Campionati europei pista 2025, Zolder, Vittoria Guazzini

Guazzini sull’asse tra la fatica di rialzarsi e la gioia di vincere

01.11.2025
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Non c’è niente di facile, diceva ieri Martina Alzini. Per questo quando il timbro di voce già fiacco di Vittoria Guazzini si abbassa ancora e diventa un sussurro, capiamo quanto sia duro arrivare a certi risultati e come il sorriso dopo un oro mascheri bene tutto, ma non cancelli nulla. Si parlava di Marta Cavalli e di come il continuo ripartire dagli incidenti le abbia tolto la voglia di andare avanti e di colpo anche la toscana ammette di essersi ritrovata a fare i conti con sensazioni simili. Lei che negli ultimi tre anni è sempre incappata in qualche caduta, ma mai come quella dello scorso campionato italiano.

«Diciamo che questa volta – dice – proprio non me l’aspettavo. Non avevo contemplato la possibilità di cadere, anche se effettivamente nel ciclismo può capitare in ogni momento. Però sarà che fino a quel momento la stagione non era andata benissimo, nel ritiro che avevamo fatto mi ero impegnata tantissimo con il focus sull’estate ed era andato tutto bene. Due giorni prima dell’italiano su strada, ero andata forte nella crono, per cui ero motivata. Poi è andata così e diciamo che non è stato semplice. All’inizio non volevo saperne di ributtarmi in bici, così mi sono messa sui rulli e pensavo a questa benedetta crono dell’europeo. Forse ci ho pensato anche troppo, tanto che quando sono arrivata lì effettivamente non ne avevo più. Non è semplice da gestire ogni volta che devi ripartire. Mi è successo tante volte, ma questa è stata dura».

In Cile come alle Olimpiadi

Niente vacanze per Guazzini, che però essendo una ragazza di spirito dice che non si può mai sapere cosa farà di qui a pochi giorni. Magari uscirà per andare a prendere un caffè e non la vedranno più per due settimane. E poi il discorso va avanti, partendo proprio dai mondiali su pista del Cile, che hanno permesso anche a lei di risollevarsi dalla caduta e dare un senso in extremis alla stagione.

«Tenevamo tanto a questo mondiale – dice – anche se non dava punti per la qualifica olimpica, che partirà dal mondiale del prossimo anno. Ma la pista è una cosa che ci piace e la facciamo volentieri, così abbiamo trovato anche qualche motivazione in più per provare a riscattare la stagione. Ognuna avrà avuto le sue motivazioni, credo, ma la cosa importante è che nessuna si sia tirata indietro e siamo andate lì come se fossimo, fra virgolette, all’Olimpiade. Con lo spirito e l’impegno giusto».

Guazzini è caduta il 28 giugno ai campionati italiani di Darfo Boario Terme ed è tornata in gara il 12 agosto al Polonia
Guazzini è caduta il 28 giugno ai campionati italiani di Darfo Boario Terme ed è tornata in gara il 12 agosto al Polonia
Guazzini è caduta il 28 giugno ai campionati italiani di Darfo Boario Terme ed è tornata in gara il 12 agosto al Polonia
Guazzini è caduta il 28 giugno ai campionati italiani di Darfo Boario Terme ed è tornata in gara il 12 agosto al Polonia
Fra gli uomini, tutti i più forti della pista si sono dedicati alla strada, voi avete fatto gli europei a inizio anno e li avete vinti e alla fine avete vinto i mondiali. E in Cile hai preso anche il bronzo nella madison…

Dipende dai calendari e come ci si mette d’accordo con la squadra all’inizio dell’anno. Penso che per noi sia dipeso dalla nostra volontà di andare. Sin dall’inizio abbiamo sempre detto che avremmo finito la stagione in Cile e così è stato. L’inseguimento a squadre e la madison sono le due discipline che mi piacciono di più. Quando siamo a Montichiari, i lavori che facciamo sono incentrati sul quartetto. L’oro di Parigi nella madison è stato una sorpresa fino a un certo punto, ma quell’emozione è stata fuori da ogni logica, non saprei neanche quali parole usare per esprimerlo. Detto questo, per me valgono allo stesso modo. Il quartetto è una botta di adrenalina, quattro minuti in cui si concentra tutto e poi tiri su la testa per vedere il tabellone. L’altro giorno hanno fatto due spari veramente molto ravvicinati. E quando ho alzato la testa e ho visto che davanti c’eravamo noi, è stata veramente una liberazione.

Quanto ti pesa essere caduta così spesso negli ultimi tre anni?

Per quanto riguarda la caduta all’italiano, da una parte mi dispiace, dall’altra bisogna pensare che mi è andata bene, quindi cerco di prendere il positivo. Ero in forma, avevo fatto un bel ritiro in altura con la squadra per preparare il Giro e il Tour e poi è stato difficile ritrovare la concentrazione per ricominciare. Forse proprio il fatto di avere questi mondiali a fine anno mi ha dato una mano. Ho detto: «Io lì ci voglio essere e voglio anche far bene per me e per i miei compagni». L’anno prima avevo fatto un anno senza cadute importanti e ho vinto le Olimpiadi. Quindi se proprio c’era da cadere e farsi male, meglio che sia capitato quest’anno (ride, ndr) e non nel 2024.

Il 9 agosto 2024, Vittoria Guazzini e Chiara Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison a Parigi
Il 9 agosto 2024, Vittoria Guazzini e Chiara Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison a Parigi
Come hai detto tu per prima, adesso ci vorrebbe un oro nella crono, anche se organizzano percorsi da scalatori…

Dopo il quartetto ho detto che la pista è la mia passione, però mi piacerebbe fare un salto di qualità anche su strada. Sicuramente devo continuare a lavorarci e a prenderlo come un obiettivo, però è anche difficile avere come obiettivo un mondiale, se il percorso è proibitivo. Il mondiale in Rwanda non è mai stato un obiettivo a prescindere dalla caduta, perché era obiettivamente troppo duro per le mie caratteristiche. Non l’ho mai visto come uno stimolo. Quello degli europei invece era un buon percorso ma, come dicevo, dopo la caduta c’è stato un periodo di alti e bassi ed è andata come è andata (Guazzini è stata 12ª nella crono e ha fatto la sua parte per l’argento degli azzurri nel team relay, ndr). Sono contenta almeno di essermi rimessa in sesto per finire bene in pista.

Com’è il clima nel quartetto? E’ entrata Venturelli, altre ragazze come Balsamo si sono dedicate più che altro alla strada…

E’ comprensibile che se qualcuno voleva dedicarsi maggiormente alla strada, lo abbia fatto quest’anno: nessuno ha mai giudicato queste scelte, che spesso dipendono anche dalle squadre. Io personalmente non ho voluto mollare la pista, perché mi fa bene anche mentalmente per staccare un po’. Nel quartetto bene o male siamo sempre quelle, abbiamo visto che spinta ha dato l’ingresso di Venturelli, quindi che sia la benvenuta (ride ancora, ndr). Come le porte sono sempre aperte se qualcun’altra volesse tornare.

La partecipazione di Guazzini agli europei è stata opaca nella crono, più incisiva nel team relay
La partecipazione di Guazzini agli europei è stata opaca nella crono, più incisiva nel team relay con l’argento azzurro
La partecipazione di Guazzini agli europei è stata opaca nella crono, più incisiva nel team relay
La partecipazione di Guazzini agli europei è stata opaca nella crono, più incisiva nel team relay con l’argento azzurro
La pista ti fa bene per la testa oppure ti dà anche dei vantaggi su strada?

