Vito Di Tano, uno scrigno di aneddoti ed emozioni

05.02.2025
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Grande. Nell’accezione più totale e completa che questa parola può assumere. E’ la prima che viene in mente nel parlare di Vito Di Tano, nel raccontare la sua figura nel giorno della sua scomparsa, dopo che una terribile quanto veloce malattia se lo è portato via a 70 anni. Grande intanto nella sua figura fisica, quasi imponente ed era così quando correva, che quasi ti chiedevi se nell’affrontare il ciclocross non potesse essere un handicap. E infatti su certi percorsi lo era. Grande nel suo curriculum di ciclocrossista, illuminato da ben due titoli mondiali a distanza di 7 anni l’uno dall’altro, con l’aggiunta di 6 maglie tricolori. Grande anche per la sua statura morale, che lo ha accompagnato per tutta la sua vita e che contraddistingue i ricordi di ogni persona che lo ha conosciuto.

Vito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionista
Vito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionista

Con Pontoni, suo erede in tutto

Daniele Pontoni ha condiviso con lui moltissime esperienze, da corridore prima, da dirigente poi fino a confrontarsi con lui in veste di commissario tecnico, carica che Vito aveva rivestito anni prima di lui, con il pugliese di Fasano che da parte sua è stato per anni diesse della Guerciotti.

«Ma prima di questo io ricordo le nostre esperienze in nazionale. Con lui ho vissuto esperienze mondiali bellissime da corridore, lui era cittì azzurro quando conquistai il bronzo a Corva da dilettante nel 1993, il suo primo anno nella carica e soprattutto quando vinsi nel ’97 a Monaco di Baviera. Eppure il ricordo che mi viene subito in mente è legato a una gara lussemburghese a Petange, il GP du Nouvel An. Due giorni prima pensavo di essermi rotto una gamba, invece era stata solo una grande botta, ma lui insistette per farmi correre, mi mise letteralmente in bici. In gara ricordo un cambio bici, su questo terreno tutto bianco, con lui che mi incitava “Vai Daniele, battili tutti”. E così fu».

Da sinistra Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni, Alessandro Guerciotti
Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni

L’ultima volta che si sono visti è stato all’ultima edizione del Guerciotti, nella serata del 60° anno che vedeva presenti tanti campioni del mondo passati per le mani del team, lombardo. «Abbiamo ricordato tanti episodi, si vedeva già che il male lo stata logorando. Da lui ho imparato tanto, come corridore e anche come cittì, come vivere l’ambiente della nazionale. Diciamo che per me è stato l’anello di congiunzione tra corridore e dirigente».

Arzuffi e una giornata speciale

E’ difficile per Alice Maria Arzuffi (con lui nella foto di apertura) trattenere le lacrime, trasparse anche virtualmente attraverso un sentito post su Instagram. «Vito l’ho conosciuto approdando alla Guerciotti, da 2° anno junior – racconta dagli Emirati Arabi, in procinto di prendere parte all’Uae Tour – In quei 6 anni insieme sono cresciuta, non solo come ciclista e il nostro legame è sempre rimasto saldo. Tanto che quando avevo un problema, un dubbio, mi sono sempre confrontata con lui che aveva ogni volta una parola di aiuto per capire. Mi ha insegnato a vivere badando alle cose semplici, mantenendosi umile, lui che era un campione del mondo.

«Quando arrivai ero la più piccola e io lo vedevo quasi come un nonno – ricorda – lui da parte sua mi coccolava e mi insegnava tutto quel che serviva in questo mondo. Ricordo in particolare nel 2022 come, durante un pranzo con la mia famiglia, lo abbia incontrato per caso a Gallipoli. Da lì decidemmo di passare la giornata insieme e ci portò ad Alberobello, facendoci vedere il trullo dov’era nato. Una giornata che esprimeva la semplicità di cui dicevo prima».

Insieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuore
Insieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuore

Imparare dai propri errori

«A me ha preso sotto la sua ala a 17 anni – la parola passa a Gioele Bertolini – e sotto di lui mi sono evoluto come corridore. Ho sempre apprezzato la sua fierezza di come interpretava il suo ruolo di direttore sportivo. Nell’ambiente era circondato da rispetto e simpatia, credo nessuno l’abbia mai visto litigare, affrontava tutto con calma, senza per questo non essere fermo nelle sue intenzioni, nei suoi insegnamenti e questo vale molto come insegnamento.

«Una cosa che mi resta in mente era il suo modo di confrontarsi con i giovani. Lui lasciava mano libera, voleva che imparassimo dai nostri errori e questo è un aspetto fondamentale nell’evoluzione di un corridore. Poi con calma ci si confrontava e capivo dove avevo sbagliato. Miglior modo d’insegnare non c’è».

L’ultima volta che lo aveva sentito era stata dopo la conquista del suo ennesimo titolo italiano: «Durante tutta la telefonata c’era questo sottofondo di non detto: sapevamo entrambi che non ci saremmo più sentiti e questo mi fa particolarmente male, ora a ripensarci».

Insieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestro
Insieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestro

Il risultato non è tutto

Un po’ gli stessi pensieri attraversano la mente di Jakob Dorigoni, grande rivale di Bertolini e suo pupillo negli anni alla Guerciotti. L’altoatesino sente profondamente il dolore della sua scomparsa e si limita a poche parole: «Vito era più come il papa nella famiglia Guerciotti, quando c’era un problema si andava da lui. Quel che contava era l’impegno delle persone e per questo mi stimava molto. E proprio questo apprezzavo di Vito. Il risultato non era la priorità più grande. Naturalmente erano tutti contenti se si vinceva e si festeggiava perché era una vera famiglia. Penso che anche per questo con lui ho ottenuto molte vittorie. Riusciva a toglierci la pressione e così noi corridori potevamo concentrarci al meglio sui nostri doveri».

Con Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocross
Con Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocross

Realini e quella telefonata…

Chi gli deve molto è anche Gaia Realini: «E’ lui che mi ha svezzata, ciclisticamente parlando. Io venivo da un team piccolo, non pensavo neanche di arrivare al team principale in Italia nel ciclocross. Lui mi ha fatto fare il salto di qualità, facendomi crescere attraverso le gare più importanti. Ma quel legame andava al di là, perché Vito era un esempio, ci si poteva parlare di tutto. Mi ha fatto crescere anche come carattere, al di fuori del mondo ciclistico».

Il confronto non è mancato anche dopo che Gaia ha deciso di dedicarsi totalmente alla strada: «Anzi, abbiamo continuato a sentirci e anch’io quando avevo un momento difficile lo chiamavo, ai ritiri del team o anche dopo una gara. Ad esempio, sentendo le critiche per il mio modo di andare in discesa, mi sono confrontata con lui, mi spiegava che cosa fare e ricordo che dopo una tappa al Giro dove avevo ottenuto un risultato importante mi ha chiamato e senza neanche salutarmi mi ha detto “allora, lo vedi che sai andare in discesa…”».

