Gli allenamenti degli juniores, Pontoni puntualizza

31.03.2024
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Le dichiarazioni di Daniele Pontoni a proposito delle ore di allenamento degli juniores hanno scatenato un vespaio. Luca Scinto e Massimiliano Gentili avevano voluto puntualizzare a proposito dei ragazzi da loro seguiti, anche Pontoni è però voluto tornare sull’argomento, per chiarire un punto che evidentemente aveva creato fraintendimenti, ma che comunque ha aperto le porte a una discussione importante su come sono seguiti i nostri più giovani talenti.

Il tecnico friulano, che in questi giorni ha smesso le vesti di responsabile del ciclocross per indossare quelle del gravel e preparare la tappa delle World Series del 25 aprile a Orosei, ha voluto specificare quel che intendeva a proposito delle 25 ore settimanali che impegnano gli atleti pur in età così giovane.

I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni
I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni

«In una settimana uniamo le 16-18 ore di allenamento specifico alle 3 ore necessarie per una gara, tra il prima, durante e dopo. Poi altre 3 ore ogni ragazzo le impiega, voglio sperarlo, fra core, palestra, stretching, in più o in meno in base al periodo dell’anno. Infine, e qui mi baso su esperienze all’estero, molti ragazzi fanno anche almeno un’ora di corsa a piedi e mental coaching ed ecco così che raggiungiamo le 25 ore settimanali. Non c’era alcuno spettro, è la realtà dei fatti».

Entriamo nello specifico: la tua esperienza su che cosa è basata?

Io ho l’abitudine di confrontarmi molto con colleghi e tecnici, italiani e stranieri, questa è la media che se ne trae. La corsa a piedi ad esempio è molto praticata fuori dai nostri confini mentre molti tecnici nostrani, legati ancora a schemi del passato, non la vedono di buon’occhio. Quando dico che Francia e Belgio sono all’avanguardia, soprattutto la prima nel lavoro con i più giovani ciclocrossisti ma anche stradisti (il che poi spesso è la stessa cosa, vedi Sparfel) dipende anche da queste cose, da questa cura diversificata verso i propri ragazzi. Non si parla solamente di carichi di lavoro, c’è molto altro da tenere in considerazione.

Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Ma da parte dei tecnici non c’è un po’ di gelosia nel gestire il proprio metodo di lavoro?

Forse, ma tutti hanno gli occhi e poi è anche nell’animo di ognuno di noi che ama la disciplina che segue condividere le esperienze, perché si cresce tutti insieme. Noi a Benidorm eravamo nello stesso albergo della nazionale francese e tutti noi ci confrontavamo, ci conoscevamo meglio, notavamo le tempistiche e alla fine posso dire che in alcune cose sono sicuramente all’avanguardia, come in altro noi facciamo sicuramente di più. Quel che è importante è sempre imparare dai migliori, allargare gli orizzonti guardando cose diverse. Noi ad esempio abbiamo nel Team Performance un qualcosa che gli altri non hanno e gli effetti si cominciano a vedere.

Sei stato contattato direttamente per le tue affermazioni, qualcuno si è risentito in maniera particolare?

No, perché non c’era alcun elemento per farlo. Ogni tecnico ha le sue idee e certezze, poi sono i risultati dei suoi atleti a parlare. Ribadisco che io parlavo di impegno settimanale e non di allenamento nudo e crudo, se si fanno i conti i tempi, le ore impiegate sono quelle. Poi teniamo conto anche di un altro aspetto: la scuola. Ogni Paese ha il suo sistema scolastico e conciliare l’attività con lo studio varia da sistema a sistema. A me quel che dispiace è che la corsa a piedi è l’unico vero elemento di distinzione, qui ancora non capiamo la sua importanza e non prendo ad esempio gente come Van Aert o Roglic che escono anche il giorno dopo la gara e che fanno addirittura mezze maratone (nel caso del primo, ndr). Spesso qui si rimane ancorati a schemi vecchi di vent’anni, ma il ciclismo va avanti.

La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
E’ quindi un discorso legato ai tecnici ed è indubbio che viene dai loro aggiornamenti, dalla loro voglia di apprendere la crescita del movimento, come in Italia sta avvenendo nell’atletica. I giovani tecnici italiani hanno questa voglia di imparare?

I giovani sì, sono aperti a nuove esperienze. Noi possiamo metterci a disposizione, mettere loro e i ragazzi nelle migliori condizioni, ma poi sta alla voglia di ognuno di mettersi in discussione e questo va fatto sempre. Dobbiamo capire che anche minime cose possono fare una grande differenza e tutto nasce dal continuo confronto, dal guardare con curiosità, chiedere ai colleghi. Anche perché mai come oggi le categorie giovanili sono state così importanti, visto che da lì si approda subito al ciclismo che conta.

Proietti Gagliardoni e quel dato che fa discutere

14.03.2024
5 min
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Di Mattia Proietti Gagliardoni si fa davvero un gran parlare. Dopo i buoni risultati internazionali nel ciclocross sono arrivate la piazza d’onore al GP Baronti e le parole lusinghiere del cittì Pontoni, che su di lui confida molto per il “dopo Viezzi”. Una sua affermazione però ha suscitato clamore nell’ambiente, tanto che Luca Scinto, il direttore sportivo del Team Franco Ballerini (dove l’umbro corre da quest’anno) ha fatto sentire la sua voce tramite Facebook. Abbiamo voluto allora andare direttamente alla fonte per capirne di più.

«Il cittì è stato molto preciso nella definizione di Mattia – dice Scinto – salvo che per un passaggio, quando parla delle sue ore di allenamento. Dire che si allena per 25 ore settimanali è esagerato, non siamo di fronte a un professionista e so che il suo preparatore Massimiliano Gentili è molto attento nel dosare la sua crescita. Condivide con me le tabelle e i lavori, so che siamo intorno alle 13-14 ore settimanali e d’inverno, quando preparava il cross, andavamo dalle 9 alle 11 ore.

Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)
Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)

Il talento e la pazienza

«Certamente l’attività degli juniores – prosegue Scinto – non è quella dei miei tempi. I corridori arrivano già svezzati e praticamente quando ancora non sono maggiorenni si giocano il loro futuro come professionisti. Ma non bisogna precorrere i tempi, noi siamo abituati a coltivare i talenti con attenzione e parsimonia, facendoli crescere con calma».

Scinto ne fa una questione di rapporto tra quantità e qualità: «Dire che pedala tante ore è sbagliato perché non fa parte del nostro concetto di lavoro. Sia io che Massimiliano guardiamo alla qualità dei lavori, è su quella che facciamo leva. Le 25 ore sono un numero che di per sé dice poco. Mattia ci arriverà, con il tempo. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un ragazzo che va ancora a scuola…».

