Tra le tante novità legate alle nomine dal parte della Fci dei nuovi quadri tecnici nazionali ce n’è una… a metà. Nel senso che Dino Salvoldi resta al suo posto come titolare degli juniores, ma allarga il suo ambito a tutto il settore della pista maschile. Una scelta ragionata, perché consente di continuare a seguire ragazzi che ha cresciuto in questi due anni passati, portando numerosi risultati soprattutto su pista, ma chiamandolo anche a confrontarsi con nuove realtà.
Si comincia subito
Salvoldi ha preso di petto il suo nuovo ruolo e le sue giornate sono davvero lunghissime e dense, anche perché l’esordio è dietro l’angolo, la prova di Nations Cup su pista prevista per la prossima settimana. Intanto però il tecnico continua a seguire i ragazzi anche perché c’è una nuova nidiata di juniores da visionare sempre tenendo presente che per quella categoria il suo impegno è totale, comprendendo anche la strada.
La chiacchierata parte da un assunto: il tecnico attraverso la pista si riaffaccia nell’agone olimpico lasciato quand’era alla guida del settore femminile assoluto: «Per me è una soddisfazione che ha il sapore della novità, perché cambio completamente settore. Lavorare con gli elite rappresenta uno stimolo enorme comprendendo anche le difficoltà del ruolo assunto da Marco Villa, che ha portato la pista italiana ai vertici mondiali».
Sarà il tuo un approccio soft, considerando che questi due primi anni non sono in programma le qualificazioni olimpiche?
Non direi, penso invece che non ci sia tempo da perdere considerando che siamo in mezzo a un cambio generazionale. Ci sarà molto da lavorare con quei ragazzi appena passati di categoria per fare in modo che fra un paio d’anni siano maturi anche per competere proprio con l’obiettivo olimpico. Qualificarsi non sarà per nulla facile, la concorrenza è sempre più ampia e forte, attendiamo di sapere quali saranno i criteri considerando naturalmente il quartetto come specialità primaria anche per le sue ripercussioni sulle altre. Ma c’è anche altro da considerare…
Ossia?
In questi due anni si andrà avanti nell’evoluzione tecnica ma anche dei materiali, quindi non dobbiamo farci trovare impreparati. Saranno due anni che ritengo molto importanti per costruire tutto il cammino olimpico.
Assumi la guida del settore in un momento di passaggio importante, con Ganna, Milan, Consonni che si sono sfilati lasciando però una porta aperta per Los Angeles 2028. Come ti approccerai alla questione?
In realtà l’ho già fatto – sottolinea Salvoldi – ho parlato con loro e ritengo la loro scelta di concentrarsi sulla strada molto giusta, dopo aver dovuto dedicarsi a tempo quasi pieno alla pista per il breve quadriennio precedente. Ho avuto da loro ampie assicurazioni sul futuro, anzi non è detto che qualcuno di loro non possa anche tornare alla pista già ai mondiali di ottobre, considerando che la stagione su strada sarà conclusa.
Tu, seguendo tutte le categorie, potrai anche continuare a lavorare con quei ragazzi che avevano ottenuto il record mondiale nel quartetto juniores…
Sì, sono stati con me due anni, abbiamo stretto un rapporto personale, ma loro sanno come me che ora cambia tutto. L’impegno fra gli under 23 è complesso, sono in team che giustamente devono impiegarli e farli maturare su strada. Dovremo valutare in corso d’opera come muoverci, rientriamo in quel discorso fatto prima sulla maturazione di questi talenti in modo da averne qualcuno pronto per il 2027. In questo senso è fondamentale il dialogo con i team.
Villa aveva rapporti stretti con tutti i responsabili delle squadre WorldTour e Professional, farai lo stesso?
Ho già iniziato a farlo, ho avuto già contatti che mi hanno dato molta fiducia. Ho trovato una pressoché totale disponibilità a strutturare il lavoro dei vari ragazzi tenendo conto delle diverse esigenze. Devo dire che le risposte che ho ricevuto sono andate anche al di là delle mie aspettative. Ora è importante che i ragazzi stessi si immergano nella nuova realtà nella maniera giusta.
Con gli juniores continuerai sulla scia del lavoro svolto nel precedente quadriennio, facendoli lavorare in entrambe le discipline?
Sicuramente, coinvolgendone un ampio gruppo, portandoli quando possibile a gareggiare all’estero per far fare loro esperienza. Avere tanto lavoro davanti non mi spaventa perché penso che sia una buona cosa poter operare su questi ragazzi attraverso più anni di attività in una fascia molto delicata. Inoltre è in questo modo agevolata la ricerca del talento, del quale il ciclismo italiano ha molto bisogno.