I campioni e le Olimpiadi: entusiasmo raffreddato?

01.05.2024
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Quando Bettini vinse le Olimpiadi su strada, l’Italia corse con cinque uomini, al pari di Germania, Spagna, USA, Australia, Olanda, Danimarca, Polonia, Kazakhstan, Francia, Belgio, Svizzera, Russia e Ucraina. Ci favoriva il ranking UCI, nel quale spiccavamo per vittorie su strada di gran peso e il fatto che il CIO non avesse ancora deciso di snaturare il gioco.

Con cinque uomini si poteva ragionare di impostare una tattica e ben ricordiamo quale grande lavoro si sobbarcarono Pozzato, Paolini, Nardello e Moreni per portare Paolo nella giusta posizione al momento dell’attacco. Anche in quel caso Ballerini fu un mago e aprì il ciclo di Bettini, che di lì a tre anni avrebbe vinto anche due mondiali.

Bettini vinse l’oro olimpico ad Atene, davanti a Paulinho (Portogallo) e Merckx (Belgio)
Bettini vinse l’oro olimpico ad Atene, davanti a Paulinho (Portogallo) e Merckx (Belgio)

Villaggio svuotato

Come tristemente noto, a causa del ranking che ci vede indietro, l’Italia correrà le Olimpiadi di Parigi su strada con soli tre atleti, come a Barcellona 1992 quando però in gara c’erano i dilettanti. Per il ranking, certo, ma anche a causa di un ulteriore taglio che il CIO ha fatto delle quote degli atleti convocabili. Se accanto a questa esigenza di contenimento dei costi ci fosse stato uno studio conseguente del calendario, probabilmente non saremmo qui a importunarvi. Invece hanno ridotto all’osso il numero dei corridori e ammassato le prove in pochi giorni, impedendo partecipazioni… trasversali. Di conseguenza Ganna e Milan non possono correre su strada, avendo l’inseguimento a squadre due giorni dopo. Come loro Elisa Balsamo è alle prese con lo stesso dilemma. Mentre per dare al quartetto una riserva di sostanza come Manlio Moro, sarà necessario iscrivere Viviani come stradista, nonostante avrà testa soltanto per la pista (nella foto di apertura, ai piedi della Tour Eiffel in rosso il Pont d’Iena in cui sarà l’arrivo della gara su strada).

«La verità – dice il veronese – è che almeno una delle due considerazioni andrebbe fatta. Se dai poche quote e metti la strada come prima prova e la pista negli ultimi tre giorni delle Olimpiadi, allora funziona. Ma se vuoi tenere questo calendario, allora devi dare più quote. Le cose stanno cambiando, le Olimpiadi non sono più come una volta. Noi e anche altri non alloggeremo nel Villaggio, andremo in hotel. Quindi se il problema sono i posti, non c’è bisogno che il Villaggio Olimpico sia gigantesco. In questo caso, cosa cambia al CIO avere più quote? Lasciaci portare il corridore in più, non significa avere più costi. Oppure fate un calendario che permetta di organizzare bene gli atleti».

Questo il rendering del Villaggio Olimpico di Parigi 2024 sulla Senna: i lavori sono quasi ultimati
Questo il rendering del Villaggio Olimpico di Parigi 2024 sulla Senna: i lavori sono quasi ultimati

I dubbi dei campioni

Un aspetto che discende direttamente da questa riorganizzazione è anche lo scetticismo dei campioni davanti alla sfida olimpica su strada. Non si può pianificare molto: come ha detto di recente il cittì francese Voeckler, si tratta di una sfida che lo diverte, ma fuori da ogni logica del ciclismo. Come fai a gestire senza compagni una corsa di 270 chilometri e un gruppo di appena 90 corridori? Non a caso, lo stesso Pogacar che avrebbe tutte le carte in regola per puntare alla medaglia d’oro, ha ammesso che ci andrà, ma di ritenere molto più concreto e programmabile il mondiale di Zurigo.

«Queste quote – conferma Viviani – hanno anche stravolto l’impostazione stessa delle gare. E’ questo, vi devo dire la verità, che secondo me smonta anche un po’ di stradisti. Uno che deve investire del tempo per fare un’Olimpiade, che è indubbiamente un appuntamento importante, ci riflette sopra. Pensa: “Ok, vado là, ma è una gara folle, perché ci sono solo 90 corridori e se perdo il controllo, non posso farci nulla”. Alla fine deve andarti bene e allora magari neppure la prepari in modo maniacale. Potrebbe andare via la classica fuga bidone, di quelle che ai mondiali stanno fuori per mezza giornata, ma non avendo uomini per tirare, la ritrovi al traguardo. Anche perché, lasciate stare che noi siamo solo tre per il ranking, da 5 siamo passati a 4 e tutte le nazionali dovranno sacrificare qualcuno. Sennò la corsa esplode e addio…».

Pogacar, terzo a Tokyo, ha detto più volte di considerare le Olimpiadi un appuntamento, ma anche una lotteria
Pogacar, terzo a Tokyo, ha detto più volte di considerare le Olimpiadi un appuntamento, ma anche una lotteria

Il ranking per Nazioni

Il ranking su strada è un oggetto da maneggiare con cura. I team sono molto attenti nel fare punti che li tengano avanti nella classifica loro dedicata, mentre il discorso si complica quando si devono sommare i punti di atleti della stessa nazionalità.

«La verità è che il ranking strada – dice Viviani – non è come quello su pista, che possiamo controllare. Non è facile dire ai ragazzi che bisogna far punti, perché comunque gestiscono tutto le squadre. Come Italia paghiamo qualche mancanza di risultati soprattutto nelle classifiche generali, che danno più punti. Mancandoci corridori da classifica, arranchiamo anche nel ranking. Dall’altra parte, secondo me bisogna pensarci a livello federale, su questo aspetto dobbiamo tenerci un po’ più l’occhio. Non so, col tempo guardare di fare delle gare di un giorno, provare come Federazione a non cadere più in fallo. Qualche nazione lo fa, ad esempio gli inglesi e gli australiani. L’anno scorso avevo in squadra Luke Plapp e lui mi diceva che se la giocavano ai punti con la Francia e mi spiegava i ragionamenti che facevano. In pista il programma è chiaro. Hai le coppe del mondo, l’europeo, il mondiale: sono tutte gare cui partecipi con la nazionale. Però col senno di poi per Los Angeles 2028 a livello federale dovremo stare attenti anche alla strada».

In questi giorni, Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in quota, preparando le Olimpiadi (immagine Instagram)
In questi giorni, Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in quota, preparando le Olimpiadi (immagine Instagram)

Lo salutiamo dicendogli di tenerlo bene a mente per quando sarà presidente federale, ma Viviani si fa una risata e allunga le mani come ad allontanare il calice. Eppure, per l’impegno che ci ha sempre messo, l’attaccamento all’azzurro e alla pista, la sua capacità di ragionare e il carattere deciso, noi un presidente federale come lui lo vedremmo davvero bene. Un passo per volta, tuttavia, la stagione è ancora lunga, la carriera pure…

Cosa ne pensa Elia? «Un onore, ma il focus resta la pista»

27.04.2024
7 min
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Se la partecipazione di Viviani alla prova su strada di Parigi è un’opzione sul tavolo, che cosa ne pensa il diretto interessato? Le parole di Amadio dicono e non dicono: la decisione non è stata presa, ma si capisce che se ne stia parlando. E se la logica olimpica è quella di privilegiare le specialità con le più elevate possibilità di medaglia, è chiaro che la pista sia un passo avanti. Le ultime grandi corse maschili le abbiamo vinte fra il 2021 e il 2022 con Colbrelli ed è difficile indicare i nomi di chi potrebbe portarci una medaglia. Stando così le cose, la presenza di Viviani su strada sarebbe funzionale al suo impiego teoricamente più redditizio su pista. Come detto più volte, siamo nel campo delle ipotesi, però manca così poco alle Olimpiadi, che un eventuale cambio di programma dovrebbe avvenire nel giro di poche settimane. Per contro, che cosa penserà Bennati che ha a disposizione soltanto tre posti e fra questi uno potrebbe essere quello di Viviani e un altro potrebbe essere necessario riservarlo a un cronoman?