Siamo state abituate a fare determinati lavori in pista, che magari su strada non facciamo. Nessuna di noi deve vincere sul Mont Ventoux, quindi ci sta che le ragazze più veloci abbiano dei giovamenti su strada dai lavori di forza o di cambio di ritmo che possono fare in pista. Anche a me torna utile per le cronometro quando faccio dei lavori dietro moto insieme a Villa o Bragato. Non è che quando andiamo in pista, facciamo solo i quattro chilometri. C’è anche tanta collaborazione fra i tecnici, che ascoltano le nostre esigenze.

Hai parlato del Ventoux, che il prossimo anno sarà la cima che deciderà il Tour. Conti di esserci?

Il Tour è su un altro livello, senza nulla togliere alle altre gare. Ha una rilevanza mediatica che non è paragonabile. So che per la mia squadra è il grande obiettivo della stagione e ci sono le atlete per andare e far bene. Se dovessi rientrare nei piani, cercherò di farmi trovare pronta, come avrei fatto quest’anno perché sinceramente prima di cadere stavo andando veramente forte. Se così non dovesse essere, andrò dove mi manderanno e sarò ugualmente motivata.

Le Samyn poi Montichiari: Guazzini va veloce

29.02.2024
6 min
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Martedì Belgio per correre (e vincere) Le Samyn des Dames. Mercoledì mattina casa, a San Marino, per sbrigare le mille cose di quando rientri e poi subito riparti. Mercoledì pomeriggio autostrada, per andare a Montichiari. Oggi e domani pista, con la testa alle Olimpiadi e poi di nuovo l’autostrada verso casa. Prossima corsa il 10 marzo, la Miron Ronde Van Drenthe. Questa l’agenda più immediata di Vittoria Guazzini, che due giorni fa a Dour, nella regione vallone dell’Hainaut, ha centrato la prima vittoria in linea da quando è elite. In più lo ha fatto su strade in pavé scivolose, che certamente nella sua testa hanno riacceso più di qualche allarme, visti gli incidenti delle ultime stagioni sulle strade della Roubaix.

«Cosa è scattato quel mattino nella testa di Vittoria? Quando mi sono svegliata – sorride – ho visto la storia che avevano pubblicato sulla pagina della gara e ho detto: ma dove andiamo? Poi per fortuna è migliorata. E’ giusto prendere la situazione di petto e alla fine è andata bene. Comunque il pavé l’ho fatto sempre con calma e la cautela necessaria nelle curve in cui era messo peggio. Non volevo prendere rischi. Un po’ sarà l’esperienza, ma anche che botta dopo botta, c’è sempre meno voglia di prenderne altre. E’ vero che succede di cadere, però non ho voluto prendere rischi inutili».

La corsa stregata

La Samyn des Dames, molto in breve, si corre dal 2012 e in 12 anni era stata vinta da un’altra italiana solamente: Marta Bastianelli, lo scorso anno. Per il resto e per qualche insolita maledizione, le italiane hanno sempre girato attorno al podio, sin da quando nella prima edizione il secondo posto se lo prese Noemi Cantele. Anche Guazzini c’era già andata vicina, con il terzo posto nelle due edizioni precedenti e questo un po’ iniziava a starle sullo stomaco.

Per questo quando ha messo nel mirino la prima fuga, portando con sé altre due cacciatrici, l’idea era proprio quella di prenderle e lasciarle lì senza aspettare la volata, con il timore che da dietro la DSM-Firmenich arrivasse a tutta birra per la volata di Charlotte Kool.

«E così non è andata – racconta – nel senso che non sono arrivate e io sono riuscita a vincere la prima gara in linea. Non lo so perché non ci sia riuscita prima, forse perché mi impanicavo un po’ nel finale. Ho fatto qualche piazzamento a destra e sinistra, però ne combinavo sempre una. Invece martedì ho detto a me stessa: sarà meglio se questa volta faccio le cose per bene!».

Sul podio di Le Samyn, con Vittoria Guazzini salgono Anniina Ahtosalo (Fin, Uno-X) e Christina Schweinberger (Aut, Fenix)
Sul podio di Le Samyn, con Vittoria Guazzini salgono Anniina Ahtosalo (Fin, Uno-X) e Christina Schweinberger (Aut, Fenix)

Tra la fuga e la Kool

Quando ci sei dentro, la corsa non è semplice come guardarla con il telecomando in mano, che se non capisci mandi indietro e poi la riguardi. Forse è quello che dovrebbero capire quei coach convinti che non serva allenare la mente e l’istinto, ma bastino i dati raccolti alla fine dei test. Quando ci sei dentro devi ragionare alla svelta e prendere la decisione giusta.

«Nel penultimo giro, prima di andar via sul pavé – racconta Guazzini – avevo provato a dare qualche accelerata, più che altro per riavvicinarci un po’ alla fuga. Il vantaggio era bello ampio e insieme volevo provare a stancare un po’ anche le compagne della Kool, perché se c’è una squadra che controlla poi è difficile andare via e per me non aveva senso aspettare la volata. Perciò siamo partite in tre, anche se Wilma Aintila della Lotto-Dstny è caduta quasi subito sul pavé e sono rimasta con Christina Schweinberger. Più che altro il mio pensiero era che non rientrassero da dietro, mentre il vantaggio di quelle davanti calava, quindi l’obiettivo era riprendere le fuggitive e sperare che dietro restassero lontane, come poi è andata».

A Montichari fra una corsa e l’altra, girando dietro la moto guidata questa volta da Ivan Quaranta
A Montichari fra una corsa e l’altra, girando dietro la moto guidata questa volta da Ivan Quaranta

Obiettivo Parigi

Il tempo di godersela è durato per tutto il viaggio di ritorno e l’arrivo a casa, poi è arrivato il momento di voltare la pagina e puntare il fuoco sulla pista e il grande obiettivo olimpico. Tutti gli azzurri, Ganna in testa, sanno che il 2024 potrebbe essere un anno molto importante per la storia personale e per le loro carriere e Vittoria non si discosta.

«Nella mia testa – spiega Guazzini – l’obiettivo principale è Parigi, in particolar modo la pista. E’ da tanto che ci giriamo intorno. Ora dobbiamo cercare di fare il massimo, però prima volevo anche essere in forma in questo periodo per le classiche. Senza puntare a qualcosa in particolare, ma convinta che se ho una buona condizione, qualche cosa arriva.

«E poi c’è anche la crono, che non è affatto marginale e ce l’ho sempre in testa. Mi piace, come può piacere una specialità in cui sei sempre al limite, però anche ieri mattina sono uscita con la bici da crono e cerco di dedicarle più tempo possibile. Spero in un futuro non troppo lontano di potermi togliere delle belle soddisfazioni, anche perché il percorso di Parigi mi piace. A differenza di Tokyo, il prossimo sarà un percorso per specialisti, non ci sono grandi asperità e quindi sicuramente c’è intorno un cerchietto rosso».

Dopo il passo falso di Glasgow, arriva l’oro agli ultimi europei. Da sinistra, Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
Dopo il passo falso di Glasgow, arriva l’oro agli ultimi europei. Da sinistra, Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini

Le montagne russe

Il ricordo di Tokyo è ancora fresco e da quei giorni il quartetto azzurro ha vissuto sulle montagne russe: con l’oro ai mondiali del 2022, il blackout di Glasgow e di nuovo l’oro agli ultimi europei. Eppure nella storia personale di Vittoria ci sono anche medaglie nella madison con Elisa Balsamo e chissà se bruci ancora essere stata sostituita agli ultimi Giochi da Letizia Paternoster.

«L’anno scorso – dice – le cose sono andate come sono andate. Non siamo state fortunate, però non possiamo sempre cercare scuse. Potevamo fare le cose diversamente, ma è stata un’esperienza utile. A volte le cose si capiscono meglio con le cattive, per cui la batosta ci ha dato una scossa. Agli europei abbiamo dimostrato di aver fatto un’inversione e ora siamo tutte motivate per l’obiettivo. Abbiamo la fortuna di essere amiche e questo aiuta per lavorare in armonia. E’ ovvio che ognuna di noi vorrebbe far parte del quartetto, ma siamo abbastanza mature per capire che il posto sarà di chi andrà più forte. Quindi fino a quel momento si faranno le cose insieme, perché è importante anche avere la sicurezza di un gruppo con cui si può lavorare bene.

