Bernal: «Grazie al Giro ho ritrovato la felicità»

30.05.2021
5 min
Salva

C’è tanta Colombia stasera in piazza Duomo, per quella straordinaria capacità che hanno quelli di laggiù di sentirsi Paese e stringersi attorno ai loro eroi. E’ bastato seguire per tre volte il Tour Colombia per capire di quanto amore siano capaci. E oggi sono tutti qui per Egan Bernal. Il ragazzo in maglia rosa ha gli occhi buoni e quando dice che dentro è un ribollire di emozioni e felicità, bisogna credergli, perché in fondo al suo sguardo c’è tanta commozione.

A cena col capo

La storia di questo suo Giro d’Italia nasce dopo l’ultimo Tour da una cena a Monaco con David Brailsford, il grande capo della Ineos Grenadiers. Egan era a pezzi, niente di quello che sapeva fare sembrava più alla sua portata. A Brailsford bastò sentirlo parlare per indicargli la strada.

Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi
Bernal ha fatto la crono a tutta, per non correre rischi

«Parlammo tantissimo – ricorda ora – e alla fine arrivammo a capire quello che serve per avere la versione migliore di Egan. Stare tranquillo e divertirmi. A me piace correre d’istinto e David è stato quello che più mi ha aiutato in questo processo. E alla partenza del Giro mi ha detto: “Vai e fai quello che senti di fare!”. Una parte molto importante di questa vittoria è sua».

L’indigestione

La vittoria è un piatto che devi saper mangiare. Se ti ci avventi sopra con la fame di sempre, ti riempie e può farti male. E in fondo nel commentare quella del Giro, Egan ha quasi paura di sbilanciarsi, ricordando il periodo nero vissuto dopo il Tour. Trovateci un calciatore che dopo la grande vittoria sia capace di andare così a fondo dentro se stesso.

«Il dopo Tour – dice – fu un miscuglio di tutto. Ho vinto la maglia gialla a 22 anni e non sapevo cosa fare con la mia vita. Avevo raggiunto il sogno di ogni ciclista: e adesso che faccio? Non è stato per niente facile ritrovare la grinta. Di alzarmi. Fare stretching. Fare colazione. Uscire in bici. Tutto con l’obiettivo del Tour. Mi allenavo, facevo dei buoni test, ma sentivo chiaramente che non era la stessa cosa. Poi sono successi dei cambiamenti non semplici nella vita, mentre in Colombia tutti mi aspettavano. E quando sono arrivato al Tour, dove avrei voluto dimostrare che non avevo vinto per caso, è venuto fuori il mal di schiena. In quel momento sono iniziati i dubbi. Riuscirò mai più ad andare forte? Riuscirò a trovare quella voglia? Bene, in questo Giro l’ho ritrovata. E per questo sono davvero felice».

Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»
Sul traguardo di Milano le braccia al cielo e la grande felicità: «Ho vinto il Giro»

Pogacar avvisato

Fu tutto troppo veloce e senza troppo pathos. Si arrivò a dire che la strada del Tour fosse ormai chiusa e per tanti anni a venire. Molto meglio questo Giro, vinto soffrendo. Lo disse giorni fa: nessuno è invincibile e sarebbe brutto vincere troppo facilmente.

«Ho vinto il Giro – dice – ma so già che là fuori ci sono campioni come Pogacar e Roglic che mi aspettano. Sono tornato nel gioco e devo dire grazie a loro per le motivazioni che mi daranno nei prossimi mesi. Il momento più difficile di questo Giro è stato ieri quando Caruso ha attaccato. Ero con sei compagni e dopo dieci chilometri erano rimasti in tre. E’ stata una fase difficile da gestire e in quella situazione mi ha aiutato tantissimo Castroviejo, un vero capitano di strada».

La vera felicità

Il nuovo Bernal si è scrollato di dosso ogni etichetta ed è semplicemente tornato ad essere Egan e per farlo ha scelto il suo gruppo, in quella Ineos che per anni è stata un modello un po’ troppo asettico di efficientismo. Saremmo quasi tentati di chiedergli, dopo il suo allontanare con le mani il Tour, se ci andrebbe potendo portare con sé gli uomini del Giro. Ci illudiamo che direbbe di sì, ma lasciamo stare.

«Nella vita – dice – ho avuto diversi sogni, ma ora credo che la cosa migliore come corridore sarebbe vincere anche la Vuelta e poi starmene nella mia casa, con i miei animali. La mia mucca, i tre cani, le galline e la mia ragazza. Tante volte la gente crede che per essere felici serva avere sempre di più, ma io ho imparato che questo ti allontana dalla vera felicità. Per quella bastano le cose semplici e io adesso sono un uomo felice».

Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa
Sul podio con Caruso e Yates, è il momento della festa

Giro che passione

Le stesse parole pronunciate ieri da Caruso e la stessa voglia di sdebitarsi con Martinez che Damiano ha concretizzato ieri con la pacca sulla schiena di Pello Bilbao. Lo guardiamo e ci accorgiamo che è esausto. Una crono comunque ti svuota e ti mette pressione.

«Eppure è stata una bella giornata – dice – con il mio allenatore che alla radio. Mi segnalava le curve, i wattaggi, i distacchi. Mi ha dato tranquillità. Il Giro d’Italia è una corsa difficile per noi corridori, faticosa. Ma genera tanta passione. La gente nelle strade partecipa e spero che di questa vittoria continueranno a parlare anche in futuro».

Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello
Festa Ineos con il Duomo sullo sfondo. A sinistra anche Fausto Pinarello

Tour? No, grazie

Fuori lo aspettano per l’ultima fatica di giornata, nella forma di una festa per tutta la squadra. Lo scorso anno vinsero per caso e la tattica fu duttile e poco snervante. Quest’anno sono venuti per vincere e sono stati perfetti, pur in cambio di una fatica a volte pesante.

«Mi sono divertito – saluta – ho attaccato in salita, ho fatto le volate in pianura, a Montalcino mi sono esaltato e ho capito che potevo vincere. Adesso sono stanco, vado a riposarmi. Il Tour? Non lo vedete – ride e saluta – come sono conciato?».

