimo Giro d’Italia Virtual si terrà sulla piattaforma BKOOL
Pedalare al fianco dei campioni
Una delle caratteristiche più emozionanti di questa esperienza è la partecipazione di grandi nomi del ciclismo come Alberto Contador, Chris Froome, Óscar Freire, Remco Evenepoel, Tim Merlier e Mikel Landa. Gli utenti avranno così la possibilità di allenarsi con questi campioni e interagire con loro tramite i profili Instagram. Questa novità aggiunge un livello di coinvolgimento senza precedenti, permettendo a tutti di sentirsi parte di una vera gara ciclistica, pur restando comodamente a casa propria.
«Immaginate di affrontare le rampe del Mortirolo – ha commentato Álvaro Galindo, Head of Business di BKOOL – indossando la Maglia Rosa e lottando per stare a ruota di ciclisti da tutto il mondo che cercano di staccarti. Oppure di sprintare per le strade di Napoli con migliaia di tifosi che ti incitano all’arrivo. Noi di BKOOL abbiamo lavorato un anno intero per creare l’esperienza di ciclismo virtuale più realistica e spettacolare e non potremmo essere più soddisfatti».
Anche Roberto Salamini, Responsabile Marketing & Comunicazione di RCS Sport, ha sottolineato l’importanza del progetto. «Il progetto di BKOOL dedicato al Giro d’Italia – ha affermato Salamini – si conferma come un’opportunità unica per espandere il fascino e la portata di uno degli eventi ciclistici più iconici a livello mondiale. La possibilità di partecipare virtualmente non solo fidelizza gli appassionati, ma offre anche un’esperienza innovativa per nuovi utenti, che possono vivere in prima persona l’esperienza della Corsa Rosa. Inoltre, l’uso delle più moderne tecnologie nel campo della realtà virtuale e delle piattaforme digitali rafforza la percezione del Giro d’Italia come evento all’avanguardia creando un valore duraturo per sponsor e stakeholder».
Grazie a questa piattaforma si potrà pedalare sulle strade della Corsa RosaUn modo per vivere le emozioni del Giro d’Italia direttamente a casaGrazie a questa piattaforma si potrà pedalare sulle strade della Corsa RosaUn modo per vivere le emozioni del Giro d’Italia direttamente a casa
La visione di BKOOL
Il Giro d’Italia Virtual 2024 offrirà una nuova tappa ogni 15 giorni fino al prossimo maggio, permettendo ai partecipanti di vivere tutta la stagione ciclistica indoor e accumulare esperienze memorabili. L’evento si concluderà con un grande sorteggio che premierà tutti i partecipanti con una serie di premi esclusivi. Tra questi ci sono esperienze VIP per la prossima edizione del Giro d’Italia 2025, edizioni speciali della Maglia Rosa e molte altre sorprese…
BKOOL è un’azienda tecnologica specializzata nello sviluppo di soluzioni interattive e innovative per il ciclismo e il fitness. Con il proprio simulatore avanzato, BKOOL è in grado di offrire un’esperienza realistica e totalmente immersiva che permette ai ciclisti di allenarsi e competere con altri utenti da ogni parte del mondo. Grazie a BKOOL Fitness, l’azienda si è anche affermata nel settore del fitness domestico, offrendo lezioni virtuali con istruttori attraverso un’app per smartphone. Attualmente, i prodotti di BKOOL sono distribuiti in oltre 50 (!) paesi.
La stagione 2024 della Tudor Pro Cycling è terminata per quanto riguarda il calendario di corse, ma non negli appuntamenti. Tra qualche giorno è previsto un raduno in Svizzera, nel quartier generale del team, per parlare di futuro e 2025. Poi ci sarà il “liberi tutti” e sarà tempo di pensare alle vacanze e al riposo di fine stagione.
«Saranno quattro giorni di raduno – spiega Matteo Tosatto, diesse del team – dove organizzeremo il 2025. I corridori faranno le visite mediche, si parlerà un po’ dei vari programmi, ma soprattutto ci divertiremo un po’ che male non fa. I ragazzi avranno modo di vedere la sede principale, respirare l’aria degli uffici e della parte organizzativa. Anche perché poi è difficile ripassare da queste parti a stagione iniziata».
Per Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro CyclingPer Tosatto è stato il primo anno alla guida della Tudor Pro Cycling
La nuova avventura
Questa è stata la prima stagione per il diesse veneto alla Tudor Pro Cycling. Una nuova avventura arrivata al termine di sette anni marchiati Team Sky prima e Ineos Grenadiers poi. Prima di andare a parlare di corridori è doveroso chiedere a Matteo Tosatto come sia andata la sua stagione nella professional svizzera.
«Molto bene – racconta – direi che il 2024 è stato un anno molto positivo. Abbiamo una bella realtà. Rispetto alla Ineos ci sono due filosofie di vita differenti, ma in Tudor c’è un grande ambiente e soprattutto è in costante miglioramento. Per il prossimo anno si respira una gran voglia di fare e di investire, per diventare una squadra di riferimento. La più grande differenza con la Ineos è che lì si partiva per vincere, anche in Tudor l’obiettivo è sempre quello, ma con la consapevolezza che in qualche gara può essere parecchio difficile. Noi vogliamo fare sempre bella figura e vivere la corsa da dentro, nelle posizioni che contano. A volte una top 10 o un piazzamento nei cinque vale una vittoria, o comunque è motivo di grande soddisfazione».
