Mediterraneo Cross, serbatoio di talenti da far sbocciare

18.11.2024
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In un weekend scevro di grandi appuntamenti di ciclocross al Nord, i fari dell’attenzione si sono spostati su Belvedere Marittimo (CS), teatro della quarta tappa del Mediterraneo Cross, la principale challenge del Meridione, tanto che ad assistere alle gare si è presentato anche il cittì della nazionale Daniele Pontoni. Perché anche nelle regioni del Sud si svolge attività sui prati, in un universo che forse sfugge ai fari dell’attenzione ma dove emergono storie e talenti. Il problema è capire se e come questi possano poi arrivare ai vertici nazionali. Perché, a essere sinceri, dopo i fasti lontani dei successi del pugliese Vito Di Tano non ci sono più stati ciclocrossisti meridionali ai vertici e forse avrebbero potuto.

Ogni tappa del Mediterraneo Cross raccoglie almeno 250 presenze di gara. In totale sono 5 eventi
Ogni tappa del Mediterraneo Cross raccoglie almeno 250 presenze di gara. In totale sono 5 eventi

Lo specchio di parte del Paese

Per questo mettere in piedi una challenge come il Mediterraneo Cross è ancora più meritorio. L’artefice è il vulcanico Michele Carella, titolare di mtbonline.it, un sito specializzato nell’attività offroad e di un allegato sistema di cronometraggio al quale si rivolgono moltissimi organizzatori fra mtb e ciclocross. Con lui Sabino Piccolo e Franco De Rosa, che insieme a Pietro Amelia hanno investito le loro energie dedicando i mesi freddi (che poi a queste latitudini così freddi non sono…) per dare opportunità a tanti appassionati di fare attività.

«Ogni tappa ha almeno 250 partecipanti – spiega Carella – distribuiti nelle varie categorie. E’ chiaro che non siamo al livello del Giro delle Regioni, ma per noi sono numeri importanti, considerando il passato, significa che c’è fermento. L’epicentro dell’attività è in Puglia, dove infatti c’è la maggioranza dei team che svolgono attività invernale e dove la tradizione, anche grazie alla storia di Di Tano, è molto forte, tanto che spesso arrivano anche i nomi di spicco del panorama settentrionale. Ma c’è molta attività anche in Basilicata, Calabria, Campania mentre latita un po’ in Sicilia, dove però il 23 dicembre allestiremo un grande evento, il Trinacria Cross di Sant’Alessio Siculo (Messina».

Vittorio Carrer, vincitore a Bisceglie e Belvedere Marittimo e già nel taccuino del cittì Pontoni (foto Caggiano)
Vittorio Carrer, vincitore a Bisceglie e Belvedere Marittimo e già nel taccuino del cittì Pontoni (foto Caggiano)

Un ambiente famigliare

Partecipando a una delle tappe del Mediterraneo Cross ci si accorge che il concetto di gara di ciclocross cambia un po’ rispetto agli stereotipi ai quali siamo abituati: «E’ vero, qui si vive una dimensione molto più familiare e per capirlo basta girare alla sera della vigilia nell’area paddock: ci si unisce per cena, si vedono i ragazzi che mettono da parte le bici per fare i compiti, si vedono soprattutto corridori di squadre diverse unirsi, fare gruppo, lasciare la loro rivalità sul campo di gara. Ogni tappa assume l’immagine di una giornata di autentica festa».

Dal punto di vista tecnico la qualità è molto alta e Pontoni ha potuto verificarlo di persona: «Rispecchia un po’ l’andamento nazionale, ossia a un livello elite buono, ma senza quei picchi che ti autorizzano a sognare a livello internazionale, abbiamo grandi valori in campo nelle categorie giovanili. Mi sento anzi di dire che ci sono ragazzi che hanno grandissime qualità, che potrebbero davvero emergere anche in ambito nazionale e aspetto con curiosità l’appuntamento tricolore perché sono convinto che i ragazzi di queste parti porteranno a casa grandi soddisfazioni».

Non molte le presenze femminili, come spesso avviene al Sud. Le ragazze gareggiano insieme a juniores e amatori
Non molte le presenze femminili, come spesso avviene al Sud. Le ragazze gareggiano insieme a juniores e amatori

I nomi da appuntare

Un esempio lo si ha fra gli Allievi: «Ci sono un paio di ragazzi che sono già sul taccuino del cittì e che anche a Belvedere Marittimo hanno dato vita a una gara sensazionale. Il primo nome è Walter Vaglio, che ha già a casa ben 3 maglie tricolori vinte nella mtb fra esordienti e allievi oltre a essere finito sul podio agli europei giovanili e sono sicuro che può allungare la sua collezione. Lui è un secondo anno, Marco Sicuro invece è un primo (nella foto di apertura i due fra Carella e Pontoni, ndr): sono compagni di squadra alla Scuola Ciclistica Tugliese V.Nibali ma in gara non si risparmiano. Poi c’è Marco Russo (Team Go Fast Puglia Aradeo) fra gli juniores che nella tappa calabrese ha chiuso terzo (vittoria per Francesco Carnevali del team romano Cycling Café, ndr)».

La domanda è: questi ragazzi quante possibilità hanno di emergere anche a livello nazionale, di trovare un futuro nel ciclocross? «Una domanda che non ha una soluzione definita. Cambiare squadra, andare al Nord? Chi l’ha fatto in passato si è perso, trovandosi in una dimensione diversa, lontano da casa e risentendone anche sul piano degli studi che a queste età deve essere primario, quindi non risolve. Possiamo dire che molta responsabilità è dei team, sta a loro garantire occasioni per farsi vedere e per continuare a crescere nella loro attività, cercando di tenere i ragazzi al passo con i loro coetanei delle regioni epicentro del ciclocross italiano».

Walter Vaglio, tre volte tricolore in mtb, forse il maggior talento attuale del vivaio meridionale (foto Caggiano)
Walter Vaglio, tre volte tricolore in mtb, forse il maggior talento attuale del vivaio meridionale (foto Caggiano)

Percorsi tecnici e sponsor importanti

Dal punto di vista organizzativo, queste gare non hanno nulla da invidiare ad altre prove nazionali: «Anzi, vorrei davvero vedere quali altre prove possono avere contesti come quelli del circuito. C’è almeno un poker di gare che si svolge in riva al mare, abbinando un contesto tecnico di qualità a teatri naturali straordinari. Tra l’altro pur essendo sul mare sono tutti percorsi non sabbiosi, salvo quello di Barletta con due passaggi proprio sul bagnasciuga».

L’inserimento delle varie tappe nel calendario nazionale è stato per queste prove un toccasana: «E’ tutto legato ai punti del ranking nazionale: chi è di queste regioni può accumulare punti per poi potersi giocare le proprie carte ai campionati italiani, ma al contempo anche chi viene dalle regioni del Centro ha l’opportunità di fare trasferte meno onerose e competere comunque a livello nazionale. Anche gli sponsor credono nel nostro progetto, abbiamo trovato in Selle SMP e Ursus due realtà che ci hanno dato fiducia, oltre a Scratch Tv».