«Quanto a me, ci sarebbe anche la madison. Parlo del quartetto, perché da quando siamo piccoline ci giriamo intorno, però la madison mi piace molto. A Tokyo stavo abbastanza bene e ci speravo. Però sono state fatte altre scelte e qualcuno comunque deve rimanere fuori. Non abbiamo la sfera di cristallo di sapere come sarebbero andate le cose se avessi corso, per cui accettai la scelta e punto».

La pista la richiama. Dopo Le Samyn, per la strada ci sarà tempo la prossima settimana e da lì si farà rotta sul Trofeo Binda. Una risata di spirito toscano e tanti saluti. La sensazione è che il bello debba ancore venire.

Cavalli, cosa c’è oltre la paura? «Accettazione e voglia di ripartire»

14.02.2024
6 min
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«Il primo giorno che mi dicono che posso riprendere la bicicletta – dice Marta Cavalli – prendo, vado e non mi fermo. Giusto per rabboccare acqua un paio di volte, tanto poi arrivo a Lourdes e posso berne tutta quella che voglio».

Una risata sommessa, quasi un ruggito. La sfortuna si è messa di mezzo ancora una volta e la campionessa di San Bassano ha dovuto fermarsi nuovamente. Una caduta di quelle che non ti aspetti, persino banale.

«Di certo non così rilevante – racconta la lombarda (in apertura immagine capucinepourre) – eravamo a fine allenamento. In una curva un po’ sporca e scivolosa, a poche centinaia di metri dall’appartamento che avevamo in affitto, sono andata giù sul fianco e ho sbattuto. Sono rimasta un po’ lì seduta, per capire veramente come stessi e valutare la situazione. Non stavo bene, avevo un po’ male, però sono risalita in bici. Ci siamo accorti che qualcosa non andava bene, perché non riuscivo a poggiare il piede a terra.

«Per il dolore, non riuscivo a rimanere col peso sulla gamba e allora mi hanno portato in ospedale. Dalle prime lastre non è apparso niente, infatti ho continuato ad andare in bici. Solo dopo cinque giorni che ancora non poggiavo il piede a terra, il dottore mi ha fermato e mi ha detto che era meglio fare degli accertamenti ulteriori. E alla fine hanno trovato questa microfrattura».

Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente
Con questa foto e un post su Instagram Marta Cavalli ha annunciato l’incidente

Il mondo che crolla

Non serve uno psicologo per riconoscere il rumore del mondo che ti crolla addosso. In questo giorno di ricorrenze tristissime, viene spontaneo ricordare l’incidente che poteva costare la carriera a Pantani e invece lo rilanciò più forte di prima. Ma lo ricordiamo bene il suo sconforto: passi dall’essere in tabella verso gli obiettivi che sogni da mesi a doverti fermare senza alcuna certezza. Se poi, come Marta due anni fa, su questo sentiero sei già passato, basta un cenno per riaccendere le paure mai del tutto sopite.

«Il peggior momento – ammette – è stato quando mi hanno detto che c’era una microfrattura. Lì ho iniziato veramente a pensare che tutto il lavoro fatto durante l’inverno fosse andato in fumo. Non avevo nemmeno idea delle tempistiche e quindi mi si è attaccata addosso una visione negativa. Ho cominciato a pensare che sarei dovuta rimanere lontana dalla bici per tanto tempo. Pensavo addirittura che mi avrebbero messo a letto per mesi e ho pregato tutti i dottori che non mi dessero questa notizia. E quando infatti mi hanno detto che avrei potuto camminare, mi sono tolta un macigno di dosso. Col passare delle settimane l’ho accettato e adesso sto solo ricaricando la voglia di ripartire per ricostruire, in base a quando potrò riprendere. A quel punto vedrò quanto avrò perso e valuteremo il miglior piano.

«Ho riposto tante speranze in questa stagione. Quando l’anno scorso ho chiuso con la Crono delle Nazioni – riprende Cavalli – tirando la riga, non sono stata per niente soddisfatta. Ci sono stati degli acuti, dei momenti buoni in cui ho ottenuto risultati e mi sono tolta delle soddisfazioni, ma non erano le soddisfazioni che mi ero prefissata. Ci sono stati tanti alti e bassi, forse più bassi che alti, quindi vedo il 2024 come un vero banco di prova per capire se riuscirò a tornare al livello del 2022».

Arrabbiata e sconsolata

Ancora non c’è nulla di certo. Fra una decina di giorni ci sarà un altro esame e a quel punto, se la frattura sarà saldata, si potrà ricominciare a lavorarci sopra. In realtà, spiega Marta, avrebbe potuto già fare qualcosa, ma ha preferito non rischiare. 

«Finché ho avuto le stampelle – racconta – non ho voluto fare assolutamente niente, per evitare di rallentare il processo di guarigione, meglio restare a riposo. Non mi avevano imposto particolari divieti, in base al dolore avrei potuto camminare. Però ovviamente andare in giro con due stampelle era abbastanza impegnativo, quindi sono rimasta ferma. E adesso, grazie a un po’ di fisioterapia, la situazione è migliorata e il riposo ha fatto il resto. Quindi vediamo, stiamo andando giorno per giorno in base alle mie sensazioni.

«Ovviamente sarei dovuta andare a correre giovedì alla Volta Valenciana, diciamo che fino a tre settimane fa i programmi erano diversi. Invece abbiamo dovuto mettere tutto in pausa. E in quel momento il primo pensiero è stato: ecco, ci siamo di nuovo. Nei primi giorni ero veramente arrabbiata e sconsolata. Non riuscivo a capacitarmi. Avevamo appena fatto dei test ed erano abbastanza buoni, in linea col periodo e con il tempo che mancava alle prime gare importanti. E di colpo non c’era più niente».

L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)
L’11 gennaio Marta ha posato con la nuova divisa, il 5 febbraio la caduta in allenamento (foto FDj Suez)

L’esperienza del 2022

L’errore più grande in questi casi è farsi prendere dalla smania di bruciare le tappe, anche se serve un grande autocontrollo per tenere a bada l’indole del guerriero che in certi frangenti permette di vincere le corse e ora potrebbe ritorcersi contro.

«Se fosse per me – ride – io prenderei la bici e starei fuori dall’alba al tramonto, però so che non sarebbe la cosa giusta da fare. Non è rassegnazione, però prendere atto che la situazione è questa. Ed è quello che serve per tornare a pedalare al massimo tra qualche settimana. Quello che mi conforta è che se anche la primavera potrebbe essere compromessa, per obiettivi come il Giro d’Italia e il Tour de France ci sono ancora dei mesi. Perciò non resta che aspettare il momento di ripartire e farlo gradualmente. La squadra sa come vanno queste cose. Già con l’esperienza del 2022 hanno capito anche loro quanto sia importante rispettare le tempistiche e non aver fretta.

«Certo ho più fretta io di rimettermi in bici e di salvare il salvabile, loro sono assolutamente tranquilli. Diciamo ci sono grande sinergia e collaborazione tra i medici e il resto dello staff. Ormai è come una tela tessuta in modo molto fitto, quindi c’è un confronto quotidiano sulle mie sensazioni, sui consigli medici, sulle teorie migliori per riprendere l’allenamento, sulla fisioterapia. Sono in una botte di ferro e questo mi lascia tranquilla».

Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione
Anche l’ultimo inverno è stato per Marta Cavalli un momento di costruzione

MasterChef Marta

E così, in attesa dell’esame che le dia il via libera, si fa fatica a vederla sul divano a giocare con un telecomando o a perdersi dietro le schermate dei social. Infatti anche Marta oppone le mani, come a tenere lontano un certo modo di passare il tempo.

«Non sto assolutamente ferma su un divano – racconta e ride – passo il mio tempo in cucina. Pur stando attenta, non mi sto privando di tante cose. Già mentalmente non è così semplice gestire questa situazione. Se poi devo anche mettermi a dieta stretta, chiusa in casa, cucinando un sacco di cose buone senza poterle mangiare, allora non ho avuto un infortunio, ma ho firmato una condanna».

La voglia di scherzarci su fa capire che in qualche modo, al netto del giramento di scatole, l’incidente è stato metabolizzato quasi del tutto. Li vediamo imbattibili, pensiamo che lo siano davvero. Ma basta una crepetta nel bacino e nella sicurezza, per farli vacillare come giunchi al vento. Fra dieci giorni ne sapremo di più, per ora ci sta un abbraccio ideale e la promessa di risentirci presto. A volte farsi sotto senza dover commentare una vittoria è il modo di far capire che ci tieni davvero.

Marta Cavalli e l’Alpe d’Huez: ricognizione in gran segreto

02.11.2023
6 min
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L’effetto sorpresa ha funzionato alla grande. Così, quando ha sollevato lo sguardo sul megaschermo del Palazzo dei Congressi di Parigi, Marta Cavalli si è riconosciuta sull’Alpe d’Huez assieme a Evita Muzic. E a quel punto è stato chiaro che nel grande pentolone del Tour de France Femmes bollisse qualcosa di importante. La strada che da Bourg d’Oisans porta diritto nella storia sarà il teatro dell’ultima tappa. Si concluderà tutto lassù e chissà se a partire dal prossimo anno sui vari tornanti della celebre salita cominceranno a spuntare i nomi delle donne che avranno saputo conquistarla.

Marta in questi giorni è a casa, come già lo scorso anno ha scelto vacanze mordi e fuggi facendo base fra le mura domestiche.

«Ho deciso di non andare via – sorride – perché alla fine, tra una cosa e l’altra, preparo una valigia e ne sto ancora smontando un’altra. Così mi sono detta: rimaniamo qui, mi godo le vacanze a casa. Un paio di weekend in giro e a me alla fine piace anche così».

Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Come è venuta fuori la scalata dell’Alpe d’Huez? Da quanto sapevi che saresti andata a farla?

Non lo abbiamo saputo con troppo preavviso. Sono andata a fare la ricognizione il 13 ottobre e l’ho scoperto il 10. Mi hanno detto: «Guarda, invece di partire il 14 ottobre per la Crono delle Nazioni, parti il 12. Ti fermi, fai la ricognizione e poi raggiungi il team per l’ultima gara». Ce l’hanno svelato all’ultimo e anche da organizzare non è stato proprio semplicissimo. Il Frejus è ancora chiuso per i treni, così ho dovuto fare un viaggio della speranza. Però è stato bello, perché abbiamo avuto l’occasione di fare una ricognizione in più. E poi perché comunque i ragazzi di Aso ci sanno fare veramente, anche se ci hanno vietato di fare foto (le immagini dell’articolo sono state ricavate dal video social di ASO, ndr).

Sapevi che sarebbe stata l’ultima tappa del Tour?

No, non sapevamo che sarebbe stata l’ultima tappa. Sapevamo solo che al Tour de France ci sarebbe stata l’Alpe d’Huez, ma non ci avevano detto se sarebbe stata un arrivo o un passaggio e tantomeno a che punto della corsa l’avremmo trovata.

Era la prima volta che provavi l’Alpe?

Una prima assoluta. Non ho mai fatto grandi montagne, me ne mancano tante all’appello. Mi manca il Mortirolo, mi manca lo Zoncolan. Alla fine corriamo, facciamo ritiri e non è mai facile avere il tempo per andarle a vedere. Anche lo Stelvio non l’ho mai fatto, pur essendo anni e anni che vado a Livigno. Un obiettivo del futuro potrebbe essere quello di aggiungere alla lista più salite che posso.

Altrimenti quando dici che sei uno scalatore non ci crede nessuno…

Me ne mancano veramente tante (sorride, ndr). L’Alpe d’Huez l’avevo fatta qualche volta su Zwift durante il lockdown, quando l’hanno aggiunta sulla piattaforma. Solo che non è minimamente paragonabile. Quello che mi ha impressionato è l’inizio.

Subito cattiva?

Vedi il cartello e ti trovi 2 chilometri proprio duri, impegnativi, che non danno respiro. Mi immagino proprio che in gara, quando solitamente l’inizio delle salite si fa sempre molto forte, quel pezzo lì possa essere se non decisivo, di certo determinante nel mettere tanta fatica nelle gambe.

Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
L’hai scalata avendo ancora una buona condizione?

L’abbiamo fatta tranquillamente, perché partendo con le riprese non abbiamo spinto più di tanto, però comunque la condizione era buona. Un’idea me la sono fatta, diverso sarà capire come andrà in corsa e se ai piedi dell’Alpe arriveremo numerose oppure no. Se la corsa verrà molto dura, in quel punto probabilmente ci sarà già un piccolo gruppo, altrimenti nei primi 2 chilometri avere la squadra accanto sarà decisivo. E’ una salita che si fa rispettare, ma non credo che serviranno scelte tecniche particolari. Al massimo si può mettere un 36×34 giusto per sicurezza, però non è una salita estrema. Si arriva a punte del 15 per cento, ma con un 36×34 si va su pendenze fino al 18 per cento, quindi basterà.

Pensi che il Tour resterà aperto fin lì e ci si giocherà tutto quel giorno?

Non sono sicurissima. Anche la penultima tappa, con l’arrivo a Le Grand Bornand, è abbastanza impegnativa. Però c’è da dire che quest’anno il Tour si è impegnato veramente molto per fare un percorso molto duro. L’ultima tappa sono 3.900 metri di dislivello, non sono pochi. Considerati i 150 chilometri, saranno più di 5 ore.

Hai qualche ricordo di corridori sull’Alpe d’Huez?

In realtà ho ricordi recenti, ad esempio quando l’anno scorso ha vinto Pidcock. Altri non ne ho, perché quando ero piccola facevo fatica a localizzare le salite. In generale, ho sempre guardato il ciclismo, ma per guardarlo e non con la prospettiva di riconoscere le varie salite.

La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe
La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe

Sette tappe, quasi 1.000 km

Il Tour de France Femmes by Zwift 2024 partirà dall’Olanda. Il secondo giorno proporrà due frazioni: una in linea e una crono. Poi la corsa sfiderà le cotes della Liegi, quindi arriverà in Francia, con le ultime due tappe sulle Alpi. Un percorso impegnativo, con il finale di immensa suggestione sull’Alpe d’Huez.

TappaDataLocalitàChilometri
1ª tappa12/8Rotterdam-La Haye124
2ª tappa13/8Dordrecht-Rotterdam67
3ª tappa13/8Rotterdam-Rotterdam, cronometro individuale6,3
4ª tappa14/8Valkenburg-Liegi122
5ª tappa15/8Bastogne-Amneville150
6ª tappa16/8Remiremont-Morteau160
7ª tappa17/8Champagnole-Le Grand Bornand167
8ª tappa18/8Le Grand Bornand-L’Alpe d’Huez150
tot. 946,3
Come prosegue il tuo inverno? Quando si riparte?

Ho ancora una settimana piuttosto tranquilla, in cui farò soprattutto un po’ di uscite con gli amici. Poi si inizia pian piano fino al 9 dicembre, quando andremo in ritiro con la squadra per i classici 10 giorni in Spagna. Faremo come al solito la presentazione della squadra e poi sarà tempo di cominciare.