Il risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al GiroIl risultato migliore di Storer nell’arco di tutta la stagione è stato il decimo posto al Giro
Con l’approccio verso i corridori che differenze hai trovato?
Qui ci sono molti giovani che devono fare esperienza, o comunque corridori che gareggiano in certi appuntamenti per la prima volta. Bisogna spiegare come si affrontano certi tratti, perché si deve stare davanti e soprattutto renderli sereni. Per fare ciò serve un grande lavoro mentale.
Uno dei corridori che ha fatto una stagione positiva è Michael Storer, lui arrivava dal WorldTour e si è trovato in una formazione nuova, diversa.
Prima di arrivare qui, Storer ha corso in Groupama per due anni, e ancora prima era alla Sunweb. E’ venuto da noi in Tudor consapevole dei suoi mezzi e delle difficoltà che aveva su certi percorsi. Tuttavia ha fatto un grande step a livello di qualità. Ha iniziato la stagione in Australia, nella corsa di casa, ma ha corso con la maglia della nazionale. Con noi è partito dal UAE Tour e ha portato a casa subito un sesto posto nella generale.
L’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputateL’australiano è andato forte tutto l’anno conquistando diverse top 10 nelle varie corse disputate
Ha ottenuto i risultati migliori con te in ammiraglia, che punto di contatto avete trovato?
E’ un ragazzo molto tranquillo, uno che non chiede troppo al team. Direi che si è trovato in un ambiente in cui tutti hanno avuto la massima fiducia verso di lui, al 100 per cento. Ha trovato la serenità, e credo che questa sia la parola perfetta, per andare alle corse al meglio delle sue possibilità.
Guardando ai risultati si può dire che la sua forza è stata la costanza.
Il suo obiettivo stagionale era il Giro d’Italia, dal quale è uscito con una top 10 di tutto rispetto. La chiave è stata proprio la costanza: considerate che al primo arrivo in salita a Oropa è arrivato sesto, e alla tappa del Grappa nono. Anche una volta rientrato al Czech Tour e poi a Burgos ha mantenuto il trend positivo, con un sesto e un quinto posto nella generale. Storer ha trovato l’ambiente giusto, con compagni e staff ha una bella intesa. E questo gli ha permesso di essere sempre performante, dal primo febbraio ad ora.
In salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primiIn salita Storer è sempre stato con i migliori, pagando solamente pochi secondi dai primi
Si è visto, considerando anche il 13° posto al Lombardia…
Sulla Colma di Sormano insieme a Pogacar, Evenepoel e Mas c’era anche lui. In salita è uno dei primi e lo si è visto anche al Giro. Alla corsa rosa quando c’era selezione lui era lì con i primi. Un conto è arrivare decimo di rincorsa, un altro conto è arrivare decimo perché ci sei e reggi il confronto.
Nel 2024 ha curato per la prima volta la classifica in una corsa di tre settimane, cosa gli manca per fare un ulteriore step?
Il suo più grande tallone d’Achille è la cronometro. Deve migliorare tanto nella posizione e nel fare sacrifici a casa allenandosi parecchio in questa disciplina. Se guardo ai minuti persi nelle due cronometro al Giro mi sento male. Per fortuna ha ampi margini di miglioramento, anche in altri punti.
Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025Il suo vero punto debole è la cronometro, sulla quale dovrà lavorare in vista del 2025
Quali?
La posizione in gruppo è uno di questi. A volte corre troppo indietro e spende molto per risalire e riportarsi nelle prime posizioni. Storer ha un grande margine di crescita, per questo siamo molto fiduciosi. In più con l’arrivo di corridori forti ed esperti come Alaphilippe e Hirschi avrà modo di crescere e imparare da loro. Siamo contenti del team che si sta andando a formare e non vedo l’ora di lavorarci insieme. Ma prima le meritate vacanze.
«Diciamo che questo primo anno giù dalla bici me lo aspettavo più traumatico. Dopo una vita che ti alleni e hai sempre degli obiettivi a cui puntare, mi aspettavo un maggiore disorientamento. Invece a casa ho occupato bene il tempo con la famiglia e con la squadra ho viaggiato parecchio. Alla fine quello delle corse è stato il mio mondo per anni e non mi sono distaccato totalmente. Me lo sono goduto in maniera serena e felice. Il ciclismo mi manca, vero. Ma non ho mai detto: “Mi piacerebbe correre”. Questo vuol dire che ho smesso nel momento giusto. E che a questo sport ho dato quel che dovevo, fino all’ultimo».
A parlare è Francesco Gavazzi. Dopo 17 anni passati nel mondo del professionismo, l’anno scorso ha appeso la bici al chiodo, correndo la sua ultima gara in carriera alla Veneto Classic, in maglia Eolo-Kometa. Tuttavia il valtellinese non ha abbandonato il team, che nel frattempo è diventato Polti Kometa (in apertura, foto Maurizio Borserini).
Francesco Gavazzi è rimasto vicino agli ex compagni di squadra, seguendoli per una sessantina di giorni di gara (foto Maurizio Borserini)Francesco Gavazzi è rimasto vicino agli ex compagni di squadra, seguendoli per una sessantina di giorni di gara (foto Maurizio Borserini)
365 giorni dopo
Un anno dopo, quelle righe iniziali racchiudono il suo pensiero sull’addio al ciclismo e su questo 2024 vissuto nel team ma con un ruolo diverso.
