Come sta il ciclismo in Sicilia? Lo chiediamo al tecnico regionale

01.02.2022
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Il Sud resta il Sud. Fra i proclami elettorali dei vari candidati alla FCI e le difficoltà oggettive, ascoltare i racconti dei ragazzi che devono lasciare casa per praticare sport di alto livello ti fa sempre pensare che manchi qualcosa. Manca qualcosa nel racconto di Germani, che lascia Roccasecca per andare a Massa. Manca qualcosa, forse meno, nel racconto di Sciortino che fra poco inizierà un andirivieni fra Sicilia e Toscana per correre nei weekend con la UC Casano e andare a scuola nei giorni restanti.

Si cresce prima

Certo ci sono anche dei risvolti positivi: dover partire mette alla prova le motivazioni, un po’ come lasciare casa per fare l’Università in una città lontana dalla propria ti costringe a crescere un po’ più in fretta. Ma in questa fase così convulsa di selezione dei talenti, avere poco tempo a disposizione rende tutto più difficile.

Nelle scorse settimane si è acceso un dibattito fra Comitati regionali e tecnici di club. Le regioni possono trattenere i corridori a tutela del movimento locale, ma ci sono casi in cui trattenere un ragazzo significa condannarlo a smettere.

Il cittì degli juniores Salvoldi ha visitato il velodromo di Noto, qui con Mansueto (foto FCI Sicilia)
Il cittì degli juniores Salvoldi ha visitato il velodromo di Noto, qui con Mansueto (foto FCI Sicilia)

Punto sulla Sicilia

In Sicilia il ruolo di tecnico del Comitato regionale è stato affidato ad Alessandro Mansueto, a sua volta cinque anni da dilettante in Toscana alla corte di Daniele Tortoli. Mansueto è anche tecnico (sull’Isola) dell’affiliazione plurima creata dalla UC Casano di Ortonovo e guidata da Giuseppe Di Fresco, anche lui palermitano. Quale sarà lo stato del ciclismo siciliano?

«In un quadro di juniores che in tutta Italia e da noi in particolare smettono perché non trovano squadra – dice – il fatto di avere delle affiliazioni plurime permette ai ragazzi di garantirsi attività extra regionale. In Toscana solo un terzo degli juniores trova posto fra gli under 23: nel 2021 ci sono stati 129 dilettanti in tutto, chiamiamoli così, quanti volete che possano essere quelli di primo anno? Gli under 23 stanno sparendo».

Fiorelli e Visconti, entrambi volati in Toscana per diventare corridori
Fiorelli e Visconti, entrambi volati in Toscana per diventare corridori
Ci siamo visti al Lunigiana, che tipo di attività siete riusciti a fare con gli juniores?

Nel 2021 hanno gareggiato tutte le domeniche, solo a fine stagione ci sono state gare miste con gli allievi, ma per far correre i più giovani.

Nessuna partecipazione alle gran fondo?

No, però in compenso abbiamo approfittato della logistica di alcune gran fondo per far partire gli juniores. Nel 2021 ci siamo riusciti in 4 gare, quest’anno già 7 hanno aderito. Abbiamo fatto partire gli juniores 40 minuti prima e solo raramente il primo degli amatori è riuscito a riprendere il gruppo.

Questa ipotesi era stata avanzata da Emiliano Borgna, presidente di Acsi Ciclismo. Vi siete appoggiati anche a gran fondo di altri Enti?

No, solo a quelle federali, sfruttando come promozione il movimento degli amatori. C’è stata una bella manifestazione sulle Madonie, bello anche il Giro dell’Etna. Se pensiamo che ormai il costo delle transenne è uno dei principali, si capisce che avere quelle della gran fondo sia un bel vantaggio.

Il movimento giovanile più forte sull’Isola è nel fuoristrada (foto FCI Sicilia)
Il movimento giovanile più forte sull’Isola è nel fuoristrada (foto FCI Sicilia)
Dove è concentrata l’attività in Sicilia?

Il 50 per cento in zona Palermo, il resto è distribuito uniformemente nelle altre province.

Il velodromo però resta chiuso…

Abbiamo fatto incontri con il sindaco Orlando e con gli assessori. Ci siamo offerti di pagare anche un anno di affitto anticipato, ma a fronte delle spese che si dovrebbero sostenere, è comunque poco. Per fortuna abbiamo l’impianto di Noto, dove il professore La Rosa sta facendo un ottimo lavoro. Ci sono stati assegnati i tricolori paralimpici e forse quelli in pista per esordienti e allievi. Bisogna dire però che il grosso dell’attività è fuoristrada. Ci sono 13 scuole di Mtb certificate, con realtà come Pozzallo che ha 250 bambini iscritti. Il punto debole, per la sicurezza soprattutto, resta la strada.

In che modo il Comitato regionale collabora con i tecnici?

Abbiamo creato un centro Studi regionale, formato da 4 tecnici che valutano tutti i corridori, dagli esordienti agli juniores, dando supporto alle società. Cerchiamo di sviluppare una programmazione aperta, in modo da poter partecipare a eventi nazionali, come nel 2021 siamo andati ai campionati italiani, al Lunigiana, alla gara di Fiesole e un’altra nel Lazio. Il guaio è che non avendo sponsor, paga tutto il Comitato regionale. E solo andare ai tricolori con 20-25 ragazzini è stato un bel salasso.

Con Sciortino durante il ritiro siciliano, prima di iniziare il viavai con la Toscana (foto FCI Sicilia)
Con Sciortino durante il ritiro siciliano, prima di iniziare il viavai con la Toscana (foto FCI Sicilia)
E Sciortino?

Abbiamo fatto il ritiro con gli juniores quaggiù e c’era anche il cittì Salvoldi, che si sta muovendo davvero in modo capillare. Dal 13 febbraio invece saremo a Casano.

In che modo la Federazione vi assiste?

Ci piacerebbe che assecondasse la nostra idea di rilanciare il Piano Solidale, il modo di creare sinergie fra organizzatori di regioni limitrofe per dare consistenza all’attività. Stiamo aspettando risposte.

Nomine Fci, Martinello: «Continuo a non vedere un progetto»

03.11.2021
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Ieri sono stati fatti i nomi dei nuovi commissari tecnici. A Milano, il presidente federale Cordiano Dagnoni, ha presentato la nuova squadra tecnica. Tra volti nuovi, volti confermati e rimescolamenti è cambiato un bel po’.

E noi facciamo un commento di tutto ciò con Silvio Martinello. Ex corridore, ex collaboratore in seno alla stessa Fci e recente candidato alla sua presidenza. Una vita nel ciclismo, per lui tante vittorie e un titolo olimpico ad Atlanta 1996.

Silvio Martinello, 58 anni, ex pistard e professionista su strada si era candidato alla presidenza della Fci
Silvio Martinello, 58 anni, ex pistard e professionista su strada si era candidato alla presidenza della Fci

Manca un progetto

E il padovano è subito molto chiaro: «Non è una questione di nomi, tutti rispettabilissimi e competenti, ma una questione di progetto. Un progetto – dice Martinello – che ancora non vedo. Prendiamo la pista per esempio. Cosa significa che va tutto nelle mani di Villa? Anche il settore della velocità? Ne hanno parlato? Perché se così fosse un grande applauso a Marco: donne e uomini endurance, donne e uomini velocità. Parecchio…

«Oppure Marco Velo tecnico della cronometro: ma che senso ha? Si portano via gli atleti a vicenda, tra strada, pista e crono? Va bene l’armonia, la collaborazione ma la realtà per esperienza mi insegna che è proprio così».

