Pozzovivo diventa “maggiorenne” ed è pronto per il suo 18º Giro

24.04.2024
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Domenico Pozzovivo, mentre scriviamo, è in ritiro con la Vf Group Bardiani-CSF-Faizanè sull’Etna. Il lucano si appresta a correre il suo diciottesimo Giro d’Italia, anche questo rincorso e conquistato con un approdo tardivo nella formazione dei Reverberi. A differenza di altre volte, Pozzovivo è arrivato davvero in extremis alla Vf Group-Bardiani, iniziando la sua stagione a marzo. 

«Innanzitutto – racconta “Pozzo” – non avrei mai pensato di correre 18 Giri d’Italia, è un traguardo che più ci penso e più mi sembra considerevole. Però lo affronterò con la stessa attenzione ed entusiasmo del primo, negli anni ho mantenuto questa mentalità e ne sono felice. Uno dei motivi nel voler correre anche nel 2024 era la grande voglia che mi spingeva a farlo».

Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
Pozzovivo ha già corso sei Giri d’Italia guidato dai Reverberi, dal 2005 al 2012 (saltando 2006 e 2009)
In questo avvicinamento qual è stata la fase più dura?

La biomeccanica. Ogni volta che cambio materiale – bici, scarpe, sella e tutto il resto – devo fare i miei adattamenti. Dopo l’incidente del 2019 è diventata una fase fondamentale e molto difficile, ma ne sono pienamente consapevole. Arrivare in una squadra nuova e correre subito è stata una scelta rischiosa, ma giusta. Il processo di avvicinamento al Giro è esattamente come me lo ero immaginato. 

Su cosa ti sei concentrato di più?

Sul ritrovare le giuste sensazioni in sella. Ogni anno sono riuscito a costruire un buon feeling con la bici e i materiali, era importante farlo anche quest’anno. L’aspetto su cui devo riporre maggiore attenzione è il fatto di avere il braccio sinistro meno mobile. Di conseguenza, ho meno forza e ciò condiziona l’anca destra in fase di appoggio. Ma devo dire che ho trovato il giusto equilibrio.

La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
La 20ª stagione da pro’ di Pozzo è iniziata dalla Tirreno-Adriatico
Sei partito dalla Tirreno, corsa non semplice…

Ero l’unico che esordiva in quella gara. Tutti gli altri atleti in gruppo erano al settimo giorno di corsa, come minimo. Però è stata la cosa migliore da fare. Ho ritrovato il colpo d’occhio nel pedalare in gara. In quei giorni la mia principale preoccupazione era la sicurezza, quindi evitare cadute. Ero spesso, più del solito (dice con una risata, ndr) in fondo al gruppo, cosa che mi ha penalizzato.

In che senso?

Dal punto di vista della prestazione correre in fondo non aiuta, si fa molta più fatica, soprattutto nel ciclismo di oggi. A me questa fatica maggiore è servita per migliorare.

L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
L’obiettivo primario al debutto era trovare la giusta posizione in bici e il feeling con i materiali
La condizione a che livello era?

Mi sono allenato a casa, in autonomia, fino alla firma del contratto con i Reverberi. Mi sentivo bene, il mio livello di condizione l’ho ritenuto soddisfacente. Ho cambiato un po’ programma rispetto a quanto fatto negli ultimi anni. Non sono passato dal Tour of the Alps e dalla Liegi ma ho preferito correre il Giro di Abruzzo. La scelta è dovuta al fatto che l’Abruzzo si è corso prima e ho avuto più tempo per venire in altura a preparare il Giro. 

Come sta andando?

Le sensazioni crescono giorno dopo giorno. Il periodo di altura è di due settimane, tranne che per Pellizzari, Covili e Fiorelli che sono arrivati dopo. Personalmente è cambiato un po’ il modo di lavorare, nel senso che con TotA e Liegi prima del Giro si facevano pochi allenamenti specifici. Ora che l’ultima gara è terminata il 12 aprile, ho avuto più tempo, così mi sono trovato a fare più lavori dedicati al ritmo gara. Poi prima di venire sull’Etna avevo comunque fatto dell’altura, ad una quota più alta, 3.200 metri. Sono stato una settimana e mi ha fatto bene. 

La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
La condizione è in crescita, l’ultima gara è stato il Giro d’Abruzzo: ora “Pozzo” è in altura con la squadra
Al Giro quale sarà il tuo obiettivo?

Sarebbe bello centrare la top 10, un risultato che alla mia età farebbe un gran piacere. In più una presenza in quella parte di classifica sarebbe un motivo di orgoglio e di visibilità per la squadra. Avrò al mio fianco tanti compagni giovani, penso che durante le tre settimane sarò un punto di riferimento per loro. In particolare penso di poter insegnare tanto a Pellizzari, sulla strada saremo spesso vicini vista la caratura fisica. 

Tu sei al diciottesimo Giro, lui al primo: che effetto ti fa?

E’ al suo primo Giro d’Italia, ma in un ciclismo molto diverso rispetto a quello del mio esordio nella Corsa Rosa. Io dovevo preoccuparmi di stare in piedi e di terminare le tre settimane di gara. Pellizzari, invece, arriva già pronto e con tutte le possibilità di puntare ad una vittoria di tappa. Avere me al suo fianco gli potrà togliere delle pressioni e riuscirà a correre più leggero. Sarò anche un po’ il suo parafulmine.

Marcellusi cambia metodo: più allenamenti, meno gare

08.03.2024
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Mentre i suoi compagni di squadra corrono nel freddo della Tirreno-Adriatico, Martin Marcellusi si allena con le stesse temperature, ma a casa. Il corridore romano della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha corso le gare di inizio stagione a Mallorca e poi più nulla. 

«Dopo le prime corse in Spagna – ci dice – mi sono fermato un po’ e ho fatto dei ritiri, anche in altura, insieme alla squadra. Si è deciso così, insieme ai preparatori, per consentirmi di arrivare più fresco ad un eventuale Giro d’Italia. Infatti, insieme alla squadra, siamo stati in ritiro sull’Etna per un paio di settimane, dopo l’altura però ho sofferto un po’ il fatto di non correre».

Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Solamente tre giorni di corsa per Marcellusi fino ad ora, tutti accumulati a Mallorca a fine gennaio
Cosa vuol dire?

Che se avessi fatto la Tirreno, mi sarei fermato per una settimana, facendo scarico. Invece, senza correre, ho fatto scarico per due o tre giorni e poi ho ripreso a caricare. 

