Busatto: piccoli falchi crescono. E il primo Giro si avvicina

24.03.2025
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Francesco Busatto si appresta ad entrare sempre più nel vivo della stagione. Lui è uno di quelli che ha iniziato a gennaio e a breve chiuderà il suo primo blocco di gare, prima di mettere il Giro d’Italia, il suo primo grande Giro, nel mirino. Debutto che non è isolato, infatti dopo l’Australia l’atleta della Intermarché-Wanty ha esordito anche alla Tirreno e alla Sanremo, segno di un calendario che prende sempre più corpo.

Busatto è una delle nostre speranze più concrete: 23 anni a novembre, un corridore che potremmo definire moderno: sa tenere in salita e dice la sua in arrivi ristretti. E non a caso ha vinto la Liegi U23. Per ora si gode la sua prima Sanremo: «Mi sentivo brillante fino all’attacco della Cipressa, poi a metà ho ceduto. Le gambe non erano al massimo, però tutto sommato non stavo male. E anche come squadra abbiamo corso bene. Purtroppo poi “Bini” (Biniam Girmay, ndr) è stato un po’ sfortunato. Dopo il Poggio ha avuto un salto di catena».

Francesco Busatto (classe 2002) è alla sua seconda stagione da professionista
Francesco Busatto (classe 2002) è alla sua seconda stagione da professionista

La condizione cresce

«Penso – ha detto Busatto – di arrivare bene a questo periodo. Ho passato due settimane a Gran Canaria ad allenarmi al caldo e mi sono allenato anche abbastanza e bene, quindi la gamba è quella giusta. Dopo essere sceso dall’altura, nelle corse francesi di Drome Classic non ero proprio brillantissimo, però dopo una settimana in recupero sono migliorato e la motivazione è quella giusta».

Archiviato il trittico Strade Bianche, Tirreno e Sanremo, con le quali spera di aver rifinito al meglio la condizione, per Busatto c’è all’orizzonte un primo vero spiraglio da leader: la Tour Engineering e la Paris-Camembert, in Francia.
«Sono corse minori, ma dove ho più possibilità anche di arrivare davanti, di fare risultato».

Quanto è importante il risultato e l’abitudine alla sua ricerca? Ormai tolti quei soliti noti, molti team iniziano a rivedere piani e calendari sulla gestione delle corse e su quelle dove puntare. E per un giovane di grandi ambizioni come Busatto avere delle possibilità, possibilità da leader, è quantomai determinante.

Crescono distanze e numero di gare WorldTour per il veneto
Crescono distanze e numero di gare WorldTour per il veneto

Giro in vista

Il grande obiettivo di Busatto si chiama Giro d’Italia. Quando ce lo dice gli si illuminano gli occhi. Debuttare nella corsa “di casa” deve essere qualcosa di davvero importante. Il momento è quello giusto.

«Dopo le due prove in Francia – riprende Busatto – farò un periodo in altura a Sierra Nevada, cercando di prepararmi al meglio per il Giro. Il mio obiettivo nella corsa rosa sarà quello di mettere nel mirino le tappe, ovviamente. Ho visto il percorso e ho notato che ce ne sono parecchie quest’anno che possono andare bene per le mie caratteristiche. E’ importante divertirci e penso che le occasioni per farlo ci siano, basta arrivare lì in condizione e poi viene tutto da sé.

«Insomma, sono super motivato. Poi vedo anche che la squadra ci tiene e vuole farmi crescere nel modo giusto. Al tempo stesso non ho chissà quali pressioni e quindi sono tranquillissimo».

Alla Sanremo, Busatto è stato vicino a Girmay (foto Instagram/Intermarché)
Alla Sanremo, Busatto è stato vicino a Girmay (foto Instagram/Intermarché)

Leader in crescita

Busatto dice di non avere pressione, ma al tempo stesso inizierà ad essere leader in alcune corse, come quelle che dovrà fare a breve in Francia o come alla Strade Bianche, dove era il primo della lista della sua Intermarché-Wanty, visto che l’anno prima era stato il migliore del team belga. La squadra gli dà le responsabilità a piccole dosi.

«L’idea di essere leader mi piace sicuramente – analizza Busatto – riguardo alla pressione, che dire? La sento fino a un certo punto. Comunque, alla fine, se sento di essere in condizione sono pronto ad assumermi le responsabilità e direi che è anche giusto così, bisogna puntare anche a questo. A volte si aiutano i compagni, a volte si è leader. Serve tutto e serve anche a crescere».

Busatto parla davvero con maturità. Vero, sin qui qualcosa è mancato e forse lui stesso si aspettava qualcosina in più, ma sappiamo che non è facile.

«Rispetto a un anno fa come mi sento? L’anno scorso, per dire, la Strade Bianche era la prima corsa WorldTour che facevo, adesso ne ho fatte già un po’, quindi mi sembra tutto più normale. Non è più un mondo del tutto inesplorato, ma lo è parzialmente. Sicuramente mi sento più maturo. Sono corse di livello top e sono diverse: si tratta di farle e farle ancora…».

Tiberi e Ayuso, parte la sfida rosa: ce la presenta Valoti

23.03.2025
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Alla Tirreno-Adriatico la lotta per conquistare il Tridente che sancisce il dominio sui Due Mari che uniscono questa corsa a tappe è stata una questione a tre. Alla fine l’ambito trofeo lo ha portato a casa lo spagnolo Juan Ayuso davanti a Filippo Ganna e Antonio Tiberi. Da sempre la Tirreno-Adriatico è la corsa che lancia un primo sguardo al Giro d’Italia, chi vince a marzo sulle strade del nostro Paese allora entra di diritto tra i candidati al Trofeo Senza Fine. Dall’Albania partiranno due dei tre protagonisti: Tiberi e Ayuso. Due ragazzi rispettivamente di 24 e 23 anni pronti a darsi battaglia per tre settimane, e a giudicare dalla piega che ha preso il copione alla Tirreno-Adriatico la sfida sembra prendere una direzione abbastanza netta. 

Antonio Tiberi e Juan Ayuso condividono anche una piccola fetta del loro passato, perché entrambi (come pure Ganna) sono stati atleti della Colpack-Ballan quando erano under 23. Tiberi è passato sotto lo sguardo dello staff del team bergamasco nel 2020. L’anno successivo Ayuso fu indirizzato in Italia per fare un netto passo in avanti di crescita. Pochi mesi dopo lo spagnolo entrò a pieno regime al UAE Team Emirates. 

Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan
Il podio finale della Tirreno, tutte e tre sono corridori passati tra le fila della Colpack-Ballan

Leggerezza e determinazione

I talenti di questi due giovani talenti hanno avuto Gianluca Valoti in ammiraglia al loro fianco, seppur per una stagione o anche meno. Il diesse della Colpack (ora MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack) li ha visti crescere e imparare. Due cammini diversi raccontati da chi li ha scortati nelle loro esperienze. Abbiamo deciso così di farci aiutare proprio da Gianluca Valoti a lanciare la sfida alla maglia rosa, partendo dal passato e guardando al futuro. 

«Iniziamo con Tiberi – dice Valoti – visto che ha corso con noi un anno prima di Ayuso. Era il 2020, l’anno del Covid. Da questo punto di vista abbiamo avuto modo di vederlo correre solamente una volta prima che tutto si fermasse. Alla ripresa partì forte con il terzo posto al campionato italiano a cronometro, non una novità visto che qualche mese prima aveva vinto il mondiale juniores proprio in quella disciplina. Una delle caratteristiche positive di Tiberi è la sua spensieratezza, aveva una capacità incredibile di staccare dal ciclismo e passare alla vita di tutti i giorni. Penso sia una bella qualità, tanti corridori sono fin troppo focalizzati». 

Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)
Tiberi ha corso nel team bergamasco nel 2020, mostrando già ottime doti di cronoman e passista (photors.it)

Imparare

In una stagione interrotta dal Covid Tiberi è comunque riuscito a mettere insieme tante esperienze diverse, anche se tutte al primo anno da under 23. Un fattore determinante se si vanno a considerare i pochi successi ottenuti quell’anno dal frusinate. Ma le qualità erano sotto gli occhi di tutti.

«Il Giro Under 23 – continua Valoti – fu l’unica vera corsa a tappe di spessore, ma si intravedevano le qualità atletiche di Tiberi. Lui è un corridore che ha avuto bisogno di fare ogni anno dei passi di crescita, calibrati e importanti. Lo abbiamo visto sia noi della Colpack e lo avete visto tutti negli anni da professionista. Come caratteristiche Tiberi è il classico passista forte a cronometro, ha nella costanza la sua qualità migliore. Tuttavia questa è una caratteristica che emerge con il tempo, se mi chiedete quale possa essere il suo limite non saprei rispondere. Ha sempre avuto ampi margini di crescita.

«Tiberi – riprende Valoti – è un ragazzo che ha imparato tanto facendo errori e capendo le lezioni da solo. Al Giro ricordo che in una tappa di pianura attaccò e rimase al vento per molti chilometri, uno sforzo che pagò il giorno successivo uscendo di classifica. Però sono cose normali per un ragazzo di diciannove anni».

Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)
Il frusinate tra le corse internazionali ha conquistato una vittoria a San Vendemiano (photors.it)

Tornado Ayuso

L’anno successivo Matxin, team manager del UAE Team Emirates, portò alla Colpack il giovane Ayuso, una tempesta pronta a travolgere il panorama under 23 italiano. 

«Atterrò a Bergamo a gennaio – ricorda Valoti – in un giorno di freddo e pioggia. Sceso dall’aereo ha voluto allenarsi comunque. Ayuso aveva ed ha ancora una determinazione e un focus fuori dal comune. Sapevamo avesse una marcia in più rispetto agli altri under 23 e alle corse lo dimostrò con una costanza disarmante. Vinse praticamente tutte le gare del calendario nazionale e internazionale e conquistò il Giro U23 senza avere rivali.

«Tatticamente era già maturo e con la voglia di conquistare tutto. Ma la gara che mi fece capire il suo valore fu il Trofeo Laigueglia. Arrivò a 15 minuti dal vincitore ed era al primo anno da U23, ma gli si vedeva in faccia che non fosse contento. Lui non vuole essere secondo a nessuno, ha un carattere vincente che lo porta a volere tutto e subito. Un pregio dal mio punto di vista».

Di nuovo verso il rosa

Non si sono mai sfidati a viso aperto da under 23 Tiberi e Ayuso. Il loro primo incontro su un palcoscenico importante arriverà tra qualche mese e chiediamo a Gianluca Valoti quali siano i valori in campo. 

«Ayuso – conclude il diesse bergamasco – è un corridore più completo, tanto forte in salita quanto a cronometro ed ha anche uno spunto veloce importante. Tiberi è un passista vero che non cala mai, fa della solidità il suo punto forte. Sulle tre settimane non ho timore a dire che Tiberi riesce a gestirle bene anche mentalmente. Lo stesso si può dire di Ayuso. A cronometro li vedo allo stesso livello, forse leggermente avvantaggiato Tiberi. Ma in salita è lo spagnolo ad avere margine. L’ago della bilancia va in direzione di Ayuso, anche per la forza dei compagni che avrà al suo fianco. La cosa che mi auguro, in fondo, è di vederli entrambi sul podio, come alla Tirreno».

Il Giro in Toscana ed Emilia: la ricognizione di Caruso e Tiberi

18.03.2025
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Le fatiche della Tirreno-Adriatico sono da poco alle spalle per gli atleti della Bahrain Victorious è stato un altro passo di avvicinamento al Giro d’Italia. Lo scontro tra Juan Ayuso e Antonio Tiberi ha dato un piccolo anticipo di quello che potremmo vedere sulle strade della Corsa Rosa. Lo scalatore laziale ha dato prova di solidità nella cronometro iniziale, mentre ha pagato dazio (se pur in maniera leggera) sull’unico arrivo in salita della Corsa dei Due Mari.

Ma i passi che lanciano la ricorsa alla lotta per la maglia rosa sono ancora lunghi e danno modo di pensare che Ayuso e Tiberi possano crescere ulteriormente. Una caratteristica che non può mancare nel preparare il Giro d’Italia è la cura dei dettagli. In questo Antonio Tiberi ha un’arma in più a suo vantaggio: l’esperienza di Damiano Caruso. I due hanno approfittato di questi ultimi giorni per visionare tre tappe: la nona, la decima e l’undicesima.

Antonio Tiberi e Damiano Caruso sulle strade senesi per visionare gli sterrati
Antonio Tiberi e Damiano Caruso sulle strade senesi per visionare gli sterrati

Le insidie senesi

Per la frazione numero nove, quella degli sterrati senesi, l’attenzione è andata verso i quasi trenta chilometri di strade bianche.

«Siamo stati a visionare due settori – racconta Caruso mentre in sottofondo la musica accompagna il trasferimento dopo l’arrivo di Pergola – quello che alla Strade Bianche è il numero sei (Pieve a Salti, ndr). Forse il più tecnico dei cinque che attraverseremo, con una salitella e due tornanti insidiosi in discesa. A mio avviso sarà un remake di ciò che abbiamo visto alla Strade Bianche, ci saranno grandi distacchi. Gli sterrati impegnativi, che sono in totale tre, arrivano tutti nella parte centrale della tappa. Le cadute saranno all’ordine del giorno».