Di Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccolo
Di Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccolo

Per Guerciotti un uomo di famiglia

L’ultima parola spetta ad Alessandro Guerciotti. Con Di Tano se ne va un pezzo importante della sua vita: «Per me era parte della famiglia, l’ho conosciuto che ero un bambino piccolo e tutta la mia vita lo ha visto presente, fino a quando abbiamo condiviso la responsabilità del team nelle nostre rispettive vesti. Ero stato da lui una settimana prima del mondiale, sapevo che non ci saremmo più rivisti e anche lui sapeva che si stava spegnendo, ma dovevo salutarlo.

«C’è un lato che tutti, indistintamente, mettono in evidenza parlandone ed è la sua grande bontà d’animo. Una persona seria, disponibile con tutti, che ci metteva il cuore e sul quale potevi davvero contare. Soprattutto capace nel lavorare con i giovani e non è un caso se tanti talenti sono sbocciati sotto le sue grandi e sapienti mani».

Grande. Torna questa parola, che tutti hanno espresso. Legata al suo carattere, alla sua persona. Una parola forse spesso abusata. Sicuramente non nel suo caso.

Van der Poel fa sette, Agostinacchio ci regala un’impresa

02.02.2025
6 min
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Finisce che nel giorno in cui tutti attendevano Van der Poel e Van Aert, il ricordo più bello dei mondiali di Leivin ha lo sguardo allegro, commosso e anche divertito di Mattia Agostinacchio, campione del mondo juniores di ciclocross, già campione d’Europa. E se la gara dei grandi ha confermato un copione così prevedibile da non essere particolarmente emozionante (per i non olandesi e i non tifosi di Van der Poel), la rincorsa dell’azzurro al titolo mondiale è stata rocambolesca come si addice a un’impresa.

«Sono partito anche bene – dice Agostinacchio sorridendo – direi in seconda posizione. Poi però me ne sono successe di tutti i colori, pur consapevole, avendo visto il percorso, che non si dovesse commettere il minimo errore. Ho rotto una scarpa. Mi si è abbassata la punta della sella. Ho bucato due volte. Però non ho mai mollato. E quando ho visto che all’inizio dell’ultimo giro avevo 10-15 secondi dal francese, mi sono detto: adesso o mai più».

Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima
Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima

Le parole di Pontoni

Questa è la storia di un giorno che Agostinacchio farà fatica a dimenticare, venuto dopo la delusione per la Coppa del mondo sfumata in extremis. Ma Pontoni ci aveva visto lungo, prevedendo che quella rabbia sarebbe stata benzina sul fuoco per il giorno di Lievin.

«Con Daniele ho un buonissimo rapporto – va avanti Agostinacchio – ed è capitato più di una volta che mi abbia ricordato i miei valori, anche quando ero io il primo a dimenticarli. Ero molto dispiaciuto per la Coppa, ma dentro di me sapevo che la forma continuasse a essere buona. C’è voluto un giorno per mandare via la delusione, poi ho spazzato via tutto e ho messo la testa sul mondiale».

Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni
Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni

L’ultimo giro a tutta

Peccato per la brutta sorpresa quando, arrivato in questo spicchio di Francia al confine con il Belgio, si è reso conto che il percorso disegnato dai francesi non gli piacesse neanche un po’ e ancor meno gli andava a genio il fango.

«I primi giri che vi abbiamo fatto sopra – sorride Agostinacchio – non mi hanno dato sensazioni buonissime, perché il fango non mi piace proprio. Però era quello e lo abbiamo affrontato, con le scelte tecniche che avevamo deciso alla vigilia e senza cambiare nulla per il giorno di gara. Se cambi proprio il giorno del mondiale, rischi di combinare dei disastri. Quando siamo arrivati all’ultimo giro e ho deciso di attaccare il francese, non mi sono messo a pensare a un punto in particolare. Si doveva fare la differenza su ogni metro. Per cui, quando l’ho preso e poi l’ho staccato, non mi sono più voltato sino alla fine. I francesi mi sono simpatici, anche quelli con cui mi trovo a lottare. In realtà credo di avere buoni rapporti con tutti…».

Oltre la sofferenza

E’ stata la gara più combattuta, ben più di quella degli elite. Il cittì Pontoni è d’accordo e tira le somme, dicendosi soddisfatto e fregandosi le mani per il domani che ci attende e anche per il dopodomani. Gli accenniamo le parole di Mattia sul suo ruolo di fine psicologo.

«A volte Mattia – dice Pontoni – ha bisogno di supporto psicologico più che del resto. Ha gambe e tecnica da vendere. Solo che come i grandi campioni, si spaventa e ha paura di essere giudicato dall’esterno. Va stimolato, anche se oggi c’erano poche cose che potevi dirgli. Sapevo che dovevamo crederci fino in fondo, perché aveva fatto la stessa rimonta a Zonhoven. Non ha ancora 18 anni, ma ha una qualità rara. Quando arriva al limite, riesce a varcarlo per i secondi necessari a fare la differenza. Oggi all’inizio dell’ultimo giro ha visto il fondo del barile, era ormai al buio, ma è riuscito ad andare oltre, aprendosi un portone. Oltre a lui, sono andati bene tutti gli altri. Grigolini, ma anche Pezzo Rosola che senza la caduta sarebbe finito nei cinque, al pari di Giorgia Pellizotti che era da medaglia. Grande gara anche di Viezzi, che al primo anno mi ha davvero colpito e bellissimo il Team Relay, specialità che mi piace tantissimo. Riparto soddisfatto, grato al mio staff, al team performance e alla presenza del presidente Dagnoni e di Roberto Amadio. Ci ha fatto piacere averli con noi e sono stati uno stimolo ulteriore».

Le chiavi del successo

Quando ha tagliato la linea di arrivo e anche ora che ci stiamo parlando, la sensazione è che Mattia Agostinacchio, 17 enne di Aosta, non si sia reso conto di cosa abbia combinato. Pur avendo vinto già il campionato europeo e avendo quasi portato a casa la Coppa del mondo, il mondiale è un obiettivo così alto da far tremare le gambe.

«Se tre mesi fa mi avessero detto dove sarei arrivato – ammette con un sorriso – non ci avrei creduto. Penso che la chiave di volta siano stati la maturazione atletica e gli allenamenti, ma da qui a pensare che avrei vinto il mondiale, il passo è lungo. Per questo faccio fatica a dire a cosa pensassi tagliando il traguardo e nemmeno mi ricordo chi sia stata la prima persona che ho visto. C’era tutto lo staff. Poi ricordo di aver salutato mio padre, che era qui a Lievin, ho chiamato mia madre e mio fratello che non sono potuti venire. Ho chiamato il mio procuratore. Sul podio ero emozionato, ma c’è una foto con la mano sugli occhi in cui stavo ridendo, non piangevo. Adesso però si torna a casa. Domani lo passo tutto nel letto a dormire. Poi mi riposo e solo poi penserò alla stagione su strada con la Trevigliese. Una cosa per volta, però. Oggi ho vinto il mondiale di ciclocross».