Viviani è a Livigno per il primo blocco di lavoro in vista dei Giochi (in apertura foto Instagram nella galleria del vento del Politecnico di Milano). Quando è arrivato la settimana scorsa per la presentazione delle tappe del Giro, nevicava ancora ed è riuscito ad allenarsi un solo giorno. Ieri, quando lo abbiamo sentito, c’erano 6-7 gradi e una bella giornata. Gli impianti sono aperti per le ultime sciate, grazie anche alla neve artificiale, ma in bici si va alla grande. Perciò, dopo aver girato dei video, il campione olimpico di Rio 2016 ha fatto due ore di ciclomulino ad alta intensità e poi palestra.

Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Viviani_Oro_omnium_rio2016
Viviani ha vinto l’oro olimpico dell’omnium a Rio 2016
Avevamo fatto un’intervista in cui non sapevi ancora se saresti andato al Giro e ipotizzavi una preparazione da pistard puro…

In quell’occasione, avevo spiegato che c’erano due modi per arrivare a Parigi. Uno era il Giro, l’altro era quello di puntare sui lavori specifici. Quando sono uscito dalla squadra del Giro, restava solo la seconda possibilità.

Poi è uscita la scelta della Danimarca per Morkov e ci siamo chiesti se non possa essere una via da seguire anche con te. Amadio dice che è una delle ipotesi sul tavolo e che ancora non è deciso niente. Ma poniamo che vada in porto, che Viviani potremmo aspettarci?

Non potrei essere competitivo, almeno nel senso di ottenere un risultato. E’ ovvio che sono un stradista e la mia preparazione per le Olimpiadi conterrà comunque delle corse a tappe. Come dissi l’altra volta, in ogni blocco di lavoro continuerò a fare la mia distanza, però è un’Olimpiade con 90 corridori, è utopistico pensare che si possa fare un risultato su strada. Quindi è ovvio che l’opzione di correre la strada mi vedrebbe competitivo, ma i miei obiettivi all’Olimpiade sono l’omnium e l’americana. Sarebbe un’opzione per liberare il posto in più che ci servirebbe su pista. Potrei svolgere un ruolo di supporto. Sappiamo che l’Olimpiade può essere una gara pazza, quindi è ovvio che non arriverò impreparato. Le distanze, se farò l’Olimpiade su strada, al posto di essere di 4-5 ore, saranno di 6, perché comunque la corsa è di 270 e passa chilometri.

Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Questa caduta alla Roubaix ha impedito a Viviani di rendere bene in pista a Milton
Anche senza Giro si potrebbe arrivarci pronti?

Non mi preoccupa in termini di fatica, nel senso che abbiamo analizzato che le tempistiche di recupero ci sono. Il mio omnium è cinque giorni dopo la strada, non l’indomani o due giorni come l’inseguimento a squadre. Però penso che nel ciclismo moderno sia chiaro a tutti che in una corsa di 90 corridori, se Van der Poel e quelli come lui si preparano per bene, possono fare quel che vogliono. Ci sarà selezione, non vedo un arrivo allo sprint.

Quindi non è un fatto di Elia che dal 2019 non vince un certo tipo di corse o che non fa il Giro d’Italia. E’ proprio una situazione oggettiva legata alla corsa, a prescindere dalla preparazione?

Sì, secondo me sì. Credo che anche quell’Elia in questo ciclismo non sarebbe competitivo per una medaglia su strada. Spalmati in 273 chilometri, 3.000 metri di dislivello non sembrano tanti, però sono più di un Fiandre che ne ha 2.600. Quindi c’è lo spazio per fare un disastro, aggiungendo il fatto che si corre senza compagni. Se Olanda, Belgio e altre due Nazioni che corrono in quattro ne portano uno a testa per tirare, si mettono là, lasciano andare la classica fuga e poi tirano per 200 chilometri, allora viene una corsa normale. Se invece portano quattro semi punte e non mettono nessuno a tirare, succede come a Londra, che arrivarono quelli partiti per primi.

Quindi volendo giocare con le ipotesi, il ruolo di Viviani in una corsa del genere sarebbe proprio quello di dare una mano agli altri due a tappare i buchi finché si può?

Assolutamente.

Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Le prestazioni di Viviani a Milton sono state condizionate dalle corse del pavé (foto Instagram)
Pensi che sarebbe il caso di andare a vedere il percorso?

Non so, a dire la verità e proprio a dimostrazione che è ancora un’opzione, se Bennati abbia pianificato una “recon” o no. Non so se glielo avete chiesto, io non lo so. La mia idea è che al momento abbiamo una carta per la medaglia ed è una super giornata di Bettiol. Poi il Benna farà le sue valutazioni, ovviamente è lui il cittì. Però guardando le classiche, abbiamo avuto un exploit di Mozzato. Ha dimostrato che dopo 270 chilometri, a coprirsi bene, può sprintare con un gruppo di 5-6-7 corridori. Però alla fine Bettiol ha dimostrato ancora una volta che quando ha giornate come alla Milano-Torino, può dire la sua.

Quando si è ventilata questa opzione, tu che cosa hai pensato?

Sarei contentissimo, se dovesse andare in questa direzione. Alla fine, dopo Londra sarebbe la mia seconda partecipazione all’Olimpiade su strada: è un onore ed è bellissimo. Dall’altra parte sono consapevole del fatto che la mia medaglia può arrivare nell’omnium, quindi io devo essere pronto al 100 per cento per quello, perché è lì che voglio riprendere l’oro. E’ ovvio però che un’Olimpiade su strada merita rispetto, non parteciperei tanto per partire. D’altra parte è ovvio che se entro in una fuga di venti corridori all’inizio, non posso essere nelle condizioni che dopo cinque ore mi si spegne la luce. Quindi è ovvio che la mia preparazione conterrà anche delle giornate da sei, sei ore e mezza, perché so che una classica da 260 chilometri ha bisogno di quelle ore lì. Per il resto però il mio avvicinamento avrà lavori specifici rivolti alla pista. Sto lavorando già, questo è il primo blocco. Parliamo di lavori di 20 secondi, 30 secondi, un minuto, due minuti, tre minuti ad alta intensità, a cui abbinerò delle distanze. Comunque le mie 20-25 ore a settimana su strada le faccio, non sono chiuso in pista sette giorni su sette. Qui a Livigno faccio 16 giorni e non scenderò mai a Montichiari.

La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
La campagna del Nord si è conclusa e ora Viviani è al lavoro in quota a LIvigno
Il programma prevede delle corse a tappe?

Senza la gara su strada, dopo il Giro di Ungheria avrei due mesi di lavoro nel velodromo e arriverei alle Olimpiadi con tanta pista e solo allenamenti su strada. Con una possibile gara su strada, è ovvio che il mio calendario dovrebbe cambiare. Sicuramente non farò il Tour, però potrei aggiungerne una fra il Delfinato e la Svizzera, oppure l’Austria. Devo guardare bene il calendario della squadra, per analizzare con loro quali corse a tappe posso fare. La verità è che per una gara così, serve un avvicinamento di qualità, quindi Delfinato o Svizzera. Anche se sono dure, probabilmente sono quelle che mi aiuterebbero a raggiungere la resistenza che serve.

Sarebbe utile saperlo prima possibile?

A maggio faccio sicuramente Ungheria e Norvegia. Poi mi aggrego agli altri che arrivano dal Giro e facciamo il secondo blocco di altura. In quel periodo c’è da decidere, fra giugno e luglio, ma prima lo sappiamo e meglio è. Credo che tutti, anche Amadio, stiano aspettando che il Benna abbia le idee più chiare sui tre nomi, in modo da metterli sul banco e capire le chance che abbiamo. Questo è lo scenario e spero che quando verrà presa una decisione, venga anche comunicata, in modo che tutti siamo consapevoli.

Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Viviani ha già corso un’Olimpiade su strada, a Londra 2012, chiudendo al 38° posto
Fare quella gara di 273 chilometri prima della tua ultima Olimpiade in pista è un vantaggio o uno svantaggio?

Non penso che possa essere funzionale in termini di resistenza. Potrebbe aiutarmi un Giro d’Italia, non la gara di un giorno. Dall’altra parte però non penso che andrà a incidere sul mio percorso da pistard. Ho i miei schemi. Devo arrivare all’8 agosto avendo nelle gambe i lavori che mi servono per quelle tre volte da 15 minuti delle prime tre prove dell’omnium e la mezz’ora di della corsa a punti. Il livello di resistenza lo devo tenere alto, perché è quello che permette a noi stradisti fare la differenza nella corsa a punti, come è successo a Tokyo. Ero fuori dalle medaglie, invece la corsa a punti me l’ha rimesso al collo. Sono certo che arriverò all’8 di agosto avendo fatto tutto quello che devo per l’omnium. E fare cinque giorni prima la gara su strada non mi creerà nessun problema.