Sarà importante trovare la giusta pressione delle gomme per pedalare sulle strade bianche e in maniera efficiente nei lunghi tratti asfaltati
Sarà importante trovare la giusta pressione delle gomme per pedalare sulle strade bianche e in maniera efficiente nei lunghi tratti asfaltati

Attenzione ai dettagli

I consigli riguardo a come affrontare gli sterrati senesi arrivano anche da chi la Strade Bianche l’ha corsa. Piccoli dettagli che possono fare la differenza in una gara che potrebbe decidersi sugli episodi.

«Pello Bilbao – continua Caruso – ci ha dato qualche informazione importante, ma lui è uno che la bici sa guidarla davvero bene. Quello su cui ci siamo concentrati Tiberi e io è trovare l’equilibrio sui dettagli tecnici. Penso adotteremo copertoni da 30 millimetri con pressioni non troppo basse, alla fine ci sarà tanto asfalto e serve trovare il compromesso ideale. La condizione degli sterrati sarà simile a quella che abbiamo trovato noi: secchi, polverosi e con poco grip. Vedrete sicuramente un bellissimo spettacolo, forse un pochino al limite per essere in una grande corsa a tappe. E’ giusto mettere le strade bianche, come al Tour si inserisce il pavé ma non si deve esagerare».

Tiberi e Caruso in Piazza dei Miracoli a Pisa, la cronometro Lucca-Pisa sarà la prima tappa dopo il giorno di riposo
Tiberi e Caruso in Piazza dei Miracoli a Pisa, la cronometro Lucca-Pisa sarà la prima tappa dopo il giorno di riposo

Riposo attivo

Al termine della nona tappa i corridori entreranno nel secondo giorno di riposo, dopo quello che arriva una volta rientrati dall’Albania.

«Avere una cronometro dopo il riposo – spiega Caruso – non è facile da gestire. Chi farà classifica dovrà gestire in maniera attiva la giornata di pausa. La partenza dal centro di Lucca è spettacolare ma insidiosa, con l’attraversamento di un tratto in basolato e tante curve. Successivamente la strada si apre e per una quindicina di chilometri ci sarà spazio per gli specialisti, lì chi ha gamba può tenere una media sui 55 o anche 58 chilometri orari. Appena si arriva nei pressi di Pisa torna una parte delicata con un altro passaggio dal centro storico fino all’arrivo in Piazza dei Miracoli. Sarà importante fare un giorno di riposo che permetta agli uomini di classifica di arrivare con il motore acceso».

L’arrivo della frazione che porterà i corridori da Gubbio a Siena sarà in Piazza del Campo
L’arrivo della frazione che porterà i corridori da Gubbio a Siena sarà in Piazza del Campo

Attenti alle imboscate

La terza e ultima frazione visionata da Tiberi e Caruso è stata quella che da Viareggio porta a Castelnovo ne’ Monti. 185 chilometri a due facce, una tranquilla e sorniona, l’altra agguerrita.

«Ci siamo concentrati sugli ultimi 120 chilometri – dice ancora Caruso – da quando inizia la salita di Alpe San Pellegrino. E’ una tappa che si presta al classico scenario da “corsa nella corsa”. La fuga avrà il terreno giusto per muoversi e anche gli uomini di classifica potranno muoversi. Se nei primi 60 chilometri la fuga avrà già preso forma avremo una scalata regolare, altrimenti i ritmi potrebbero alzarsi parecchio. La salita di Alpe San Pellegrino è impegnativa, ma lo è altrettanto la discesa e farsi cogliere impreparati vuol dire inseguire tutto il giorno. E’ una di quelle classiche tappe trabocchetto, se nella fuga entra un corridore non troppo distante dai primi potrebbe rientrare in classifica. Non è facile gestire queste situazioni, perché chiudere sui fuggitivi vuol dire spremere i compagni e su tre settimane di gara ogni goccia di energia conta».

Finale insidioso

Superata la principale asperità di giornata il gruppo punterà deciso verso la provincia di Reggio-Emilia, attraversando l’appennino tosco-emiliano.

«Una volta finita la discesa di Alpe San Pellegrino la strada torna subito a salire – conclude Caruso – con il GPM di Toano e Pietra di Bismantova. Salite di seconda categoria, brevi e ripide con pendenze a doppia cifra. Se dovesse arrivare anche il brutto tempo diventa una giornata in cui qualcuno si può fare male in termini di classifica. Negli ultimi cinque chilometri ci sono due strappetti tosti che era bene visionare. L’asfalto non è in condizioni ottimali, speriamo venga rifatto prima del Giro. In generale saranno tre giorni in cui tenere gli occhi aperti».

Obiettivo maglia rosa: la Tirreno rafforza le ambizioni di Ayuso

18.03.2025
6 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il tempo di ribadire che nella giornata di svago ad Ancona non avrebbe fatto null’altro che starsene a letto e semmai fare una breve passeggiata, poi Juan Ayuso ha lasciato la Tirreno-Adriatico con il sorriso appagato. Dopo il successo di Frontignano ha spiegato quanto sia difficile essere un corridore di vertice, dopo la vittoria finale (in apertura stringe il trofeo ricevuto da Stefano Allocchio) ha tracciato invece un primo bilancio con lo sguardo verso il Giro d’Italia.

Juan ha vinto, nessuno è parso in grado di mettere in discussione la sua vittoria, ma non ha schiacciato i rivali. La classifica corta ha reso necessario lottare su ogni traguardo senza dare mai nulla per scontato e grazie a questo la corsa è parsa molto interessante. Al punto da concedere una chance al miglior Ganna, che fino all’ultimo è rimasto in lotta per la maglia di ledaer.

Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Il duello Ayuso-Ganna si è risolto in montagna e solo in extremis. I due vengono entrambi dal Team Colpack
Prima della Tirreno avevi detto che ci sarebbe stato spazio per crescere, credi di averlo fatto in questa settimana?

Molto, anche mentalmente, soprattutto con queste tappe di freddo e pioggia. Non mi era capitato tanto spesso di correre in condizioni simili. Una volta l’anno scorso, sempre qui alla Tirreno (la tappa di Gualdo Tadino, vinta da Bauhaus, ndr). Poi ricordo un giorno al Catalunya, con un meteo davvero difficile. Qui invece le condizioni sono state impegnative ogni giorno e sono certo che mi aiuteranno a migliorare, soprattutto in vista del Giro. Perché probabilmente a maggio ci saranno giornate come queste, cui devo abituarmi.

La tua tattica è stata piuttosto semplice: una grande crono e poi il tutto per tutto in salita. Hai temuto che potesse non riuscire?