In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)
In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)

Valori da corridore vero

Come si sono incrociate le strade di Proietti Gagliardoni e di Scinto? «Lui viene dal ciclocross perché lì lo ha portato il padre che era un praticante e un appassionato. So che poi all’Uc Foligno ha lavorato con Gentili che me ne ha parlato molto bene ed effettivamente ho potuto constatare che ha numeri eccezionali, come ho potuto raramente constatare nell’ambiente e proprio per questo bisogna lavorarci con calma».

Il tecnico toscano, anche se ha potuto lavorare ancora poco con il giovane appena approdato al suo team e alla categoria, si è già fatto un’idea sulle sue caratteristiche.

«Ha valori da corridore vero, che va forte in salita e che riesce a essere presente nelle corse dure, proprio com’era il GP Baronti, in quelle occasioni allora può essere anche veloce e giocarsi la vittoria. C’è però tanto da fare, perché il ciclocross può darti la brillantezza, ma ora c’è da riabilitare il suo fisico sul piano della resistenza e del fondo. Si deve abituare alla categoria, ai carichi di lavoro. Quando avrà finito la scuola potrà lavorare con più calma e assiduità, anche aumentare un po’ i carichi, ma sempre senza esagerare».

Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)
Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)

Attesa per la crono

La piazza d’onore al Baronti è stata una sorpresa, considerando la sua relativa esperienza? «Un po’ sì, ma so che se un ragazzo ha talento si vede subito, sa emergere anche se non è al massimo e quel giorno Mattia non era certo al 100 per cento».

Va forte in salita, si difende bene in volata, ha grandi capacità sul passo. Ma a cronometro? «Non ci ha ancora lavorato, per questo aspetto che ci sia il tempo per farlo. Non puoi scendere da una bici e salire sull’altra aspettandoti chissà che cosa. Io dico che ha i mezzi per far bene anche lì, ma dovrà intanto essere dotato di una bici adeguata e so che gli sta per arrivare la Corratec da crono della squadra pro’, poi deve imparare a lavorarci. Ci vogliono almeno 20 giorni, cronoman non ci s’improvvisa…».

Mattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fianco
Mattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fianco

Il legame con Gentili

Chiamato in causa anche da Scinto, lo stesso Massimiliano Gentili ha voluto dire la sua, partendo dalla propria storia personale.

«Io avevo interrotto i contatti con il suo team, Uc Foligno alla fine del 2022. Nei primi mesi dello scorso anno – spiega – Mattia era un po’ sbalestrato e stava perdendo gusto per quest’attività. Ricordiamo che si parlava di un allievo: io dico sempre che fino al primo anno, il ciclismo è un gioco, poi al secondo si comincia a fare sul serio, più che altro per non trovarsi impreparati all’approccio con la categoria juniores, diventata ormai il vero serbatoio del professionismo. Mattia mi ha contattato per chiedermi se potevo tornare ad allenarlo e così è stato. Per me è come un figlio, lo seguo con enorme passione e piano piano è tornato a essere il campioncino che conosco, infatti ha conquistato due vittorie e tanti piazzamenti.

«Mattia sta imparando come allenarsi per la nuova categoria. Voglio che cresca con calma, fa parte della mia filosofia: l’allenamento è un percorso graduale. Non ho problemi a fornire i suoi dati: dal 2 gennaio a oggi non ha mai superato le 14 ore settimanali, fino al 12 marzo ha fatto 72 uscite per 4.200 chilometri totali con una media mensile di 1.200 chilometri. La mia ottica non è quella di farlo vincere prima di tutti e più di tutti ora, ma di vederlo crescere costantemente, nei valori, nel rendimento».

Con la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° posto
Con la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° posto

25 ore settimanali? Con il tempo…

Sulle parole di Pontoni, Gentili aggiunge: «Ringrazio il cittì perché ha espresso giudizi lusinghieri sul ragazzo, ma era giusto puntualizzare le cose. Altrimenti si potrebbe pensare che emerge solo perché lavora come un pro’ e questo non è assolutamente vero. Alle 25 ore ci arriverà, con il tempo, ma io non guardo a quello, preferisco privilegiare l’intensità. Diamogli tempi e vedrete che ci darà belle soddisfazioni».

Pontoni è sicuro: dal ciclocross arrivano nuovi juniores di talento

08.03.2024
5 min
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Il GP Baronti che ha aperto la stagione degli juniores e che ha incoronato Enea Sambinello, ha avuto anche un altro protagonista. Parliamo di Mattia Proietti Gagliardoni (foto di apertura con il numero 4), espressione non solo della nuova nidiata approdata alla  categoria, ma di quei ragazzi che si dividono egregiamente fra strada e ciclocross (e per qualcuno non solo queste due discipline).

Pontoni, cittì del ciclocross ha lavorato con i nuovi juniores valutandoli anche per l’attività su strada
Pontoni, cittì del ciclocross ha lavorato con i nuovi juniores valutandoli anche per l’attività su strada

Un poker sul quale contare

Alcuni di loro, Daniele Pontoni li ha avuti sott’occhio per tutto l’inverno, anzi li conosce anche da più tempo visto che li ha avuti a disposizione nei suoi raduni anche quando erano allievi e quindi ha il polso della situazione, sa che cosa possono dare anche su strada dopo quel che hanno fatto d’inverno.

«Salvoldi ha a disposizione un gruppo di atleti davvero molto valido, credo che sia un’annata molto promettente. Ci sono almeno 4 corridori che si equivalgono e che hanno composto l’ossatura della mia nazionale, con la quale confido il prossimo anno di avere risultati all’altezza, anche se il campione del mondo Stefano Viezzi non ci sarà più essendo passato di categoria. Sono ragazzi che nel complesso si equivalgono, vedremo poi nel corso dell’annata chi emergerà di più. Io comunque sono convinto che il vertice dell’annata è per livello medio superiore a quello delle precedenti».

La volata vittoriosa di Sambinello al GP Baronti con Proietti Gagliardoni subito dietro (foto Fruzzetti)
La volata vittoriosa di Sambinello al GP Baronti con Proietti Gagliardoni subito dietro (foto Fruzzetti)
Prendendo spunto dalla composizione della tua nazionale partiamo proprio da Proietti Gagliardoni, visto che è quello che ha ottenuto subito risultati…

Non mi ha stupito la sua prestazione, so bene quanto vale. Anche lo scorso anno, con ben 25 Top 10 centrate nel corso dell’annata era stato uno dei più costanti ad alto livello fra gli allievi. Ha un motore di altissimo livello e quando hai quello emergi dappertutto, nel ciclocross come su strada. Chiaramente in queste settimane può sfruttare la condizione scaturita dall’attività invernale, ma un risultato del genere non è solo figlio di quella, è anche frutto della sua capacità di gestione.

Dove lo vedi meglio?

E’ un corridore completo, forse il più completo del gruppo. Lui come gli altri è già sopra le 25 ore di allenamento settimanali, da questo punto di vista ha una predisposizione già pronunciata verso l’attività professionistica, mentalmente parlando. L’importante è non pressare troppo lui e gli altri, farli crescere con calma considerando che i mezzi a disposizione ci sono e sono notevoli.

