La passione, la fatica, i dubbi e la iella nel lungo viaggio di Felline

11.05.2024
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Il progetto Giro d’Italia di Felline è durato quanto quello di Ciccone. Quando a causa della nota cisti e il relativo intervento ai primi di febbraio l’abruzzese ha dovuto rinunciare al grande obiettivo, la Lidl-Trek ha rimodulato la squadra e del gruppo costruito attorno a Giulio è rimasto ben poco. Il piemontese ha avuto tutto il tempo per farsene una ragione: l’annuncio è arrivato il 14 marzo e da allora il suo calendario è stato riscritto.

Fabio non è mai stato un corridore banale e probabilmente vale più di quanto sia riuscito a ottenere, che è comunque tanto. In questi giorni è al Giro d’Ungheria e la vittoria di Nys nella tappa di ieri vedrà probabilmente la squadra in difesa della maglia di leader. Perché Felline alla Lidl-Trek c’è arrivato per lavorare, mettendo in un angolo le velleità personali.

Il Giro da fuori

Quando la squadra americana si è ritrovata con i bimbi del Motovelodromo della sua città, Fabio si è fermato dietro le quinte della manifestazione che aveva contribuito a organizzare. Chi c’era lo ha visto un po’ malinconico, come è facile intuire se il Giro d’Italia parte da casa tua e tu non ne fai parte.

«Dispiace – dice – certo che dispiace, ma non ho problemi a riconoscere un limite fisico. L’anno scorso il Giro d’Italia dovevo farlo, ma non andavo, era un periodo no, quindi alla fine sono stato anche contento di saltarlo. Diciamo però che quando la scelta non si basa su un discorso di watt o di forza, ma su ragionamenti tattici che non dipendono dal corridore, bisogna accettarli in maniera professionale. E’ stata una scelta, semmai ora potrei sperare di entrare nella rosa della Vuelta. Ma la mia non era la delusione di uno che è stato fatto fuori, sapevo da tempo che avrei cambiato programmi. Tutte le gare che ho fatto da marzo a oggi non erano finalizzate al Giro. L’idea del Motovelodromo è nata quando ero ancora nel gruppo del Giro. Ho dato il mio contributo, ma era un progetto talmente nobile, importante e bello che era giusto farlo a prescindere dalla mia presenza».

Le gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo Giro
Le gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo Giro
Come sta andando il ritorno in Lidl-Trek?

Mi trovo da Dio, qui mi sono sempre sentito a casa. E’ stata la mia prima grande squadra, poi sono andato in Astana, ma sul piano affettivo non è scattata la scintilla. Ci siamo lasciati bene, solo che dopo i primi due anni la squadra ha cambiato pelle e obiettivi. Sono spariti uno ad uno i leader per il Giri e io mi sono ritrovato senza riferimenti che prima valorizzavano il mio lavoro. Sono arrivato che c’erano Vlasov e Fuglsang, poi è venuto Nibali e mi sono trovato benissimo, poi la squadra ha cambiato obiettivi.

Cosa prevede ora il tuo programma?

Avevo valutato se staccare, anche perché non rientro nel gruppo del Tour. Però abbiamo deciso di tenere duro fino all’italiano, facendo Norvegia e Belgio. Questo vuol dire che correrò fino a giugno e poi il vero stacco lo farò dopo i tricolori.

Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…
Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…
In Ungheria si lavora per qualcuno in particolare?

Onestamente siamo partiti abbastanza liberi. L’altro giorno abbiamo provato a fare la volata e siamo arrivati quarti con Vacek. Io le volate di gruppo non le faccio più, per cui mi sono spostato all’ultimo chilometro e mezzo dopo aver tenuto davanti i miei compagni. Ieri c’era un arrivo in salita in cui ero libero di tenere duro. Ha vinto Nys, che aveva già vinto al Romandia. Il nostro obiettivo qui non era fare la classifica, vediamo adesso cosa cambierà.

Dopo 14 anni da professionista, ti sei dato un termine o si va avanti?

L’anno scorso, onestamente, ho pensato di smettere. Ho saputo a luglio che sarei venuto alla Lidl-Trek e ho rivisto la luce, ma prima ero abbastanza giù. Ho fatto 15 anni di professionismo e penso anche di aver fatto grandi cose. Magari non tutto quello che la gente si aspettava e questo l’ho sempre sofferto. Il fatto è che mi hanno sempre additato per quello che non ho fatto, piuttosto che applaudito per quello che sono riuscito a fare. Ho vinto 14 corse. Ho fatto 9 volte podio nelle tappe dei Grandi Giri, ma nessuno lo sa. Quando sono passato si aspettavano che vincessi il mondiale, la Liegi, questo e quest’altro. Non so se non ci sono riuscito perché non avevo abbastanza qualità, ma non sono uno che si piange addosso. Non sono uno che si sfoga sui social, sbandierando le sventure passate. Eppure, quando mi fermo a raccontare la mia vita d’atleta e metto in fila tutti gli infortuni e le coincidenze sfortunate, è veramente una barzelletta.

Felline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al Tour
Felline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al Tour
Qual è stato il momento in cui hai scelto di diventare un gregario?

Quando all’Astana ho capito che davo più garanzie aiutando un capitano, che cercando il risultato per me. In più c’è stato un ricambio generazionale ed è oggettivo che ci sono dei giovani che vanno fortissimo e che hanno cambiato il ciclismo. Forse il mio più grosso rammarico è stato aver perso i primi 7-8 anni in cui ero più rampante e forse avrei avuto la possibilità di svoltare.

Sei passato a vent’anni e sei subito andato al Tour: super giovane anche tu?

Non lo so, ma so che l’anno dopo la squadra è fallita e io ho avuto paura di andare nuovamente in una grande squadra. Sarei potuto andare alla Liquigas, ma pensai di non avere la solidità necessaria e andai all’Androni. A Savio devo un grazie grande così, ma se non avessi avuto quel blocco psicologico, magari la mia crescita sarebbe iniziata a 22 anni e non a 25 quando sono arrivato alla Trek. Quindi per tornare alla domanda di partenza…

Ti sei dato una scadenza?

So che la squadra è contenta, io sono stato chiaro sulle mie intenzioni. Ho detto che il mio lavoro penso di poterlo fare ancora un paio d’anni: mi piacerebbe e spero di rientrare ancora nei loro progetti. Non voglio diventare un corridore che si trascina o che la gente guarda chiedendosi perché non abbia ancora smesso. Mi piacerebbe uscire dal ciclismo a testa alta, dicendo che fino all’ultimo sono stato utile a qualcosa. In questo momento però non ho nulla di certo in nessun senso, magari se ci risentiamo fra un mese avrò le idee più chiare…

Al Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di Stans
Al Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di Stans
E’ frustrante lavorare se poi alla fine non si vince?

No, perché so che vincere è durissimo. Per cui non ce l’hai con chi non vince, mentre è frustrante per quelli che ti valutano. Il valore di un atleta e quello che può fare dovrebbe essere riferito alla tipologia di squadra. Chiaro che il rendimento atletico tu debba garantirlo, ma se sei sempre dove serve e aiuti bene la squadra, allora hai fatto la tua parte. Sono contento di come sto andando. E alla fine sarò soddisfatto se potrò continuare a fare il mio lavoro come lo sto facendo ora.

