Com’è stato il ritorno a casa dopo la Gand? Borgo sorride, ricorda e racconta. «Abbiamo passato la notte all’hotel dell’aeroporto, perché avevo il volo il giorno dopo. E’ stata una notte… Diciamo che ho dormito sì e no un paio d’ore. Era impossibile prendere sonno, era una sensazione che non avevo mai provato fino ad ora. Pian piano mi rendevo conto di quello che avevo fatto e tutt’oggi ci penso. Poi l’accoglienza a casa sicuramente è stata bella, con i tifosi che mi supportano da sempre…».
Sono passati quattro giorni dalla vittoria di Alessandro Borgo alla Gand-Wevelgem U23. Il ragazzo di Conegliano, vent’anni compiuti il 6 febbraio, è stato a casa fino a ieri e da oggi si trasferirà sul Passo Pordoi per un blocco di altura che lo porterà in condizione al Giro Next Gen. La vittoria belga è arrivata dopo una serie di piazzamenti che lo avevano contrariato e in qualche modo ha pareggiato i conti con la sorte.
Eri andato su sapendo di avere le gambe per vincere?
Diciamo che era un obiettivo stagionale, cerchiato in rosso da me e dal mio coach Alessio Mattiussi. In precedenza ero venuto a casa mangiandomi le mani per un paio di occasioni sfumate. Avevo una gamba buona e le ho buttate via, ma ritengo siano stati passaggi che mi fanno crescere. Quindi sono venuto a casa e ho continuato il mio avvicinamento per la Gand. Sapevo di essere uno dei favoriti e ce l’ho fatta.
Le occasioni mancate sono i piazzamenti al Tour de Bretagne?
Esatto. Mi sono mangiato le mani in due tappe e ho fatto decimo nella generale. Il penultimo giorno, avevo le gambe buone, ma ho aspettato troppo e alla fine ho perso secondi in classifica perché non ho azzardato. Il giorno dopo invece sono stato chiuso in volata, avevo una buona gamba e sono arrivato terzo.
Gand cerchiata di rosso perché il percorso è adatto a te?
Già l’anno scorso avevo fatto un po’ di esperienze in Belgio e pur essendo al primo anno, avevo fatto quinto, quindi volevo sicuramente migliorarmi. E’ una gara abbastanza adatta alle mie caratteristiche, anche se quest’anno non è venuta troppo dura perché mancava il vento, in cui speravo. Però mi sono inventato comunque qualcosa e ce l’ho fatta.
Che cosa ti sei inventato?
Il giorno prima avevamo analizzato la gara sempre con Mattiussi e il vento era previsto a 18 km/h. Non bastava per fare chissà quale azione, infatti la prima parte è stata un po’ controllata con la fuga che è andata via. Poi quando ci siamo avvicinati al circuito del Kemmelberg, è arrivato anche un po’ di vento. E in una parte di percorso che già conoscevo dall’anno scorso, dove bisognava stare attenti, si è staccato un gruppetto. Io inizialmente non c’ero dentro, ma sono rientrato assieme al ragazzo della Lidl-Trek che poi ha fatto secondo (Patrick Boje Frydkjaer, ndr).
E come è andata?
All’inizio non c’era molta collaborazione, però quando siamo arrivati sulla parte più dura con le salite in successione, c’è stata una selezione naturale. Siamo rimasti in tre, negli ultimi 10 chilometri abbiamo raggiunto Golliker che era via da solo e siamo arrivati in quattro al traguardo.
Non vincevi da Collecchio nel 2024, nervoso al momento di affrontare la volata?
Diciamo che dall’anno scorso ho iniziato a trovarmi in finali di corsa abbastanza importanti. Non voglio sminuire la gara di Collecchio, però sicuramente le gare internazionali all’estero che ho fatto hanno un’importanza maggiore e ovviamente anche degli avversari superiori. Avevo già provato questo tipo di arrivi e di adrenalina. Tanto che è stato l’arrivo in cui mi sono scoperto più tranquillo. Forse non mi sono neanche reso conto di quello che stavo vivendo.
Vittoria scontata?
Quello mai. So di essere veloce, però si sa che dopo una gara di 190 chilometri, appena ti alzi in piedi per la volata, può succedere di tutto. Può partire un crampo o che ti cada la catena, perciò l’ho presa di petto, ma restando freddo. Sono partito lungo perché la strada era particolare: ai lati il pavé, mentre al centro era liscia. E siccome ho una buona volata lunga, mi sono infilato nel tratto liscio e nessuno mi ha passato.
Hai parlato di corse importanti che hai fatto, cosa possiamo dire della Freccia del Brabante?
Penso che ad oggi sia la gara più importante in cui sia partito. C’erano avversari come Van Aert, Evenepoel e Pidcock. Insomma, sono gli idoli dei corridori e ho avuto l’opportunità di correrci assieme. E’ stata forse una delle gare dove ho sofferto di più, non ero in condizione al 100 per cento e poi i ritmi erano sicuramente alti. Però mi sono trovato spalla a spalla con Remco ed è stata una sensazione molto strana. Perché da guardarlo in TV vincere le Olimpiadi, ero lì a correrci contro ed è stato stranissimo. Per questo, anche se ero a tutta, ho pensato alla maglia che avevo addosso e che dovevo onorarla. Non potevo staccarmi e così sono riuscito ad arrivare col gruppetto degli inseguitori. Ho anche provato a tirare la volata ai miei compagni Zambanini e Buratti, che però nel finale hanno avuto qualche problema. Quindi sì, è stato emozionante anche per me.
Come sta andando questo primo anno nel devo team? Tanto diverso dall’anno passato?
Sicuramente abbiamo un budget diverso, quindi le cose venivano fatte bene già prima, ma sicuramente abbiamo più materiale e più staff. Viene tutto meglio e possiamo permetterci di fare anche dei giorni di trasferta in più e questo ci fa migliorare.
C’era tanta gente a Ieper per l’arrivo?
L’anno scorso era ovviamente di più, perché si correva nello stesso giorno dei professionisti. Però è comunque una gara sentita, una gara di spessore.
Adesso si va in altura, verso quali obiettivi?
Vado sul Pordoi e scendo il 30. Poi farò il Tour of Malopolska in Polonia, che sono quattro giorni di gara. Torno a casa il 9 giugno, faccio una rifinitura per il Giro d’Italia e da lì vediamo di portare a casa un bel risultato.
L’anno scorso, quando la squadra si chiamava CTF Victorious e Alessandro Borgo era un U23 di primo anno, il Giro Next Gen gli portò il quarto posto nella penultima tappa. Il progetto va avanti, anche se ha cambiato nome e finanziatore. Fa piacere vedere che nella squadra della Gand-Wevelgem ci fossero anche Thomas Capra che l’aveva vinta da junior e Bryan Olivo che spinge per uscire. Fa piacere riconoscere il lavoro di Alessio Mattiussi e Renzo Boscolo e il profilo di Alessandro Pessot, che ha fatto due anni da pro’ alla Bardiani e poi si è dato allo studio. In attesa della laurea magistrale per diventare nutrizionista, è massaggiatore nella sua ex squadra. E fa piacere ricevere gli aggiornamenti da Bressan ogni volta che arriva un bel risultato. L’anima friulana continua a battere, anche se a volte parla un dialetto diverso.