Quando sarà il ritorno in gara?

Il 13 marzo alla Milano-Torino, poi farò la Sanremo e la Coppi e Bartali. Da lì ci sarà da capire quale sarà la scelta della squadra e come vorranno gestirmi. Forse torneremo sull’Etna oppure correrò.

La scelta di fare questo lungo periodo di allenamento è insolita per te?

I diesse e i preparatori, in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro. Nel caso dovessi fare il Giro, arriverei più riposato. Non ho modo di paragonare i periodi, anche perché nel 2023 in Spagna mi ero rotto la clavicola, ed ero rimasto fermo per un po’. Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour

Com’è stato allenarti e non correre?

Mentalmente un po’ più difficile, mi è mancato il periodo di stacco. Però devo dire che una volta ripresi gli allenamenti, le sensazioni erano buone. Lo sono ancora, fino ad ora la squadra ha ragione (fa una risata, ndr), vedremo come prosegue il tutto. C’è da dire anche che…

Cosa?

Allenarmi non è stato così difficile mentalmente, anche perché la squadra mi è stata vicina. Non mi hanno lasciato a casa allo sbando, ma siamo stati in ritiro. Sull’Etna abbiamo fatto anche tanti allenamenti duri, quasi più di una corsa. 

In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
In mezzo anche un ritiro sull’Etna, sempre con il team
Rispetto allo scorso anno quante ore in più hai fatto di allenamento?

Di ore non so, ma nello stesso periodo, da novembre a inizio marzo, ho fatto 2.800 chilometri in più. Mi ero fermato 18 giorni per l’infortunio alla clavicola, ma il numero di chilometri è comunque molto elevato. 

Ma tu cosa preferisci fare, allenarti o correre?

Mi alleno bene, perché sono uno che se sta bene si allena all’infinito. Però è vero che sono un corridore che in gara riesce a tirare fuori qualcosa in più. Riesco a sorpassare i miei limiti, il che è un fattore positivo. Non nascondo che mi piacerebbe fare qualche gara ad aprile, ad esempio il Giro d’Abruzzo, che è anche vicino a casa. Ma deciderà la squadra. Meglio aspettare e arrivare ai prossimi appuntamenti al massimo livello che correre e perdere qualcosa.

Chilometri, salite, arancini: Velasco e i racconti dall’Etna

28.01.2024
5 min
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«Si sta bene quassù. Ormai ci sono abituato, visto sono già cinque volte che ci vengo. Posso sfruttare il tempo buono, l’altitudine e la buona tavola». Simone Velasco presenta così il suo ritiro in quota sull’Etna. Il campione italiano però non è da solo sul vulcano. Con lui ci sono anche Lorenzo Fortunato, da quest’anno suo compagno di squadra, e Kristian Sbaragli.

Il corridore dell’Astana-Qazaqstan inizierà la sua stagione agonistica il 10 febbraio a Figueras, in Portogallo. Poi continuerà sempre lì con l’Algarve. E man mano scriverà la sua stagione. Lui vorrebbe tornare al Tour de France quest’anno.

Dicevamo, Simone, non sei da solo…

Esatto, con me ci sono anche Sbaragli e Fortunato. E pochi giorni fa è arrivato anche Guillame Martin, non ci siamo messi d’accordo, ma cerchiamo di uscire insieme. Di coordinarci con i nostri programmi. Così siamo in compagnia.

L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
E come fate per coordinarvi?

Qualche volta qualcuno fa un pelo di più, altre un pelo di meno, ma in questo modo ognuno riesce a svolgere il proprio programma. In più c’è un mio amico di Catania, Rosario Caruba, con il quale avevo corso da juniores. Siamo rimasti in contatto e lui ci segue in macchina. E’ davvero prezioso il suo aiuto. In questo periodo in quota comunque fa freschino e magari ci vestiamo di più quando dobbiamo scendere, ha la borsa del freddo se è nuvoloso. La sua presenza facilita le cose.

Com’è la vostra giornata tipo?

Ci ritroviamo alle 8-8,30 a colazione, dipende dai chilometri che dobbiamo fare. Poi tra le 9,30-10 si parte. Decidiamo se scendere in macchina o direttamente in bici anche in base al meteo. Ma la risalita finale avviene sempre in bici. Al termine dell’allenamento pranziamo, ci riposiamo un po’. Facciamo qualche chiacchiera tutti insieme e poi verso le 20 mangiamo. Ci fermiamo ancora un po’ a parlare e poi andiamo a letto. 

Il tempo passa in fretta, insomma…

Sì dai, ridiamo parecchio e siamo tutti abbastanza chiacchieroni. Ci raccontiamo vecchie storie di ciclismo, abbiamo tutti e tre un passato nella squadra in cui ora è Kristian (la Corratec-Vini Fantini, ndr) e poi siamo tutti ascoltatori de La Zanzara, il programma radiofonico di Radio24. E quindi evochiamo battute, prese di posizione, qualche puntata particolare…

E delle corse?

Chiaramente si parla anche di quelle. Abbiamo per esempio parlato del mondiale. Del Laigueglia 2019, del fatto che Sbaragli abbia avuto compagni come Van der Poel e Philipsen.

Chi va più forte?

Di sicuro non io! Sono sempre staccato in salita. Sono “Fortu” e “Sbara” che fanno la guerra…

Parliamo un po’ della preparazione. Oltre alle ore di sella ti abbiamo visto correre a piedi. Come mai?

E’ qualcosa che faccio nel giorno di scarico. In passato ogni volta che correvo a piedi mi “dilaniavo” le gambe, adesso invece ci ho preso mano e quindi vado più spesso. Anche quando devo fare palestra, preferisco correre a piedi per riscaldarmi, sono convinto che alla fine questo gesto mi dia qualcosa in più. Quindi nel giorno di scarico faccio 30′-40′ senza troppo stress muscolare. Mi assesto su un passo di 5′ al chilometro e corro. Ripeto, senza stancarmi.

Siete al Rifugio Sapienza. Più di qualcuno ci ha detto che si mangia bene…

Anche troppo direi! Loro sono gentilissimi. Ci coccolano. A qualsiasi ora rientriamo ci fanno trovare qualcosa da mangiare. Le porzioni sono davvero abbondanti. E la sera quando restiamo a tavola non ci mettono fretta.

Simone tu sei un ex biker e sull’Etna ci sono percorsi da urlo. Non ti viene voglia di fare un giro in mtb?

