La strana storia di Laporta, dalla ginnastica artistica al Giro Women

10.07.2025
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BERGAMO – Sulle gambe e sulle braccia si notano i segni di alcune cadute più o meno recenti. Qualcuno dice che le cicatrici siano sinonimo di esperienze vissute e probabilmente per Linda Laporta potrebbe essere decisamente così. Anzi, lo ammette lei stessa. Il ciclismo lo sta vivendo sulla propria pelle da pochissimo tempo dopo essere stata una campionessa di ginnastica artistica.

Una vita dedicata ad una disciplina per lo più individuale in cui vieni votata al termine dell’esercizio per poi passare ad una in cui corri in mezzo a tante altre colleghe. Essere in gara al Giro d’Italia Women è un sogno ad occhi aperti per la 25enne della BePink-Imatra-Bongioanni che ha trovato una nuova dimensione atletica diametralmente opposta a quella precedente. Dal 2023 ad oggi è come se avesse fatto un… salto triplo, giusto per restare in tema sportivo.

Quest’anno lo aveva aperto andando subito in fuga per 120 chilometri nella prima tappa del UAE Tour Women. Pronti-via così, nell’azione che al momento le viene meglio visto che in gruppo sta imparando a conviverci, ma Laporta è mossa da grandi motivazioni e voglia di imparare in fretta. In questo senso il retaggio avuto dalla ginnastica artistica, dove perfezionare al millesimo ogni movimento è un imperativo, aiuta molto. E finora Linda ha corso tantissimo tra corse a tappe e classiche, trovando anche un incoraggiante settimo posto al Giro dell’Appennino a fine giugno.

Linda predilige percorsi mossi, ma al Giro Women sta scoprendo ulteriormente le sue caratteristiche
Linda predilige percorsi mossi, ma al Giro Women sta scoprendo ulteriormente le sue caratteristiche

Tutto in un minuto

Laporta al Giro Women corre col dorsale 34 e sa che deve portare il suo mezzo, la bici, il prima possibile al traguardo in tappe di qualsiasi lunghezza o durezza. Nella sua prima vita da atleta invece non era del tutto padrona della propria esibizione.

«Fino a vent’anni – racconta la ragazza originaria di Tribiano nel milanese e modenese di Bastiglia d’adozione – ho praticato uno sport nel quale ti devi allenare duramente 8/10 ore al giorno per disputare gare di uno o due minuti al massimo, dove vieni giudicata. E magari la votazione raggiunta non basta o non è giusta per ottenere un risultato.

«Nella ginnastica artistica – prosegue Laporta – esistono quattro specialità: trave, corpo libero, volteggio e parallele. Si può vincere sia per attrezzo che nella generale ed il livello medio è sempre stato alto. Di vittorie ne ho ottenute tante, anche se ormai non le ricordo più (sorride, ndr) perché sono passati un po’ di anni. Ricordo bene invece che ci si allenava e si gareggiava in Italia e all’estero per poi centrare l’obiettivo di partecipare a mondiali, europei e chiaramente olimpiadi. Ora molte cose sono diverse e mi piace tantissimo quello che sto facendo».

Laporta è andata in fuga per 120 chilometri alla prima tappa del UAE Tour, suo esordio stagionale
Laporta è andata in fuga per 120 chilometri alla prima tappa del UAE Tour, suo esordio stagionale

Gli insegnamenti di Zini

In pratica Laporta pedala seriamente dal 2023 e solo l’anno scorso nella BTC City Ljubljana Zhiraf Ambedo ha fatto la sua prima stagione in un team continental. Quest’anno ha fatto un netto salto di qualità come calendario e per farlo ha seguito gli insegnamenti di Walter Zini, team manager della BePink, che ha visto in lei una ragazza su cui lavorare. E la convocazione al Giro Women se la è guadagnata sul campo.

«Il mio problema principale – spiega Linda – è che non avevo un bagaglio di esperienza tale per allenarmi e correre come si deve. Con Walter abbiamo deciso di impostare un programma ben preciso e lo ringrazio per avere avuto pazienza con me e per avermi portata al Giro. In squadra abbiamo un buonissimo livello. La concorrenza interna mi ha stimolata tanto ed io ho fatto il possibile per meritarmi la chiamata. Sono contenta perché Walter mi ha fatto fare un buon lavoro».