Partono i mondiali e Pontoni vuole fare il colpaccio

31.01.2025
5 min
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Iniziano i mondiali, tre giorni di gare a Lievin (FRA) che saranno la summa di una lunga stagione del ciclocross, iniziata a settembre e che in chiave italiana ha già detto molto. La nazionale azzurra si presenta in Francia con molte ambizioni, soprattutto legate alle categorie giovanili e questo è un trend che dura da tempo, in attesa che anche a livello elite (almeno al maschile) si possa recitare una parte importante.

Stefano Viezzi, iridato in carica juniores, cerca il podio al suo esordio nella categoria maggiore
Stefano Viezzi, iridato in carica juniores, cerca il compaccio al suo esordio nella categoria maggiore

Daniele Pontoni è pronto per la nuova avventura, anzi dalle sue parole si sente come ci sia la fremente attesa di cominciare e vedere se le premesse verranno confermate e si potrà aggiungere metallo prezioso al carniere. La spedizione azzurra è composta da 14 elementi, con una presenza in ogni categoria e questo è già un successo.

«I numeri sono quelli ormai soliti – dice il tecnico friulano – sin dalla mia prima edizione abbiamo sempre viaggiato fra i 13 e i 15 elementi, siamo nella media. Abbiamo scelto tutti coloro che lo hanno meritato, ma un accento lo porrei sulla presenza di Eva Lechner: è un tributo alla sua eccezionale carriera, a quel che ha fatto nel mondo dell’off-road, meritava di avere una vetrina simile per salutarla convenientemente, soprattutto ora che è attesa a gravosi compiti dirigenziali nell’Uci».

Per Eva Lechner l’ultima chiamata in nazionale, tributo a una grande carriera con l’argento iridato 2014
Per Eva Lechner l’ultima chiamata in nazionale, tributo a una grande carriera con l’argento iridato 2014
Che percorsi troveranno?

Non è un tracciato piatto, questo è sicuro e la sua interpretazione varia notevolmente in base al meteo, tanto è vero che da una settimana sono appiccicato alle previsioni per capire. C’è un dislivello di 170 metri che non è poco, anche se non c’è una vera e propria salita che fa la differenza, ma è tutto un saliscendi. E’ il tipico percorso francese, quindi con curve larghe e non molto angolate, dove è importante saper rilanciare subito e forte. Un percorso più fisico rispetto a quello degli europei, più impegnativo dove il clima può davvero cambiare tutto.

Hai una preferenza?

I ragazzi sono pronti per affrontare ogni tipo di situazione, percorso e meteo fanno parte del gioco. Siamo arrivati all’appuntamento dei mondiali carichi, con la consapevolezza che non si poteva fare di più. La preparazione, anche grazie al Gruppo Performance, è stata la migliore possibile e i risultati delle ultime prove di Coppa del Mondo sono molto confortanti.

Per Mattia Agostinacchio la delusione di Coppa deve trasformarsi in carica per i mondiali
Per Mattia Agostinacchio la delusione di Coppa deve trasformarsi in carica per i mondiali
Abbiamo una categoria, quella junior maschile, nella quale ci presentiamo con il campione europeo in carica e due atleti saliti sul podio di Coppa o finiti vicino. Quella quindi cui si guarda con maggiore interesse…

E’ stato importante ottenere quei risultati per salire nel ranking e partire più avanti possibile, anche se il percorso dei mondiali di Lievin ha una lunga salita iniziale nella quale anche chi è in seconda o terza fila ha tempo per guadagnare posizioni e ai ragazzi mi sono raccomandato su questo. Agostinacchio parte fra i favoriti, ma anche Pezzo Rosola e Grigolini hanno le loro chance, l’importante è cercare la corsia giusta in avvio ed entrare subito nel vivo della lotta. E’ una gara dove ci saranno tanti atleti che per valore così vicino potranno ambire al podio e i nostri ci sono. Confido molto nella voglia di riscatto di Grigolini, che a Benidorm è stato anche in testa alla gara, e nelle doti di recupero di Pezzo Rosola.

Il podio U23 di Hoogerheide con Del Grosso circondato da Sparfel e Viezzi, rivali anche a Lievin
Il podio U23 di Hoogerheide con Del Grosso circondato da Sparfel e Viezzi, rivali anche a Lievin
Per Mattia Agostinacchio aver perso la Coppa all’ultima gara può aver inciso sul morale?

E’ chiaro che a ogni gara vorresti il massimo, ma ci sono anche le giornate no. Quella di Mattia domenica a Hoogerheide è stata la peggiore in assoluto degli ultimi 3 anni: la classica gara dove tutto gira storto, ma finire secondo in classifica ha pur sempre un valore. Poi uno vuole sempre la parte della torta più grande, ma deve tradurre tutto ciò in voglia di rivalsa.

Al suo primo anno da under 23 Viezzi è già tra i favoriti, ti aspettavi questa crescita?

Sì, perché lo conosco, so quel che vale e poi è proprio la sua generazione che ha un passo in più. Domenica dietro Del Grosso c’erano lui e Sparfel, il suo rivale del mondiale juniores dello scorso anno. Stefano quando sente odore di grande appuntamento si trasforma e so che darà tutto per una medaglia, io dico che ne ha tutte le possibilità. Ma ci giochiamo carte importanti anche con la Pellizotti fra le juniores, dopo una stagione dove i risultati pur buoni non hanno reso giustizia al suo livello e la Casasola fra le elite, unica vera alternativa insieme all’ungherese Vas alle olandesi.

Sara Casasola a Namur. L’azzurra della Crelan Corendon punta al podio contro l’armata olandese
Sara Casasola a Namur. L’azzurra della Crelan Corendon punta al podio contro l’armata landese
Poi c’è la staffetta, tuo vecchio pallino…

E’ lo specchio del valore di un movimento, i ragazzi sanno che per me la prova inaugurale ha un significato speciale. Anche le altre nazioni, quelle che prima la sottovalutavano, ora ci tengono e lo si vede dagli schieramenti. La Francia è la favorita, noi però siamo lì per una medaglia e magari bissare l’oro europeo. L’importante è partire consapevoli di quanto è stato fatto. Abbiamo lavorato a lungo per stabilire la giusta strategia e quindi l’ordine di partenza delle frazioni, se i calcoli sono stati giusti…

Raduni, per Bielli la via maestra per far crescere i giovani

10.01.2025
5 min
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Passano le ore ma ancora si parla del grande successo riscosso dai campionati italiani giovanili di Follonica. Un successo numerico ma anche prestazionale che non coglie impreparati, considerando i prodromi stagionali ma soprattutto il lavoro che c’è dietro e che c’è stato in questi tre anni (il più breve quadriennio olimpico della storia…) da parte dello staff tecnico di Daniele Pontoni. Il cittì era stato chiaro sin dall’inizio, proponendo l’esigenza di coinvolgere il più possibile le generazioni più giovani, quelle di esordienti e allievi, già nell’attività della categoria superiore, attraverso raduni mirati.