Caspita se mi viene! Avevo pensato di portare la mtb per usarla proprio nei giorni di scarico, magari al posto della corsa a piedi. Ma la logistica si complicava e così l’ho lasciata a casa. Però appena tornerò, un giro sulla mia ruote grasse me lo farò subito.

Come stai lavorando invece?

Tanta base. Abbiamo fatto anche 6 ore e mezza con oltre 4.000 metri di dislivello e presto contiamo di fare anche l’intero giro dell’Etna: 180 chilometri. E’ un po’ più corto rispetto alle 6 ore e mezza, ma è parecchio duro. E poi offrirà paesaggi unici e ci consentirà di vedere anche il versante Nord del vulcano.

Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Come create i percorsi? Tu sei un habitué, ma andate anche alla ricerca di strade nuove?

Più o meno i versanti li ho fatti quasi tutti, ma quello di Biancavilla mi manca. Era chiuso per lavori e ora che lo hanno riaperto contiamo di andarci nei prossimi giorni. Poi in generale mi piace ampliare i giri, scoprire nuove strade. Individuiamo i percorsi su Strava e poi li analizziamo con VeloViewer o Garmin Connect.

Forte questa cosa…

Abbiamo in mente di andare un po’ anche nell’entroterra. Certo, manca sempre un po’ di pianura, ma quella la faremo quando torneremo a casa e sarà ideale per rifinire la gamba in vista delle gare in Portogallo.

In queste vostre distanze di certo non mancherà la mitica “sosta Coca Cola”, ma non ti viene voglia anche di un cannolo siciliano?

Eccome no! Io però sono un fan dell’arancino e quando faccio il lungo prendo quello. Di soste magari ne facciamo due, però più brevi, perché non ci piace stare troppo fermi. Un cannolo o un arancino, una Coca Cola e via…

Sei un corridore dell’Astana, sei sull’Etna in Sicilia: ti hanno mai scambiato per Nibali?

Quest’anno no… Ho la maglia tricolore.

Viaggio tra le alture italiane: Sestriere, Etna e San Pellegrino

16.05.2023
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Tre alture, tre luoghi magnifici. L’Italia tra i suoi innumerevoli patrimoni naturalistici vanta anche posti come Sestriere, Etna e Passo San Pellegrino. Mete preziose per i ciclisti che si arrampicano su queste pendici per dormirci su durante i periodi di stacco tra una corsa e l’altra. Lassù gli atleti ci vanno per curare animo e corpo, da soli o con la squadra. 

Ci siamo affidati a tre allenatori, preparatori, tecnici… chiamateli come volete, che su queste alture ogni anno portano corridori a ricaricare le pile o a preparare eventi importanti. Marino Amadori per il Sestriere, Paolo Alberati per l’Etna e infine Paolo Slongo per il Passo San Pellegrino. Iniziamo questo nostro Giro d’Italia tra le altura da nord a sud del nostro stivale. 

Sestriere: meta azzurra

Oltre ad aver riempito pagine di storia ciclistica con tappe e arrivi epici, Sestriere ogni anno nel periodo estivo è meta di pellegrinaggio da parte di ciclisti e amatori. Il motivo? I suoi 2035 metri e l’alto numero di salite e strade ideali per i corridori. Quassù ogni anno il cittì Marino Amadori porta la sua nazionale U23 ad allenarsi in preparazione agli appuntamenti più importanti.

«L’ho imparato a conoscere – racconta Amadori – perché vado su con i ragazzi da circa dieci anni. E’ una località che si trova più in alto rispetto ad un Livigno, nel senso proprio che siamo sui 2000 metri. Le zone d’allenamento sono ottime, con questa doppia scalata dalla parte di Cesana, una di 10 km, una di 6 km e poi arrivi giù ai 1.000/1.200 m dove puoi lavorare tranquillamente al 100 per cento anche in pianura. Come clima si trova sempre un po’ di fresco prezioso perché ovviamente ci si va nei mesi estivi essendo sulle Alpi. 

«Ritengo che sia una bellissima zona – dice il cittì – c’è anche poco traffico. Per il cicloturismo è una zona che si presta molto. Ci si può spostare anche nella zona di Pinerolo, sul Colle delle Finestre per trovare anche dello sterrato. In cima ci sono solo degli alberghi e servizi. E’ ben attrezzata. Una cosa preziosa quando andiamo su noi è che non c’è una vita sociale così attiva e distrattiva per i ciclisti. La scelta di questi luoghi viene fatta anche per questi motivi. 

«Nel 2019 e nel 2021 – ricorda Amadori – abbiamo preparato il mondiale che abbiamo vinto con Baroncini, ma anche il Tour de l’Avenir di Aleotti e Zana. Questo è sintomo che si lavora bene e il Sestriere è un’ottima palestra naturale».

Etna: come non innamorarsi

Anno dopo anno abbiamo imparato a conoscere il Teide e i suoi innumerevoli pregi. Basta guardare i profili Instagram dei pro’ e si nota che questo luogo è una delle loro mete preferite. Non ultimo Evenepoel che è sceso da lassù per andare a vincere la Liegi-Bastogne-Liegi. Non tutti però sanno che un vulcano con quelle caratteristiche (e con qualcosa in più) ce lo abbiamo anche noi. Si chiama Etna. Mastodontico, affascinate e immerso nella magnifica Sicilia. Paolo Alberati ce lo ha raccontato…

«L’Etna è un luogo magico. Purtroppo – dice – non è mai stato preso in considerazione più di tanto dai ciclisti. Da corridore andavo anche io sulle alture classiche. Ma l’Etna è differente perché qui a marzo a differenza degli altri luoghi puoi venire a pedalare con temperature ideali. Si dorme a quota 2.000 metri e si può pedalare fino a 2.900 con una gravel o mtb. A queste altitudini, io da preparatore lo consiglio, si può andare su con una e-bike per ossigenarsi e non affaticare il fisico.

«Ad oggi abbiamo – spiega Alberati – attivi 7 versanti pedalabili, il più lungo è 21 chilometri mentre il più corto è di 14. Sul nostro sito è possibile vederli tutti e programmarsi un itinerario per farli anche tutti insieme. Per questo abbiamo anche istituito un brevetto che attesta quante di queste salite hai conquistato. La cosa che ci ha convinti a creare questo progetto è stata anche la sicurezza che queste strade offrono. L’asfalto è sempre rifatto e il traffico è ridotto.