«Vivere le corse da fuori – continua Gavazzi – è bello, ho gestito l’area hospitality della squadra e mi sono goduto il ciclismo. Vedere un Giro d’Italia da fuori è fantastico, una festa continua. Te lo godi per l’evento che è: un viaggio bellissimo in bici nel nostro Paese. Mi sono goduto tante piccole cose che negli anni da corridore non potevo fare, ad esempio mangiare ogni prodotto tipico delle regioni in cui eravamo (ride, ndr). Poi in Polti ho un rapporto speciale con tutti, un’amicizia stretta che mi ha permesso di restare a contatto con i corridori. Mi piace parlare con loro prima di cena, sentire cosa pensano, quali sono le loro sensazioni. Mi sono sentito nel prosieguo della carriera agonistica ma senza la fatica di pedalare, che non è male (ride ancora, ndr).
Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica generaleDavide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica generale
Tra i tanti ragazzi della Polti c’è un valtellinese come te: Piganzoli. L’anno scorso gli avevi lasciato dei consigli, quest’anno come lo hai ritrovato?
Proprio al Giro è andato forte, ha provato a tenere duro e fare classifica durante tutte e tre le settimane. In alcuni giorni ha un po’ pagato lo sforzo, non ha avuto la brillantezza per provare a vincere una tappa. Cosa che Pellizzari, altro giovane promettente come lui, ha fatto.
Il tenere duro di Piganzoli lo ha messo meno sotto i riflettori.
Sono scelte diverse. Pellizzari un giorno è stato male ed è uscito di classifica, la sua condotta di gara nell’ultima settimana è stata giusta. “Piga” invece non ha avuto giorni di crollo e ha fatto un Giro solido. Penso che la sua sia una stata una scelta utile in chiave futura.
Piganzoli ha corso il Giro d’Italia provando a fare classifica, una scelta utile per il futuroPiganzoli ha corso il Giro d’Italia provando a fare classifica, una scelta utile per il futuro
In che senso?
Voleva capire cosa voglia dire correre un Giro d’Italia per fare classifica. Gestire tre settimane di corsa è una cosa che non puoi capire finché non lo vivi. Da under 23 al Giro Next Gen o al Tour de l’Avenir al massimo corri per 9-10 giorni. Da un certo punto di vista la scelta di Piganzoli sarà utile perché nel 2025 lui saprà cosa aspettarsi dal Giro, Pellizzari meno.
Poi eri anche all’Emilia, vero?
Sì. E lì Piganzoli ha fatto un numero esagerato. Lo ha pagato un po’ al Lombardia forse, più dal punto di vista psicologico. Nel senso che forse lui stesso si aspettava qualcosa in più dal punto di vista del risultato. Penso abbia pagato la distanza, d’altronde 250 chilometri non sono facili da digerire a 22 anni. C’è tempo per crescere.
Dopo l’ottima prestazione dell’Emilia il valtellinese aveva buone aspettative per il LombardiaDopo l’ottima prestazione dell’Emilia il valtellinese aveva buone aspettative per il Lombardia
Perché dici che lo ha pagato dal punto di vista psicologico?
Finita la gara, sul pullman, non era il solito Piganzoli. Lui è uno che ride e scherza con tutti, ma sabato era scuro in volto. E’ un ragazzo molto ambizioso, con una mentalità da grande corridore. Quando sale in bici si trasforma. Mi ricorda un po’ Nibali per certi versi, vive le gare con tranquillità e con il giusto distacco, quello che non gli fa pesare il grande evento.
Nelle gare di un giorno potrà dire la sua?
Penso che lo abbia dimostrato all’Emilia. Se c’è dislivello lui si mette in mostra e può fare molto bene. La batosta del Lombardia l’ha presa, ma questo perché lui da se stesso si aspetta tanto, come fanno tutti i grandi corridori. Ha preso le misure e ha capito cosa vuol dire correre in certe gare e cosa serve per essere competitivo.
Ma per certi appuntamenti come il Lombardia servono ancora tanti chilometri e altrettanta esperienzaMa per certi appuntamenti come il Lombardia servono ancora tanti chilometri e altrettanta esperienza
Visto che si è parlato di Pellizzari, lui andrà in una WT nel 2025, Piganzoli rimane da voi. Che ne pensi?
Credo che Piganzoli, ora come ora farebbe fatica in una formazione WorldTour buona. Non perché non abbia le qualità, anzi. Però negli squadroni è sempre complicato, soprattutto se non arrivi con un certo status. Qui da noi farà la Tirreno, il Giro e il Lombardia e avrà modo di tornare a queste gare come leader. C’è dell’altro.
Cosa?
Credo che Piganzoli ora scalpiti per andare in una WorldTour, ma fare un altro anno con noi sarà utile. Se ne renderà conto in futuro. Lui è destinato a crescere e migliorare nei prossimi tre, quattro anni, è un fatto di sviluppo. E’ giovane e ha tanto da capire, anche tatticamente. In più fare il professionista non è solamente andare alle gare e pedalare, ma anche gestire la vita a casa e imparare a capire il proprio fisico. Magari un anno cambi preparazione per vedere se il tuo corpo reagisce meglio o se cresci in un certo aspetto. Si tratta di affinare.