La grinta di Egan, il motore di Pippo: domenica perfetta

30.05.2021
4 min
Salva

Dice e molla una risata che la foratura è stata studiata per dare un po’ di pepe alla crono. Poi però Ganna torna serio e spiega che in quel momento gli si è un po’ stretto lo stomaco, perché non aveva i distacchi e sapeva di avere un piccolo vantaggio su Affini. Poi però, in questa domenica perfetta, la squadra è stata fantastica nel cambiargli la bici, tanto che David Braislford ha commentato dicendo che potrebbero dare lezioni al capo meccanico della Mercedes su come si faccia un pit stop.

Serata di festa in casa Ineos, Milano ribolle di tifosi colombiani e come lo scorso anno il tripudio porta i colori del team britannico. Al posto delle lentiggini di Tao c’è il sorriso indio di Bernal, mentre quello grande e contagioso di Ganna è sempre lo stesso. Semmai con una punta di stanchezza in più ai lati della bocca.

«Rispetto all’anno scorso – dice – i chilometri in testa al gruppo sono stati quattro volte tanti. Abbiamo protetto Egan, siamo stati squadra e il Giro è stato bellissimo, anche con la presenza del pubblico, cui dobbiamo dire grazie. Qualcuno mi ha rimproverato perché sulle salite non sono stato troppo disponibile e sembravo imbronciato. Ne chiedo scusa, ma mettetevi nei nostri panni, se sulla salita finale della 19ª tappa non abbiamo voglia di scherzare…».

Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
Enplein anche quest’anno per la Ineos nella domenica di Milano: Ganna e Bernal
E’ dall’inizio del Giro che parli di proteggere Egan. Puoi dire che rapporto si è creato con lui?

E’ piccolo, ma ha sotto due… attributi che a tanti altri mancano. Ci ha portato morale e ci dava tanta grinta, quando lo sentivamo dire alla radio «Toso, io sto bene!». Come il giorno dei ventagli in salita sui Sibillini. Uno di 84 chili come me su quelle salite non doveva neanche esserci, ma avevo dentro il fuoco. In quei giorni ho speso tanto, tanto che ieri mentre tiravo, mi è venuto accanto proprio lui e mi ha detto: «Capitano, pensa a domani, molla un po’».

Grande sensibilità…

In questa squadra si respira un bel clima, se non mi trovassi bene non avrei rinnovato per latri tre anni. Certo, correre come in questo Giro è logorante. Soprattutto nelle tappe di 200 chilometri, disegnate per i velocisti, quando i velocisti se ne stanno in coda al gruppo e non mettono la squadra. E’ sempre toccato alla maglia rosa, ma quando dopo 21 tappe vedi il tuo capitano sollevare quel trofeo, ti passa tutto. E sei pronto per il 2022. Qualche volta però sono andato anche io in camera sua…

Per dirgli cosa?

«Capitano, divertiti. Fai le cose che ti piace fare e che pensi siano utili per vincere. Corri come vuoi, non fasciarti la testa». Se Bernal riesce a correre libero di testa, ragazzi, non ce n’è per nessuno.

Siamo qua a parlare di Bernal, ma hai vinto un’altra crono. Come si fa a restare focalizzati e trovare ancora la voglia di migliorare?

Ci sono tanti aspetti su cui concentrarsi, atletici e tecnologici. Fausto Pinarello sta già mettendo delle novità in cantiere, ci sono continui progressi che permettono di ottenere risultati migliori. Io per parte mia posso e devo continuare ad allenarmi, avendo valori alti e tenendo il motore pulito e senza ruggine. Parliamo di Egan, ma giuro che sono contento per la maglia rosa e anche per la tappa.

Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Pippo arriva all’ombra del Duomo con il miglior tempo: resisterà sino alla fine
Probabilmente gli europei cancellati in Bielorussia saranno ricollocati fra Lituania e Danimarca, ma se non ci fossero, come fareste ad arrivare bene alle Olimpiadi?

Dovremo focalizzarci sul fatto che anche gli allenamenti sono una fase importante e che i tempi che si fanno tra noi, cercando di batterci, hanno la stessa dignità di una gara. Mancherà l’apporto del pubblico, ma dovremo arrivare a Tokyo con la certezza di aver fatto il massimo.

Quale dunque il programma ora?

Finiamo la domenica facendo festa. Riposo. Poi altura. Dovrò sentirmi con Villa per la pista e quei lavori di intensità che su strada non si riescono a fare. Poi probabilmente correremo con la nazionale una corsa a tappe in Sardegna a luglio. Si comincia mercoledì con un ritiro, il resto verrà da sé.

Pogacar Bernal Tour 2020

Bernal e Pogacar, a quando il grande match?

30.05.2021
4 min
Salva

Mettiamo a confronto i due talenti del momento per le corse a tappe – Egan Bernal e Tadej Pogacarquel confronto che per varie ragioni ancora non c’è stato. Bernal è nato nel 1997 ed è professionista dal 2016, finora ha conquistato 26 vittorie, il Giro diventerebbe la ventisettesima. Pogacar, più giovane di un anno, è passato professionista solamente nel 2019 e vanta 23 successi.

I due si sono affrontati tre volte, ma il Tour dello scorso anno, vinto dallo sloveno, non è stato un vero terreno di battaglia perché Bernal era la pallida controfigura di se stesso, ritirato a metà corsa senza avere mai inciso. Quest’anno i due erano insieme nella fuga vincente della Strade Bianche, con Bernal alla fine terzo e Pogacar settimo, mentre alla Tirreno-Adriatico vinta dallo sloveno, il colombiano è finito quarto.

Pogacar Tirreno Adriatico 2021
Pogacar e Bernal all’ultima Tirreno-Adriatico, vinta dallo sloveno con Bernal 4° a 4’13”
Pogacar Tirreno Adriatico 2021
Pogacar e Bernal all’ultima Tirreno-Adriatico, vinta dallo sloveno con Bernal 4° a 4’13”

Le crono e le alte quote

E’ chiaro che vederli l’uno contro l’altro in una grande corsa a tappe è un sogno, a patto che entrambi siano davvero al massimo della forma, ma come sarebbe questo confronto, che cosa potremmo aspettarci? Abbiamo provato a scrutare nella palla di vetro con Stefano Garzelli: «Sarebbe una sfida strabiliante, dal pronostico impossibile, ma nella quale influirebbero molte variabili».

