EDITORIALE / Fra Mads e VdP, la differenza è stata la squadra

25.03.2024
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Non sempre le ciambelle riescono col buco, ma è più facile che accada quando si lavora come squadra, mettendo insieme atleti di grande valore e studiando sin dalla vigilia una tattica. E’ questo il senso che resta addosso dopo gli ultimi giorni di gara al Nord e forse anche prima, dal weekend precedente fra la Sanremo e Cittiglio.

Quando ieri dopo l’arrivo della Gand-Wevelgem, vinta da Pedersen con il contributo di Milan, abbiamo mandato un messaggio di congratulazioni a Luca Guercilena, la sua risposta è stata emblematica: «Bel numero del team!». E proprio la squadra è stata la chiave della vittoria su Van der Poel, come lo era stata a Cittiglio nella vittoria di Balsamo su Kopecky e a Sanremo nella vittoria di Philipsen. A ben guardare anche la vittoria di Lorena Wiebes nella Gand delle donne è stata propiziata dal grande lavoro della SD Worx-Protime contro il grande lavoro della Lidl-Trek. Al punto che nessuno ha schiacciato gli altri e la vittoria è derivata dalla maggior punta di velocità dell’olandese sull’azzurra, che comunque ha potuto giocarsi la corsa ad armi pari. Sembra il segreto di Pulcinella, ma non lo è e potrebbe segnalare un cambiamento di mentalità.

La squadra e la testa

Ieri si è visto che Van der Poel è fortissimo, ma non è imbattibile, soprattutto se davanti ha rivali che non perdono la testa. Si è vista una squadra mettere in atto una tattica per anticiparlo e costringerlo a inseguire, allo stesso modo in cui fu lui alla Sanremo a incastrare tutti gli altri, correndo per Philipsen. Alla Gand, il campione del mondo ha provato a fare il suo solito, uscendo allo scoperto a 85 chilometri dall’arrivo. Le gambe non sono sempre le stesse e i percorsi non si somigliano tutti. Le strade impegnative che ad Harelbeke gli hanno permesso di fare la differenza ieri non c’erano, ma lui non se ne è reso conto. Si poteva pensare che ancora una volta avrebbe corso per Philipsen, ma il richiamo del Kemmelberg e delle raffiche di vento è stato più forte di ogni ragionamento. Probabilmente domenica al Fiandre, il corpo a corpo sarà ancora la soluzione migliore, ma la prova di ieri aggiunge un elemento di curiosità.

La sensazione infatti è che la Lidl-Trek sia andata in gara avendo già chiaro come fare per contenere il potentissimo campione del mondo: dal primo dei muri fino agli ultimi 350 metri, quando Pedersen ha lanciato la lunghissima volata con cui ha sfiancato il rivale. Rileggendo la corsa, la squadra guidata da Gregory Rast ha lanciato allo scoperto i suoi uomini, uno dietro l’altro, ricordando il modo di correre che un tempo fu della Quick Step che poi finalizzava il lavoro con Tom Boonen.

Sull’ultimo Kemmel, Van der Poel ha dovuto stringere i denti ed ha accettato la sfida di Pedersen
Sull’ultimo Kemmel, Van der Poel ha dovuto stringere i denti ed ha accettato la sfida di Pedersen

Messo in mezzo

Vista la superiorità del campione del mondo, non avevano altra scelta. Il fatto di averlo circondato con il numero più alto di uomini ha fatto sì che Van der Poel, privo di una squadra alla sua altezza, abbia dovuto cavare da sé le castagne dal fuoco e abbia cominciato a pensare di doversi guardare non solo da Pedersen. Quando Mathieu ha attaccato sul Kemmelberg, si è ritrovato circondato da maglie della squadra americana.

Difficile dire se a quel punto avesse in animo di tentare la giocata individuale a qualsiasi costo. Quel che è certo è che quando all’ultimo passaggio sul celebre muro ha dovuto rispondere all’attacco di Pedersen, non aveva più il brio delle tornate precedenti. Dopo l’arrivo ha ammesso di aver pagato la fatica della gara di Harelbeke, ma ha fatto presto a ricordare che in gruppo c’era anche Pedersen. In realtà venerdì il danese ha chiuso a quasi 3 minuti dal vincitore iridato, quindi sicuramente il suo dispendio energetico è stato inferiore, ma il vero succo della questione è che Mathieu ha letto male la corsa oppure ha creduto di poter giocare ancora una volta da solo.

«La nostra forza in Lidl-Trek – ha invece spiegato Pedersen – è correre come una squadra e non per un unico leader. Non designiamo nessuno come numero uno. Se mi avessero detto di non puntare alla mia vittoria, ma di lavorare per lo sprint di Milan, lo avrei fatto. Abbiamo capito che ciò disturba i nostri avversari, che non sempre capiscono molto bene la nostra strategia».

Conoscendo il finale di gara, l’attacco di Kopecky aveva coinvolto anche Lorena Wiebes
Conoscendo il finale di gara, l’attacco di Kopecky aveva coinvolto anche Lorena Wiebes

Solista senza squadra

Nella gara delle donne, l’altrettanto ambiziosa e iridata Lotte Kopecky ha attaccato sul Kemmelberg e ha portato con sé Lorena Wiebes. Non ha tentato l’azione individuale. E quando sono state riprese, anziché intestardirsi nel cercare la soluzione personale, si è messa al servizio della compagna che alla fine ha portato a casa la vittoria. Dall’altra parte, Elisa Longo Borghini avrebbe potuto correre per sé, ma assieme a Van Dijk e Van Anrooij ha capito che la carta migliore fosse Balsamo e per Elisa hanno lavorato.

Van der Poel si è ritrovato a corto di gambe in fuga con Pedersen a 30 chilometri dall’arrivo. E questa volta, al contrario di quanto fatto a Sanremo, non ha ragionato da leader di una squadra. Avrebbe potuto rialzarsi, non collaborare e favorire il rientro del gruppo, in cui Philipsen avrebbe potuto giocarsi la volata contro Milan e i velocisti rimasti. Ma non lo ha fatto e ha preferito puntare su se stesso, pur consapevole che in certi arrivi Pedersen è più forte di lui. Allo stesso modo aveva perso il Fiandre del 2021 contro Kasper Asgreen e la Roubaix contro Colbrelli: impossibile che non lo ricordasse.

«In realtà neanche io ero sicuro al 100 per cento del mio sprint – ha detto Pedersen – ma sono partito più lungo che potevo per mettergli pressione».

Al Fiandre del 2021, Van der Poel perse la volata lunga contro Asgreen, come accadde anche alla Roubaix contro Colbrelli
Al Fiandre del 2021, Van der Poel perse la volata lunga contro Asgreen

Fiandre in arrivo

A una settimana dal Giro delle Fiandre, la Gand ha mostrato che i solisti della Soudal-Quick Step non sono ancora entrati in gara. La Visma-Lease a Bike porta ancora le cicatrici della sconfitta di Van Aert ad Harelbeke, ma soprattutto ha mostrato che Laporte, Van Baarle e Benoot non sono ancora al livello dei tempi migliori. La Alpecin-Deceuninck ha l’immenso Van der Poel, ma alle sue spalle c’è poco. Pogacar non ci sarà per scelta. E di colpo sulla scena sono piombati i corridori della Lidl-Trek, capaci di mettere le briglie a Van der Poel. Certamente su quel percorso che non concede sconti, Mathieu avrà tutte le carte in regola per puntare alla tripletta. Il gioco sarà capire se la resa di ieri abbia instillato in lui il dubbio che non sempre sia possibile fare tutto da soli.