Sì, certo. Ci sono stati momenti difficili, soprattutto per il freddo. Dopo la tappa di Colfiorito e i suoi 239 chilometri, ho pensato che non potesse andare peggio di così. Invece il giorno dopo, in discesa, faceva ancora più freddo. Per fortuna vedere che anche gli altri soffrivano mi ha aiutato a superare il momento di difficoltà. Come ho detto, anche questo è un percorso di apprendimento e quelli sono stati momenti delicati che sapevo di dover superare. Invece, parlando di gambe, mi sono sentito abbastanza bene per tutta la settimana. Sapevo che dovevo rimanere concentrato e aspettare la tappa di montagna.

Quanto è stato importante essere l’unico leader della squadra ed esserlo anche al Giro d’Italia?

Per me è sempre una questione di prestazioni e di essere il miglior corridore possibile. In questa squadra, ogni occasione che si presenta deve essere sfruttata al meglio, perché abbiamo tanti corridori che possono provare a vincere. L’anno scorso sono andato al Tour, ma è stato diverso. Nella sfida più grande della stagione, si doveva lavorare per un compagno di squadra e non sono abituato a farlo. Poi mi sono ritirato per il Covid ed è finita lì. Quando c’è Tadej, il migliore del mondo, dobbiamo correre per lui. Quest’anno però avrò anche io un grande obiettivo e mi piace molto sentire questo tipo di pressione.

Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
Partenza del Tour 2024 da Firenze. Ayuso dovrà correre per Pogacar: un ruolo in cui non si troverà a suo agio
In questi giorni è parso evidente l’ottimo rapporto che hai con Isaac Del Toro, sembra che siate anche buoni amici. Questo aiuta quando si è in corsa?

Issac mi aveva già aiutato molto in questa corsa l’anno scorso, poi non ci siamo più visti molto. Quest’anno, tranne Laigueglia, ho corso sempre con lui ed è stato di grande aiuto. Gli sono grato. Saremo insieme anche al Giro e credo che ci sosterremo a vicenda. Spero di ritrovarlo anche nella seconda parte di stagione, così anche io potrò aiutarlo a vincere.

Al Giro ci saranno altri rivali, il primo nome che salta agli occhi è Roglic. Preparando la corsa studierai i tuoi rivali oppure rimarrai concentrato unicamente su te stesso?

Da un lato, credo che ci si debba concentrare solo su se stessi, perché non si può controllare quello che fanno gli altri. Però devi anche conoscere i loro punti di forza e di debolezza per poterti adattare e cercare di batterli. Ho corso contro Roglic in tutte le condizioni atmosferiche, alla Vuelta e anche al Tour e mi ha sempre battuto (ride, ndr). Quindi, da questo punto di vista, la sfida non sarà a mio favore, ma spero di poterlo affrontare.

Un giornale spagnolo ha titolato: Ayuso, il Pogacar spagnolo. Ti piacciono certi accostamenti?

Da un lato è bello, perché dice che io sarei simile al miglior corridore della storia. D’altra parte però, non mi piace. Non perché soffra il confronto, perché hanno già parlato di me come del nuovo Indurain e del nuovo Contador. Semplicemente preferisco non essere paragonato a nessuno, perché tutti questi corridori sono stati migliori di me. Vorrei essere semplicemente me stesso, vincere le gare che devo vincere e perdere le gare che devo perdere. Sempre come Juan Ayuso. 

Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
Le tappe di Colfiorito e Trasacco hanno messo a dura prova la sopportazione del freddo di Ayuso
E’ vero, come ha detto il tuo diesse Guidi, che lo scorso inverno hai ragionato con la lungimiranza del vero leader?

Mi sono concentrato di più sul quadro generale, sul grande obiettivo: il Giro. Sto correndo poco. Ora andrò al Catalunya e poi basta. Forse si potrebbe pensare che abbia le gambe per andare ai Paesi Baschi e vincere, ma il Giro comanda su tutto. Per cui ora devo recuperare, dare tempo al mio corpo di assimilare gli sforzi e poi dedicarmi a un altro ritiro in altura per sistemare i dettagli. E’ stato l’inverno in cui ho lavorato di più, al punto che a gennaio ero già al peso forma, che ho sempre raggiunto un paio di mesi più avanti.

Hai già provato qualche tappa del Giro?

La tappa di Siena, quella delle strade bianche, che per noi corridori di classifica sarà cruciale e anche pericolosa. Poi ho visto la cronometro di Pisa, che è molto lunga e sicuramente farà delle grandi differenze. Penso che non ne vedrò altre, anche perché le montagne al momento sono ancora piene di neve.

Dopo Frontignano hai parlato della grande attenzione all’alimentazione: è davvero così estrema?

Si deve controllare tutto, vietato prendere cibo da asporto, ad esempio, perché non possiamo sapere come sia preparato. Credo che quando finirò il Giro, me ne starò per un po’ di tempo senza stress, mangiando cose normali. Ma per il resto non è così difficile, ci sono abituato. Non si tratta solo di riso bianco e uova. Gli chef del team fanno ricette molto buone e rendono tutto molto meno pesante.

Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Il giovane Del Toro è stato decisivo nella tappa di montagna e sarà con Ayuso anche al Giro
Ti senti parte del gruppo importante, di quelli che vengono guardati con più rispetto?

Quando hai più gambe, tutto viene più facilmente. In gruppo facciamo tutti lo stesso lavoro, siamo su una bici e cerchiamo di ottenere i migliori risultati possibili. Anche se sanno che sei un corridore molto forte, nessuno ti regala niente e per questo devi lavorare sodo. Quindi per un verso non cambia molto, ma se alla fine della salita ho un po’ più di potenza per fare la differenza, allora le cose sono davvero differenti.

EDITORIALE / Il miope stillicidio delle wild card

17.03.2025
5 min
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Il 26 marzo, mercoledì dopo la Sanremo, l’UCI farà sapere se per i Grandi Giri sarà possibile aumentare fino a tre la quota delle wild card. Ad ora, il sistema prevede che gli inviti siano due: il Giro d’Italia è già in vantaggio su Tour e Vuelta perché la Lotto ha comunicato nuovamente che non sarà della partita, liberando il terzo invito. Se arrivasse anche la terza wild card, il Giro potrebbe fare 4 inviti, portando le due squadre italiane aventi diritto per punteggio (Team Polti-VisitMalta e VF Group-Bardiani), più Tudor Pro Cycling e Q36.5 Cycling Team. Il Tour invece potrebbe allargare la rosa con la squadra di Julian Alaphilippe che al momento sarebbe fuori. Non vorremmo passare per i soliti malpensanti, ma ci chiediamo se la faccenda andrebbe così per le lunghe se l’istanza venisse soltanto dal Giro d’Italia.

