Rifugio Sapienza, la seconda casa dei corridori

21.06.2022
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Caruso è lassù da sabato, dopo il Delfinato e qualche giorno a casa. L’Etna l’aveva salutato l’ultima volta allargando le braccia al Giro di Sicilia e poi mandando un messaggio al gestore del Rifugio Sapienza. Fra i corridori e chi li ospita nei ritiri si crea spesso complicità per la condivisione dell’isolamento. E siccome la gente di montagna ha il cuore grande e quella di Sicilia ce l’ha enorme, il siciliano del Team Bahrain Victorious aveva così mandato un abbraccio al padrone di casa della prima altura di stagione.

Il Sapienza fu costruito nel 1947 e sorge a 1.910 metri di quota (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Il Sapienza fu costruito nel 1947 e sorge a 1.910 metri di quota (foto Facebook/Rif. Sapenza)

Il boom delle biciclette

Domenico Moschetto: si chiama così il gestore del rifugio catanese (in apertura con Damiano), conquistato al ciclismo dal lento lavorìo di Paolo Alberati e dall’afflusso ormai regolare di corridori da ogni parte del mondo. E se nel mondo dello sport il Sapienza è una meta gettonata anche per atleti di altri sport, il merito è anche il suo per aver spalancato le porte a una clientela diversa dal solito.

«Diversa dal solito – sorride – che però ci dà visibilità gratuita e permette ai ragazzi di qui di avvicinarsi allo sport e alla montagna. Nella bella stagione, abbiamo ogni giorno al bar 70-80 ciclisti. E’ incredibile quello che si è scatenato dopo l’arrivo del Giro nel 2011. Con l’associazione Il Pedale nel Cuore abbiamo distribuito borracce a chiunque arrivasse in cima in bicicletta e ne abbiamo date non meno di 700».

L’Etna è una montagna viva. Le sue eruzioni sono spettacolari (foto Facebook/Rif. Sapenza)
L’Etna è una montagna viva. Le sue eruzioni sono spettacolari (foto Facebook/Rif. Sapenza)

La magia dell’Etna

L’Etna è montagna viva, generatrice di stupore e tremori. Le foto delle eruzioni lasciano senza fiato i turisti che lo scoprono. In occasione del Giro d’Italia, nel giorno della vittoria di Kamna, è stato bello osservare i tifosi del Nord fermi a fissare la maestosità nera del vulcano e il rosso guizzante delle coccinelle che si nascondono sotto le sue pietre. Per i corridori il bello è anche in altri aspetti.

Il Rifugio Sapienza sorge a 1.910 metri di quota, fu progettato nel 1936 dal CAI durante il Fascismo e realizzato nel 1947 come rifugio alpino, in sostituzione della casa cantoniera utilizzata fino a quel momento. Ha rischiato più volte di essere travolto da eruzioni dell’Etna. La lunghezza dei tempi si dovette alla mancanza di fondi, tanto che fu il socio CAI Giovannino Sapienza a versare l’importo necessario e così la struttura gli venne intitolata.

Il Giro d’Italia è arrivato lassù per cinque volte. Nel 1967 con vittoria di Bitossi, nel 1989 fu la volta di Acacio Da Silva, quindi Contador nel 2011, Polanc nel 2017 e Kamna lo scorso 10 maggio.

Il rifugio è meta di turisti in estate e anche d’inverno. Da un po’ è meta per ciclisti (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Il rifugio è meta di turisti in estate e anche d’inverno. Da un po’ è meta per ciclisti (foto Facebook/Rif. Sapenza)
Che tipo di ospiti sono i corridori?

Ragazzi in gamba che chiedono meno di altri clienti. Sono felicissimi di aver trovato condizioni ambientali favorevoli. Sul Teide stanno pure bene, ma noi abbiamo l’aeroporto a mezz’ora, quota zero alla stessa distanza e anche la città.

Meno esigenti, ma con orari insoliti?

Ci siamo messi a disposizione a 360 gradi. I ragazzi dello staff sanno che quando ci sono corridori, devono essere pronti per qualsiasi cosa e a qualsiasi ora. Per cui se la cucina è chiusa e gli atleti rientrano a metà pomeriggio e hanno fame, vanno accontentati. Insalatone, pesce, carpaccio, quello che vogliono e che possiamo offrire loro. Per il resto hanno la loro colazione più ricca e poi non li vedi e non li senti.

Luca Chirico nel ritiro di febbraio dello scorso anno sull’Etna
Luca Chirico nel ritiro di febbraio dello scorso anno sull’Etna
Portano da casa la loro colazione più ricca?

Qualcosa la portano, altrimenti mandano la lista e noi facciamo la spesa. Alcune squadre hanno spedito l’elenco e ci hanno messo in contatto con il nutrizionista. In assenza di indicazioni, noi prepariamo come da menù e loro aggiungono se manca qualcosa o hanno bisogno di qualcosa di diverso.

Cosa fanno quando non si allenano?

Si trovano insieme al bar e parlano. Capita spesso che ci siano tanti singoli di squadre diverse e che dopo qualche giorno si ritrovino a fare gruppo.

In che modo la presenza dei corridori influisce sul numero dei cicloturisti?

Noi cerchiamo di non pubblicizzare troppo la loro presenza, ma basta che usino i social e il mondo se ne accorge. Per cui quando scoprono che magari c’è un bel nome, vengono a farsi la foto prima che partano o al rientro. C’è anche chi ci telefona per sapere a che ora partono e che giro fanno, in modo da farsi trovare lungo la strada e fare un pezzo insieme. Noi però cerchiamo di non creargli scompiglio, per non disturbarli. Anche se nella maggior parte dei casi, avere un po’ di pubblico non sembra dispiacergli.

Che rapporto si crea fra il corridore e lo staff? Li seguite poi nelle loro corse?

Certo, diventiamo tutti tifosi. C’è l’episodio del messaggio scritto da Caruso dieci minuti dopo aver vinto, per far capire che siamo a strettissimo contatto e si crea un’atmosfera molto familiare.

Quando iniziano a prenotare per il prossimo?