Dopo così tanti anni, quanto c’è ancora di passione?

Ti rendi conto che a volte odi il ciclismo, se si può dire così. Succede quando fai tanta fatica e non viene ripagata dalle soddisfazioni. Poi però, appena ritrovi il filo conduttore, la passione ritorna. Sfido chiunque ad avere passione se semina, semina e semina ancora e alla fine non nasce nulla. Dopo un po’ diventa dura, in qualsiasi ambito lavori. Sono fasi che vengono e vanno via. Adesso quello che sto facendo mi piace davvero molto…

Felline: dalla fornace di Burgos, ai pensieri sul futuro

21.08.2023
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Fabio Felline ha appena concluso la Vuelta Burgos e adesso finalmente si può preparare al primo grande Giro della stagione. Il corridore dell’Astana-Qazaqstan era stato scartato proprio all’ultimo dal Tour de France nonostante avesse fatto tutta la preparazione per la Grande Boucle.

Ora però questo agosto sembra aver portato un vento del tutto nuovo per il piemontese. Si riparte, la condizione è in crescita, la voglia c’è e si guarda anche all’anno venturo, tanto più che proprio pochissimi giorni fa è stato ufficializzato il suo passaggio – anzi ritorno – al gruppo della Lidl-Trek.

A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe
A Burgos Felline ha lavorato per il team, mettendo fatica “buona” nelle gambe

Fornace Burgos

Fabio ci racconta di una Vuelta Burgos caldissima. Si sono cotti. Nelle ultime tappe ci sono stati anche 37 gradi di temperatura media. «Un caldo feroce. Ad un certo punto – dice Felline – mi sono ritrovato fianco a fianco con Damiano Caruso, che non è proprio l’ultimo arrivato, e abbiamo scambiato due battute proprio su quanto ci stessimo bollendo.

«Dopo l’esclusione dal Tour mi sono preso un momento, un decina di giorni, di stacco. Così mi sono riattivato in vista della Vuelta, ma direi del calendario spagnolo visto che ho fatto Castilla y Leon, San Sebastian, ora Burgos e poi appunto la Vuelta. Ma non è facile essere pronto con questi continui cambi di programma e infatti all’inizio ho faticato tanto.

«Se devo parlare di sensazioni mi sembra di crescere, ma sono lontano dal Fabio migliore. Spero che questo Burgos mi abbia messo a posto. Comunque ho lavorato per Battistella, ho preso aria per lui, ho provato ad andare in fuga e all’inizio ci sono anche riuscito».

In questi casi l’esperienza conta molto. A 33 anni, Fabio sa gestire queste situazioni complicate anche dal punto di vista nervoso. 

Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly
Crono, salita, volata e sprint a ranghi ridotti: il piemontese può essere un vero jolly

A tutto campo

Felline per caratteristiche può andare forte dappertutto, anche in volata, se non altro per aiutare o entrare in un gruppetto e giocarsela allo sprint. E persino a crono, tanto da vestire l’azzurro ai mondiali del 2019. Ma sa anche lavorare in salita per un leader. Come fece del resto lo scorso anno per Nibali.

E sono state anche queste sue caratteristiche a farlo firmare con la Lidl-Trek. Queste caratteristiche e i buoni rapporti con Luca Guercilena, il team manager del team americano, in cui è già stato per sei stagioni dal 2014 al 2019.

«Non ci eravamo lasciati male – racconta Felline – fu una situazione ambigua e forse neanche c’era la reale voglia di cambiare all’inizio. Poi mi sono lasciato convincere che forse era meglio provare altre esperienze e così ho fatto.

«Ma con Guercilena ho un ottimo rapporto e lo stesso con Nino Daniele, il loro medico. Lui è tutt’ora il mio medico sportivo e lo stesso vale con tanti compagni, che ancora sono lì. Penso a Stuyven o a Ciccone, anche se con Giulio ho fatto un solo anno. Diciamo che in quel team avevo lasciato un pezzetto di cuore».

La trattativa è nata in primavera. Si era al Catalunya e un corridore di spicco della allora Trek-Segafredo, in procinto di diventare Lidl-Trek, chiacchierando disse a Felline: «Ma perché, visto il bel rapporto che hai con Guercilena, non ci parli? Sarebbe bello che tornassi con noi. Io appoggerò il tuo arrivo». E così è andata.

Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni
Con Ciccone, ma non solo lui, ottimi rapporti. Dal prossimo anno Fabio ritroverà molti dei suoi vecchi compagni

Che ruolo alla Lidl?

Felline ha parlato con la nuova squadra anche per il ruolo che dovrà ricoprire, perché poi il succo della vicenda è anche quello. Okay i buoni rapporti, ma serve concretezza. Cosa andrà a fare dunque alla Lidl-Trek?

«Oggi – spiega Fabio – sono consapevole che non posso competere con i grandi campioni. Però vado bene su tutti i terreni, dal tirare una volata o in salita. E al tempo stesso posso sfruttare una corsa magari dura e mossa per me stesso. E’ su queste basi che sono stato richiesto e io mi sento pronto.

«Che poi era lo stesso motivo per cui venni qui in Astana. Dovevo lavorare per Fuglsang, nel frattempo avevo vinto il Pantani. Ho avuto carta bianca in qualche occasione, come la tappa di Castelfidardo della Tirreno dove fui quarto. Quello è Fabio Felline. E tutto funzionava bene.

«Poi dallo scorso anno mi sono ritrovato ad un Tour che non dovevo fare e da lì si sono innescate una serie di circostanze (fisiche e organizzative) ed è stato tutto in susseguirsi di problemi. Un  rincorrere della condizione».

Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto
Felline Pantani 2020
Felline conquista il Memorial Pantani del 2020. Fabio (classe 1990) fu tra i primi a passare giovanissimo nel 2010 alla Footon-Servetto

Scommettiamo che…

Una particolarità di questa storia è che Felline, in accordo anche con il futuro team, ha firmato per un solo anno.

«Volevamo fosse una scommessa – dice Fabio – un mettersi in gioco, un fare il massimo e perseguire gli obiettivi che ho detto prima: aiutare i leader e magari giocarsi qualche corsa. Ho scelto di firmare un solo anno perché se smetto voglio farlo con dignità. Non voglio trascinarmi fino a “restare a piedi” perché vado piano.

«Ora però non voglio rinnegare nulla. Voglio finire al meglio questa capitolo e questa stagione con l’Astana-Qazaqstan. Lo voglio per loro e per me. Perché poi è molto importante finire bene. Ti lascia qualche stimolo e qualche certezza in più in vista dell’inverno. Vuoi mettere affrontarlo con buone sensazioni?