Le due italiane meritano esserci per diritto. Oltre alla necessità di tutelare il movimento nazionale, alla Tirreno hanno dimostrato di avere dedizione e sostanza (in apertura Tarozzi, che ha conquistato la maglia verde), anche se l’attuale gestione di RCS Sport ha dimostrato che il tricolore e i conti da far quadrare non sempre sono sovrapponibili. Tudor ha investito sul Giro con una campagna piuttosto incisiva. Q36.5 porterebbe al via Pidcock, un bel nome che farebbe anche da ottimo richiamo per il mondo anglosassone. Qualunque delle quattro squadre venisse lasciata fuori, porterebbe con sé delle spiacevoli conseguenze.

Gruppo (quasi) in pezzi

In questi giorni alla Tirreno-Adriatico, girando fra i pullman e facendo semplici domande, abbiamo registrato un campionario di risposte difformi e controverse. Qualcuno dice che le squadre siano tutte favorevoli, con l’eccezione di una professional belga. Altri sostengono che l’opposizione arrivi da alcune squadre WorldTour. Ci sarebbe poi il partito dei team francesi, che si oppone a tutte le decisioni contrarie alle regole scritte. Infine c’è chi tira in ballo Adam Hansen e il CPA (l’associazione internazionale dei corridori), che avrebbe opposto motivazioni di sicurezza.

Per le prime tre ipotesi, le domande poste si sono infrante sulla riservatezza. Per quanto invece riferito al CPA, Adam Hansen – cui la questione è stata posta da Cristian Salvato – avrebbe risposto con una fragorosa risata, avendo sostenuto come categoria la possibilità di portare a tre il numero delle wild card.

Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024
Adam Hansen, presidente del CPA, qui con Salvato nel giorno della neve di Livigno al Giro del 2024

Sicurezza o inadeguatezza?

Il tema è delicato. Il numero dei 176 atleti al via, stabilito con la riforma tecnica del 2018, si raggiunge con 22 squadre da 8 corridori ciascuna. E’ una quota di prudenza legata alla sicurezza e alla possibilità per gli organizzatori di assicurarla. Nel 2017, al Giro d’Italia parteciparono 22 squadre da 9 corridori ciascuna, con 198 partenti. Autorizzare la terza wild card porterebbe i partenti a 184, comunque meno della quota 2017.

Si sta pensando a una variazione del regolamento oppure alla riscrittura della norma per andare incontro alle esigenze attuali del ciclismo? Sarebbe il modo per aggirare le regole di partecipazione legate ai punteggi o di renderne le maglie meno stringenti? E soprattutto quali sono i ragionamenti in seno all’UCI, che si ritrova in mezzo alle istanze dei grandi organizzatori e la necessità di tenere il punto sulla sicurezza in gara?

Qualunque sia la ragione del cambiamento, se esso avverrà, ciò che è tecnicamente insostenibile e va palesemente contro le esigenze degli atleti nel ciclismo della pianificazione estrema è che tutto questo sarà annunciato cinque settimane prima del Giro d’Italia, che venendo per prima sconta come sempre le indecisioni dell’UCI. Gli altri, i francesi che organizzano il Tour e anche la Vuelta, possono infatti permettersi di stare a guardare e fare buon viso a qualunque tipo di gioco.

Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa
Maestri e il Team Polti-VisitMalta alla Tirreno sono stati fra gli animatori di ogni tappa

Wild card biennali

Le wild card sono un ottimo strumento per invitare le piccole al tavolo dei grandi, ma sono così estemporanee e occasionali da non consentire investimenti lungimiranti. Come fai a proporre a uno sponsor di investire su di te, se a cinque settimane dal Giro d’Italia non sai ancora se vi prenderai parte? Le wild card dovrebbe essere quantomeno biennali e non strumento di regalìa da parte degli organizzatori ai manager del momento. Forse in questo modo anche chi parte da risorse più limitate può progettare un percorso solido di crescita.

E’ evidente la spaccatura fra il livello dei team che si ingegnano e spendono per raggiungere l’eccellenza e quello di chi li governa a tutti i livelli. Sembra poca cosa, al confronto, che ancora non si conoscano il percorso e le squadre che parteciperanno al Giro Next Gen. Se uno squadrone come la Tudor Pro Cycling non sa ancora se parteciperà al Giro d’Italia, cosa volete che si lamenti una qualsiasi continental per il vuoto totale di informazioni sulla corsa che la riguarda?

Tiberi, lavori in corso e primi assaggi di Giro contro Ayuso

17.03.2025
4 min
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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Al chilometro 103,4 dell’ultima tappa alla Tirreno-Adriatico si è verificato quello che Antonio Tiberi aveva intuito da tempo. Il solo modo per cui Ganna avrebbe potuto guadagnare il secondo che lo divideva dal secondo posto nella generale dopo l’arrivo di Frontignano era quello sprint. Il lavoro della Ineos Grenadiers lasciava presagire il piano. Sono cose che di solito non si fanno: l’ultima tappa si è sempre considerata inspiegabilmente una passerella. In nome di questo a Mikel Landa al Tour del 2017 fu impedito di attaccare il terzo posto di Bardet, da cui lo divideva appena un secondo. Il suo capitano Froome, che quel Tour lo stava vincendo, si espresse a favore del bel gesto. Invece Ganna non si è rassegnato, ha lottato ed è andato a prendersi il piazzamento.

Tiberi ha provato a difendersi. Ha chiesto a Pasqualon di impegnarsi nella volata e poi l’ha fatta a sua volta, piazzandosi al terzo posto dietro Ganna e Milan, subito prima del compagno che gli ha lasciato strada. Sul podio finale della Corsa dei Due Mari, dietro Ayuso si sono ritrovati così Ganna a 35 secondi e Tiberi a 36. «Diciamo che è quasi impossibile – dice dopo l’arrivo dell’ultima tappa – riuscire a difendere un secondo da un uomo come Ganna su degli sprint così. Anzi sono contento di essere riuscito a guadagnare un secondo, quindi alla fine sono contento».

Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso
Nella crono di Lido di Camaiore, Tiberi ha colto il 4° posto a 27″ da Ganna, solo 6″ peggio di Ayuso

La Tirreno del 2024

Il punto di partenza era il risultato dello scorso anno, il piazzamento a più di 8 minuti da Vingegaard. E’ innegabile che il 2025 abbia mostrato finora un Tiberi più solido, capace di assorbire meglio i carichi di lavoro e di prendere l’iniziativa.

«Avevo buone sensazioni e ambizioni per questa Tirreno-Adriatico – spiega – volevo fare bene. Non solo per la gara in sé, ma anche per le prossime. La gara ha seguito uno schema simile a quello dell’anno scorso, a partire dalla cronometro di apertura. L’anno scorso ho faticato più di quanto mi aspettassi, perché la Tirreno fu di fatto la prima gara della stagione dopo la cancellazione della Ruta del Sol. Questa volta, ho avuto un inizio migliore in Portogallo, sentendomi sempre meglio con il passare delle tappe».

Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso
Arrivo in salita di Frontignano, Tiberi arriva al 5° posto 20″ dopo Ayuso

Prestazioni in crescendo

Quarto dopo la crono di Lido di Camaiore, 28″ alle spalle di Ganna, appena 6″ alle spalle di Ayuso. Quinto a Frontignano, 20″ alle spalle di Ayuso. I due si ritroveranno al Giro d’Italia, in cui saranno entrambi leader delle rispettive squadre. Che cosa ha detto la Tirreno-Adriatico al corridore del Team Bahrain Victorious?

«Sicuramente il bilancio di questa Tirreno è positivo – spiega – soprattutto rispetto a come è andata lo scorso anno. Sono molto contento di come è iniziato il 2025, lo valuto in modo positivo in vista del Giro. La crono era lunga solo 10 chilometri, quindi è stata uno sforzo diverso rispetto a quello cui sono abituato. Ieri ho cercato di fare la salita col mio passo, per come è il mio stile. Rispondere agli scatti non è da me, perciò ho cercato di salire regolare e fare la mia progressione negli ultimi due chilometri per cercare di recuperare il più possibile e chiudere il gap che avevo con Gee. Mi sono sentito molto bene, ho sentito di avere un ritmo migliore nella fase finale, piuttosto che in avvio».

Il programma ora prevede un ritiro in altura e poi il Tour of the Alps sulla strada del Giro d’Italia. Si riparte dal quinto posto finale del 2024 e dalla maglia bianca dei giovani. Anche nell’ultima tappa della Tirreno, Tiberi ha indossato quel primato, ricevuto in prestito da Ayuso. I due si ritroveranno a duellare proprio nella corsa italiana di maggio. Ayuso è un avversario alla sua portata, non ci sarà l’alibi di un Pogacar imbattibile. L’occasione non va assolutamente sprecata.

Groves per Philipsen, un vero “pilota” da urlo

13.03.2025
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C’è voluto un po’ di tempo, per mandar giù quanto avvenuto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Per Kaden Groves è stata una corsa dai due volti: prima la soddisfazione per il grande lavoro svolto per Jasper Philipsen (e su questo torneremo), poi la delusione e la rabbia per la retrocessione con multa annessa per aver esultato. Per carità, non sono certo i 500 franchi svizzeri ad avergli lasciato l’amaro in bocca, ma la sua voce si unisce a quella di tanti colleghi che non riescono proprio a capire come questo possa rappresentare un pericolo tale da essere sanzionati nella maniera più severa.

La foto incriminata con Groves che alza un braccio. Chiude 10°, ma verrà declassato e sanzionato (foto Getty Images)
La foto incriminata con Groves che alza un braccio. Chiude 10°, ma verrà declassato e sanzionato (foto Getty Images)

Primo cartellino giallo

Già, perché la giuria della classica belga gli ha comminato la sanzione più pesante, il classico “cartellino giallo” per “aver decelerato mettendo in pericolo gli altri corridori togliendo le mani dal manubrio” quando poi si vede dalla foto che la mano è una sola. Come noto, tre cartellini in un mese costano 14 giorni di squalifica, sei in una stagione sono un mese da scontare.

Groves si è messo a lavorare pensando al prosieguo della stagione, ma col tempo è riuscito a rivedere quella corsa e ad apprezzarne i contenuti. L’australiano si sta riscoprendo come un elemento prezioso all’interno dell’Alpecin Deceuninck e chi pensava a una sua rivalità interna con Philipsen ha dovuto ammettere che si sbagliava. «Con lui non c’è concorrenza – ha ribadito alla vigilia della classica belga ribadendo quanto aveva già affermato lo scorso anno – siamo velocisti diversi, io sono più portato per gli sprint ridotti. Io spero ardentemente che ci possa essere posto per entrambi e possiamo correre insieme, lo abbiamo già fatto e lo abbiamo fatto bene».

Groves si è molto ben adattato nel team e vuole esordire al Tour, anche come aiutante per Philipsen e VDP
Groves si è molto ben adattato nel team e vuole esordire al Tour, anche come aiutante per Philipsen e VDP

Un perfetto uomo squadra

Parole profetiche perché a Kuurne si è visto come l’australiano sia perfettamente in grado di coesistere con il belga, anzi possa essere un ideale ultimo uomo riuscendo a tenere velocità altissime: «A me avere un ruolo di supporto non dispiace – ha raccontato a Cyclism’Actuio conto di essere selezionato per la corsa francese perché la nostra squadra, che non ha un corridore che punti alla classifica, può dare tutto per i successi parziali e io posso essere di supporto sia a Van der Poel per le fughe, sia a Philipsen per gli sprint. Oltretutto sarebbe una soluzione tattica ideale per il team, perché in caso di qualsiasi problema ci sarei io a poter sopperire. Quel che deve essere chiaro comunque è che per me chiunque vinca del team va bene, lavoriamo tutti per una causa comune».

Il fatto che lui e Philipsen siano diversi è testimoniato anche dal lavoro specifico che Groves ha fatto e sta facendo da quando è approdato alla squadra belga. Gli effetti si sono visti ad esempio all’ultima Vuelta, con tre vittorie collezionate: «Ho dimostrato che se ho le gambe posso lottare per il successo anche in tappe che prima non mi erano per nulla congeniali. Ora posso lottare anche in corse dure, tenere in salita quando il gruppo perde pezzi. Ma i progressi non riguardano solo le mie prestazioni tecniche…».

Il 26enne australiano ha mostrato evidenti segni di progresso nella tenuta in salita
Il 26enne australiano ha mostrato evidenti segni di progresso nella tenuta in salita

Il metro di paragone? Van Aert…

Groves, proprio in occasione della Vuelta, aveva fatto intendere che quelle vittorie erano anche frutto di una crescita dal punto di vista tattico, o forse anche caratteriale, non sentendo più la pressione di certi confronti. Il fatto di aver tenuto testa a Van Aert, ad esempio, ha avuto un peso non indifferente. «Si è visto che posso lottare alla pari con lui che ha più esperienza e duttilità. Cambiando strategia. Prima tanti secondi e terzi posti erano frutto di scelte sbagliate del momento di partire, quando invece vedevo che altri, il belga più di tutti, sapevano scegliere l’attimo giusto in maniera sistematica e precisissima. Ora sto imparando e i frutti si vedono».

La stagione dell’australiano è iniziata tardi, anche con un sacrificio non da poco: «Mi sarebbe piaciuto essere a gennaio in Australia, correre gare del calendario nazionale e il Santos Tour Down Under, ma sapendo quel che ci aspetta avrebbe significato iniziare la stagione troppo presto e spendere energie importanti. Noi abbiamo nel periodo delle classiche di primavera un target fondamentale, dobbiamo essere al massimo per quelle, quindi dobbiamo essere più freschi».