Serangeli è ancora fermo ai box dopo la caduta in Coppa. Lo rivedremo in estate
Serangeli è ancora fermo ai box dopo la caduta in Coppa. Lo rivedremo in estate
Un altro elemento del quale si dice un gran bene è Giacomo Serangeli…

E’ vero, ma con lui bisognerà avere ancora più pazienza. Una settimana prima dei mondiali di ciclocross è stato vittima di una brutta caduta costatagli la frattura dello sterno. Ancora non ha ripreso, ora pedala sui rulli. Io credo che lo rivedremo per la seconda parte di stagione, ma va atteso con fiducia e mi è dispiaciuto tanto non averlo ai mondiali perché avrebbe potuto fare molto bene con la condizione che aveva.

Lui dove lo vedi bene?

E’ più uno scalatore, adattissimo ai percorsi difficili. Ma più che per le doti fisiche parlerei di quelle mentali, perché è molto metodico e inquadrato sulla sua attività, per questo pur considerando che l’infortunio che ha subìto non è di poco conto, va aspettato con fiducia. Poi come Proietti Gagliardoni viene dall’Uc Foligno che è una società che lavora molto bene con i più giovani, dove sanno valorizzare i talenti. Io dico che Serangeli lo vedremo emergere nei mesi estivi, per allora potrà già avere un buon colpo di pedale.

Quest’anno il più giovane degli Agostinacchio si testerà di più su strada che in mtb (foto team)
Quest’anno il più giovane degli Agostinacchio si testerà di più su strada che in mtb (foto team)
E di Agostinacchio “fratello d’arte” che puoi dire?

So che quest’anno ha intenzione di dare più attenzione alla strada, tra tutti è quello che svaria di più fra le varie discipline ed è quello che più degli altri dà del tu alla bici. Due Top 10 in Coppa del mondo di ciclocross dicono molto sul suo valore. Mattia è quello che secondo me si è evoluto di più negli ultimi mesi e sono molto ottimista su quel che potrà fare anche su strada.

Resta Ettore Fabbro…

Nel suo caso parliamo di un corridore che per ora privilegia la mountain bike alla strada e anche lui, appena cambiata bici ha subito fatto vedere di essere molto in palla giungendo 5° alla Verona Mtb International, la prima classica internazionale della stagione, pur non partendo davanti, quindi penso che potrà togliersi belle soddisfazioni. Si era un po’ arrugginito ma quest’inverno ha fatto vedere cose importanti e credo che ne farà vedere più avanti anche su strada.

Per Fabbro ciclocross e mtb sono ancora le discipline preferite, ma non disdegna le gare su strada (foto team)
Per Fabbro ciclocross e mtb sono ancora le discipline preferite, ma non disdegna le gare su strada (foto team)
Parlavi di una generazione molto valida, chiaramente per quelli che puoi aver avuto sottomano nell’attività invernale. E dietro di loro?

Questi sono gli elementi di punta dell’annata, ma come dicevo c’è un livello molto alto a livello generale e posso dire che dietro di loro c’è un altro bel gruppo di ragazzini che promettono tantissimo: Filippo Grigolini, Pietro Deon, Patrick Pezzo Rosola, tanto per fare tre nomi, li ho avuti già con me nell’ultimo raduno azzurro. Tenete a mente questi nomi perché ci faranno divertire…

Tre maglie a casa e Viezzi ora riparte fra strada e mtb

08.02.2024
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«Tanti mi hanno fatto i complimenti, ma per fortuna non hanno fatto particolari feste. Non fanno molto per me, mi sarei sentito un po’ a disagio». Ieri Stefano Viezzi è tornato a scuola, il suo primo giorno da campione del mondo. Hai voglia a pensare che il ciclocross non sia così popolare: in Friuli lo è eccome. Poi i ben 19 anni di attesa prima del ritorno di una maglia iridata in Italia (l’ultimo era stato Davide Malacarne nel 2005, guarda caso sempre tra gli juniores) hanno alzato il livello dell’attenzione.

La vittoria di Tabor rende quasi necessario un approccio diverso con Viezzi, per conoscerlo meglio considerando che non capita spesso di avere prospetti simili nel mondo delle due ruote. Chiaramente però si parte dall’ultima magia, raccontata nell’intervallo tra una lezione e l’altra con i professori che, vista l’eccezionalità dell’evento, si mostrano più accondiscendenti del solito.

«So che molti mi guardavano come il grande favorito della gara e partire con tanta pressione addosso non è il massimo – racconta il ragazzo di Majano – ma la vittoria della settimana prima valsa la conquista della Coppa del Mondo mi aveva dato la consapevolezza di poter far bene. Avevo rimediato al disastro di Benidorm, il mio bilancio era già in attivo, anche se il mondiale era il mio vero obiettivo».

Il momento dell’attacco su Sparfel, stoppato da una foratura. Ma anche l’azzurro avrà i suoi problemi…
Il momento dell’attacco su Sparfel, stoppato da una foratura. Ma anche l’azzurro avrà i suoi problemi…
Anche a Tabor però le cose si stavano mettendo male…

Sono andato a sbattere contro una transenna e la ruota si è storta. A quel punto dovevo cercare di stare attento, badare soprattutto alla guida più che alla velocità, per non far prendere altri colpi. Se si fosse rotto il cerchio la gara sarebbe finita lì. Ho chiamato subito il team per farmi trovare la bici nuova, con cui ho fatto il mezzo giro finale.

L’olandese era quasi addosso a te, ti hanno avvertito?

Sì, ma lo sapevo. C’erano passaggi del circuito che permettevano di vedere chi c’era dietro. Quando ho cambiato la bici Solen era davvero vicino, ho capito che dovevo dare tutto per capitalizzare quei pochi secondi che mi rimanevano.

Ora hai ben 3 maglie a casa, a quale tieni di più?

Senza nulla togliere a quella tricolore, le maglie internazionali sono una grande soddisfazione, diversa. Quella di Coppa è il compendio di una stagione, che premia la costanza durante più mesi. Averla vinta in quella maniera, rimontando Sparfel nell’ultima gara, dà ancora più soddisfazione. La maglia arcobaleno è però un simbolo assoluto, che ti resta addosso per un anno. Io non potrò indossarla perché cambierò categoria, ma ha comunque un valore speciale. Forse anche maggiore dell’altra.

Proviamo a conoscerti un po’ meglio…

Lunedì ho compiuto 18 anni (e non potevo farmi regalo migliore…). Vengo da Majano, sono alto 1,90 per 70 chili di peso forma. Mio padre Luigi ha un’azienda di marmi, poi c’è mia mamma Michela e le mie sorelle Elisa e Alice, anche loro vanno in bici. O meglio, mia sorella maggiore ci andava, ma poi ha lasciato per concentrarsi sulla scuola, mentre la più piccola pedala anche lei. Io ho iniziato a 6-7 anni.

Il selfie del cittì Pontoni con Viezzi sul podio sta diventando una bella consuetudine…
Il selfie del cittì Pontoni con Viezzi sul podio sta diventando una bella consuetudine…
Fidanzato?