«E poi c’è anche un sogno da realizzare: vincere una tappa in un grande Giro. In 14 anni di professionismo non so quanti podi ho raccolto, ma non sono mai riuscito a portarmi a casa una tappa fra Giro, Tour e Vuelta». Magari è la volta buona

Indietro di condizione? Benfatto spiega come si rimedia

03.02.2023
5 min
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I social, se ben utilizzati, possono essere fonte di idee e spunti per degli articoli. Ecco che guardando sul profilo Instagram di Fabio Felline, abbiamo notato una storia che ci ha colpiti. Il corridore dell’Astana Qazaqstan si stava allenando in palestra e la foto recitava: “alla ricerca dei watt mancanti”. Così partendo da questo spunto, e con l’aiuto di Marco Benfatto, vogliamo capire come lavora un corridore che si accorge di essere indietro di preparazione. 

Benfatto, qui a destra, dopo aver concluso la carriera nel 2020 si è laureato in scienze motorie ed è diventato preparatore
Benfatto, qui a destra, dopo aver concluso la carriera nel 2020 si è laureato in scienze motorie ed è diventato preparatore
Ciao Marco, innanzitutto, da quali fattori può nascere un ritardo di preparazione?

Ce ne sono molti – spiega il preparatore – però sono tutti legati a fattori esterni, come un’influenza. Capita spesso che nel ritorno dai ritiri in Spagna di dicembre, dove ci si allena a maniche corte e in pantaloncini, si subisca il cambio di clima. Uscire i primi giorni con il freddo può portare ad ammalarsi e perdere giorni di allenamento. 

Altri fattori magari legati più strettamente all’attività in bici?

Un infortunio che capita abbastanza spesso è l’infiammazione al ginocchio. I corridori fanno determinati lavori di potenziamento, ma con il freddo diventa meno vantaggioso di non farli. Perché lavorare con grandi sforzi a basse temperature può portare ad un’infiammazione appunto, ed anche in questo caso si perdono giorni di lavoro. 

E’ possibile sbagliare la preparazione?

Ormai non più, la tecnologia dà una grossa mano a noi preparatori. Grazie ai dati come watt o frequenza cardiaca, ma anche i vari software sono una grande aiuto. Il migliore è Training Peaks, con il quale si possono calibrare i carichi di allenamento in maniera ottimale. La cosa più importante per un corridore, nonostante tutto, rimangono i test di dicembre e gennaio. Con quelli si riesce a capire il tipo di preparazione e se si può spingere o bisogna aspettare. 

Per Benfatto la palestra va alleggerita una volta che inizia la stagione
Per Benfatto la palestra va alleggerita una volta che inizia la stagione
Abbiamo visto Felline lavorare in palestra, è utile?

Dipende, se ci si accorge che manca un po’ di forza allora sì, con dei lavori a secco si può recuperare. La palestra, tuttavia, una volta iniziata la stagione è meglio “alleggerirla”, si fanno dei richiami, ma il lavoro vero passa dalla bici attraverso il gesto specifico. 

Allora che cosa bisogna fare quando ci si accorge di essere indietro di condizione?

Si deve rimanere calmi, sembra banale ma è importante non “andare fuori di testa”. I corridori a volte vorrebbero fare lavori più intensi ma questo non serve. Il rischio è di arrivare sì in condizione, ma non avere poi una base e quindi il picco di forma dura poco. Meglio pazientare e arrivare al livello desiderato un po’ dopo. 

Dipende anche dalle esigenze di calendario?

Certo. Se un atleta parte a gennaio con l’intento di vincere subito, avrà meno tempo per sbagliare. Il calendario, comunque, è un problema ormai per preparatori e corridori. I ragazzi smettono di correre a ottobre e ripartono a gennaio, il tempo per riposare è davvero poco, e le condizioni climatiche non aiutano. Gli europei si allenano spesso al freddo e arrivare al top della condizione in gare dall’altra parte del mondo, dove per di più è estate non è semplice. E’ un po’ il cane che si morde la coda.

Ci si può accorgere di un ritardo nella preparazione solamente dopo la prima corsa?

Sì, la prima gara rappresenta una linea rossa dalla quale si parte a valutare il lavoro fatto. E’ vero che abbiamo tanti dati e molta tecnologia ma le sensazioni in corsa giocano ancora una parte fondamentale.  

Si è parlato di palestra, ma in bici che tipo di lavori fa un corridore indietro con la condizione?

Bisogna recuperare il ritmo gara, quindi si preferisce fare dietro moto o dietro macchina. Ed a questo si aggiungono altri lavori fatti ad alta intensità come fuori soglia. Per fare un esempio: se un velocista si accorge che non ha il picco di potenza che si aspettava, è meglio che cerchi di recuperare tramite allenamenti in bici. Lavorare troppo in palestra farebbe venir meno una base di lavoro importante.

Guardando al calendario un corridore da classiche o un velocista hanno meno tempo per rimediare?

Per i corridori da classiche è doppiamente difficile: primo perché stai lavorando su una gara secca. Secondo perché il calendario è “corto” e rincorrere non è mai semplice. D’altro canto, però, i corridori con quelle caratteristiche iniziano ad alzare i giri del motore già dal ritiro di dicembre. 

Per gli scalatori c’è più tempo per entrare in condizione
Per gli scalatori c’è più tempo per entrare in condizione
Per gli scalatori, invece?

Con loro per arrivare pronti agli appuntamenti importanti, si fa un dietro moto su salite da venti minuti. Il ritmo deve essere quello della corsa, quindi medio e soglia, con delle variazioni di ritmo. Chi prepara il Giro d’Italia lavora solo per quello, si parte un po’ prima ma le corse in mezzo come la Vuelta a la Comunitat Valenciana o la Tirreno-Adriatico, servono come allenamento.  

La ricetta è tanta pazienza e lavorare al meglio…

A mio avviso non si deve stravolgere il programma di lavoro, ormai la frittata è fatta e bisogna seguire la strada intrapresa. La stagione è lunga e c’è tempo per rimettere le cose in ordine.

Il giorno di Felline: tifosi, ricordi, previsioni e la pista

30.10.2022
5 min
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Una domenica in sella con Fabio Felline. Grande festa e sole splendente ad Almese, in provincia di Torino, per il ritorno della pedalata con il trentaduenne dell’Astana Qazaqstan Team, al quale hanno partecipato anche Umberto Marengo della Drone Hopper-Androni e il campione italiano paralimpico di ciclocross 2022 Fabrizio Topatigh. A margine della IX Fellinata, i cui proventi sono stati donati in beneficienza alla Fondazione Scarponi e alla Fondazione 160cm per la ricerca sulla sclerosi multipla, abbiamo chiacchierato a tutto tondo con Fabio.

La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
La Fellinata è tornata oggi dopo due anni di stop per la pandemia (foto Umberto Zollo)
Che effetto fa riabbracciare gli appassionati delle due ruote dopo due anni di pandemia?

Devo ringraziare l’Associazione Sul Tornante, perché senza il loro supporto sarebbe stato impossibile fare la Fellinata: hanno fatto un bellissimo lavoro.

Dalla strada alla pista, perché il 12 e il 20 novembre ti vedremo fare da cicerone al Motovelodromo Fausto Coppi: com’è nata l’idea?

Vorrei evitare quello che è successo a me: quando sono passato pro’, non avevo un riferimento, ero l’unico piemontese. Se a quell’età avessi avuto un altro Felline che usciva con me e mi diceva cosa stavo sbagliando, magari avrei avuto una spinta in più. Non voglio essere un maestro, ma voglio essere avvicinabile e aiutare qualche ragazzino volenteroso che da grande vuol fare il ciclista. Quanti non hanno mai girato in pista? Il velodromo può essere una bella alternativa per tanti allenamenti in autunno ed è un’esperienza da provare.

Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Felline, il figlio Edoardo e la compagna Nicoletta nel Motovelodromo di Torino, dove girerà il 12 e il 20 novembre con chi vorrà provare
Il tuo supporter più scatenato è il piccolo Edoardo: com’è fare il papà-ciclista?

E’ bello, ma se lo vuoi far bene diventa tutto più impegnativo. In vita mia non ho mai fatto un riposino, ma ora quando lo fa lui, mi metto giù anch’io a volte. Sono cambiati totalmente i ritmi e a volte mi stupisco di me stesso, perché prima mi lamentavo, mentre adesso mi sembra di avere molte più energie per fare più cose.

Il gadget che ha rubato il cuore dei partecipanti è stata la borraccia con il pappagallo Frankie, nel nome di Michele Scarponi: ci spieghi questa scelta?

Io e Michele siamo sempre stati avversari, ma il suo modo di essere, la sua voglia di attaccar bottone e i suoi sorrisi mi hanno conquistato. C’era un rapporto di stima e rispetto tra noi e, quando è mancato, è venuta a mancare una figura simbolo. Non solo per me, ma parlo per tutto il gruppo. Mi fa molto piacere che sia venuto a pedalare con noi suo fratello Marco, che ha molto a cuore il tema della sicurezza stradale per noi ciclisti.

Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo. A sinistra, il nostro Alberto Dolfin (foto Umberto Zollo)
Felline sul palco con Marco Scarponi e Umberto Marengo (foto Umberto Zollo)
Quant’è cambiato il ciclismo rispetto a quando sei passato pro’?

Le dirigenze odierne hanno capito che il ferro bisogna batterlo finché è caldo, come si fa in altri sport. Non so se sia giusto o sbagliato, ma penso a quanto poco mi allenavo, a quanto tanto andavo forte da ragazzino e tutto il tempo che ho buttato via.

Ce lo spieghi meglio?

Quando sono passato pro’, sembrava un reato che l’avessi fatto troppo giovane e avevo persino ricevuto una multa dalla Federazione italiana. Oggi c’è l’esaltazione per i giovani fenomeni, mentre i veterani vengono accantonati fin troppo in fretta. E’ una contraddizione, perché i vecchi di oggi erano quei corridori a cui si chiedeva di aspettare per maturare con calma. Se hai vent’anni e vai forte, ti fanno anche provare a vincere il Tour: guardiamo cosa è successo con Pogacar: una volta si sarebbe temuto di bruciarlo.

C’è una controindicazione?

Non sappiamo se i giovani campioni resteranno meno sulla cresta dell’onda, ma penso che non ci saranno più corridori come Valverde o Nibali che vincono per così tante stagioni. Se a 20 anni fai 6,5 watt per chilo, fai la vita da super-atleta, è inevitabile che tu non possa farlo per più di un decennio.

Hai qualche rimpianto sulla tua carriera?

Da giovane mi veniva tutto facile. Mi fa effetto pensare che il misuratore di potenza l’ho preso dopo 3 o 4 anni che ero pro’, quando avevo 23 anni mi dicevano che era presto per tutto, mentre io magari mi sentivo nel giusto. Non si può sapere, certo avessi avuto meno sfiga, con la toxoplasmosi a 27 anni, che mi ha fatto perdere un anno e mezzo nel periodo in cui il ciclismo stava cambiando di più. Mi sono ritrovato a ripartire con la sensazione di aver perso il treno e dopo è arrivata anche la pandemia. Poi, se guardo i numeri, vado più forte del 2016, ma è cambiato il modo di correre e anche le mie prospettive, così ho scelto di provare a diventare un uomo-squadra e un gran lavoratore piuttosto che provare a fare il campioncino, perché dopo i 30 anni non hai più la seconda chance. Anche se il mestiere di gregario è difficile da giudicare.

La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
La Fellinata si è svolta ad Almese, in provincia di Torino, con il patrocinio della Fondazione Scarponi (foto Umberto Zollo)
Perché?

Tu puoi andare anche forte, ma se poi i capitani per cui lavori non vanno, il tuo lavoro è abbastanza inutile. Quest’anno dal Giro ho avuto un ottimo riscontro e se Vincenzo (Nibali, ndr) andava forte e io ero con lui, avendo gli occhi puntati, risaltava molto. Nel 2021, invece, Vlasov era meno mediatico, ma sentivo di andare comunque forte. Al di là delle tue capacità, il lavoro di gregariato viene valorizzato in base a quanto si mette in luce il capitano.

Il tuo sogno?

Ci sono andato così tante volte vicino che, non voglio dire una classica che sembra il sogno possibile, ma dico vincere una tappa in un grande Giro. Penso sia fattibile.

Sapete quanti italiani sono arrivati a Nizza? Uno solo: Felline…

16.03.2022
4 min
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Unico baluardo italiano sul traguardo di Nizza. Fabio Felline è stato il solo corridore del nostro Paese a concludere la tremenda corsa a tappe francese di inizio stagione, resa ancor più impervia dal meteo e dall’epidemia scatenatasi in gruppo. Sono appena 59 i temerari che l’hanno portata a termine. E così ieri abbiamo chiesto al trentunenne torinese dell’Astana Qazaqstan Team di raccontarci le insidie della Parigi-Nizza e le sue aspettative per le prossime uscite prima di rimettersi in sella questa mattina nella corsa che arriva proprio a casa sua, ovvero la Milano-Torino, che da quest’anno ritrova la sua collocazione tradizionale in primavera dopo che nelle ultime stagioni aveva preceduto il Lombardia a ottobre.

Fabio, come stai?

Per il momento bene e ho fatto un giretto tranquillo vicino all’hotel della squadra a Milano. Sono in camera da solo, visto quello che è successo alla Parigi-Nizza, dove sono stato l’unico della squadra a portarla a termine.

Dopo il Covid di febbraio, Felline è tornato in gruppo al Trofeo Laigueglia
Dopo il Covid di febbraio, Felline è tornato in gruppo al Trofeo Laigueglia
Che cosa è successo?

Questa volta, anche dopo aver visto l’esito dei tamponi, possiamo dire che il Covid non c’entra. E’ stato qualcosa di fulminante, qualche bronchite o tracheite che si è sparsa in gruppo. Non sono un medico, ma visto che dopo due anni in cui mettiamo le mascherine magari il nostro fisico è meno abituato ai virus che circolano già normalmente, può darsi che le difese immunitarie di noi corridori siano più basse. Una serie di coincidenze sfortunate. Anche il meteo ci ha messo del suo, perché anche quando c’era il sole, il vento era molto freddo. E forse per paura di ventagli, in genere ci si vestiva poco e si era pronti a partire a tutta già dal via.

Dunque, ha ragione Warren Barguil a dire che che la Tirreno-Adriatico è più dura altimetricamente, ma la Parigi-Nizza più stressante?