Lo scorso anno ha vinto 3 tappe alla Vuelta. Al Giro ha già vinto nel 2023, ma vuole ripetersi
Lo scorso anno ha vinto 3 tappe alla Vuelta. Al Giro ha già vinto nel 2023, ma vuole ripetersi

Una primavera intensissima

Il corridore di Gympie sarà presente alla Classicissima, poi farà il Catalogna e poi la parte fiamminga delle classiche con l’aggiunta dell’Amstel. Corse (quelle d’un giorno) dove sarà l’evoluzione della gara a consigliare il suo migliori impiego. Poi ci sarà il suo primo vero obiettivo stagionale: «Sarò al Giro d’Italia dove lo scorso anno ho sfiorato la vittoria più volte senza mai agguantarla. Questa volta voglio conquistare almeno una tappa, ma poi spero di essere ancora in forma per andare al Tour e per esordire alla Grande Boucle sono più che disposto a un ruolo di supporto. Senza problemi».

La snervante attesa delle wild card. Bellini ne sa qualcosa…

11.03.2025
5 min
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Siamo all’11 marzo, eppure delle wild card per la prossima edizione del Giro d’Italia che partirà dall’Albania il prossimo 9 maggio, nessuna traccia. Mai in passato c’era stato così tanto da aspettare, così tanta incertezza sulle scelte degli organizzatori, che stanno spingendo in tutti i modi per poter allargare a 4 il numero di team professional da invitare. Uno “stato dei lavori” che certamente non agevola chi deve programmare non solo la partecipazione, ma l’intera stagione.

Marco Bellini, nei tanti anni trascorsi al fianco di Gianni Savio quando i loro team erano professional italiane, ha affrontato tante volte questa situazione, si può ben dire ad ogni stagione, e sa che cosa significa rimanere in quest’incertezza. Oggi, dopo la dolorosa scomparsa di Gianni, Bellini è a pieno titolo immerso nell’avventura della Petrolike e quindi guarda il tutto da lontano ma si sente, quando affrontiamo il discorso, che il legame con il ciclismo italiano, con quegli ambienti e quelle sensazioni è ancora vivissimo.

Marco Bellini, secondo da sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…
Marco Bellini, a sinistra, al tempo dell’Androni Giocattoli: l’attesa per la wild card era sempre tanta…

«Una wild card può davvero cambiare tutto per una squadra professional italiana – dice – come anche per una spagnola nel caso della Vuelta. Il Tour è a sé stante, non va considerato neanche viste le caratteristiche del movimento locale, con molte squadre nel WorldTour. La partecipazione al Giro è, per un team italiano, una svolta soprattutto nei rapporti con gli sponsor, ma sono sempre stato dell’avviso che bisogna essere rispettosi di questi e quindi evitare di fare promesse. E’ chiaro però che per un’azienda sapere che la squadra parteciperà o meno alla corsa rosa cambia tutto».

Quanto incide nel budget?

In maniera direi quasi decisiva. Il sistema è questo, se non sei nel WorldTour ti dibatti con una base economica che non consente voli pindarici e trovare fondi è davvero difficile. Sapere che sarai presente alla vetrina più importante dell’anno apre porte importantissime, ma serve anche il tempo per farlo…

Che cosa significa secondo te arrivare all’11 marzo senza sapere ancora quale sarà il proprio destino?

E’ la testimonianza di quanto ho detto, ma io voglio spezzare una lancia a favore della RCS Sport che sta facendo di tutto per ottenere il quarto invito che metterebbe tutto a posto. Abbiamo due squadre italiane, Polti e VF Group che, diciamola tutta, tengono in piedi il ciclismo italiano, facendo correre tanti giovani nostrani e che avrebbero tantissimo bisogno di esserci. Ma dall’altra parte abbiamo due team come Q36.5 e Tudor che hanno budget importanti, che hanno costruito squadre di altissimo spessore ed è difficile tenerle fuori da un Grande Giro. Se non verrà accettata la proposta della quarta wild card, gli organizzatori si troveranno a fare una scelta comunque drammatica. Certamente però il tempo non aiuta chi è ancora in bilico. E parlo dei due team italiani ai quali va tutto il mio apprezzamento e rispetto.

Perdere una delle due squadre italiane sarebbe però un grave, ulteriore smacco per il nostro movimento…

Esatto e questa situazione deve far capire che il ciclismo, così com’è, non va. Bisogna cambiare alcune regole del gioco. L’UCI ormai gestisce un impero nel quale se non hai i soldi, fai un’enorme fatica a galleggiare. Rispetto ai tempi miei e di Gianni, la situazione è diventata molto più difficile.

Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Il richiamo di Pidcock alla corsa rosa è difficilmente accantonabile da parte di Rcs Sport
Gli sponsor sono disposti ad aspettare?

Fino a un certo punto. Noi per nostra fortuna non ci siamo mai – e ribadisco mai – sbilanciati. Abbiamo sempre detto alle varie aziende che non potevamo garantire la partecipazione al Giro, perché tutte ce la chiedevano. Noi proponevamo una doppia soluzione economica, con o senza partecipazione alla corsa rosa. Era l’unica cosa da fare per non prendere in giro nessuno ed essere il più possibile trasparenti.

C’è la stessa attenzione, da parte di chi sponsorizza, per altre corse, magari sempre della RCS?

No ed è facile capire il perché. Il Giro d’Italia è una cosa diversa. Secondo me non è neanche un evento sportivo, o almeno lo è solo in parte perché parliamo di qualcosa che riguarda tutta la società italiana. Il Giro d’Italia lo vede il ragazzino come la massaia, lo trovi in tutti i media, non è un evento che riguarda solo chi è appassionato. Io non ho mai visto le scolaresche o gli abitanti di una piccola città scendere in strada per il Giro di Lombardia, ma il Giro d’Italia è un’autentica festa per ogni paese attraversato. Questo lo sa bene chi ti sponsorizza per vendere la propria immagine, per questo è tanto importante.

Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
Alberto Dainese, una delle punte per la Tudor. Anche lui attende di sapere se sarà al via dall’Albania
E’ un discorso che ormai ti vede solo semplice spettatore, almeno per ora. Ma un domani?