Di solito a ottobre. Finiscono la stagione e immagino che sulla base dei programmi per l’anno dopo, inizieranno a organizzarsi. Noi siamo qui ad aspettarli…

Delfinato a denti stretti, la via di Caruso verso il Tour

13.06.2022
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Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?

Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.

«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».

Vale a dire?

Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.

Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi

Block training, come funziona

Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.

L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.

Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?

Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.

Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?

Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.

Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?

Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.

Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.

Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.

Come si passa alla terza fase?

Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...

Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?

Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.

Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…

Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.

Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?

L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.

Risalite in cima sempre in bici?

Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.

Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?

Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.

Soddisfatto del Delfinato, allora?

Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…

Il Decano torna al Giro: gli appunti di Gianfranco Josti

22.05.2022
5 min
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Questo articolo è nato da un incontro per caso nella sala stampa di Catania, quando abbiamo visto entrare Gianfranco Josti, inviato per tanti anni del Corriere della Sera. Così tanti, da essersi guadagnato un titolo che nessuno ha poi rivendicato. Dopo poche parole, ci siamo resi conto che Gianfranco mancasse dal 2005. E qui è nata l’idea: «Perché non ci scrivi un pezzo in cui racconti quel che eventualmente vedrai di diverso?». Detto e fatto…

Buongiorno ai lettori. 

Come tutti gli esseri umani ho un nome e un cognome, ma nel mondo del ciclismo che ho frequentato per più di quarant’anni in qualità di giornalista, gli addetti ai lavori mi conoscono come “Decano”. Dopo una assenza durata diciassette anni ho deciso di accettare la proposta di un collega francese, una sorta di fratello minore che ho conosciuto sulle strade del Giro ’84: seguire con lui le prime tappe della corsa rosa al Sud saltando la partenza dall’Ungheria. E’ stato insieme un atto di coraggio e di amore verso un ambiente che mi ha regalato tantissime emozioni e soddisfazioni, ma anche profonde e dolorose delusioni. 

Gianfranco Josti è nato il 1° maggio 1941, ha lavorato come giornalista dal 1962 al 2005
Gianfranco Josti è nato il 1° maggio 1941, ha lavorato come giornalista dal 1962 al 2005

Come a Disneyland

Vista con gli occhi di un ultraottantenne, la più grande kermesse sportiva che si svolge in Italia da oltre un secolo ti lascia a bocca aperta per la sua imponenza.

Ogni giorno su strade e stradine si muovono centinaia di mezzi ultracolorati, quasi fossimo a Disneyland. Alla partenza e all’arrivo di ogni tappa, chi s’avventura per la prima volta rischia di perdersi se non si fa guidare da una segnaletica cartellonistica ancora in grado di reggere il confronto con quella digitale.

La sensazione che ne ho ricavato è che, rispetto ai miei tempi, c’è stato un grande sforzo da parte degli organizzatori per catturare l’interesse dei frequentatori del Giro (forse è più corretto chiamarli sponsor) proponendo loro un’immagine di grandiosità. Caratteristica che credevo fosse esclusiva prerogativa del Tour de France

La svolta di RCS Sport strizza l’occhio ai partner commerciali, calati in un contesto di grande enfasi
La svolta di RCS Sport strizza l’occhio ai partner commerciali, calati in un contesto di grande enfasi

La nuova sala stampa

 La cosa che mi ha colpito di più ritornando alla corsa rosa dopo tantissimo tempo è la “quasi” assenza di giornalisti della carta stampata. Ricordavo sale stampa sovraffollate, con colleghi francesi, belgi, olandesi, qualcuno di lingua inglese, anche danesi e norvegesi.

C’erano problemi per parcheggiare l’auto nei pressi del Quartier Tappa (quasi tutte le testate seguivano la corsa su una propria vettura con tanto di pilota qualificato).

Ho ancora vivido il ricordo dell’aria frenetica della sala stampa che si respirava tra tavolate o banchi anche quando è scomparso il martellare delle macchine da scrivere (e l’acre fumo delle sigarette) sostituite dai silenziosissimi e mai sufficientemente apprezzati computer. 

La sala stampa ha cambiato composizione. Le testate cartacee si sono ridotte, hanno guadagnato spazio i cosiddetti New Media
La sala stampa ha cambiato composizione. Le testate cartacee si sono ridotte, hanno guadagnato spazio i cosiddetti New Media

Il ruolo del cronista

La vita cambia continuamente, ai giorni nostri addirittura a ritmo frenetico e si fa davvero fatica a tenere il passo dei progressi che ci impone la tecnologia quasi quotidianamente. Però, mi sono detto, i corridori sono sempre essere umani in carne ed ossa, sono sempre costretti a soffrire, a sacrificarsi, a fare fatica. Anche se le bici sono più leggere, c’è il cambio elettronico e il freno a disco e il marchingegno per regolare l’altezza della sellaper andare avanti bisogna sempre azionare le gambe. Tanto che il vecchio detto di Alfredo Binda, il primo campionissimo del ciclismo “ghe voren i garùùn” (ci vogliono le gambe) è sempre d’attualità anche nel terzo millennio.

Ecco perché continuo ad amare il ciclismo, anche se non sarei più disposto a seguirlo. Perché un tempo il contatto con corridori, direttori sportivi, meccanici, massaggiatori era quotidiano, alla partenza e all’arrivo, qualche volta in albergo. Le interviste più succose avvenivano mentre il corridore si faceva massaggiare.

Adesso, complice il Covid, ci si parla spesso in videochiamata, quando va bene, o attraverso il responsabile della comunicazione. Del resto la quantità di notizie che un giornalista al seguito è in grado di ricevere è tale che “forse si lavora meglio da casa che al seguito della corsa”. Essendo tecnologicamente negato, non sarei in grado di svolgere il ruolo di cronista.