Il cittì azzurro fra gli organizzatori e i leader di ogni categoria nella tappa calabrese
Il cittì azzurro fra gli organizzatori e i leader di ogni categoria nella tappa calabrese

Due tappe per i titoli

Il Mediterraneo Cross ha tra le sue finalità anche quelle sociali: durante le sue prove viene infatti svolta una raccolta fondi a favore dell’Associazione Le Ali di Camilla per la cura dell’epidermolisi bollosa. La challenge proseguirà il 24 novembre a Barletta e l’1 dicembre a Grumo Nevano, la tappa conclusiva che varrà anche quale campionato regionale campano. L’evoluzione del ciclocross italiano passa anche da qui, trovare una rete di collegamento anche con il Nord è un passaggio fondamentale se vogliamo che la specialità possa crescere davvero.

EDITORIALE / La multidisciplina sta sparendo?

11.11.2024
4 min
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Davide Toneatti sarà promosso nella Astana Qazaqstan Team nel WorldTour. La vittoria di aprile e i piazzamenti di tutto l’anno hanno persuaso Vinokourov a dare fiducia al friulano, figlio della multidisciplina, che a 23 anni metterà il naso nel ciclismo dei grandissimi. La notizia è sicuramente positiva perché porta un altro azzurro di talento a giocare la sua carta in una squadra che dal 2025 sarà la più italiana di tutte, con corridori come Ulissi, Bettiol, Conci, Scaroni, Masnada, Fortunato, Malucelli, Ballerini, Velasco, Romele e Kajamini.

Quello che si può notare è che Toneatti taglierà definitivamente i ponti con il ciclocross, come già accaduto nel recente passato (al momento di salire di livello) con De Pretto, Olivo e Masciarelli. Non è detto che questo per lui sia una privazione: magari ne aveva le tasche piene e non vede l’ora di concentrarsi soltanto sulla strada. La stessa cosa tuttavia si è verificata con Silvia Persico e in parte con Federica Venturelli, frenata peraltro anche dal recupero da un infortunio. La multidisciplina è passata di moda? Oppure va bene finché l’atleta è giovane e poi bisogna scegliere? Oppure, ancora, la seconda specialità è una sorta di gabbia da cui il corridore non riesce a liberarsi se non quando diventa grande?

Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta
Fra le vittorie nel cross di Toneatti spiccano un tricolore e il mondiale nella staffetta

Strada e pista

Ha retto finora l’abbinamento fra strada e pista. Abbiamo letto nell’intervista a Luca Guercilena che, al momento di firmare con la Lidl-Trek, Milan ha inserito la clausola pista, peraltro ben accetta da parte del team. Un discorso simile ha funzionato alla Ineos Grenadiers con Ganna e Viviani, ma è stata evidente la disparità di trattamento fra i due. Il piemontese ha potuto seguire un bel calendario su strada, mentre Elia si è dovuto accontentare di quel che capitava.

E’ stato però chiaro che tutti, dal giorno dopo Olimpiadi e mondiali, sono stati richiamati in servizio. Soprattutto all’indomani di Parigi, questa necessità ha reso difficile la vita agli atleti che avrebbero avuto bisogno di recuperare e invece si sono ritrovati subito in gruppo.

Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista
Milan, Consonni e Ganna: tre stradisti… concessi dal WorldTour alla pista

Programmi e sponsor

Ciò che risulta evidente dalle dichiarazioni di Patrick Lefevere e in qualche misura dello stesso Guercilena è che la multidisciplina non abbia interessi commerciali per le squadre che pagano gli atleti. Nel cross se non altro possono correre con la bici e i materiali del team, con l’eccezione dell’abbigliamento che sarà quello della nazionale. Su pista invece, anche la bici è federale e piuttosto che celebrare la vittoria di un competitor, non si celebra il campione. Il prossimo azzurro che dovrà gestire la doppia attività sarà Stefano Viezzi, che da gennaio sarà al devo team della Alpecin-Deceuninck.

Va lassù e ce lo aveva fatto capire sin dalla Coppa del mondo di Benidorm dello scorso gennaio perché affascinato dalle imprese di Mathieu Van der Poel cui in parte somiglia. Forse in Belgio gli lasceranno spazio per il ciclocross: finché si è nei team di sviluppo non ha senso costringerli a scegliere. Poi, se e quando verrà il momento di passare professionista, si vedrà il livello raggiunto e si faranno valutazioni insieme, senza preclusioni a priori.

Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin
Cross e strada: multidisciplina che funziona. A gennaio Viezzi ha vinto il mondiale juniores a Tabor. Dal 2025 passa alla Alpecin

Il ruolo della Federazione

Come fa un ragazzo a inserire qualsiasi clausola se il suo potere contrattuale è ancora esiguo? Non deve essere lui a farlo, ma probabilmente il suo procuratore o la Federazione per cui è un elemento di grande interesse, soprattutto nella prospettiva dell’ingresso del cross nel programma olimpico. E’ vero che alla fine comanda la volontà dell’atleta, ma se in alcuni casi la rinuncia è un’imposizione, allora forse l’intervento federale potrebbe aiutare parecchio. Qui si parla di medaglie olimpiche, mondiali ed europee, non di sfide regionali.

L’alternativa è che la multidisciplina, in questo caso il cross, in Italia diventi una prerogativa giovanile, che ci vedrà brillare sempre meno nelle categorie elite. Bisognerà solo abituarsi al prurito di veder sparire i talenti su cui si potrebbe costruire tanto e che invece, per scelta o necessità, prenderanno strade diverse.

Pontoni dopo l’europeo: «Queste medaglie daranno frutti…»

08.11.2024
5 min
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Il ritorno a casa di Daniele Pontoni dagli europei di Pontevedra non è stato semplice, senza un filo di voce. Verrebbe da pensare che l’abbia lasciata in Spagna per gli incitamenti ai ragazzi, ma non è così: «Con gli sbalzi tra caldo e freddo l’ho persa ancor prima delle gare – racconta con un po’ di fatica ma in via di ripresa – tanto è vero che mi sono dovuto portare un collaboratore che diceva ai ragazzi quel che dovevano fare».

La staffetta azzurra oro nel team relay, con i due Agostinacchio, Ceolin, Pellizotti, Baroni e Bramati (foto Fci)
La staffetta azzurra oro nel team relay, con i due Agostinacchio, Ceolin, Pellizotti, Baroni e Bramati (foto Fci)

La trasferta iberica rimarrà nella storia. Mai prima d’ora l’Italia aveva vinto il medagliere continentale e questo dato per Pontoni è quello che più conta, che testimonia la bontà del lavoro fatto e che parte da lontano. Per questo al suo ritorno ha tenuto a sottolineare come l’ideale oro sia da attribuire a tutto lo staff azzurro, soprattutto a coloro che lavorano nell’ombra: «Sono tutte rotelle fondamentali dell’ingranaggio. Marco Decet, ad esempio, mi ha aiutato moltissimo. Tutti contribuiscono a dare tranquillità al gruppo e questo aiuta a ottenere i risultati».