La Gand delle volate al limite, con tanto sapore d’Italia

24.03.2024
8 min
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C’è tanta Italia oggi sul traguardo della Gand-Wevelgem, anche se purtroppo non abbiamo vinto. A fare festa sono Mads Pedersen da una parte e Lorena Wiebes dall’altra, ma gli azzurri della Lidl-Trek, con l’aggiunta di Matteo Trentin, Chiara Consonni e Maria Giulia Confalonieri, hanno fatto vedere di essere pronti per sedersi a tavola nelle prossime corse del Nord.

Mads Pedersen batte Van der Poel con una volata a sfinimento, piegando il campione del mondo quando erano tutti pronti a darlo per morto, scaricando nei pedali anche la frustrazione per la Sanremo persa malamente. Eppure se Mathieu è arrivato stanco al terzo Kemmelberg è stato perché gli è toccato inseguire a lungo Jonathan Milan, andato in fuga molto presto, ma non per questo da lasciare andare.

E’ la Gand, non più corsa per velocisti, che si è decisa sul solito Kemmelberg e poi in quel tratto infinito fino a Wevelgem in cui tutto rischia ogni volta di rimescolarsi. Non è successo con gli uomini, perché Pedersen e Van der Poel hanno scelto di non giocare. E’ andata così invece per le donne. E’ la Gand di Van Aert, che ha scelto di non esserci e non si capisce il perché. Sarebbe potuta essere anche un bel banco di prova per Ganna, che ha già imboccato la via di Parigi e al Nord quest’anno purtroppo non lo vedremo. E’ la Gand in cui si è capito che in giro c’è tanta Italia che vale.

Strategia Lidl-Trek

Van del Poel ha voglia di menare le mani e lo fa capire subito. E’ suo il primo attacco ai meno 85, doppiato da quello di Milan due chilometri dopo. E’ ancora il forcing dell’iridato sul secondo passaggio del Kemmel a portare vie Pedersen, Milan e Pithie, ma quando il danese al giro successivo capisce di poter affondare il colpo, Van der Poel sente che le gambe non sono quelle spaziali di Harelbeke e si dispone a seguire. Sa che Pedersen non è uno qualunque e forse si preoccupa quando l’altro impedisce che l’andatura cali e lancia la volata lunghissima.

«In realtà avevo poca fiducia – dice Pedersen che ha già vinto la Gand, che nel 2020 si corse in ottobre – e non avevo altra scelta che arrivare al traguardo con Van der Poel. Se ci fossimo attaccati a vicenda, il gruppo ci avrebbe ripreso. Quindi è stata sicuramente una scommessa, per vincere la quale ho dovuto credere nel mio sprint. E’ stato decisivo salvarsi sul Kemmelberg e poi gestire il finale. Ho mantenuto il ritmo alto e mi sono assicurato di non superare il limite. Anche Milan mi ha aiutato molto, attaccando presto. Peccato per Stuyven, che ha bucato in un tratto sterrato».

Van der Poel senza gambe

Il campione del mondo è onesto e non cerca scuse, raramente gli capita di farlo. Ma chissà se stasera, alla luce di quello che dice e rivedendo la sua condotta di gara, si mangerà le mani per le energie buttate sul Kemmel.

«Ho sofferto molto – dice – nell’ultimo passaggio del Kemmelberg stavo quasi per staccarmi, ma per fortuna sono riuscito a tenere. Semplicemente, ha vinto il più forte. Probabilmente avevo nelle gambe la gara di venerdì ad Harelbeke, ma c’era anche Pedersen, quindi questa non è una scusa. Mi sarebbe piaciuto vincere, semplicemente non ho avuto le gambe».

L’attacco di Milan ha costretto Van der Poel a inseguire: una fase che si rivelerà decisiva
L’attacco di Milan ha costretto Van der Poel a inseguire: una fase che si rivelerà decisiva

Milan, volata “cecchinata”

Milan ha attaccato e poi ha sbagliato la volata, con una delle sue partenze troppo lunghe. Il quinto posto gli sta stretto. Si è sempre detto che queste siano le sue corse e oggi è la prima volta che ne abbiamo la conferma. Molto più convincente che a Sanremo. Quando lo raggiungiamo è sul pullman della Lidl-Trek, aspettando Pedersen e seguendo il finale delle ragazze.

«E’ andata bene – dice sorridendo – sono contento. Di più, sono molto contento. Dopo la Sanremo ho avuto veramente dei giorni in cui ero tanto stanco. Ho dovuto prendermene un paio per recuperare bene a livello di gambe e solo ieri, dopo l’oretta e mezza che abbiamo fatto con un po’ di lavori, ho sentito che la gamba era buona e mi sono detto: dai proviamo a divertirci! L’attacco è stato improvvisato. Avevamo pianificato di giocarci le nostre carte, però ero tanto lontano dall’arrivo. Insomma, la corsa era ancora in stand by.

«Però penso che alla fine sia andata benissimo. Sono molto contento a livello personale per quello che ho fatto. Però ho “cecchinato” un po’ la volata, sono partito un po’ lungo, che mi capita spesso. Santo cielo, troppo indietro, troppo lungo… Sicuramente dovevo aspettare più tempo, però così è andata. Siamo contenti del risultato e adesso si recupera per le prossime corse e vediamo cosa siamo capaci di fare».

Primo Pedersen, secondo Van der Poel, terzo Meeus: è mancato un soffio che lassù ci fosse anche Milan
Primo Pedersen, secondo Van der Poel, terzo Meeus: è mancato un soffio che lassù ci fosse anche Milan

Il podio sfuggito

Gli diciamo che alla fine Van der Poel ci ha lasciato le penne perché in qualche modo lo hanno messo in mezzo, ma Johnny quando c’è stato l’attacco di Pedersen era dietro e non ha visto il campione del mondo ingobbirsi e rispondere senza rilanciare.

«Ah sì? Devo rivedermi il finale – dice – so che quando ha attaccato al secondo passaggio ero lì ed è stato faticoso. Mal di gambe ragazzi, questo è poco ma sicuro, mal di gambe. Diverso dal mal di gambe di Sanremo, perché penso di essermi sentito molto meglio anche a livello di alimentazione e per come mi posizionavo. Sono molto soddisfatto anche per quanto riguarda questo, perché oggi è stato il primo piazzamento che faccio quassù. Mi sarebbe piaciuto portare a casa quel terzo posto: rode un po’, devo dire. Però bisogna vedere l’insieme, la giornata, il risultato finale anche da parte della squadra, da parte di Mads. Però rode un filo, un filo tanto…».

Balsamo, è mancato un soffio

L’attesa del verdetto fra le ragazze è durata un’eternità. Dopo che Lotte Kopecky ha provato a fare la differenza sul Kemmelberg, il gruppo si è nuovamente ricomposto e la volata è diventata un affare fra grossi motori. Ha vinto Lorena Wiebes al sesto assalto, ma non ha dominato come nelle ultime volate, perché Elisa Balsamo ha provato a guastarle la festa ed è arrivata a un soffio dal riuscirci.