A causa del Covid (quindi si spera che passi presto) il contatto fra stampa e atleti vive di tante divisioni
A causa del Covid (quindi si spera che passi presto) il contatto fra stampa e atleti vive di tante divisioni

Incontro sull’Etna

Per concludere questo revival (di cui sarò sempre grato a Enzo Vicennati, uno dei ragazzini che ho avuto il piacere di conoscere e frequentare) consentitemi di citare un personalissimo e singolare episodio che mi ha visto protagonista in questa fantastica rentrèe

Sul traguardo dell’Etna, molto prima dell’arrivo dei concorrenti, ho incontrato un imprenditore calabrese, amante del ciclismo, che avevo conosciuto negli Anni Ottanta. Commozione reciproca, baci e abbracci ed una sensazionale scoperta. Mimmo (il nome dell’imprenditore) infatti mi detto: «Caro Gianfranco ho conservato come una reliquia la tessera stampa che tu mi hai dato per accedere alla Sei Giorni di Milano, visto che i biglietti erano esauriti e introvabili. L’ho conservata come una reliquia, adesso che ti ho incontrato te la posso restituire, ci vediamo all’arrivo della tappa di Scalea».

Il Giro secondo Josti non ha perso il suo colore, ma il “mondo Giro” è cambiato profondamente
Il Giro secondo Josti non ha perso il suo colore, ma il “mondo Giro” è cambiato profondamente

Cosa che si è puntualmente verificata. Dopo quarant’anni sono pertanto tornato in possesso della tessera stampa plastificata intestata a “SIG JOSTI corriere della sera” che mi consentiva l’accesso alla Sei Giorni di Milano nel Palazzo dello Sport dal 13 al 19 febbraio 1982. Per la cronaca: quell’edizione fu vinta dalla coppia Saronni-Pijnen che la spuntò su Moser-Sercu. 

Al Giro d’Italia può accadere anche questo.

Gianfranco Josti

Camera ipobarica: tanti la usano, nessuno ne parla

21.05.2022
5 min
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Di base Oldani ha ragione: è assurdo che ci sia chi può e chi no. «Il discorso della camera ipobarica – ha detto giovedì dopo la vittoria – è una questione vecchia che nessuno ha più preso in mano. Credo che solo uno o due Paesi al mondo ormai non concedano questi tipi di allenamenti. Più di tre quarti del gruppo ne fa utilizzo. Noi italiani siamo in svantaggio. Prima del Giro mi sono fatto due settimane di altura sull’Etna da solo, quando la mia squadra era tutta in Spagna presso questi hotel con la camera ipobarica. Si allenavano insieme, facevano gruppo, avevano i meccanici, i massaggiatori, mentre io no. E ogni volta per tornare in quota dovevo farmi un’ora di salita non avendo la macchina al seguito».

Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica
Dopo la vittoria di Genova, Oldani ha ripetuto il suo malumore per il divieto d’uso della camera ipobarica

Hotel Syncrosfera

Oldani non era solo perché con lui c’era Fiorelli, ma di certo non era con la sua squadra. E anche se a nessuno sembra interessare la sua rimostranza, resta il fatto che quello della tenda ipobarica sia un tema attuale.

Secondo la WADA non è doping e di certo è il modo più rapido per ottenere il vantaggio dall’altura, senza dover andare sulla cima di un vulcano. Gli esiti fisiologici sono gli stessi. La filosofia di base è la stessa. Il metodo di lavoro identico. Solo le normative sono diverse: ad ora soltanto italiani e svizzeri non possono farvi ricorso.

Così, mentre Oldani faceva su e giù dall’Etna e a dispetto della diseguaglianza ha vinto la tappa di Genova, i suoi compagni soggiornavano al Syncrosfera dell’ex pro’ russo Alexander Kolobnev.

Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)
Il Syncrosfera di Denia è stato costruito da Alexander Kolobnev, ex pro’ russo (foto Instagram)

In altura, sul mare…

L’hotel si trova a Denia ed è dotato delle cosiddette camere d’altitudine, dove viene simulato l’effetto di un ritiro in quota, mentre i corridori continuano ad allenarsi al livello del mare. Come sul Teide o sull’Etna, per fare un esempio: si scende per allenarsi e si dorme in alto.

La volontà, dichiarano dall’hotel, è quella di porsi come un hotel per sportivi e avere tutte le strutture per soddisfare le esigenze degli atleti. Con una cinquantina di euro in più, si può soggiornare in una delle quindici camere dotate di un generatore in grado di simulare un’altitudine fino a 4.500 metri sul livello del mare. Il generatore non è fisicamente presente nella stanza, quindi c’è poco inquinamento acustico. Non si sente il generatore e nemmeno il flusso d’aria necessario per portare l’ossigeno al livello desiderato.

Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)
Un controller a parete, come un termostato, per impostare la quota voluta (foto Syncrosfera)

In Slovenia e Australia

La cosa non è nuova. In Slovenia, ad esempio, l’altro ex professionista Tadej Valjavec ha aperto un hotel con le stesse caratteristiche, mentre a Canberra il Comitato olimpico australiano gestisce un condominio con camere ipobariche dal 2014.

In Europa è ancora territorio inesplorato. Italia e Svizzera applicano restrizioni per i propri atleti, così Oldani non ha potuto seguire la sua squadra, giacché l’agenzia antidoping italiana ne vieta l’uso anche all’estero.

Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)
Spendendo circa 50 euro in più per notte, si può ricorrere alle funzioni ipossiche (foto Syncrosfera)

Quattro stelle

L’Hotel Syncrosfera di Denia ha quattro stelle ed è diventato la meta di altre squadre oltre alla Alpecin-Fenix. E’ piuttosto immediato coglierne la comodità. Per un ritiro in altura a gennaio o febbraio, la soluzione è recarsi sul Teide, sull’Etna o a Sierra Nevada, dove è possibile dormire oltre i 2.000 metri di quota. Fuori però è freddo: siamo stati diretti testimoni della nevicata che lo scorso anno bloccò le ragazze della nazionale azzurra sull’Etna.

Kolobnev ha risolto il problema. E dato che lui per primo era allergico ai lunghi ritiri in altura, dopo aver smesso di correre, ha pensato a un luogo in cui i corridori possono allenarsi al livello del mare durante il giorno e dormire comodamente in quota di notte.

Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)
Nell’hotel ci sono piscine e palestre: una vera casa per sportivi (foto Syncrosfera)

Diffusione belga

Stando ai corridori belgi che fanno largo uso della tenda ipobarica in casa (secondo Het Nieuwsblad, si parla di circa l’80 per cento dei professionisti di lassù), dormire in una camera così dà indubbi vantaggi di comfort rispetto alla tenda ipobarica.

Victor Campenaerts, che già in passato aveva creato scompiglio dicendo di aver simulato una quota di 4.700 metri ottenendo vantaggi clamorosi (che però non si sono tradotti in vittorie), spiega che la stanza ipobarica è più confortevole della tenda. Intanto perché la tenda è molto rumorosa, avendo il compressore attaccato, quindi il sonno è disturbato. E poi perché si è costretti a dormire con un orinatoio accanto al letto, in modo da non uscirne qualora si debba andare in bagno.

Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom
Kolobnev, classe 1981, è stato professionista dal 2002 al 2016, anno in cui ha chiuso con la maglia Gazprom

Tutti a Denia?

Non è doping, altrimenti andrebbe considerato allo stesso modo il fatto di andare in altura e bisognerebbe dichiarare fuorilegge i colombiani o gli eritrei che vivono regolarmente sopra i 2.000 metri. Perché vietarla? 

In Italia sono considerati doping ematico e quindi sono proibiti i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria. L’aggettivo “artificiale” fa la differenza, salire su una montagna di 3.000 metri è un processo naturale. Tuttavia la Wada non ha trovato l’accordo sul tema e ha lasciato alle singole Nazioni la libertà di scelta.

Così ad esempio, a quanto risulta al belga Het Nieuwsblad, dovrebbero presto alloggiare al Syncrosfera il UAE Team Emirates, Lotto-Soudal, Alpecin-Fenix e Groupama-FDJ. A loro si dovrebbero aggiungere due squadre di calcio appena conosciute: Barcellona e Real Madrid. Il tutto mentre in Italia resta una pratica proibita. Ha senso in questo sport mondializzato, in cui tutti devono sottostare alle stesse regole, che ci siano ancora certe differenze?

Sull’Etna il Giro dell’Astana crolla come un castello di carte

10.05.2022
7 min
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L’Etna viene inesorabilmente inghiottito dalle nuvole, quando Nibali scende dal pullman dell’Astana Qazaqstan Team e viene circondato dai tifosi. Firma autografi. Sorride. Cerca di farsi largo. Lo aspetta l’ammiraglia con dentro la ciotola del riso. Suo padre accanto confabula con Vinokourov. Lopez è appena rientrato sulla terza ammiraglia. Il Giro della squadra kazaka è venuto giù come un castello di carte al chilometro zero quando il colombiano si è ritirato con un’infiammazione al tendine del quadricipite. E adesso l’atmosfera è un po’ incredula e un po’ afflitta.

Nibali scende dal pullman e va verso l’ammiraglia. Ha provato a tenere duro, ma ha ceduto intorno ai meno 5 dall’arrivo
Nibali scende dal pullman e va verso l’ammiraglia. Ha provato a tenere duro, ma ha ceduto intorno ai meno 5 dall’arrivo

Dal primo giorno

Prima che i corridori cominciassero a scenderne, Shefer tirava dalla sigaretta e spiegava col pragmatismo di sempre.

«Lopez – diceva – è arrivato dal primo giorno con quella contrattura. Abbiamo cercato in tutte le maniere di andare avanti, sperando che tenesse duro, ma oggi non ce l’ha fatta. E’ stato così dal primo giorno, sapevamo che era a rischio. Ieri siamo andati a fare un’ecografia e sapevamo com’era. Sapevamo che l’unico di noi che poteva fare qualcosa era Lopez, ora il Giro cambia. Speriamo di vincere qualche tappa».

Al momento del ritiro, un collega spagnolo sorrideva dicendo che Lopez fosse partito per il Giro già in condizioni precarie. E questo un po’ si sposa con le parole di Shefer. Ma quello che domina più che il dubbio è la delusione.

Vinokourov ha provato a incoraggiare Lopez, ma si è arreso: delusione palpabile
Vinokourov ha provato a incoraggiare Lopez, ma si è arreso: delusione palpabile

Delusione Vinokourov

Vinokourov parla con un filo di voce. Il figliol prodigo, rientrato dall’Astana e messo al centro del progetto, si è dissolto nella prima tappa importante.

«Sapevo che stava male – dice – ma non sapevo che fosse così. Pensavo che a fine tappa avremmo valutato. Ma se stai male, stai male… Dispiace per la squadra e per tutto. Perché era arrivato per fare bene al Giro. Adesso bisognerà rimotivare i ragazzi e partire per vincere le tappe, cambiare le strategie. Non pensavo – quasi ci ripensa – che Lopez stesse male così. La tendinite… E’ così dai, non possiamo farci niente».

Anche Martinelli prende atto del ritiro, ma forse si sarebbe aspettato che Lopez provasse di più?
Anche Martinelli prende atto del ritiro, ma forse si sarebbe aspettato che Lopez provasse di più?

Martinelli rimugina

Martinelli s’è fatto il giro dei corridori, come è giusto che sia prima di parlare. Nel 2020 proprio nella tappa che arrivava qua in alto, la Ineos Grenadiers perse Thomas e si riorganizzò con la maglia rosa e un piccolo record di tappe vinte. Anche loro erano venuti per fare classifica. E come l’Astana si ritrovarono con un pugno di mosche.

«Se non ce la fa, non ce la fa – dice il diesse dell’Astana – ma in un Giro prima di mollare, si muore. Stamattina eravamo anche abbastanza sereni, perché sembrava che fosse meno di quello che si pensava. Proprio dopo aver fatto l’ecografia, non a caso. Invece appena è partito, già durante il trasferimento ha detto che non ce la faceva. Si è fermato subito. Non avevamo la seconda ammiraglia per caricarlo, altrimenti non avrebbe fatto neanche un chilometro. Abbiamo provato a convincerlo, ha provato anche Vino a dirgli di tenere duro, ma se non ce la fai, non ce la fai. Il muscolo è il muscolo…

«Dopo cala tutto – prosegue – non dico il morale perché sono tutti professionisti. Ma cala il fattore che tiene in piedi un po’ tutto».