Un altro anno alla Polti sarà la via giusta per crescere e migliorare, in bici e fuoriUn altro anno alla Polti sarà la via giusta per crescere e migliorare, in bici e fuori
Insomma, servono i passi giusti.
Assolutamente, anche perché il ciclismo ora è molto stressante, sia mentalmente che fisicamente. Tanti giovani fanno fatica, si abbattono e poi si arrendono. La differenza la fa la testa, oggi più di prima. Perché in tanti vanno forte, ma non tutti sono in grado di reggere la pressione.
Lui sì?
Piganzoli si mette pressione da solo, ma non si fa travolgere da quella esterna. Però fino ad ora non è mai stato troppo sotto i riflettori. Mentre l’anno prossimo ci sarà gente che da lui si aspetta qualcosa e restare in un ambiente che conosce e che lo conosce gli farà solo bene.
Nel momento in cui chiamiamo, Giovanni Aleotti è nel bel mezzo dei preparativi della valigia per il Giro dell’Emilia (corso ieri). E’ stato strano pensare al corridore di Mirandola che fa i bagagli per la corsa di casa, ma così impone il ritmo della Red Bull-Bora hansgrohe. Saranno più impegnativi i preparativi per l’ultima corsa dell’anno, il Tour of Guangxi in Cina. Aleotti ci aveva detto che gli sarebbe piaciuto andare a correre l’ultima corsa WorldTour dell’anno, magari con obiettivi maggiori. Per ora il biglietto con il suo nome è pronto, i gradi che metterà sulle spalle della sua divisa saranno da decidere nei prossimi giorni.
«Non so chi ci sarà con me in Cina – ha detto – o almeno in maniera ufficiale. Sicuramente le forze rimaste in corpo saranno contate, d’altronde la stagione è stata bella lunga. Io stesso ho messo insieme parecchi giorni di gara (ad ora 77, compreso il Giro dell’Emilia, ndr) e tanti ritiri. Per la prima volta in carriera ho partecipato a due grandi corse a tappe: il Giro e la Vuelta. E’ stata una stagione positiva, nella quale mi sono ritrovato. Proprio a voi lo scorso anno, in Cina, dissi che il 2023 fu la peggior stagione in assoluto. Tanto da definirla non classificabile».
Cattaneo e Aleotti erano entrambi nella lista di Bennati, dopo la Vuelta sono arrivate le decisioni del cittìCattaneo e Aleotti erano entrambi nella lista di Bennati, dopo la Vuelta sono arrivate le decisioni del cittì
Fiducia ritrovata
Invece ora la voce dall’altra parte del telefono suona felice e decisa. Aleotti ha trovato di nuovo la fiducia nei propri mezzi e anche la vittoria: al Giro di Slovenia. Un 2024 che lo ha portato nell’orbita della maglia azzurra. La convocazione per Zurigo alla fine non è arrivata, ma essere preso in considerazione fa sempre piacere.
«Penso che partecipare a un mondiale – prosegue Aleotti – sia il sogno di ogni ciclista. Il numero di atleti è limitato e qualcuno deve rimanere fuori. La scelta di Bennati l’ho presa con il giusto piglio. Lui mi ha spiegato le sue scelte e io mi sono sentito di ringraziarlo per avermi preso in considerazione. Anche essere parte di quella lista era un obiettivo, vista la stagione scorsa. E’ chiaro che partecipare mi avrebbe fatto piacere, ma il cittì prende le sue decisioni. Non sono sempre facili e io le rispetto».
Prima e dopo la Vuelta Aleotti ha parlato con il cittì Bennati che però ha preferito altri nomi per ZurigoPrima e dopo la Vuelta Aleotti ha parlato con il cittì Bennati che però ha preferito altri nomi per Zurigo
Torniamo alla Red Bull-Bora, Gasparotto ci ha detto che i capitani ti vogliono ovunque, si fidano ciecamente di te.
Lo ringrazio per le parole. Io cerco di essere sempre onesto con me stesso, riconosco i miei limiti e so dove posso arrivare al momento. In una corsa di tre settimane cerco di dare il mio supporto, anche perché sono consapevole di non essere allo stesso livello dei capitani.
Come si crea questa fiducia con i leader?
Attraverso delle belle relazioni che si coltivano durante tutto l’anno. Sono qui da molto tempo, tra l’altro ho appena rinnovato per altri due anni, ho incontrato tutti i leader e legato con loro. Sono una persona in grado di adattarsi a diverse situazioni, ma sono stato tanto fortunato perché Roglic, Vlasov, Martinez e Hindley sono prima amici che capitani. Nel momento in cui devi spenderti per qualcuno lo fai con maggior impegno se ci stai bene insieme.
Aleotti ha corso due grandi corse a tappe nel 2024: la prima è stata il Giro in appoggio a MartinezAleotti ha corso due grandi corse a tappe nel 2024: la prima è stata il Giro in appoggio a Martinez
Hai detto di voler continuità, che cosa intendi?
Questa squadra è il posto giusto per crescere e per il mio futuro. Sicuramente è solida grazie a Red Bull e Bora. Allo stesso modo tale situazione crea una concorrenza maggiore. Tanti investimenti permettono di prendere molti corridori forti. Io sono dell’idea che ci si guadagni il posto su strada e con le prestazioni.
E tu ne hai fatte in questi anni.