«Sicuramente è stata una corsa veramente molto dura – dice Elisa Balsamo – caratterizzata dal vento tutto il giorno, quindi anche da tanto stress. Purtroppo ci è mancato poco. La mia squadra ancora una volta ha fatto un grande lavoro, quindi è sempre difficile accontentarsi di un secondo posto, soprattutto quando davvero è così vicino al primo posto. Però devo dire che comunque sono soddisfatta e si guarda avanti…».

Mai come questa volta Wiebes non ha avuto fino all’ultimo la certezza di aver vinto
Mai come qusta volta Wiebes non ha avuto fino all’ultimo la certezza di aver vinto

Al sesto assalto

«Questa vittoria – dice Wiebes – è in cima alla mia lista. Ci sono voluti sei anni, ma finalmente è arrivato il mio momento. Ho sentito qualcuno rimontare nello sprint e ho provato a rilanciarmi fino al traguardo. In qualche modo avevo la sensazione di aver vinto, ma non ne ero sicura e così ho preferito non esultare. Sono contenta del lavoro della squadra, ci siamo giocate molto bene la partita».

Kopecky un po’ c’è rimasta male. Voleva rifarsi dopo la sconfitta di Cittiglio e con l’attacco del Kemmel era riuscita a scrollarsi di dosso le velociste, portando con sé la stessa Wiebes.

«Balsamo e Kool non c’erano – dice la campionessa del mondo – sarebbe stato bello arrivare fino al traguardo con quel gruppetto. E’ diverso rispetto a vincere te stesso, ma è comunque una bella sensazione aver potuto aiutare Lorena. Mi sono trovata bene, questa gara si presta anche ad attaccare sui muri. Ho acquisito fiducia qui per il Giro delle Fiandre della prossima settimana».

Dalla neve a Gand, la nuova primavera di Confalonieri

23.03.2024
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E’ un inizio di stagione di grande impatto quello di Maria Giulia Confalonieri. Al suo secondo anno alla Uno-X, la ciclista di Giussano ha finora collezionato 15 giorni di gara e in ben 6 di questi ha chiuso fra le prime 10, con un podio di rilievo nella seconda tappa del Tour de Normandie. Non poco per lei, soprattutto confrontandolo con l’identico periodo dello scorso anno quando, al di là della piazza d’onore a Le Samyn, la situazione era ben diversa come anche le sue sensazioni.

La volata di Confalonieri al Tour de Normandie: 3° posto per lei
La volata di Confalonieri al Tour de Normandie: 3° posto per lei

«E’ stato un inizio buono – ammette la lombarda – diciamo che sono ripartita un po’ da come avevo finito lo scorso anno, quando finalmente avevo ritrovato una buona condizione. Ero stata segnata pesantemente dal periodo delle Classiche: per me è il più importante, ma un paio di cadute mi hanno condizionato e di fatto ne ho sofferto per tutto il periodo successivo. Ora la situazione è diversa, la gamba è buona e mi sento molto ottimista per l’arrivo delle gare che più mi piacciono».

Al tuo secondo anno sembra che anche in squadra ci sia un diverso spirito, come si evince anche dal ritiro prestagionale che avete fatto nell’estremo nord della Norvegia, dedicandovi a tutto fuorché alla bici…

E’ sicuramente la realtà più grande della quale ho fatto parte, una squadra che pur essendo solo al terzo anno è in grande espansione. Inoltre per me è la prima volta che sono parte di un team WT e la differenza, in termini di organizzazione e anche di dimensioni. si sente. C’è però una forte differenza con il team maschile, quello è una sorta di nazionale, questo invece comprende molte atlete straniere, si parla solo inglese, la matrice norvegese non si sente più di tanto.

Confalonieri (a destra) nel ritiro prestagionale in Norvegia, in giro con le slitte
Confalonieri (a destra) nel ritiro prestagionale in Norvegia, in giro con le slitte
I risultati di questa stagione e come sono arrivati dicono che sei un po’ la leader del team, sia in termini di finalizzazione ai fini del risultato che di regista in corsa. E’ vero?

Parzialmente. Nel senso che capita spesso che la squadra corra per me, ma dipende molto dalle caratteristiche della corsa. Ogni volta stabiliamo i ruoli, che poi possono cambiare in base a come la gara si evolve. Al Tour de Normandie ad esempio correvamo per favorire la Ottestad in classifica, nella tappa finale siamo riuscite a farla entrare nella fuga giusta e alla fine ha portato a casa il risultato pieno, per tutte noi è stata una grande soddisfazione.

Il podio finale in Normandia con Ottestad vittoriosa davanti a Nelson (GBR) e Van Dijk (NED)
Il podio finale in Normandia con Ottestad vittoriosa davanti a Nelson (GBR) e Van Dijk (NED)
E per quanto riguarda la gestione delle compagne?

Il ruolo di regista ci sta, molte si affidano a me per l’esperienza che ho, mi chiedono come muoversi. E’ un ruolo che in questo momento mi si attaglia e nel quale mi rispecchio moltissimo perché posso dare un buon contributo alla causa generale. Vedo che stiamo crescendo, tutte insieme.

Proprio questa tua esperienza e capacità di rimanere sempre nel vivo della corsa potrebbero essere importanti anche in funzione azzurra. E’ vero che per Parigi ci saranno soli 4 posti, ma un elemento che possa sia lavorare per le altre che essere utile anche nel finale avrebbe un grande senso, che dici?

Per Parigi credo sia molto difficile, il cittì ha già le idee abbastanza chiare su chi portare e come muovere la gara. Difficile che io venga considerata anche di fronte a una stagione sopra le righe. Credo invece di avere più possibilità per gli europei, perché il percorso mi si addice e lì sì che penso potrei avere un ruolo. D’altro canto so che Sangalli non è uno che guarda solo gli ordini d’arrivo, ma sa giudicare le prestazioni in corsa. Io farò di tutto per meritarmi un’altra chance in azzurro.

Per la lombarda buone prestazioni anche al Uae Tour, con un 7° posto nella seconda frazione
Per la lombarda buone prestazioni anche al Uae Tour, con un 7° posto nella seconda frazione
Ora arriva il periodo delle classiche, a partire da domenica con la Gand-Wevelgem. Su quali hai posato gli occhi?

Già quella di domenica è per me una data cerchiata di rosso, come anche quella del 7 aprile, il giorno della Roubaix. E’ una corsa che mi affascina, che mi piace tanto, ma dove devi avere tanta fortuna e io non ne ho mai avuta: spero di riscuotere finalmente il mio credito. A dir la verità quella che mi piace di più è il Giro delle Fiandre, ma so bene che con i suoi muri è una gara troppo difficile. Intanto però facciamo un passo alla volta e pensiamo a domenica, vediamo di portare a casa qualcosa d’importante…

Thomas Capra, i due anni da juniores e ora il Cycling Team Friuli

14.11.2023
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«Se dovessi dare un consiglio agli juniores gli direi di fare le cose con calma e non avere fretta. Con i sacrifici e il duro lavoro i risultati arrivano». Queste sono le parole di Thomas Capra che ha appena concluso i due anni da junior con la maglia del Team Assali Stefen (in apertura foto Bi.Ci.Cailotto) ed è ora pronto a gettarsi nella mischia degli under 23 per trovare il suo spazio. Vincitore da primo anno della Gand-Wevelgem è sempre stato un profilo interessante con tanti occhi puntati addosso.