La corsa di Nibali

Di Nibali si ha quasi pudore a parlare, perché non doveva fare classifica, ma ha provato a tenere duro e invece prima dei meno 5 ha dovuto rialzarsi, cedendo quasi un minuto a chilometro da lì al traguardo.

«Da Vincenzo – dice Martinelli – mi aspettavo una difesa come quella che è stata. Se ci fosse stato un minuto meno, sarebbe stato molto meglio, ma non è che dalla mattina alla sera si possono cambiare certe cose. Davanti sono rimasti tutti i migliori, perciò… Lui ha detto che da star bene a staccarsi è passato niente. Un momento prima stava lì e poi ha ceduto. Ha tenuto duro. Magari se fosse riuscito a stare con loro fino allo stradone, poi stava a ruota. Ma noi sapevamo di essere venuti al Giro con un leader che era Lopez, non ci siamo improvvisati».

Il mantello del santo

E di colpo nel tono delle sue parole sembra di riconoscere le motivazioni che ci hanno spinto ieri a scrivere l’editoriale sull’attaccarsi al mantello del santo, sperando nel miracolo. Con lo stesso Nibali che in mattinata s’è trovato a rispondere su un social a chi gli ha attribuito una dichiarazione roboante sulle sue intenzioni per questa tappa.

«Io voglio che Vincenzo faccia questo – dice Martinelli – che ci provi. Oggi ha tenuto duro. E’ andato bene, ma non benissimo. E’ questo il mio Vincenzo, capito? Io non ho mai pensato di fare classifica. Poi magari oggi ci pensi, perché corri in casa, sei sull’Etna, non puoi mica fare gruppetto. Ma piuttosto che arrivare 11° o 13° a Verona, meglio che vinca una tappa. E’ quello che io voglio, che vorrei. E’ ancora troppo vicino per entrare nelle fughe, ma lui è abituato a correre, non devo spiegargli troppe cose.

«Ora però la squadra va rimotivata. Quando perdi un leader, sicuramente devi reinventarti tutto e abbiamo gli uomini per poterlo fare. Scalatori ne abbiamo. Certo, bisogna motivare, essere certi di quello che si fa. Non è che puoi dire: voltiamo pagina e un attaccante lo metti in difesa e viceversa. Siamo l’Astana, non dimentichiamolo».

Yates ferito

Mentre camminiamo verso la sala stampa per raccontare tutto questo, dall’ambulanza scende Simon Yates con una contusione al ginocchio. Per sicurezza gli hanno appena fatto una radiografia che ha escluso complicazioni al di fuori del dolore.

Per essere che l’Etna non doveva provocare grossi sconquassi, il Giro stasera va a dormire con la classifica riscritta. Kamna ha vinto la tappa, il Lopez della Trek ha preso la maglia rosa. Quello dell’Astana è andato a casa e Dumoulin s’è portato via oltre 9 minuti di ritardo. E’ andata meglio a Fortunato, arrivato con Nibali. Nel gruppetto dei migliori tirato da Carapaz, è rimasto Ciccone.

Da Contador a oggi, viaggio nella magia del vulcano

10.05.2022
6 min
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La prima volta fu nel 2006 alla stazione di Siracusa. Paolo Alberati e Giampaolo Caruso: procuratore e atleta. Il primo che ancora viveva in Umbria, il secondo ad Avola. Stavano progettando di andare sul Teide e intanto in lontananza l’Etna imbiancato riempiva l’orizzonte.

Alberati ricorda di averlo chiesto per pura curiosità. Quanto è alto? Tremila, rispose Caruso. Ci sarà un albergo in cima? Questo Caruso non lo sapeva. Per cui qualche giorno dopo andò in cima con la compagna di allora e scoprì che c’erano due alberghi. Fu così che prima a marzo e poi a giugno, l’allora corridore della Liberty Seguros salì sul vulcano siciliano per la preparazione in altura.

Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…
Tornanti nella lava, questo è l’Etna già dai primi chilometri…

Il Parco Ciclistico dell’Etna

Alberati è stato corridore. E se anche non lo fa più di mestiere, non ha mai spesso di esserlo. In uno di quei viaggi in avanscoperta, lasciò il biglietto da visita a una ragazza che lavorava nel Rifugio Sapienza e di lì a due anni la sposò. Poi nel 2011 comprò casa a Pedara e oggi vive fra Catania e il continente, con il suo lavoro di allenatore e procuratore accanto a Maurizio Fondriest.

Non potevamo che partire da lui per raccontare la fortuna dell’Etna, che negli ultimi anni è diventato il riferimento di corridori e cicloturisti e proprio oggi è il teatro della quarta tappa del Giro d’Italia. Prima l’amatore medio catanese puntava verso il mare, arrivare in cima era un’impresa per pochi. E’ una salita dove fa freddo. Finché un giorno a Nicolosi nacque l’Associazione Pedale nel Cuore, che regalava una borraccia a chiunque fosse arrivato in bici al Rifugio Sapienza e qualcuno cominciò a salire. Poi nacque il Brevetto “Parco ciclistico dell’Etna”. E soprattutto è nato il Parco Ciclistico dell’Etna, che nel rifugio in cima ha fissato la sede.

Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano
Alberati assieme a Simone Ravanelli, scalando il vulcano

«Sembra brutto dirlo – racconta Alberati – ma la pandemia sotto questo punto di vista è stata una manna. Approfittando del tesserino da giornalista, mappai i sei versanti dell’Etna e rendemmo possibile la scalata su piattaforma virtuale. Finché nell’estate del 2020 arrivammo al picco di 68 persone arrivate in cima in un solo giorno. E nel frattempo è saltato fuori il settimo versante, dedicato a Marco Pantani con il consenso di mamma Tonina…».

La svolta ci fu col Giro nel 2011?