Quando ho avuto l’occasione me la sono presa, al contrario quando c’è stato da lavorare mi sono messo a disposizione completa. In una squadra del genere è difficile pensare di andare alla Giro, al Tour o alla Vuelta e pensare di fare il capitano. Come detto per prima cosa, sento di dover essere onesto con me stesso, ora non sono al loro livello.
Alla Vuelta, invece, Aleotti ha supportato Roglic nella conquista della sua quarta maglia rossaAlla Vuelta, invece, Aleotti ha supportato Roglic nella conquista della sua quarta maglia rossa
Cosa ti manca? Pensi potrà mai arrivare?
E’ difficile prevedere una crescita, non ho l’arroganza di dire «sì». Cercherò di impegnarmi e saranno la strada e il tempo a confermare o smentire.
Sei qui dal 2021, l’ambiente è cambiato tanto…
Ho vissuto il cambio d’identità. Quando sono arrivato c’era ancora Sagan e la squadra puntava tanto sui velocisti. Poi negli anni c’è stato lo switch e siamo passati alla formazione che conoscete, in grado di vincere un Giro e una Vuelta. Sono anche orgoglioso di dire che ero presente in entrambe le squadre.
Un anno dopo Aleotti tornerà in Cina con motivazioni e ambizioni diverseUn anno dopo Aleotti tornerà in Cina con motivazioni e ambizioni diverse
Pensi ci possa essere spazio per un ragazzo che cresce dall’interno?
Il team porta vanti bene i progetti e valorizza il lavoro per i capitani. Non sapremo in futuro quale ruolo potrò ricoprire. Ora ho dei limiti ma non è facile capire quali sono, in un anno possono cambiare tante cose. Si matura e si cresce. Punto ad arrivare ad una certa età in cui i miei valori si stabilizzeranno, ora mi sento in una fase ascendente. Sono giovane, ho appena compiuto 25 anni. Dopo due stagioni difficili, mi godo anche la fiducia ritrovata.
Dovuta a cosa?
Al lavoro fatto con il mio nuovo preparatore, Paolo Artuso. Non che prima mi trovassi male, ma Paolo mi ha preso quando avevo il morale a terra. Ci ha creduto lui prima che lo facessi io. A dicembre 2023 mi diceva che avremmo puntato al Giro di Slovenia. Ora mi sento ritrovato, riesco a vedere i frutti del mio lavoro e tutto diventa più semplice. Ho voglia di fare bene in Cina, staccare e godermi la pausa e da dicembre ripartire. Penso che inizierò in un modo ancora migliore rispetto allo scorso inverno, mentalmente mi sento sereno e fiducioso.
In vista della tappa con arrivo ad Aprica, siamo stati da Domenico Pozzovivo, ci siamo fatti raccontare la sua bicicletta, le scelte tecniche e come convive con i problemi al braccio
La prima presenza al mondiale per Antonio Tiberi ha portato tanta pressione, soprattutto dopo la vittoria al Giro di Lussemburgo, ma anche un’esperienza nuova. Ce lo aveva detto lo stesso corridore della Bahrain Victorious a fine gara.
«Fare corse di un giorno – ha detto alla fine della prova iridata – è sempre una fatica un po’ diversa dal solito. Ci sono degli sforzi che non si fanno abitualmente nelle gare a tappe, poi in un mondiale dove tutto si amplifica è veramente dura. La prima gara di un giorno che ho disputato quest’anno è stata la Liegi. Il mondiale, invece, è stata la seconda».
Al Giro di Lussemburgo Tiberi ha mostrato ottime qualità negli sforzi brevi richiesti dagli strappiAl Giro di Lussemburgo Tiberi ha mostrato ottime qualità negli sforzi brevi richiesti dagli strappi
Piccoli passi
Tiberi ha poi espresso la voglia di migliorare in questo tipo di competizioni, dichiarando la volontà di inserirne altre nel calendario della prossima stagione. Riflessioni giuste e ambiziose di un ragazzo di 23 anni che solo nel 2024 ha mostrato di poter fare i passi giusti per entrare nella cerchia dei corridori di primo livello. Con lui, quando è entrato a far parte della Bahrain Victorious, lavora Michele Bartoli. Il preparatore toscano è la figura giusta da interpellare per analizzare al meglio il mondiale di Tiberi e parlarne apertamente.
«A Zurigo – spiega Bartoli – Tiberi ha corso la seconda gara di un giorno della stagione, era logico potesse soffrire in qualche modo. E’ un tipo di sforzo al quale non è abituato ma, come in tutte le cose, se vorrà dedicarsi anche a questi appuntamenti dovremo prepararli con le giuste modalità. A seconda degli obiettivi si devono poi impostare allenamenti diversi».
La Liegi è stata la prima e unica corsa di un giorno disputata da Antonio prima del mondialeLa Liegi è stata la prima e unica corsa di un giorno disputata da Antonio prima del mondiale
Lo stesso Antonio ha detto di essersi accorto che gli manca l’esplosività per affrontare certi percorsi.
Innanzitutto vorrei dire che di questo mondiale ognuno ha dato la sua interpretazione. Si era partiti con l’affermare che fosse per scalatori, ma se arriva terzo Van Der Poel non mi viene da pensare a un percorso per scalatori. Penso sia stato un mondiale opposto alle sue caratteristiche di base.
Quali sono?