Il classe 2005 di Carzano ha scelto il Cycling Team Friuli. La motivazione? Restare in Italia per finire gli studi e avere una proiezione per il futuro vista l’affiliazione del team alla Bahrain Victorious. Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo questi due anni del valsuganotto tra successi e voglia di Nord. 

La volata vincente di Capra alla Gand-Wevelgem 2022 (foto Joeri De Coninck)
La volata vincente di Capra alla Gand-Wevelgem 2022 (foto Joeri De Coninck)
Partiamo dai tuoi due anni da juniores. Cosa ci dici a proposito del tuo 2022?

Nel 2022 sono partito bene, con la vittoria della Gand. Poi però non sono stato bene, tra una cosa e l’altra, penso anche di aver preso il Covid. Non ho ottenuto i risultati che mi aspettavo dopo quella vittoria così importante. Alla fine ho fatto un po’ di piazzamenti, ma nulla di che, non sono più riuscito a vincere.

E il tuo 2023 come lo hai vissuto?

Ho incominciato bene, con una vittoria alla prima gara. Sono andato con la nazionale a fare sempre la Gand, la Roubaix e stavo bene. Però stavolta sono stato sfortunato, sono caduto 4 volte e comunque sono arrivato davanti, nel gruppo appena dietro i primi, perché c’era la fuga. A Roubaix invece, mi aspettavo meglio. In futuro mi piacerebbe provare a vincerla, perché alla fine sono quelle cose che mi piacciono. Poi ho vinto altre quattro gare anche se è mancata quella di spessore a livello internazionale, come è stato l’anno prima. Con la nazionale siamo andati in Francia e siamo andati molto bene. Bessega è riuscito a vincere e noi abbiamo lavorato bene.

In questi due anni senti comunque di aver mantenuto una crescita costante?

Sì, quello sicuramente. C’è ancora margine comunque, c’è sempre tempo per crescere. 

Per Capra la crescita è stata costante con un 2023 ricco di successi e piazzamenti
Per Capra la crescita è stata costante con un 2023 ricco di successi e piazzamenti
Alberati che bilancio ti ha dato?

E’ contento. Il prossimo anno però la squadra ci affiderà il preparatore del team e quindi dovrò abituarmi alla novità. 

Come mai sei arrivato a questa decisione di andare nel Cycling Team Friuli?

Soprattutto per il mio procuratore Maurizio Fondriest, che ha insistito in questa scelta perché il CTF è molto vicino alla Bahrain Victorious. Il mio amico Marco Andreaus che fa già parte della formazione mi ha detto che lavorano molto bene. Quindi ho detto, perché no…

Andreaus come lo conosci, cosa ti ha detto sulla squadra?

Abita qui, a tre chilometri da casa mia. Ci conosciamo da quando siamo piccoli e andiamo molto d’accordo. Usciamo spesso in bici assieme e andiamo anche a far camminate o sci alpinismo. Mi ha detto che sono molto preparati e che è una bella squadra, soprattutto per l’organizzazione. Anche per le corse che andremo a fare perché da quando hanno l’affiliazione, diciamo con la Bahrain, vanno a fare molte gare all’estero, verso anche il Nord d’Europa, dove ci sono quelle che mi interessano e piacciono parecchio.

Capra è stato campione italiano nel 2018 da esordiente
Capra è stato campione italiano nel 2018 da esordiente
La squadra non è vicinissima a casa tua, però non è neanche dall’altra parte dell’Italia, e visto che sei anche all’ultimo anno di superiori ha influito sulla decisione?

Eh sì, esatto. Anche per questo alla fine ho deciso di rimanere in Italia e non andare all’estero, anche se comunque le proposte c’erano. Ho fatto questa scelta per finire la scuola in tranquillità e poi pensare al resto.

Vieni da due anni dove hai già dimostrato di avere delle caratteristiche fisiche sempre più definite, negli under 23 si ha comunque una sorta di ridefinizione. Da quali caratteristiche parti?

Sono un passista veloce, sono uno che tiene su salite non troppo lunghe e dure. Poi allo sprint sono veloce. Quest’anno ho vinto anche molte volate di gruppo, anche se quelle ristrette sono il mio contesto ideale.

Pensi che potresti essere adatto alle gare a tappe?

Si vedrà. Non saprei, forse escono un po’ da quello che credo di essere oggi. Però vedremo devo ancora misurarmici. 

Qui Thomas Capra sulla destra durante una giornata sugli sci insieme ai compagni
Qui Thomas Capra durante una giornata sugli sci insieme ai compagni
Che consiglio daresti ad un allievo che vuole fare un percorso positivo come il tuo?

Di non aver fretta e di fare le cose con calma. Con il lavoro e il sacrificio alla fine i risultati arrivano. 

Hai già ripreso a pedalare?

Sì, adesso sto ricominciando un po’ tranquillo con palestra e camminate. Bici poca per il momento. Devo ancora prendere in mano quella della squadra, sono ancora abbastanza fermo, mi lasciano tranquillo. Dal prossimo ritiro che sarà il prossimo fine settimana, penso che inizieranno più seriamente.

Che hobby hai per passare l’inverno nella tua Valsugana?

Sci alpinismo e camminate perché qui intorno le montagne non mancano. Adesso che è anche venuta la neve, è il momento più bello per fare queste cose. Sono distrazioni che mi permettono di fare altro e non pensare esclusivamente alla bici. 

Anna Vanderaerden, 17 anni e un cognome “pesante”

31.05.2023
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Quando hai un cognome come quello di Anna Vanderaerden, è davvero dura farsi largo nel mondo delle due ruote. E’ come essere della dinastia Moser: ti confronti con un passato talmente ricco di successi, di personaggi, di storia che pensi sia difficile ritagliarti un tuo spazio.

Anna ha 17 anni, è la figlia di Gert che ha corso per una decina d’anni in Belgio, sempre alle porte della massima serie prendendosi anche le sue soddisfazioni (vittoria a Getxo 2004, secondo a Le Samyn l’anno prima), ma nulla in confronto a zio Eric, un nume del ciclismo belga sul finire del secolo scorso, capace di 97 vittorie fra il 1983 e il 1996 compresi un Fiandre, una Roubaix e 5 tappe al Tour.

Una delle più grandi vittorie di zio Eric Vanderaerden, il trionfo alla Roubaix del 1987
Una delle più grandi vittorie di zio Eric Vanderaerden, il trionfo alla Roubaix del 1987

In bici “per colpa” della famiglia

Zio Eric in Belgio è ancora un riferimento assoluto, per questo quando Anna ha cominciato a emergere nel panorama femminile, i fari dell’attenzione le si sono puntati addosso. La sensazione che si ha contattandola è di una ragazzina che però vuole continuare a vivere il ciclismo come divertimento, anche se i risultati stanno arrivando e si vede che la stoffa c’è. Una ragazzina ancora abbastanza chiusa nel suo bozzolo, ad esempio a differenza di molte sue coetanee nel circuito internazionale fa ancora un po’ fatica a districarsi tra inglese e francese.