Noi con il nostro team abbiamo un progetto diluito nel tempo. Siamo una squadra continental e per ora questi discorsi non ci riguardano né ci interessano più di tanto. L’obiettivo del team è far crescere nuovi talenti sudamericani e arrivare con i passi dovuti a essere una squadra professional. Quando saremo strutturati e ci arriveremo, valuteremo anche la partecipazione a un Grande Giro. La nostra fortuna è non avere pressioni né dover andare a caccia di sponsor. Possiamo lavorare con calma, non invidio chi invece a quest’ora è ancora sulla graticola…

Il Giro torna in Valtellina, Gavazzi ci fa da Cicerone

09.03.2025
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Il Giro d’Italia torna in Valtellina anche quest’anno con arrivo di tappa a Bormio e la partenza del giorno successivo da Morbegno. Due momenti chiave per la Corsa Rosa, che sarà da poco entrata nella sua terza e fatidica settimana di fatiche. Nella frazione numero diciassette il gruppo partirà da San Michele all’Alpe e arriverà appunto a Bormio dopo 154 chilometri e tre gran premi della montagna rispettivamente di seconda, prima e terza categoria. 

Dalla provincia di Trento a quella di Sondrio passando da Brescia. La prima difficoltà di giornata sarà il Passo del Tonale e dopo una lunga discesa le biciclette dei corridori torneranno a guardare il cielo per scalare il Passo del Mortirolo. L’ultima difficoltà di giornata sarà rappresentata dal GPM de Le Motte, poi un rapida discesa fino al traguardo. 

L’ultima volta che il Giro è arrivato a Bormio, Landa e Nibali si giocarono la vittoria di tappa in volata, la spuntò il siciliano
L’ultima volta che il Giro è arrivato a Bormio, Landa e Nibali si giocarono la vittoria di tappa in volata, la spuntò il siciliano

La Corsa Rosa torna a Bormio

La voce tecnica per guidarci all’interno delle tappe valtellinesi del Giro è un ex-corridore del calibro di Francesco Gavazzi. Sedici anni da atleta e poi due stagioni vissute accanto ai ragazzi della Polti VisitMalta (ex Eolo-Kometa con la quale ha chiuso la carriera). Valtellinese DOC, nato a Morbegno, che su queste strade ha corso e si è allenato per tanti anni

«Quella che porterà il gruppo a Bormio – racconta Gavazzi – non è una vera e propria tappa di montagna di quelle dure da far paura, ma raccoglie tante insidie. Il profilo è interessante ma l’ultimo GPM impegnativo, che è il Mortirolo, si trova a poco meno di 50 chilometri dal traguardo. Pensare di vedere l’azione decisiva su quelle rampe è difficile, però il fondo valle è complicato. Credo sia la classica tappa con due gare in una, la fuga che si gioca la vittoria e dietro gli uomini di classifica».

La squadra può giocare un ruolo fondamentale nel tratto di fondo valle che porterà il gruppo fino a Bormio
La squadra può giocare un ruolo fondamentale nel tratto di fondo valle che porterà il gruppo fino a Bormio
Pronti via e il gruppo sale verso il Tonale…

Penso sia difficile che una squadra provi a tenere chiusa la corsa gestendo il distacco sulla fuga. Servirebbero corridori molto forti e nonostante tutto si rischierebbe di arrivare corti in cima al Mortirolo, finita la discesa inizia un’altra corsa.

Mortirolo che il gruppo prenderà da Monno, che salita è?

Una signora salita, con gli ultimi tre chilometri davvero impegnativi. Però non nascondiamoci, non è il lato più duro. La prima parte, che misura 8 chilometri, è regolare. Poi spiana per un paio di chilometri e infine arriva il tratto duro. Comunque non penso scollineranno più di 15 corridori. Vedere azioni personali è difficile anche perché in quei 25 chilometri di fondo valle fino a Le Motte e poi i restanti 9 per arrivare Bormio non sono semplici. 

Il Giro affrontò il Mortirolo dal versante di Monno anche nel 2022, in rosa c’era Carapaz
Il Giro affrontò il Mortirolo dal versante di Monno anche nel 2022, in rosa c’era Carapaz
Quali scenari si aprono?

Innanzitutto la differenza vera la faranno le condizioni del vento appena si scende dal Mortirolo. Appena si torna sul fondo valle le situazioni sono due: il vento è favorevole oppure contrario. Di solito nelle mie zone, a Morbegno che si trova una cinquantina di chilometri indietro, il vento la mattina va verso sud mentre al pomeriggio gira e spinge a nord. 

I corridori però scenderanno a Grosio…

Trovandosi già in alta valle le condizioni del vento sono più imprevedibili, basta poco affinché il vento cambi direzione. L’ultimo dubbio le squadre se lo toglieranno alla partenza, da lì capiranno che tattiche potranno mettere in atto. 

Uno dei più attesi quest’anno è Piganzoli, corridore di casa qui scortato da Fabbro proprio sul Mortirolo
Uno dei più attesi quest’anno è Piganzoli, corridore di casa qui scortato da Fabbro proprio sul Mortirolo
Raccontaci di questi chilometri nel fondo valle, come sono?

Tosti. Prima di Bormio c’è uno strappo molto duro, anzi due. Fare velocità è difficile anche perché la strada sale costantemente. Se la fuga rimane numerosa può arrivare al traguardo. Dietro i capitani dovranno stare attenti, avere un uomo al loro fianco sarà importante per non stare al vento a tirare. Saremo solamente all’inizio della terza settimana, buttare via energie inutili non avrebbe senso. 

Sappiamo che stai facendo il corso per il patentino di terzo livello, facciamo un gioco: da tecnico cosa diresti?

Di non attaccare mai sul Mortirolo, ma di seguire le azioni e lo sviluppo della corsa. Il vero trampolino di lancio sarà lo strappo de Le Motte, che misura due chilometri ma è impegnativo. Penso che non essendoci corridori del calibro di Pogacar la classifica sarà corta, quindi ogni secondo conta. Una bella azione può portare a guadagnare parecchio. 

Da Morbegno il Giro partì anche nel 2020, era la diciannovesima tappa, Kelderman era in rosa
Da Morbegno il Giro partì anche nel 2020, era la diciannovesima tappa, Kelderman era in rosa
E’ una tappa dove se qualcuno non sta bene può pagare tanto?

Quei 25 chilometri di fondo valle non perdonano e rischiano di sembrare infiniti. C’è un tratto, nella zona de Le Prese, dove la strada si impenna per un chilometro con punte fino al 16 per cento. Ricordo che anche in allenamento sembrava infinito: la strada è larga, sale e ti sembra di essere fermo. Dopo sedici tappe a qualcuno potrebbe anche arrivare il conto da pagare

Il giorno dopo, per la tappa numero diciotto, si parte da casa tua: Morbegno. 

Quella è una frazione molto più semplice, ma allo stesso tempo impegnativa. Sulla carta potrebbe esserci un arrivo in volata. Però i velocisti dovranno reggere nella parte centrale che è molto mossa ed esigente. Il vero obiettivo sarà capire che ritmo potrà tenere il gruppo perché se la fuga prende margine poi si hanno pochi chilometri per ricucire. Dall’ultima salita al traguardo ci saranno solamente 50 chilometri. Arrivare in volata non sarà scontato.