La prima variabile da considerare è data dalle caratteristiche dei due corridori: «Pogacar può avere dalla sua le capacità a cronometro, Bernal può fare una grande differenza sulle salite con altitudini sopra i 2.000 metri. Sotto questo aspetto il colombiano è sfavorito dal fatto che salite simili sono rare (al Giro, lo Stelvio e il Gavia, quando si fanno, al Tour il Galibier oppure l’Iseran) e anche, come caratteristica, la facilità estrema con cui Pogacar vince dappertutto, quel killer instinct davvero raro da trovare».

Pogacar Liegi 2021
Pogacar ha mostrato finora maggiore duttilità, anche nelle classiche: qui 1° alla Liegi 2021
Pogacar Liegi 2021
Pogacar ha mostrato finora maggiore duttilità, anche nelle classiche: qui 1° alla Liegi 2021

L’importanza del team

Un altro aspetto è costituito dal team di supporto, anche se è chiaro a tutti che Pogacar abbia vinto lo scorso Tour senza grande aiuto da parte della Uae: «Ed è altrettanto chiaro che gli uomini che ha la Ineos sono di qualità unica: Carapaz, Adam Yates, Thomas, Geoghegan Hart. Se Bernal parte in un grande Giro, è però ormai a un livello tale da essere da considerare capitano a tutti gli effetti e chi di questi sarà d’accordo nel lavorare per lui? Più probabile che vengano utilizzati altri corridori, come quelli visti al Giro».

E per quanto riguarda la Uae? «E’ evidente che c’è una differenza sostanziale – risponde Garzelli – ma Hirschi può costituire un validissimo supporto. A Pogacar serve maggiore sostegno in salita e i dirigenti del team stanno già pensando al prossimo ciclomercato per rafforzare la squadra in tal senso».

Bernal Tour 2019
Bernal, trionfatore al Tour 2019 senza vincere una tappa, ma svettando sul Col de l’Iseran
Bernal, trionfatore al Tour 2019 senza vincere una tappa, ma svettando sul Col de l’Iseran

Sfida decisiva alla Vuelta?

Bisogna poi considerare il terreno di battaglia: Giro d’Italia e Tour de France non sono la stessa cosa. Dove sono più adattabili i due campioni? «E’ una bella domanda… Dipende molto dal percorso che viene disegnato: un Giro con Stelvio e Gavia darebbe a Bernal un trampolino eccezionale per la sua naturale abitudine a pedalare in alta quota, mutuata dalle sue stesse origini. Un Tour con molti chilometri a cronometro sarebbe invece un aiuto per Pogacar. Ma le cose possono anche invertirsi, in fin dei conti nel 2019 Bernal fece la differenza proprio in altura».

Il calendario dice che a settembre, alla Vuelta di Spagna, saranno entrambi della partita. Potrebbe essere quello il vero terreno di scontro? Garzelli è scettico: «Io non credo, molto dipenderà dalle Olimpiadi. Bernal dovrà mantenere un certo livello anche dopo il Giro per non arrivare a Tokyo in calo di condizione, Pogacar vuole correre il Tour per vincerlo, arrivare subito dopo a Tokyo e sfruttare la forma della Grande Boucle, ma dopo? Credo che la Ineos stessa punterà su Yates per la corsa spagnola. Per la grande sfida dovremo attendere il prossimo anno e sperare…».

Un altro giorno è andato: Tosatto racconta

29.05.2021
4 min
Salva

Gli ultimi giorni del Giro sono un frullatore di emozioni e cose da fare, soprattutto quando devi organizzare il lavoro della squadra che lo sta vincendo. Così per parlare con Matteo Tosatto c’è da prendere il numerino e aspettare che il direttore veneto abbia finito il giro delle stanze e se ti va bene riesce a infilarti prima del secondo giro di meeting. Oggi si combatte in alta quota, ieri s’è fatto un altro passo importante. Ma dopo le parole dette da Bernal per spiegare il giorno dalla crisi di Sega di Ala alla rinascita sull’Alpe di Mera, c’era un paio di spunti che meritava approfondimento. E’ notte quando il tecnico della Ineos Grenadiers richiama, la voce provata e insieme l’abitudine di stringere i denti coltivata in anni sulla bici.

La crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passata
La crisi di Sega di Ala alle spalle, la paura è passata

«Non è stato poi così difficile convincere Egan a una tattica più attendista – dice – perché sappiamo che può capitare di dover correre diversamente da una settimana all’altra. A Sega di Ala abbiamo patito quel cambio di ritmo, per cui alla partenza ci siamo detti: “Oggi facciamo una crono. Castroviejo che è il più regolare tira finché ne ha e poi tocca a Martinez”. Egan ha capito subito. Avere uno come Dani, che è pure 7° in classifica, è un vantaggio di cui dobbiamo approfittare al massimo. Loro davanti e noi dietro con l’ammiraglia a dirgli ogni chilometro pendenze e distacchi. E così fino in cima».

Paura e consapevolezza

A fronte dello sgomento dello scorso anno per aver perso Thomas in avvio e doversi reinventare il Giro, forse Sega di Ala è stata poca roba, ma bisogna ammettere che un cedimento del leader a tre tappe dalla fine era qualcosa difficile da maneggiare.

Puccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesante
Puccio, Castroviejo, Ganna, quelli per il lavoro pesante

«Non abbiamo avuto la certezza che fosse alle spalle – dice – fino al traguardo di oggi (ieri per chi legge, ndr). La sola cosa che sapevo alla partenza era il valore della squadra. Egan ha compagni che stanno bene e per lui sono pronti a dare la vita. A Sega di Ala abbiamo preso un distacco. Sul momento magari c’è stata un po’ di paura, ma dopo aver ben recuperato si è trasformata in una presa di coscienza. Yates sta andando più forte. Paura di cosa? Di aver perso la condizione, ma io gliel’ho detto subito che molto probabilmente ha pagato il secondo giorno di riposo».