D’altro canto, già raccontando i suoi inizi si capisce come il destino della giovanissima belga, capace quest’anno di salire sul podio alla Gand-Wevelgem di categoria, fosse segnato: «I miei genitori mi hanno regalato una bici da corsa quando avevo 7 anni, mi piaceva andare in bici ma con quella ho cominciato subito a fare qualche gara e non mi sono più fermata. Direi quasi che è stata una scelta della mia famiglia, ma a me non dispiace portarla avanti».

La giovanissima junior con papà Gert, professionista fino al 2007 con buoni risultati in patria
La giovanissima junior con papà Gert, professionista fino al 2007 con buoni risultati in patria
Cosa sai delle gesta di tuo padre e tuo zio?

Non c’ero ancora quando vincevano le loro gare, soprattutto quelle di mio zio, ma per questo ci sono i computer e i filmati dell’epoca. Spesso riguardo le loro vittorie, le loro gare più importanti e inizio a sognare di poter un giorno imitarli. In particolare ho visto diversi video di zio Eric quando trionfava nelle grandi classiche. Il suo curriculum è impressionante, ma devo dire che non lo fa pesare, almeno non con noi della famiglia. Per me è semplicemente zio Eric… La gente lo incontra e lo riconosce per strada e a me tocca, a ogni gara, quando sentono il mio nome ricevere la solita domanda: «Ma sei parente?…».

Secondo te il ciclismo di oggi è molto diverso da quello di allora?

Sì, almeno da quel che vedo. I materiali sono completamente diversi, ma è diverso anche il modo di correre, c’è più tattica, si corre con la testa prima ancora che con le gambe.

Un destino segnato fin da bambina: già nel 2017 Anna correva e saliva sui podi…
Un destino segnato fin da bambina: già nel 2017 Anna correva e saliva sui podi…
Qual è la gara che finora ti ha dato maggiori soddisfazioni?

Direi la gara olandese, l’EPZ Omloop van Borsele, è una corsa a tappe di 3 giorni di altissimo livello. Io sono giunta seconda in volata il secondo giorno dietro l’olandese Bader e davanti all’italiana Iaccarino: quel giorno sono caduta dopo 25 chilometri, ho dovuto cambiare la bici due volte arrivando ad avere un ritardo di 2 minuti ma non mi sono arresa, ho spinto forte nell’inseguimento e a 30 chilometri dal traguardo mi sono riaccodata. Ho cercato di riprendermi un po’ in mezzo al gruppo e alla fine mi sono giocata le mie carte allo sprint. Non mi aspettavo una prestazione del genere, ero davvero felice.

Quali sono le tue caratteristiche, su quali percorsi ti trovi più a tuo agio?

Preferisco un percorso piatto, sono principalmente una velocista, ma non mi dispiacciono anche i tracciati un po’ movimentati, perché anche dopo molti chilometri e tanta fatica ho ancora uno sprint forte.

Anna ha 17 anni. Quest’anno è stata terza ai campionati nazionali a cronometro, nel 2022 seconda in linea (foto Verbeek)
Anna ha 17 anni. Quest’anno è stata terza ai campionati nazionali a cronometro, nel 2022 seconda in linea (foto Verbeek)
Cosa stai studiando? Ti viene spesso chiesto di correre all’estero, come riesci a conciliare questo con la scuola?

Attualmente vado a scuola part-time, quindi è abbastanza facile combinarlo con il ciclismo. Riesco a districarmi bene, sono fortunata in questo.

Nel mondo del ciclismo senti il peso della responsabilità del tuo cognome, vista l’importanza che hanno avuto tuo padre e tuo zio?

Ovviamente spero di diventare altrettanto brava anch’io, è un sogno. A dir la verità non sono neanche gli altri a mettermi tanta pressione, lo faccio già io… La mia famiglia mi sostiene molto, mi dà anche molti consigli, sia mio padre che mio zio.

Il podio della Gand-Wevelgem con la belga terza dietro la vincitrice Sharp e Ferguson
Il podio della Gand-Wevelgem con la belga terza dietro la vincitrice Sharp e Ferguson
Quali sono i tuoi obiettivi per quest’anno?

Ad inizio stagione speravo in qualche bel risultato nelle prove nazionali e devo dire che le cose sono andate abbastanza bene. Spero di continuare così e mi piacerebbe gareggiare per diventare campionessa del mondo o europea. Chiaramente mi dovrò guadagnare la selezione, ma ci sto provando con tutte le mie forze.

Sappiamo che corre anche tuo fratello Wout: com’è il rapporto con lui e quanto ti segue la famiglia dovendoti dividere tra i due?

Se mio fratello non ha una gara, viene sempre alle mie, anzi a questo proposito c’è un piccolo aneddoto: al campionato belga a cronometro lui era nella macchina dietro di me. Ha passato tutto il tempo a urlarmi dietro, non l’aveva mai fatto prima, sembrava abbastanza indifferente verso quel che facevo, quel giorno mi ha sorpreso. Se sono arrivata terza è stato anche merito suo.

Chi sono le nuove juniores? Partiamo da Virginia Iaccarino

10.04.2023
5 min
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Prima uscita all’estero per le ragazze junior italiane e subito un risultato importante. Il 4° posto di Virginia Iaccarino firmato qualche giorno fa alla Gand-Wevelgem ha un sapore speciale perché è la testimonianza che, dopo i risultati a sensazione ottenuti fino alla fine del 2022 dalla generazione di Ciabocco, Venturelli, Pellegrini il movimento femminile è vivo e ha già validi ricambi sui quali Sangalli sta lavorando.

Entriamo allora nel mondo di Iaccarino, trevigiana in procinto di compiere 17 anni (lo farà il 25 maggio), approdata quest’anno alla corte di Giovanni Fidanza al Team Isolmant. Fino alla passata stagione era all’Uc Conscio Pedale del Sile e a onor di cronaca va detto che il suo addio non è stato indolore nel team veneto: dai dirigenti della società sono stati dissimulati a fatica i malumori per il suo addio, parlando anche di una mancata compensazione a favore della società (che l’attuale regolamento comunque non prevede).

La volata di Virginia Iaccarino per il 3° posto, battuta dalla belga Vanderaerden. A vincere è invece la britannica Sharp
La volata di Virginia Iaccarino per il 3° posto, battuta dalla belga Vanderaerden. A vincere è invece la britannica Sharp

Virginia da parte sua non deve rimproverarsi nulla, le sue parole spiegano con naturalezza e logica la scelta: «Fino allo scorso anno ho militato nel team, nei due anni da allieva il tecnico era Roberto Botter che mi ha seguito come fossi una figlia, con attenzione estrema insegnandomi tantissimo. Io tra l’altro ero arrivata “in corsa”, a metà stagione del primo anno e sono stata benissimo, voglio citare anche Romina Gatto, anche lei fondamentale nel ruolo di tecnica. Il fatto che non mi avrebbero potuto più seguire mi pesava, inoltre è arrivata l’offerta del team lombardo con un prestigio enorme, non potevo dire di no».

La scelta seppur recente ti ha soddisfatto?