Cassani ha seguito l’ultimo Giro dalla moto per la Rai. Quello del romagnolo è il nome più noto che è stato tagliato
Cassani ha seguito l’ultimo Giro dalla moto per la Rai. Quello del romagnolo è il nome più noto che è stato tagliato

Il ballo dei nomi

Martinello non vuole attaccare i nuovi cittì, ma ribatte sul discorso del progetto tecnico federale. Un progetto che non dovrebbero esporre i nuovi commissari tecnici bensì i dirigenti della Fci stessa.

«I nomi fatti sono tutti buoni, ma per me – dice Martinello – per far sì che possano lavorare bene serve un progetto che parta dalla base, da coloro che sono stati eletti… Al di là degli slogan, io vorrei vedere dei progetti concreti. Ci sono nomi del cerchio magico, alcuni che sono stati tolti per metterne altri. Sento dire: vogliamo meno protagonismi.

«Cosa ha Bennati di diverso da Cassani? Davide paga la sua sovraesposizione mediatica, ma non il suo operato. Io glielo dissi in tempi non sospetti, già ai tempi della Rai, che di fatto non ha mai lasciato. Ci sei troppo, gli dicevo. Era commentatore, l’opinionista, c’era al mattino e al TG Giro della sera. E quando si andava in pubblicità c’era anche lì. Sembrava il Pippo Baudo dei tempi migliori: Fantastico, Sanremo, le prime serate… sempre lui».

«Roberto Amadio, che è il vero dirigente della Fci, deve gestire la nazionale come una squadra WorldTour, ma non è la stessa cosa. Hanno fatto degli errori come cercare di riparare con Cassani in modo un po’ così… Hanno tagliato Salvoldi, ma perché? Non lo hai certo tolto perché non funzionasse… visti i risultati, ma per metterci altri. E di questi tempi tra l’altro ci vuole coraggio a sostituire i cittì dopo una stagione così proficua».

Tokyo 2020: Villa parla con Consonni, al suo fianco Amadio e di spalle Salvoldi
Villa parla con un atleta, al suo fianco Amadio e di spalle Salvoldi

L’esperienza in Federazione

Le osservazioni di Martinello possono essere condivise o meno, di sicuro però fanno riflettere. La necessità di avere un progetto chiaro che parta dalla base è vitale per continuare ad ottenere certi risultati e un movimento che sia in grado di attrarre nuove leve.

«Quando nel novembre 2005 sono diventato direttore tecnico federale – racconta Martinello – ad aprile dello stesso anno, quindi sette mesi prima, ho presentato un progetto. Questo è stato discusso in tre fasi presso il consiglio federale. Nella prima ci fu l’esposizione, nella seconda risposi alle questione tecniche che mi furono poste e nella terza, dovetti rispondere alle domande sulle coperture finanziare. Solo dopo che tutto ciò è stato approvato io ho accettato la nomina. Perché a quel punto sapevo cosa potevo e dovevo fare.

«Poi okay – conclude il padovano – ci si è messa di mezzo la politica. Ho scoperto delle dinamiche per me nuove e infatti dopo 22 mesi mi sono dimesso. Ma io ero arrivato ad avere contrasti con tecnici che io stesso avevo proposto, figuriamoci. Feci degli errori anche io. All’epoca non conoscevo la politica e per questo mi sono voluto ricandidare alla presidenza, allo stesso tempo ci dovevo provare. 

«Non mi adattai e lasciai anche un buon contratto, perché in certe situazioni il denaro non è tutto. L’azzurro è l’azzurro. E per questo, nonostante tutto, auguro ai cittì un buon lavoro.

Palestra tutto l’anno e bilanciere in mano

01.04.2021
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Palestra, elemento sempre più imprescindibile nella preparazione di tutti gli sport. Anche del ciclismo. Una volta, 20 anni fa non 100, i diesse ti dicevano di andare a comperare persino il pane in bici. Di non camminare, di non fare le scale… Bici e soltanto bici. Adesso in palestra si lavora tutto l’anno. E lo fanno anche gli scalatori.

Ne parliamo con Marco Compri. Laureato in Scienze Motorie, è direttore sportivo di terzo livello e soprattutto collabora con la Federciclismo e il Centro Studi, dove si occupa dei lavori “a secco” degli atleti.

La forza al centro

«Esatto, mi occupo della gestione dei volumi e dei carichi dei nostri pistard – conferma Compri – oggi la palestra si fa tutto l’anno, ma sono cambiate tante cose. La componente forza è l’altra faccia della medaglia del ciclista. Ci sono la componente metabolica e, appunto, quella della forza. Semplificando al massimo possiamo dire che gli scalatori fanno più riferimento alla prima e i velocisti alla seconda.

«La cultura della palestra sta tornando in modo prepotente perché si ha la necessità di avere dei picchi di forza molto importanti. Oggi in tanti spingono il 54-55 e non è possibile pensare di farlo in modo efficace senza eseguire dei lavori specifici. In bici puoi fare dei lavori sulla forza, ma certi picchi non li raggiungerai mai. E questo è importante per i velocisti, ma non è di minor rilevanza per gli scalatori».

Ed è in quest’ultima frase che sta la chiave del discorso. Avere dei picchi alti è importante anche per gli scalatori perché se decade la forza, decade anche la resistenza. Se si dispone di un picco di forza elevato, migliora l’efficienza della pedalata e soprattutto lo scalatore può lavorare con carichi maggiori nel lungo periodo.

I balzi sono un esercizio di forza e al tempo stesso di equilibrio
I balzi sono un esercizio di forza e al tempo stesso di equilibrio

Richiami o no? 

Ricorrendo alla palestra e ai pesi con una certa costanza ha ancora senso parlare di richiami? Oppure sarebbe meglio definire la palestra come “parte integrante della preparazione?

«Il lavoro – dice Compri – è cambiato perché è cambiato l’approccio alla palestra. Fino a 5-6 anni fa si facevano dei lavori a basso carico: il lavoro era finalizzato alla resistenza. Adesso invece è finalizzato alla forza. In pratica si fanno più serie e meno ripetute ma con più peso (esempio con numeri a caso: prima si facevano 2 serie da 30 ripetute con 10 chili, adesso si fanno 4 serie da 10 ripetute con 40 chili, ndr).

«Di base – riprende Compi – i corridori ricorrono alla palestra in modo importante in due momenti della stagione: all’inizio e nella pausa maggiore, ma poi non la tralasciano per oltre dieci giorni. Quando si fanno questi richiami si lavora con l’80-85% del proprio carico massimale (se ho un massimale di 100 chili, lavoro con 85 chili, ndr). Ma perché si lavora con una certa regolarità? Perché è diverso l’approccio agli attrezzi. Prima si ricorreva molto ai macchinari, adesso si tende a lavorare a corpo libero e con il bilanciere. E se fai passare troppi giorni, poi perdi il picco e l’efficienza del gesto stesso. E anzi, rischi di farti male. Molti atleti appena finiscono il Giro d’Italia, per esempio, riprendono immediatamente con il lavoro in palestra, altrimenti i loro massimali decadono sensibilmenteı».

