E’ recente la notizia che l’europeo gravel 2024 si terrà ad Asiago il prossimo 13 ottobre. Una data che ha sollevato più di qualche perplessità da parte di chi il gravel lo pratica tutto l’anno, com’è il caso di Mattia De Marchi, tra i più forti italiani della disciplina (in apertura al mondiale 2023). Lo abbiamo raggiunto al telefono mentre è impegnato al Giro del Friuli, per farci raccontare la sua opinione a riguardo (e il problema, abbiamo scoperto, non è solo questione di date).
Mattia, come vedi questo prossimo europeo gravel?
Non benissimo sinceramente. La prima cosa è la data scelta, il 13 ottobre. Sembra sia stata decisa pensando solo agli stradisti e non a chi fa gravel tutto l’anno.
Perché?
Perché proprio quel giorno c’è una gara molto importante in Spagna (la finale del circuito Gravel Earth Series, ndr), alla quale, se vogliamo correre l’europeo, dovremo rinunciare. Difficile non pensare che quella data sia stata presa perché il giorno prima si corre il Giro di Lombardia, cercando così di attirare i professionisti. Allora, mi dico: se la principale preoccupazione è quella, che facciano direttamente una gara gravel solo per i professionisti su strada. Con la possibilità che poi alla fine non vengano, ovviamente. Questo mi ha dato fastidio perché mi è sembrata una mancanza di rispetto, non ci voleva tanto a controllare il calendario. Devo dire poi che una recente intervista di Pippo Pozzato (che svolge funzione di supporto agli organizzatori di Flanders Classics, ndr) non mi è piaciuta granché, perché nomina solo i pro’. Quindi ecco, come praticante del gravel tutto l’anno mi sento un po’ preso in giro.
Per quanto riguarda il percorso invece, come lo vedi?
Il percorso lo conosco bene, ma è il più facile che si potesse fare. Dicono che il 70 per cento è sterrato, ma per mia esperienza diretta so invece che tante di quelle strade sono asfaltate. L’altopiano di Asiago lo conosco benissimo e c’erano molte altre alternative. L’obiettivo secondo me doveva essere spingere il posto nella sua interezza e credo che in questo senso si sia persa un’occasione. Voglio dire: si correrà su un anello che solitamente fanno fare alle famiglie con le e-bike. Mi auguro che questo evento faccia comunque conoscere il territorio, credo solo ci fosse un modo migliore per farlo conoscere, tutto qua.
Tu comunque parteciparei, giusto?
No, non andrò. Mi pesa moltissimo dire di no alla maglia azzurra, ma avevo questa gara in Spagna programmata da mesi e alla fine ho deciso di andare.
Una scelta non facile…
Cioè?
Cioe se noi decidiamo di non correre più agli eventi perché non ci sentiamo un minimo tutelati, e di non parlare più del gravel ogni giorno come facciamo da anni, anche chi organizza rimane fregato. Noi siamo nel nostro piccolo delle persone influenti che il gravel lo fanno tutto l’anno e in qualche modo tengono su la baracca. Finché c’è questo genere di approccio è difficile che riusciamo ad attirare corridori di livello. Noi siamo obbligati ad andare in America e loro, se le cose restano così, non verranno mai di qua. Dopo aver visto il percorso del primo mondiale gravel, gli americani non volevano venire al secondo, per dire. Hanno chiesto a me e io gli ho detto che invece valeva la pena. Ma capite bene che, di nuovo, se le cose si fanno così c’è il forte rischio di bruciarsi un sacco di opportunità.
Ti senti di dare qualche consiglio, magari per i prossimi anni?
Io, come avevo scritto all’UEC, sono a disposizione per dare consigli. Non saprei come organizzare un evento, ma sono nel giro da anni e quel mondo credo di conoscerlo. Spero che Flanders Classic veda potenzialità nelle nostre zone per fare qualcosa di davvero interessante qui, che investano nei nostri territori. Io, ripeto, sono e resto a disposizione.