Come stai?

Sto bene. Non ho voluto mollare completamente, ho cercato di rimanere sempre piuttosto attiva. Non mi sentivo mentalmente e fisicamente così stanca e provata dalla stagione, come poteva essere negli anni corsi. Quindi ho cercato di godermi la bici con un’altra ottica. Fisicamente sto bene e non ho accusato particolarmente la stagione, forse perché essendo stata un po’ sottotono, non mi sono mai sentita realmente ai miei livelli. Questo mi ha aiutato, ho già la condizione alta per l’anno prossimo.

I sogni di Vigilia, tra WorldTour e… cinque cerchi

30.08.2023
5 min
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E’ un momento particolarmente effervescente per Alessia Vigilia. Tornata dai mondiali di Glasgow dov’è stata impegnata sia nel team relay che nella cronometro individuale, la giovane bolzanina con già in tasca il contratto biennale con la FDJ-Suez ha conquistato il Giro di Toscana, sua prima corsa a tappe, dimostrando che la sua crescita è esponenziale.

La vittoria sulle strade toscane è arrivata al termine di una tappa conclusiva tumultuosa, con la maglia di leader assegnatale dopo oltre un’ora di consultazioni e di riesame della volata finale. La lituana Rasa Leleivyte, riguardando più e più volte le immagini dello sprint, è stata retrocessa in fondo al gruppetto di fuggitive che si sono giocate il successo, perdendo così quell’abbuono che le sarebbe valso il sorpasso proprio ai danni della Vigilia. Un esito che, pur premiando l’altoatesina, le lascia un filo di amaro in bocca.

«Avrei voluto venire via dalla Toscana con una vittoria di tappa – racconta la portacolori della Top Girls Fassa Bortolo – ero partita con quell’intento, poi le cose sono andate diversamente ma porto a casa un successo importante che aggiunge qualcosa a una stagione già da incorniciare».

Con Tonetti, Bariani e Palazzi ha conquistato la maglia tricolore nel campionato italiano cronosquadre
Con Tonetti, Bariani e Palazzi ha conquistato la maglia tricolore nel campionato italiano cronosquadre
Qual è la tua versione di quel che è successo sul traguardo di Montecatini?

Quando abbiamo imboccato l’ultima curva io ero affiancata alla Leleivyte, lei però si è spostata e mi ha chiusa contro le transenne, ho anche preso i piedini di una di queste ma per fortuna sono rimasta in equilibrio. Non avevo possibilità di spostarmi, le immagini parlano chiaro e a mio favore.

E’ la tua prima vittoria in una corsa di più giorni. Stai diventando specialista?

Per certi versi sì, già a maggio al Bretagne Ladies Tour avevo chiuso sul podio. Lì ero stata avvantaggiata dal fatto che era una corsa la cui classifica era costruita soprattutto sulla crono del terzo giorno. In Toscana però i chilometri contro il tempo erano solo un paio nel prologo, quindi è una vittoria che da questo punto di vista dice di più. Significa che mi so difendere sempre meglio anche in altri contesti.

Che ciclista stai diventando?

Resto sempre una passista, ma mi sono riscoperta abbastanza veloce per giocare le mie carte in volate ristrette. In salita tengo abbastanza, quindi da questo punto di vista le corse a tappe, almeno quelle brevi si confanno a me.

Ai mondiali è giunta al 24° posto nella cronometro. Ora vuole fare meglio all’europeo
Ai mondiali è giunta al 24° posto nella cronometro. Ora vuole fare meglio all’europeo
Questo dal punto di vista tecnico. E caratterialmente?

Non sono cambiata, sono una che può tranquillamente mettersi a disposizione delle compagne e l’ho fatto tante volte. Non ho paura di prendere l’aria in faccia, mi piace andare in fuga o mettermi a tirare per le altre. Per indole comunque non amo aspettare la corsa, preferisco costruirla, andare all’attacco.

I risultati di quest’anno, con due vittorie e un totale di ben 20 Top 10 dicono che comunque c’è stata un’evidente crescita nelle tue prestazioni…

Il mio progresso era già iniziato lo scorso anno. Non so dire a che cosa è dovuto, gli allenamenti non sono cambiati e le mie sensazioni in essi neanche. Secondo me quella che è cambiata è l’esperienza, sia mentale che fisica, mi sento più pronta a un certo tipo di sforzi.

Vigilia con il cittì Sangalli. L’obiettivo della bolzanina è trovare spazio nell’esigua rappresentativa olimpica
Vigilia con il cittì Sangalli. L’obiettivo della bolzanina è trovare spazio nell’esigua rappresentativa olimpica
Ora però cambia tutto, entrando nel WorldTour dalla porta principale. Hai più curiosità o timore?

Entrambi a dir la verità. Vado in uno dei team più forti in assoluto e qualche dubbio su quel che potrò fare ce l’ho ma credo che sia anche giusto così, avvicinarsi a una nuova esperienza con la necessaria umiltà. Io affronto quest’attività che richiede sacrifici, entrare in un team della massima serie significa che davvero posso intendere il ciclismo come un lavoro, posso dire di avercela fatta.

Con che ruolo entri nel team francese?

Non ne abbiamo ancora parlato, ma pur sapendo che sono in un contesto estremamente qualitativo penso che avrò comunque le mie possibilità per emergere. Voglio interpretare quest’opportunità come ulteriore occasione per crescere e magari allungare la mia serie di buoni risultati e, perché no, di vittorie.

Nel team Top Girls Fassa Bortolo, Vigilia ha militato due anni, stringendo rapporti molto importanti
Nel team Top Girls Fassa Bortolo, Vigilia ha militato due anni, stringendo rapporti molto importanti
Parlavi prima delle cronometro, tu sei stata azzurra ai mondiali, dentro di te coltivi il sogno di rappresentare l’Italia alle Olimpiadi?

Certamente, sarebbe davvero un qualcosa di fantastico andare a Parigi. Infatti ho intenzione di lavorare ancora più specificatamente sulle prove contro il tempo, in modo da avere una chance pur sapendo che i posti sono davvero pochissimi e comportano anche l’eventuale impegno nella corsa in linea. Ma è chiaro che l’unico modo per trasformare il sogno in realtà è costituito dai risultati… Intanto andiamo avanti con l’ultima parte di stagione, magari mettendo nel mirino la convocazione per gli europei.

Ti spiace lasciare la Top Girls Fassa Bortolo?

Qui tocchiamo un argomento delicato, se ci penso temo mi scappi qualche lacrima… Per me non è stata solo una squadra, ma una famiglia e come avviene con le migliori famiglie non è che andando via i contatti s’interromperanno. Il legame non sparirà, questa per me resterà sempre una casa accogliente. Mi spiace davvero tanto andare via, anche se fa parte della parte della vita. Ma finiamo qui, sennò piango davvero…

Cavalli, il peggio è passato. Ora in fondo c’è la luce

19.05.2023
6 min
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Che fine ha fatto la Marta Cavalli del 2022? Nelle interviste lette finora, ha sempre parlato di risalita e della necessità di sbloccarsi. Però a un certo punto le domande sono state più delle risposte e così siamo tornati da lei con tutti i nostri dubbi, anche per capire in che modo la stia vivendo. Perché alle gambe magari basta girare, ma la testa come la tieni a bada quando di colpo fai fatica a riconoscerti nelle foto che ti ritraggono?

Il ritorno alla Freccia Vallone, dopo la vittoria 2022, ha visto Cavalli chiudere a 5’02” da Demi Vollering
Il ritorno alla Freccia Vallone, dopo la vittoria 2022, ha visto Cavalli chiudere a 5’02” da Demi Vollering
Cara Marta, abbiamo perso il filo della tua stagione. Quando siamo venuti da te all’inizio dell’anno sembrava che andasse tutto bene e poi di colpo c’è stata questa frenata. Come va adesso?