«E’ un luogo ideale – conclude – oltre per il cicloturismo e per gli appassionati, anche per preparare grandi appuntamenti. Ha un vantaggio che, tanto per fare un paragone, il Teide non ha. É possibile infatti scendere al livello del mare e trovare la pianura per allenarsi al meglio. A Tenerife questo non è possibile farlo perché è un continuo sali e scendi. Tra i più recenti nomi che sono venuti quassù prima del Giro, posso dire Aurélien Paret-Peintre, oppure Oldani, Baroncini. Chi viene, torna sempre, come Cadel Evans che è un frequentatore. L’Etna è una montagna magnetica, in continuo mutamento la senti che borbotta e respira».

San Pellegrino: prima dei Giri

Un passo situato nel cuore delle Dolomiti immerso in un contesto naturale rigorosamente protetto dall’UNESCO. Il San Pellegrino lo abbiamo visto tutti almeno una volta in TV in una tappa del Giro d’Italia tra una salita e l’altra oppure con l’arrivo in grembo. Scopriamolo attraverso le parole di Paolo Slongo.

«Il Passo San Pellegrino – dice – lo conosco da sempre. Ho iniziato a frequentarlo con le squadre da quando ero in Liquigas perché era un nostro sponsor. Da aprile, maggio in poi si andava su, si faceva anche il ritiro di dicembre invernale con tutta la squadra. Come detto, non è distante da casa mia e per un allenatore è importante conoscere la “palestra” dove ci si allena. 

«Il San Pellegrino – spiega – ha tutto quello che serve. E’ in altura, ha molte strutture adibite ad accogliere i ciclisti e soprattutto è possibile scendere comodamente a valle per alternare i percorsi. E’ infatti un luogo ideale, per i velocisti o per preparare le cronometro. Allo stesso tempo si hanno le Dolomiti, ma anche i percorsi piatti e ondulati nelle valli che ti permettono di poter far tutto l’allenamento a 360 gradi. Mi ricordo che per questo motivo venivano spesso a prepararsi anche Sagan e Viviani. 

«Le strade – conclude Slongo – sono perfette. Oltre a esserci ciclabili, che magari noi professionisti non frequentiamo, ci si può muovere in tranquillità ovunque. C’è una cultura per la bicicletta totale e ti senti anche tutelato mentre pedali. A livello di salite c’è l’imbarazzo della scelta. Il San Pellegrino è nel cuore delle Dolomiti. Per esempio quando si scende a Canazei che sei a 30 chilometri dal Passo, ti trovi un bivio, dove puoi fare Marmolada, Pordoi o Sella e da lì poi si apre tutto uno scenario di itinerari infinito. Da Ivan Basso compreso in poi, tutte le vittorie dei grandi giri sono state preparate lassù. Con Vincenzo Nibali ci piaceva molto andare nel periodo estivo, come lui anche Aru, Landa e tanti altri. Diciamo che andare al San Pellegrino era una garanzia per preparare un appuntamento importante».

Il sogno di Verre è diventato realtà

06.05.2023
4 min
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Alessandro Verre è il secondo corridore più giovane al Giro d’Italia, dietro solo a Matthew Riccitello della Israel Premier Tech. L’atleta dell’Arkea-Samsic si prepara al suo esordio in una grande corsa a tappe. Non traspare troppa tensione, anche se un punta c’è, d’altronde è la corsa dei sogni.

«Tutto sembra iniziato molti giorni fa – ci racconta Alessandro Verre – c’è tanto stress intorno al Giro. Solamente giovedì con il viaggio ed il problema avuto con la consegna delle bici da crono da parte del corriere. Le aveva la squadra in Francia, sono arrivate verso l’ora di pranzo e siamo andati subito a sistemare la posizione».

Ecco Pozzovivo e Verre, entrambi lucani, tra i due ci sono quasi 20 anni di differenza
Ecco Pozzovivo e Verre, entrambi lucani, tra i due ci sono quasi 20 anni di differenza
Come mai?

Non mi trovavo con la posizione usata lo scorso anno, avevo dei dolori, soprattutto i giorni dopo averla usata. 

La bici si trovava in Francia, vuol dire che l’hai usata poco quest’anno?

E’ la prima volta che la prendo in mano, non sono uno specialista di queste prove, anche se non le disdegno. Abbiamo fatto una pedalata per prendere le misure con la bici giovedì, volevamo visionare il percorso della crono, ma era troppo lontano dal nostro albergo. Così si è deciso di fare una pedalata sulle strade della terza tappa.

Quando hai scoperto che saresti venuto al Giro?

Due settimane fa, dopo le ultime corse. La squadra ha visto che stavo andando bene e che la condizione c’era, ed è arrivata la convocazione. 

L’Arkea durante la presentazione delle squadre di giovedì sera, avvenuta a Pescara, Verre è il primo da destra
L’Arkea durante la presentazione delle squadre di giovedì sera, avvenuta a Pescara, Verre è il primo da destra
Che cosa hai fatto per curare al meglio l’avvicinamento?

Sono stato dodici giorni in ritiro sull’Etna. Ho fatto qualche allenamento per migliorare i cambi di ritmo, mi ero accorto che mancasse qualcosa in quell’ambito. Non ho mai affrontato allenamenti troppo intensi. 

Cosa pensavi da solo in cima al vulcano, ti ha sopraffatto l’emozione di questa convocazione?

Ho cercato di pensarci il meno possibile, sono un po’ scaramantico, meno ci penso meglio sto. In fondo vado in bici per piacere, già questo è un ottimo passatempo, poi tutti i giorni avevo la salita per tornare in hotel. Insomma, facevo prima a pensare quanto fosse dura, anche perché dovevo farla tutti i giorni (dice con una risata, ndr). 

Quindi pochi pensieri sul Giro?

Pochi, preferivo guardare il panorama e concentrarmi sul lavoro da fare, mi davo delle piccole sfide per portare a casa il dislivello che volevo. 

L’anno scorso la corsa rosa era passata da casa tua, quest’anno torna, qualcuno ti verrà a trovare?

Praticamente l’anno scorso mi è entrato in casa, quest’anno arriva a Melfi, che è un’oretta da dove abito. Non so se qualcuno verrà a salutarmi, non mi sono sentito con nessuno, lasciamo la sorpresa. 

L’arrivo di Lago Laceno dista 120 chilometri dal tuo paese, Marsicovetere. L’hai già fatta?

Mai! Volevo andare a fare una ricognizione, ma la neve me lo ha impedito, l’affronterò anche io ad occhi chiusi. In Costiera sono andato spesso in inverno per sfuggire dal freddo, è un percorso mosso che si addice tanto alla fuga.