Il gruppo che hai presentato a Pontevedra verrà integrato per i prossimi appuntamenti?

Sicuramente, noi lavoriamo su numeri un po’ più grandi. Io credo che però sia importante continuare sulla strada che abbiamo intrapreso, quella di coinvolgere anche i più giovani, gli allievi 2° anno. La Pellizotti ne è un esempio. In questo modo arrivano pronti alla gara, al gruppo, saltano quel passaggio come quando prendi una bici nuova, quel momento di scoperta che ti lascia un po’ interdetto. Abbiamo così atleti che si formano più lentamente, ma sono già svezzati e sui quali si può lavorare davvero per un biennio.

Il podio della gara U23, con Agostinacchio secondo dietro il riconfermato belga Michels
Il podio della gara U23, con Agostinacchio secondo dietro il riconfermato belga Michels
Come lo allargherai?

Una discriminante saranno i percorsi, io comunque conto di lavorare su 7-8 ragazzi e 4-5 ragazze, anche se fare rotazioni non sarà semplice vista la conformazione della Coppa, per la quale dobbiamo anche scegliere quali appuntamenti seguire visto che la sua concentrazione impone sacrifici economici. La logistica ad esempio ci impone di andare a Dublino con un team ridotto. Intanto però ho detto ai ragazzi che ora si è chiusa la prima fase della stagione, bisogna riposare per poi ricaricare le pile ed essere pronti. Un occhio di riguardo lo avremo sempre per il calendario italiano, che come si è visto ha consentito di prendere punti per il ranking e partire più avanti.

Una scelta sulla quale Mattia Agostinacchio aveva puntato molto, sapendo che era fondamentale essere in prima fila…

Ma anche per la Pellizotti, che ha potuto scattare dalla seconda. Per questo le avevo detto di gareggiare a Salvirola, quei punti sono stati determinanti. Devo dire che in questo sto trovando grande collaborazione da parte delle società, che sostengono il nostro impegno. E’ chiaro che non dobbiamo illuderci che saranno sempre rose e fiori come a Pontevedra.

La gioia di Mattia Agostinacchio sul podio. Decisiva secondo Pontoni la caccia ai punti Uci
La gioia di Mattia Agostinacchio sul podio. Decisiva secondo Pontoni la caccia ai punti Uci
Quanto è importante il lavoro che state svolgendo con il team performance della FCI?

Fondamentale, direi decisivo. I ragazzi si stanno abituando a cose che possono sembrare scontate ma non lo sono: il lavoro sul riscaldamento, l’approccio alla gara nei giorni precedenti, gli aspetti legati al post gara e all’alimentazione e tanto altro. E’ un mix di pratica e scienza che ha fatto fare al gruppo un deciso salto di qualità. D’altronde sappiamo che nel ciclismo moderno temi simili ormai vanno tutti di pari passo.

Qual è stata la medaglia meno preventivata?

Difficile a dirsi: io avevo fatto un pronostico ai ragazzi, alla fine ho sbagliato per difetto di una. Diciamo che all’appello manca solo il podio della Casasola, ma sapevamo che c’erano 4 atlete a concorrere per 3 medaglie e tutto si giocava su particolari. Lei ha avuto una piccola disattenzione all’inizio che le è costata una dispendiosa rincorsa per tre giri, ma ha dimostrato di valere quel podio. Queste corse si giocano sui dettagli e non sempre le cose possono andar bene.

Sara Casasola, quarta ma al livello delle olandesi. Un podio sfuggito per alcuni dettagli
Sara Casasola, quarta ma al livello delle olandesi. Un podio sfuggito per alcuni dettagli
La Pellizotti ha sottolineato di essere stata nel posto giusto al momento giusto…

E’ vero, l’esatto contrario di quanto è avvenuto a Sara. Giorgia ha corso con molta sagacia ha saputo cogliere l’opportunità come d’altronde anche Filippo Agostinacchio e il suo argento mi dà grande soddisfazione perché lo ritengo un leader di questa squadra, un riferimento per la sua sicurezza, la sua professionalità, infatti ho deciso di puntare su di lui come ultimo uomo della staffetta.

Che cosa gli hai gridato all’ultimo giro?

Avevo notato che i francesi prendevano le curve sempre molto larghe come loro abitudine tecnica, gli ho detto d’infilarsi per sorpassare l’avversario e andare a vincere. E così ha fatto.

Filippo Agostinacchio con Luigi Bielli, da anni parte integrante dello staff di Pontoni
Filippo Agostinacchio con Luigi Bielli, da anni parte integrante dello staff di Pontoni
A proposito dell’oro di Mattia?

Il suo grande merito è di essere rimasto lucido dopo essere caduto sugli ostacoli, ha resettato la testa e non ha seguito l’istinto di recuperare subito. Lì si è visto il lavoro nostro, dello staff, la rappresentazione di tutto quanto detto prima. Ora questi risultati li mettiamo insieme e li accantoniamo perché da qui in poi sarà un’altra pagina tutta da scrivere, i mondiali saranno profondamente diversi. C’è però in più una generale consapevolezza di quel che i ragazzi sono capaci di fare e su queste basi dobbiamo costruire il resto della stagione.

Serangeli dimentica l’azzurro vincendo al Regioni

06.11.2024
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Sepolta nell’attenzione dai contemporanei campionati europei, domenica San Colombano Certenoli ha ospitato la quarta tappa del Giro delle Regioni di ciclocross, chiaramente senza molti dei protagonisti delle prove precedenti, ma questo ha permesso ad altri elementi di mettersi in evidenza. Ad esempio Giacomo Serangeli, corridore della DP66, vincitore della gara junior e per certi versi il grande assente della rassegna continentale di Pontevedra.

Il crossista umbro, protagonista anche delle altre prove della stagione, ha scaricato sui pedali la sua delusione: «Quello ligure è un percorso che conoscevo già, anche se è cambiato un po’ è salito il fiume e ha costretto gli organizzatori a ridisegnarlo. Ma è molto tecnico, da spingere. Io ho trovato in Ivan Colombo (Sc Alfredo Binda) un rivale inatteso ma molto coriaceo. A due giri dalla fine ho guadagnato una manciata di secondi, ma non mi sono mai sentito al sicuro».

L’arrivo in terra ligure di Serangeli, condiviso con la sua compagna di team Petris, terza fra le pari età
L’arrivo in terra ligure di Serangeli, condiviso con la sua compagna di team Petris, terza fra le pari età
Quanto valore ha questo successo?

Molto e la cosa bella è stata che ho potuto tagliare il traguardo insieme alla mia compagna di squadra, Carlotta Petris che da parte sua andava a guadagnare la terza piazza fra le junior. E’ stata la ciliegina sulla torta.