Una vecchia foto di Miguel Angel Lopez impegnato con il bilanciere
Una vecchia foto di Miguel Angel Lopez impegnato con il bilanciere

I segreti del bilanciere

Si preferisce utilizzare un attrezzo a corpo libero come il bilanciere anziché i macchinari perché oltre alla forza, non va trascurata la stabilità. Aspetto che gli atleti della mountain bike, anche per altre ragioni, hanno capito con molti anni in anticipo

«Nella preparazione di un ciclista – spiega Compri – non va trascurata la gestione del mezzo. La bici è stabilizzata dal ciclista, ma il ciclista per stare in equilibrio deve attivare molti muscoli. Serve quindi fare del “core stability” intervenendo anche su arti superiori, addominali, glutei… Ma se io lavoro sui singoli distretti muscolari senza “raccordo”, il lavoro resta incompleto. Lo squat fatto con il bilanciere attiva 272 muscoli contemporaneamente, se invece metto il peso in un punto isolato non li attivo tutti. Elimino tutto ciò che mi stabilizza. Fare lo squat col bilanciere anche se meno specifico è più funzionale.

«Altra cosa che si sottovaluta: con il macchinario la velocità di esecuzione e la forza impressa sono costanti. Con il bilanciere c’è il momento iniziale che richiede un grande sforzo per rompere l’inerzia. E di conseguenza cambia anche la velocità del gesto».

Canola alla pressa, macchinario valido ma meno efficace del bilanciere secondo Compri
Marco Canola
Canola alla pressa, meno efficace del bilanciere secondo Compri

Scalatori vs velocisti

Se facessimo una sfida di pesi sapremmo già chi vincerebbe, è chiaro. Gli obiettivi di scalatori e velocisti sono diversi. Ma com’è la palestra dell’uno e quella dell’altro? 

«Poniamo – conclude Compri – che la gara obiettivo sia fra sei mesi. Il velocista in questo lasso di tempo lavora costantemente con carichi pari all’85-90% del suo massimale al di là di quello che farà in bici o se farà anche delle gare. Lo scalatore, invece, per i primi due mesi lavora allo stesso modo dello sprinter, con le stesse percentuali di carico, poi inizia a lavorare sulla forza in bici, con le classiche Sfr (e non solo quelle). Ogni tanto torna in palestra ma fa esercizi a corpo libero come balzi, squat monopodalico… e lo fa perché deve mantenere la forza. Per il velocista, che cerca di aumentarla, questo non va bene».

Paolo Bettini, Alessandro Spada, Paolo Kessisoglu, Matteo Gozzoli (sindaco Cesenatico), presentazione tappa Nove Colli del Giro 2020

Un volto nuovo per l’Emilia Romagna: Alessandro Spada

23.11.2020
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Alessandro Spada è un volto noto nel mondo delle Gran Fondo, avendo guidato per due mandati la Fausto Coppi di Cesenatico, società organizzatrice della Nove Colli. Il mondo pro’ non sa molto di lui, anche se ci sono proprio Alessandro e la sua società dietro la tappa di Cesenatico dell’ultimo Giro, corsa sul percorso della Gran Fondo e vinta da Narvaez (nella foto di apertura, Spada è fra Bettini e Paolo Kessisoglu e il sindaco di Cesenatico, Gozzoli, alla presentazione della stessa tappa). Parliamo di Spada perché si è candidato alla presidenza del Comitato regionale dell’Emilia Romagna, attualmente presieduto da Giorgio Dattaro (organizzatore per anni della corsa di Felino). Nella Regione, grazie al sostegno del presidente Bonaccini, le cose sembrano funzionare. Sono stati organizzati nel 2020 la ripartenza su strada con Extra Giro, i campionati del mondo di Imola, tre tappe del Giro d’Italia e le corse di Adriano Amici: la Settimana Ciclistica Coppi e Bartali, il Memorial Pantani e il Giro dell’Emilia. Per questo siamo venuti a chiedergli perché abbia scelto di candidarsi.

Partenza Nove Colli 2018
Nove Colli, una partenza oceanica con più di 10.000 partenti
Partenza Nove Colli 2018
Nove Colli, la partenza è oceanica

«E’ una scelta fatta col cuore – comincia – il cuore quando parliamo di ciclismo c’è sempre. Ma oltre al cuore, qualcuno mi ha chiesto di dare il mio contributo. Ho accettato, consapevole che si tratta di un grosso impegno, che punta al miglioramento del nostro sport in Emilia Romagna».

Eppure l’Emilia Romagna ha trainato la ripresa, grazie a Cassani, Di Rocco, Marco Selleri e il suo socio Pavarini e il presidente Bonaccini.

Bonaccini crede molto nel mondo bici e ha fatto grandi investimenti. Noi abbiamo avuto a che fare con lui per la tappa del Giro, ma è stato lui ad agganciarci l’arrivo a Rimini del giorno prima e la partenza da Cervia. A maggio sarebbe stato un tripudio, ma anche a ottobre è stato un bel quadro e un’ottima promozione. Imola stessa storia. L’impressione che si è avuta però è che che il Comitato sia rimasto un po’ ai margini.

Che cosa c’è nel curriculum di Alessandro Spada?

L’esperienza con la Fausto Coppi, che non è solo Nove Colli, mi ha permesso di conoscere bene i fuoristrada e il mondo giovanile. Abbiamo organizzato la Nove Colli Offroad, con 900 iscritti. Ho tanto da imparare e proprio per questo, non certo perché voglia fare il tecnico, ho fatto il corso per allenare i giovanissimi e quello da guida cicloturistica. Sono mondi e regole che volevo conoscere. In più, visto che nella mia azienda solo anche referente per la sicurezza, ho seguito corsi che ho poi trasferito alla Nove Colli e agli altri eventi. Il raduno di partenza e l’arrivo di una corsa sono a tutti gli effetti dei cantieri in cui lavorano insieme aziende diverse. Non è banale.

Giro d'Italia 2020, partenza 12ª tappa, Cesenatico
Così il Giro d’Italia 2020, alla partenza da Cesenatico sul Porto Canale
Giro d'Italia 2020, partenza 12ª tappa, Cesenatico
Il Giro 2020 sul Porto Canale
Di cosa si occupa la sua azienda?

Ho una società con mio fratello e facciamo profilati in legno.

Che cosa può fare Spada per il Comitato regionale?

In Emilia Romagna c’è un tessuto fiorente, il Comitato può dare gli stimoli. Non voglio disgregare, vorrei creare sinergie, come quelle nate nella valle del Rubicone.

Di cosa parla?

Sotto ogni campanile c’è la società dei giovanissimi, che è giusto sia vicino casa. Poi ci si dirada un po’ per avere quella degli esordienti e degli allievi, fino a confluire nelle due società di juniores. Sidermec e Alice Bike. L’intera filiera in una fascia di pochi chilometri. Mi piacerebbe consolidare queste sinergie locali.

Pensa non ci siano?