Lo staff azzurro che segue lo sviluppo dei ragazzi, Bielli è il primo in basso a destra
Lo staff azzurro che segue lo sviluppo dei ragazzi, Bielli è il primo in basso a destra

Quasi 300 convocati

E’ tempo di fare un po’ il bilancio di questo lavoro in profondità e Luigi Bielli, braccio destro di Pontoni, lo fa dati alla mano: «Da fine 2022 abbiamo avuto nei nostri raduni quasi 300 presenze, mischiando juniores a ragazzini di età minore e attraverso questo mix sono cresciuti campioni mondiali come Viezzi ed europei come Agostinacchio, ragazze affermate come Bramati e Pellizotti, insomma tutto quel che di buono ha prodotto il settore giovanile del ciclocross italiano in questo triennio diventando un riferimento nel mondo. E’ la dimostrazione che la scelta di Daniele era quella giusta, che la strada è stata tracciata e va seguita ».

Nei raduni i giovanissimi si trovano a confrontarsi con gli juniores. Esperienze fondamentali
Nei raduni i giovanissimi si trovano a confrontarsi con gli juniores. Esperienze fondamentali
Come si è arrivati a questa scelta?

Va subito detto che non è tutto merito solo nostro né che tutto deriva dai raduni. Andiamo con ordine. Fondamentale è stato intanto l’apporto del Gruppo Performance, che ci ha permesso di tracciare un profilo molto dettagliato di ogni ragazzo/a passato attraverso i nostri incontri. Verificando i risultati dei test, abbiamo potuto stabilire per ognuno la linea giusta da seguire consigliando – e ci tengo a sottolineare questo verbo – a società, ragazzi, famiglie non solo quel che sarebbe stato utile come allenamento, ma anche tutto quel che lo circonda, dall’alimentazione alle accortezze da avere prima e dopo l’allenamento. E’ un lavoro globale, al quale hanno contribuito in tanti.

Il progresso è stato solo qualitativo o anche dal punto di vista dei numeri?

Lo stato di salute del ciclocross, come numero di praticanti fra i giovani, è sempre stato florido, lo era anche prima che inaugurassimo questo ciclo di lavoro. C’è sempre un grandissimo interesse e questo avviene dappertutto. Mi capitava spesso nei miei giri di sentire ragazzi che praticavano strada, pista, mtb che non vedevano l’ora che arrivasse l’inverno per poter iniziare l’attività. Senza alcuna paura delle intemperie, del clima e questo è sintomo di crescita del movimento. Per molti giovani è innanzitutto una sfida dal sapore di gioco, sanno che non arriveranno ai vertici ma quest’attività ha comunque una grande utilità per la loro maturazione.

I ragazzi vengono sottoposti a test dal Gruppo Performance. I dati servono per indirizzare la loro attività
I ragazzi vengono sottoposti a test dal Gruppo Performance. I dati servono per indirizzare la loro attività
Questo fermento è localizzato solo al Nord?

Il settentrione rimane un po’ l’epicentro dell’attività, soprattutto dalla Lombardia verso est, ma devo dire che ormai è palpabile il fermento che si vive al Sud, soprattutto in Puglia e Calabria dove ho visto manifestazioni molto qualificate e soprattutto frequentate dai più giovani. Non è un caso se anche dal sud ora emergono ragazzi molto forti che si stanno mettendo in luce, è una bella realtà che sta arricchendo la proposta generale del movimento e questo lo vediamo anche attraverso la partecipazione sempre più espansa non solo ai tricolori, ma anche alle tappe della Coppa Italia.

Nelle categorie minori state trovando talenti in grado di proseguire la scia tracciata da Viezzi e Agostinacchio?

Sicuramente, io credo anzi che a livello medio ci sia una crescita, una proliferazione di ciclocrossisti che potranno ottenere quantomeno risultati simili. Penso ai fratelli Cingolani che abbiamo visto protagonisti anche a Follonica, a Luca Ferro sul quale riponiamo molte speranze e non vediamo l’ora che approdi fra gli juniores, ma anche allo stesso Francesco Dell’Olio che viene proprio dal sud e che è venuto fuori con forza da un bruttissimo incidente, oppure a livello femminile le sorelle Righetto, uscite con un doppio titolo a Follonica ma che già prima avevano conquistato allori tricolori. Tutti giovani che tra l’altro vanno bene nel ciclocross ma anche su strada o mtb ottengono risultati all’altezza, quindi sono tutti prospetti da seguire con attenzione.

Molti hanno sottolineato quanto siano stati utili i raduni insieme ad atleti più grandi, assaggiando soprattutto la vita in nazionale…

E’ il segno che la scelta è quella giusta e che affiancare i giovanissimi agli juniores è un processo che porta risultati. Io sono sicuro che ce li ritroveremo anche negli anni futuri e sarà un risultato importante perché avremo provenienze le più geograficamente diverse. Io penso che sia un segno di rinascita non solo del ciclocross, ma del ciclismo italiano tutto…

Follonica, festa tricolore del cross al sapore di futuro

06.01.2025
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FOLLONICA – Vedere aggredire, una dopo l’altra, le dure rampe di fango dai giovani atleti e atlete che hanno partecipato ai Campionati Italiani Giovanili di Ciclocross di Follonica è stato un piacere per gli occhi. La loro fame, la loro voglia di dare il tutto per tutto al di là della posizione di gara è il ricordo più vivido che ci portiamo dietro. 

Impeccabilmente organizzata dall’Asd Romano Scotti, la manifestazione ha richiamato nell’Arena Centrale (ex ippodromo) di Follonica oltre 500 ragazzi delle categorie esordienti ed allievi, provenienti da tutta la Penisola. Basti pensare che l’organizzatore, Fausto Scotti, ha voluto che a delimitare gran parte dei 2.700 metri del circuito ci fossero le reti rosse come nelle prove di Coppa del mondo. Il fatto poi che dalla parte collinare dell’anfiteatro fosse possibile ammirare la totalità del percorso (una rarità) ha aggiunto spettacolo allo spettacolo.

«Vedere questi giovani correre è un grandissimo piacere – spiega Scotti – sono sei anni che veniamo su questo tracciato quindi lo conoscono un po’ tutti. Quest’anno abbiamo voluto colorarlo un po’. E poi abbiamo avuto autorità importanti come il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e il presidente federale Dagnoni».

Di madre in figlia

In questa cornice anche i genitori si sono sentiti maggiormente coinvolti, tanto che alcuni hanno rincorso ed incitato i propri figli spendendo forse più energie di questi ultimi. Come è normale che sia in un campionato italiano. «Prendi il gel!». «Scendi e sali a spinta!». «Fai una linea più larga in curva». Sono alcuni dei consigli che sono andati per la maggiore, fino al quasi commovente «Dai che è finita!» di una mamma super tifosa. Sua figlia tredicenne è stremata dall’acido lattico in cima ad una delle rampe finali dell’ultimo giro. Ci arriva piangendo, con la bici in spalla sfiorando le transenne e aiutandosi con un grido per superare l’ultimo metro.