Dì la verità: domenica però speravi di non esserci…

Non posso negare che non essere stato convocato per gli europei mi è dispiaciuto perché era l’obiettivo della prima parte di stagione. Mi dispiace soprattutto che non siano stati apprezzati i miei veri valori, che quello che ho fatto in questa prima parte dell’anno non sia stato sufficiente. Con Pontoni ho parlato, ma non metto in discussione le sue scelte perché è lui il responsabile e se ha preso quella strada lo ha fatto consapevolmente. Io non posso far altro che impegnarmi ancora di più per convincerlo a  prendermi in considerazione.

Dopo due podi e un 4° posto, serangeli vincendo sale in testa alla classifica del Regioni
Dopo due podi e un 4° posto, Serangeli vincendo sale in testa alla classifica del Regioni
Ti ha preannunciato un coinvolgimento per la Coppa del Mondo?

No, non ne abbiamo parlato. Io spero comunque di guadagnarmi una chance per correre all’estero, per far vedere quel che so fare. Sarebbe bellissimo poter fare della challenge il mio obiettivo stagionale, per ora so che il cittì pensa di convocare 4-5 corridori, spero di essere fra quelli.

La vittoria di Mattia Agostinacchio che cosa ti ha fatto pensare?

Intanto che se l’è meritata e che è stato bravissimo, poi che conferma che in quel contesto potevo anch’io dire la mia. Mattia ha vinto quasi sempre, ma a Brugherio dov’è arrivato quarto io ero davanti e anche nelle altre gare sono arrivato vicino a lui come a Fabbro che ha chiuso sesto. Io un posto nella Top 10 penso che sarei riuscito a ottenerlo e mi tengo basso.

La vittoria dell’umbro ad agosto al Trofeo dell’Aglianico, perla di un’ottima chiusura stagionale
La vittoria dell’umbro ad agosto al Trofeo dell’Aglianico, perla di un’ottima chiusura stagionale
Tu però vieni anche da una stagione su strada veramente buona, dove si è parlato di te come di un ottimo prospetto per le gare con molta salita…

Ho un fisico leggero e mi piace la salita, ma non mi ritengo uno scalatore puro. A me piacciono anche le volate in gruppi ristretti e la pianura non mi fa paura. Voglio diventare un corridore completo, capace di vincere su più fronti.

Tra l’altro non è stata una stagione semplice, visto che è iniziata con molto ritardo.

Alla prova di Coppa del Mondo di ciclocross a Hoogerheide mi sono rotto lo sterno: addio mondiali e oltre 40 giorni di completo stop. Sono dovuto ripartire da zero, la mia prima corsa è stata il Liberazione a Massa a fine aprile. Piano piano mi sono rimesso in carreggiata e ad agosto ho colto la mia prima vittoria, al Trofeo dell’Aglianico del Vulture in Basilicata.

Tra strada e ciclocross?

Dico la verità, spero di non dover scegliere, almeno non nei prossimi anni. Vorrei affrontare la categoria U23 potendo competere in entrambe le discipline perché credo che siano utili l’una all’altra. Poi so bene che la strada è quella principale, quella che dà le maggiori chance di crescita, anche economica. Io comunque spero di trovare un team che sia accondiscendente a questa richiesta.

Come concili l’attività con la scuola?

Non è facile, anche perché d’inverno abbino un paio di sedute in palestra a lavori tecnici sul ciclocross su un percorso vicino casa e anche quando esco su strada lo faccio con la bici da cross. Mi piace molto simulare gli sprint, è un lavoro tecnico sul quale ultimamente mi sto impegnando molto. Sono al quarto anno di Ragioneria Sportiva, abbinare gli allenamenti con la scuola con le poche ore di luce che ci sono non è semplice, ma questo sport richiede sacrifici e sono ben felice di farli.

Premiata ditta Agostinacchio, padrona degli europei di ciclocross

04.11.2024
5 min
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Sveglia al mattino presto per raggiungere l’aeroporto e tornare a casa, con la valigia un po’ più pesante. Di notte si è dormito poco, con l’adrenalina accumulata nella splendida due giorni di Pontevedra dove l’Italia ha clamorosamente conquistato il primo posto nel medagliere. Una prima assoluta per l’Italia del ciclocross agli europei. Un contributo fondamentale è arrivato grazie alla “premiata ditta” Agostinacchio, che oltre a vincere un oro con Mattia fra gli juniores e l’argento di Filippo fra gli Under 23 ha dato un contributo decisivo alla vittoria nel Team Relay. E’ vero, con sole 4 squadre al via, ma in fin dei conti sono gli assenti ad avere torto…

Nel parlare con i due fratelli, direttamente all’aeroporto in mezzo a valigie e bici da imbarcare, si sente come ancora l’emozione sia padrona del loro animo, per un weekend che probabilmente ha cambiato completamente la loro parabola sportiva. I due si rimpallano spesso il telefono, trasmettendo all’interlocutore tutta la loro gioia.

L’abbraccio di Mattia Agostinacchio con Fabbro, anche lui protagonista nella gara junior
L’abbraccio di Mattia Agostinacchio con Fabbro, anche lui protagonista nella gara junior

Battuta una vecchia conoscenza

Il primo a prendere la parola è Mattia, che torna a casa con due medaglie d’oro al collo: «La seconda è stata molto più difficile da portare a casa. In fin dei conti, a prescindere dalla starting list, nella staffetta la responsabilità è condivisa, nella gara individuale è tutto sulle tue spalle. Io però ero concentratissimo verso l’obiettivo per il quale ho lavorato tutte queste settimane.

«Un aiuto sicuramente l’ho avuto conoscendo gli avversari, in particolare l’austriaco Hofer che ha disputato alcune prove internazionali in Italia. Sapevo che erano lui e il belga Vandereynde i riferimenti della gara e quando ho visto che tenevo il loro passo ho capito che potevo giocarmi qualcosa d’importante».

Cambio fra la Baroni e Filippo Agostinacchio. Oro con loro anche per Mattia e per Ceolin, Pellizotti e Bramati
Cambio fra la Baroni e Filippo Agostinacchio. Oro con loro anche per Mattia e per Ceolin, Pellizotti e Bramati

Le raccomandazioni di Pontoni

Per Mattia i prodromi di questo oro sono arrivati nel corso di tutto l’avvio di stagione, con le vittorie al Giro delle Regioni e nelle altre prove internazionali: «Avevo detto che era importante accumulare più punti possibile per partire davanti, infatti alla fine sono riuscito a salire al 2° posto nel ranking e quindi scattare dalla prima fila ed è stato fondamentale. Pontoni si era raccomandato di partire forte considerando la curva di 90° subito dopo lo start e infatti in tanti sono caduti lì, io ho evitato il problema».

La gara poi come si è sviluppata? «Siamo rimasti davanti in un gruppetto di 5-6 corridori (tra cui anche l’altro azzurro Fabbro, alla fine 6°, ndr), che si spezzava spesso in base a errori e scivolate, anche io a dir la verità ci ho messo del mio. Ma sono riuscito a rimanere davanti fino al penultimo giro, quando ho rotto gli indugi e sono andato via».