Il primo caldo

Giorno balordo, peraltro, quello trascorso dalle squadre a Canazei. Gli unici che sono riusciti ad allenarsi bene sono stati i coraggiosi usciti di buon mattino, oppure quelli che hanno accettato di farlo sotto la pioggia. Dalle 10 in avanti, infatti, sulla Val di Fassa è arrivato il temporale che ha fatto scendere bruscamente le temperature fino ai 10 gradi.

Dani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle salite
Dani Martinez, 7° in classifica, è una pedina decisiva sulle salite

«Dovevamo uscire anche noi – dice – ma quando abbiamo visto il cambiamento di tempo, con Egan e Martinez si è preferito lavorare sui rulli. Il resto della squadra è uscito, ma dopo 45 minuti sono rientrati, mezzi morti di freddo. E invece il giorno dopo è venuto fuori il primo vero caldo. Egan veniva dalla Colombia, dove in quota ha trovato temperature fresche. Poi a Monaco ha piovuto sempre. Quindi la prima parte di Giro con acqua e freddo. E di colpo i 25 gradi di Sega di Ala. Quando questi cambiamenti così rapidi avvengono nella terza settimana, capisci quanto sia crudele un grande Giro. Diventa tutto più difficile. Il caldo ti svuota e quella sera l’alimentazione corretta è stata decisiva, anche in vista delle tappe successive. E ieri infatti eravamo in prima linea, pronti per giocarcela».

Serve la squadra

Non è detto che sia finita e per scaramanzia avrebbe anche voglia di chiuderla qui, ma l’ultima tappa di montagna bussa alle porte. Da Verbania a Montespluga: primi 70 chilometri di pianura e restanti 90 con tre grandi montagne che per tre volte passeranno i 2.000 metri.

Per attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersi
Per attaccare da lontano servirà la squadra, Ineos pronta per difendersi

«Chi vorrà attaccare da lontano – dice Tosatto – dovrà avere una grande squadra. Staremo a vedere. Noi terremo gli occhi aperti con i nostri ragazzi nella prima parte e poi anche nella seconda. E’ il classico giorno in cui i rivali contano, ma la cosa più importante è restare concentrati su se stessi. E poi alla fine tireremo le somme».

Si parte alle 12,20 da Verbania, si costeggia il lago sconfinando in Svizzera e poi in successione passo San Bernardino, Spluga e ritorno in Italia per l’arrivo. E intorno alle 17 sarà stato scritto anche il 20° capitolo di questa intensa storia rosa.

Non è tempo per le risse, la maglia rosa usa la testa

28.05.2021
4 min
Salva

Le sfide in montagna sono risse di strada, dove di solito vince chi mena per primo oppure, se subisce un colpo, è in grado di darne subito altri due. Spiegatelo voi a uno che è abituato a menare per primo come Bernal, che nel momento in cui Yates lo avrebbe attaccato, sarebbe dovuto rimanere fermo e lasciare che a difenderlo fossero i compagni.

Finito il lavoro della squadra, è partito in prima persona con Almeida
Finito il lavoro della squadra, è partito in prima persona con Almeida

Il tempo della saggezza

Egan ascolta il punto e ne conviene: è stato strano, eppure il realismo con cui spiega la difesa verso l’Alpe di Mera ci mette davanti un campione ben più lucido e completo di quanto a volte si tenda a immaginare.

«In questo momento – dice – il mio obiettivo è arrivare in maglia rosa fino a Milano e vincere il Giro d’Italia. Quando c’è bisogno di muovere la corsa e ne ho le gambe, sono il primo a scatenare le… risse. Ma so che in questo momento c’è un corridore più forte di me e quindi la cosa da fare è gestire il vantaggio accumulato nei giorni scorsi, quando ho potuto attaccare e muovere la corsa. Dietro questi due minuti e mezzo c’è il lavoro di tutta la squadra, non è solo il mio vantaggio. E’ anche il loro. E non voglio rischiare di sciupare la loro fatica commettendo degli errori. E oggi abbiamo fatto uno step molto importante verso la meta».

Sul traguardo Bernal ha perduto qualche secondo: non era tappa per le risse
Sul traguardo Bernal ha perduto qualche secondo: non era tappa per le risse

La paura alle spalle

Ha avuto paura. Durante uno scambio di messaggi con chi meglio lo conosce, ci era stato fatto notare che nell’intervista dopo Sega di Ala, Egan avesse gli occhi impauriti. Non gli era capitato molte volte di essere staccato in salita come aveva fato Yates e quella crisi rischiava di portarsela dietro anche nei giorni successivi.

«Questa è stata una giornata molto importante – conferma – dopo quello che è successo due giorni fa. Quella sera ho cercato di mangiare bene e recuperare. Ieri la stessa cosa. Ho mangiato bene durante la tappa e la sera ho cominciato a fare il pieno di carboidrati. Dopo le sensazioni di oggi, sono fiducioso per domani. Sarà importante recuperare bene anche stasera per arrivare alla crono con la forza che serve».

Firma della maglia rosa a margine della conferenza stampa
Firma della maglia rosa a margine della conferenza stampa

Effetto dell’altura

Però intanto lo scenario non è quello che si aspettava, anche se avendo studiato i suoi allenamenti su Strava, era abbastanza prevedibile che con lo scemare dell’effetto dell’altura le sue prestazioni si sarebbero normalizzate.

«Ma io pensavo succedesse il contrario – dice – cioè di perdere terreno nelle prime tappe e di finire in crescendo. Nella mia testa, la prima tappa in cui guadagnare era quella di Montalcino, invece quando ci siano arrivati, avevo già un vantaggio. Ma il punto di questi giorni non è che io sto male, perché io sto bene. Solo che Yates sta meglio.