Beh, in realtà da giovedì a domenica abbiamo fatto quattro tappe con, in serie, 3.300 poi 3.000, poi ancora 3.300 e infine 2.300 metri di dislivello. Il percorso era bello duro, poi senza dubbio lo stress c’è. Si è visto con il fatto che tutte le squadre siano state decimate in corso d’opera, non solo l’Astana. Nessuno dei big della classifica ha avuto problemi di salute che io sappia, però credo che in molti, magari non avendo ambizioni, abbiano deciso di evitare un giorno extra di fatiche la domenica.

E del tuo inizio di stagione di rincorsa che ci dici?

Non è stato semplice perché ho fatto il Covid a febbraio, restando positivo per una quindicina di giorni e questo mi ha fatto saltare tutto il mese. A marzo, ho corso soltanto due giorni in Francia e poi ho fatto il Laigueglia prima della Parigi-Nizza.

Nella sesta tappa della Parigi-Nizza, Felline con Gilbert, all’ultimo anno da pro’
Nella sesta tappa della Parigi-Nizza, Felline con Gilbert, all’ultimo anno da pro’
Un bilancio della tua corsa?

Ho sofferto come un cane i primi tre giorni. Non ero in corsa e non riuscivo proprio ad esserlo, perché sentivo le gambe vuote. Poi gli ultimi tre giorni sono rinato: dalla tappa più lunga alle ultime 2 frazioni, in cui direi che sono riuscito a togliermi qualche soddisfazione. Credo che sia stato normale che non fossi al top dopo il Covid e non tutti siamo dei mostri come Pogacar. Ho sentito di altri colleghi che hanno avuto i miei stessi problemi a riprendersi dopo lo stop. Mi ero stupito delle buone sensazioni al Laigueglia, ma lì era una giornata secca, mentre in una gara a tappe la fatica si fa sentire.

Come ti presenti alla Milano-Torino?

La vivo come un passaggio nella settimana della Milano-Sanremo. Sono contento di farla, perché è la gara di casa e la prendo con lo stesso spirito di quando c’era Superga, anche se stavolta sarà per velocisti. Gli ultimi 50 chilometri li conosco a memoria.

Non ci fai nemmeno un pensierino?

C’è Gazzoli candidato per la volata. E’ giovane e forte, come ha già dimostrato in Algarve, dunque, se si arriverà allo sprint, lo farà lui. Se, invece, succederà qualcosa prima, io ci sono. 

E per la Classicissima?

Per la Sanremo l’obiettivo è innanzitutto star bene, visto il periodo, e poi onorarla al meglio. E’ la corsa dei sogni, non mi nascondo, in cui però bisogna arrivare benissimo. Io farò il possibile e sognare non guasta mai

Parigi-Nizza, partenza della 3ª tappa a Vierzon: Felline verso il via
Parigi-Nizza, partenza della 3ª tappa a Vierzon: Felline verso il via
Chi vedi favorito per sabato?

Il più forte di tutti è senza dubbio Wout Van Aert, perché può aspettare la volata o provare a staccare tutti in salita. Poi Pogacar ha dimostrato che può scombinare qualunque pronostico, è un dato di fatto. Ganna è un fenomeno, ma sia in salita sia in volata si deve difendere, per cui dovrà inventare qualcosa. 

Quali sono poi i tuoi piani?

E’ stato tutto stravolto dal Covid di febbraio. In teoria dopo la Sanremo dovevo riposare, mentre a questo punto dovrei andare in Belgio e poi forse in ritiro sul Teide. E’ tutto ancora da definire però, perché non posso stare 8 settimane via su 9 prima del Giro d’Italia, per cui decideremo strada facendo cosa fare. 

Felline cerca continuità e l’occasione per sbloccarsi

09.12.2021
6 min
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Il 2022 è ormai alle porte e Fabio Felline non vede l’ora di scoprire che cosa ha in serbo l’anno nuovo. Dopo averci portato alla scoperta della tappa del Giro sulle sue colline e all’inizio della preparazione a Calpe, il trentunenne dell’Astana Qazaqstan Team ci ha raccontato le sue ambizioni per la nuova stagione e ripercorso quella passata.

Quali sono state le ultime cose che hai fatto prima di partire per la presentazione in Kazakhstan?

Sono andato a fare un test, a provare delle scarpe e a controllare la posizione. Da più di 15 anni ormai ho un rapporto stretto con Mariano (il biomeccanico Alessandro Mariano, ndr), per cui quando c’è qualche modifica da fare, chiedo sempre prima il benestare a lui. 

Come è stato il tuo autunno?

Ho fatto quattro settimane di stacco e poi ho ripreso verso fine novembre. Con il nostro piccolo Edoardo non è che abbiamo fatto vacanza vera e propria, però qualche gita ce la siamo concessa. Ora però sono ripartito e qui in ritiro comincerò a capire quali saranno i programmi concreti.

Che ne pensi del ritorno di Nibali all’Astana? 

Con Vincenzo non avevo mai corso, ma senza dubbio è una bella motivazione averlo in squadra. Non posso dire che è il mio migliore amico, perché non abbiamo mai lavorato insieme in tutti questi anni, per cui sarà tutto da conoscere e da scoprire. Nella lista dei grandi campioni del ciclismo del nuovo millennio, dopo Alberto Contador e Fabian Cancellara, avrò l’opportunità di lavorare con un altro grande di quest’epoca.

Riavvolgendo il nastro di quest’anno: sei soddisfatto del 2021 e cosa chiedi al 2022?

Mi piacerebbe tornare a vincere come è successo nel 2020. Negli ultimi due anni sento di essere andato sempre forte, ovvio che non basta mai, però oggettivamente sono soddisfatto. 

La preparazione è ripresa: in questi giorni Fabio conoscerà i programmi 2022
La preparazione è ripresa: in questi giorni Felline conoscerà i programmi 2022 (foto Instagram)
La tappa della Tirreno-Adriatico chiusa al quarto posto dietro ai fenomeni Van der Poel, Pogacar e Van Aert è stato uno dei momenti più belli?

Sicuramente, però quello che mi è dispiaciuto è che per come andavo, soprattutto in quel periodo lì, non ho raccolto quanto avrei potuto. Faccio il mea culpa, perché ci sono stati dei periodi in cui avrei potuto vincere però, per un motivo o per un altro, non ho mai concluso nulla. Mi auguro di avere la stessa gamba, se non anche migliore e di riuscire a concretizzare con maggiore continuità.

Dove e come dipenderà dalla squadra?

Non ho ancora idea di preciso perché dobbiamo ancora definire tutto. E’ inevitabile che la mia posizione sia cambiata rispetto al passato, non sono più il Fabio Felline di 25 anni alla Trek, che faceva il jolly o il battitore libero, scegliendo di correre a sensazione. C’è un tempo per tutto, il prossimo anno compirò 32 anni: so di essere un uomo squadra e più una garanzia come bravo lavoratore che come vincente. E’ ovvio che, come ho detto, vorrei tornare alla vittoria, però il ciclismo è un lavoro e non si può sempre fare ciò che si vuole. Al Giro di quest’anno ad esempio avrei potuto giocarmi qualche tappa, però c’era un obiettivo classifica con Vlasov e per cui le mie chance sono state ovviamente di meno. L’obiettivo è andare sempre forte, perché così le cose vengono di conseguenza.

Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Classe 1990 come Colbrelli (qui al Fiandre 2017), Felline cerca di sbloccarsi come Sonny
Come si torna a vincere dopo qualche periodo a secco?

Basta qualche situazione favorevole e la ruota gira, come sempre accade. Prendo come esempio Sonny (Colbrelli, ndr) perché siamo cresciuti insieme e fino all’anno scorso eravamo magari visti sullo stesso piano. Tutto è partito da qualcosa, non è arrivato a caso. Se non avesse preso fiducia al Romandia con la tappa vinta, magari non si sarebbe attivato tutto il circolo virtuoso col Delfinato, il campionato italiano, quello europeo e poi il trionfo di Roubaix. Quando vinci, sei più sereno, sei più appagato e non hai più nulla da perdere. Si creano delle situazioni mentali che ti fanno fare uno step ulteriore. Al Giro 2020, ad esempio, sono andato forte come non mai anche perché ero galvanizzato dall’aver vinto il Memorial Pantani a fine agosto.

Tra Sobrero e Ganna, sembra che qualcosa si muova nel ciclismo piemontese, sei d’accordo?

Loro sono due fenomeni, però il problema è che alle loro spalle c’è il buio totale.

Per quale ragione secondo te?

C’è una mentalità del cavolo. Le strade non invogliano ad andare in bici, ci sono sempre più rischi, per cui già per quella ragione un genitore, a meno che non abbia una passione reale, perché dovrebbe portare il figlio a pedalare? Poi l’altra cosa me l’ha fatta notare proprio Sobrero. Mi ha detto che quando lui era allievo o juniores, c’ero io come professionista. Vedendo che ce l’avevo fatta io, lui si è detto: «Devo farcela anch’io». Il problema è che ci sono pochissimi modelli a cui ispirarsi, basti pensare che quando sono passato pro’ io, davanti a me non c’era nessuno, l’unico era Sergio Barbero che aveva smesso 10 anni prima. E ancora prima, negli anni Novanta per ispirarsi bisognava ricordare Italo Zilioli. 

Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 ha dato a Felline morale per il Giro d’Italia
Fabio Felline, Memorial Pantani 2020
La vittoria al Memorial Pantani 2020 gli ha dato morale per il Giro dello stesso anno
Dunque non sei così ottimista nemmeno per il futuro?

No e mi dispiace perché, a meno che non spunti fuori qualcuno, manca il ricambio generazionale ed è facile che per un po’ di tempo mancherà dietro a loro due. Ganna e Sobrero sono due fari, ma non bastano. Adesso ho perso il giro del ciclismo giovanile e non vorrei dire una cavolata, ma non ho sentito di allievi o juniores piemontesi che spopolano a livello nazionale per cui il timore è che debbano passare altri 10 anni per tirare fuori altri professionisti di ottimo livello.

Eppure, è una regione che pullula di appassionati delle due ruote, come lo spieghi?

Manca un vivaio in Piemonte. Quando ero piccolino, vedevo molte meno persone in bici, ma quelli che incrociavo correvano tutti, mentre adesso vedi tanta gente che ha comprato la bici, che si è avvicinata al ciclismo più tardi e purtroppo non è quello che fa il ricambio generazionale. Ci vorrebbe di nuovo maggiore cultura del nostro sport che negli anni si è un po’ persa.

Torino chiama, Felline risponde: «E’ peggio di una Liegi»

30.11.2021
5 min
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Una tappa sulle colline di Fabio Felline. Sabato 21 maggio 2022, il Giro d’Italia farà un bel regalo agli appassionati di ciclismo di Torino e dintorni. Già, perché dopo aver disegnato la cronometro che ha aperto l’edizione 2021 nel pieno centro del capoluogo piemontese, con l’apoteosi rosa di Filippo Ganna, questa volta gli organizzatori si sono sbizzarriti. Ecco pronto un inedito circuito tutto sali e scendi con alcuni passaggi tratti dalla classica più antica che esista: la Milano-Torino.

La Maddalena e Superga

La 14ª frazione, che arriverà verso la fine della seconda settimana, potrebbe davvero fare sfracelli. Propone un dislivello di 3.600 metri concentrato in appena 153 chilometri. L’unica pianura prevista è all’inizio, nei 10 iniziali. Dopodiché i corridori dovranno arrampicarsi per tre volte sul Colle della Maddalena (il punto più alto della collina torinese coi suoi 715 metri) e per due a Superga sfiorandò la Basilica, tristemente nota anche per il disastro aereo che costò la vita ai giocatori del Grande Torino il 4 maggio 1949.

Nel finale, ancora lo strappo di Santa Brigida, prima di dirigersi verso il traguardo che sarà di fronte alla Gran Madre al termine del rettilineo di corso Moncalieri. Proprio come accaduto sia in occasione della crono inaugurale di quest’anno sia nella passerella conclusiva del 2016. Quella volta Giacomo Nizzolo venne declassato dai giudici e la vittoria fu assegnata al tedesco Nikias Arndt.

Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana
Per Felline il 2022 sarà la terza stagione con l’Astana

Fra Giro e Tour

Quel Giro se lo aggiudicò Vincenzo Nibali, che quest’anno tornerà all’Astana e sarà uno dei capitani della formazione in cui Felline corre dal 2020. Il trentunenne torinese non sa ancora che cosa l’aspetti nella terza stagione con la squadra kazaka e lo scoprirà soltanto a partire dalla settimana prossima. Dopo la presentazione ufficiale in Kazakhstan, volerà infatti a Calpe per cominciare la preparazione e stilare i programmi.

«Non so ancora dire se farò Giro, Tour o Vuelta tra i grandi Giri – comincia a raccontare – parlando con lo staff però, devo ammettere che, dopo due anni in cui il focus principale è stato sul Giro, ho espresso il mio desiderio di correre soprattutto il Tour. Non perché preferisca l’uno o l’altro, ma perché sono alla ricerca di nuovi stimoli. Con la Grande Boucle, a parte il 2019 che l’ho conclusa, non ho avuto un gran rapporto sin qui. Mi ricordo ancora di quando nel 2017 mi dovetti ritirare perché avevo scoperto di avere la toxoplasmosi. Se invece la priorità sarà il Giro, sarò prontissimo a un’altra avventura rosa».

Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese
Il Giro arriverà alla Basilica di Superga scalando il versante Bric del Duca e non da Pino Torinese

Largo alle fughe

Anche perché riguardo a quella tappa che si diceva in precedenza, praticamente quelle pagine del Garibaldi potrebbe disegnarle lui.

«Non l’ho disegnata io questa tappa – sorride – perché l’avrei fatta un po’ meno dura rispetto a quella scelta dagli organizzatori. Però penso che quella lì è una un’occasione per andare in fuga per molti corridori, anche perché il giorno dopo c’è il tappone di montagna che finisce a Cogne. Come spesso accade, anche questa volta i big potrebbero lasciare via libera, almeno sulla carta. E’ anche vero però che quel dislivello lì di 3.600 metri in così pochi chilometri può fare veramente male: se un big è in palla, c’è terreno per far veramente danno ai rivali».