Amadio: «Viviani su strada a Parigi, un ipotesi allo studio»

27.04.2024
6 min
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«Viviani nella prova su strada è un’ipotesi sul tavolo. C’è massima collaborazione fra i tecnici, continuiamo a fare riunioni tutti assieme per quanto riguarda strada, pista e crono non solo per le Olimpiadi. Vediamo un po’ come prosegue la preparazione di tutti, come proseguono le corse, compreso il Giro d’Italia…».

Roberto Amadio, con cui avevamo già parlato di convocazioni olimpiche, risponde dopo aver messo le mani avanti sul fatto che il termine ultimo per le iscrizioni degli atleti per le Olimpiadi è il prossimo 7 luglio. I tecnici quindi hanno tempo sino alla fine di giugno per fare le loro valutazioni, ma a questo punto serve fare un passo indietro.

Nell’ultima intervista fatta con Elia Viviani, il veronese ci aveva fatto capire che non avrebbe fatto il Giro e che di conseguenza la sua preparazione per l’omnium di Parigi sarebbe stata da puro pistard. Tutto dalle sue parole lasciava intuire che potesse essere lui la riserva per i quattro titolari del quartetto.

Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui due anni dopo con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022
Viviani è passato nel 2010 alla Liquigas. Qui con Amadio e l’amministratore Dal Lago, scomparso nel 2022

La svolta danese

Pochi giorni dopo, la Danimarca ha annunciato che per consentire a Morkov di difendere il suo titolo olimpico della madison, lo avrebbero convocato anche su strada, dato che le quote limitate di atleti impongono la partecipazione a più di una specialità. I danesi, come noi, puntano all’oro del quartetto e Morkov evidentemente non offre le necessarie garanzie.

A quel punto, nell’editoriale del 15 aprile ci chiedemmo se spostando su strada uno dei pistard, Villa non avrebbe avuto la chance di convocare un uomo in più per il quartetto. Non era una domanda per caso: sappiamo che i tempi fatti registrare da Manlio Moro nell’inseguimento a squadre sono di tutto rispetto, per cui spostando Viviani anche nella prova su strada, si aprirebbe un varco per lui. Anche la Gazzetta dello Sport ha unito i puntini e un paio di giorni fa ha iniziato a parlarne.

Il tema è importante. Alle Olimpiadi si guarda alle medaglie e non alla loro provenienza. E’ chiaro però che correndo la prova su strada con soli tre uomini, quali garanzie avrà Bennati, se Elia non potrà fare il Giro d’Italia? Il Viviani del 2019 sarebbe stato la prima scelta per il percorso di Parigi, ma quegli anni sono lontani. Per questo abbiamo chiamato Amadio, il team manager della nazionale.

Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Viviani Europei 2019
Il Viviani del 2019 era capace di vincere classiche e titoli: qui nell’europeo. Poi si è dedicato di più alla pista
Restiamo nel campo delle ipotesi, attenendoci ai pochi dati oggettivi. Hai parlato di Giro d’Italia e Viviani non lo farà. Farebbe la strada tanto per firmare il foglio di partenza o con legittime aspirazioni?

E’ logico che nell’ipotesi che corresse su strada, sarà pronto. A differenza di quanto accade con i quartetti che iniziano due giorni dopo la gara su strada, con l’omnium abbiamo quasi una settimana di tempo per riprendere il colpo di pedale della pista. I tempi stretti sono il motivo per cui sarebbe problematico schierare Milan e Ganna nella gara su strada. Pippo invece fa la crono e ha quasi nove giorni di tempo per recuperare. E’ chiaro che come Federazione facciamo le valutazioni concrete sulle migliori prospettive di fare risultato. Anche perché noi abbiamo la qualifica anche nella madison e non possiamo presentarci con chi non l’ha mai fatta. Comunque sono valutazioni che sto facendo assieme ai tecnici. E poi, come ho detto, dopo il Giro, tra fine giugno e i primi di luglio, tireremo la linea.

Quindi se doveste decidere per Viviani su strada, sarebbe possibile intervenire sulla sua preparazione? Villa è in contatto con Cioni per questo aspetto?

Il fatto che Elia debba correre una gara a tappe prima di Parigi, che non sarà però il Giro, servirà indipendentemente dalla possibilità di correre la strada. L’omnium sono quattro prove, una ogni due ore, e anche l’americana dura 50 chilometri, quindi è necessario avere un bel fondo. Nel vasto calendario dell’UCI, credo che la Ineos troverà sicuramente la corsa più idonea, confrontandosi con Elia e con Villa, per capire quale sia la miglior soluzione. Indipendentemente da quello che sarà il programma.

La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
La crescita di Moro potrebbe aver convinto Villa di Volerlo come supporto per il quartetto
Sempre restando nel campo delle ipotesi, tu Elia l’hai cresciuto alla Liquigas, pensi che andrebbe a fare la gara su strada solo per onore di firma oppure come sempre si impegnerebbe per tirare fuori il meglio?

Si impegnerebbe al 100 per cento, non lo metto neanche in discussione. E anche Bennati sa benissimo che in questa eventualità può farci affidamento. Elia lo conosciamo tutti. E’ chiaro che qui si torna a un discorso di programmazione del calendario delle Olimpiadi, che presenta problemi, non solo per gli uomini, ma anche per le ragazze. Noi abbiamo una Balsamo che su quel percorso potrebbe essere protagonista, come pure nel quartetto. Anche qui dovremo fare sicuramente delle scelte mirate, cercando di capire se fare entrambe le prove o sceglierne una. Alla fine è sempre l’atleta professionista, come Viviani ma anche come Elisa, che capisce fino a dove può arrivare e quello che può fare. Io ho molta fiducia anche in loro e ne parliamo tranquillamente ad ogni occasione.

Giusto mercoledì al Gran Premio della Liberazione, il cittì delle donne Sangalli ci ha detto che fra dieci giorni andrà a Parigi con un gruppo di atlete proprio perché possano valutare il percorso. Non dovrebbero farlo anche Bennati e Viviani, secondo te?

Questa è una programmazione fatta da Paolo (Sangalli, ndr). Io credo che Daniele sappia quali sono i nomi fra cui scegliere, per cui il fatto di andare con gli atleti è una decisione che deve prendere lui. Credo però che voglia aspettare un attimo, capire il Giro e soprattutto chi farà il Tour. Perché il Tour secondo me per chi vuole vincere le Olimpiadi è un passaggio quasi obbligato. E’ fatto a pennello, finisce una settimana prima. E poi fra uomini e donne c’è anche una differenza di modo di correre.

Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Amadio è sicuro della piena collaborazione fra Viviani e Villa, qui al via della Sanremo
Cioè?

Ho visto alla Liegi di domenica scorsa, che fino a 20 chilometri all’arrivo c’erano ancora 40 ragazze che se la giocavano e la Liegi è una corsa dura. Quindi trovo corretto il fatto di fare una valutazione del percorso con le atlete, proprio perché è un altro tipo di interpretazione e di sviluppo anche della corsa. Le possibilità di un gruppetto di una quindicina di elementi che arrivino in volata è molto concreta, a differenza degli uomini fra cui secondo me ci sarà una selezione molto più definita. Di certo i soliti fenomeni saranno lì a lottare, ma secondo me non parliamo di 20-30-40 corridori che arrivano in volata.

Infatti non è semplice mettersi nei panni di Bennati, che può scegliere solo tre uomini e magari si chiederà a quale livello potrà correre Viviani.

Ma qui torniamo al discorso che l’Olimpiade è una manifestazione che va oltre il discorso tecnico, a differenza di un europeo e di un mondiale, dove le scelte sono mirate a ottenere il meglio nelle singole prove. Qui è un calderone in cui dobbiamo gestire un numero limitato di atleti per fare un certo numero di specialità. Non dimentichiamo che la Francia andò a Tokyo con Cavagna, che fece due chilometri nella prova su strada e poi si fermò, dato che puntava solo alla crono. Quello che bisogna far capire alla gente è che le Olimpiadi vanno oltre i discorsi comuni cui siamo abituati. Però ci stiamo ragionando, ci stiamo lavorando, abbiamo già fatto parecchie riunioni e stiamo andando avanti su tutti i fronti.