Ad attenderlo in cima la sua Maria Fernanda
Ad attenderlo in cima la sua Maria Fernanda

«Per questo sono contento di aver avuto accanto un compagno esperto come Castroviejo. Mi ha detto: “Tranquillo, ci penso io!”. E’ difficile restare calmi quando scattano e guadagnano subito qualcosa. Ma ho pensato: io non vado piano e anche gli altri prima o poi dovranno tirare il fiato. Oggi abbiamo corso così, dopo che l’altro giorno ho sbagliato a seguirlo. Poi è vero che ho calato qualcosina nel finale. Forse avrei potuto impiegare 10 secondi in meno, non lo so. Ma avrei buttato via energie che sarà meglio ritrovarsi domani e domenica. A questo punto è meglio sfruttare il vantaggio che ritrovarmi a corto di gambe nella crono…»

Egan non abbocca, ma adesso Yates “punta” Caruso

28.05.2021
4 min
Salva

Stavolta gli schiaffi di Yates hanno fatto meno male che a Sega di Ala, ma gli hanno reso la vittoria di tappa. Per questo il britannico in cima a questo monte così verde ha il sorriso dei giorni migliori. Chissà, forse è stato davvero il sole a dargli la forza per attaccare a 6,4 chilometri dall’arrivo. Ora dice che l’ha fatto per la tappa, ma il piano era ben più ambizioso e consisteva nel misurare la temperatura a Bernal. Questa volta però Egan è stato gelido nel reagire e l’attacco di Yates si è molto ridimensionato. Anche se ora il britannico punta dritto al secondo posto di Caruso.

Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero
Nella fuga del mattino un brillante Aleotti: il “ragazzino” ha grande recupero

Avvio faticoso

Che cosa sia successo fra il Tour of the Alps e l’inizio del Giro non è chiaro e magari neanche c’è tanto da spiegare.

«Sono arrivato al Giro con una buona forma – dice il capitano del Team Bike Exchange – poi ho cominciato a perdere terreno qua e là, soffrendo anche il freddo. Ho avuto male alla gamba destra e anche problemi di torcicollo. La verità è che in una corsa di tre settimane non puoi permetterti di lasciare troppo tempo per strada, per cui forse è vero che la condizione sia arrivata in ritardo e proprio per approfittarne domani cercheremo di fare il massimo, ma sarà difficile, perché il distacco è ancora grande».

Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole e ora punta alla rosa?
Yates è partito da solo a 6,4 chilometri dall’arrivo: uno scatto notevole

Caruso in trappola

Oggi alla sua trappola ha abboccato Caruso e nel sentirlo parlare dopo l’arrivo, mentre ammetteva con la solita onestà l’errore, ci si è stretto il cuore. I 20 secondi che li dividono sono davvero poca cosa e domani sarà un altro giorno duro, con la crono di domenica che sulla carta potrebbe favorire Damiano, ma di solito nell’ultima settimana premia le forze più fresche.

«L’ho fatto per le persone cui l’ho promesso – ha detto il siciliano – non potevo lasciarlo andare. Lo devo a me stesso e chi mi ha chiesto di provarci. Onore a Yates che oggi in salita è stato il più forte. Io andrò avanti una tappa alla volta e domenica tireremo le somme».

Sarà per averne letto l’intervista poche ore fa, nel sentirlo parlare abbiamo immaginato gli occhi lucidi di sua moglie Ornella e pensato che domani saremo tutti al suo fianco spingendolo col cuore.

Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…
Questa volta Caruso ha risposto allo scatto di Yates che minacciava il 2° posto e ha pagato…

Sfida in alta quota

A Yates ridono gli occhi e basta poco per ricordare la sfortuna che l’ha colpito negli ultimi mesi e come la vittoria sia il balsamo migliore.
«Sono davvero contento – dice – la squadra ha fatto un lavoro fantastico oggi, ha davvero controllato l’inizio, ha lavorato molto e sono riuscito a finirlo, quindi sono davvero molto felice. Ho visto che i ragazzi di Ineos erano felici di scandire il tempo e ho avuto la sensazione che mi avrebbero lasciato andare oggi. Non appena ho attaccato, ho visto che avevo pensato giusto, quindi ho provato a dare tutto gas, anche se la tappa non è stata dura. Loro però si sono confermati fortissimi e questo per la tappa di domani rende tutto più complicato. Sarà molto dura, di nuovo in alta quota. Vedremo cosa posso fare, sto facendo del mio meglio..».

La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto
La vittoria basterà a Yates o domani proverà ancora? Punta al 2° posto

Giro, mon amour

Il Giro gli si attaglia alla perfezione, peccato che spesso sia lui ad essere fuori sincro.

«Il Giro – dice – lo guardavo in televisione quando ero più piccolo. Vedevo le immagini dei tapponi di montagna. Mi piacciono i percorsi, mi piace il cibo, mi piace la gente che ha grande passione. C’è un solo modo per riaprire questa corsa ed è attaccare da lontano, ma Ineos ha una grande squadra e io dovrò capire come staranno le mie gambe. Di certo darò il 100 per cento. E poi si vedrà…».

Le voci del Giau, la notte in tenda e… gli auguri a Camilla

27.05.2021
8 min
Salva

Ricordate il video e la foto che pubblicammo sui nostri social il mattino della tappa di Cortina, per mostrare le condizioni del Giau? Le aveva girate per noi un amico, Davide Scardovi, che aveva passato la notte lassù. In tenda. Per festeggiare in modo decisamente originale il compleanno di Camilla, la sua ragazza. Ma quelle immagini non potevano bastare per descrivere l’esperienza vissuta. Perciò, ecco il suo racconto.

La tenda in una trincea, con un muretto attorno per ripararla dal vento di quota
La tenda in una trincea, con un muretto attorno per ripararla dal vento di quota

Ecco il tappone

La preparazione per assistere a questa tappa è iniziata il giorno della crono di Torino. Seguendo lo svolgersi del percorso del Giro sulla cartina è saltato subito all’occhio questo tappone dolomitico, con tre salite fuori categoria di cui la seconda addirittura Cima Coppi: imperdibile.

Inizia allora l’organizzazione per poter assistere per la prima volta dal vivo ad una tappa del Giro. Innanzitutto la data: il 24 maggio. Il 23 è il compleanno della morosa, non poteva andare meglio, cosa c’è infatti di meglio che festeggiare il compleanno in cima al Giau passando la notte in rifugio? Partono le telefonate, ma i rifugi sono ancora chiusi o quelli già aperti sono già al completo per la notte tra il 23 e il 24. Tenda! Sarà fine maggio, magari la notte farà un po’ freddino, in fondo siamo a 2.000 metri, ma cosa vuoi che sia… Ci si porta una coperta in più e il gioco è fatto. Il percorso sembra solo una formalità: dal Giau alla Croda da Lago, tempo previsto 3/4 ore, poi il giorno dopo si ritorna al Giau passando per le 5 Torri, tempo previsto 6 ore, giusto qualche ora prima dell’arrivo dei ciclisti.