L’arrivo nel team relay di Filippo Agostinacchio, dopo aver superato il francese prima dell’ultima curva
L’arrivo nel team relay di Filippo Agostinacchio, dopo aver superato il francese prima dell’ultima curva

«Dopo la curva, attacca…»

E nella staffetta? «Lì io ho fatto la seconda frazione, tutti noi dobbiamo dire grazie a Filippo che nel giro finale ha fatto la differenza». Il telefono passa al fratello, che racconta quel giro conclusivo con l’ordine impartito da Pontoni all’ultimo passaggio ai box: «Daniele mi ha avvertito che da dietro lo spagnolo stava risalendo velocemente, mi ha detto che era il momento di attaccare il francese, infatti appena superata la curva ho spinto al massimo passandolo di botto e andando verso il traguardo, sapevo che non poteva più prendermi».

Il suo argento nella gara U23 è stato per molti versi più sorprendente dell’acuto del giovane fratello: «Io a dir la verità non me l’aspettavo, alla vigilia avrei firmato per una Top 5, ma sapevo di stare veramente molto bene, di essere arrivato al massimo della condizione. A guardare bene la gara, posso anche dire che forse si poteva anche provare qualcosina di più, perché in partenza e lungo il percorso qualche errore l’ho fatto, in particolare dopo una curva ho faticato a rilanciare e si è creato un buco che mi ha richiesto tempo ed energie per ricucire, energie che nel finale mi sarebbero state utili».

Bellissimo bronzo per Giorgia Pellizotti fra le junior, con titolo alla svizzera Grossmann. Quinta Elisa Ferri (Photopress.be)
Bellissimo bronzo per Giorgia Pellizotti fra le junior, con titolo alla svizzera Grossmann. Quinta Elisa Ferri (Photopress.be)

Il peso di una stagione persa

Filippo ha chiuso a 3” dal belga Jente Michels, riconfermatosi sul trono continentale: «Era comunque più forte al di là dei 3” di margine. Quando rilanciava dopo ogni curva era davvero difficile tenerlo. Sapeva di essere il favorito e ha fatto una gara tutta di testa. Nulla da eccepire sull’esito della corsa».

Un podio che lo riporta in auge: «La mia parabola è stata più difficile rispetto a quella che sta vivendo Mattia. Io sono all’ultimo anno da U23, ma a me è mancata quasi completamente la seconda stagione da junior a causa del covid e sappiamo benissimo come sia fondamentale nella crescita di un corridore, anche nella costruzione della sua immagine. Da allora non ho fatto altro che inseguire, il vero salto di qualità l’ho fatto dalla scorsa stagione a oggi».

Unica amarezza della spedizione iberica il 4° posto pur notevole di Sara Casasola fra le elite
Unica amarezza della spedizione iberica il 4° posto pur notevole di Sara Casasola fra le elite

Già si pensa al mondiale

Ma chi ha iniziato prima fra i due? Risponde Mattia: «Credo che sia stato lui, io ero troppo piccolo, ma questa disciplina la amiamo allo stesso modo come amiamo la strada. Infatti entrambi nel 2025 ci dedicheremo ad essa in maniera compiuta, mettendo da parte la mountain bike». «Io però una porticina aperta al gravel la lascio – afferma Filippo che era stato convocato anche per i mondiali di specialità – ma è chiaro che ora ambisco alle prove su strada con la Biesse-Carrera per fare bene».

E ora? «Ora ci godiamo queste medaglie ma si riparte subito verso i prossimi appuntamenti internazionali – risponde Mattia – perché la stagione è solo agli inizi. E’ chiaro che questi europei cambiano un po’ le prospettive, adesso ho la convinzione di poter dire la mia al massimo livello». E chissà che quella maglia iridata oggi vacante dopo la vittoria di Viezzi a gennaio non resti in casa italiana…

Europei in partenza e Pontoni rilancia Viezzi

30.10.2024
5 min
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Partiranno domani alla volta di Pontevedra in Spagna i 15 azzurri che nel fine settimana prenderanno parte agli europei di ciclocross, facendo finalmente entrare la stagione sui prati nel suo vivo. Il cittì Daniele Pontoni ha preparato tutto, riservando anche una piccola sorpresa finale aggiungendo il nome dell’iridato junior Stefano Viezzi all’elenco inizialmente ufficializzato, spazzando via di fatto qualsiasi strascico polemico. Ora la parola sarà solamente affidata alle gambe dei suoi ragazzi.

Pontoni fra Persico e Arzuffi, sul podio continentale gravel. Un buon auspicio per Pontevedra
Pontoni fra Persico e Arzuffi, sul podio continentale gravel. Un buon auspicio per Pontevedra

Pontoni ha scelto una squadra completa, schierando atleti in ognuna delle 6 categorie individuali e naturalmente nella staffetta del sabato e ha visionato il percorso spagnolo, che peraltro già conosceva: «Ci eravamo stati con gli juniores un paio di anni fa, ma un mese fa ci sono tornato per rivederlo e soprattutto capire quali variazioni sarebbero state apportate. E’ un percorso veloce, tutto all’interno del parco e che alterna asfalto a terra battuta. Ci saranno però alcuni innesti».

Quali nello specifico?

So che gli organizzatori hanno previsto, dopo 600 metri di gara, almeno 50 metri su sabbia riportata. Poi metteranno sul percorso due ponti e uno di questi, abbinato a una rampa già esistente di 14 passi sarà la parte tecnicamente più impegnativa. L’altro ponte con gradini farà anche selezione.

Il dettaglio del tracciato iberico, contraddistinto da una partenza complicata e due ponti
Il dettaglio del tracciato iberico, contraddistinto da una partenza complicata e due ponti
Un percorso che la Casasola ci ha descritto come molto tattico, sentendo proprio le tue parole…

E’ veloce e penso che potrebbe anche svilupparsi in maniera molto strategica, ma ogni gara è a sé. Bisogna vedere come andranno le cose. Importante sarà partire bene e coloro che sono nelle prime due file avranno un indubbio vantaggio, nel caso dei nostri ragazzi da sfruttare, ma attenzione: alla partenza i crossisti si troveranno subito una curva a 90 gradi, lì bisognerà stare attenti a non cadere per non compromettere la gara.

Il percorso di Pontevedra si preannuncia molto veloce e basato sul ritmo gara (foto organizzatori)
Il percorso di Pontevedra si preannuncia molto veloce e basato sul ritmo gara (foto organizzatori)
Quali sono le categorie su cui punti di più?