Viviani al Nord: la testa su Parigi, il Giro e le 100 vittorie

01.04.2024
7 min
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Viviani è al Nord per aiutare la squadra. Pensando che certe strade sono state risparmiate a Ganna, che come Elia è in rotta su Parigi, viene da chiedersi se la Ineos non avesse altri da mandare, ma tant’è. Di certo il Fiandre e la Roubaix di domenica prossima non sono per Elia un appuntamento. Quest’anno il suo obiettivo ha cinque cerchi: tutto il resto è importante, ma senza esagerare.

«Per spiegare quanto contino per me le Olimpiadi – spiega il veronese – basta dire che oggi ruota tutto intorno ad esse. Sono alle classiche, ma passo tanto tempo al telefono con Marco Villa, con Bragato, con i meccanici perché magari arriva una ruota nuova, la bici nuova o qualcosa da provare. Quindi sono fuori, ma il mio ragionare è tutto puntato su quella settimana di agosto. Non è cambiato nulla dentro di me rispetto alla prima volta. L’approccio è quello e anche la mentalità, la differenza è che adesso non sono da solo. Nel senso che se per le mie prime Olimpiadi (Londra 2012, ndr) era una questione di Elia, un meccanico, un massaggiatore e Marco Villa, adesso abbiamo un gruppo forte al maschile e al femminile. Quindi non gira più tutto intorno a me. Questo sicuramente è cambiato, però l’approccio è uguale. La stagione è tutta puntata su agosto».

Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Facciamo un punto su questa stagione, allora: come sta andando?

Ho provato a partire forte e sono arrivati due secondi posti in Australia, una tappa al Tour Down Under e nella Surf Coast Classic dietro Girmay, che ovviamente non sono vittorie, quindi non vengono sottolineate. Dopo l’Australia, il UAE Tour. Sapevamo che sarei andato senza supporto e laggiù non è detto che vinci quando hai un treno, figurarsi se vai da solo. Poi i programmi hanno preso una piega diversa. Dovevo fare il Catalunya, invece c’è stato un cambiamento e sono venuto qui in Belgio e ci starò sino a fine classiche. Poi c’è il Giro: sono tra i dieci nomi da cui saranno presi gli otto che parteciperanno, ma so che molto probabilmente non ci sarò.

Non corri un grande Giro dal 2021…

Non è stato ancora detto di no, però la squadra sta prendendo la direzione di credere in Geraint Thomas. Avevano detto di aspettare il Catalunya, non è ancora ufficiale che non lo faccio, però non vedo grandi possibilità. Deve succedere qualcosa, secondo me, perché mi inseriscano. Per cui la mia testa sta programmando tutto intorno all’8-10 agosto, per cercare di arrivarci al meglio possibile.

Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Il Giro sarebbe l’avvicinamento migliore?

Io sono convinto che un grande Giro ti dia sempre qualcosa in più. La mole di lavoro che metti insieme secondo me non la potrai mai replicare in allenamento. Poi, se andiamo a vedere nei dettagli, il mio omnium sono tre gare da 10 minuti e una da 40. Probabilmente mettendoci lì, non pensando più alla strada e concentrandoci esclusivamente sulla pista, possiamo chiudere il gap con il lavoro specifico. Nel senso che arriverei all’Olimpiade come un vero e proprio pistard. Fare il Giro sarebbe importante e secondo me renderebbe tutto più facile, però questo non vuol dire che andrei a Parigi con ambizioni ridotte. Si va sempre per una medaglia.

Ci sono i programmi e c’è l’aspetto emotivo. Fare il Giro piacerebbe a un corridore come te, che è stato campione italiano…

Guardando indietro, i 21 giorni consecutivi più belli della mia carriera sono stati le tre settimane del Giro 2018. Partecipare sarebbe tanto a livello emotivo, ma la verità è che in termini di programmi, l’anno del Covid ha cambiato tanto in tutto il mondo del ciclismo. Da quando siamo rientrati da quella lunga pausa, i team hanno smesso di ragionare con la stessa logica di prima. Secondo me prima del Covid c’era molta più programmazione.

A Londra 2012, Viviani unico pistard inserito nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
Londra 2012, Viviani unico pistard nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
In che senso?

Prima si avevano programmi precisi da inizio stagione, ricordo gli anni della Liquigas oppure anche a Sky. Oggi invece tanti team sono portati a cambiare all’ultimo, in base a come vanno i vari gruppi o i vari atleti. Dopo il Covid, anche per il fatto che a causa di qualche positività dovevamo essere sempre pronti per subentrare a qualche compagno, è cambiato tutto. Gli atleti devono essere sempre pronti e quella fase ha segnato una linea. Oggi i team cambiano spesso i programmi dei corridori e sembra normale.

Come ti immagini l’immediata vigilia di Parigi?

Quelli che faranno il Giro tireranno una riga dopo l’ultima tappa e anche le donne avranno un momento in cui tutto il resto si dovrà fermare. Questo avanti e indietro dalla strada è sempre stato la nostra caratteristica. Difficilmente sappiamo dire in anticipo come stiamo, perché raramente ci troviamo tutti insieme per qualche gara. Almeno adesso sappiamo che abbiamo dei quartetti competitivi, con gli uomini e con le donne. Riusciremo a mettere insieme i pezzi a fine giugno e allora capiremo dove siamo in termini di tempi. Poi bisognerà vedere dove saranno gli avversari. 

Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Dici che facendo un discorso puramente teorico, nell’anno delle Olimpiadi sarebbe valsa la pena fare le Coppe del mondo con il team olimpico?

Sarebbe stato utile per le gare di gruppo e anche per la confidenza che hai facendo tre o quattro quartetti a 3’45” prima di arrivare a quello delle Olimpiadi. Ma sappiamo anche che se abbiamo l’obiettivo ben chiaro e stiamo chiusi a Montichiari per un mese, con l’altura fatta e tutto quello che serve, arriviamo là con le carte in regola.

Abbiamo letto quello che hai detto della nuova bici da pista, è faticosa da lanciare come fu per Ganna nel record?

Nel quartetto no, perché il lancio di Pippo prendeva qualche giro in più, visto che non poteva partire subito a tutta. Per il quartetto è differente, perché usciamo dal blocco e abbiamo bisogno del primo mezzo giro, poi il gap sarà colmato. Nel rettilineo di là, raggiungi la velocità che ti permette di sederti e poi di spingere. La difficoltà è nel passare da zero a trenta all’ora: quella è la fase in cui perdiamo qualcosa, però poi la bicicletta è un binario.

Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Queste corse su strada servono per allenarsi o dare una mano alla squadra rischiando il meno possibile?

Servono per correre, perché ne ho bisogno. Mi aiuta sempre e sono stato chiamato last minute qua in Belgio per dare una mano alla squadra, visto che siamo un po’ a corto di corridori. La mia tattica è coprire le fughe della prima parte, a volte si tratta di 70-80 chilometri e a volte di 30-40. Altrimenti ho un determinato punto di arrivo, dove la squadra vuole essere davanti e quindi mi devo prendere la responsabilità di portarli in quel punto. E sarà così anche alla Parigi-Roubaix. Poi avrò un calendario in cui ci sarà da sprintare, perché senza il Giro ci sarebbero l’Ungheria, il Norvegia, il Giro del Belgio: corse tappe che serviranno in ottica di Parigi.

Senti, con tutta la scaramanzia del caso, hai pensato al dopo Parigi?

Sono pensieri che vanno e che vengono, certo che ci penso. A Parigi 2024 si chiude un cerchio, non arriverò a Los Angeles, quindi la prossima Olimpiade sarà probabilmente l’ultimo obiettivo su pista. Poi mi piacerebbe fare ancora uno o due anni, magari uno più uno per vedere se sono ancora competitivo su strada. Se il 2025 andrà bene, potrei decidere di continuare ancora, magari con l’obiettivo di arrivare alle 100 vittorie su strada, visto che sono a 89 che non sono neanche tantissime. Insomma 10 vittorie da fare in tre anni, considerando che quest’anno è ancora aperto e dopo le Olimpiadi ci sarà comunque tanto da correre. Questo mi porta a non pensare a quello che ci sarà dopo.

Nuova Pinarello Bolide, quella per le Olimpiadi di Parigi

27.03.2024
6 min
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La nuova Pinarello Bolide per la pista era nell’aria ed occola qui. Non una, ma due versioni dedicate alle compagini maschile e femminile in vista dei Giochi Olimpici di Parigi 2024.