Bisogna dire grazie a Paolo Tiralongo. Fu lui ad andare dal sindaco di Nicolosi, convincendolo perché si rivolgesse a Mauro Vegni. Paolo non correva ancora con Contador, ma quella prima volta fu Alberto a vincere. Da allora si accesero i riflettori. E gli stessi versanti dedicati ai singoli campioni si devono al Giro. Contador. Dumoulin. Coppi e Bartali. Michele Scarponi e #salvaciclisti. Vincenzo Nibali. Marco Pantani…

Ogni versante ha la sua stele.

E vicino alla stele c’è la fontana per prendere acqua. Abbiamo potuto mettere i cartelli per sensibilizzare sulla presenza dei ciclisti. Abbiamo avuto tutte le autorizzazioni ma non i soldi, così abbiamo fatto ricorso a sponsor privati. Il Rifugio Sapienza è diventato la sede del Parco Ciclistico e il proprietario mi dice che nelle stagioni buone, ci sono 100 ciclisti al giorno che arrivano lassù. Ma c’è anche l’Hotel Corsaro, che però non è aperto tutto l’anno, in cui va Pozzovivo e in cui andavano Michele Scarponi e la Lampre, perché li portava su Orlando Maini.

La presenza dei pro’ fa da richiamo?

Il Parco Ciclistico dell’Etna parte dai paesini etnei. Le strade sono state riasfaltate, sembra un’enclave a parte. E lentamente questo sistema è diventato un segmento importante per l’economia turistica. I corridori portano visibilità sui social e il cicloturista chiede di andare ad allenarsi dove fino a pochi giorni prima pedalava Damiano Caruso.

Perché è bello allenarsi lassù?

Il vantaggio del vulcano è che non serve adattamento prima e neanche dopo. Me lo dice ogni volta proprio Damiano. A Livigno fai tutto in altura, perciò ti serve stare su qualche giorno prima per abituarti alla quota e poi serve del tempo quando scendi, anche perché in pianura trovi anche temperature più elevate. Sull’Etna e sui vulcani in genere, dormi in alto, ma ti alleni in basso. Alcuni per ottenere gli stessi vantaggi vanno in Spagna e dormono nella camera iperbarica. Di recente è venuto Demare. I velocisti non vanno quasi mai in altura, perché i lavori di forza non vengono bene se c’è carenza di ossigeno. Qui ha potuto lavorare bene. E poi c’è un’altra cosa…

Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Nel 2011, Scarponi andò sull’Etna per allenarsi assieme a Petacchi
Quale?

Sul Teide sei fuori dal mondo, qui sei a Catania, hai una città facile da raggiungere. Quindi chi viene torna sempre. I pro’ si vedono soprattutto a febbraio e marzo, quando non puoi andare sulle Alpi. E anche ad agosto, perché se anche sotto è molto caldo, sopra ci sono 25 gradi.

Nel frattempo il Rifugio Sapienza è stato ristrutturato…

Nel 2013 morì il vecchio proprietario e la famiglia ha ceduto l’attività a Salvatore Caruso e Domenico Moschetto, due ragazzi in gamba e perbene.

I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
I cartelli che invitano a rispettare i ciclisti sono stati pagati con contributi privati
C’è attesa per l’arrivo del Giro?

Tanta. Non come in Toscana, ma tanta. Si dice che il ciclismo muoia sotto Napoli, ma in Sicilia rifiorisce. Una volta Alfredo Martini, durante una delle nostre chiacchierate, mi disse che avrei potuto fare tanto per i ragazzi siciliani. Mi raccontava anche di una tappa che dall’Etna arrivava a Caltagirone. Partenza in discesa e lui andò in fuga. Quelle sue parole mi suonano nelle orecchie e forse anche per questo mi sono buttato tanto nel Parco Ciclistico. Su quattro steli alla partenza dei versanti c’è il nome della mia società. In un modo o nell’altro, anche questo è un modo per essere utile, come disse Martini.

L’insolito compleanno di Petilli sull’Etna, mentre il Giro va…

05.05.2022
5 min
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Auguri un corno, ha pensato ieri Petilli, all’ennesima telefonata per il suo compleanno. Intorno, l‘Etna era lo scenario che meno si aspettava per festeggiare i 29 anni. Da programma, avrebbe brindato con discrezione assieme ai compagni a Budapest, al via del Giro d’Italia. Invece la Intermarché-Wanty-Gobert ha rimescolato le carte e Simone è rimasto in Italia.

Lo avevamo salutato dopo la Liegi, felice come una Pasqua per il secondo posto di Quentin Hermans. La squadra lo aveva richiamato dal ritiro in altura, che stava facendo sul vulcano dopo il Giro di Sicilia, per rinforzare il blocco delle Ardenne. E sull’Etna Simone sarebbe tornato in vista del Giro. Otto giorni assieme a Pozzovivo, sia pure in alberghi diversi. Domenico all’Hotel Corsaro, come d’abitudine. Simone al Rifugio Sapienza.

Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone
Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone

«Immaginavo un compleanno diverso – sorride – sapevo di dover fare il Giro da inizio stagione, ma questo è il ciclismo e la squadra ha scelto per il meglio. Dovevamo essere cinque scalatori, dato che Pozzovivo punterà alla classifica, più tre uomini veloci fra cui Biniam Girmay per le altre tappe. Visto però il risalto mediatico ottenuto da “Bini” dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem, la squadra ha deciso di dargli maggior supporto, sacrificando uno scalatore».

Da Liegi all’Etna

Questo è il ciclismo, inutile fare polemiche: Petilli lo sa bene. La squadra sarà al via da Budapest con Peak, De Gendt e Vliet in supporto a Girmay, risultando meno sbilanciata a favore di Pozzovivo.