Si deve lavorare per costruirle. Si vede dai calendari, con gare della stessa categoria vicine e in contemporanea. E’ bruttino quando hai metà dei partenti perché 50 chilometri più in là c’è un’altra corsa. E dato che la soddisfazione di ogni organizzatore e del Comitato dovrebbe essere la buona riuscita degli eventi, la gestione dei calendari deve essere armonica. Non ci si deve dare fastidio fra società. Anche perché il 2021 rischia di essere duro…

Peggio del 2020?

Sarà un anno difficile. Si rischia di perdere sponsor e di conseguenza atleti. Si perderanno i volontari, colonna portante di un certo ciclismo. Per una gara di esordienti servono 40 persone, per una di giovanissimi ne servono 25. Sono quasi sempre anziani e magari adesso per paura del Covid non si muovono da casa.

Tonina e Paolo Pantani, Cesenatico
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Cesenatico è soprattutto casa di Marco Pantani
Lei ha organizzato per anni una Gran Fondo oceanica con la Fci, altre si sono rivolte ad altri Enti lamentando costi eccessivi e tanta burocrazia.

Fci è prestigio e qualità e se c’è agonismo la Federazione deve esserci. In Italia ci sono troppi Enti di promozione sportiva, alcuni nati di recente e riconducibili a soggetti che non promuovono niente. Bisognerebbe riordinare la materia, ma tocca al Coni e al Ministero. Io credo che la Fci debba essere il riferimento, quindi è giusto che porti a casa gli agonisti. Sui cicloturisti invece possiamo discutere.

Si lamenta scarso legame fra il mondo amatoriale e quello delle categorie giovanili.

Il legame c’è e va consolidato, perché i ragazzini potrebbero essere figli dei partecipanti alle Gran Fondo. Gli amatori devono servire per promuovere il giovanile, pensando che sono due mondi comunicanti. Alla fine della carriera, tanti ex atleti partecipano alle Gran Fondo. Non è un binario morto…

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Prima di finire, Spada, come si conquistano i ragazzi al ciclismo?

Servono strutture. Parlare la loro lingua, quindi essere sui social. Andare nelle scuole. Nelle piazze. Far vedere e provare cos’è la bicicletta. Per la strada servono percorsi chiusi, per il fuoristrada bastano un campo, una recinzione e due camion di terra. A Villa Marina, all’ingresso sud di Cesenatico, si farà il ciclodromo, vicino a dove ha la sede la Fausto Coppi. Mi sarebbe piaciuto vedere tutto finito al termine del mio mandato, ma il Covid ha rallentato le cose. Il tipo di sfida che andiamo a raccogliere ha anche queste problematiche.

Rosario Fina

Fina ci riprova: «Se non ora, quando?»

13.11.2020
5 min
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Fina avrebbe continuato a dire di no, ma una domanda lo ha costretto a ripensarci: «Se non ora, quando?».

Si parla delle elezioni del Comitato regionale siculo, guidato al momento dal palermitano Diego Guardì. La storia di quello che accadeva laggiù è super nota, ma si tende a dimenticare. Si dimenticano le indagini della magistratura, scattate dopo l’inibizione del Tribunale Federale a Giovanni Duci, i rinvii a giudizio e i 31 indagati. Quel sistema di società fittizie che organizzava gare inesistenti, create per incassare contributi regionali e utili all’occorrenza per determinare il corso delle elezioni federali, è stato smantellato. Dalla magistratura. Oppure, se non altro, è stato fortemente ridimensionato.

«Non ci sono più 370 società come nel 2012 – racconta Fina – oggi sono circa 120 e ognuna con un presidente in carne e ossa con cui parlare di attività e di programmi».

Monterosso Almo
Monterosso Almo, la gara di agosto multata per le sue locandine
Monterosso Almo
Monterosso Almo, la gara di agosto multata

Rosario Fina ha 51 anni e da ragazzino lasciò la Sicilia alla volta di Bergamo, con il sogno di diventare un corridore. E ci riuscì. Campione del mondo nella cronosquadre da junior e poi da dilettante. Tre anni di professionismo. Direttore sportivo fra gli under 23, commissario tecnico azzurro delle donne e a seguire degli under 23. Poi, conclusa quest’ultima parentesi, è tornato a Serra di Falco (Caltanissetta) per mandare avanti l’attività commerciale avviata già da anni. Fu proprio nel 2012 che provò a candidarsi, ma fu schiacciato per una serie di voltafaccia ripagati con incarichi e chissà quale altro favore.

Non ti è bastato?

Avevo detto di no, in effetti. Mi sostengono quelli che 8 anni fa erano dall’altra parte. E già sappiamo che qualcuno ha cominciato a fare promesse in giro perché cambino partito.

E’ vera la storia letta su Facebook della multa per le locandine sbagliate?

Eccola. Ai primi di agosto Salvatore D’Aquila ha organizzato a Monterosso Almo il Memorial Cannarella. C’era così tanta penuria di corse che sono venute 12 società dal Nord. C’erano 300 ragazzi fra esordienti, allievi e juniores e gli organizzatori sono stati multati con quattro verbali da 120 euro ciascuno perché sulle locandine la gara era indicata come “nazionale” anziché “regionale”. E il bello, come vi ha detto lo stesso Di Rocco, è che dall’inizio dell’anno c’è una delibera federale per cui le gare regionali sono state portate a nazionali.

Quindi non pagheranno?

Non vorrebbero. Ma se non pagano, non possono votare…

Scusa, parliamo dello stesso D’Aquila già presidente regionale?

Proprio lui. Eletto per tenersi buone le provincie orientali e sfiduciato quasi subito, in modo che il Comitato venisse commissariato e affidato a Francesco Miceli. Che tempi…

Diego Pellegrini, Rosario Finale, Marco PAntani, Giro delle Valli Aretine
Giro delle Valli Aretine 1991, Fina vince davanti a Diego Pellegrini e Marco Pantani
Diego Pellegrini, Rosario Finale, Marco PAntani, Giro delle Valli Aretine
Valli Aretine 1991, battuto anche Pantani
Per cui ci riprovi…

I numeri sono diversi. Duci è stato costretto a smettere, almeno ufficialmente. Per cui, davvero… Se non ora, quando?

Chi voterà per te?

C’è un blocco di comitati provinciali più o meno compatti. Abbiamo voti su Catania, Agrigento, Palermo, Trapani, Siracusa e Ragusa. A Caltanissetta, casa mia, è più complicato.

Perché?

Perché alcuni di quelli che volevano sostenermi otto anni fa, hanno ricevuto incarichi tecnici e regionali che adesso vogliono difendere. Io ci sto mettendo la faccia, portando avanti un progetto.

Spiegaci.

C’è bisogno di persone, finanziamenti e progetti giusti. I fronti sensibili sono tanti. La strada è da rifondare. Su pista, c’è guerra fra Palermo e Noto, perché Palermo non vuole che i fondi siano destinati solo al velodromo di Noto.

Perdona, il velodromo di Palermo è chiuso da anni…

Ma la società che lo gestisce vuole la sua parte nell’eventualità che un giorno sia riaperto. Il Comitato regionale deve pensare al movimento a 360 gradi. Anche Paternò ha un velodromo malmesso. Serve continuità di lavoro fatto bene, passando attraverso la collaborazione con le amministrazioni comunali.