Gli uomini avranno in dotazione la versione evoluta con telaio in lega Scalmalloy con tecnologia 3D (Bolide F HR 3D), mentre le donne gareggeranno con una Bolide HR C in carbonio. Fausto Pinarello ci racconta alcuni aneddoti interessanti, insieme ad Elia Viviani che ci fa un’analisi approfondita della bici.

Bolide 3D in dotazione al quartetto uomini (foto Federciclismo)
Bolide 3D in dotazione al quartetto uomini (foto Federciclismo)

La visione di Pinarello

Il nuovo progetto prende forma nel 2022, prima con Dan Bigham che nell’agosto 2022 stabilisce il record dell’Ora, primato che diventa una sorta di anticipazione rispetto a quello storico in arrivo. Infatti, l’8 ottobre 2022, Filippo Ganna copre la storica distanza di 56,792 chilometri, nel velodromo di Grenchen e con la nuova Bolide. La stessa bici diventa campione del mondo nell’inseguimento individuale (sempre con Ganna) la settimana successiva, coprendo la distanza di 4 chilometri in 3’59”636.

«Siamo un marchio italiano iconico – dice Fausto Pinarello – e il fatto di poter collaborare con la squadra italiana di ciclismo su pista mi riempie di orgoglio, oltre ad essere un banco di prova che contribuisce in maniera fondamentale a ricercare performances sempre più elevate. Abbiamo investito molto per produrre sei biciclette in lega Scalmalloy stampate in 3D per la squadra maschile e sei versioni in fibra di carbonio per la squadra femminile, compresi gli stampi di 3 diverse taglie.

«Siamo convinti – prosegue Pinarello – di aver fornito bici che permetteranno alla squadra maschile di difendere il titolo olimpico su pista e alla nostra fortissima squadra femminile di conquistare l’oro. Se da un lato i numeri della squadra maschile sono esaltanti, ma da un certo punto di vista ce li aspettiamo, dall’altro abbiamo le ragazze che vanno davvero forte. Sono il simbolo di una scuola che ha poco da invidiare ad altri».

Il perché dei due materiali

«Voglio sottolineare che questo ennesimo passo avanti – riprende Pinarello – è il frutto di una ricerca che è partita anni addietro e che mette insieme anche i tanti volti giovani che lavorano con noi e per noi. La base della bici in lega che sarà in dotazione agli uomini è quella usata da Bigham prima e da Ganna poi, con alcuni piccoli aggiornamenti, come ad esempio una scatola del movimento centrale più larga. E’ stato mantenuto il medesimo fattore Q in modo da non cambiare gli angoli di spinta.

«E’ rigidissima. Tutta questa rigidità – spiega Fausto – può essere controproducente quando le potenze scendono. Per questo abbiamo sviluppato la nuova piattaforma in carbonio per le donne, più facile e più leggera, meno violenta rispetto alla 3D. Questa in carbonio è la discendente diretta di quella utilizzata da Milan nella sfida con Ganna».

La passione prima di tutto

«Non considero la pista un business vero e proprio – ci racconta Pinarello – perché è prima di tutto una passione. Mi piace vedere, osservare e capire gli atleti in pista, vederli con le bici che portano il mio nome, prodotti frutto di una ricerca estrema e dell’avanzamento tecnologico. E’ vero, sono comunque un veicolo di promozione per l’azienda, ma queste stesse bici non hanno un ritorno economico vero e proprio, anzi.

«Alle spalle di queste biciclette c’è un immenso sviluppo. Solo una volta che sei coinvolto, riesci a capire quanto studio e quali insegnamenti possono discendere sugli altri utilizzatori. La pista è un settore affascinante, lo era in passato, lo è ancor di più adesso».

Viviani, secondo dietro Lamon, durante le prove con il quartetto e la nuova Bolide (foto Federciclismo)
Viviani, secondo dietro Lamon, durante le prove con il quartetto e la nuova Bolide (foto Federciclismo)

Viviani entra nel dettaglio

«La nuova Pinarello Bolide – spiega – è il risultato di tutti gli studi fatti anche in epoca successiva al record dell’ora di Ganna. E’ stato cambiato il passo della forcella che ora è da 65 millimetri, come il perno del carro posteriore diventato da 100. Nuovo anche il design per adattare meglio le nuove ruote Campagnolo che useremo con copertoncini e camere d’aria. Le gomme saranno Vittoria e proprio in questo periodo stiamo ultimando una serie di test mirati alla valutazione dello pneumatico più adeguato. Quella del quartetto maschile è più pesante se messa a confronto con quella in carbonio delle ragazze, ma è molto più rigida. Perde qualcosa nel primo mezzo giro – prosegue Viviani – ma una volta lanciata, il guadagno è notevole. In fatto di performance, la bici è molto più lineare, un fattore non secondario se consideriamo quello di cui ha bisogno un quartetto. Bisognerà prenderci la mano».

Appendici adattabili

«Dal punto di vista del design – prosegue Viviani che una volta di più si dimostra un interlocutore tecnico d’eccellenza – le due bici, quella in lega stampata 3D e quelle monoscocca in carbonio, sono pressoché identiche. Le appendici sono adattabili anche per essere conformi ai regolamenti UCI in base all’altezza dei corridori delle tre fasce: fino ai 180 centimetri, dai 180 ai 190, oltre i 190 centimetri.

«Le pedivelle e le corone sono Miche -conclude Viviani – con power meter SRM e cuscinetti ceramici. Con tutta probabilità le prove di Parigi verrano fatte senza misuratore, per avere un comparto ancor più aerodinamico».

Pinarello

Per Villa buoni riscontri da Adelaide. L’Italia c’è sempre

09.02.2024
5 min
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C’è voluto poco, a Marco Villa, per recuperare dal jet lag dopo l’interminabile viaggio di ritorno dall’Australia. Ad Adelaide si è tenuta la prima delle tre prove della Nations Cup e il cittì azzurro della pista, pur costretto a portare una squadra ridotta (oltretutto senza il quartetto delle ragazze) e piuttosto diversa da quella degli europei è tornato con un argento (Viviani nell’omnium) e un bronzo (nel quartetto), ma soprattutto con il taccuino pieno di annotazioni, fondamentali per quello che “è” l’obiettivo, unico e inderogabile: Parigi 2024.

Due podi che hanno molto valore proprio per come sono arrivati: «Direi che è stata una trasferta molto soddisfacente, ma io la valuto insieme agli europei. Due team diversi, ad Apeldoorn non c’erano Ganna e Moro, ad Adelaide Milan e Consonni. Alla fine abbiamo portato a casa molte soddisfazioni, anche se mi aspettavo qualcosa di più da Moro, al quale erano rimaste nelle gambe le fatiche del Tour Down Under. Certamente lavorare con gruppi separati non è il massimo, ma le indicazioni mi saranno utili proprio per quando potremo allenarci tutti insieme».

Villa con i ragazzi del quartetto. A Adelaide c’erano Lamon, Moro, Boscaro, Ganna e Viviani (foto Fci)
Villa con i ragazzi del quartetto. A Adelaide c’erano Lamon, Moro, Boscaro, Ganna e Viviani (foto Fci)
Guardando le gare di Adelaide, soprattutto la finalina con la Nuova Zelanda e la sua rimonta rintuzzata dal finale fantasmagorico di Ganna per oltre 3 giri, la sensazione è che lavorando con quartetti sempre diversi anche la strategia sia da cambiare in base agli uomini…

Non potrebbe essere altrimenti, anche se ad esempio ad Apeldoorn Milan ha svolto il compito di ultimo uomo in maniera egregia. E’ chiaro che in base a ogni componente devo decidere ordine e intensità delle tirate, cambiano gli uomini e cambiano anche quei fattori. Ci adeguiamo in base a chi siamo e ai ruoli. Vorrei sottolineare il contributo di Viviani, inseritosi molto bene in un quartetto da 3’49”, è un altro elemento di valutazione che mi conforta.

Guardando agli altri, la Gran Bretagna ha presentato Tarling per la prima volta in quartetto con altre novità. Che impressione ne hai tratto?

Mi sono piaciuti (e questo, guardando al nostro orticello, non va bene…) visto che hanno vinto. Poi capire Tarling che cosa potrà dare in più è difficile dirlo. Tutte le nazioni hanno problemi di abbondanza: Tarling dove lo metti, come terzo o quarto uomo? Ma lì ci sono Bigham e Hayter, due mostri sacri. Lo piazzi al posto di Vernon o Wood come primo o secondo? Non è una scelta facile. Io guarderò con molta attenzione le scelte che i britannici faranno, ma questo vale anche per la Danimarca.