Io intanto sottolineerei che saremo presenti in tutte le gare e questo è già un segnale. Il fermento c’è e la categoria junior maschile lo dimostra. Lo scorso anno avevamo incluso molti primo anno, ora alcuni di quei ragazzi si sono visti sorpassati da nuove leve come Grigolini e Pezzo, poi insieme a Fabbro c’è Agostinacchio che ha dimostrato di essere molto in forma e ha preparato l’appuntamento con attenzione. Fra le pari età la Pellizotti l’avevo coinvolta già lo scorso anno quand’era ancora allieva e con la Ferri forma una bella coppia d’attacco. Under 23: in campo maschile ritorna Scappini che dopo una stagione in chiaroscuro (ma più in scuro, a essere sinceri…) ho ritrovato brillante, lo vedremo insieme a Cafueri e poi appunto Viezzi, fra le ragazze ci affidiamo alla Bramati che ha già esperienza a questi livelli e alla Papo uscita molto bene dalla stagione su strada. Fra gli Elite tornano Bertolini e Ceolin, poi abbiamo Casasola e Baroni fra le ragazze quindi direi che siamo competitivi dappertutto, almeno per fare bella figura. Infine c’è la staffetta.

Per la Casasola impegno solo nella gara individuale, in staffetta correrà la Baroni (foto Mtb Nazgul)
Per la Casasola impegno solo nella gara individuale, in staffetta correrà la Baroni (foto Mtb Nazgul)
Che per te ha un valore particolare…

Ci tengo molto dopo la vittoria mondiale di Fayetteville, eppure agli europei un po’ per sfortuna e un po’ per nostri errori non siamo mai riusciti a emergere. Lo scorso anno sembrava fatta, ma quella medaglia buttata via non l’ho ancora digerita. Io dico che abbiamo tutto per farcela, tra l’altro avremo in gara la Baroni che mi dà affidabilità visto che la Casasola avrà gareggiato sul Koppenberg venerdì. Voglio darle tempo per recuperare per domenica, anche se sappiamo che a questi livelli si è abituati a gareggiare ogni giorno. Un aspetto da considerare, a proposito del team relay, è che è anche propedeutico per la gara individuale, perché permette di abituarsi al percorso.

Veniamo all’argomento Viezzi, inizialmente escluso: perché?

Perché volevo vedere da parte sua una reazione dopo il difficile inizio stagione e tutte le difficoltà attraversate. So che la sua vicenda si è risolta, fino al 31 dicembre correrà per il vecchio team e poi passerà all’Alpecin, a me però interessava vedere una sua reazione tecnica e psicologica. Nel fine settimana ho visto i segnali che volevo, a Salvirola ha anche rischiato di vincere contro gli elite. Mi ha dato le certezze che cercavo.

Per Viezzi futuro più chiaro: dal 2025 correrà nel team di Van der Poel, il suo sogno (foto Billiani)
Per Viezzi futuro più chiaro: dal 2025 correrà nel team di Van der Poel, il suo sogno (foto Billiani)
Con Viezzi e la Casasola diventano tre i corridori italiani che militeranno in team esteri: pensi che sia un fenomeno in espansione?

Io credo di sì, tra l’altro ho avuto ripetute occasioni per confrontarmi con il team manager di Sara per programmare bene la sua stagione, per questo abbiamo deciso di comune accordo di farle saltare la staffetta. Fare attività all’estero significa essere a un altro livello, gareggiare sempre contro i migliori e crescere, posso dirlo per aver sperimentato di persona che cosa significa. Ha anche ragione la Arzuffi: l’adattamento non è semplice, non riesce a tutti e sempre, è l’incognita da mettere in preventivo più che altro perché ci sono lunghi periodi di permanenza in Belgio e Olanda per gare a ripetizione. Se si supera quello scoglio, diventa tutto più semplice.

Europei in vista, ma prima torniamo con Zurlo al mondiale gravel

08.10.2024
6 min
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Alle spalle di Van der Poel e secondo miglior italiano ai mondiali gravel di Leuven, Matteo Zurlo è tornato a casa nella notte di domenica pieno di sonno e acciacchi (in apertura, nella foto Sportograf, Vakoc, il vincitore uscente Mohoric e Van der Poel). Prima di lui, nella gara degli azzurri, è finito Mattia De Marchi, uno dei migliori specialisti italiani della specialità. Ma i valori sono così simili e i confini così labili che nel 2023 al campionato italiano, il corridore della Trevigiani-Energia Pura fece meglio del friulano e conquistò la maglia tricolore. Dovendo selezionare la squadra per Leuven e avendo capito che i team della strada non avrebbero mai lasciato i loro atleti, il cittì Pontoni ha così puntato anche su un drappello di specialisti e fra loro anche Zurlo.

Leuven è stato per Zurlo il secondo mondiale gravel, dopo quello del 2023 a Treviso
Leuven è stato per Zurlo il secondo mondiale gravel, dopo quello del 2023 a Treviso

Da Leuven ad Asiago

Lo abbiamo sentito in pieno recupero dalle botte e con l’obiettivo di doppiare la convocazione azzurra sui sentieri di Asiago, teatro nel fine settimana dei campionati europei. Poi la sua stagione potrebbe essere finita. Ci sarebbe ancora in ballo la Serenissima Gravel, che lo scorso anno chiuse al 13° posto, ma quella è legata agli inviti e alla Trevigiani-Energia Pura non ne sono ancora arrivati.

«Il gravel mi piace – racconta – l’anno scorso ho vinto l’italiano e poi ho partecipato agli europei e ai mondiali, dove feci ventesimo, quindi anche benino. E’ una specialità che mi ha preso fin da subito. Domenica il percorso era molto veloce, però impegnativo.  Pieno di strappi con pavé, la solita campagna del Belgio. La gara è stata molto tirata, perché siamo partiti in 300 e c’era una qualità piuttosto alta fra professionisti del gravel e stradisti. Poi c’erano anche quelli che di solito fanno ciclocross. Insomma, c’era parecchia concorrenza. Io sono partito con il numero 75, quindi una posizione non ottimale, ma neanche brutta, tutto sommato. Però ho avuto qualche inconveniente nella partenza. Ho preso male una curva e mi sono quasi fermato».

La partenza da Halle, l’arrivo a Leuven: quasi 300 al via. Zurlo partiva dalla 75ª posizione (foto Sportograf)
La partenza da Halle, l’arrivo a Leuven: quasi 300 al via. Zurlo partiva dalla 75ª posizione (foto Sportograf)
Quindi sei partito con la necessità di risalire sin da subito?

Purtroppo, ma non è finita lì. Dopo otto chilometri sono caduto e ho perso un bel po’ di posizioni che a quel punto erano fondamentali. Si stavano creando i gruppetti e in quelli bisognava esserci. Per cui se già in partenza ero un po’ indietro, dopo la caduta sono sprofondato.

E’ stata da subito una gara veloce?

Van der Poel ha vinto a 38,5 di media, noi abbiamo fatto 37. In un percorso così, di strappi e sterrato, sono tanti, quindi era bello veloce. Non c’era una vera salita e non c’era solo pianura. Alla fine sono venuti fuori 1.600 metri di dislivello in 181 chilometri. Non sono tantissimi, ma fatta tutta a strappi si fa sentire anche nelle gambe. Si parla tanto dei percorsi del gravel, ma la sensazione è che vada come per la strada. Ci sono anni che fanno mondiali per velocisti e altri per scalatori. Si prende quel che viene, insomma. Per fortuna sono riuscito a recuperare qualcosa e alla fine siamo arrivati in un gruppetto di una ventina e ho fatto 39°. I primi sedici erano a 14 minuti, inavvicinabili. Ma ad esempio il diciassettesimo era a due minuti da noi, quindi non è che fossimo tanto distanti.