Sì, con Emma. L’ho conosciuta proprio attraverso il ciclocross, non abbiamo tanto tempo per vederci anche perché non abita vicino. Passiamo molto tempo in videochat, ma domenica era anche lei a Tabor e mi ha dato forza in più sapere che si è fatta ben 10 ore di macchina con la mia mamma per venire a vedermi. Poi ci sono i miei nonni Bruno e Valentino e mia nonna Marisa, loro sono rimasti a casa ma erano attaccati alla tv.

Quali altre passioni hai, fai altri sport?

Diciamo che mi piace sciare, per il resto non ho grandi hobby. Una cosa che amo è fare le passeggiate in montagna, raggiungere una baita dove prendere sole e aria, è qualcosa che mi rilassa molto e mi fa apprezzare il mondo che ho intorno.

La famiglia lo ha seguito fino a Tabor: 10 ore di macchina ben spese (foto Instagram)
La famiglia lo ha seguito fino a Tabor: 10 ore di macchina ben spese (foto Instagram)
Cinema, musica, videogames?

Mi piacciono i film action, ma non ne ho uno preferito né un particolare attore. Nella musica ascolto soprattutto il trap e il mio cantante preferito è Thasup. Videogames? No, proprio non mi piacciono. Ma devo dire che anche allo smartphone non dedico così tanto tempo. Lo uso, questo sì, ma senza esagerare.

Non segui neanche il calcio?

Pochissimo, non ho una vera e propria squadra del cuore, anche se mi piace il Real Madrid da quando ci giocava Ronaldo che per certi versi è un riferimento. Sicuramente con meno talento naturale di Messi, ma che con il lavoro è diventato quello che è.

L’abbraccio dopo l traguardo di Luca Bortoluzzo, meccanico della nazionale (foto Instagram)
L’abbraccio dopo l traguardo di Luca Bortoluzzo, meccanico della nazionale (foto Instagram)
Ora che sei campione del mondo, che cosa farai, sceglierai la strada o continuerai a fare la doppia attività?

Doppia? Anche tripla come consiglia il mio preparatore Mattia Pezzarini, che non ringrazierò mai abbastanza. Tra due settimane inizierò il mio ritiro prestagionale su strada con la Work Service, poi ai primi di marzo esordirò in gara, ma quest’estate sarà importante anche per gli appuntamenti in mountain bike. Non per niente il mio idolo è Van der Poel, che fa tutto e lo fa alla grande.

La tua più grande delusione?

L’europeo di quest’anno, dove ho commesso degli errori di valutazione che mi sono costati il podio. E’ stato il vero lato buio della mia stagione invernale.

E la più grande gioia?

Che dire, tra conquista della Coppa e il mondiale è stata una settimana da Dio, per dirla citando un titolo di film…

Tutti in piedi: Viezzi è campione del mondo

04.02.2024
4 min
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Si è voltato per tre volte, cercando di capire se davvero quello alle sue spalle fosse vuoto e vuoto era. Stefano Viezzi ha fatto quello che tutti immaginavano e che per questo rischiava di essere molto più difficile. Si è messo le mani sul casco, si è voltato per l’ultima volta in quell’ultimo giro da brividi ed è diventato campione del mondo juniores di ciclocross. Lo ha fatto a Tabor in una giornata di fango e cielo grigio, con cinque gradi e una sottile pioggerella a imbrattare le bici e la faccia degli atleti.

«Non ci credo ancora – dice nell’intervista flash – mi serve tempo per capire quello che ho fatto. Sono felicissimo, era il mio obiettivo dall’inizio e averlo realizzato non ha prezzo».

Ultimo giro da crepacuore e sul traguardo Viezzi può far esplodere la sua gioia
Ultimo giro da crepacuore e sul traguardo Viezzi può far esplodere la sua gioia

Minaccia francese

I nomi erano quelli che tutti aspettavamo e che si erano messi in luce sin dalla Coppa del mondo a Benidorm. E se già la settimana successiva, a Hoogerheide, Viezzi era riuscito a stroncare la resistenza, era chiaro che l’uomo da guardare fosse il francese Aubin Sparfel, il campione europeo che fino all’ultimo gli ha conteso anche la challenge mondiale.

Infatti il francese ha resistito al forcing di Viezzi facendo a sua volta il diavolo a quattro. Ma come a Benidorm un salto di catena aveva impedito al friulano di difendere la maglia di leader, questa volta è stata una foratura ad appiedare Sparfel. L’immagine è splendida quanto spietata. Il francese sgancia il piede, l’azzurro che è nella scia prende il largo e allunga.

«Sono felicissimo – racconta Viezzi – mi sono giocato le mie carte e ho avuto fortuna, ma ci vuole anche questo. Nell’ultimo giro il francese ha avuto una foratura. Io ne ho subito approfittato e ho dato tutto fino alla fine. Sono veramente felice, il mondiale era il mio obiettivo da inizio stagione e anche il sogno di tutti. Ce l’ho fatta, quasi non ci credo».

Sparfel si accorge di aver bucato, Viezzi lo capisce e attacca: si decide il mondiale
Sparfel si accorge di aver bucato, Viezzi lo capisce e attacca: si decide il mondiale

Lo scudo di Pontoni

Nelle scorse settimane, il cittì Pontoni ha costruito una gabbia di protezione attorno a Viezzi, facendo in modo che le attese e le dichiarazioni fossero misurate e non si cedesse a facili entusiasmi. Agevolata in questo dal carattere apparentemente impermeabile del friulano (i due sono praticamente vicini di casa), la squadra juniores azzurra è arrivata al mondiale nelle condizioni ideali.

«Sono passati quasi vent’anni dall’ultimo mondiale – dice il tecnico azzurro – tanto tempo, ma vorrei dire che abbiamo fatto una stagione esaltante. Abbiamo vinto la Coppa del mondo con tre prove. Abbiamo vinto questo mondiale ed è un lavoro iniziato tre anni fa. Avevo detto che avevamo bisogno di due stagioni per metterci in riga e abbiamo creato un grande team e un bello staff. Grazie a loro ritengo che certi risultati non siano casuali. Abbiamo visto parecchi tifosi italiani, friulani in particolare. Dimostrano che abbiamo lavorato bene e spero che continueremo a farlo negli anni futuri. Stefano Viezzi è ancora un ragazzo giovane, ma sa quello che vuole. Ritengo che abbia bisogno di un paio d’anni per maturare e completare il suo bagaglio tecnico, atletico e psicofisico, per diventare uno dei top rider di questa specialità».

Incredulo sul traguardo, il friulano Viezzi conquista il mondiale dopo la Coppa del mondo
Incredulo sul traguardo, il friulano Viezzi conquista il mondiale dopo la Coppa del mondo

Emozione a fil di pelle

E a Lello Ferrara, inviato a Tabor dalla Federiciclismo come uomo social, che gli chiede se si sia davvero emozionato come sembrava, Pontoni risponde con gli occhi che luccicano.