Hai parlato di progetti giusti.

Un esempio. Nel 2007 andai dal direttore della BCC di Caltanissetta. Gli dissi che non volevo chissà cosa, ma 2.000 euro con cui avrei comprato 4 biciclette e le avrei verniciate con i colori della banca. Lui si stupì e accettò. Sapete quanti bambini mettemmo in bici con quei soldi? Ben 15 e la cosa si fermò solo perché dall’anno dopo mi chiamarono per fare il tecnico degli U23.

Ecco la vera domanda: perché lo fai?

Voglio lasciare un segno. Mi vedo qua ed è un peccato che questo bagaglio accumulato in 50 anni vada perduto. Poi, se non sarò capace, mi farò da parte. Odio quando sento dire che siamo nati qui e siamo destinati a restarci. Nascere in Sicilia è un valore aggiunto, la Sicilia non si deve accontentare. Di cosa? E perché?

Rosario Fina, Franco Ballerini, percorso di VArese
Nel 2008 è tecnico degli U23: eccolo a Varese con Ballerini, nella ricognizione dei mondiali
Rosario Fina, Franco Ballerini, percorso di VArese
Prima di Varese 2008, con Ballerini sul percorso
Già, perché?

Fra 5-6 anni non avremo più Nibali, Visconti e Caruso. Il Comitato regionale si deve fare garante di riorganizzare l’attività. Si deve ricreare entusiasmo. Perché non deve nascere un altro Rosario Fina?

Perché pensi che non nascerà a breve?

Si fanno gare di 20-30-40 chilometri. Si fanno le affiliazioni plurime. Ma perché non immaginare di organizzare gare vere qui da noi? Perché questi ragazzi se ne devono andare? Io partii da dilettante, altrimenti ero qua e finii la scuola correndo in Sicilia. Non parlo di ricreare blocchi come ne vedemmo in passato, ma di ridare dignità all’attività.

Non ne ha?

Prima gara a Palermo dopo il lockdown. Una cronometro per tutte le categorie, organizza il presidente Guardì. Bravo, penso. Partenza e arrivo vicine. E si scopre che il tempo lo prendeva un volontario con il cronometro in mano. Nessun chip. Ma anche nessuna multa. Le gare vanno organizzate per gli atleti, perché possano fare esperienza. Serve un progetto di qualità, si devono gettare le basi per il futuro. E soprattutto… Se non ora, quando?

Fabio Perego, Ernesto Colnago, Cordiano Dagnoni

Dagnoni aspetta, ma ragiona da presidente

12.11.2020
4 min
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Cordiano Dagnoni (nella foto di apertura con Fabio Perego ed Ernesto Colnago) è il presidente del Comitato regionale lombardo della Fci. E a quanto si dice in giro c’è una forte spinta perché si candidi alla presidenza nazionale. Classe 1964, trascorsi da impreditore e da atleta, lo si conosce anche perché fa l’allenatore di derny in giro per i velodromi d’Europa. L’azienda, la Darimec, produceva riduttori meccanici di grandi dimensioni. Mentre la storia sul derny è un affare di famiglia, dato che ad essa si sono dedicati negli anni il padre Mario (scomparso nel 2015) e il fratello Christian. Di recente abbiamo visto Cordiano parlare con le atlete ai tricolori delle donne elite e la curiosità di sapere se vuole davvero essere il presidente della Fci, dopo aver parlato dello stesso tema anche con Silvio Martinello, ci ha spinto a chiamarlo.

Cordiano Dagnoni, Marco Coledan, tricolore Derny 2013
Come allenatore di derny ha vinto anche il campionato italiano con Marco Coledan
Cordiano Dagnoni, Marco Coledan, tricolore Derny 2013
Con il derny ha vinto il tricolore con Coledan
Candidato veramente?

Non ho ancora deciso. Sto aspettando le elezioni provinciali di Milano, poi incontrerò gli elettori della regione e valuterò. Non voglio commettere l’errore di Norma Gimondi alla tornata precedente, che si candidò senza passare per la sua provincia.

Perché candidarsi, semmai sarà?

Lo farei come volontariato, una missione. Se il ciclismo ha bisogno di me, io ci sono. Ma prima vediamo cosa dice la Lombardia.

Di cosa ha bisogno il ciclismo?

Che lo si valorizzi. Abbiamo una Ferrari che va in prima. La pandemia paradossalmente ci ha dato un vantaggio, perché ora tutti sono interessati alla bicicletta e al ciclismo. Dobbiamo sfruttare l’occasione. Puoi avere in mano il miglior prodotto del mondo, ma se non lo comunichi, lo tieni per te.

Come si fa?

Si è sempre pensato a tagliare. Io penso invece a valorizzare, trovando il modo per aumentare le entrate. Del resto, una federazione con 18 milioni di budget e più di 80 dipendenti ha bisogno di progettualità, non si può improvvisare. E tante regioni in effetti chiedono un’impostazione più manageriale, che con la mia esperienza lavorativa potrei portare. Dopo 4 anni al Comitato regionale, che è una succursale dell’ente centrale, conosco la materia.

Problema juniores, come la vedi?

In Val Seriana c’è la Cene, che faceva gli allievi. Finché gli è arrivato Davide Persico, fratello della Silvia che corre alla Valcar, che ha vinto il campionato lombardo. Subito gli squadroni sono arrivati per portarlo via. Invece quelli della Cene gli hanno proposto di restare, perché avrebbero trovato gli sponsor e fatto la squadra juniores. Lui ha accettato e gli altri 7-8 compagni hanno avuto squadra per l’anno dopo. A Brescia invece c’è la Ronco, in cui correva Guido Bontempi. Stessa storia, ma il corridore, che si chiama Trainini ed è appena passato dalla Colpack alla Bardiani, ha accettato di andare via. La squadra non è salita fra gli juniores e per i suoi compagni è stato un bel problema.

Gare Bmx (foto Fci)
La Bmx può essere il miglior accesso al ciclismo per i bambini (foto Fci)
Gare Bmx (foto Fci)
La Bmx, ottimo modo per iniziare (foto Fci)
Due esempi perfetti.

Mi piace parlare per casi concreti. Bisogna trovare un limite, un monte punti, per regolare gli equilibri fra squadre. Quelle di paese hanno bisogno di essere valorizzate. Non sono professionisti, che lavorano per la vittoria. Parlo di una categoria che ho seguito in questi anni.

Rivendichi molto la tua presenza sul campo.

Ero a Fiorenzuola per gli europei su pista e anche a Monte Tamaro a quelli della Mtb. Non vado a stringere mani o fare passerella, sto in mezzo. E dico che ci sono tutti gli ingredienti per fare bene.

Cosa dici del fuoristrada?

Sono un grande sostenitore della Bmx per giovanissimi. Ti consente di divertirti sulle cunette, i salti e le paraboliche. Ti vestono da motocross. Impari a guidare e quando ne esci, puoi fare tutto quello che vuoi perché hai tecnica, occhio ed esplosività. Ma servono impianti, come a Londra. Bisogna parlare con i Comuni…

Serve una svolta?