«Anche a cronometro – va avanti – abbiamo fatto tante rifiniture. Mi ha seguito spesso in presenza per aiutarmi a migliorare. Cerco e spero di ricambiare cercando di farmi vedere il più possibile in gara perché lo posso fare. Anzi, se potessi andrei in fuga sempre, anche se alcuni giorni mi viene meglio. Finora a questo Giro non ci sono riuscita, ma continuo a sognare in grande, come credo facciano in tante con le dovute proporzioni».

Finora nel 2025 Laporta ha fatto quasi 40 giorni di gara, distribuiti quasi equamente tra gare a tappe e classiche
Finora nel 2025 Laporta ha fatto quasi 40 giorni di gara, distribuiti quasi equamente tra gare a tappe e classiche

Caratteristiche da scoprire

Capire che tipo di corridore sei quando arrivi da altri sport o corri da poco è qualcosa che scopri col passare del tempo, al netto dei valori espressi dai test. Laporta è una ragazza che non ha paura di allenarsi per ore per definire le proprie caratteristiche.

«La mentalità dell’atleta è sempre quella – puntualizza Linda – e credo che Walter mi abbia fatto ritornare ad essere quell’atleta che era convinta dei propri mezzi come in ginnastica artistica. Le gambe credo siano sempre quelle che facevano una bella quantità di ore. Non avendo pedalato da bambina, il fondo è sempre utile, così come immettersi in gruppo in gara e capire le dinamiche osservando tanto».

Fino a 20 anni ha fatto ginnastica artistica, ora Laporta sta imparando a stare in gruppo seguendo i consigli di Zini
Fino a 20 anni ha fatto ginnastica artistica, ora Laporta sta imparando a stare in gruppo seguendo i consigli di Zini

«Correndo tanto – conclude Laporta facendo un cenno al passato – ho accertato che sono una passista-scalatrice e che prediligo i percorsi piuttosto mossi. Al Giro dell’Appennino mi sono trovata a mio agio e sono andata bene, anche se so che il livello era più basso rispetto al WorldTour. Però sto lavorando molto anche sulle salite più lunghe e sono pronta a dare il meglio di me anche su quel terreno. Se penso ad un anno fa, quando ho iniziato a lavorare con Walter, sono davvero contenta di come sto crescendo. Lui mi aveva già scoperto le carte su che tipo di corridore potevo diventare. E finora si è rivelato tutto giusto. Incredibile, sto correndo il Giro Women e non potrei chiedere di meglio».

A tu per tu con Marion Rousse: il ciclismo femminile a tutto tondo

27.04.2025
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LIEGI (Belgio) – E’ un piovoso pomeriggio tra la Freccia Vallone e la Liegi-Bastogne-Liegi, l’appuntamento è fissato per le 16 ma sia noi che Marion Rousse arriviamo (un po’) in ritardo: il traffico a quanto pare non è solo questione delle città italiane.

Con la direttrice del Tour de France Femmes, l’argomento non può che essere il ciclismo femminile. Se ne parla a tutto tondo. E dalla chiacchierata emerge la grande voglia di crescita che c’è in Francia. Una cultura e una lungimiranza che sarebbe bello riuscire a captare.

Marion è la direttrice del Tour de France Femmes ed è anche commentatrice tecnica per France Television
Rousse è la direttrice del Tour de France Femmes ed è anche commentatrice tecnica per France Television
Marion, cominciamo con il Tour de France Femmes. Andiamo verso la quarta edizione da quando è rinato nel 2022: cosa è cambiato in questo tempo?

E’ vero che è solo la quarta edizione, ma è molto di più. Ho l’impressione che siamo stati accettati dal pubblico e siamo entrati nel quotidiano della gente. Volevamo creare con il Tour de France Femmes avec Zwift una corsa che permettesse di essere conosciuta non solo dagli appassionati più stretti. Ma perché è il Tour de France: hai voglia di guardarlo perché avviene durante le vacanze, perché è un evento gratuito e perché puoi viaggiare con lui: dal vivo o dalla tv.