Il podio dell’inseguimento a squadre. Per Tarling subito una vittoria (foto Cor Chronis)
Il podio dell’inseguimento a squadre. Per Tarling subito una vittoria (foto Cor Chronis)
I danesi sembrano però più stabili nella composizione del team…

Non è così, hanno ben 8 elementi nel gruppo tra cui dovranno scegliere i 5 per Parigi. La lotta è aspra, le scelte difficili e io ne so qualcosa… Non è il numero di nazionabili che fa la differenza. Io comunque non posso che essere contento vedendo che un po’ tutti hanno problemi nel trovare la quadra…

A Hong Kong chi potrai portare?

Lamon e Boscaro (con Villa nella foto di apertura, ndr) restano come asse portante, poi inserirò tutti giovani perché i vari Ganna, Milan, Consonni saranno impegnati per la primavera su strada. Conto di portare Galli e qualche U23 come Giaimi che è già pronto e magari anche Fiorin e Sierra. Io però devo guardare anche alle altre specialità considerando che i costi della trasferta c’imporranno di scegliere solo 5-6 nomi che facciano anche omnium e madison. Ad esempio Sierra non ha i punti Uci per gareggiare, per questo ho chiesto al suo team di lasciarlo libero per una gara in modo che possa andare a prendere i punti in una riunione su pista. Trovando disponibilità da parte dei suoi diesse.

Per Viviani una trasferta molto positiva. Nell’omnium ha perso da Bibic (CAN) pur finendo a pari punti
Per Viviani una trasferta molto positiva. Nell’omnium ha perso da Bibic (CAN) pur finendo a pari punti
Come ti regolerai d’ora in poi?

Partiamo dagli uomini, di Hong Kong abbiamo detto. A Milton in Canada vedremo un po’ come saremo messi nel ranking per la caccia alle primissime posizioni, ma so già che non potremo avere i titolari. Per le donne dopo aver saltato Adelaide porterò ad Hong Kong un gruppo di giovani, con Venturelli, Pellegrini, Vitillo e Fiorin da aggiungere alla Zanardi che sarà il perno del gruppo con la sua esperienza. A Milton invece conto di avere tutte o gran parte delle titolari e quello sarà davvero un bel test anche in ottica olimpica.

Tornando alle gare australiane, che cosa dici di Viviani e della sua prestazione nell’omnium?

Ha un grande valore, perché io conosco Elia ormai da un po’ di anni e so che a inizio stagione fa sempre fatica a trovare brillantezza, invece ad Adelaide ha mostrato qualità altissima per tutto il torneo. E’ entrato determinato e ha mostrato una grande gamba. Confido molto in lui, lo vedo concentrato e con un chiaro obiettivo in mente.

Alzini e Fidanza erano le uniche azzurre nell’endurance e hanno chiuso seste nella madison (foto Cor Chronis)
Alzini e Fidanza erano le uniche azzurre nell’endurance e hanno chiuso seste nella madison (foto Cor Chronis)
Il problema resta la madison…

Il settimo posto finale non mi ha sorpreso, ad Elia erano rimaste nelle gambe le fatiche del giorno prima e Scartezzini non era nella forma migliore. Guardando la gara però noto un particolare emerso anche in prove prevedenti, ossia un maggior rodaggio delle coppie schierate, considerando sempre il gap di esperienza specifica che scontiamo rispetto agli altri.

Dopo gli europei hai detto che l’Italia punterà al podio in tutte le 6 prove endurance di Parigi. Ne sei sempre convinto, proprio considerando l’anello debole della madison?

Ancor di più. Fra le donne con Consonni e Fidanza lo scorso anno senza la caduta potevamo anche vincere l’oro mondiale. Con Balsamo e Guazzini siamo saliti sul podio europeo nelle ultime due edizioni. In campo maschile Consonni e Scartezzini hanno preso medaglia, lo stesso Consonni con Viviani forma una coppia affidabile. Da qui ad agosto abbiamo tutto il tempo per essere più che competitivi…

Bilancio e riflessioni sulla pista con Marco Cannone

23.01.2024
6 min
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Una voce colorata, autorevole, esperta in grado di emozionare i più, in pochi minuti e a volte secondi. Marco Cannone ai microfoni di Eurosport ha impreziosito con il suo commento tecnico le telecronache della pista (e non solo) in alcuni dei momenti più belli che il nostro movimento ha vissuto negli ultimi anni. Ci siamo fatti raccontare dalla cabina di commento il suo punto di vista sullo stato della pista attuale. Siamo partiti da una retrospettiva su quello che era, passando per il passato più vicino a noi fino all’europeo appena concluso, per poi azzardare qualche aspettativa sulle Olimpiadi di Parigi

Cannone ha militato una stagione nel 2000 alla Lampre-Daikin
Cannone ha militato una stagione nel 2000 alla Lampre-Daikin
Permettici una piccola introduzione per chi non ti conosce. Chi è Marco Cannone?

Nel 1980 ho iniziato a correre in bicicletta, quando avevo sei anni. Sono stato probabilmente uno dei primissimi a fare la multi-disciplina, che in realtà si direbbe multi-specialità perché la disciplina è il ciclismo. Ho iniziato a fare il ciclocross, poi mi sono buttato sulla strada e poi pista. Da dilettante ho vinto una trentina di corse, tra cui una decina di internazionali, con due tappe al Giro d’Italia. Sono arrivato fino al professionismo e ci sono rimasto per sei anni. Ho corso per l’Amore & Vita, la Lampre e la CCC . Ho sempre avuto un rapporto stretto con la pista, fin dalle categorie giovanili.

Hai vissuto la pista italiana dai suoi anni migliori passando per momenti difficili e infine i giorni nostri sempre più promettenti…

Ho vissuto il periodo delle Sei Giorni che si correvano in tutta Italia dove eravamo protagonisti in patria e all’estero. Poi siamo arrivati a un periodo dove si ottenevano pochissimi risultati che si può racchiudere in un decennio. Io correvo con Marco Villa e con Silvio Martinello, in un periodo dove secondo me si era un po’ meno specializzati rispetto ad oggi, nel senso che ce n’erano forse 3-4 che erano proprio pistard puri. Da dopo Rio 2016 quello che posso vedere è che c’è stata una rifrequentazione della pista. Questo pur non avendo un velodromo al coperto.

Difficile da credere, ma abbiamo solo Montichiari al chiuso…

Io l’ho detto anche in televisione, l’altro giorno. Abbiamo tante strutture, che però sono un po’ obsolete, ci manca il vero grande impianto al coperto come quelli che vediamo durante le nostre telecronache. Manca proprio la palestra. Oggi Montichiari è accessibile solo alla nazionale. In primavera e in estate abbiamo tanti velodromi che funzionano molto bene: per fortuna ci sono e ci danno tante opportunità. Manca la vera e propria attività invernale, non a caso si è visto anche negli ultimi campionati europei.

Che cosa?

Nelle prove di prestazione dove comunque è tutto fondato sull’allenamento, siamo andati fortissimo. Intendo quartetti velocità eccetera. Nelle specialità di gruppo e nelle gare di situazione, la verità è che c’è una mancanza di abitudine alla competizione. Si nota la differenza con gli altri Paesi che invece hanno un calendario fitto di gare con corsa a punti, madison ed eliminazione.

Viviani Rio 2016
Viviani oro nell’omnium di Rio 2016
Viviani Rio 2016
Viviani oro nell’omnium di Rio 2016
Torniamo al discorso generazionale. Che periodo stiamo vivendo?

Viviani ha fatto scattare la scintilla a Londra 2012. Credo che sia stato il punto di svolta perché alle Olimpiadi ha partecipato soltanto Elia che, insieme a Marco Villa, ha fondato la nuova nazionale su pista. Da loro è partito l’input chiaramente condiviso con la dirigenza federale e quant’altro di investire sulla pista. Infatti da Rio 2016 abbiamo potuto ambire sempre a dei grandissimi risultati. Arrivando poi chiaramente all’apoteosi con l’Olimpiade di Tokyo e il relativo mondiale a un paio di mesi di distanza. 