Lui è un atleta da corse a tappe, considerando che nel 2024 ha disputato solo questo genere di appuntamenti è difficile immaginarlo in gare di un giorno. Poi può migliorare. Anzi, sono sicuro che se un domani dovesse correre di nuovo il mondiale, Antonio sarebbe in grado di competere con i più forti. Alla fine è arrivato terzo O’Connor. Però va tutto preso con calma, non dimentichiamoci da dove è partito Tiberi.
Il ciociaro si è reso conto che anche in un grande Giro serve avere tanta potenza per rispondere agli attacchi dei più fortiIl ciociaro si è reso conto che anche in un grande Giro serve avere tanta potenza per rispondere agli attacchi dei più forti
Ovvero?
Nel 2024 ha dimostrato di poter ricoprire il ruolo di leader per un Grande Giro in una formazione WorldTour. Il suo quinto posto al Giro potrebbe entrare di diritto nelle più belle prestazioni dell’anno, se non ci fosse stato un certo Pogacar. Però arrivare in una squadra come la Bahrain e al primo anno dimostrare di poter fare il capitano, a soli 22 anni, non è poco.
Come ha detto lo stesso Tiberi le corse di un giorno possono aiutare nel migliorare anche nelle gare a tappe?
Sicuramente. Anche perché gli sforzi anaerobici, come i lavori sui cinque minuti, alla soglia lattacida, VO2 Max e interval training sono entrati in pianta stabile nelle tabelle di lavoro anche dei corridori da corse a tappe. Chiaro che la differenza arriva a seconda del tempo che dedichi a questi allenamenti. Alla fine credo che si vinca con la prestazione.
Tiberi ha programmato la stagione puntando su due grandi corse a tappeTiberi ha programmato la stagione puntando su due grandi corse a tappe
Spiegaci.
Le gare le vince chi riesce ad avere la miglior prestazione massimale, chi è abituato a soffrire. Anche per staccare gli altri in salita sei costretto a fare sforzi molto intensi e se non sei in grado di replicare alla prima risposta ti fanno fuori. I lavori lattacidi, come i cambi di ritmo, sono quel tipo di allenamento che migliora questo genere di prestazioni. Tiberi ha una caratteristica che lo può rendere un grande corridore.
Cioè?
La gestione del proprio sforzo. Riesce a non andare fuori giri mantenendo una prestazione altissima. Per altri corridori amministrarsi vuol dire abbassare tanto l’intensità dello sforzo. Antonio riesce a fare una prestazione massima senza mai subirla.
Al mondiale le premesse c’erano e secondo Bartoli, il suo preparatore, in futuro Tiberi potrà fare bene in questi appuntamentiAl mondiale le premesse c’erano e secondo Bartoli, il suo preparatore, in futuro Tiberi potrà fare bene in questi appuntamenti
Un po’ come Pogacar, con i dovuti paragoni?
Per me guardare il super campione diventa controproducente. Pogacar può fare tutto, anche sbagliando, e non subire conseguenze. Gli basta un chilometro per recuperare totalmente e poi ripartire. Magari altri corridori un errore lo pagano e devono riposare una notte intera per recuperare pienamente. Tiberi per me è un super atleta e ha delle qualità che per la sua giovane età possono portare a tanto: un gran motore e ascolta bene il proprio fisico.
Quindi si può pensare a un Tiberi protagonista nelle corse di un giorno?
Tanto dipende dal calendario. Se fa come nel 2024 dove ha corso Giro e Vuelta, è più difficile perché la programmazione ti porta a lavorare in un determinato modo. Se dovesse saltare il Giro potrebbe concentrarsi sulle Ardenne e prepararle al meglio. Oppure, se si sceglie di fare la corsa rosa dopo lo stacco di metà stagione, potrebbe lavorare in ottica San Sebastian e Lombardia. Questo lo deciderà lui insieme alla squadra.
L’altra monumento corsa in carriera è stato Il Lombardia, nel 2021 con la Trek e nel 2023 con la Bahrain (qui in foto)L’altra monumento corsa in carriera è stato Il Lombardia, nel 2021 con la Trek e nel 2023 con la Bahrain (qui in foto)
Era comunque la prima esperienza a un mondiale.
Una volta si diceva che per essere competitivi in gare come Fiandre o Liegi servissero due o tre anni. Ora solo perché uno o due corridori fanno bene subito, sembra che non ci debba essere il tempo di adattamento. L’opinione pubblica cambia con l’attualità dei fatti, ma non sempre questa è la regola. Le cose si costruiscono un mattone per volta, Bennati, che di ciclismo ne sa, ha già detto che Tiberi deve vivere certe gare per abituarsi e capirle.
Quella era una corsa vicina agli sforzi che trovi in una gara di un giorno. Sforzi massimali sui 3 minuti e rilanci in cima allo strappo. Ero il primo a essere fiducioso in vista di Zurigo, poi però le giornate difficili capitano. Comunque va considerata l’emozione di vestire la maglia della nazionale e di correre un mondiale. Rimango della mia idea: se domani dovessero correre ancora Antonio lo metterei nuovamente tra quelli che possono fare bene.