E come non ricordare il baccano di campane e trombette o addirittura di un motore di motosega acceso a sgasare al passaggio dei propri beniamini? 

Il futuro del movimento

Sin dalla gremita riunione tecnica del sabato sera (che ha fatto seguito alle gare a staffetta del Team Relay) che si è svolta presso il Villaggio Mare Sì, i commenti dei direttori sportivi confermavano la durezza del percorso. Dopo le ricognizioni, invece, anche i ragazzi hanno ribadito la sua difficoltà. Con una parte più tecnica ed esigente, quella delle rampe naturali dell’arena, ed una in cui bisognava spingere di più, quella dei rettilinei nel tratto pianeggiante.

Sulle alture di Follonica gli spettatori erano chiamati dallo speaker gli “indiani”, per via delle loro silhouette che si stagliavano sul tracciato. Mischiato tra di essi abbiamo agganciato anche il tecnico della nazionale maggiore, Daniele Pontoni.

«Questi ragazzi delle giovanili – ci dice fra una prova e l’altra di Follonica – sono il futuro del movimento e qualcuno di loro li ritroveremo nelle nazionali maggiori. Molti li conosco, ma in questi giorni avrò modo di vederli più da vicino. Soprattutto per le categorie allievi c’è già da guardare e cominciare a programmare per le stagioni prossime».

Fra Borile e Careri

Le prove del mattino, quelle degli esordienti, si sono corse in una giornata quasi primaverile, ma il cielo di Follonica si è poi coperto portando per un breve momento anche una leggera pioggerellina fine che ha rappresentato un ostacolo in più per le categorie allievi. A proposito di ostacoli: l’organizzazione non ha previsto la presenza di quelli artificiali. Però la lunga scalinata posta nella seconda parte del circuito è stata per molti una rasoiata nelle gambe, dovendo ovviamente portare la bici in spalla.

Nel frattempo i ragazzi e le ragazze, sul fango e l’erba del circuito imbastito dall’Asd Romano Scotti, non si sono risparmiati. Va segnalata la battaglia curva su curva, rilancio su rilancio tra Alessio Borile e Michel Careri, con quest’ultimo a spuntarla nella categoria allievi 1° anno. Tra gli allievi 2° anno si è invece imposto il già campione europeo Tommaso Cingolani, davanti al fratello gemello Filippo. Nella categoria donne allieve di 1° anno ci ha colpito la vittoria di Matilde Carretta del Gs Mosole che ha preso subito il largo, particolarmente a suo agio sul percorso scivoloso, e ha condotto la gara in solitaria fino al traguardo. 

Per tutti gli otto vincitori che sono saliti sul podio ed hanno indossato la maglia verde bianca e rossa c’è stato l’onore dell’inno nazionale, un’emozione per molti inedita che ricorderanno a lungo.

La Coppa in Sardegna, per Pontoni è un ritorno al passato

02.12.2024
5 min
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Non è stata certo foriera di grandi soddisfazioni, la tappa di Dublino della Coppa del Mondo di ciclocross. Partita con una formazione ridotta a soli 3 elementi (quelli che avevano conquistato la medaglia agli europei), la nazionale italiana ha colto buoni piazzamenti ma nulla più con il cittì Pontoni che ha onestamente definito la prestazione generale «un po’ zoppicante, ma ne eravamo consapevoli. Filippo Agostinacchio era alla sua prima gara dopo la prova continentale, suo fratello Mattia aveva subìto uno stop nelle ultime due settimane ed era un po’ arrugginito, mentre mi è piaciuta la Pellizotti che era poco a suo agio sul percorso ma ha chiuso in crescendo».

Per il campione europeo Mattia Agostinacchio una trasferta complicata in Irlanda
Per il campione europeo Mattia Agostinacchio una trasferta complicata in Irlanda

Agostinacchio, mal di schiena e niente Sardegna

C’erano grandi aspettative sul campione europeo Mattia Agostinacchio, ma lo junior subito dopo la gara ammetteva le difficoltà: «Sono partito bene, affacciandomi anche in prima posizione ma poi ho sentito le gambe vuote ed è tornato il mal di schiena che mi aveva afflitto in settimana. Comincia a essere un problema, infatti domenica in Sardegna non ci sarò perché voglio affrontarlo e risolverlo prima possibile. Gli avversari non mi preoccupano più di tanto, lo stesso francese che ha vinto (Soren Bruyere Joumard, nella foto di apertura, ndr) , all’europeo aveva chiuso 17° e anche i belgi dietro di lui sono corridori con i quali posso giocarmela alla pari».

Nella sua disamina, Agostinacchio ha anche sottolineato le difficoltà della trasferta, logisticamente molto onerosa e lo stesso Pontoni aveva sottolineato questo aspetto alla vigilia, ma a parti invertite sarà lo stesso per chi ora dovrà spostarsi verso la Sardegna: «Sono trasferte onerose per i team che hanno un budget definito. Ho parlato con un po’ di responsabili in Irlanda e molti mi hanno detto che sono stati costretti a fare delle scelte: o lì o qui, d’altronde ci sono 2.500 chilometri di distanza, spostare il materiale sarebbe un costo esorbitante. Infatti in Irlanda non c’erano la Casasola, la Alvarado tanto per dire due nomi e so che anche in Sardegna soprattutto al femminile ci sarà qualche defezione».

Un percorso veloce e ordinario

Considerando la località di gara, c’era da aspettarsi un percorso molto vicino ai canoni del nord Europa, vicino alla spiaggia e quindi con molti passaggi su sabbia, ma dalle informazioni che il cittì ha non sarà così: «Non ho ancora visto il percorso di persona, mi baso sui link inviatimi dagli organizzatori. Presumo che sarà un percorso veloce, con ostacoli artificiali. So che hanno impedito il passaggio sulla sabbia di Sa Ruda, quindi ci sarà un breve passaggio su spiaggia e un paio di gobbe di terra e sabbia riportata che metteranno alla prova la guida dei corridori».

E’ una tipologia che si adatta ai corridori nostrani? «Diciamo che è nell’ordinario del nostro calendario, dove l’unica vera eccezione quest’anno è stata il weekend di Brugherio e Salvirola. Ormai la tipologia del nostro ciclocrossista medio è portata più verso i tracciati veloci piuttosto che fangosi. Poi molto influirà chi sarà della partita».