Bisogna vedere il ciclismo in chiave moderna. Ho parlato con il sindaco di Montichiari. Non è possibile che il velodromo sia abbandonato là in mezzo senza attività commerciali che lo circondino.

Dino Salvoldi, Cordiano Dagnoni, Marta Bastianelli
Ai campionati italiani delle donne elite, ha parlato con le atlete. Qui con Marta Bastianelli
Dino Salvoldi, Cordiano Dagnoni, Marta Bastianelli
Ai tricolori donne, confronto con Bastianelli
Dalla Lombardia che percezione si ha del Sud?

C’è spazio, lo vediamo tra i pro’ quante vittorie sono venute da ragazzi siciliani, no? L’Italia è lunga, ci sono differenze climatiche, perché non immaginare un’attività che ne tenga conto? Bisogna potenziare i territori. Creare sinergie e contatti fra le società.

Quando deciderai se candidarti davvero?

Finora ho avuto tanti stimoli dall’esterno, se deciderò accetterò i loro inviti ed entreremo nel vivo. Ho il vantaggio che non devo inventarmi qualcosa come chi non è stato nell’ambiente. C’è bisogno di confronto e coinvolgimento, si devono incontrare le persone.

E Di Rocco cosa fa?

Dice che aspetterà le assemblee regionali per decidere se candidarsi. Potrebbe sostenere la Isetti, oppure potrebbe dare una mano a me. Diciamo che io finora ho pilotato un Peiper, se andassi a Roma dovrei pilotare un Jumbo. I comandi sono gli stessi, ma i carichi no. E se avessi accanto quello che l’ha pilotato finora, sarebbe un bel vantaggio. Ma adesso vediamo cosa succede in Lombardia. Non c’è ancora niente di deciso, voglio prima sentire i miei elettori.

Silvio Martinello, Giro d'Italia

Martinello si candida. Ecco cosa farà…

03.11.2020
6 min
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Silvio Martinello si è candidato alla presidenza della Federazione e sfiderà Renato Di Rocco. Cinque mondiali e un’Olimpiade su pista, 57 anni, pro’ dal 1986 al 2000. I dati dicono che l’attività di base si va spostando verso il fuoristrada, che i Comitati regionali del Sud sono in sofferenza, che gli juniores sono un fronte nevralgico, che i giudici di gara brontolano e che il professionismo ha le sue gatte da pelare. Questi i macro temi, ma se vuoi candidarti devi approfondirli. Martinello ha seguito il Giro d’Italia per Radio Uno e il viaggio gli è servito per toccare con mano.

«Ho deciso di candidarmi – spiega – quando mi sono reso conto metaforicamente che il ciclismo italiano ha toccato il fondo del barile. Non tanto ai livelli più alti, quanto per il movimento giovanile. Le società soffrono. I tesseramenti calano. Tanti smettono perché non trovano squadra. Bisognerebbe incentivare le società a impegnarsi su tutta la filiera, fino agli juniores. Altrimenti gli squadroni più ricchi fanno incetta di talenti, le squadrette di paese perdono motivazione e chiudono. Questa volta ho percepito una vera voglia di cambiamento da parte di realtà meno conosciute e lasciate da sole. La mia candidatura nasce da qui».

Fernando Gaviria, Giro d'Italia, Monreale, Sud, Sicilia,, 2020
Il ciclismo a Sud è molto sentito, ma l’attività di base è rarefatta
Fernando Gaviria, Giro d'Italia, Monreale, Sud, Sicilia,, 2020
Il ciclismo al Sud piace, ma l’attività di base è rarefatta
Racconta…

Sono portabandiera di un movimento, non di una corrente autoritaria. Veniamo da un periodo in cui tutto è lasciato alle decisioni di un solo uomo. Per Di Rocco ho grande rispetto e penso che in Italia non ci siano dirigenti sportivi con un profilo come il suo, ma di fronte alle problematiche vastissime del ciclismo, un uomo da solo non basta. Servono inclusione, collegialità, la voglia di fare squadra. 

Questo ora non accade?

Si è lavorato per anni fino a raggiungere la quasi assenza di discussione nel Consiglio federale, che oggi si limita a ratificare le decisioni del presidente.

Fosti uno degli artefici della prima elezione di Di Rocco.

Ho riletto recentemente i 22 mesi del mio incarico in Federazione e il percorso che mi portò a rivestirlo. Ora mi sono chiare alcune dinamiche che allora non vedevo. Ragionavo con la testa da atleta e affrontavo i problemi in modo diretto.

Dov’era l’errore?

Avevo un rapporto diretto con il presidente e per questo mi capitava di scavalcare i membri di un Consiglio federale che aveva delle qualità. Non mi resi conto che la corsia privilegiata dava fastidio e Di Rocco, volutamente o no, non mi ha avvertito né tutelato. Ero allo sbaraglio. E il bel progetto non si poté portare avanti.

Si può fare oggi?

La situazione è matura, per la spinta che avverto e per la necessità di dare una nuova visione alla base che forse è ferma su vecchie logiche. Percepisco molta depressione e la speranza di arrivare a una nuova dimensione. E’ una candidatura che nasce dal basso e ne sono orgoglioso.

Bambini, Bormio, scuola MTB
L’attività giovanile si sta spostando verso il fuoristrada (foto Bormio MTB)
Bambini, Bormio, scuola MTB
L’attività giovanile va verso l’offroad (foto Bormio MTB)
Si deve buttare tutto giù?

Solo quello che non funziona. Amo circondarmi di persone che portino un valore aggiunto. Vorrei una Fci capace di discutere al suo interno e poi adottare una posizione condivisa. I problemi complessi richiedono soluzioni diverse. Se si ragiona in tanti, cala anche il margine di errore.

Come sta l’Italia?

Conoscevo meglio i Comitati regionali del Centro e del Nord, ho approfittato del Giro per entrare in contatto con quelli del Sud e fissare appuntamenti successivi. Bisognerà lavorare nel rispetto delle società, aiutandole a fare scelte lungimiranti. E’ fondamentale ridare dignità ai territori.

Che cosa significa?

I Comitati regionali sono il braccio della struttura centrale. Bisogna investire, aiutare e sostenerli verificandone il lavoro. Alcuni Comitati del Sud sono stati chiusi. Dove questo è stato fatto, la poca attività che c’era è finita.

Cosa avresti fatto?

Se qualcosa non va, devi guardarci dentro. I Comitati del Sud sono realtà che costano poco, sostenerli non è impossibile. Se invece li chiudi e nomini un delegato, che magari dirige il Comitato confinante, quello non solo non se ne occupa, ma magari gli fa gioco non farlo.

Ripartire dalla base?

Per ricostruirla. Ogni categoria ha le sue criticità. Il professionismo è gestito a livello internazionale, ma credo che una voce italiana in seno all’Uci sarebbe utile averla. Di Rocco è da anni vicepresidente dell’Uci, ma pare che le nostre esigenze non siano tenute in conto.

Giudici di gara Fci
La categoria dei giudici di gara reclama più meritocrazia (foto Fci)
Giudici di gara Fci
I giudici di gara reclamano meritocrazia (foto Fci)
E Cassani?