Ci sono voluti 26 anni esatti, oltre un quarto di secolo, per vedere realizzata quella che sembrava un’impresa, se non impossibile, quantomeno molto difficile da portare a termine: conquistare nella stessa stagione Giro d’Italia e Tour de France. L’ultimo a farlo era stato Marco Pantani nel 1998. Il Pirata di Cesenatico ha trovato quest’anno il suo degno erede in un altro fuoriclasse assoluto come Tadej Pogacar, fresco campione del mondo. L’asso sloveno ha conquistato entrambi i successi potendo contare sul supporto tecnico di Prologo. L’azienda lombarda ha infatti fornito a Pogacar il suo top di gamma: la sella Nago R4 147.
Ecco la Nago R4 147 di Prologo nella versione celebrativa per la vittoria del TourEcco la Nago R4 147 di Prologo nella versione celebrativa per la vittoria del Tour
Debutto vincente
La Nago R4 147 è il modello di sella che Pogacar ha scelto di utilizzare a partire dall’autunno dello scorso anno. Si è trattato di un debutto vincente con il successo de Il Lombardia. Da lì sono arrivate tantissime vittorie: Strade Bianche, Liegi-Bastogne-Liegi, Volta Ciclista a Catalunya, fino al doppio trionfo al Giro e al Tour.
l Giro d’Italia è stato vinto da Pogacar indossando la maglia rosa per 20 giorni consecutivi, con 6 vittorie di tappa. Ecco poi il Tour de France, il terzo conquistato insieme a Prologo, con altre 6 vittorie di tappa. In entrambi giri, le vittorie in linea sono arrivate sempre su sella Nago R4 147.
Ecco Pogacar al Giro dopo aver vinto la maglia rosa (foto Fizza)Ecco Pogacar al Giro dopo aver vinto la maglia rosa (foto Fizza)
Design esclusivi
Il doppio trionfo di Pogacar non poteva non essere celebrato da Prologo, che per l’occasione ha previsto due design esclusivi per la Nago R4 147. Le basi delle selle riprendono il rosa e il giallo della maglie vinte dal campione sloveno, arricchite su un lato con il suo monogramma con le iniziali “TP”, e sull’altro lato con la “Big Ó” di Prologo. Si tratta del segno distintivo del brand presente in esclusiva sulle selle utilizzate dai team e dagli atleti supportati.
Al centro della grafica spiccano la bandiera slovena e l’elenco delle principali vittorie conquistate da Pogacar nella sua eccezionale carriera insieme a Prologo: Giro d’Italia, Tour de France, Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Il Lombardia, Strade Bianche, Amstel Gold Race, Freccia Vallone, Tirreno Adriatico e Parigi-Nizza.
Lo sloveno a Nizza mette a segno la doppietta Giro-Tour entrando nella storiaLo sloveno a Nizza mette a segno la doppietta Giro-Tour entrando nella storia
Prestazione e comfort
La Nago R4 147 è stata progettata a partire dalle esigenze dei team di professionisti supportati da Prologo, e perfezionata grazie ai test “Pressure Map MyOwn”, per soddisfare le esigenze di tutti i ciclisti alla ricerca delle massime prestazioni e del comfort anche per le lunghe pedalate. Dimensioni compatte con una lunghezza di 245 mm e forma T-shape, con un centro anatomico leggermente avanzato, per offrire una buona libertà di movimento in sella e massimizzare l’efficacia della pedalata in tutte le posizioni. La forma ergonomica semi tonda rende inoltre la nuova Nago R4 147 ideale per i ciclisti con una flessibilità media in termini di rotazione del bacino.
Presenta 3 sezioni separate completamente indipendenti, realizzate con schiume di ultima generazione a densità variabile, per garantire un ottimo supporto e il giusto comfort durante tutte le fasi della pedalata. Sotto alla sezione centrale, il sistema Active Base di Prologo: una base forata al centro, per unire i benefici di una sella chiusa con una maggiore superficie d’appoggio, ai vantaggi di una base aperta. La base è realizzata in carbonio a fibra lunga, un materiale che offre un ottimo compromesso tra rigidità e comfort. Il Rail in Nack (Nano Carbon Fiber) è composto da fibra di carbonio, kevlar e filamenti di alluminio, ideale per i ciclisti più orientati alle performance alla ricerca della massima rigidità e leggerezza.
Le due special edition della Nago R4 147, celebrative del Giro D’Italia e del Tour de France, vengono proposte in un elegante cofanetto nero in cartone, con una fascia rosa e gialla celebrativa. Sono già disponibili sul sito www.prologo.it e presso i migliori rivenditori Prologo, ad un prezzo di listino di Euro 299.
Roglic non è ripartito, come si prevedeva. Troppo violenta la caduta di ieri, che però è solo una delle troppe che lo hanno fermato negli ultimi due anni
MISANO ADRIATICO – Il sorriso di Giulio Pellizzari nel mezzo della confusione dell’Italian Bike Festival ti fa capire quanto siano vivi i suoi ventuno anni. Parla con tutti, nella musica e nel divertimento trova la sua dimensione. Tanti corridori quando passano da queste fiere, per incontrare sponsor e gente, hanno la faccia di chi non vorrebbe mai essere lì. Pellizzari invece ha l’entusiasmo della novità e della gioia di stare insieme a chi sta imparando a conoscerlo: il pubblico del ciclismo.
Lo stand di Wepere diventa, per una decina di minuti, il teatro di incontro con il giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. L’anno prossimo lascerà il nido di chi lo ha preso e fatto diventare grande, la famiglia Reverberi. Lui si gode le ultime gare di una stagione che fino ad ora è stata lunga e intensa.