Mentre quella di Bergamo?

Su quelle strade mi sono allenato per un anno intero quando correvo alla Colpack. Quella sarà una tappa davvero impegnativa, pronti via e si fa passo Valcava dal lato di Lecco, il più duro. Poi Selvino, un’altra breve salita ed infine Roncola e città alta. Non sarà una passeggiata. E’ la nostra tappa di casa visto che si arriva vicino alla sede di Bianchi. 

La tappa di Bergamo la conosce bene, su quelle strade si è allenato per un anno intero quando era alla Colpack
La tappa di Bergamo la conosce bene, su quelle strade si è allenato per un anno intero quando era alla Colpack
Se pensi al Giro cosa ti viene in mente?

E’ la corsa che sognavo da bambino, dopo scuola e dopo gli allenamenti tornavo a casa per guardare tutte le tappe. 

Tensione?

Lo sto vivendo nella maniera più tranquilla possibile, la tensione un pochino c’è, in fondo è una grande corsa a tappe. Andrò avanti giorno per giorno con un due parole guida. 

Quali?

Esperienza e… sopravvivere.

Lavori forzati sull’Etna. La rincorsa di Pozzovivo

30.04.2023
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Il messaggio di Pozzovivo arriva dopo un paio di giorni che cerchiamo di parlare con lui. «Sono stati due giorni logisticamente complicati – c’è scritto – in giro per bike fitting e test in galleria del vento facendo sempre base sull’Etna».

Mancano sei giorni all’inizio del Giro d’Italia. Domenico è entrato nella stagione il 21 marzo alla Settimana Coppi e Bartali, dovendo fare in corso d’opera tutte quelle operazioni cui normalmente si dedica l’inverno. La fine del rapporto con la Intermarché non lo ha lasciato indifferente, ma da grande professionista quale è sempre stato, si è rimboccato le maniche e ha provato a conciliare l’allenamento, le corse e la ricerca della posizione migliore.

«Ma devo ammettere – spiega –  che al Tour of the Alps non ho avuto purtroppo grandi sensazioni. Perciò ho cercato di prendere qualche contromisura, vediamo se riparto come vorrei. Ci poteva stare che non andassi come speravo, non avevo grandi riferimenti, dato che fino a poco prima ero stato in altura. Di solito, mi bastava scendere e stavo bene. Invece questa volta non c’è stato il cambiamento che immaginavo. Mi staccavo da 12 corridori…».

Due giorni fa Pozzovivo è volato a Gorizia per dei test in galleria del vento
Due giorni fa Pozzovivo è volato a Gorizia per dei test in galleria del vento
Perché cercare ancora la posizione a così poco dall’inizio del Giro?

Ho voluto rimetterci mano dopo la Coppi e Bartali, per tornare alla posizione precedente. Sicuramente ho sbagliato qualcosa e così sono tornato un po’ indietro sulle scelte. Fa parte del ciclismo di adesso. Se non provi ad andare al limite, non riesci a stare al passo. Come pure nell’allenamento, ormai rischi sempre di andare in overtraining. Devi arrivare veramente al limite, mentre una volta ti accontentavi di valori che erano sufficienti per essere a un certo livello.

Perché la galleria del vento?

Quella per la posizione a cronometro. Non avevo ancora fatto nulla, avevo presa la bici in mano alla Coppi e Bartali e mi serviva una base di lavoro. Siamo stati a Gorizia e mi è piaciuto il lavoro che abbiamo fatto. L’unica cosa complicata è stata la logistica, un po’ troppo tirata. Se ci fosse stato un incidente sulla Venezia-Trieste, saltava tutto. E nel mezzo, per non farci mancare nulla e perdere altri 15 minuti, ho avuto un controllo antidoping, lassù in galleria. Poi ho fatto l’ultima corsa del giorno fino all’aeroporto con la bici da crono…

In effetti quest’anno sei arrivato un po’ troppo lungo col contratto…

Infatti da febbraio in poi la mia testa era occupata dalle preoccupazioni. Purtroppo non sono uno che riesce a spegnere il cervello, quindi comunque lavoravo e pensavo a tutte le difficoltà, i mal di gambe e i mal di schiena che mi sarebbero venuti a cambiare bici.

Aveva già corso sulla Factor. Dice di trovarsi meglio con le ruote da 45
Aveva già corso sulla Factor. Dice di trovarsi meglio con le ruote da 45
Come ti trovi con la bici nuova?

La guido abbastanza bene, dipende dalle ruote. Stranamente vado meglio col profilo alto che con quelle medie. Meglio le 45 delle 30. Per il resto è una bella bici. Con la Factor avevo già corso nel 2017 alla Ag2R e posso dire che è un’altra bici rispetto ad allora.

Lo scorso anno rimanesti senza squadra perché la Qhubeka chiuse, che cosa hai provato quando la Intermarché non ti ha confermato?

Ci sono rimasto piuttosto male, perché penso che avevo raggiunto quel che avevo promesso e forse anche di più. Mi aspettavo un trattamento diverso, ma non mi servono queste motivazioni per essere più cattivo in corsa. La motivazione ce l’ho dentro, non ho bisogno di cercarla fuori.

Lo scorso anno a fine Giro parlammo della voglia di fare finalmente il Giro perfetto…

Ma quest’anno credo che lo escludiamo a priori. Credo che la condizione giusta arriverà semmai per il Lombardia (ride con una punta di malinconia, ndr). E ci sarà da capire il programma che farò dopo il Giro. Non faremo la Vuelta, per cui bisognerà capire.

Lo scorso anno Pozzovivo ha chiuso il Giro in 8ª posizione. Qui in azione sul Passo Fedaia, penultima tappa
Lo scorso anno Pozzovivo ha chiuso il Giro in 8ª posizione. Qui in azione sul Passo Fedaia, penultima tappa
Da quello che racconti, a parte i periodi delle corse, hai trascorso il resto del tempo in altura…

Ci sono stato tanto, come gli altri anni. Teide, Etna e Val Senales. Mi è andata anche bene, perché non è detto che trovi le camere chiamando due settimane prima. Invece sono riuscito a gestire bene questo tipo di logistica. A febbraio ero sul Teide, che è stata la carta della disperazione, pensando che magari fosse l’ultima volta. Ero su senza squadra e me la sono vissuta a metà tra turista e corridore, allenandomi e guardando i paesaggi.

Hai avuto momenti di sconforto?