Le strade di casa

Fabio pensa al Tour, ma quella tappa così speciale lo stuzzica proprio: «Abito lì sotto le faccio sempre quelle salite. Forse la strada che conosco meno è quella che all’inizio da Santena porta alla collina, mentre tutte le altre le faccio almeno una volta alla settimana quando sono ad allenarmi a Torino. Questa sì che si può dire che sia la tappa di casa e sarebbe uno degli elementi più affascinanti se dovessi partecipare al Giro».

Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni
Nel 2014 in maglia Trek sulla salita di Superga, che aveva già affrontato in corsa nel 2012 a 22 anni

Peggio della Liegi

E facendo volare il pensiero a quest’eventualità, ipotizza i vari scenari: «Fosse una corsa di un giorno come una classica, direi che è proibitiva per me. Ma nel contesto di un grande Giro è diverso e può capitare di trovarsi nelle condizioni ottimali per fare bene. Comunque questa è peggio di una Liegi, sono salite vere: lo chiamano con un altro nome, ma il Bric del Duca sarebbe Sassi-Superga, quella della Milano-Torino e tutti hanno visto almeno in tv che con quelle pendenze così dure non si scherza. Pensare che bisogna farlo due volte e tre la Maddalena, più gli ultimi strappi finali... Se ti trovi nella fuga giusta, può diventare davvero una giornata stimolante. Come detto però, bisognerà vedere anche chi porterà l’Astana come uomo di classifica per il Giro, se Nibali o Lopez oppure entrambi e quindi magari può darsi che la tattica di squadra imponga una corsa più accorta».

Potendo contare su un Cicerone così per quella tappa c’è da star certi che, se Fabio sarà al via della Corsa Rosa, ne vedremo delle belle. 

Amadori: «Rivedremo in nazionale Tiberi e Piccolo»

11.11.2021
5 min
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Marino Amadori resta al comando degli under 23. Avendo sulle spalle 11 anni da professionista, 10 anni da direttore sportivo e 17 da tecnico federale (fra donne e under 23), poco di quello che gli succede attorno lo scuote. Basta sapersi adeguare, fare al meglio il proprio mestiere e il resto viene da sé. Così, reduce anche lui dalla due giorni organizzativa di Milano e ancor prima dalla vittoria iridata con Baroncini (foto di apertura), inizia a stendere il lenzuolo della prossima annata chiedendosi se poi sia davvero cambiato il mondo.

«E’ stata una cosa buona – dice – con un’impostazione molto organizzata fra noi tecnici. Si era fatto qualcosa di simile in passato, ma mai con tutti i settori presenti. Per l’attività non è cambiato nulla, abbiamo parlato dei programmi che vorremmo fare e adesso aspettiamo la valutazione del Consiglio federale».

Tiberi 2019
Antonio Tiberi è stato iridato juniores a cronometro nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate
Tiberi 2019
Il laziale Tiberi, iridato juniores a crono nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate

Tiberi e i mondiali

Ai mondiali, alla vigilia della crono, ci eravamo confrontati con Marino sul tema affrontato in un editoriale: perché Tiberi non era stato convocato per la cronometro under 23? Seppure ci fossimo trovati d’accordo sul principio della valorizzazione del giovane talento e sul bene che gli avrebbe fatto riassaporare l’adrenalina di un mondiale, dopo aver vinto quello da junior nel 2019, Amadori aveva lasciato capire che la politica di non convocare atleti professionisti era stata adottata dall’alto e a quella si era attenuto. Mentre Amadio, poco distante ma ancora non nel pieno delle sue funzioni, aveva precisato che, volendo, Amadori avrebbe potuto convocarlo. Si era in piena transizione, ora le cose seguono un corso diverso.

Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Oggi convocheresti Tiberi?

Amadio è propenso a questa strada. La categoria Uci riguarda atleti dai 18 ai 22 anni, senza riferimenti allo status contrattuale. Potendo fare il mondiale, anche noi andremo alla partenza con la squadra più attrezzata. Prima non era così scontato. Per cui valuteremo il percorso e gli atleti che avremo a disposizione. Però non c’è nulla di scontato. Ricordate Felline?

Mondiali under 23 di Limburgo 2012…

Esatto, il professionista io l’ho convocato. Aveva vinto il Memorial Pantani la settimana prima, ma venne su quasi infastidito perché voleva correre il mondiale dei pro’ e non fece proprio una gran corsa. Questo per dire che se anche prendi un corridore di un certo livello, bisogna che sia motivato. Il nome non basta.

La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
Il fatto che si valuti la fascia d’età ti permette di selezionare anche quelli che da juniores vanno tra i pro’. Cosa pensi di questa tendenza?

Non è il massimo. La gente non capisce che di Remco Evenepoel c’è solo lui. Questo qui non è uno junior che andava forte. E’ uno che ha vinto tutte le tappe del Lunigiana e tutte le gare a tappe cui ha partecipato nel 2018. Che ha vinto gli europei strada e crono e poi i mondiali strada e crono. Ora mi dite quanti di quelli che stanno passando direttamente professionisti hanno avuto risultati appena simili? Per crescere c’è bisogno di salire un gradino alla volta.

Ora gli juniores sono stati affidati a Salvoldi, ci sarà collaborazione con lui per cercare di raddrizzare la cultura di squadre, atleti e famiglie?

Sicuramente sarà il primo punto, ma è qualcosa che si faceva anche prima.

Si parla molto del pool di esperti che faranno da supporto trasversale ai tecnici federali.

Confermo, daranno consigli e aggiornamenti al settore che si rivolgerà a loro. Sono più aggiornati di noi su metodologie e sistemi e ci terranno aggiornati su aspetti grazie ai quali guadagnare i piccoli margini per fare la differenza.

In che modo sarà strutturata la stagione internazionale degli under 23?

Sostanzialmente ruoterà attorno alla Coppa delle Nazioni, anche se ha solo 4 tappe, ai Giochi del Mediterraneo in Algeria a luglio, gli europei ad Anadia in Portogallo e i mondiali in Australia.

E le crono le seguirà Velo.

Con la massima collaborazione, provando a inserire elementi giovani perché facciano esperienza. Valuteremo i nomi. Ci sono under 23 che hanno fatto bene da juniores, sui quali bisognerà lavorare per tenerli nel giro della nazionale. E’ importantissimo per corridori come Tiberi, Milan e lo stesso Piccolo sapere che il filo con la maglia azzurra non si interrompe. Anche perché alcuni passano tanto presto e poi rischiano di perdere contatto.

In questo c’è il vero elemento di novità…

E’ il nostro indirizzo. Non escludo di convocare presto Piccolo e credo che saranno esperienze utili ad esempio anche a uno come Verre, che è passato secondo me troppo presto. Capisco il discorso economico, ma nel professionismo bisogna pensare a lungo termine. Noi cercheremo di stare vicini ai nostri ragazzi.

Felline 2021

Felline: «I giovani devono imparare il rispetto»

17.09.2021
5 min
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È il detentore e quello che ha vinto più volte il Memorial Marco Pantani, ma sabato 18 settembre – giorno della gara intitolata all’indimenticato Pirata, giunta alla 18esima edizione – Fabio Felline non sarà al via.