«Il 2024 – dice ridendo – è partito presto e ancora deve finire, però è stato gestito a blocchi. Ho corso in maniera intensa fino al Giro d’Italia, poi ho fatto Slovenia, campionato italiano e Giro d’Austria. Al Limousin, ad agosto ho ripreso a correre ma alla terza tappa mi sono ritirato perché sono stato male. Il Giro del Friuli, corso a inizio mese serviva per mettere ritmo nelle gambe in vista del finale di stagione. Ora mi aspettano il mondiale under 23, Agostoni, Emilia e Lombardia».
All’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavanoAll’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavano
Hai corso spesso tra gli under 23 e poi tra i professionisti, com’è stato “salire e scendere”?
E’ stato bello. Sono uno che non si fa problemi a “tornare indietro”, non mi demoralizzavo perché andavo a correre con gli under. Anzi, per me era uno stimolo per provare a vincere, poi non ci sono ancora riuscito, ma è stato utile in vista della mia crescita.
Ti sei piazzato spesso nei primi 10, in corse diverse passando dall’ottavo posto del Recioto al secondo al Giro.
Al Giro d’Italia ho trovato davvero quello più forte di me. Nella altre corse mi è mancata la cattiveria nell’ultimo chilometro. Anche al Friuli ero il favorito, avevo staccato tutti in salita, ma poi negli ultimi mille metri manca l’istinto. Il problema è che quando arrivo a capire che mi gioco la vittoria vado nel “panico”. Al Giro non ci ho mai pensato, era quasi troppo grande come cosa.
La gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoriaLa gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoria
E’ un fattore mentale che negli anni ti è mancato?
Esattamente. Non sono mai stato abituato a vincere quindi da piccolo fino allo scorso anno avevo un solo obiettivo: dimostrare di essere il più forte, non di vincere.
Cosa cambia?
Per me la cosa più importante è stata dimostrare di essere il più forte, poi magari non vinco. Da piccolo ero scarso, per me l’obiettivo era far vedere di essere forte. Anche ieri (il riferimento è al Memorial Pantani, ndr) per me la gara finiva in cima alla salita. Andavo a tutta e quando mi sono girato e avevo tolto tutti i forti di ruota io ero a posto. Al Friuli uguale, volevo staccare in salita Torres che due settimane prima aveva vinto l’Avenir con grandi numeri.
Al Giro la dimostrazione che le qualità ci sono, ora serve lo step mentaleAl Giro la dimostrazione che le qualità ci sono, ora serve lo step mentale
Con il senno di poi non fare l’Avenir ti è dispiaciuto?
Ora sì. Prima no. La stagione sarebbe cambiata un poco, ma il fatto che Torres e Widar siano andati forte mi avrebbe stimolato molto. Correre tra gli under serve per imparare a vincere. Al Friuli mentre ero con Nordhagen la motostaffetta mi diceva: «Hai vinto, dai che è tua». Alla fine non ho vinto, sale la pressione e bisogna convivere con quella. Al Giro non c’era, ero esordiente.
Dall’anno prossimo crescerà la pressione, non sarai più il giovane da scoprire, gli altri ti guarderanno.
Sono contento di questo, è una sfida che mi stimola e mi piace.
Pellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettentePellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettente
Come ti senti nel lasciare la squadra che ti ha fatto diventare grande?
Alla Bardiani mi sono trovato bene, quindi non sarà facile lasciarla. Però credo sia un passo fondamentale, sarà tutto nuovo e vedremo come. In questi tre anni ho fatto tutto quello che dovevo fare, è il momento di aprire le ali.
Cosa ti mancherà di più?
La spensieratezza che c’è in squadra.
Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023
Dall’altra parte qual è lo stimolo maggiore?
Provare a diventare il corridore che è l’idolo dei bambini. Dal 2025 mi sento di poter dire che da grande farò il ciclista, prima ci pensavo e non ci pensavo, ora ci credo.
Avevi l’occasione di fare il mondiale anche con i pro’?
Ero nella lista di Bennati, aspettavamo queste gare in Toscana per decidere cosa fare. Non sono andate come speravo, dalla Vuelta sono usciti tanti nomi forti. Ieri (sabato, ndr) mi ha chiamato Amadori, il cittì della nazionale under 23, e mi ha chiesto cosa volessi fare. Lui mi ha detto che se avessi scelto il mondiale under mi avrebbe messo sicuramente in squadra e avrei corso. E’ il primo mondiale, c’è emozione.
Un giro sul circuito di Misano scherzando con dei giovani fanIl tempo di due battute e si crea il “treno per Pellizzari”Un giro sul circuito di Misano scherzando con dei giovani fanIl tempo di due battute e si crea il “treno per Pellizzari”
Un giro tra i pensieri
Alla fine della chiacchierata chiediamo a Pellizzari di fare un giro di pista in sella alla sua De Rosa. I ragazzini lo riconoscono, lo fermano e gli chiedono se sia davvero lui. Giulio sorride e pedala con loro con la naturalezza che speriamo rimanga invariata. Il resto sono parole che scorrono, il mondiale, la stagione che finisce e cosa si aspetta dal confronto con la nuova realtà della RedBull-Bora-Hansgrohe. Pensieri che meritano forse un approfondimento, ma avremo tempo nei prossimi giorni, o mesi.