Quando arriva la corsa, smette di nevicare, ma il freddo punge
Quando arriva la corsa, smette di nevicare, ma il freddo punge

Meteo incerto

Inizia così una giornaliera visone di tutte le webcam presenti in zona con la speranza di vedere quei tre metri di neve che cingono i due lati della strada abbassarsi lentamente. Ma non succede e anzi la settimana prima in Veneto piove tutto quello che non era piovuto nelle primavere scorse. L’ultima beffa: tre giorni prima della tappa viene prevista neve sopra i 2.000 metri in zona Cortina. Sembra tutto destinato a saltare, la morosa non vorrà mai passare il suo compleanno in cima ad un monte con la neve. E invece no, il dio del ciclismo viene in mio soccorso e Camilla accetta con un lieve luccichio in fondo agli occhi.

Ecco Bernal. Dalla televisione non si notano la tensione e la fatica…
Ecco Bernal. Dalla televisione non si notano la tensione e la fatica…

Neve e buio

Arrivati al Giau il 23 pomeriggio di buon’ora per trovare posto con calma senza dover fare a scazzottate con i camperisti, inizia l’avventura. Su le ciaspole e via sulla neve. Dopo due ore il passo è ancora lì ben visibile, le voci dei camperisti sembrano provenire dal dosso appena sotto di noi. Eppure secondo i calcoli a quel punto il panorama sarebbe dovuto essere ben diverso e il Giau solo una lontana striscia confusa tra la neve. Ed è già tardi, ancora due sole ore di luce e poi la temperatura inizierà a scendere. In cresta tira pure vento, non l’ideale per piantare la tenda. Il luccichio in fondo agli occhi sta spegnendosi e la consapevolezza di un compleanno gelato sta prendendo il sopravvento. Meglio darsi da fare. Le ciaspole sono lontane cugine dei badili e fanno la loro per scavare una trincea nella quale piantare la tenda, con tanto di muretto per proteggersi dal vento. La fatica viene ripagata da un tramonto rosa che non può che essere il miglior auspicio per il giorno dopo. Ma dopo una notte passata come dei merluzzi in un peschereccio in mezzo all’Atlantico del nord, a “svegliarci” ci pensa una pioggerella gelata che ci fa fare i bagagli in dieci minuti e in men che non si dica ci ritroviamo di nuovo al Giau. Il dubbio riguardo lo svolgimento della tappa a causa delle condizioni avverse non fa che aumentare la suspense. Ma dopo poco tutti i dubbi vengono fugati: la tappa si farà anche se accorciata delle prime due salite. Salutate la nuova Cima Coppi. Tanti auguri Camilla.

Il valico là in fondo, visto dalla tenda, alle prime luci del giorno. Inizia a nevischiare
Il valico là in fondo, visto dalla tenda, alle prime luci del giorno. Inizia a nevischiare

Gruppo ad Agordo

Nel frattempo la pioggerella è diventata neve, in fondo siamo a 2.236 metri a fine maggio. Nel frattempo è anche partita la tappa che viene seguita da tutti sul telefono ben accoccolati nelle macchine accese e con il riscaldamento attaccato, speriamo non passi Greta Thunberg a dirci di spegnere. Quando il gruppo arriva ad Agordo alla spicciolata gli appassionati iniziano ad andare a prendere posto lungo i tornanti. Dopo aver preso posto appena dopo il ventinovesimo ed ultimo tornante, smette di nevicare, tutto si prepara per accogliere i ciclisti. A questo punto si verifica una situazione a cui nell’era degli smartphone, della rete dati diffusa ovunque e della comunicazione veloce non siamo più abituati.

A causa delle avverse condizioni non ci sono immagini in diretta dei corridori in salita. Le ultime informazioni ricevute ci avevano lasciato con i fuggitivi con due minuti scarsi di vantaggio sul gruppo, ma dopo c’erano state solo immagini dall’arrivo e supposizioni dei telecronisti.

Nibali ha provato la fuga. In cima per lui rispetto e incitamenti
Nibali ha provato la fuga. In cima per lui rispetto e incitamenti

Arriva Radio Informazioni

La tensione sale, vengono scambiati consigli sull’emittente migliore in quanto ad affidabilità, le orecchie si aguzzano per cercare di captare informazioni dai telefoni accesi dei vicini, ma niente, nessuno sa come stanno andando effettivamente le cose. Non resta che una possibilità: piantare gli occhi sulla curva più lontana che si riesce a scorgere e cercare di capire cosa sta passando di là. Un gruppo di ragazzi attorniano la loro macchina, che con una cassa bluetooth sul cofano del motore amplifica Eurosport, a quanto pare in quel momento la voce più attendibile a detta di molti dei presenti. Uno di questi ragazzi, uno dei pochi a volto e capo scoperto commenta ogni mezzo che spunta da dietro quella curva che catalizza gli sguardi di tutti i presenti. Dopo innumerevoli falsi allarmi dovuti alle moto, le quali, fintanto che non si scorge il fanale acceso, sono facilmente confondibili con le biciclette, appare la macchina rossa di Radio Informazioni. Anticipata dal lampeggiare delle sue sirene viene su annunciando Bernal in testa solitario.

Un bel tramonto rosa alla vigilia della tappa, ma il meteo cambierà nella notte
Un bel tramonto rosa alla vigilia della tappa, ma il meteo cambierà nella notte

Bernal al comando

Tutti ai propri posti, pronti con i cellulari a filmare e con le voci ad incitare. Un signore con impermeabile e pantaloni gialli, dall’età ingiudicabile dato che l’unica parte del corpo visibile è il naso che spunta tra la berretta e lo scaldacollo, se ne resta tranquillamente seduto sulla sua seggiolina in legno piazzata a bordo strana, incurante dell’eccitazione circostante che sale di secondo in secondo. Ed ecco che finalmente in lontananza si vede spuntare la prima bicicletta. L’eccitazione sale alle stelle e dopo poco ecco Bernal, solo e al comando, con il volto contratto dalla fatica. La notte passata lassu al freddo per la paura di non trovare un posto da cui poter osservare la corsa il giorno dopo, l’attesa della mattina e l’incertezza della salita si fondono insieme nell’urlo di incitamento lanciato verso il colombiano, che in un attimo sparisce.