Per Van der Poel anche l’iride nel gravel, dopo cross e strada. Manca solo la MTB (foto Sportograf)
Per Van der Poel anche l’iride nel gravel, dopo cross e strada. Manca solo la MTB (foto Sportograf)
Visto il percorso, hai dovuto fare qualche scelta tecnica particolare?

Mi sono regolato. La bici è la Guerciotti Escape da gravel che mi fornisce la squadra. Come coperture ho scelto di andare su una gomma un po’ più scorrevole per l’asciutto, perché comunque non era fangoso. Ho gonfiato basso, perché a gonfiare troppo nel gravel si rimbalza. Ho messo a 2,5 atmosfere davanti e anche dietro. E poi ho nastrato sul telaio due gonfia e ripara, perché almeno avrei potuto fronteggiare due forature.

Sei stato il secondo migliore dei nostri, c’era un piano tattico oppure è stata da subito una lotta per restare a galla?

Nel gravel è difficile trovare delle tattiche, perché sono gare tirate dall’inizio alla fine. Non è come su strada, che va via la fuga e puoi decidere di lasciarla andare. Nel gravel bisogna stare davanti dal primo colpo di pedale, a meno che non sei una nazionale come quella del Belgio che ha gli uomini e i numeri per organizzare qualcosa. Per il resto, siamo grandi e anche vaccinati, quindi sappiamo gestire i momenti. Magari se ci troviamo in due davanti, ci gestiamo. Ma fondamentalmente bisogna avere tante gambe, che è l’unico modo per fare qualcosa. E noi ci abbiamo provato. Abbiamo cercato di difenderci con le unghie e coi denti e dove possibile abbiamo cercato di stare davanti.

Sei mai riuscito a vedere i primi?

Per come è andata la partenza, non li ho mai visti. Forse, se non avessi sbagliato quella curva, se avessi fatto una buona partenza e non fossi caduto, magari li avrei potuti avvicinare. Invece dopo pochi chilometri ero veramente dietro. Ho recuperato, recuperato e recuperato ancora, ma loro erano già andati. Non ho grossi rimpianti perché ho dato tutto e il fatto di cadere nel gravel è all’ordine del giorno. Come il salto di catena e altri inconvenienti che bisogna mettere in conto.

Continuerai a fare gravel?

Sicuramente è una bella esperienza. Partecipare a questo genere di questi eventi è sempre gratificante, per cui se ci saranno altre possibilità, risponderò presente. E’ una disciplina nuova, questo si sa, quindi magari non c’è ancora un grandissimo interesse generale. Però se mai si comincia, mai si può arrivare, giusto? Le potenzialità ci sono tutte, soprattutto vedendo il parterre dei corridori presenti. Non è che fossero lì a caso…

Zurlo è stato tricolore gravel nel 2023. Qui in azione alla Serenissima Gravel, chiusa in 12ª posizione
Zurlo è stato tricolore gravel nel 2023. Qui in azione alla Serenissima Gravel, chiusa in 12ª posizione
Come va con gli acciacchi?

Serviranno di sicuro 2-3 giorni. Ieri mi sono svegliato che avevo male ovunque, le braccia, le gambe, la schiena… Sono state cinque ore tirate dall’inizio alla fine e anche se stai a ruota, sugli sterrati fai fatica. Farò un massaggio domani, ma quello è soggettivo. Se uno si trova bene a farli tutti i giorni, se li può fare tutti i giorni, allora fa bene. Intanto bisogna recuperare bene e poi si farà un bel massaggio in vista del fine settimana. Correrò gli europei di Asiago e poi vediamo per la Serenissima Gravel. In ogni caso mi aspetta un bell’inverno di lavoro. Ho qualche trattativa, sicuramente andrò avanti. Adesso l’obiettivo è che mi passi in tempo questo mal di tutto…

Mondiali di gravel, ad Halle Pontoni punta in alto

04.10.2024
4 min
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Un clima tipicamente autunnale ha accolto la nazionale italiana ad Halle dove domenica si correrà il mondiale gravel. Il gruppo di Daniele Pontoni è arrivato in Belgio mercoledì e nella giornata di ieri ha preso contatto con il percorso, facendo subito i conti con il clima e le caratteristiche del tracciato.

«Al nostro arrivo abbiamo trovato tempo ancora piovigginoso, ma in occasione della nostra uscita, affrontando i primi 80 chilometri abbiamo notato che il tracciato si stava già asciugando e questo fa ben sperare per domenica. Nella parte finale, il circuito probabilmente decisivo, ci sono ancora dei tratti fangosi. Però se il tempo regge e soprattutto il vento continuerà a tirare, credo che sabato, quando gareggeranno le donne, sarà già tutto asciutto».

Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Gli azzurri ieri sul percorso iridato, 134 chilometri per le donne, 181 per gli uomini
Che percorso avete trovato?

E’ stato parzialmente rivisto rispetto all’europeo gravel dello scorso anno. E’ disegnato prevalentemente su piste ciclabili e strade battute, quindi io credo che si svilupperanno alte velocità, con 2-3 single track dove sarà utile la capacità di guida, ma nel complesso sono tutte traiettorie veloci dove non ci sono particolari difficoltà di guida. Certamente serve attenzione, soprattutto nei tratti dove si procede in fila indiana per sapere dove mettere le ruote, considerando che stando alle spalle non si vedono subito le buche. Preservare i copertoni sarà un aspetto importante.

Secondo te è quindi un percorso che privilegia gli stradisti?

Sicuramente, è un percorso come detto da grandi velocità, tecnicamente abbordabile e il fatto che siano quasi 300 i concorrenti che si schierano al via lo dimostra. Io credo che la gara si svilupperà attraverso gruppetti, anzi non è escluso che soprattutto la prova femminile si possa chiudere con uno sprint a ranghi ristretti.

Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Il podio dello scorso anno con Silvia Persico che ci sarà anche stavolta, punta delle azzurre
Veniamo alle tue convocazioni: stupisce il fatto che a fronte di una nazionale femminile abbastanza ampia, con 7 effettive al suo interno, ci siano solamente 4 uomini convocati. Perché questa differenza?

Ho semplicemente dovuto prendere atto della situazione, della concomitanza con un calendario ancora ingolfato. A molti team ho chiesto di poter mettere a disposizione uomini, ma con Emilia, Bernocchi, Agostoni non ho avuto risposte positive. Ho quindi potuto scegliere Oss e De Marchi che sono specialisti puri del gravel, poi c’è Matteo Zurlo campione d’Italia lo scorso anno e che questo percorso lo conosce bene per averlo affrontato lo scorso anno, infine c’è Filippo Agostinacchio che ha una condizione ottima.