Va meglio, diciamo. Di preciso, non so neanch’io spiegare cosa sia successo. Sicuramente quest’inverno abbiamo fatto il massimo per recuperare e prepararsi al massimo. Invece in UAE non ho avuto grandi sensazioni e all’Het Nieuwsblad si è confermato quello che avevamo già visto. Così abbiamo deciso di fare il punto della situazione a casa, di recuperare, riprendere una preparazione leggermente diversa. Non tutti gli anni sono uguali, quindi non si può riproporre sempre lo stesso schema, così abbiamo detto: «Okay, vediamo di aggiustare i punti che in questo momento ci sembrano carenti». E da lì abbiamo ripreso a costruire nuovamente dalle basi.

Che cosa ha comportato?

Ho perso il lavoro specifico e il ritmo di gara. E ovviamente, avendo saltato una grande fetta della prima parte di stagione, non ho avuto l’occasione di rientrare in forma grazie alle gare. Sono stata catapultata in una stagione già iniziata, con atlete in forma che avevano una forza clamorosa e l’abitudine a quel tipo di sforzi. Mi sono ritrovata indietro e si è trattato di accettare la situazione, considerandola parte di un processo di recupero che sta richiedendo più tempo.

Perché?

Non so bene perché questa grande botte perda acqua. Sono andata a correre la Vuelta, perché un grande Giro è l’occasione per mettere fatica nelle gambe e migliorare giorno dopo giorno. Mi sono trovata abbastanza bene. Non posso dire di aver avuto le sensazioni dell’anno scorso, ma allo stesso tempo neanche le peggiori di inizio stagione.

Alla Itzulia Women, 53 chilometri di fuga e settimo posto nella terza tappa: il primo bel segnale
Alla Itzulia Women, 53 chilometri di fuga e settimo posto nella terza tappa: il primo bel segnale
Come convivi con questa situazione?

Sto cercando di accettarla. Non tutte le annate sono uguali e spero che questa diventi una buona lezione per me e per il mio preparatore, in modo da creare uno storico di quello che sto facendo, con cui capire ancora meglio come rispondo agli stimoli e a determinati allenamenti. Quindi, anche se i risultati non arrivano, cerco di mantenere una mentalità positiva

Si è capito se tutto questo dipenda dalla caduta del Tour o da un difetto di preparazione?

Sicuramente non aver corso da luglio a febbraio ha influito, potrei essere arrivata con una preparazione incompleta. Non so se la caduta abbia cambiato qualcosa. Il corpo si assesta in base ai colpi, attua degli adattamenti che magari non percepiamo, ma si fanno sentire a livello biomeccanico o fisiologico. Io credo sia questione di tempo. Dopo una prima parte in cui è stato abbastanza difficile per me accettarlo, adesso corro con più serenità, rincorrendo il livello dell’anno scorso.

Andavi davvero forte…

Dopo la primavera, avevo grande fiducia in me. Sapevo qual era il mio livello, quanto e cosa potevo fare. Magari c’era la giornata che stavo bene e quella un po’ meno, per cui potevo fare il numero oppure essere comunque competitiva, invece mi sono ritrovata a vagare nel limbo di chi si stacca dopo un paio di salite e a livello motivazionale non è stato facile. Però, grazie alla Vuelta e alle tappe più impegnative, sto tornando a costruire questa fiducia in me stessa.

I tifosi la cercano per le vittorie 2022: non è stato sempre facile gestire le attese (foto FDJ-Suez)
I tifosi la cercano per le vittorie 2022: non è stato sempre facile gestire le attese (foto FDJ-Suez)
A un certo punto ci è venuto il sospetto che, volendo puntare tutto su Giro e Tour, tu abbia scelto volutamente una prima parte più lenta…

No, il ragionamento non è mai stato questo. Volevo partire subito forte e riconfermare la scorsa stagione. A questo punto però, visto che la partenza è andata male, è meglio gestirsi e poi esplodere nella seconda parte dell’anno. I grandi obiettivi ora sono due: i campionati italiani su un percorso che mi piace molto, poi il Giro. Successivamente dovrei far rotta sul Tour de France.

Le sensazioni in corsa sono migliorate? 

Sì, in modo sensibile. In corsa sono un’altra persona. La squadra ha aiutato tanto. Hanno messo le mani in avanti per tener lontani tutti i malcontenti, i giornalisti troppo invadenti, le televisioni. Il loro interesse principale è che io recuperi in serenità con i miei tempi e il mio staff. Hanno creato una bolla di sicurezza intorno a me, in cui non abbia la tensione di dovermi ripetere. L’hanno accettato prima di me. E infatti sono stata molto contenta di essere andata in Spagna, perché abbiamo creato veramente un grande gruppo di lavoro.

Cos’aveva di speciale?

Ho potuto aiutare la mia compagna Evita Muzic, che è giovane ed ha avuto per la prima volta la squadra a disposizione. Per me è stato veramente appagante esserci, anche non al 100 per cento, perché io sento che non sono al massimo. Potrei fare di più, essere più competitiva, però in questo momento qualcosa me lo impedisce.

Marta ha corso la Vuelta in supporto alla compagna Evita Muzic, che ha chiuso al 6° posto (foto FDJ-Suez)
Marta ha corso la Vuelta in supporto alla compagna Evita Muzic, che ha chiuso al 6° posto (foto FDJ-Suez)
Cos’hai nella testa quando sei da sola e pensi a Vollering, Realini e le ragazze che stanno uscendo?

Mi fa rabbia perché l’anno scorso ero lì a giocarmela, invece quest’anno devo stare riguardata e calibrare le mie cartucce col contagocce. Si tratta di aspettare. Per ora vado al massimo con quello che ho, sperando di arrivare più in alto col lavoro.

Si corre per trovare la gamba?

E per rimanere sempre sul pezzo e motivati, anche se non si è al top. Mastico questo mondo perché si percepiscono aspetti che perderei di vista se dovessi allontanarmi per fare una preparazione troppo lunga. E’ importante andare a correre, perché vedo come si muovono gli altri tatticamente e sono lezioni che entrano in testa. Faccio una salita a tutta e non sono tra le prime, però intanto mi riabituo a soffrire. Così il giorno che avrò la gamba, soffrirò allo stesso modo, ma sarò là davanti a giocarmela.

Cosa farai da qui al campionato italiano?

Andrò in ritiro, ma sarà un lungo ritiro “home made”. Non ho intenzione di fare altura e nessun tipo di ritiro specifico, perché sono stata via già parecchio. Preferisco non allontanarmi ancora, farò un ritiro a casa Cavalli, grazie a mia sorella e al mio fidanzato che sono fisioterapisti. Ho il cuoco che è mia mamma, l’autista per il dietro motore che è mio papà. Ho tutto il supporto che mi serve. Ho la mia palestra di fiducia, quindi l’avvicinamento sarà molto tranquillo. Mi concentrerò su me stessa, senza avere distrazioni dall’esterno. Sarà un percorso interessante, una riscoperta, sperando di avere finalmente dei buoni riscontri.

Dieci del mattino, sale in cattedra “prof” Cavalli

07.03.2023
6 min
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Stamattina Marta Cavalli è entrata nuovamente dal portone nell’Istituto Comprensivo Marco Gerolamo Vida di San Bassano, invitata a parlare della sua vita, del ciclismo, dello sport e di come lo si possa collegare alla scuola. Ha parlato di cultura alimentare e di sicurezza stradale, poi è tornata a casa ed è uscita per allenarsi.