«Non lo nascondo – dice – io sono un appassionato di questo sport. Quando faccio le cose, mi piace dare sempre il meglio di me stesso. Qualche volta sbaglio o qualche volta non tutti condividono, ma vi assicuro che le scelte sono sempre ponderate e c’è sempre un perché per tutto. In questi tre anni è stato fatto un lavoro importante e abbiamo raccolto l’undicesima medaglia fra europei, Coppa del mondo e mondiali. Quest’anno però è particolare, perché vincere Coppa del mondo e mondiali in una settimana ripaga del lavoro fatto».

Sul podio juniores di Tabor, dietro Viezzi si classificano l’olandese Solen e il ceko Bazant
Sul podio juniores di Tabor, dietro Viezzi si classificano l’olandese Solen e il ceko Bazant

Ritorno a casa

Ora è tempo di rompere le righe. A breve toccherà allo show di Van der Poel, ma c’è ancora Viezzi, che passa e saluta.

«Voglio ringraziare veramente tutti – dice – i meccanici, tutti quelli che lavorano dietro. La Federciclismo, Daniele Pontoni che è un ottimo CT. Il mio preparatore che ha sempre creduto in me e finalmente gli ho dimostrato quanto valgo e ne sono veramente felice. Ringrazio anche chi mi ha sostenuto, veramente è stata un’emozione bellissima».

Pontoni: la Coppa di Viezzi è un trionfo di tutti

31.01.2024
5 min
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In queste ore Daniele Pontoni e il suo gruppo azzurro stanno prendendo le misure di un mondiale, quello che si svolgerà da venerdì a Tabor in Repubblica Ceca, dove la squadra azzurra parte con molte ambizioni, avendo di fatto scarse chance solo nelle due prove Elite (almeno a livello di podio, perché la Casasola ha tutte le carte in regola per un piazzamento di prestigio). Gli azzurri sono arrivati oggi sull’onda dell’entusiasmo scaturito dal trionfo di Stefano Viezzi in Coppa del Mondo, considerando che un azzurro vincitore di una challenge internazionale nel ciclocross mancava ormai dal secolo scorso.

Quella del friulano è stata una cavalcata lunga, difficile, a tratti sconfortante ma proprio per questo esaltante ed è singolare che il suo successo sia arrivato quasi in contemporanea con quello di Sinner dall’altro capo del mondo. Se il tennista altoatesino ora è sulla cima assoluta del mondo, Viezzi ci può arrivare, continuando su questa strada, ma sempre con le stimmate del vincente.

Pontoni e un selfie per festeggiare la vittoria e la conquista definitiva della maglia
Pontoni e un selfie per festeggiare la vittoria e la conquista definitiva della maglia

Daniele, al suo fianco per tutta l’avventura, riassapora attraverso il suo giovane pupillo ricordi della sua grande carriera, ma la sua mente è tutta proiettata verso l’attualità: «Quello di Stefano è stato un trionfo a lungo cercato, inseguito, voluto con tutte le forze. Insieme a lui abbiamo lavorato per molte settimane, è stato un vero successo di squadra con uno staff affiatato e l’importante contributo del team performance. Stefano però ci ha messo tanto di suo, nel modo di affrontare la stagione».

Questa Coppa è diventata un target per tutto il movimento…

Dopo la vittoria nelle prime due tappe non poteva essere altrimenti. A Dublino non era previsto che andassimo, ma la situazione di classifica imponeva la sua e quindi la nostra presenza. E’ stato un cammino difficile, nel quale abbiamo spesso dovuto apportare correttivi anche perché non abbiamo mai perso di vista altri obiettivi che potevano essere il campionato italiano e quello mondiale.

Viezzi ha vinto le tappe di Troyes, Dublino e Hoogerheide, più finora altre 7 gare (foto Ricardo Esteve)
Viezzi ha vinto le tappe di Troyes, Dublino e Hoogerheide, più finora altre 7 gare (foto Ricardo Esteve)
Una vittoria tecnica o di carattere?

Entrambe, sono due componenti fondamentali. Mi piace pensare in questo momento all’europeo dove solo la sfortuna l’ha privato di un podio meritatissimo. Una settimana dopo trionfava in Coppa, questo significa che dentro, Viezzi ha una straordinaria forza d’animo, quella dei campioni. So che Stefano con quella maglia non è per nulla appagato, anche i 10 giorni di ritiro che abbiamo effettuato in Spagna sono stati fatti pensando principalmente alla gara iridata di domenica.

Tu, dopo la tappa di Benidorm e il sorpasso di Sparfel, eri rimasto comunque ottimista sull’esito finale della challenge. Da che cosa derivava il tuo pensiero?

Conosco troppo bene Stefano, so quanta voglia ci mette ogni volta. Lì era stata la sfortuna a penalizzarci ed ero convinto che avrebbe tirato fuori una grande prestazione proprio come aveva fatto in Francia dopo la gara continentale. Sapeva che doveva fare una gara d’attacco, che doveva evitare di farsi imbrigliare dalla ragnatela francese con tanti compagni al fianco di Sparfel. Dopo il primo giro ha visto che si era formato un buco e ha insistito. Tatticamente ha compiuto una gara ineccepibile, rompendo gli schemi e non sbagliando nulla. Ma vorrei sottolineare che anche gli altri ragazzi hanno corso bene, lottando per la Top 10, mi spiace solo per l’infortunio di Serangeli costretto a chiudere anzitempo la stagione e per la brutta giornata di Agostinacchio.

Per il friulano il mondiale ha un sapore particolare, dopo la beffa del 4° posto europeo
Per il friulano il mondiale ha un sapore particolare, dopo la beffa del 4° posto europeo
Ora però Viezzi dovrà partire a Tabor con il ruolo di favorito. Tu che hai grande esperienza diretta al riguardo, come si gestisce tanta pressione?

Di questo non mi preoccupo, Stefano è un ragazzo di poche parole, che sa cosa vuole ed è molto attento a tutto, dai materiali alla tattica. Poi chiaramente ci confrontiamo e ci confronteremo fino agli ultimi minuti prima della partenza. La vittoria in Coppa dà forza, è sicuro, ma domenica, sulla linea di partenza, tutto verrà azzerato e questo vale per tutti, anche per lo stesso Van Der Poel nella gara elite. Chi corre lo sa bene…

Sparfel è lo spauracchio?

Magari fosse solo lui… Un po’ tutta la Francia è da tener d’occhio, ma anche il ceko Bazant: proprio per esperienza so che quando i corridori boemi gareggiano in casa danno il 200 per cento, hanno qualcosa in più, poi ci sono Solen e Mouris dell’Olanda, Van Den Boer del Belgio e non dimentichiamo gli Usa che avranno la compagine più numerosa con ben 7 corridori.