E’ capitato, soprattutto se le cose non andavano. In bici facevo quello che dovevo fare, però è capitato di pensare che questa volta non avrei trovato squadra. Quando hai una certa età, la domanda che ti poni quando sei in difficoltà è chi te lo faccia fare. «Smetti, sei patetico», te lo dici da solo, mentre magari da giovane non lo fai. I momenti difficili ci sono in tutte le stagioni e a tutte l’età, la differenza è l’entusiasmo con cui le affronti. L’incoscienza del giovane è diversa dalla motivazione di uno che ha passato tante battaglie.

Con quale obiettivo parti per il Giro?

Sarebbe duro non dichiarare che voglio fare classifica. Ci devo arrivare con quella mentalità, per avere delle motivazioni più solide. Non è uguale partire all’avventura, tirando a campare.

Finora Pozzovivo ha corso Coppi e Bartali e Tour of the Alps, trascorrendo il resto del tempo in altura
Finora il lucano ha corso Coppi e Bartali e Tour of the Alps, trascorrendo il resto del tempo in altura
Quali risposte cercherai in questa settimana? Che cosa ti manca?

Essere di nuovo brillante, com’ero fino a due settimane fa. Ho corso al Tour of the Alps, la velocità di gambe l’ho fatta in corsa. Sono stati cinque giorni belli tirati, ho recuperato bene e ora serve semmai qualche richiamo. Quello che voglio è vedere attraverso i test che ci finalmente ci sono. Un grande Giro non ti perdona. Una volta si cresceva, si perdeva peso durante la corsa. Adesso con l’arrivo in salita il terzo giorno, devi arrivare subito a posto. Perciò quello che voglio è ritrovare la brillantezza e scacciare i cattivi pensieri. Lavorerò ancora, poi scenderò dall’Etna, farò una tappa nella casa di Cosenza. E poi andremo a vedere da vicino il Giro d’Italia… 

Garofoli sull’Etna per l’ennesima ripartenza

28.03.2023
4 min
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«Stavolta è stato un duro colpo», Gianmarco Garofoli inizia così il racconto della sua ennesima ripartenza. Il giovane talento dell’Astana-Qazaqstan è in ritiro sull’Etna. Sul vulcano sta ricostruendo il quasi esordio della sua “quasi” seconda stagione da pro’.

Già lo scorso anno infatti il marchigiano era stato fermato dal Covid, dalla miocardite e da altri intoppi. Morale, disputò appena 20 giorni di corsa (comprese le gare U23 con la nazionale) e soprattutto fu a un passo dal dover appendere la bici al chiodo per un certo periodo, quando le condizioni di salute erano incerte e gli era stata sospesa l’abilitazione medica.

In questo 2023 è partito bene. Un buon inverno, ma alla prima corsa, la Valenciana, Garofoli si accorge subito che c’è qualcosa che non va.

Gianmarco Garofoli (classe 2002) quest’inverno sul Col de Rates: fin lì era filato tutto liscio (foto Instagram)
Gianmarco Garofoli (classe 2002) quest’inverno sul Col de Rates: fin lì era filato tutto liscio (foto Instagram)
Gianmarco, come è andata?

E’ andata che alla Valenciana le gambe non giravano bene come in allenamento. Sentivo che qualcosa non era okay. Poi sono subentrati i sintomi: febbre, mal di gola… Ho fatto il tampone ed ero positivo. E da lì sono stato 15 giorni a casa. E sono stati 15 giorni in cui sono stato male davvero, sempre positivo. Sempre a letto. E’ stata peggio dell’anno scorso.

Che sfortuna. E quando hai ripreso?

Una volta tornato negativo, sono rimasto comunque fermo per un’altra settimana. Dopo la miocardite abbiamo deciso di riprendere davvero molto tranquillamente. Molto piano. E’ stato come ripartire da zero, come se fosse di nuovo inverno.

Hai fatto anche palestra?

Sì, sì, ripeto, come se fosse la preparazione invernale. Nelle prime uscite facevo un’ora, un’ora e mezza molto blanda. Poi sempre di più. Poi ancora, ho inserito gli esercizi in palestra… E ora eccomi sull’Etna. Ma non ho mai fatto nessun sovraccarico.

E come va lassù?

Adesso bene. Le cose cominciano a girare per il verso giusto. Sento che mi sto riprendendo. E anche il morale è migliore. Okay che ci sono abituato, ma questa volta è stata brutta… E’ stata una situazione molto simile al rientro in corsa con la nazionale under 23 in Puglia dell’anno scorso. Mi è sembrato di rivivere quei giorni.

Lo scorso anno Garofoli ha esordito in Oman (in foto). In tutto ha disputato una ventina di corse
Lo scorso anno Garofoli ha esordito in Oman (in foto). In tutto ha disputato una ventina di corse
Magari vedevi i tuoi colleghi coetanei farsi e largo e tu fermo… Ti hanno cercato?

All’inizio sì, ma poi io non ero molto propenso a parlare e mi hanno lasciato stare. Mettiamola così. Anche perché la testa era ancora a dove avevo lasciato, ma il fisico no. Durante l’inverno avevo lavorato veramente bene, sapevo come stavo e dove sarei potuto arrivare.

Ecco dunque perché non ti abbiamo visto neanche alla Coppi e Bartali…

In effetti l’idea c’era. Però abbiamo visto che ero indietro, che appunto non era meglio forzare, e in accordo con il dottor Magni e con il resto della squadra abbiamo deciso di rimandare il rientro. 

Che avverrà dove?

Al Giro di Sicilia. Io sono qui sull’Etna da quasi una settimana e ci rimarrò fino all’inizio della gara (11-14 aprile, ndr), ma credo che resterò anche dopo. La squadra mi ha chiesto di restare perché dovrebbero aggiungersi altri ragazzi.

Gianmarco e il suo amico Antonio in una delle camminate a digiuno del mattino. I due si sono divertiti col drone
Gianmarco e il suo amico Antonio in una delle camminate a digiuno del mattino. I due si sono divertiti col drone
Adesso sei lì solo? Ci sono altri pro’?

Per ora sono solo. Ho sentito che forse dovrebbe salire Pozzovivo. Sono qui con il mio amico fraterno ed ex corridore, Antonio Bevilacqua. Lui mi segue in macchina, negli allenamenti. Mi dà morale. Mi aiuta ad ammazzare il tempo. Un grande… Essendo ex corridore capisce bene le mie esigenze. Ed è bravissimo nel farmi fare dietro motore. Senza contare che la mattina si sciroppa 4-5 chilometri di camminata a digiuno con me! 