«Capisco la squadra – dice – ma devo riconoscere che soprattutto all’inizio ci sono rimasto male. Per un italiano il Giro è trovarsi per un mese in un’atmosfera speciale. Io ho capito, i tifosi ancora non se ne fanno una ragione. Dopo la Liegi sono tornato qui sull’Etna, perché volevo farmi trovare pronto. Ma visto che non vado più a Budapest, ho deciso di prolungare per altri 4 giorni, preparandomi per gli obiettivi futuri. In questo modo risolvo anche la parte logistica. L’8 maggio arrivano in Sicilia gli uomini dello staff in discesa dall’Ungheria, vado giù a portargli l’ammiraglia che mi hanno lasciato, così mi accompagnano loro all’aeroporto e torno a casa. Ho ancora in programma il Giro di Svizzera e si sta pensando di inserire il Tour of Norway a fine maggio».

Un grande Giro

La squadra, vera rivelazione di questa primavera, sarà comunque forte: su questo Simone non ha dubbi ed è pronto a scommettere anche qualcosa.

«Con Pozzovivo ci siamo visti poco – sorride – perché lui aveva i suoi lavori ed io i miei. Però abbiamo pranzato insieme un paio di volte e l’ho trovato davvero bene. Ha un’ottima condizione. Non voglio lanciarmi in pronostici, ma secondo me farà davvero un bel Giro d’Italia. E come lui, farà davvero bene Lorenzo Rota, ne sono sicuro. Sarà lui il solo italiano in corsa per noi, anche lui sta bene. E’ stato ad allenarsi in Colombia ed è nell’anno giusto per vincere una tappa. Ha trovato la giusta consapevolezza. In più preparatevi a rivedere un grande Hirt, ai livelli di quando era all’Astana e poi alla CCC. Infine Taaramae, una certezza. Anche lui è stato in altura, ma in Rwanda, fino al Romandia. E’ stato il primo a chiamarmi quando ha saputo che non avrei fatto il Giro e poi tutti gli altri. Sapevano che ci ero rimasto male».

Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020
Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020

Un anno in più

E tutto sommato, proprio questa vicinanza è il motivo che ha reso la rinuncia meno dolorosa, unita ai contatti con la squadra per il rinnovo del contratto. Con la scadenza a fine 2022, non fare il Giro sarebbe stato un bel danno se non ci fossero state conferme di altro senso.

«Credono in me – conferma Simone – e abbiamo già parlato di prolungare per un altro anno. E’ un progetto a lungo termine, con una squadra che sta crescendo. A inizio stagione avremmo messo una firma subito su questi risultati, ma non so quanti ci avrebbero scommesso. Ora in ogni corsa si parte con una diversa sicurezza e una nuova consapevolezza che ci responsabilizza. Io stesso ho saputo che non avrei fatto il Giro, ma ho continuato ad allenarmi e mangiare bene. Il malumore dei primi giorni se ne è andato. La prima reazione è stata di non vedere neanche una tappa, ma ora so che tutti i giorni sarò lì a guardare. Dopo l’Etna andrò a casa e semmai me ne andrò per una settimana a Livigno per allenarmi meglio. L’obiettivo potrebbe essere il rientro in Norvegia. E poi chissà che da cosa nasca cosa e mi ritrovi per la prima volta al Tour de France. Non dico nulla, neanche ci faccio al bocca, ma non sarebbe affatto male…».

Fiorelli: ultimi scatti sull’Etna, poi le valigie per Budapest

Giada Gambino
30.04.2022
4 min
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Filippo Fiorelli (in apertura foto Instagram) scala il vulcano verso il Rifugio Sapienza ogni giorno ultimamente. Finito il Giro di Sicilia è diventata questa la sua casa. Così il caldo e i profumi del Sud riempiono le sue dure e intense giornate di avvicinamento al Giro d’Italia.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ci sta dando sotto. Dietro motore, tanta esplosività. Il suo è un ritiro sui generis. Di solito in altura si fa volume. Ma lui stesso ci spiega il perché. La corsa rosa è troppo vicina, Budapest chiama.

Il palermitano sta curando molto la qualità: eccolo fare dietro motore alle falde del vulcano (foto Instagram)
Il palermitano sta curando molto la qualità: eccolo fare dietro motore alle falde del vulcano (foto Instagram)
Il Giro è sempre più vicino, come ti stai preparando Filippo?

Sono venuto qui sull’Etna per prepararmi al meglio. Al Giro di Sicilia sono andato bene e sono molto soddisfatto, ma non ero comunque al mio massimo. Qui faccio diversi lavori incentrati principalmente sull’esplosività. L’unica salita lunga che faccio è quella per rientrare in hotel, per il resto solo pianura e brevi salite. Anche perché, non devo mica andare a vincere la tappa sul Blockhaus (ride, ndr)! 

Allenarsi in Sicilia… 

Non sono esattamente a casa mia, Palermo è giusto qualche chilometro più distante (sorride, ndr), ma è comunque sempre un qualcosa di piacevole. Al Rifugio Sapienza mi trovo sempre davvero molto bene, come se fosse una seconda casa e poi l’Etna è uno spettacolo. 

La quarta tappa arriva proprio lì su…

Sì, sicuramente non è una tappa adatta alle mie caratteristiche. Se starò bene cercherò di andare in fuga, dipende da come si metterà la corsa, poi magari la fuga arriverà, ma penso sia molto difficile. 

Fiorelli in fuga nella tappa del Giro di Sicilia che proponeva proprio la scalata dell’Etna che vedremo nel prossimo Giro d’Italia
Fiorelli in fuga nella tappa del Giro di Sicilia che proponeva proprio la scalata dell’Etna che vedremo nel prossimo Giro d’Italia
L’ultima volta, al Giro di Sicilia, nell’ultima tappa, proprio quella dell’Etna, sei andato in fuga… 

Ho provato, anche per dare un po’ di soddisfazione e onore ai miei tifosi siciliani. Quel giorno, però, Damiano Caruso era implacabile, probabilmente anche se gli si fossero bucate entrambe le ruote sarebbe riuscito a vincere!

Che rapporto hai con lui? 

L’ho conosciuto non appena sono passato nel professionismo. Sia con lui che con Nibali, abitando dalla parte opposta dell’isola, non ho avuto mai grandi contatti. Sicuramente in questo Giro di Sicilia è stato bello, perché eravamo noi le tre punte della corsa. Loro come scalatori e per la classifica generale e io per la maglia a punti. Tra di noi si era instaurato un bel clima. 