I corridori continuano ad arrivare alla spicciolata, poi a perdersi nella discesa
I corridori continuano ad arrivare alla spicciolata, poi a perdersi nella discesa

Corridori trasfigurati

Dalla televisione non si riesce ad apprezzare l’entità dello sforzo di un ciclista in salita: sguardo fisso, volto contratto, denti stretti e imprecazioni si perdono tra le voci dei telecronisti e le immagini dall’elicottero. Ma dal vivo no, dal vivo si riescono a vedere tutte queste cose e soprattutto si vede la bava che fila dal mento e la schiuma che attornia le labbra. Fortunato arriva stravolto, con un occhio chiuso non si sa se per lo sforzo o per qualcosa finitoci dentro. Un veneto con una barba bionda e a punta, coperto da un poncho blu scuro incita ogni corridore con un climax di bestemmie che partendo da aggettivi carini arriva fino allo zoo. Mano a mano arrivano tutti gli uomini di classifica, Nibali riceve un trattamento speciale composto di urla, corse a fianco della sua bicicletta e battiti di mani più forti di tutti i precedenti.

Davide e Camilla, entrambi scout a Padova. Li rivedremo al Giro…
Davide e Camilla, entrambi scout a Padova. Li rivedremo al Giro…

Buon compleanno, Camilla

A questo punto inizia la smobilitazione, ci si avvia al bar e verso le macchine e i camper. Due corridori della FDJ arrivati su con una buona mezz’ora di ritardo mimano un arrivo in volata al traguardo con tanto di colpo di reni. Qualcuno si ferma per indossare la mantellina o cambiare la borraccia e subito viene attorniato da tifosi in cerca di gadget. Arriva anche Ganna, salutato da fischi e applausi. Passato l’ultimo ciclista i fortunati con la macchina in cima iniziano a scendere tra la selva dei pollici alzati di chi ha la macchina qualche chilometro di strada e centinaia di metri di dislivello più in basso. Nel frattempo Camilla ha seguito l’arrivo della tappa sul cellulare nominando tutti i ciclisti che aveva appena avuto modo di conoscere, il luccichio in fondo agli occhi è molto luminoso e nemmeno più tanto in fondo e la prima domanda che fa è: «Quand’è la prossima tappa in Veneto?».

Bernal e Caruso, una difesa per due

26.05.2021
4 min
Salva

Bernal e Caruso si sono ritrovati insieme nei chilometri finali della salita e forse a un certo punto si sono guardati negli occhi e hanno capito che tanto valeva arrampicarsi insieme fino in vetta e rimandare tutto a venerdì. Erano insieme anche quando Yates ha cominciato a scattare, ma mentre la maglia rosa si è messa a rispondere agli scatti, il siciliano si è lasciato sfilare, si è messo in difesa ed è andato su con il suo passo. Un gran passo, se è vero che ha perso solo 50 secondi e a un certo punto è rientrato su Bernal e con un po’ di cinismo in più avrebbe persino potuto provare a staccarlo.

Caruso col sorriso

«E’ stata una delle tappe più dure di questo Giro – dice Caruso sorridendo – l’ultima ora e mezza l’abbiamo fatta a tutto gas, specialmente l’ultima salita è stata durissima. Come mi aspettavo, Yates ha attaccato e ha fatto il vuoto, ma io stavo bene e ho preso il mio ritmo fino all’arrivo. Alla fine il distacco non è stato così grande. In ogni caso, non potevo seguirlo e non avevo altre opzioni che andare del mio passo. Quando ho visto la maglia rosa soffrire come me, il morale è cresciuto, perché ho pensato che allora era duro per tutti…».

Damiano Caruso ha gestito con freddezza e lucidità il finale, tenendo il 2° posto
Damiano Caruso ha gestito con freddezza e lucidità il finale, tenendo il 2° posto

Mal di schiena?

Bernal si è piantato e onestamente un po’ ce l’aspettavamo, difficile dire perché. Sarà che lo avevamo visto da vicino riprendere fiato sullo Zoncolan ed era parso che per respingere Yates avesse fatto una fatica oltre ogni limite. Oppure perché questo tipo di arrivo avrebbe messo a dura prova la sua schiena più di quelli visti finora. Quando Yates ha affondato davvero il colpo, Egan ha ceduto e non sembrava in grado di imprimere forza nei pedali. Il primo pensiero è andato alla schiena, perché era evidente che gli eventuali dolori sarebbero venuti fuori sulle salite lunghe e ripide, che costringono la schiena a contrastare per un lungo tempo la spinta delle gambe. Chiaramente la maglia rosa si è guardata bene dal fare una simile ammissione, che sarebbe benzina sul fuoco dei rivali, ma qualcosa oggi non ha funzionato.

Bernal sapeva che Caruso stava tornando, per questo si è messo in difesa
Bernal sapeva che Caruso stava tornando, per questo si è messo in difesa
Che cosa è successo?

Ho sbagliato a rispondere allo scatto di Yates e per fortuna ho avuto accanto Martinez, che mi ha scandito il passo e mi ha pure incoraggiato (foto di apertura). Forse se come Yates avessi visto la salita sarebbe cambiato qualcosa, avrei mollato prima, mi sarei messo in difesa e avrei limitato il distacco negli ultimi 2,5 chilometri, ma non si può avere il tempo di provarle tutte. Poteva andare peggio, tutto sommato mi sono salvato bene.

Yates adesso ti fa paura?

Lo dico dal primo giorno che mi fanno paura tutti, non sottovaluto nessuno. Il Giro è una corsa imprevedibile, voglio essere tranquillo e concentrato. Devo gestire bene la corsa, perché si è visto oggi che se qualcuno ha gambe, può fare la differenza.

Per la prima volta i tuoi avversari hanno visto che non sei imbattibile…

Mi fa piacere sentirmi dire che sono il più forte in salita, ma non ci ho mai creduto. Già ieri avevo detto che avere un buon margine mi avrebbe permesso di stare tranquillo casomai avessi avuto una giornata storta ed eccola arrivata. Nessuno è imbattibile, neanche io. In questi momenti in cui si soffre, però, si vede la grinta dei corridori. Non sarebbe bello vincere facilmente. Bisogna essere onesti e dire che oggi sono stati più forti gli altri.