Camminata a digiuno?

Eh – sospira Garofoli – devo limare ancora qualcosa sul peso.

E per il resto come ti stai allenando? Abbiamo visto che inizia a spingere forte…

Adesso inizio ad andare meglio., faccio anche qualche lavoro. Ogni giorno faccio 4-5 ore e con parecchio dislivello. Sempre sui 3.000, anche 3.500 metri. 

I privilegi dei corridori e le smorfie di “Juanpe” Lopez

23.12.2022
5 min
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In qualche modo si scambiarono il testimone sull’Etna. Mentre Juan Pedro Lopez indossava la prima maglia rosa della carriera, l’altro Lopez – il Miguel Angel dell’Astana – si ritirava per gli effetti di un’infiammazione. Per l’andaluso della Trek-Segafredo, 25 anni, che puntava a vincere la tappa ma dovette arrendersi a Kamna, si aprirono dieci giorni di scuola di ciclismo. Lo stesso intervallo di tempo, poco meno, che due anni prima aveva lanciato le quotazioni di Almeida. E proprio parlando con Matxin, tecnico della UAE Emirates e mentore del portoghese, giorni fa il discorso è caduto sullo spagnolo e su come quei giorni in rosa, terminati nel giorno di Torino (foto di apertura), potrebbero condizionare anche la carriera di “Juanpe” Lopez.

«Non lo so – dice Lopez – per ora è un bel ricordo, perché sono stati i 10 giorni più belli della mia vita. Questo però è un anno nuovo e vediamo che obiettivo possiamo raggiungere. Lo so che quando un corridore prende la maglia rosa o qualunque altra maglia di leader, nelle gare dopo ha sempre un po’ di responsabilità in più. Però per me è un bel ricordo, un bellissimo ricordo e basta…».

In dieci giorni di maglia rosa, Lopez ha costruito una popolarità che ancora lo segue
In dieci giorni di maglia rosa, Lopez ha costruito una popolarità che ancora lo segue

La scuola della Vuelta

“Juanpe” Lopez si muove e parla a scatti, come il personaggio di un cartone animato. E’ la personificazione della simpatia, con gli occhi che a tratti roteano e il gesticolare delle mani molto latino.

«Se mi ricordo quel giorno sull’Etna? Madre mia, certo – sgrana gli occhi – mi ricordo tutto. La salita. Quando ho attaccato a 9 chilometri dall’arrivo ho pensato che non sarei arrivato mai. Volevo vincere la tappa, non prendere la maglia. Ma alla fine forse è convenuto a me, perché dieci giorni in maglia rosa sono tanto. Una scuola. Ho imparato a soffrire un po’ di più per tenerla, ma conoscevo già la sofferenza nel ciclismo. Alla Vuelta l’anno prima avevo la sinusite. Non respiravo e ho lottato ogni santo giorno per arrivare. Chiedevo sempre via radio al direttore quanto fosse il ritardo dal primo perché pensavo che non sarei arrivato e quelle tappe mi hanno insegnato tanto a soffrire. Invece quando hai la maglia rosa va tutto sopra le nuvole, tutto come un sogno…».

Kamna e Lopez sulle rampe dell’Etna. E’ il 10 maggio 2022, uno avrà la tappa, l’altro la maglia
Kamna e Lopez sulle rampe dell’Etna. E’ il 10 maggio 2022, uno avrà la tappa, l’altro la maglia

Vittoria al Val d’Aosta

Chiusa quella porta, si lavora adesso per aprirne un’altra, cercando di individuare i margini e i limiti di un ragazzo di 54 chili che nella vita, prima della gloria sportiva, ha conosciuto la fatica del lavoro e sa apprezzare i vantaggi della sua posizione.

«La mia idea ogni anno – dice Lopez – è andare un po’ più avanti. La squadra mi darà ancora l’opportunità di fare classifica come è stato al Giro d’Italia. Ma non so dire dove potrò arrivare. Se ancora decimo o anche meglio. Il mio obiettivo di quest’anno però è alzare le mani al cielo. Vincere. Perché va bene che sono stato 10 giorni in maglia rosa, ma ancora non ho mai vinto. La mia ultima vittoria arrivò proprio in Italia, al Giro di Val d’Aosta nel 2019, quando correvo con la Kometa.

«Vincere da professionista è molto più difficile. Quando giocano due squadre di calcio, una vince e l’altra perde. Ma noi siamo 200 e la percentuale non è più cinquanta e cinquanta. Per questo non si fa tutto al 100 per cento, ma al 300 per cento, curando ogni tipo di dettaglio, anche il più piccolo. E’ pesante? A me piace. E se qualche corridore dice di soffrire la pressione, io gli rispondo che c’è in tutti i lavori. Nel nostro, riceviamo soldi per andare in albergo, per viaggiare, per farci un massaggio e per correre. Siamo privilegiati. Io quando vado in bici, sono il ragazzo più felice del mondo perché a me piace».

Con Valverde, ha smesso anche l’ultimo grande di Spagna: l’eredità passa a Juanpe e ai suoi… fratelli
Con Valverde, ha smesso anche l’ultimo grande di Spagna: l’eredità passa a Juanpe e ai suoi… fratelli

Debutto al Tour

Come un pugile molto leggero al centro del ring, “Juanpe Lopez” fissa gli obiettivi senza paura, infilandosi nella faretra delle nuove frecce spagnole e annunciando il debutto al Tour.

«Quando ho il numero sulla schiena, è bellissimo. Mi piace l’adrenalina, anche se le corse sono complicate e si rischia di cadere. Per questo è bello anche stare tutti insieme ad allenarsi, oppure farlo da solo. In Spagna adesso c’è un bel ricambio. Hanno smesso Valverde e Contador, ma alla Vuelta abbiamo visto Carlos Rodriguez e Juan Ayuso. Tanti si allarmavano perché non vedevano gli eredi dei grandi campioni, io ho sempre detto che serve pazienza e quest’anno abbiamo iniziato a raccogliere. Non sono più giovane, perché arriva uno come Ayuso che a 19 anni anni fa il primo grande Giro e va sul podio. Ma è sicuro che nei prossimi 5-6 anni la Spagna avrà un ciclismo meraviglioso.

«E io lì in mezzo posso fare lo scalatore, con 54 chili non mi vedo come sprinter. Per l’inizio di stagione, penso alla Vuelta Valenciana e all’Algarve. E da scalatore andrò a debuttare in Francia. Del resto, ho fatto la Vuelta, poi ho fatto il Giro, ora voglio andare al Tour. Ho parlato con la squadra e hanno detto che è una bella idea. Farò Tour e Vuelta, niente male come programma, no?».