Questa differenza numerica ti porterà a fare scelte tattiche differenti?

Sì, andranno impostate due corse completamente diverse ma questo non dipende solamente dai numeri. Bisogna guardare al materiale a disposizione, alla concorrenza, alla lunghezza del percorso. Valuteremo le scelte più adatte al caso.

Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Matej Mohoric in trionfo nel 2023. A sfidarlo grandi nomi come Van der Poel e Merlier
Sono le stesse nazionali che vedremo la settimana dopo all’europeo?

Non del tutto, infatti mi sono riservato di effettuare le convocazioni fra lunedì e martedì. Al femminile sarà una nazionale che ricalcherà per la maggior parte quella presente qui in Belgio, ma al maschile avrò più uomini a disposizione. Anche perché rientrerà gente dalla trasferta di Coppa del Mondo di mtb. Quello di Asiago – percorso che voglio comunque rivedere – è molto diverso dal percorso belga, più impegnativo sia tecnicamente che altimetricamente e dove la capacità di guida avrà un peso molto superiore. Per questo penso che ci sarà maggiore equiparazione fra specialisti della strada e della mountain bike.

Saranno molti i reduci dal mondiale su strada di Zurigo della scorsa settimana, pensi che la fatica di allora influirà?

No, ormai a questo punto della stagione influiscono più altri fattori, prima di tutto quello mentale e della volontà di emergere. Non sono, quelle di gravel, gare di attesa, si va subito a tutta e come abbiamo visto anche su strada ormai ci si sta avvicinando sempre più a questo principio che fino a pochi anni fa era patrimonio di specialità dallo sviluppo temporale più breve come il ciclocross.

La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
La polacca Niewiadoma difende il suo titolo, ma percorso e condizione non sembrano dalla sua parte
Ti sei fatto un’idea su chi saranno i favoriti?

Sabato fra le donne sarà quasi una rivincita di Zurigo considerando che mancheranno solo Vollering e Longo Borghini, ma ci saranno Kopecki, Wiebes, l’olimpionica di mtb Ferrand Prevot, la Niewiadoma che comunque su questo tracciato gravel non vedo favorita e direi di tenere sotto controllo l’australiana Cromwell. In campo maschile ci sono Van der Poel, il campione uscente Mohoric, Merlier, ma sono in tanti a poter dire la loro. Io spero che fra questi ci saremo anche noi, abbiamo squadre e nomi in grado di far bene su questo tracciato.

Il gravel secondo Marengo e un messaggio per Pontoni

14.09.2024
4 min
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L’intervista a Mattia de Marchi e un commento sotto ad un nostro post sui social hanno aperto lo scrigno del gravel. Una disciplina che è nata per vivere la bicicletta in maniera diversa, all’avventura e che il ciclismo ha fagocitato rendendola, nei suoi appuntamenti iridati, una branchia del professionismo. Tra coloro che si sono “convertiti” al gravel c’è anche Umberto Marengo. Terminata la carriera da pro’ nel 2022 ha iniziato una nuova vita, fatta di un lavoro normale e di gravel.

«Prima – ci spiega nella sua pausa pranzo – c’è stato il capitolo della mountain bike, nel 2023. Mi è servito come anno di transizione, nel quale ho imparato a muovermi nel fuoristrada. Il gravel è quel mix divertente fatto di passione e uno spirito di avventura e condivisione. Ne parlavo con l’organizzatore della Monsterrato (da quest’anno rinominata Monsterrando, ndr), l’evoluzione dell’agonismo nel gravel è incredibile. C’è l’aria competitiva, ma lo spirito rimane sereno e tranquillo. Al centro rimane la passione per la bici, lontano dalla strada e dai suoi tanti stress».

La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
Come ti sei appassionato a questa disciplina?

E’ successo l’ultimo anno da professionista, nel 2022, quando ho corso la Serenissima Gravel. Mi sono presentato al via senza sapere cosa fosse e alla fine ho fatto anche bene, sono arrivato ottavo o nono. Ricordo di essermi divertito parecchio e nel farlo avevo scoperto una nuova disciplina. Nel 2023, una volta chiusa la Androni, ho corso in mtb ma il pallino del gravel mi era rimasto. 

Ci sei arrivato quest’anno…

Grazie al posto in cui lavoro da novembre, un negozio di bici. Hanno una squadra, si chiama MenteCorpo, mi hanno proposto un calendario gravel e ho detto subito di sì. E’ stato un cambio di mentalità, quando esco su sterrati la mente si libera, stai nel tuo mondo e ti diverti. Chiaro che ci sono passaggi tecnici e difficili, ma è un confronto che riguarda se stessi e le proprie abilità. In strada c’è l’automobilista che ti chiude oppure il traffico, insomma si è più nervosi. Nel gravel non litighi con nessuno (ride, ndr) al massimo con te stesso se cadi.

Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Come riesci a far quadrare lavoro e preparazione?

Lavorando a tempo pieno, le ore per uscire in bici sono limitate, ma riesco a fare tutto. Il più delle volte pedalo in pausa pranzo o nel fine settimana se non corro. 

I risultati sono arrivati, tra cui il quinto posto ai campionati italiani e il settimo alla Monsterrando.

Mi ero posto l’obiettivo di andare forte, o comunque al massimo delle mie possibilità. Sto andando bene e il sogno sarebbe quello di partecipare al mondiale o all’europeo. I punti per qualificarmi alla prova iridata sono arrivati, quindi il sogno continua. Sarebbe bello anche per com’è andata la mia carriera su strada, sarebbe una soddisfazione a livello morale. 

Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Con questa professionalizzazione del gravel lo vedi ancora un obiettivo possibile?

Diciamo che le dinamiche di convocazione mi mettono un po’ con i piedi per terra, tanto che con il cittì Pontoni non ci ho mai parlato direttamente. Le priorità vanno verso altri corridori, quindi viene difficile convocare Marengo. Sarebbe bello però avere, al mondiale o all’europeo, qualche corridore in più che fa parte di questo mondo. 

Invece arrivano i professionisti. 

La nazionale è fatta da chi fa risultato. Chi fa il corridore di professione ha un’altra gamba rispetto a me che lavoro otto ore al giorno e vado in bici quando riesco. Però credo di aver dimostrato che vado forte. Non sono contrario ai professionisti nel gravel, ma penso che debba essere un’esperienza per entrambi. Il ciclista prova qualcosa di nuovo, mentre chi corre già nel gravel ha la possibilità di fare una gara accanto a dei campioni. 

Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Più spazio a chi vive questa disciplina tutto l’anno?

Sarebbe bello, ma questa cosa deve partire da chi fa le convocazioni. Pensate di avere in nazionale due professionisti e per il resto chi fa gravel tutto l’anno ad alti livelli. Una nazionale mista permette a tutti di fare un’esperienza bellissima a mio modo di vedere. Ma serve tutelare chi fa gravel come prima disciplina.