Caruso è rientrato sulla maglia rosa e Martinez, i tre si aiutano
Caruso è rientrato sulla maglia rosa e Martinez, i tre si aiutano
Hai avuto paura di crollare?

Yates ha fatto un paio di scatti davvero forti e ho sbagliato a seguirlo, c’era tanta pendenza e sono andato fuorigiri. Quando poi vai sopra al tuo ritmo, serve tempo per recuperare, ma su quelle pendenze è dura. In più dovevo tirare il fiato perché sapevo che sarebbe arrivato Caruso. Se mi avesse staccato, non avrei risolto un bel niente.

Mal di schiena o giorno di riposo che ha lasciato delle tracce?

Non so dire se sia stato il riposo, anche se può capitare. Gli scatti di Yates sono stati importanti, quindi magari non sarei riuscito a seguirlo anche se fossi stato bene. Bisogna essere onesti, Simon ha vinto perché era il più forte. Ma ho anche pensato che non fosse poi così vicino in classifica. Ho ancora un buon margine e il Giro è ancora lungo».

Il sogno di Caruso, difeso con le mani e con i denti

24.05.2021
4 min
Salva

Sventolava sul Giau come la più bella bandiera tricolore. Damiano Caruso, con l’Italia del Giro sulle spalle, si arrampicava nella scia di Bernal, rincorrendo il sogno di quel podio che in certi momenti sembra alla portata e in altri più gigantesco di questa stessa montagna piena di neve e ghiaccio. Tagliati i baffi, la forza era ancora con lui e scalando il passo, il siciliano in realtà scavava a fondo dentro di sé, arrivando a una profondità in cui forse non si era mai spinto. Quella che solo i campioni sono soliti frequentare quando vanno in cerca dello spunto per lasciare la loro impronta.

Per questo, quando dopo l’arrivo ha saltato le interviste ed è andato dritto verso il pullman, Damiano aveva negli occhi il gelo della discesa e nella mente ben chiaro cosa fare per iniziare subito il recupero. Ispirato. Concentrato. Lucido.

Da solo nella neve, Damiano ha scalato ancora la classifica inseguendo il suo sogno
Da solo nella neve, Damiano ha scalato ancora la classifica inseguendo il suo sogno

Uno di noi

Sono passate circa due ore dall’arrivo. Cortina ha smaltito il traffico dei pullman diretti verso Canazei, dove domani le squadre vivranno il secondo riposo. Gli abbiamo lasciato giusto il tempo di rimettersi in sesto, poi la voglia di dirgli bravo e sapere come andassero le cose ha preso il sopravvento. Ci sono corridori che bastano a se stessi e sono schivi davanti alle dimostrazioni di affetto, al punto che dopo un po’ neanche ti viene più la voglia di fargli sapere quanto ti facciano piacere le loro imprese. E poi ce ne sono altri che hai visto lottare per tutta la vita, facendo propri i sogni degli altri, senza però godere appieno delle eventuali vittorie. Damiano è così. Damiano è ognuno di noi che lotta per il pane. E quando lo vedi sulla porta di qualcosa di bello, ti viene voglia di fargli sapere quanta gente stia facendo il tifo per lui.

«E’ qualcosa di cui mi rendo conto – dice – una spinta che sento e che è importante. Tutto quello che sto facendo è un ringraziamento a chi mi ha sempre spinto e che è stato al mio fianco anche nei momenti più difficili. Persone che credono in me più di quanto faccia io».

Al traguardo lo ha preceduto Bardet, rientrato su di lui in discesa
Al traguardo lo ha preceduto Bardet, rientrato su di lui in discesa
Cosa hai pensato stamattina, quando è venuto fuori che avreste fatto meno chilometri?

Ero comunque in apprensione per il meteo. Invece si è creato subito in bel feeling con la bici e la corsa e credo si sia visto dalla prestazione. Per come è andata la corsa, la soluzione di tagliare quelle due salite non è stata un capriccio, ma la soluzione migliore. Ne abbiamo guadagnato tutti e penso che la gente abbia potuto vedere una bella corsa (in realtà ciò non è accaduto del tutto, perché le immagini del finale sono saltate, ma questa è un’altra storia, ndr).

Quando è partito Bernal hai pensato di seguirlo o ti sei girato dall’altra parte?

Per un attimo ho cercato di agganciarlo, ma mi sono reso conto che non era il caso e mi sono ripiegato su me stesso. Salire col proprio passo in certe situazioni è la miglior difesa e anche un valido attacco.

E’ difficile rincorrere un sogno e insieme tenere i piedi per terra?

Non è difficile, direi che è necessario. Per fortuna tenere i piedi ben saldi al suolo è sempre stato una mia caratteristica e adesso devo farlo a maggior ragione, dato che il Giro non finisce certo domani e ci sono ancora tappe molto dure.

Giornata ben più pesante per Nibali, prima in fuga, poi a 7’16”
Giornata ben più pesante per Nibali, prima in fuga, poi a 7’16”
Quindi la forza non dipendeva dai baffi…

Visto? Li ho tagliati e le gambe continuano a girare. Scherzi a parte sto recuperando bene, sto curando tutto nei minimi dettagli. La squadra sta facendo il massimo per me. Mi tolgono di dosso ogni preoccupazione e cercano di fare quello che serve.

Quanto è stato freddo nella discesa del Giau?

Era freddo, ma anche sopportabile. Ero super concentrato a mantenere la posizione, a fare le traiettorie giuste. Ma le sensazioni erano quelle classiche che un corridore conosce bene. I piedi privi di sensibilità e così pure le mani.

Per questo non ti sei fermato?

Sì, mi dispiace. Ma in quel momento avevo un’altra priorità, che era quella di riscaldarmi. Per cui sono andato dritto al pullman, dove c’era solo l’autista. Sono salito. Mi sono tolto i panni bagnati. E mi sono infilato sotto la doccia. C’è voluto un po’, ma adesso sto bene e domani si riposa. Per oggi abbiamo dato, insomma…