Viaggiare…

Sin dalla prima edizione abbiamo voluto ricreare un evento sportivo che fosse fantastico da seguire. Le donne hanno risposto alla grande. Volevamo riprendere i “codici”, i cardini, del Tour de France che funzionano e ricreare quella magia anche sul Tour de France Femmes. Penso alla carovana, al fatto che sia un evento popolare, al percorso… Quindi in solo quattro anni c’è già stato un prima e un dopo Tour Femmes.

E con questa ultima frase hai toccato già un altro argomento. Cosa ha fatto e sta facendo il Tour Femmes per le giovani cicliste?

Sin qui era qualcosa di anormale mettere una ragazza su una bicicletta. Quante volte da piccola mi sono ritrovata ad essere l’unica bambina a partire in gara tra tutti bambini. Ora offriamo l’opportunità di mostrare ai genitori che invece è normale, che una ragazza su una bicicletta è bellissima e che le cicliste possono essere delle vere atlete di alto livello. Le giovani possono identificarsi con le campionesse. Che sia per prendere la bici in vacanza o per fare agonismo. Prima del Tour de France Femmes questo non era possibile, o non lo era del tutto. E’ difficile identificarsi in campionesse che non si conoscono. O se non ci sono gare. Adesso ci sono.

In Francia l’attesa del Tour Femmes è notevole. La partecipazione organizzativa è di parli livello con il Tour maschile
In Francia l’attesa del Tour Femmes è notevole. La partecipazione organizzativa è di parli livello con il Tour maschile
L’anno scorso Christian Prudhomme ci ha detto che il Tour de l’Avenir è sostenuto dal Tour de France. Cosa fa il Tour Femmes?

Christian ha ragione. Lui ha l’abitudine di dire che il Tour de France è la cima della piramide, ma perché la piramide si tenga la base deve essere solida. E quella base è anche del Tour stesso. La base proviene dalle giovani, per esempio dal Tour de l’Avenir Femmes, che esiste da poco tempo, ma anche dalle corse come il Tour de Bretagne e da tutte le competizioni che esistevano prima di noi, che permettono alle giovani di iniziare e progredire di anno in anno.

Chiaro…

Parliamoci chiaro, prima in gruppo c’erano cinque ragazze pagate e tutte le altre correvano per loro. Le corse pertanto non erano interessanti. Il fatto di avere attirato sponsor, investito nel ciclismo femminile e che l’UCI abbia introdotto i salari minimi fa sì che oggi tante ragazze siano professioniste e professionali.

Di conseguenza il livello si alza…

Si alza, ma soprattutto è più omogeneo. Le gare sono molto più interessanti. In tutte le classiche che abbiamo visto c’è sempre stata suspense e non ha mai vinto la stessa atleta. Ma torno a prima: per arrivare a questo punto è necessario che anche le piccole corse sopravvivano. E devono avere attenzione.

Il livello tecnico atletico è notevolmente aumentato. Rousse faceva notare come in molte gare arrivino in tante al momento clou
Il livello tecnico atletico è notevolmente aumentato. Rousse faceva notare come in molte gare arrivino in tante al momento clou
E’ vero che c’è una forte domanda da parte delle località per accogliere le tappe del Tour Femmes?

E’ vero! In quasi il 90 per cento dei casi, quando una località si candida per ospitare una tappa lo fa per entrambe le Gran Boucle, uomini e donne. E’ fantastico. Con il mio lavoro di commentatrice per France Télévisions, mi sposto molto e ovunque mi cercano di persona dicendomi che sarebbero felici di accogliere il Tour Femmes. Prendiamo l’Alpe d’Huez…

Raccontaci…

Salita mitica che non ha bisogno di nulla ormai, da sempre hanno visto gli arrivi degli uomini, ebbene ci hanno accolte esattamente alla stessa maniera. Nelle riunioni ci hanno detto: «Ciò che abbiamo fatto per gli uomini vogliamo farlo per le donne. Non vediamo nessuna differenza».

Sei tu che tracci i percorsi?

Lo facciamo insieme a Franck Perque, che è stato ciclista pro’, soprattutto su pista. E’ soprattutto lui che gestisce i tracciati, ma ovviamente siamo sempre in contatto e condividiamo le nostre idee. Anche il tracciato dell’anno prossimo è praticamente finito.