Assolutamente sì, è stata quella giusta. Pur essendo al primo anno junior ho la possibilità di allenarmi e di competere con ragazze elite, più grandi ed esperte e questo mi dà la possibilità di crescere. Mi sono molto vicine, sia in allenamento che in gara e mi accorgo che anche grazie a loro sto migliorando, non solo in bici, ma anche come persona.

Iaccarino ha corso sempre davanti come consigliato dal cittì Sangalli
Iaccarino ha corso sempre davanti come consigliato dal cittì Sangalli
Che cosa ti è rimasto della trasferta di Gand con la nazionale?

E’ stata una bellissima esperienza a prescindere dal risultato, ho imparato davvero tanto perché erano condizioni di gara diverse da quelle che ho sempre affrontato. E’ stato fondamentale lavorare con Sangalli nei giorni precedenti. Mi ha spiegato come affrontare il vento dalle diverse direzioni, come comportarmi con i ventagli, si vede che ha una competenza enorme.

Tu che ruolo avevi in squadra?

Non ero la punta, nei propositi dovevo provare a entrare nella fuga iniziale, ma appena ci si provava chiudevano subito. A quel punto avrei dovuto lavorare per la volata di Siri o Piffer che era la punta principale, ma nel finale mi sono accorta di essermela persa di ruota in una curva con il pavé. A quel punto ho pensato a tirare avanti e giocarmi le mie carte per portare comunque a casa qualcosa.

Tu sei una velocista?

Diciamo che mi difendo, ma le volate di gruppo non fanno per me. Sono la classica passista veloce, che in salita fatica tantissimo. Non nascondo che in tante corse per me è dura emergere…

La vittoria di Iaccarino alla Pasqualando del 2022, quand’era ancora allieva
La vittoria di Iaccarino alla Pasqualando del 2022, quand’era ancora allieva
Come ti sei ritrovata in questo mondo?

E’ “colpa” di mio fratello, che correva da ragazzino, era un G6. Io andavo a vederlo con i miei genitori e volli provarci anch’io, allora mi iscrissero a qualche prova promozionale di mtb. Poi sono entrata nella squadra del mio paese, ma dopo un po’ ho detto che volevo provare la bici da strada e da allora, quand’ero esordiente primo anno, non ho più smesso. A differenza di mio fratello…

Hai problemi a conciliare il ciclismo con la scuola?

Eh, non è facile. Soprattutto ora che il team non è più della mia zona ma è in Lombardia, per allenarmi devo fare molte ore in treno e le sfrutto per studiare. Devo dire che a scuola mi aiutano molto, posso usufruire delle agevolazioni studente-atleta, ma è anche vero che ho accumulato molte assenze. Studio all’Istituto Scientifico-Chimico di Agordo (BL), non proprio a due passi.

Parlavi prima di mtb: anche tu sei per la multidisciplina?

No, mi concentro sulla strada. Ho fatto ciclocross una stagione, ma impegnarmi con le trasferte anche d’inverno era troppo pesante per lo studio. Mi piaceva il triathlon, ma richiede troppa preparazione curare tre specialità, il ciclismo basta e avanza.

Per il Team Isolmant quest’anno due team, quello elite e quello junior, spesso fusi insieme
Per il Team Isolmant quest’anno due team, quello elite e quello junior, spesso fusi insieme
Che cosa hanno detto a casa del tuo risultato di Gand?

Sono stati felicissimi, anche per loro è stato inaspettato. Prima della gara tutti mi incitavano e dicevano di stare calma, di non pormi pressioni e pensare solo a quel che dovevo fare. Fidanza mi spiegava che è proprio quando non ti responsabilizzi troppo, che il risultato arriva ed è stato così.

Che impressione ti hanno fatto le ragazze che sono arrivate davanti?

Le avevo viste anche al Trofeo Binda. Ferguson si vede che ha qualcosa più delle altre, è un talento puro, ma se devo dire, contro tutte le altre ce la giochiamo. Sono forti, ma non sono dei fenomeni…

Ferguson, nello Yorkshire sta nascendo un’altra stella

04.04.2023
5 min
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Vincitrice del Trofeo Binda (foto PH Rosa di apertura), seconda alla Gand-Wevelgem e con un già solido curriculum nel ciclocross. Se chiedete nell’ambiente del ciclismo femminile a proposito di Cat Ferguson, vi diranno che è un talento straordinario, destinato a fare la differenza. Perché parliamo di una ragazzina di 16 anni che sta affrontando le prime esperienze nel ciclismo che conta, senza ancora essersi messa nelle mani di qualche grande squadra. Vive in una dimensione completamente familiare, nel team gestito dal padre e al futuro per ora neanche pensa.

A Cittiglio, Ferguson ha corso la prima prova di Nations Cup, vincendola (foto PH Rosa)
A Cittiglio, Ferguson ha corso la prima prova di Nations Cup, vincendola (foto PH Rosa)

Chi l’ha vista all’opera a Cittiglio è rimasto stupito dalla sua forza di carattere, con quella fuga insieme alla francese Bego chiusa con un vantaggio enorme sulle altre, poi la volata di gruppo della settimana dopo alla Gand-Wevelgem chiusa alle spalle della connazionale Izzy Sharp (altro grande talento fra i tanti prodotti dal sistema ciclistico britannico), a dimostrazione delle sue svariate possibilità anche tattiche.

Dallo sci alla bici

Un talento che meritava un approfondimento. Attraverso il padre abbiamo così avuto modo di rintracciarla nella sua casa di Steeton, nel North Yorkshire, per farci raccontare la sua parabola ascendente.

«Ho iniziato a pedalare – racconta – perché i miei genitori, quando io avevo circa cinque anni, andavano in mountain bike insieme e io andavo sul retro delle loro biciclette e mi coprivo di fango… Non mi andava davvero, mi arrabbiavo. Inizialmente mi sono dedicata allo sci, ma fuori dall’inverno andavo in bici per tenermi in allenamento, poi ho iniziato a correre e mi sono concentrata sulle due ruote».

Per Cat molti risultati in patria a cui stanno facendo seguito anche grandi prove all’estero
Per Cat molti risultati in patria a cui stanno facendo seguito anche grandi prove all’estero
Quanto ti alleni durante la settimana e come riesci a conciliare il ciclismo con la scuola?

Diciamo che prevedo dalle 12 alle 17 ore settimanali di allenamento, che naturalmente abbino con il tempo da dedicare allo studio, la mattina invece sono a scuola. Non trovo troppo difficile bilanciare il mio tempo. Attualmente sto frequentando l’anno 12 del nostro sistema scolastico e non sono previsti esami, ma ce ne sono di importanti il prossimo. Non è troppo male. La mia scuola è davvero di supporto e mi fa recuperare le ore perse quando è necessario.

Una passione la tua che non coinvolge solo il ciclismo su strada…

No, faccio anche pista e ciclocross. Quest’anno sono al primo anno da junior, quindi ho avuto una buona stagione invernale, sfiorando il podio agli europei e gareggiando anche ai mondiali (è stata sesta, ndr). A me va bene così.

Cat insieme a suo padre Tim, uniti dalla grande passione per lo sport all’aria aperta
Cat insieme a suo padre Tim, uniti dalla grande passione per lo sport all’aria aperta
Che cosa ti piace di più del ciclismo e ti piace usare la bici anche solo per divertimento?