«E’ stata una bella emozione – racconta – perché mi sono proprio rivista nei ragazzi e nella loro sorpresa nell’avere a che fare con qualcuno di più giovane, perché comunque sono sempre con professori che hanno un’età superiore. Avere davanti una ragazza più giovane li ha resi più partecipi e questo mi ha fatto piacere. E mi sembrato di tornare indietro nelle stesse emozioni. Anche a me è piaciuto molto perché mi sono raccontata in un modo diverso e ho visto lo stupore negli occhi dei ragazzi. Spero che abbiano trovato anche loro la stessa motivazione che ho io.

«E’ stata proprio una bella esperienza. Sono stata dalle 10 alle 12. Ho parlato per un’oretta, poi quando ho chiesto se ci fossero domande, i ragazzi si sono scatenati. La domanda più interessante è stata se mi sarei mai immaginata di arrivare dove sono adesso. Mentre per la più strana mi hanno chiesto la velocità massima mai raggiunta. Ero indecisa se dire la verità o meno. I ragazzi tendono ad emulare le cose pericolose, quindi non sapevo se dire che in discesa si arriva “facilmente” a 100 all’ora. Alla fine ho detto la verità. E a quel punto… boato di sorpresa generale!!!».».

La FDJ Suez non le mette fretta: il suo processo di crescita è ancora nel pieno
La FDJ Suez non le mette fretta: il suo processo di crescita è ancora nel pieno

Inizio faticoso

Il suo inizio di stagione è stato problematico. Dopo un inverno positivo, all’inizio delle corse Marta non ha avvertito le sensazioni che si aspettava. E così, con una decisione inattesa ma fondata, la squadra l’ha vista correre al UAE Tour e poi alla Het Nieuwsblad e poi l’ha fermata.

«Sto facendo un po’ fatica – spiega – più che altro con il ritmo gara, quando proprio la corsa si fa dura, anche in pianura. Ho sentito di essere un po’ in deficit. I tecnici dicono che può risalire tutto alla caduta del Tour. E proprio guardando questo aspetto, ho capito che era necessario prendersi ancora qualche giorno, qualche settimana per definire bene la condizione e riparare queste piccole mancanze».

Dopo le prime due gare, il 2023 di Cavalli si è interrotto per un supplemento di preparazione (foto FDJ Suez)
Dopo le prime due gare, il 2023 di Cavalli si è interrotto per un supplemento di preparazione (foto FDJ Suez)
Sei sempre rimasta a casa per lavorare?

Nessun ritiro, sono a casa. Adesso il clima è più gradevole, quindi si lavora bene. La preparazione è tutta proiettata sul miglioramento, perché le basi le ho fatte e sono anche belle solide. Quindi si lavora più per cercare lucidità, brillantezza e ritmo gara.

Non sarà anche che dovendo fare classiche, Giro, Tour, mondiale e tutte le corse che vengono dopo il mondiale, sia anche utile partire un po’ più piano?

Dipende dagli obiettivi. Come primo avevo fissato la Strade Bianche e comunque avevamo visto che, gestendo bene una fase di recupero a metà stagione, si sarebbe potuto fare tutto il programma. In questo modo, con meno gare nelle gambe, sicuramente rivedremo il calendario. Detto questo, non c’è ancora una data di rientro. Guardiamo ai prossimi giorni, magari si potrebbe correre al Binda o magari no. Il giorno in cui dovessi star bene, sarei la prima a dire di provare e loro mi inserirebbero. Però l’importante è prendersi il tempo giusto, non c’è la fretta di rientrare a tutti i costi.

Longoo Borghini e Cavalli: sul fronte delle corse dure, due colonne del ciclismo italiano
Longoo Borghini e Cavalli: sul fronte delle corse dure, due colonne del ciclismo italiano
La stai vivendo sorprendentemente bene…

Allora, con calma (sorride, ndr). I primi giorni non è stato facile, però adesso la sto prendendo giorno per giorno. Anche come un’opportunità per capire meglio quali effetti abbiano su di me certi allenamenti. Il 2022 è stato un anno importante, dove ho ottenuto dei risultati veramente sorprendenti, ma lo considero parte di un processo di crescita. Quest’anno non devo arrivare ancora a quel livello, ma devo cercare di migliorarmi e per farlo a volte può esserci anche l’inconveniente di non vincere. Il problema è che ormai si è creata l’aspettativa, quindi se non vinco, la gente si interroga. Noi invece lo vediamo più razionalmente, come un processo di crescita.

Aspettativa della gente, oppure anche di Marta?

No, bè, anche mia.

Il UAE Tour ha fatto capire a Cavalli che manca la necessaria brillantezza anche in pianura
Il UAE Tour ha fatto capire a Cavalli che manca la necessaria brillantezza anche in pianura
Che tipo di preparazione stai facendo?

L’attività principale è il dietro motore. Un esercizio di sforzi brevi, ma intensi. Un’intensità non troppo protratta nel tempo, quindi più volate, allunghi, accelerazioni. Anche se non lo abbiamo ancora definito, stavo pensando anche a fare qualche passaggio in pista. 

Hai seguito la Strade Bianche?

Ho visto la replica quando sono rientrata, perché prima ero fuori in bici. E’ uscita una bella corsa. Quando ho visto Vollering e Kopecky, inizialmente pensavo che dall’ammiraglia gli avessero comunicato di giocarsela. E così è stato, ma inizialmente sembrava che non fossero proprio contente l’una dell’altra. Riguardando i video, si vede che comunque appena dopo l’arrivo si sorridono. Quindi credo che sia emersa forse più la stanchezza di una gara dura, rispetto all’emozione di aver fatto prima e seconda. Avremo comunque l’occasione nelle prossime settimane e nelle prossime gare, di vedere se fra loro c’è della ruggine, per poterne magari approfittare.

L’Het Nieuwsblad è stato l’ultima corsa finora di Marta Cavalli e si è conclusa con il ritiro
L’Het Nieuwsblad è stato l’ultima corsa finora di Marta Cavalli e si è conclusa con il ritiro
Cosa ti è parso di Van Vleuten che non è riuscita a rispondere?

Credo che sia frutto di una preparazione. Ora come ora, il livello è cresciuto tantissimo rispetto agli ultimi due anni. Ora il gruppo di atlete che possono giocarsi le gare è molto più ampio. Sono tante quelle che riescono ad arrivare brillanti nei momenti chiave. E se lei ora è in preparazione per le Ardenne, non essendo già al 100 per cento, non è più una bomba come al solito. Una volta il suo 90 per cento le bastava per fare la differenza, ora non è più così. Sa di non avere ulteriori margini di miglioramento. E avendo deciso di ritirarsi a fine anno, avrà concentrato i suoi sforzi sugli obiettivi che vuole davvero centrare.

Un giro d’autunno nel mondo di Marta

15.11.2022
7 min
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Castelleone si trova a 8 chilometri da San Bassano, dove vive Marta Cavalli. La giornata è brumosa, ma promette di aprirsi. Le stradine che ci hanno condotto fino alla palestra Kinesis in cui Marta si è allenata stamattina sono simili fra loro e formano un reticolato, da cui non saremmo mai usciti senza navigatore. I nomi riportano indietro alla cronaca recente.

«Codogno è giusto qua dietro – dice mentre guida fino al suo bar preferito – sembrava che fossero gli unici ad avere il Covid, quando in realtà ce l’avevano tutti…».

Sedersi a un tavolo con un caffè davanti è il modo migliore per entrare nel mondo di Marta Cavalli a capo di una stagione per metà portentosa e per metà compromessa dall’assurda caduta del Tour. Le vacanze sono finite. Marta è stata fuori per due weekend col suo compagno: a Londra e a Zurigo. Adesso invece è qui che sorride e racconta. Rilassata, com’è sempre con gli atleti lontani dalle corse. Consapevole di sé. Le vittorie fanno bene perché rendono sicuri. Il quaderno si apre, le domande non mancano.

Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Marta si allena nella palestra Kinesis del suo coach Mattia Gazzoni e del socio Andrea Loda (a sinistra)
Tante vittorie, ti è cambiata la vita?