Vermiglio ha ospitato la Coppa fino al 2023. La rinuncia alla neve non aiuta la candidatura olimpica
Vermiglio ha ospitato la Coppa fino al 2023. La rinuncia alla neve non aiuta la candidatura olimpica

La mancanza di gare sulla neve

Fino allo scorso anno la tappa italiana era però quella di Vermiglio, si gareggiava sulla neve, ora c’è stato un ritorno al passato che sotto alcuni aspetti rappresenta anche un passo indietro che stride con le voci sempre più insistenti di un ingresso del ciclocross nel programma olimpico invernale a partire dal 2030: «Qui ci addentriamo in un discorso complesso, del quale non abbiamo neanche tutti gli elementi per giudicare. Alla base ci sono le scelte dell’Uci che redige il calendario in base principalmente alle richieste, tra l’altro c’è stato un cambio di società, le prove italiane hanno una genesi completamente diversa. Le gare sulla neve non sono semplici da allestire e anche in quel caso ci sono da preventivare forti spese, considerando anche le differenze tecniche con il resto del calendario. Almeno da questo punto di vista in Sardegna si rimane su canoni abbastanza comuni».

A Dublino eravamo completamente assenti nelle prove Elite, ma era una scelta da parte dei team abbastanza condivisibile: «Nel weekend c’era il GP Guerciotti che era di classe C1, quindi garantiva tanti punti, non avrebbe avuto senso investire ingenti cifre per spostarsi con un ritorno tecnico di gran lunga inferiore. A maggior ragione per la Fas Airport Services Guerciotti Premac che affrontava la sua gara di casa. Non c’è alcun casus belli».

Daniele Pontoni sempre molto acuto nel giudizio sulla gestione internazionale del ciclocross (foto Luca Giulietti)
Daniele Pontoni, cittì azzurro, sempre molto acuto nel giudizio sulla gestione internazionale del ciclocross

Un movimento depauperato

Parlando di elite però spicca il fatto che, a differenza delle categorie giovanili dove Pontoni spinge fortemente e in questo quadriennio ha comunque raccolto molti risultati, l’Italia (Casasola a parte) è ai margini del movimento, anche prescindendo dalle due nazioni guida Belgio e Olanda: «Parliamoci chiaro, come facciamo ad avere corridori di riferimento nella massima categoria se quando i nostri talenti ci arrivano, vengono tolti dal giro per dedicarli solo alla strada? Toneatti non c’è più, lo stesso dicasi per la Realini, la Persico, vedremo se si riuscirà a recuperare almeno parzialmente Corvi e Venturelli, come anche Masciarelli che ho visto riaffacciarsi. Questa è la realtà, c’è poco da fare. Io spero che le scelte di Casasola e Viezzi, in team che fanno doppia attività, possano portare altri a fare lo stesso. Ma senza un vero cambio di cultura non potremo fare molto».

Parte la Coppa del mondo, con una formula controversa

24.11.2024
5 min
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Con l’appuntamento odierno ad Anversa scatta la Coppa del mondo di ciclocross, profondamente diversa rispetto al passato e chi è addentro alla specialità se ne è già accorto, considerando che negli anni scorsi eravamo già molto avanti nel suo sviluppo considerando anche le prime prove oltre Atlantico. L’Uci ha cambiato tutto, cercando una formula che potesse attrarre e interessare anche tutti o parte dei “tre tenori”, negli ultimi anni disinteressati dall’evoluzione della challenge. Ora si va avanti fino al 26 gennaio attraverso 12 appuntamenti diversi (di cui uno in Italia, a Oristano l’8 dicembre), quindi con una grande concentrazione di eventi.

Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte
Pontoni davanti alla nazionale vincitrice dell’oro europeo nel team relay. Ora la stagione internazionale riparte

Si parte con gli elite

Quella di Anversa è una delle tappe riservata solo alle categorie Elite, mentre quelle giovanili saranno impegnate solo in metà delle prove in calendario, a cominciare da Dublino del primo dicembre e la nazionale sarà presente solamente in queste prove.

«A Dublino porterò una formazione molto ristretta – spiega il cittì Daniele Pontoni – comprendente solamente i tre medagliati di Pontevedra ossia i due Agostinacchio e la Pellizotti. Questo perché sappiamo che la logistica per Dublino è molto complicata sia per il viaggio che per l’alloggio lontano dal percorso. Le spese sono ingenti, è meglio investire sulle tappe successive».

Proprio in base al calendario di Coppa, Pontoni ha strutturato la preparazione della nazionale con un occhio sempre all’appuntamento principe, il mondiale: «Sarà importante il terzo weekend di dicembre, con Hulst (NED) al sabato e Zonhoven (BEL) alla domenica, poi il 29 saremo a Besancon (FRA), mentre il 19 gennaio saremo a Benidorm (ESP) dove fare anche il ritiro premondiale spostandoci direttamente da lì verso l’ultima tappa a Hoogerheide. Per quanto riguarda le categorie giovanili è bene considerare che la classifica si fa su 4 prove su 6, quindi valuterò anche la situazione di classifica per le mie convocazioni».

Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa
Da sinistra Orts, Nys e Iserbyt, sono loro i più attesi già dalla tappa odierna di Anversa

In Sardegna in gara per i propri team

Non ci sarà quindi la nazionale italiana in terra sarda, ma per una ragione ben precisa: «Non dipende dal fatto che non ci saranno le categorie giovanili. Si tratta di una specifica richiesta che è stata fatta dai team che vogliono essere presenti all’appuntamento principe della stagione italiana con le loro divise. Era giusto rispettare questa richiesta, d’altronde stiamo lavorando in stretta sinergia con un continuo scambio d’idee e un calendario strettamente condiviso. Ad esempio la scelta di portare soli 3 atleti a Dublino è data anche dalla contemporaneità con il GP Guerciotti, che è una prova C1 e quindi dà una grande quantità di punti per il ranking. E’ quindi conveniente partecipare a quello».

Ma questa nuova formula di Coppa piace al cittì? «Per rispondere mi svesto della mia carica e lascio rispondere al Pontoni semplice appassionato ed ex praticante: io avrei preferito una formula più semplice, con un appuntamento a ottobre, un paio a novembre, dicembre e gennaio fino al mondiale. Ben suddivise nel tempo e nello spazio. Questo sistema, scelto per favorire i big, concentra tutto fra le Feste e gennaio, ma una simile challenge dovrebbe premiare la costanza di rendimento lungo tutta la stagione, non in una sua sola parte. Da cittì comunque accetto le decisioni internazionali e mi adeguo, come è giusto che sia».

Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock
Van Der Poel dovrebbe iniziare le gare fra un mese, come anche Van Aert e Pidcock

Porte aperte per la nazionale

Dopo Dublino ci sarà spazio anche per altri biker in nazionale? «Sicuramente, come avevo già anticipato alle società. Darò modo ad altri di esprimersi, considerando che per i mondiali nessuno ha il posto assicurato. Dal 21 al 29 dicembre vaglierò altri nomi per vederli all’opera nel massimo consesso, poi dopo i campionati italiani inizierò a trarre le mie conclusioni e fare una prima scrematura, ma non nascondo che a Benidorm potrebbe venire anche qualche altro corridore ancora in forse, per convincermi a portarlo a Lievin».

Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)
Ceolin e Bertolini, due degli 8 azzurri Elite (fra uomini e donne) in gara ad Anversa (foto Billiani)

Agostinacchio, il metro di paragone

La vittoria di Agostinacchio, come anche le altre medaglie, hanno per il cittì una funzione ulteriore rispetto al prestigio riscosso.

«Io ho in loro un metro di paragone. Se un atleta arriva vicino a Mattia so che a livello internazionale può avere un certo livello di competitività, perché parliamo del campione europeo e questo mi aiuta nella mia lettura della situazione. Tenendo però sempre presente che ogni gara ha la sua storia. Io comunque sono convinto che faremo bene anche nel resto della stagione e per la sua parte finale penso che avremo anche qualche bella sorpresa fra le under 23, dove mi aspetto qualche recupero in base ai contatti che ho».

Masciarelli: il ritorno nel fango, con un sogno nel cassetto

23.11.2024
5 min
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E’ cambiata la divisa, ma Lorenzo Masciarelli non ha perso il filo con quella che è sempre stata, prima di tutto, la sua grande passione: il ciclocross. A Valsamoggia è tornato a divertirsi in mezzo al fango: tra fettucciati, freddo, ruote da fuoristrada e tante cose che gli erano mancate. La ciliegina sulla torta è stata la vittoria di categoria, tra gli under 23. Il tempo passa veloce e quel ragazzino che prima era andato in Belgio per inseguire la sua passione è cresciuto. Due anni fa c’è stato il ritorno in Italia, alla allora Colpack-Ballan-Csb (ora diventata MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb). Da pochi giorni, invece, il richiamo del cross ha colto nel segno (foto apertura NB Srl). 

«Stamattina (giovedì per chi legge, ndr) mi sto allenando in vista delle prossime gare – dice Lorenzo Masciarelli – a casa mia, a Pescara. La prossima settimana correrò il Trofeo Guerciotti al Vittoria Park. Ho deciso, in accordo con la squadra, di fare dieci gare di ciclocross questo inverno. L’obiettivo? Divertirmi, ma anche tornare in nazionale».

Lorenzo Masciarelli ha vinto la 2ª prova Master Cross Emilia Romagna (foto NB Srl)
Lorenzo Masciarelli ha vinto la 2ª prova Master Cross Emilia Romagna (foto NB Srl)

Un anno di assenza

L’ultima volta che abbiamo visto Lorenzo Masciarelli cimentarsi nel ciclocross era l’inverno del 2022, sembra passata una vita. Quello fu il periodo del cambio di rotta, niente più fuoristrada. O per lo meno, così sembrava dovesse andare la cosa…

«Nel 2023 – spiega il giovane abruzzese – ho saltato la stagione di ciclocross a causa della pericardite. Ma non nascondo che il desiderio era quello di tornare a correre qualche gara, naturalmente in preparazione alla stagione su strada. A mio modo di vedere fare due mesi di ciclocross con l’obiettivo di arrivare pronto in primavera aiuta molto. Io penso di riuscire a incastrarlo bene nei vari impegni, secondo me chi ha occasione di farlo ne trae un vantaggio».

Dopo quasi due anni Masciarelli è tornato a gareggiare nel ciclocross (foto NB Srl)
Dopo quasi due anni Masciarelli è tornato a gareggiare nel ciclocross (foto NB Srl)
Perché?

Mi sono reso conto, nelle gare di inizio stagione di quest’anno, che mi mancava qualcosa in esplosività. Correre un inverno intero nel ciclocross, dove per un’ora vai a tutta, è un buon modo per tenere allenata questa caratteristica. 

Sei tornato a correre e hai subito vinto, un bel biglietto da visita.

L’idea alla base è sempre stata quella di divertirmi il più possibile, mi sono concentrato su questo. Prima del ritorno in gara sapevo di stare bene, ma non avevo idea di come avrei reagito. Poi una volta in corsa la gamba girava ed è andata bene, anzi meglio di così non poteva andare (ride, ndr).

La preparazione per queste dieci gare è iniziata a metà ottobre (foto NB Srl)
La preparazione per queste dieci gare è iniziata a metà ottobre (foto NB Srl)
Quando hai deciso di riprendere con il ciclocross?

Al Giro del Friuli ho parlato con Pontoni, il cittì della nazionale, e mi ha detto di pensare al ritorno in qualche gara. Ho seguito il suo consiglio, ma la voglia c’era già. Una volta finito il Giro di Puglia mi sono fermato a causa di un malanno. Ho sfruttato la cosa e mi sono concentrato su recuperare bene. La squadra era d’accordo, anzi lo era già dal 2023 ma la pericardite si è messa di mezzo. Ho presentato un calendario di dieci gare e Bevilacqua e Valoti lo hanno approvato.

Quanto ti era mancato il fango?

Tanto. Mi piace variare e cambiare disciplina, infatti in inverno mi capita anche di fare un po’ di downhill. Il mio dubbio principale era se fossi riuscito a guidare la bici come prima, ma ho risposto subito bene.

Su strada Masciarelli correrà con la MBH Bank-Colpack anche nel 2025 (foto NB Srl)
Su strada Masciarelli correrà con la MBH Bank-Colpack anche nel 2025 (foto NB Srl)
Hai iniziato gli allenamenti a metà ottobre e ora fino a quando andrai avanti?

L’obiettivo, come detto, è la maglia azzurra. Quindi spero di terminare la stagione il 2 febbraio, con i mondiali. La competizione è alta, ora vediamo come risponderò alle corse più impegnative. Il Trofeo Guerciotti, l’1 dicembre, sarà una prima prova in questo senso. 

E i vecchi compagni e diesse della Pauwels Sauzen-Bingoal li hai sentiti?

Mario (De Clercq, il diesse, ndr) non ho mai smesso di sentirlo. Già l’anno scorso mi diceva di tornare. Ho sentito anche Iserbyt, mi ha detto che mi aspetta a braccia aperte. 

Il suo obiettivo è tornare a vestire la maglia azzurra, magari ai mondiali di febbraio
Il suo obiettivo è tornare a vestire la maglia azzurra, magari ai mondiali di febbraio
Tornerai a correre anche lì?

Durante il periodo di Natale andrò su con la mia famiglia, una gara in Belgio la voglio fare. Ho messo nel mirino la tappa di Coppa del mondo di Gavere, il 26 dicembre.

Tuo padre Simone come l’ha presa?

Lui era il primo a spingere verso questo ritorno. Appena l’ha saputo ha tirato fuori dal garage tutti gli attrezzi. Ora vogliamo convincere mio fratello Stefano a correre una o due gare. E’ passato under 23 e ci troveremmo a correre uno contro l’altro. Sarebbe bellissimo. 