Quel che mi attira è sicuramente il tipo di aspetto sociale del ciclismo. E’ uno sport che porta la gente a comunicare, a rimanere vicini anche se può sembrare strano. Non è uno sport prettamente individuale, anche quando ti alleni, puoi andare insieme alle persone ed è semplicemente fantastico uscire, magari fare un giro in un caffè con i tuoi amici e poi con l’aspetto agonistico è anche molto divertente.

Cosa dicono i tuoi amici dei risultati di quest’anno?

Sono tutti scioccati, come me, davvero… Sono davvero felici per me e mi supportano tantissimo, sono i miei primi tifosi, non c’è la minima invidia ma anzi, tanta partecipazione emotiva.

Parlaci un po’ della tua squadra: quante siete e quando è nata?

Il mio team si chiama Shibden Hope Tech Apex, quest’anno è una squadra composta da sette ragazze, tutte provenienti dal nord dell’Inghilterra. Quattro di noi fanno anche parte della squadra di ciclismo juniores della Gran Bretagna, sia su strada che su pista. Ci conosciamo abbastanza bene, il nucleo fa attività insieme da circa quattro anni, mio padre è il responsabile del team.

Il team Shibden Hope Tech Apex, solo junior femminile, con Tim Ferguson come manager
Il team Shibden Hope Tech Apex, solo junior femminile, con Tim Ferguson come manager
Ti è piaciuto di più il Trofeo Binda o la Gand-Wevelgem?

Sicuramente la corsa italiana. Penso che il percorso sia stato molto più emozionante, poi era una prova di Nations Cup, la mia prima gara da junior, insomma le emozioni erano tante da mettere insieme.

Quali sono le tue caratteristiche principali?

Direi che sono più uno scalatore. Non proprio uno scalatore puro, ma in salita vado abbastanza forte e prediligo le situazioni nelle quali si fa selezione e rimango con qualcuna, perché poi normalmente riesco anche a vincere lo sprint finale.

C’è una ciclista alla quale ti ispiri?

Decisamente Lizzie Deignan. Viene da Otley, anche lei quindi è del North Yorkshire e io vivo a circa 15 minuti da dove è cresciuta. Quindi solo percorrere le sue stesse strade, sapere quanto bene ha fatto nei quartieri alti del mondo ciclistico, tutto quel che ha vinto è sicuramente un’ispirazione. Mi piacerebbe sicuramente seguire le sue tracce in termini di risultati, ma anche di influsso nel mondo del ciclismo su strada, ad esempio con la sua forte determinazione a interrompere provvisoriamente la carriera per diventare mamma.

Il podio della Gand-Wevelgem con la Ferguson seconda dietro la connazionale Sharp, battuta al Trofeo Binda
Il podio della Gand-Wevelgem con la Ferguson seconda dietro la connazionale Sharp, battuta al Trofeo Binda
Quali sono i tuoi obiettivi?

Quest’anno non ne ho molti. Non ero davvero sicura di come fare per inserirmi nel gruppo junior, ma dopo le ultime due gare, ho un’idea un po’ più chiara sulle mie possibilità. Quindi mi piacerebbe essere pronta per i campionati del mondo di Glasgow e, si spera, magari ottenere una posizione tra le prime dieci, non vado oltre.

Ma tra la maglia di campione del mondo e l’oro olimpico, cosa sceglieresti?

Penso una medaglia d’oro olimpica. L’ho sempre sognata da bambina, ero molto sportiva e dicevo sempre che volevo andare alle Olimpiadi, ma non ero proprio sicura in quale sport. Ora penso di aver trovato quello giusto…

Un milanese di sangue colombiano. E’ Juan David Sierra

30.03.2023
5 min
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Il nome tradisce le origini colombiane, ma basta sentirlo parlare per accorgersi che Juan David Sierra è un milanese purosangue. Già da tempo nel mirino di team affermati che puntano sulle sue qualità veloci e se lo contendono per inserirlo nei propri team Devo, il portacolori della Ciclistica Biringhello è salito alla ribalta nel fine settimana, quando in una giornata tipica del Nord tra freddo e pioggia ha conquistato un importante settimo posto alla Gand-Wevelgem per juniores.

La cosa curiosa è che la sua passione ciclistica non ha nulla a che fare con le origini del padre: «Lui è arrivato qui a 18 anni, perché mia nonna aveva trovato lavoro, ma non era appassionato di ciclismo. Praticamente sono stato io a coinvolgerlo, ora segue tutte le mie gare ed è il mio primo tifoso».

Juan David con suo padre Alberto, arrivato dalla Colombia a 18 anni e suo primo tifoso
Juan David con suo padre Alberto, arrivato dalla Colombia a 18 anni e suo primo tifoso
Se in famiglia non c’era questa spinta verso il ciclismo, come è sbocciata questa passione?

Non è che la bici non facesse parte della nostra vita, solo che non prevedeva le gare. I miei genitori amavano invece le uscite escursionistiche e hanno coinvolto tutta la famiglia. A me piacevano moltissimo, poi ho deciso di provare qualcosa di diverso: facevo calcio ma non mi piaceva. Allora chiesi a mio padre di farmi correre con la società del posto, la Ciclistica Biringhello perché hanno una pista a Rho e pedalare su pista mi piaceva moltissimo. La mia prima gara l’ho fatta da G2 e non è neanche andata bene…

Sei stato subito un vincente?

Assolutamente no, penso di aver vinto una sola corsa da ragazzino. Mi piaceva però far fatica, lottare per arrivare davanti e questo non è mai venuto meno. E’ qualcosa che non so neanche spiegare, quel senso di appagamento dopo un allenamento o una gara sono insostituibili.

Juan David Sierra è nato il 25 gennaio 2005 a Rho (MI). Alla Gand ha chiuso 7° a 1’09” dal vincitore De Schuyteneer (BEL)
Juan David Sierra è nato il 25 gennaio 2005 a Rho (MI). Alla Gand ha chiuso 7° a 1’09” dal vincitore De Schuyteneer (BEL)
Che caratteristiche hai?

Sono un corridore veloce, vado bene sul passo e in salita diciamo che mi difendo, ma posso migliorare. La gara di Gand era ideale per me, piatta con pochi strappi, poi non avevo mai corso al Nord e men che meno sul terreno sconnesso, mi sono divertito tantissimo e non vedo l’ora di tornarci.

Eri partito con l’idea di fare risultato?

No, l’obiettivo era arrivare alla volata, ma in quel caso si sarebbe lavorato per altri. Non ero io la punta – ammette Sierra – anche se sono veloce. La corsa però si è messa altrimenti: io ho cercato di rimanere sempre davanti, poi il gruppo si è spezzato a una settantina di chilometri dal traguardo. Mi è spiaciuto perdere un centinaio di metri proprio alla sommità del Kemmelberg, se riuscivo a tenere il risultato sarebbe stato ancora più importante.

Il milanese è già stato azzurro lo scorso anno al Trophée Centre Morbihan
Il milanese è già stato azzurro lo scorso anno al Trophée Centre Morbihan
Tra le gare italiane ce n’è una che ti è rimasta nel cuore?