Cassani è una risorsa, un uomo molto preparato e competente. La sua esposizione a volte è eccessiva e tanta voglia di darsi da fare a volte può sembrare inopportuna. Ma lo conosco bene e secondo me dietro ogni cosa che fa, c’è la voglia di aiutare il ciclismo. Ne abbiamo parlato. Si dovranno fare delle scelte che possano giovare anche a lui. Avere un binario non è necessariamente un limite, a volte può servire per razionalizzare. Tutti gli ex corridori sono risorse…

Modello francese?

Uomini e donne da coinvolgere nella promozione. Ogni territorio ha il suo ex professionista e credo che nessuno si tirerebbe indietro se si trattasse di andare a parlare nelle scuole. I ragazzi occorre affascinarli e fa piacere a tutti poter raccontare i propri aneddoti. Tutti abbiamo avuto il momento in cui è scattata la scintilla.

Anche Cipollini è una risorsa?

A un certo punto è scattata l’equazione, ma era sbagliata. Mario non ha fatto i suoi interventi guidato da me. Non nascondo che ci siamo parlati e incontrati in ufficio da Zecchetto, il suo sponsor. Gli ho detto che sparare a zero non giova alla sua immagine e al ciclismo. Non ha detto cose prive di significato, però le ha dette male e ha perso credibilità. Anche lui è una risorsa. Magari non per un incarico, ma per la promozione.

AS Roma Ciclismo 2020 juniores
Juniores nel Centro Sud, le difficoltà aumentano
AS Roma Ciclismo 2020 juniores
Juniores nel Centro Sud, ci sono difficoltà
Cosa pensi dell’attività amatoriale?

Benvengano, pur sapendo che la ragione sociale della Federazione è la promozione dello sport a livello giovanile. Gli amatori devono essere aiutati a rientrare nella loro casa e devono avere un ruolo. E con gli altri Enti bisogna parlare.

Ti stimola questa politica?

Mi incuriosisce. Vorrei circondarmi di persone che mi aiutino a non commettere errori. Chi fa da solo emargina, io voglio includere per il bene del movimento. Vogliamo conoscere le criticità del territorio per comporre un quadro definitivo. Poi sarà il momento di ragionare sulla squadra.

Come sarà composta?

Lavorerò per comporla in sede assembleare, per le varie commissioni. Gli organi di giustizia, quelli di controllo amministrativo che negli anni hanno avuto alti e bassi. Terremo in considerazione gli equilibri fra i territori. Il criterio principale di selezione sarà la competenza. Ho già rifiutato offerte che in cambio avrebbero portato consensi, ma credo che a questo punto ciò che più conta sia la coerenza.

L’Assemblea ragiona per temi o si muove per convenienze?

Bella domanda. Mi auguro che ci sia da parte dei partecipanti la verifica del movimento e delle sue esigenze. Per questo sto insistendo anche con altri settori.

Quali?

Gli amici del fuoristrada, che rappresentano il 50 per cento del movimento e non partecipano abbastanza alla vita federale. Se si impegnano e fanno la loro parte, possono dare la svolta e ottenerne vantaggi. Spero, dal grande impegno che noto, che tanto fermento non si riveli una grande illusione.

Renato Di Rocco, David Lappartient, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

E Di Rocco, cosa fa: si candida oppure no?

02.11.2020
4 min
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Di Rocco è il padrone di casa e come tale parla. E’ presidente della Federazione dal 2005 e in precedenza ne era stato per 17 anni Segretario generale: nessuno meglio di lui ne conosce i meccanismi. E visto che a metà febbraio si dovranno rieleggere i vertici federali, due parole con lui serviranno a introdurre il discorso. A contendergli il primato saranno Silvio Martinello, che lo ha annunciato, mentre si muovono ancora sotto traccia le candidature di Cordiano Dagnoni, attuale presidente del Comitato lombardo, e Daniela Isetti, Vicepresidente Vicario e guida del Centro Studi. Di Rocco dovrebbe passare al primo turno con il 55 per cento dei voti, se non riesce ma supera il 50% può partecipare al secondo turno, se resta sotto al 50% invece è fuori. Bisognerà capire pertanto se la frammentazione sarà per lui un vantaggio o una condanna. Tuttavia quel che resta dopo averci parlato è la sensazione che, malgrado gli ostacoli di percorso che potrà incontrare, abbia in mano il timone più saldamente di quanto si pensi.

Partenza da Alba, Giro d'Italia 2020
Partenza da Alba, il Giro d’Italia ha garantito sicurezza agli atleti
Partenza da Alba, Giro d'Italia 2020
Il Giro ad Alba, giusto distanziamento

Ministro contro

Renato è saggio e anche furbo. Per cui dal tema elezioni si tiene alla larga, volendo prima lasciar scoprire i suoi avversari. La prima insidia, apparentemente sventata, era la riforma con la quale il Ministro dello Sport Spadafora voleva limitare i mandati.

«Ma credo che oramai non passi più – dice Di Rocco – anche perché gli altri sono stati quasi tutti rieletti. Quello che mi preme dire adesso è che l’anno si chiude con un bilancio insperato e con riconoscimenti importanti per la Fci. A cominciare da quello di Bach, presidente del Cio, che già due volte ha indicato il modello dei mondiali di Imola 2020 come una linea da seguire. Siamo stati noi del ciclismo a ripartire dopo il lockdown, senza i tanti proclami di federazioni più ricche».

Tutti lo salutano

Tutto quello che è successo di buono nel ciclismo italiano va ascritto alla sua gestione e alle capacità di Davide Cassani. Niente da dire. Il tema delle elezioni è presente nei ragionamenti, ma viene saggiamente gestito.

«Il Coni – dice – ha stabilito pochi giorni fa che le assemblee elettive si faranno in presenza, per cui a breve si inizierà con quelle provinciali e poi a salire con le regionali. Si va alle elezioni con grande preoccupazione, perché adesso il primo obiettivo dovrebbe essere fare le gare e confermare le affiliazioni. Quanto a me, dovevo fermarmi già quattro anni fa, ma c’era del lavoro da completare che ci sta portando sul podio delle discipline olimpiche. Non sono un uomo solo al comando, nel Consiglio federale ci sono profili importanti a tutti i livelli. Chi dice il contrario non conosce bene la realtà del ciclismo. Tutti hanno avuto deleghe che hanno esplicitato con grande competenza. E poi finché vado alle corse e vengono a salutarmi, vuol dire che tanti nemici in giro non ne ho».

Giulio Ciccone, Giro d'Italia 2020
L’assenza di Ciccone ha indebolito la presenza italiana ai vertici della corsa rosa
Giulio Ciccone, Giro d'Italia 2020
L’assenza di Ciccone è pesata molto

Candidato o no?

Il dirigente e il suo spessore non si discutono, così come non si può nascondere il fatto che davanti a un governo così forte il salutare dipenda dall’educazione, ma anche dall’opportunità di mantenere buoni rapporti.

«Può darsi – sorride – ma proseguendo… devo ancora pensare se candidarmi o meno. Preferisco per ora un basso profilo e riconoscere che in questa situazione siamo stati bravi anche ad anticipare le situazioni. A maggio in tutta fretta trasformammo le gare regionali in nazionali e quando subito dopo il Dpcm stabilì che si potessero fare le gare da nazionali in poi, eravamo a posto. Qualcosa l’avevamo capita. Qualche corsa è saltata, altre si sono fatte. Eppure per i tamponi e il resto abbiamo sostenuto costi importanti. E anche il Giro d’Italia ha dimostrato che il protocollo italiano è vincente».