Dividiamo il discorso per specialità. Partiamo dal settore velocità…

Abbiamo una grandissima storicità dagli anni ’60/’70, siamo sempre stati protagonisti. Roberto Chiappa ha solcato le piste di tutto il mondo raccogliendo risultati ovunque. Purtroppo era da solo in quel momento lì. Quindi non c’è stato uno sviluppo a livello nazionale. Con l’input di Villa e l’arrivo di Ivan Quaranta, si è dato il via alla vera e propria rinascita del movimento velocità in Italia. I risultati iniziano a vedersi. Non a caso, ripeto, siamo riusciti a creare un bellissimo terzetto nella velocità a squadre. In questo momento credo siamo decimi nel ranking. Però ci sono tre prove di Coppa del mondo in cui sono abbastanza fiducioso che entreremo fra i primi 8 e faremo le Olimpiadi. Per quanto riguarda la velocità, abbiamo Stefano Moro che ha fatto terzo all’europeo del Kerin. 

Bianchi ha vinto il primo titolo europeo nel chilometro da fermo. Un risultato che ripaga?

Lui è un po’ l’emblema di questo nuovo movimento italiano e diciamo che un grande risultato è arrivato agli europei. Ora è un riferimento anche per quanto riguarda la velocità olimpica. Miriam Vece è migliorata davvero in maniera pazzesca. Ivan Quaranta è stato determinante in questo settore. L’anno scorso Predomo ha vinto il mondiale della categoria juniores, più di trent’anni dopo che c’era riuscito proprio Ivan. In più, Quaranta ha avuto anche l’idea di andare a prendere un ragazzo di talento della BMX come Matteo Tugnolo. C’è stato davvero un grande lavoro e di questo sicuramente Matteo Bianchi ne è l’esempio

Ivan Quaranta con Matteo Bianchi dopo il successo europeo
Ivan Quaranta con Matteo Bianchi dopo il successo europeo
Per quanto riguarda il settore dell’inseguimento?

A proposito dell’inseguimento siamo campioni olimpici in carica. Siamo detentori del record del mondo, abbiamo fatto terzi all’europeo con una buona prestazione, pur mancando un personaggio forte come Filippo Ganna. Tutto questo al 10 di gennaio, quindi senza una grandissima preparazione specifica. Per l’Olimpiade, sono molto fiducioso e molto ottimista. Chiaramente deve andare tutto bene nel corso della della stagione. A questo europeo abbiamo visto dei buoni risultati da parte di Gran Bretagna e Danimarca, ci manca la Nuova Zelanda e l’Australia che sono sempre un’incognita. 

Il quartetto femminile invece?

All’europeo hanno fatto una bellissima prestazione conquistando il titolo. Chiaramente ci sono stati degli sconvolgimenti, ma questo lo sapevamo. Quando abbiamo fatto le Olimpiadi nel 2021, le quattro ragazze erano le più giovani in gara, con una media di vent’anni. Poi l’anno dopo a ottobre abbiamo vinto il campionato del mondo. C’è un ricambio generazionale nelle altre nazionali che noi abbiamo già fatto e ci stiamo godendo. Sono molto affiatate tra di loro e abbiamo ritrovato Letizia Paternoster che purtroppo ha avuto due anni di grandissimi problemi. Stesso discorso per Elisa Balsamo e la Guazzini. Da qui alle Olimpiadi bisogna sempre capire quali sono i margini di miglioramento che ci possono essere. Anche per le ragazze vale lo stesso discorso che per i ragazzi, non hanno fatto attività invernale, quindi il bicchiere è veramente per me molto pieno.

Qui Cannone insieme a Federica Venturelli
Qui Cannone insieme a Federica Venturelli
Gli inseguimenti individuali invece?

L’ingresso di Federica Venturelli è stato pazzesco al suo primo anno, anzi, alla sua prima gara tra le elite, lei che ha vinto negli juniores tutto quello che c’era da vincere. Poi vabbè, inseguimento maschile se scende Ganna in pista non ci sono avversari, diciamo la verità. E lo stesso vale per Milan. Bisogna capire quali possono essere i loro programmi. 

Per quanto riguarda omnium e discipline di gruppo, cosa ci dobbiamo aspettare?

Credo che Elia Viviani attualmente sia il nostro faro oggi e per le Olimpiadi di Parigi. A Tokyo è andato a prendersi una medaglia che forse lui si aspettava perché è sempre molto ottimista, però magari qualcun altro no. So che sta lavorando tanto, sta andando forte anche adesso in Australia, quindi è molto indicizzato su questo obiettivo. Bisogna pensare anche alla madison dove Simone Consonni potrà essere fondamentale così come per il quartetto. I posti sono pochi e per Villa non sarà facile. Però ora siamo a gennaio ed è ancora presto per fare questi discorsi. Per quanto riguarda il discorso al femminile c’è più scelta, anche qui Marco sarà chiamato a prendere delle decisioni, che verranno dettate anche da come andrà la stagione e l’avvicinamento. 

Il record di Cavendish? Viviani è pronto a scommetterci

28.12.2023
5 min
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Uno dei grandi temi della stagione ciclistica che verrà è il tentativo di record di vittorie al Tour di Marc Cavendish. Ne basta una, eppure sembra davvero la più difficile. Aveva anche deciso di mollare, ma poi ci ha ripensato, spinto anche dall’Astana che ha deciso d’investire buona parte della sua stagione su questo progetto.

Nell’ambiente ci si divide fra chi è scettico e chi invece pensa che a dispetto dell’età, “Cav” abbia tutto per riuscire nell’impresa e fra questi uno dei più convinti è Elia Viviani. L’olimpionico non si basa solo sulla sua esperienza, sulla comunanza di tante stagioni a sfidarsi in giro per il mondo, ma su ragionamenti oggettivi.

«Pensandoci bene – ricorda Viviani – Cavendish poteva vincere anche lo scorso anno, se non fosse stato costretto al ritiro. E’ vero, c’era Philipsen una spanna superiore a tutti, ma si è visto all’ultima tappa come ci fosse la possibilità di sovvertire le gerarchie della corsa e Mark, con la sua esperienza, nell’ultima settimana poteva approfittare della situazione. Non vinci la tappa finale del Giro d’Italia per caso».

Viviani è sicuro che Cavendish possa battere il record condiviso con Merckx, 34 tappe vinte al Tour
Viviani è sicuro che Cavendish possa battere il record condiviso con Merckx, 34 tappe vinte al Tour
Tu conoscendolo avresti mai pensato di vederlo ancora protagonista?

Inizialmente ero anch’io scettico, pensavo che avrebbe fatto fatica a competere con le nuove generazioni, ma mi ha smentito. Inoltre ha trovato un manager come Vinokourov che gli ha messo tutto a disposizione, perché crede in questa idea e sta lavorando per favorirlo in tutti i sensi, dalla scelta dei compagni di avventura a tutta la struttura orientata verso l’obiettivo. Tanto che sono convinto che Cavendish possa anche centrare più di una tappa al Tour, allungare la striscia record.

Una stagione orientata completamente sul Tour: secondo te non è un rischio?

Su questo ho qualche perplessità, lo ammetto. Pensavo avrebbe ricopiato la passata stagione, invece ha seguito le orme del ciclismo moderno dove si focalizza un obiettivo e si lavora solo per quello. Io da velocista in base a come sono andate le cose, non avrei cambiato. “Cav” d’altronde aveva iniziato il Giro che non era ancora brillante, ma correndo ha guadagnato condizione e nella terza settimana era al top. C’è un fattore che mi fa pensare che la sua scelta sia stata cambiata.

Cav ha chiuso tardi la stagione per rimettersi poi all’opera pensando a come avvicinarsi al Tour
Cav ha chiuso tardi la stagione per rimettersi poi all’opera pensando a come avvicinarsi al Tour
Quale?

L’arrivo del tecnico greco Vasilis Anastopoulos. Lo conosce bene, lo aveva portato a vincere ben 4 tappe al Tour, sa come si fa. Evidentemente ha costruito un cammino di avvicinamento mirato per farlo spiccare quando realmente servirà.

E’ un Cavendish diverso da quello che affrontavi anni fa?

Per forza di cose. Si è adattato, come abbiamo fatto tutti noi della vecchia generazione. Prima ad esempio avevamo opportunità nelle classiche, almeno quelle a noi più congeniali. Oggi anche nelle gare piatte, trovi strappi dove ci sono corridori che fanno la differenza e fanno esplodere la corsa. Noi non abbiamo più le stesse chance. Ci siamo dovuti adattare, puntando molto sulle cose a tappe.

Per il britannico c’è sempre un bagno di folla. Ora vuol chiudere alla grande
Per il britannico c’è sempre un bagno di folla. Ora vuol chiudere alla grande
Rispetto al passato l’esperienza sopperisce il calo fisico?