Non è una vittoria. Mi sono davvero divertito lo scorso anno a Roma, al GP Liberazione finito al 10° posto. Quella gara è particolare, corta ma nervosa, non ti puoi rilassare neanche un metro. Ci torno quest’anno per cercare di fare ancora meglio, è uno dei miei obiettivi di questa stagione.

E gli altri?

Non mi dispiacerebbe mantenere un buon livello, tale da guadagnarmi qualche altra chance per vestire la maglia azzurra. Per me è un grande onore, sento molto la responsabilità e vorrei ripetere l’esperienza quanto prima. Spero di riuscire a essere selezionato, magari per qualche prova a tappe della Nations Cup come lo scorso anno.

Tu sei al secondo anno da junior, si avvicina il momento del cambio di categorie e quindi di squadra…

Non mi pongo molto il problema, d’altronde passa tutto attraverso i risultati, quindi devo pensare a correre. Poi devo pensare anche alla scuola. Quest’anno ho cambiato indirizzo, sono all’Istituto Professionale Elettricisti e l’anno prossimo avrò gli esami, questo influirà un po’ sulle mie scelte. Ma ho tempo per pensarci.

Tante le vittorie nelle categorie giovanili. Qui al Lombardia per allievi
Tante le vittorie nelle categorie giovanili. Qui al Lombardia per allievi
Andresti all’estero?

Di corsa! Intanto per migliorare il mio inglese considerando che di partenza sono bilingue italiano-spagnolo, poi perché ritengo sia un passo fondamentale se si vuole fare davvero questo mestiere. In Italia c’è una mentalità ancora troppo chiusa. Un’esperienza all’estero sicuramente mi darebbe molti altri spunti per continuare nella mia attività.

Considerate le tue caratteristiche, quali pensi siano le prove dove puoi emergere e per le quali un team dovrebbe sceglierti?

Sono un passista veloce, capace di emergere sia nelle gare d’un giorno, sia nelle corse a tappe come cacciatore di traguardi. Certo – conclude Sierra – dove c’è tanta salita sono ancora un po’ acerbo ma spero di migliorare.

«Ai meno dieci, Wout mi ha chiesto se volessi vincere»

29.03.2023
5 min
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«A dieci chilometri dall’arrivo – ha raccontato Laporte nella conferenza stampa di Wevelgem – Wout mi ha chiesto se volessi vincere. Credo che conoscesse la risposta. Quello che avevamo fatto nel 2022 al GP E3 (identico arrivo, ma primo Van Aert, ndr) era stato magnifico. Ne parlavamo qualche giorno prima, dicendo che difficilmente sarebbe successo ancora. Invece alla Gand lo abbiamo fatto nuovamente».

L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli
L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli

Da cacciatori a prede

Il dominio del Team Jumbo-Visma, culminato con l’assolo di Christophe Laporte e Wout Van Aert alla Gand-Wevelgem, ha irretito il gruppo e il pubblico. Le reazioni sono state di vario colore. Dal trionfalismo dei tifosi, alla constatazione degli osservatori che in mancanza di rivali come Van der Poel o Pogacar, Van Aert e soci non hanno avversari. Il divario effettivamente è innegabile e nelle parole dei manager dello squadrone olandese traspare la voglia di fare anche di più.

«Abbiamo ancora bisogno di un grande budget – ha spiegato il team manager Merijn Zeeman a L’Equipe – perché i buoni corridori diventano sempre più costosi. Da questo punto di vista, dovremmo essere strutturalmente tra i primi cinque team del World Tour. Ma non ci siamo ancora…»

«Siamo partiti per diventare come la Ineos durante il periodo estivo – gli ha fatto eco il grande capo Richard Plugge – e la Quick-Step in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, siamo passati dal periodo dell’apprendistato al copiare, ma ora dobbiamo arrivare alla fase successiva. Questa è la nostra sfida e dobbiamo fare ancora meglio e trovare il modo di riuscirci. Ma al momento ci troviamo in una posizione che non conosciamo davvero. Non siamo più i cacciatori, ora siamo le prede».

A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews
A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews

Spirito di gruppo

Quello che traspare sono la continua ricerca e la cura dei dettagli: tratti comuni a tutti gli squadroni che nel corso degli anni, anche grazie a budget più importanti di altri, sono riusciti a dominare la scena. I soldi però non bastano: se così fosse, altri team riuscirebbero a vincere con più corridori anziché sempre con il solito.

«Ho appena compiuto 30 anni – dice Laporte, spiegando i suo momento – è ora che devo fare il mio palmares. Questo gruppo è fantastico perché fra noi c’è il piacere di veder vincere i compagni. Io sono super felice di vedere Van Aert vincere grandi gare, come lo sono stato per Van Baarle all’Het Nieuwsblad e Benoot a Kuurne. E sono sempre stato felice per loro perché sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me».

Nato in Cofidis

Siccome non è scritto da nessuna parte che i vincitori abbiano sempre ragione, la scelta di Van Aert di lasciar vincere il compagno, gli è valsa qualche illustre… forchettata, come ad esempio quella di Merckx. Il Cannibale ha infatti precisato che lui non lo avrebbe mai fatto. Per contro, si è levato alto anche il coro di chi invece ha applaudito. Di certo questa voglia di condividere gioia e vittorie deve essere ben radicata nell’animo dei corridori, se è vero che Laporte non è stato in grado di seguire Van Aert sul Kemmelberg, ma è stato atteso.

E così il francese, che nelle dichiarazioni di inizio anno è stato descritto come un leader, negli ultimi mesi ha visto arrivare nella sua bacheca una tappa al Tour, il secondo posto al mondiale e ora la vittoria in una grande classica fiamminga.

«Risultati che mi sono costati sacrifici soprattutto sul piano familiare – ha spiegato con riferimento alla compagna Marion e i due figli – ma che hanno premiato il lavoro che faccio tutti i giorni. Il mio ciclismo è cambiato molto da quando gareggiavo in mountain bike e andavo in bici senza pensare al resto. Sono felicissimo di essere arrivato in questa squadra, ma ho potuto farlo grazie ai miei anni nella Cofidis, che sono stati molto buoni. Non ho rimpianti. E’ stato lì che ho imparato a diventare un professionista e grazie a questa esperienza, ho potuto rivendicare il mio status in Jumbo-Visma».

Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra: qui l’abbraccio con Wout Van Aert
Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra

Impatto psicologico

E qui il salto di qualità è stato palese. Si potrebbe obiettare che la vittoria ottenuta a questo modo non sia delle più esaltanti: l’arrivo solitario o uno sprint le avrebbero tolto il senso del regalo, anche se nelle parole del vincitore e nella pubblica opinione è stato proprio il regalo a renderla più importante.

«Sono molto contento – ha spiegato Laporte – di essere arrivato in questa squadra. Qui ho scoperto i ritiri di tre settimane in altura, le nuove bici che vanno veloci. I piani nutrizionali precisi alla caloria. La mia mente ha retto bene il passaggio in una delle squadre più forti del mondo. Ho sofferto la lontananza dalla famiglia. Mio figlio è nato il giorno di Natale e non è stato facile stargli lontano durante il ritiro di febbraio sul Teide. Ho superato tutto perché in cuor mio so che sto vivendo uno dei miei sogni di bambino».