Silenzio sul Sud

II Sud sta male, anche nel ciclismo. Su questo c’è poco da dipingere, ma Di Rocco inquadra il discorso da un’altra ottica.

«In rapporto ai numeri – dice – è vero. Ma una volta, tanti anni fa, era tutto più bello perché c’erano i contributi regionali. La Sicilia si sta riprendendo, non solo su strada. Ormai il 47 per cento dei nostri tesserati viene dal fuoristrada e tanti sono nella Bmx. Stiamo cercando di far crescere le società, con la sicurezza stradale come fronte più caldo. Verso i ciclisti si respira esasperazione, che ora se non altro condividiamo con i monopattini. Le bici vanno a ruba, non si sta dietro alle consegne».

Norme anti Covid, transenne alla partenza
Il ciclismo è ripartito con le giuste attenzioni

Ganna e Ciccone

Sul tema dei ciclismo giovanile in crisi, l’approccio è morbido e al momento giusto bisognerà riparlarne.

«Non si è esaltato abbastanza Ganna – dice – che ha vinto tre crono, una tappa di montagna e pochi giorni prima il mondiale e potrebbe vincere due ori olimpici. Ci è mancato Ciccone, che sarebbe stato una garanzia. Ci sono Ballerini e Battistella. Abbiamo 700 ragazzi, mentre all’estero ne hanno 70 e li gestiscono nei centri federali. Ci sono Paesi emergenti con scuole dello sport governative…».

Come era da noi ai tempi della Scuola dello Sport del Coni, che Di Rocco ben conosce essendo per giunta un Maestro dello Sport. Come prima chiacchierata va bene così. Sul farsi del tempo, inizieremo a tirare i fili giusti, capitolo dopo capitolo. Per ora ci godiamo le elezioni americane, gli sgoccioli della stagione su strada e l’avvio (speriamo) di quella invernale.

Elisa Longo Borghini, Het Nieuwsblad 2019

Se la Longo sorride, per le altre sono guai…

30.10.2020
4 min
Salva

Chi la incontra di tanto in tanto, si è stupito nel vedere che quest’anno Elisa Longo Borghini sia come sbocciata. La piemontese ha vissuto la ripresa con un sorriso nuovo e questa leggerezza le ha portato anche risultati eccellenti. Campionessa italiana a crono. Due tappe e terzo posto finale al Giro Rosa Iccrea. Seconda ai campionati europei, terza ai mondiali di Imola 2020. Perché ciò sia successo è quello che abbiamo cercato di scoprire con lei, alla vigilia dei campionati italiani per i quali è una delle favorite d’obbligo.

Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno Elisa ha già conquistato la maglia tricolore della cronometro
Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno già tricolore della crono
Quasi in vacanza?

Quasi. Dopo l’italiano ci sarebbe la Vuelta Espana, dal 6 all’8 novembre, ma per la situazione attuale mi chiedo se sia il caso di correrla.

Che stagione è stata?

Pazzesca, forse la parola giusta è balorda. Sono partita il 5 luglio per il ritiro al San Pellegrino e fino a settembre sono stata a casa a dir tanto 12 giorni. Uno stress fisico e mentale mai visto prima. Dal ritiro siamo andate in Navarra, poi alla Strade Bianche, quindi un ritiro a Isola 2000 e da lì il Giro dell’Emilia, gli europei, Plouay, Giro d’Italia e mondiali. Ste stai bene, vai liscia, se hai un intoppo butti via l’annata.

Secondo Giorgia Bronzini, il lockdown ti ha impedito di sfinirti in allenamento.

Credo in effetti di aver lavorato meno, ma non di aver lavorato poco. Con Paolo Slongo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta.

Ritiro di San Pellegrino con Nibali e compagni?

Ed è andata molto bene. Ero nello stesso agriturismo con altre due compagne, Ragot e Plitcha e il gruppo Giro degli uomini della Trek-Segafredo. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio.

Giro d’Italia: frustrante essere sempre dietro Van Vleuten e poi Van der Breggen?

Non provo fastidio, semmai mi dispiace per la seconda tappa, dove per il caldo torrido ho perso qualche minuto di troppo. Da un lato la classifica è andata, dall’altro senza quel blackout non mi sarei divertita tanto nel resto della corsa.

Traduci, per favore?

Ho perso tanto tempo e ci è successo quello che al Giro degli uomini è capitato alla Ineos-Grenadiers dopo aver perso Thomas. Ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette che avremmo puntato alle tappe. E’ iniziato per noi un Giro divertente, magari un po’ meno per le ragazze che hanno dovuto tirare. Non tutti i mali vengono per nuocere, ma intanto abbiamo vinto tre tappe con la musica a tutto volume e tante risate.

Può essere la chiave per affrontare le prossime corse importanti?

Di sicuro un po’ di leggerezza non guasta, anche se essere sempre controllati tende a disperderla.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei e poi terza ai mondiali di Imola
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei
Davvero al mondiale non avresti potuto seguire Van der Breggen quando è partita?

Sono stata colta di sorpresa. Non avevo considerato Anna, perché avevo testa solo per Annemiek Van Vleuten, che mi ha mandato fuorigiri e poi ha bloccato la corsa. A quel punto ho aspettato la squadra, ma era già tutto scritto.

In che posizione collochi questa stagione?

Al netto del marasma generale, è strano, ma la metto in pole position. Non ci credo neanche io, per come si era messa. Ero serena, lo sono ancora. Amo correre, penso di essere fatta per correre. Essere stata per tanto tempo sui rulli, sia pure per una buonissima causa, mi ha fatto capire quanto io ami andare in bicicletta. Volevo correre e forse la paura di perdere ciò che più amo mi ha fatto cambiare anche stato d’animo.

Bello anche il tuo piglio al mondiale nel rispondere a Van Vleuten, secondo cui le olandesi vanno più forte perché sono più libere di scegliere il loro sport.

Semplicemente non la trovavo una ricostruzione congrua con la realtà. Loro hanno un maggior bacino di utenza, per cui vengono fuori più ragazze di talento. Non è un fatto di emancipazione e forse non era nemmeno quello che intendeva.

Che inverno sta per cominciare?

Metterei la firma ora per un buon periodo di preparazione e una stagione come l’ultima. Di sicuro mi allenerò il giusto e lo farò con leggerezza.

Come arrivi al campionato italiano?

Bene, con la testa leggera. Il tricolore è sempre una corsa particolare e so benissimo che mi guarderanno. Vado forte, forse c’è anche il terreno per fare selezione. Andrò a farci prima qualche giro per capire.

Cosa ti è parso del Giro di Ganna?

Del Giro e della sua stagione. La nostra provincia del Vco è tornata dai mondiali con due medaglie ed è stato bello seguire Pippo al Giro. Come ho già detto a Imola, siamo simili. Entrambi nati nella stessa terra, entrambi figli di sportivi, entrambi legatissimi alla famiglia. Lui ha vinto tanto, ma resta sempre uguale. E quando lo senti parlare in inglese, capisci che è di Vignone. Ed è bello anche questo…