Dipende. E’ chiaro che qualche watt in meno ci sia, è la natura delle cose e sta al corridore riuscire a compensare. L’esperienza aiuta nei grandi Giri. All’inizio sono tutti leoni, ma poi piano piano le cose cambiano e bisogna saper fare i conti con se stessi. Questa differenza non c’è e non può esserci nelle altre corse a tappe dove vince chi ha più watt a disposizione, non c’è tempo per smuovere i valori in campo.

L’Astana ha anche costruito un team intorno a lui…

Un super team direi. Bol, Morkov, Ballerini sono elementi di primissimo piano, uniti a uno come Anastopoulos che ha grande capacità e sa come portarli al meglio, sono tutti fattori importanti per centrare il loro obiettivo. Io sono convinto che alla fine il record cambierà padrone.

Mark insieme a Morkov, si riforma la coppia che ha vinto tantissimo con la Quick Step
Mark insieme a Morkov, si riforma la coppia che ha vinto tantissimo con la Quick Step
Veniamo a te e alla stagione che sta iniziando. Che cosa farai dopo le feste?

Non sarò agli europei su pista per precisa scelta, fatta da Villa e dal team di comune accordo. Partirò il 5 gennaio per l’Australia dove resterò un mese, prima per affrontare le gare della stagione su strada con un occhio di riguardo alla Cadel Evans Great Ocean Road Race che ho già vinto e ho segnato col cerchio rosso sulla mia agenda. Poi sarò al via della tappa di Nations Cup su pista. Abbiamo optato per questo programma perché è il più compatibile con le esigenze del team e le mie, in una stagione che è tutta orientata verso Parigi.

Quindi andrai avanti abbinando strada e pista…

Sì, ma lavorando molto sulla strada sia per le mie esigenze, ma anche portare a casa risultati per la squadra. Sarò ad esempio al Uae Tour che è una corsa molto adatta alle ruote veloci. L’obiettivo della prima parte dell’anno è comunque il Giro d’Italia, dove voglio arrivare al massimo. Molto dipenderà dalle scelte della squadra che è fortissima: se si punterà con forza alla classifica allora il baricentro del team sarà orientato su quello, se invece si punterà alle tappe avrò più possibilità. Poi fari puntati per l’ultimo mese su Parigi, per coronare il mio sogno.

Viviani: tappa negli USA prima della ripartenza dall’Australia

03.12.2023
5 min
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Elia Viviani è in viaggio verso Milano, oggi (giovedì per chi legge) ha degli appuntamenti che cascano proprio in una di quelle giornate uggiose d’autunno, dove la luce non passa dalle spesse nuvole grigie. Niente a che vedere con le soleggiate giornate vissute negli Stati Uniti, tra Las Vegas e Los Angeles

«Prima ho un evento di Garmin – racconta dalla macchina – e poi sono ospite in una trasmissione radio. Sono partito presto, verso le 8 e anche a Monaco c’era brutto tempo, quindi questi impegni cascano bene (dice scherzando, ndr)».

Elia Viviani ha chiuso la stagione vincendo una tappa al Tour of Guangxi
Elia Viviani ha chiuso la stagione vincendo una tappa al Tour of Guangxi

Poche vacanze

La stagione del velocista della Ineos è finita tardi, ad ottobre inoltrato con il Tour of Guangxi, dove ha conquistato la vittoria nella prima tappa. Una volta rientrato è stato il tempo di mettersi l’abito, c’erano un po’ di matrimoni ai quali non si poteva mancare.

«Prima quello di Simone Consonni con Alice – dice – poi quello tra Elisa e Jacopo (Longo Borghini e Mosca, ndr). Ci siamo divertiti un sacco, ma Elena (Cecchini, ndr) ed io non siamo riusciti a fare una vera e propria vacanza. Siamo andati una sola settimana a Sharm El Sheik e niente più. Considerando che io inizio la stagione in Australia a gennaio, il tempo a disposizione era davvero poco. In più sempre in Australia dal 2 al 4 febbraio c’è una tappa di Coppa del mondo su pista. E’ stata una mia decisione quella di finire tardi e iniziare presto, con l’avanzare degli anni ho visto che è meglio non staccare troppo, due settimane sono perfette».

Ti abbiamo visto pedalare insieme a Elena negli Stati Uniti, ma prima eravate al Gran Premio di Formula Uno a Las Vegas…

Sì, diciamo che abbiamo unito l’utile al dilettevole. C’era questa possibilità di andare a vedere il Gran Premio a Las Vegas, una volta concretizzata abbiamo deciso di portarci dietro anche le bici per allenarci. Ero ancora in quel periodo di preparazione dove non si fanno lavori specifici, ma tante ore a bassa intensità. 

Che esperienza è stata quella del mondo della Formula Uno?

Non eravamo mai stati a vedere una gara, nonostante abitiamo a Monaco. E’ nata questa occasione grazie a degli amici che lavorano in questo mondo e abbiamo colto la palla al balzo. Sia Elena che io conosciamo il fisioterapista di Fernando Alonso, Fabrizio Borra, e anche Stefano Domenicali, capo della Formula Uno, che ringraziamo dell’esperienza. C’è stato tanto spazio per lo sport, ma altrettanto per lo spettacolo. Las Vegas era piena di personaggi famosi come Rihanna e David Beckham. Tra qualifiche e gare, gli spettacoli erano continui. Concerti, fuochi d’artificio e tutto il resto…

Due giorni di immersione totale?

Assolutamente, siamo stati anche nel box dell’Alfa Romeo grazie a Tiffany Cromwell che è stata compagna di squadra di Elena ed è la fidanzata del pilota Valtteri Bottas. Abbiamo vissuto le qualifiche da dentro, con le cuffie, respirando l’atmosfera della pista. Qualche meccanico mi ha anche riconosciuto ed ha voluto fare delle foto con me.

Nel ciclismo mai visto una cosa simile?

Un evento che si avvicina tanto a quello che abbiamo vissuto a Las Vegas è la Sei Giorni di Gand, dove oltre alla corsa il pubblico vive tanti momenti diversi. Su strada, probabilmente, vi direi il Giro delle Fiandre. Anche in quel caso la corsa passa più volte sulle stesse strade e l’organizzazione mette in piedi delle hospitality incredibili. E nell’ora di attesa della corsa vanno in scena spettacoli e tanto altro. 

Viviani e Cecchini hanno approfittato per pedalare su strade nuove: quelle intorno a Los Angeles
Viviani e Cecchini hanno approfittato per pedalare su strade nuove: quelle intorno a Los Angeles
Finita la gara avete attaccato una settimana di pedalate, com’è stato?

Bellissimo, davvero. Ci siamo spostati a Los Angeles, dove nel 2013 ero stato con la Cannondale per una presentazione del team. In più alcuni miei compagni di squadra vanno spesso lì durante le vacanze, infatti abbiamo incontrato Thomas ed abbiamo pedalato insieme. I percorsi sono incredibilmente belli, la ciclabile di Venice Beach è da cartolina. Poi bastava spostarsi verso l’interno e non c’era nemmeno traffico. Elena ed io ci siamo ripromessi di fare due settimane a pedalare da quelle parti.

Gli allenamenti come procedono?

Bene, da settimana scorsa ho cambiato passo. Il primo periodo, da inizio novembre al 20, ho fatto un aumento progressivo di ore con intensità basse. Anche in America ho aggiunto qualche salita alle uscite, ma fatta in maniera blanda. Dal 20 novembre al 4 dicembre, data in cui partirò per il ritiro, ho aumentato il ritmo ma non troppo. Ho tre blocchi di lavoro che mi serviranno per cambiare marcia.

Cecchini e Viviani a ruota di Thomas alla scoperta delle strade intorno a Los Angeles
Cecchini e Viviani a ruota di Thomas alla scoperta delle strade intorno a Los Angeles
Nello stesso periodo c’è stato il ritiro a Noto della nazionale di pista, tu e Villa vi eravate confrontati su una tua possibile assenza?

Al ritiro di Noto non era presente nessuno dei corridori principali, era un ritrovo per gettare le basi della strada, riservato in particolare alle donne, ai ragazzi U23 e quelli che militano nelle continental. Anche nei ritiri di dicembre noi corridori dei team WT passeremo più tempo con le squadre. Il primo ritrovo dove siamo chiamati tutti ad essere presenti è quello prima di Natale, dal 20 al 23 dicembre. In quel caso Villa non ammetterà assenze.