Il 31enne torinese dell’Astana-Premier Tech è impegnato al Tour de Slovaquie (fino al 19) e in questo finale di stagione ha dovuto fare delle scelte di calendario per ritrovare il giusto colpo di pedale. A scapito anche delle gare italiane, compresa quella romagnola (199 km da Castrocaro Terme a Cesenatico) che ha vinto nel 2012 e l’anno scorso.

La gara organizzata dal Gs Emilia è stata l’occasione per sentire Felline dopo che a fine maggio era diventato padre del piccolo Edoardo e dopo un’estate piuttosto tranquilla dal punto di vista agonistico.

Fabio, iniziamo dal Memorial Pantani. Puoi descrivercelo?

Il percorso è quello classico col circuito comprendente la salita di Montevecchio (5 km, 369 metri di dislivello, pendenza media del 7 per cento e massima del 15, ndr) come punto decisivo per fare un po’ di selezione. Poi ci sono una serie di mangia e bevi e ancora lo strappo di Longiano (al 6 per cento, ndr) che tuttavia non credo possa fare ulteriori grosse differenze anche perché mancano circa 40 chilometri al traguardo. Il finale prevede un circuito cittadino di 5 chilometri da ripetere 4 volte.

Felline Pantani 2012
Il primo successo di Felline al memorial Pantani, all’estrema sinistra la sua volata vincente, era il 2012
Felline Pantani 2012
Il primo successo di Felline al memorial Pantani, all’estrema sinistra la sua volata vincente, era il 2012
Tracciato adatto a ruote veloci che tengono bene in salita proprio come te. Una tua previsione?

Innanzitutto bisogna dire che sarà importante non consumare troppe energie nella fase centrale. I passisti veloci dovranno fare attenzione ad eventuali forcing di chi è più scalatore di loro. Detto questo, solitamente è sempre arrivato un gruppo ristretto e uomini come Colbrelli e Trentin, per dirne due che hanno certe caratteristiche e che arrivano dagli Europei con una grande gamba, possono vincere.

Ti spiace non poter correre il Pantani?

Sì anche se forse non sarei stato competitivo come avrei voluto. Personalmente tornare alle gare che ho già vinto penso sia un’arma a doppio taglio perché ti aspetti sempre qualcosa in più. Con la squadra ho dovuto decidere e abbiamo preferito andare in Slovacchia per fare quel volume che una gara a tappe sa darti.

Felline Pantani 2020
Otto anni dopo Fabio Felline torna a primeggiare al memorial Pantani, unico a realizzare la doppietta
Felline Pantani 2020
Otto anni dopo Fabio Felline torna a primeggiare al memorial Pantani, unico a realizzare la doppietta
Dopo un buona prima parte di stagione (quarto posto nella tappa pazza di Castelfidardo alla Tirreno e stesso risultato nella prima al Tour of the Alps) come sei arrivato a dover rivedere il tuo calendario?

Fino al Giro d’Italia avevamo un programma ben definito e con l’arrivo del figlio avevo chiesto alla squadra una breve periodo meno intenso. Però, senza fare alcuna polemica, tra gare saltate ed una programmazione non ottimale, sono tornato in corsa solo ad agosto all’Arctic Race in Norvegia. Ero nella lista per fare la Vuelta ma il team ha fatto altre scelte. A quel punto sono andato a Plouay e mi sono ammalato e non sono nemmeno riuscito a fare il Benelux Tour. Infine ho fatto dieci giorni in altura per presentarmi al meglio per il finale.

Tu sei in scadenza con l’Astana, com’è tua situazione contrattuale? Resti o cambi aria?

Sono in attesa di sapere le ultime novità ma so che ero uno degli uomini che volevano riconfermare. Anzi in questo senso avevamo già fatto un pre-accordo però devo ancora mettere nero su bianco.

Felline Savio 2012
Felline con Gianni Savio: la sua esperienza all’Androni si è rivelata una scuola fondamentale
Felline Savio 2012
Felline con Gianni Savio: la sua esperienza all’Androni si è rivelata una scuola fondamentale
Allora queste ultime gare stagionali sono un ulteriore stimolo per mettersi in mostra e far sciogliere eventuali dubbi sulla riconferma.

Assolutamente sì. Nel calendario italiano ci sono ancora tante corse benché alcune realisticamente non siano troppo adatte alle mie caratteristiche. Però l’importante è andare forte e dimostrarlo.

La nascita del figlio ti ha cambiato la vita?

Se intendi in bici, ovvero prendere dei rischi, no. Non ho avuto dei blocchi. Già da qualche tempo ero più mentalizzato nel non dover per forza osare più del dovuto in volata o in discesa, ad esempio. Devo dire però che ha accresciuto il senso di responsabilità mio e della mia compagna.

Fabio sei diventato prof molto giovane, con una sola stagione negli under 23. Nel 2010 a vent’anni sei stato buttato nella mischia al Tour de France. Cosa pensi di questa tendenza che vuole molti giovani a passare presto?

Ripensandoci, il mio problema fu quello di passare giovane in un ambiente con la mentalità vecchia per certe cose. Correre quel Tour fu una grande esperienza perché imparai tante cose dai senatori del gruppo. Disputai solo otto tappe poi mi promisero di correre il Giro l’anno dopo che partiva proprio da Torino. Non lo corsi e ci rimasi male. Mi sentivo come in un frullatore. Solo dagli anni con Savio (corse con la Androni nel biennio 2012-13, ndr) in poi sono cresciuto veramente e in Trek (nelle successive sei stagioni, ndr) ho fatto un ulteriore salto di qualità. Questo per dire che ci vuole tempo per diventare un vero professionista.

Felline gruppo 2021
Oggi Felline è considerato fra i più esperti del gruppo e ai giovani non le manda a dire…
Felline gruppo 2021
Oggi Felline è considerato fra i più esperti del gruppo e ai giovani non le manda a dire…
L’aspetto psicologico è fondamentale…

Sì, adesso c’è molto più stress sui giovani. Ho sempre detto che se un ragazzo ha i numeri tra i professionisti prima o poi si vedranno ma dipende a che prezzo. Se ti chiedono risultati subito e non li fai, rischi di essere considerato non all’altezza, viceversa se li fai rischi che te ne chiedano sempre di più e di arrivare a 26 anni già spremuto psicofisicamente. Io dico che ci vuole pazienza con i giovani ma vorrei consigliare una cosa.

Quale?

Mi piacerebbe che nelle categorie giovanili insegnassero il rispetto verso chi è più vecchio ed esperto. Quando sono passato io c’erano ancora grandi corridori come Cancellara o Armstrong e non mi sarei mai permesso di buttarmi in una curva in mezzo a loro con spavalderia. Oggi stare in gruppo è difficile. Ti ritrovi molti neopro o giovani che non guardano queste cose e risultano piuttosto irriverenti senza trarne vantaggio o senza avere certi numeri per esserlo. In gruppo ci sono ancora gregari che sono professionisti da tantissimi anni, che magari non hanno mai vinto o fatto piazzamenti e non posso vedere che certi giovani manchino di rispetto a loro. Forse in questo senso manca un vero leader come in passato.