Lorenzo Masciarelli (foto Blieck)
Nel periodo natalizio Masciarelli vorrebbe tornare a correre in Belgio, la patria del ciclocross (foto Blieck)
Lorenzo Masciarelli (foto Blieck)
Nel periodo natalizio Masciarelli vorrebbe tornare a correre in Belgio, la patria del ciclocross (foto Blieck)
Eri arrivato in Italia con la promessa di essere uno scalatore, ma non pensi che questo binomio con il cross ti sarebbe più utile per puntare alle gare in primavera?

E’ una cosa che voglio capire da questo 2025. Ora sto lavorando a un piano alimentare diverso. Nella scorsa stagione mi è mancata esplosività a inizio anno e poi mi è mancato qualcosa nelle salite lunghe a fine stagione. Devo trovare il giusto compromesso. Intanto vorrei capire se con uno o due chili in più riesco a mantenere uno spunto esplosivo migliore. Poi in estate calare e andare a confrontarsi nelle gare adatte agli scalatori, come il Giro Next Gen. 

Insomma, dividere la stagione in due. 

Esattamente.

Bortoluzzo, il meccanico dei crossisti. Anzi, quasi un papà…

19.11.2024
5 min
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E’ un’altra colonna dello staff azzurro del ciclocross. Un altro di quei personaggi che Pontoni ha scelto per fare gruppo, per creare quell’ambiente indispensabile per provare a ottenere risultati. Stiamo parlando di Luca Bortoluzzo, il meccanico del team tricolore, che ha vissuto sulla propria pelle tante avventure e soprattutto le ultime grandi soddisfazioni ottenute dal ciclocross italiano.

Come nel caso del massaggiatore Capelli, anche Bortoluzzo è un vecchio navigante del mondo del ciclismo: «Ci sono in mezzo dal secolo scorso, ho gravitato un po’ fra gli under 23 e molto fra i professionisti, quindi conosco bene l’ambiente. Quattro anni fa, quando Daniele ha preso in mano le redini del settore, mi ha chiesto di entrare nel suo gruppo e conoscendolo ho accettato anche perché ero un po’ stanco di girare il mondo come una trottola… Oltretutto anche nel ciclocross avevo esperienza, essendo stato nello staff azzurro con Scotti per tre anni».

Lo staff azzurro insieme a Viezzi vincitore del titolo mondiale junior. A Tabor è stata grande festa
Lo staff azzurro insieme a Viezzi vincitore del titolo mondiale junior. A Tabor è stata grande festa
Qual è la differenza fra le due esperienze?

Ora alla base c’è un gruppo che si fonda sull’amicizia, perché ci conosciamo tutti da tantissimi anni e Pontoni ha puntato proprio su questo. Siamo tutta gente che ha un’esperienza lunga e profonda: io, Paolo De Geronimo, Gianfranco Zanatta, Fabrizio Gherardi e gli altri. Abbiamo tutti condiviso tante avventure in giro per il mondo e sappiamo quindi come vanno queste cose, per questo siamo anche un sostegno per i ragazzi che arrivano a queste esperienze spesso un po’ spauriti. Tra l’altro lo stesso gruppo lavora sia per il ciclocross che per il gravel.

Com’è il lavoro con i ragazzi?

Per loro natura sono apprensivi, noi cerchiamo tramite la nostra esperienza d’infondere tranquillità. Io da parte mia spesso mi trovo a che fare con bici disastrate, quando i ragazzi vengono per raduni o trasferte e quindi c’è tanto lavoro da fare e in poco tempo per consentire loro di effettuare i sopralluoghi sul percorso. Ma a me interessa che siano messi nelle condizioni migliori possibili.

Bortoluzzo con Toneatti nello sfortunato europeo di Namur 2022, chiuso al 4° posto
Bortoluzzo con Toneatti nello sfortunato europeo di Namur 2022, chiuso al 4° posto
Con che cosa ti trovi a che fare?

Per fare un esempio, la normalità sono tubolari scollati, che certe volte mi chiedo come facciano ad andare avanti… Noi ci mettiamo del nostro, ma non nascondo che ci sono volte che in trasferta Daniele mi dice: «Prendi i pezzi che ti servono dalla mia bici» e di sera sto lì a lavorare, smontare e rimontare. Per noi quel che conta è la gara del ragazzo di turno, che sia messo nelle condizioni ideali, per questo non pesa a nessuno di noi dello staff, facciamo tutto in allegria e questo i ragazzi lo percepiscono.

Com’è il legame con il cittì?

Io ho avuto la fortuna di avere mio fratello che era il suo meccanico ai tempi dei suoi trionfi. Quindi ci conosciamo da sempre. Anch’io l’ho seguito quando correva e siamo sempre rimasti in contatto. Daniele non manca mai di farci sentire partecipi proprio perché si è formata una famiglia nella quale ognuno ci mette del suo, anche i ragazzi stessi.

Bortoluzzo ha un suo gruppo di lavoro a Sulbiate (MB) dove cura il posizionamento biomeccanico
Bortoluzzo ha un suo gruppo di lavoro a Sulbiate (MB) dove cura il posizionamento biomeccanico
Che cos’è delle nuove generazioni che arrivano in nazionale che ti colpisce?

La competenza. Rispetto ai tempi passati, al ciclismo di una volta sanno di che cosa si parla, hanno una curiosità di fondo. Non puoi certo dire loro una cosa per l’altra… Inoltre vedo anche la mano del cittì, che ha sempre detto a tutti che il requisito principe per far parte del gruppo è l’educazione, il modo di porsi in gara e fuori. Su questo è davvero intransigente. Sono spesso giovanissimi, ragazzi che devono maturare, noi li vediamo quasi come dei figli. Tanti parlano delle regole che Pontoni adotta come quella del divieto all’uso dei telefonini a tavola. Beh, vale anche per noi, perché quando si mangia è un momento di gruppo, di comunione…

Com’è il cittì con i ragazzi?

E’ sempre disponibilissimo con i ragazzi, ma non è un loro amico. E’ pronto a ridere e scherzare quando si può ma pretende il massimo della serietà quando serve. La cosa che i ragazzi apprezzano tanto però è che è uno di loro sul campo di gara: quando si fa la prova percorso Daniele non resta ai margini, ma indossa divisa e caschetto e si butta sul tracciato con loro. Si fermano nei punti salienti, li analizzano insieme. Fa anche vedere loro come affrontarli sulla base della sua enorme esperienza.

I ragazzi azzurri si mostrano sempre molto attenti, anche per il lavoro dei meccanici
I ragazzi azzurri si mostrano sempre molto attenti, anche per il lavoro dei meccanici
E loro come sono, la loro curiosità la estrinsecano anche con te?

Sì, spesso, sono lì ad assistere quando metto mano alle bici, hanno anche una buona competenza di base e ad esempio sono sempre molto attenti alle pressioni delle gomme, sono lì che misurano e rimisurano, fanno confronti tra marche diverse. Tra l’altro questa competenza inizio a riscontrarla anche fra le ragazze, magari non quelle giovanissime, ma noto che con il crescere acquisiscono sempre più interesse anche per il mezzo, sapendo quanto esso incide.