La Venturelli, divisa fra pista e ciclocross, vuole riscattare la beffa del 4° posto juniores del 2023
La Venturelli, divisa fra pista e ciclocross, vuole riscattare la beffa del 4° posto juniores del 2023
Viezzi. E poi?

Abbiamo una bella squadra, con 15 elementi tutti in grado di far bene, con la Venturelli con la quale abbiamo lavorato di comune accordo con Villa e la supervisione di Amadio per averla in forma qui. Casasola e Bertolini hanno recuperato dagli ultimi acciacchi, la squadra è forte e compatta e lo vedremo già venerdì con il team relay, dove puntiamo a una medaglia e sapete quanto tenga a quella gara, quella che davvero rappresenta la forza di un movimento.

Un salto di catena e la Coppa si allontana, ma Viezzi non molla

21.01.2024
4 min
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BENIDORM (Spagna) – Quando sembra tutto fatto, gli salta la catena nel tratto di discesa che porta di nuovo verso l’arrivo e Viezzi si ritrova a pedalare come sul monopattino verso il box. Prova spagnola di Coppa del mondo, sono partiti alle 9,30. Era tutto perfetto, con la corsa dell’azzurro a ruota del francese Sparfel in maglia di campione europeo. C’era da difendere il primato in classifica generale, invece adesso i punti che li dividono sono 15. I francesi che avevano mandato in fuga Simon Jules l’hanno fatta alla perfezione. Quando si sono accorti che Viezzi era attardato, Sparfel ha attaccato e il fuggitivo ha frenato. Tappa e maglia, però manca ancora la prova di Hoogerheide: l’ultima.

«L’avrei fatto anch’io – commenta il cittì Pontoni poco dopo l’arrivo – loro hanno sei corridori forti e possono permettersi di giocarsela così. Noi abbiamo avuto Agostinacchio che purtroppo non è mai riuscito a agganciarsi al gruppo dei migliori, però anche lui ha fatto una buonissima prova. Come penso tutti gli altri ragazzi. Sparfel è più forte di noi e nella sfortuna Viezzi è stato anche fortunato, perché ha avuto quel problema vicino ai box. Ci giocavamo tutto sul limite dei punti e oggi ne ha persi parecchi. Però non è finita ancora, conoscendolo so che ha voglia di riscattarsi. Se a Hoogerheide Stefano vince e l’altro fa terzo, la Coppa la vince ancora lui. Siamo ancora in gioco e accettiamo il risultato del campo, perché questo bisogna fare. Il ragazzo dice che aveva buone sensazioni, poi analizzeremo tutto con più calma. Non eravamo tanto euforici prima, non dobbiamo essere abbattuti adesso».

Sparfel è rimasto tranquillo fino all’ultimo giro, seguito dal belga Van den Boer
Sparfel è rimasto tranquillo fino all’ultimo giro, seguito dal belga Van den Boer

La trappola francese

Subito dopo il traguardo, Viezzi si è fermato accanto ai due massaggiatori della nazionale fermi dopo le transenne. Nel cross sul rettilineo non li lasciano andare: il ciclismo ha specialità diverse e regole diverse, inutile farsi troppe domande.

«Stavo bene – dice commentando il finale – sapevo che potevo dare tutto all’ultimo giro, ne avevo ancora. Però peccato, mi è caduta la catena. Il treno dei primi è andato via e lì mi sono giocato la maglia. Però le sensazioni sono buone, penso alla prossima settimana. Sapevo che i francesi potevano fare gioco di squadra, erano tre o quattro molto forti, però non mi preoccupavo troppo. Io dovevo pensare solo al campione europeo che era secondo in classifica, dovevo marcare lui».

Si va verso la montagnetta al penultimo giro: Viezzi in scia al francese: la sfortuna sta per abbattersi
Si va verso la montagnetta al penultimo giro: Viezzi in scia al francese: la sfortuna sta per abbattersi

Il salto di catena

Quando sembra tutto fatto, gli salta la catena nel tratto di discesa che porta di nuovo verso l’arrivo e Viezzi si ritrova a pedalare come sul monopattino verso il box.

«Tanta sfiga – dice con altrettanta amarezza – non ero riuscito a partire bene e qua la partenza era fondamentale. Poi però con calma ho recuperato e sono riuscito a tornare sotto. Ero lì, me la sarei potuta giocare. Però la prossima settimana ci si riprova. A Hoogerheide, sullo stesso percorso dei mondiali 2023, provo a dare tutto quello che ho e speriamo di riuscire a portarla a casa. Qui sapevo che il percorso poteva fare per me, però oggi ho avuto un po’ di sfortuna. Vabbè, pensiamo alla prossima…».

Un atleta da scopire

Pontoni se lo mangia con gli occhi, mentre gli altri ragazzi sciolgono le gambe sui rulli. Viezzi ha abbassato la parte alta del body UCI, che a dirla tutta è davvero brutto e fa rimpiangere i colori della vecchia maglia di Coppa del mondo. I due sono della stessa zona. E mentre si ragiona sul suo futuro, partendo da quello di Toneatti che è sparito dal cross e ha avuto sfortuna su strada, il tecnico azzurro è chiarissimo.

«Credo che avrà l’imbarazzo della scelta – dice – ma lui sa già dove vuole andare. Gli manca di imparare bene l’inglese, ma ha già detto che fino al mondiale di cross di certe cose non parla. Farà la stagione su strada con Levorato alla Work Service e poi deciderà. Ha iniziato ad allenarsi sul serio da un anno e poco più. Va ancora a funghi e a camminare in montagna, è completamente integro. Guardatelo, se ne è già fatto una ragione. Ma ci scommetto che già pensa a come riprendersi quella maglia».

Guerciotti-story, un tuffo fra i campioni di casa

20.12.2023
7 min
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La famiglia-azienda Guerciotti nella sua storia ha prodotto bici, formato corridori, allestito squadre e gare. E quando si è prossimi a festeggiare i primi 60 anni di attività, diventa complicato battezzare i momenti più importanti.

Con l’organizzazione del campionato italiano il prossimo 14 gennaio a Cremona – dove negli ultimi due anni si è disputato il Trofeo Guerciotti – abbiamo colto l’occasione per chiedere ad Alessandro Guerciotti (in apertura con Sara Casasola a Vermiglio) quali sono stati i campioni di casa a cui sono più legati. Un compito di memoria, cuore e speranza forse non facile, sicuramente piacevole.

I big del passato

Appena concludiamo la nostra introduzione, Alessandro Guerciotti ha già pronta la risposta. I primi nomi sono quelli del passato, gli stessi che ha apprezzato anche papà Paolo.

«Vado abbastanza sul sicuro – racconta l’amministratore delegato – nominandone tre. Il primo non può che essere Vito Di Tano. Lui ha fatto la storia prima e dopo per noi. E’ stato un nostro corridore ed ora è il diesse. Ha corso praticamente sempre solo con noi per 13 stagioni vincendo da dilettante sei campionati italiani e due mondiali. Scontato dire che siamo molto legati a lui. L’altro nome è Daniele Pontoni, l’attuale cittì della nazionale. E’ stato con noi 7 anni vincendo tanto, soprattutto manifestazioni importanti. Oltre a diversi tricolori, detiene due primati tutt’ora imbattuti ottenuti con la nostra maglia. Nel 94/95 ha vinto Coppa del Mondo, unico italiano a riuscirci, ed il mondiale elite nel 1997, ultimo italiano a vincerlo».