Cosa ci dici, invece, della quinta tappa del Giro, la Catania-Messina? 

E’ una tappa più adatta alle mie caratteristiche. Anche lì cercherò di fare del mio meglio, ma sarà comunque difficile, ci saranno tutti i big pronti a conquistare la vittoria. Mi piacerebbe, comunque, fare un bel piazzamento. 

Per Filippo quest’anno già otto top ten. Al Giro spera finalmente in una vittoria
Per Filippo quest’anno già otto top ten. Al Giro spera finalmente in una vittoria
Cosa ci dici di Giovanni Visconti?

Mi manca? Sì, tantissimo! Al di là del contributo che mi avrebbe potuto dare in gara, mi manca anche quello che succedeva dopo, gli allenamenti con lui, scherzare e divertirci come fratelli. Ero con lui alla Tirreno e vedevo che non stava bene, ho fatto di tutto per non farlo fermare, ma evidentemente era arrivato il suo momento. Ci sentiamo ogni giorno. So che scenderà in Sicilia nel periodo del Giro e questo è molto bello. Il mio cucciolo! Ah, ah, ah…

Cosa dobbiamo aspettarci da te per questo Giro? 

Vedrete la miglior versione che potrò essere. Darò tutto, cercherò di dare spettacolo nella mia terra, cercherò di vincere una tappa e di fare buoni piazzamenti. Il duro allenamento che sto facendo darà i suoi frutti. Mi sento meglio rispetto all’inizio della stagione. 

Un giorno sull’Etna, aspettando l’assolo di Caruso

Giada Gambino
16.04.2022
5 min
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Sta per prendere il via l’ultima tappa del Giro di Sicilia. Caruso si dirige verso il foglio firma, posa la bici e mentre sta per salire sul palco pensa a quante emozioni finora gli ha regalato questa corsa

«La vittoria della seconda tappa – dice – è stata qualcosa di indescrivibile. Avevo la maglia della nazionale, ero con un gruppo di giovani al mio fianco e ho vinto, cosa che non è mai facile. Soprattutto quando in gara i tuoi avversari sono dei campioni. E’ stato come ritornare ragazzino, sulle strade della mia terra. Ogni tanto sentivo qualcuno gridarmi qualcosa in dialetto e di volta in volta avevo la conferma e realizzavo sempre più il fatto che fossi davvero a casa (sorride, ndr)». 

Dalla partenza è chiaro che Caruso sarà il faro della corsa. Fedeli è pronto ad aiutarlo
Dalla partenza è chiaro che Caruso sarà il faro della corsa. Fedeli è pronto ad aiutarlo

Il giudice Etna

Sale sul palco per la presentazione della squadra, i tifosi lo applaudono, i suoi occhi brillano di felicità e nascondono tanta determinazione. 

«Nonostante non mi manchi l’esperienza – racconta ai nostri microfoni – sono davvero emozionato. Potermi battere per la vittoria finale con Nibali e Pozzovivo sicuramente mi dà tanta motivazione. Questi giorni non li dimenticherò mai, magari non sarà l’ultima edizione della corsa a cui parteciperò, ma voglio godermi il presente. Finora ci sono state piccole battaglie, ma la guerra vera e propria si fa oggi. L’Etna deciderà chi è il più forte, non in assoluto, ma della giornata. Sarà lunga e nel finale le energie sicuramente verranno a mancare». 

Scontro fra amici quello fra Caruso e Nibali. E alla fine prevale il ragusano in maglia azzurra. Ma lo Squalo c’è
Scontro fra amici quello fra Caruso e Nibali. E alla fine prevale il ragusano in maglia azzurra. Ma lo Squalo c’è

Un affare di famiglia

Così prende il via l’ultima tappa della corsa sicula. Sull’Etna ad attendere il ragusano c’è la sua famiglia al completo. Ornella, la moglie, sembra rilassata: sa quanto vale suo marito, quanto si è allenato, quante volte ha percorso questa salita in allenamento e quanto si meriti la vittoria.

Oscar, il figlio maggiore, sembra divertirsi con i nonni e gli zii in attesa dell’arrivo del padre. Ha imparato a comprendere lo strano e complesso lavoro che fa il papà e si lascia travolgere dal clima di festa. Federico, il fratello, è teso, desidera la vittoria di Damiano più di ogni altra cosa. Vuole vederlo a braccia alzate, vuole vederlo sorridere, vuole vederlo felice. Ed ecco che, mentre mancano gli ultimi chilometri, stringe tra le sue braccia la nipotina Greta che, sentendo che il suo papà è in testa e vedendo tutti intorno a lei festeggiare, sorride.

Un campione vero

Damiano stacca tutti i diretti avversari, le energie a lui non mancano. Spinge sempre più sui pedali. Il cuore gli batte forte, il traguardo è sempre più vicino. I tifosi gridano il suo nome e così giunge a Piano Provenzana da solo, bacia la maglia, alza le braccia al cielo, chiede al pubblico di essere ancor più applaudito. Sono tutti pazzi per lui. La gioia negli occhi di chi gli sta quotidianamente accanto è visibile e qualche lacrima scende lungo il viso. Il nuovo vincitore del Giro di Sicilia è indiscutibilmente Damiano Caruso. 

«Oggi ho vinto io – dice – la salita non mente. L’effetto di competere al fianco di Vincenzo è stato bellissimo. Due siciliani al Giro di Sicilia che davano spettacolo. Nel finale ne avevo semplicemente di più ed ho fatto la differenza. Questa vittoria non cambia nulla nei miei programmi, rimane tutto uguale. Il Sicilia è una bella corsa che aggiungo al palmarés che non è così ricco. Vincere fa sempre bene comunque».

Si dirige verso i suoi bambini, li abbraccia, bacia sua moglie. E’ lui il più forte di giornata. E’ lui, oggi, il Re della Sicilia. Lui, che spesso viene classificato come un gregario, ancora una volta ci ha dimostrato quanto sia un campione