E’ cambiato soprattutto il modo in cui le persone mi vedono. Quando entro in un bar o al supermercato, si avvicinano e mi chiedono se sia io quella che ha vinto le corse. Non potete immaginare dopo le classiche, mi fermavano per fare le foto.

Questo ti piace o ti disturba?

Non pesa, ci sto facendo l’abitudine. Dopo la caduta del Tour, è stato pesante, perché chiedevano tutti come stessi ed era un continuo girare il coltello nella piaga. E adesso che comincia la stagione delle feste, ho dovuto dire di no a tantissima gente. Non avrei avuto più tempo per me.

Ti sei mai stupita della nuova Marta?

Ho fatto quello che volevo fare: pormi pochi obiettivi, ma buoni. Il traguardo era fare il salto definitivo di provare a vincere e ci sono riuscita. Lo stupore c’è ogni volta che riguardo il finale sul Muro d’Huy. La vittoria dell’Amstel era più nelle mie corde. Certe cose le facevo sempre con mio padre, quando la domenica facevamo il gioco di squadra e io partivo in contropiede. Ma la forza e la lucidità nel finale della Freccia continuo a guardarle a bocca aperta.

Hai parlato di forza e ti abbiamo seguito in palestra: è tutto collegato, no?

In quella palestra mi hanno visto crescere. Mattia Gazzoni, il mio coach, mi spinge e mi sprona. Sono più loro a rendersi conto della mia forza, rispetto a quanto lo capisca io. In palestra sono quella con le braccia secche, mi sento proprio piccola (ride, ndr). Ma faccio quel che serve e mi fido dei loro programmi. Stessa cosa con Flavien Soenen, il mio allenatore nella FDJ-Suez-Futuroscope. Lui ha capito il mio potenziale. Non so se siano stupiti di me, forse dei risultati arrivati così presto. Ma penso che sapessero delle mie potenzialità e aggiustando poche cose, siamo arrivati al sodo.

Anche se 24 anni sono pochi per parlare di limiti raggiunti…

Infatti non saprei dove fissarli. E neppure sappiamo se sarà possibile arrivarci in breve tempo, forse no.

Marta Cavalli lavora in palestra per tutto l’anno: in questa fase in modo più intenso
Marta Cavalli lavora in palestra per tutto l’anno: in questa fase in modo più intenso
Un limite per ora è stata la Van Vleuten, che effetto fa essere stata battuta da lei al Giro d’Italia?

Un orgoglio. L’ho sempre vista come punto di arrivo e quel piazzamento dimostra che sto lavorando nel verso giusto. Il giorno in cui lei ha vinto il mondiale, ero in casa con il casco in testa e la mano sulla maniglia, prima di uscire in allenamento. Ho visto quello che ha fatto e mi sono detta: «Non è possibile!». Quella è stata la gara che più meritava di vincere. Dopo Giro, Tour e Vuelta, avrebbe potuto mollare. Era caduta, aveva il gomito messo male. Eppure ha vinto, dimostrando che ha ancora tanta fame di vittorie.

Poche vacanze e il gusto di stare a casa…

Mi piace stare qui. E’ casa mia. Ci sono le tradizioni, la mia terra. Stare nella natura e nei campi mi riporta ai miei nonni. Mi ricordo la mia infanzia con i cugini, eravamo sempre in campagna. Poi ho visto la mia vita cambiare. Sono stata persino in Nuova Zelanda, dall’altra parte del mondo. Ma essere qui adesso mi fa sentire di essere tornata a casa. Il posto in cui posso davvero rilassarmi.

Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Van Vleuten ha battuto Marta Cavalli al Giro: è il suo riferimento da sempre
Che cosa ti fa sentire davvero a casa?

Mi piace molto la domenica in famiglia. Invitare i parenti. E’ un buon modo per staccare. Non penserei di trasferirmi altrove. E poi c’è una strada che mi piace fare in allenamento, che passa vicino al Santuario del Marzale, che incarna l’argine e questa parte di Pianura Padana.

Pianura, parola magica: dove vai a trovarla la salita?

Quella proprio non c’è. Da ragazzina volevo essere velocista e sarebbe stato il posto perfetto. Adesso carico la bici in macchina e vado verso Piacenza o verso Bergamo.

Piatto preferito?

Ecco, sul fronte della cucina, non sono una da piatti tipici. Hanno sapori troppo particolari. Io sono più per la fetta di torta.

Il Santuario della Beata Vergine del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Il Santuario del Marzale si trova lungo l’argine del Serio a 15 chilometri da casa Cavalli (foto Cremona Turismo)
Con quale obiettivo si riparte?

Se non fossi caduta al Tour, sarebbe difficile trovare una motivazione nuova. Non credevo che lo avrei mai detto, ma con le vittorie la fame cala. Ti senti arrivato. Invece adesso ho voglia di tornare a correre, per dimostrare di reggere il livello raggiunto nel 2022.

Hai già parlato del calendario 2023?

Abbiamo cominciato a farlo. Loro mi danno spazio perché io scelga, ma sono io a fidarmi più di loro che di me stessa. Sono sicura che i miei tecnici sapranno indicarmi quali sono le corse più adatte per me. Loro mi hanno dato la possibilità di disegnare il mio calendario ideale, io mi fiderò di eventuali modifiche.

Cosa prevede il tuo calendario ideale?

Le classiche, forse la Vuelta che il prossimo anno si corre a maggio, il Giro, il Tour e magari il mondiale ad agosto. A quel punto la stagione sarà praticamente finita. Ci saranno altre corse, ma il vero picco a quel punto ci sarà già stato. Abbiamo un gran bel calendario, ma gli organici delle squadre sono ancora limitati.

La sensazione, guardando il tuo 2022, è che la stagione sia articolata su una serie di blocchi ben definiti. E’ corretto?

E’ così. Si individuano gli obiettivi e si inseriscono in blocchi di corse, in cui sai di dover essere sempre concentrato. Così capita di vincere anche senza avere la condizione migliore, ma sfruttando le situazioni. Poi è molto importante staccare fra un blocco e l’altro, per ritrovare la freschezza. Negli anni scorsi non avevo mai lavorato così. Ora fra un blocco e il successivo, mi trovo a fare anche 5-6 giorni senza bici e invece di perdere, mi ritrovo meglio.

Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Marta Cavalli e i trofei iconici. A giugno si è portata a casa la pietra miliare del Mont Ventoux (foto Thomas Maheux)
Classiche o Giri?

Mi piacciono di più le classiche. La corsa di un giorno è one-shot, un colpo solo. Deve andare bene tutto e i percorsi delle prove monumento sono bellissimi. In una corsa a tappe puoi rimediare alle situazioni storte. Mi piace la gestione mentale dei Giri. E il Giro d’Italia rimane la mia corsa del cuore, come pure la Strade Bianche.

Si fa un gran parlare delle distanze di gara: saresti per aumentarle?

Secondo me, vanno bene così. I 177 chilometri della quarta tappa del Tour sono troppi. Percepisci la paura di non averne più e la corsa si blocca. Se ci sarà da aumentare, spero lo facciano in modo graduale. Nei nostri 130 chilometri c’è sempre tanto spettacolo. Conosco gente che si è appassionata proprio per questo al ciclismo femminile. E il fatto che in Belgio le classiche siano nello stesso giorno di quelle dei pro’ non è un fatto trascurabile.

Fra poco si riparte, difficile staccarsi da questi posti?

Mentalmente sono predisposta. Cerco di prendere il lato positivo e così fanno tutte le persone accanto a me. E’ lavoro, si va al caldo. Abbiamo imparato a goderci i nostri momenti. E poi dopo il primo ritiro si torna a casa e con le Feste l’aria di famiglia sarà tutta un’altra cosa