Pozzovivo verso la Vuelta con una teoria su Pogacar

23.07.2022
6 min
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«Alla fine Pogacar ha avuto ragione – sorride Pozzovivo – a voler guadagnare su ogni traguardo all’inizio del Tour. Senza il passaggio a vuoto del Granon, visto che non ha mai staccato Vingegaard, quei secondi sarebbero stati il suo gruzzolo prima della crono».

La caduta di Hautacam e il distacco subìto sono stati la conseguenza del dover rincorrere e contano fino a un certo punto. Dal Covid allo Stelvio e poi dallo Stelvio all’Etna, la calda estate di Domenico Pozzovivo prevede ora San Sebastian e la Vuelta. Ma prima la sua lettura sulla sfida del Tour offre nuovi spunti.

Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ha riconosciuto i sintomi del Covid (foto IWG)
Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ecco i sintomi del Covid (foto IWG)

Demolito dal Covid

Lo scalatore lucano è uscito dal Giro di Svizzera con il nono posto ed ha avuto appena il tempo di tornare a casa, per iniziare a riconoscere i primi sintomi. Gli stessi che pochi giorni dopo ha manifestato sua moglie Valentina. E se nel caso del primo contagio di aprile dopo il Giro di Sicilia le cose erano filate lisce, risolvendosi in pochi giorni, questa volta la botta è arrivata più forte.

«Mi ha proprio demolito – sorride amaramente Domenico – e mi ha costretto a saltare il campionato italiano. Mi è dispiaciuto perché si correva al Sud. Ho aspettato che passasse. Ho fatto tutte le visite mediche per il ritorno all’attività. E poi sono andato sullo Stelvio. So che i miei compagni erano a Livigno, anche Petilli e Rota, ma a me quella zona non piace. Vado sullo Stelvio e mi alleno spesso verso la Val Venosta. Non li ho mai nemmeno incontrati».

Al Giro di Svizzera ha chiuso all’8° posto la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto nella generale (foto IWG)
In Svizzera ha chiuso 8° la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto (foto IWG)
Come stai adesso?

Ho sensazioni altalenanti, non sono il solito Domenico. Spero che tra San Sebastian e prima della Vuelta vada tutto a posto. Andrò in Spagna per fare classifica, con le stesse motivazioni del Giro. Una diversa cornice, farà caldo e a me piace. Anche se non possiamo proprio lamentarci del meteo trovato quest’anno in Italia.

Nella diretta con Bernal di qualche giorno fa, con Nibali e Lello Ferrara, si ironizzava sulle tue abilità a cronometro…

Dimenticando quando feci meglio di Cancellara proprio alla Vuelta (sorride, ndr). Quest’anno purtroppo la bici mi penalizza, perché sono arrivato tardi in squadra e non ho avuto modo di fare i test necessari. Fare le crono mi piace e penso che siano in piccolo anche una mia abilità. Per cui in questo ciclismo così livellato e attento ai dettagli, è un peccato non averci potuto lavorare. Già dopo il Lombardia inizieremo con i test.

Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Sei arrivato per ultimo in squadra e come va?

La Intermarché-Wanty-Gobert è stata una piacevole sorpresa per il livello tenuto in tutta la stagione. Ottima anche sul piano dei rapporti umani, che non si possono mai dare per scontati. C’è una sorta di divisione in due anime. Ho lavorato con quasi tutti i gruppi, ma certo quello delle corse fiamminghe ha caratteristiche che non si sposano con le mie. Siamo complementari, così è perfetto.

In questi giorni Meintjes, che ti somiglia, sta facendo un bel Tour.

Lo sto seguendo. Ha le mie caratteristiche e si sta ritrovando dopo un periodo un po’ storto. Non avere addosso una grande pressione gli permette di correre al meglio.

Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
E’ uno di quei Tour dove vorresti esserci o vanno così forte che si sta meglio a casa?

In queste tappe di montagna mi piacerebbe esserci. Quando sono davanti alla televisione, sono un corridore che si immedesima. Se però penso alla prima settimana e al pavé, mi viene male. Anche se rispetto al solito ci sono state meno cadute. Sono uscito bene dallo Svizzera, avrei potuto farci un pensierino, ma adesso non posso certo rammaricarmi, visto che poi mi sono ammalato. E in queste settimane sono stato in fase di ricostruzione.

Cosa ti pare del duello Pogacar-Vingegaard?

Della tattica di Tadej della prima settimana ho già detto. Se aveva la percezione che Vingegaard sarebbe stato difficile da staccare, ha fatto bene.

Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Lo abbiamo criticato perché potrebbe aver speso troppo…

Tadej è sicuro di se stesso e probabilmente sapeva che, pur facendo così, il suo livello non sarebbe calato nella terza settimana. Ma non è stato un Tour lineare…

In che senso?

E’ stato condizionato dal Covid, ma non mi aspettavo questo livello di Vingegaard e al contrario, dopo averlo visto alla Tirreno, ero convinto che il livello di Pogacar sarebbe stato irraggiungibile. A Hautacam secondo me ha ceduto anche mentalmente, perché essere staccato in salita da Van Aert può essere un duro colpo.

Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Pensi che da questo Tour trarrà un insegnamento?

Penso che dovrà imparare a considerare di più l’aiuto della squadra. Finché è stato nettamente il più forte del gruppo, poteva passare sopra agli eventuali errori semplicemente accelerando. Ora scoprirà nuovi dettagli da curare.

Torniamo indietro a Lello Ferrara, come ti trovi in questo ruolo di spalla sul web?

Diciamo che nelle prime dirette, gli diedi credito per amicizia. Lo sapete, sono una persona obiettiva, dico le cose come stanno. E se uno non è capace di fare qualcosa, glielo dico in faccia. Invece in Lello ho trovato del talento, ha smosso belle situazioni e secondo me fa bene a coltivarlo.

Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Dallo Stelvio ti sei spostato sull’Etna, come mai?

Perché sullo Stelvio si sta così bene, che ti dimentichi del caldo. Sull’Etna in quota si sta bene, ma sotto ti alleni alla temperatura che si troverà alle corse, un caldo normale. Per cui il 27 vado a San Sebastian e poi torno quassù. Se penso che quelli di Livigno fanno la sauna per abituarsi al caldo, sto meglio io qua che il caldo ce l’ho naturale, no?