«Se invece penso ai campioni stranieri – prosegue Guerciotti – non posso che fare il nome del belga Roland Liboton. Per darvi l’idea, lui negli anni ’80, la sua epoca era un cannibale del ciclocross. Una vera star, ciò che adesso lassù sono Van der Poel e Van Aert. Con noi ha vinto due dei suoi quattro mondiali e cinque dei suoi dieci campionati belgi. Ancora adesso quando vado in Belgio per le gare, trovo persone che ricordano bene il connubbio Guerciotti-Liboton di quel periodo. E naturalmente per noi è motivo di orgoglio e soddisfazione».

Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità
Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità

Epoca recente

L’arco temporale si sposta più avanti con atleti che hanno smesso da poco e le cui imprese appaiono più fresche. E c’è spazio anche per ricordare quei talenti inespressi che avrebbero potuto raccogliere di più.

«Certamente Marco Aurelio Fontana – va avanti Alessandro Guerciotti – è quello che ha contrassegnato un determinato periodo. E’ rimasto da noi per quattro-cinque anni nei quali lo abbiamo fatto sbocciare e lui ha contraccambiato dandoci tanta visibilità. Ha vinto un titolo italiano U23 ed elite, tanti podi in Coppa del mondo da U23 e sempre da U23 nel 2006 ha conquistato un incredibile quarto posto al mondiale che valeva una vittoria. In pratica fu il primo degli umani arrivando dietro a Stybar, Boom e Albert, ovvero tre extraterrestri in quegli anni. Quella per Marco Aurelio fu una grande stagione. Poi ha scelto la Mtb e guardando poi i risultati ottenuti, come il bronzo olimpico di Londra, direi che ha fatto bene».

«Con noi c’è stato anche Franzoi – continua – che avevamo inseguito a lungo. Purtroppo ha vinto meno di quello che poteva, anche per sfortuna. Dorigoni negli ultimi anni ci ha regalato bei successi, tra campionati italiani e tappe del Giro d’Italia del ciclocross. Però l’atleta che ritengo il più grande rimpianto in maglia Guerciotti è Elia Silvestri. Ragazzo dotato di tantissima classe e grande potenza che invece si è perso. Da junior era già con noi facendo quarto al mondiale (dove secondo chiuse Sagan, ndr) poi ha conquistato un argento all’europeo U23. Purtroppo talvolta la testa non segue le gambe e si spreca un talento. Peccato, aveva un potenziale incredibile, che avrebbe potuto vincere molto».

Le grandi ex

I vari team Guerciotti che si sono succeduti nel corso del tempo, hanno poi visto nascere anche le formazioni femminili negli ultimi 15 anni. Una realtà che vanta nomi di spicco.

«La nostra atleta più rappresentativa – spiega Alessandro – è sicuramente Alice Maria Arzuffi. La sentiamo un nostro prodotto. Ha vinto cinque tricolori tra juniores e U23, categoria quest’ultima con cui ha conquistato un argento e un bronzo agli europei. Andando ancora più indietro, ricordo con piacere Sanne Cant, una che poi ha vinto tre mondiali consecutivi da elite. L’abbiamo avuta solo nel suo secondo anno da junior con cui ha vinto a Oderzo e il titolo belga, ma è stato un vero piacere. Passa sempre a salutarci quando ci incontriamo alle Coppe del Mondo».

Fino a pochi anni fa con la maglia Guerciotti correva Gaia Realini. Non era ancora l’atleta di adesso ma già mostrava grandi doti. «Siamo legati a Gaia. Per un paio di stagioni è stata con noi, riuscendo a vincere anche un campionato italiano U23. Aveva ancora un anno di contratto, ma non potevamo chiederle di correre ancora. Abbiamo assecondato la sua volontà di abbandonare il ciclocross per la strada dove andava fortissimo. Siamo molto contenti per quello che sta facendo, è già una delle migliori in assoluto. Quest’anno ci siamo sentiti spesso per tutti i suoi risultati».

Presente e futuro

L’attualità del team FAS Airport Services-Guerciotti-Premac è proprio l’ingresso dei due nuovi sponsor, ormai già inseriti da tempo nel ciclismo. La filosofia per Alessandro sembra essere cambiata, andando verso una linea decisamente giovanile che sta regalando buone prestazioni a tutti i marchi della società.

«Tra gli uomini – chiude Alessandro Guerciotti – oggi ci simboleggia Gioele Bertolini. Ha raggiunto undici anni con noi seppur non consecutivi, ma è il secondo per militanza dietro Di Tano. Gioele ha tagliato tanti traguardi importanti con la nostra maglia. E’ stato il primo italiano U23 ad indossare la maglia di leader di Coppa del Mondo. Da U23 ha vinto il campionato italiano elite, come aveva fatto tra l’altro Silvestri. Ha vinto tappe al Giro d’Italia. E può raccogliere tanto».

«Nelle donne stiamo portando Sara Casasola a livelli sempre più alti. Stiamo facendo un buon lavoro con lei e gli sforzi stanno pagando. Il terzo posto agli europei è un grande risultato. Anche lei correrà su strada, ma al momento il ciclocross resta la sua prima disciplina. Tra le U23 la sorpresa migliore è senza dubbio Valentina Corvi se pensiamo che la sua prima gara di ciclocross l’ha fatta ad inizio novembre. A Vermiglio sulla neve ha chiuso sesta assoluta e seconda U23, prestazione grandiosa.

«Tra i più giovani stanno venendo su molto bene Mattia Proietti Gagliardoni ed Elisa Ferri. Sono al primo anno junior e non gli chiediamo subito i risultati. Vogliamo che crescano con calma per vederli protagonisti più avanti. Il ciclocross non perdona e tutto è possibile, ma nelle tre categorie femminili spero di centrare un bel tris ai prossimi campionati italiani».

Malacarne-Viezzi, videochiamata fra 2 epoche del cross

05.12.2023
7 min
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Davide Malacarne e Stefano Viezzi: fra loro ci sono 19 anni di differenza, come 19 sono gli anni fra il 2004 dell’ultima vittoria in Coppa del mondo del primo e quella di Viezzi a Troyes. Appena una settimana dopo, il friulano si è presentato a Dublino e ha vinto anche la seconda tappa della challenge del cross, rafforzando il suo primato in classifica.

Tanti punti in comune e tante differenze fra i due. Malacarne, molto impegnato nel suo lavoro per Gobik e Ridley, ammette che non ha avuto tempo e modo di vedere direttamente le imprese di Viezzi, ma lo ha seguito attraverso i media e i social, apprezzando come il friulano sia riuscito a ricucire un periodo di astinenza fin troppo lungo. Abbiamo allora pensato di metterli direttamente in contatto, attraverso le possibilità che la tecnologia oggi consente, per una chiacchierata che ha riservato molti spunti d’interesse.

Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre
Pontoni e Viezzi, un selfie per celebrare il suo secondo successo. Prossimo impegno a Namur il 17 dicembre

Un tuffo nel passato

«Le vittorie di Stefano mi hanno fatto tornare indietro con la memoria – esordisce Davide – e mi fa piacere potermi complimentare direttamente con lui che sta dando nuova luce alla nostra disciplina. Seguo purtroppo poco quello che era il mio mondo, ma so bene che cosa significa essere in cima al mondo ed è una bellissima sensazione».

«Non posso che ringraziare Davide per le sue parole – replica subito Viezzi – io mi sto impegnando al meglio e sto anche scoprendo tante cose. A Dublino dove per la prima volta, indossando la maglia di leader, sapevo di essere il punto di riferimento per i corridori. Perciò ho corso di rimessa lasciando l’iniziativa agli altri fino a un giro e mezzo dalla fine, quando ho rotto gli indugi ed è andata bene».

Davide riprende la parola e lancia un primo argomento di discussione: «E’ passato molto tempo fra le nostre due carriere e conoscendo ora Stefano, voglio dirgli di non ripetere i miei errori, per poter rimanere sulla cresta dell’onda».

Gli errori del “Mala”

Quali sono questi errori? «Lasciarsi influenzare da commenti e valutazioni esterne che finiscono per fuorviare. E’ innegabile – spiega – che i nostri tempi vissuti sulla bici siano diversi, oggi siamo nell’era della multidisciplinarietà. Esempi come quelli di Van Der Poel e Van Aert hanno cambiato tutto, stanno influenzando la cultura stessa del nostro sport. Allora era diverso, era un ciclismo più radicale dove il ciclocrossista era visto come lo sfigato. Quello di serie B che era quasi costretto a scegliere il passaggio armi e bagagli alla strada. Ma per un cambiamento totale, soprattutto qui in mezzo alle radicate tradizioni italiane, ci vuole tempo e per questo Stefano deve resistere alle pressioni esterne».

«Spero davvero di non trovarmi in una situazione simile – risponde il leader di Coppa – io da parte mia non ho la minima intenzione di mollare il cross, anche se, come è normale che sia, guardo alla strada come attività primaria. Questo però non deve comportare una scelta, sono specialità che possono benissimo coesistere».

La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)
La splendida stagione di Viezzi è iniziata con la vittoria nell’apertura del Giro d’Italia a Tarvisio (foto Billiani)

I consigli interessati

L’argomento, ricordando anche le tante discussioni dopo la conquista del titolo mondiale 2005, solletica ancor di più Malacarne, che poi ha avuto una buona carriera nel WorldTour (anche se allora si chiamava ProTour) dal 2009 al 2016 fra Quick Step, Europcar e Astana.

«Sono d’accordo – sorride – e da tifoso italiano trovo le parole di Stefano molto incoraggianti. Valutando bene gli impegni si può fare tutto. E’ giusto considerare la strada come impegno fondamentale per la propria carriera, ma va fatto in maniera ponderata. Se c’è un atteggiamento di chiusura da parte di chi consiglia, posso solo dire a Stefano di chiedersi sempre perché, che cosa c’è dietro da parte di chi la pensa in quel modo».

Ma se Malacarne avesse corso nel ciclismo di Van Aert e Van der Poel, sarebbe cambiato qualcosa? «Probabilmente sì considerando il peso che hanno. Anche ai miei tempi – risponde il veneto – c’era chi correva su strada a buoni livelli, da Sven Nys a De Clercq, ma non era la stessa cosa, non avevano quell’importanza. Ora la multidisciplina comanda: lo stesso Pogacar d’inverno fa qualche gara di cross e nessuno lo condanna per questo».

Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya
Malacarne ha corso su strada per 8 stagioni, conquistando anche una tappa alla Volta a Catalunya

Due epoche diverse

Stefano, hai avuto occasione di vedere online qualcuna delle gare di cross al tempo di Malacarne? «Non ho visto direttamente quelle di Davide – ammette il friulano – ma alcune sì, soprattutto le imprese di Pontoni. Le differenze con i cross di adesso sono notevoli, soprattutto a livello di componentistica e di percorsi. La cosa che mi ha colpito è che gli ostacoli allora si speravano ancora a piedi, ora li saltiamo direttamente…».

«Il cross stava cambiando ai miei tempi – ricorda Malacarne – si cominciava anche allora a superare le tavole rimanendo in bici. Prima dei miei tempi le gare erano molto più basate sulla parte podistica e le bici pesavano tantissimo. Si cominciava a lavorare sulle sue varie componenti. Ora il peso è enormemente minore e questo ha contribuito a cambiare lo stesso modo di intendere la specialità».

Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)
Per Viezzi una discreta stagione su strada per il Team Tiepolo, con il 2° posto al Giro del Friuli (foto Instagram)

Belgio e Olanda? Semplici comparse…

Continuiamo nel confronto fra le due epoche, partendo dalle prove di Viezzi, che ha avversari di valore, ma pochi provenienti dalle due patrie della specialità, Belgio e Olanda. Perché?

«E’ una bella domanda. Io credo – ragiona – che nelle categorie giovanili ci sia maggior concorrenza, tanti Paesi operano nel cross e possono emergere. Ogni gara è a sé, dipende dalle caratteristiche del corridore che si mette in luce su questo o quel percorso. Poi arrivando fra i professionisti, le due scuole principali fanno leva sul loro movimento di gare e prendono il sopravvento».

«Quando io vinsi il mondiale – annota Malacarne – il secondo fu uno svizzero che poi ha avuto una lunga carriera nel ciclocross, terzo un tedesco che fino a due anni fa correva con la Bora. Belgi e olandesi? Neanche visti. Concordo con Stefano, quel che cambia con la crescita è la situazione culturale: in Belgio e Olanda con il cross si può vivere bene, si monetizza, c’è un gran movimento di gare con cui non possiamo competere. Ma pian piano anche altri Paesi stanno emergendo, la stessa Gran Bretagna non è più legata solo a Pidcock, tanto per fare un esempio».

Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi
Davide Malacarne si è ritirato da qualche anno. Lavora per Gobik e Ridley e conserva con cura i suoi ricordi

Lo stimolo Philipsen

E’ il momento di chiudere la piacevole parentesi, ma prima Davide ha un augurio da fare: «Stefano, il talento e il tempo sono dalla tua parte, vai avanti su questa strada e pensa che è decisamente ora di riportare quella maglia a casa. E magari non solo quella…».

«Ce la metterò tutta – risponde fiero Viezzi – non ho paura di chi mi troverò davanti. So che anche Philipsen sta per arrivare, che punta alla terza maglia iridata dopo quelle su strada e in mtb: sarà uno stimolo in più…».