Il ritorno di Ferrand Prevot su strada e la sua vittoria alla Roubaix sono un vero spot per le giovani cicliste francesi
Il ritorno di Ferrand Prevot su strada e la sua vittoria alla Roubaix sono un vero spot per le giovani cicliste francesi
Quest’anno avete inserito tre tappe molto lunghe, oltre 160 chilometri. Perché?

E’ vero, ma ora che il livello è più omogeneo ci si può permettere anche un po’ più di “follia”. Pensiamo che alla Freccia Vallone al penultimo passaggio erano ancora in cinquanta davanti. E alla Parigi-Roubaix Femmes a pochi chilometri dalla fine erano in tre a giocarsi la vittoria. Avendo una tappa in più abbiamo messo frazioni un po’ per tutti all’inizio, perché poi la montagna sarà tanta. Già dal giovedì, quando arriveremo a Clermont-Ferrand, il dislivello sarà parecchio.

Cosa pensi dell’ipotesi di portare i grandi Giri femminili a due settimane? E’ possibile?

Fisicamente parlando è possibile. Le ragazze sono in grado di fare un Giro di 15 giorni. Però attenzione: prima abbiamo parlato della base della piramide. Ci sono gare che esistevano prima di noi e se prendi 15 giorni di corsa vai ad eliminarle o a coprirle in qualche modo. Bisogna andare progressivamente perché anche se il ciclismo femminile è cresciuto, non ha nulla a che vedere con quello degli uomini.

Cosa intendi?

Le squadre femminili sono di 15 atlete, quelle maschili di 30. Lo staff non è lo stesso. Se porti 15 ragazze in un grande Giro, poi non ne hai per le altre gare. Non si chiude la porta a niente: già in 4 anni abbiamo aumentato di una il numero delle frazioni. Questo mostra che andiamo avanti, ma dobbiamo restare prudenti. La prima cosa è rispettare le altre gare. Abbiamo un ruolo di accompagnamento, non di rottura.

Però sul fronte tecnico e tattico una gara di due settimane cambia…

Sì, ovviamente in 15 giorni puoi fare un percorso più lungo. E poi non dipende solo da noi: serve l’autorizzazione dell’UCI per certe distanze.

Marion Rousse (classe 1991) ha corso fino al 2015. E’ stata campionessa di Francia nel 2012 (foto Philippe Poullea)
Marion Rousse (classe 1991) ha corso fino al 2015. E’ stata campionessa di Francia nel 2012 (foto Philippe Poullea)
Il percorso è più duro e meglio ripartito. Chi è la tua favorita?

Beh, penso a Demi Vollering, ma anche alla campionessa uscente. E a Pauline Ferrand-Prévot. La “vecchia” campionessa francese che ritorna su strada dopo aver vinto tutto in mtb e ti dice: «Sono tornata su strada perché c’è il Tour Femmes ed entro tre anni voglio vincerlo». Dopo aver vinto anche la Roubaix. E’ geniale. Vi dico questa…

Vai…

Sui ragazzi francesi c’è una grande pressione perché si torni a vincere il Tour dopo Hinault. E spesso con Christian scherziamo a fine Tour ogni anno: «Voilà, non abbiamo vinto il Tour». Vai a vedere che alla fine l’erede di Bernard Hinault è una ragazza. Però per la prossima edizione credo che Vollering sia ancora un po’ superiore. Anche Lotte Kopecky è molto forte.

Ed Elisa Longo Borghini?

Sì, giusto Elisa… Ma non ha mai avuto troppa fortuna al Tour. Certo, è molto forte. Pensate che mentre commentavo la Freccia Vallone riflettevo: sono già più di 10 anni che è professionista ed è incredibile. Ogni anno migliora. E poi è anche forte a cronometro.

Due delle favorite per la prossima maglia gialla secondo Rousse: Vollering e Niewiadoma
Due delle favorite per la prossima maglia gialla secondo Rousse: Vollering e Niewiadoma
Piccolo passo indietro: si dice sempre che il ciclismo femminile cresce. Ma cosa significa concretamente?

Significa che prima non c’erano sponsor perché non si parlava di noi. Le gare non venivano trasmesse in tv, c’erano appena i risultati su internet… Ora non è così. Hanno visto che è bello guardare il ciclismo femminile in tv e va bene anche per gli spettatori. Io, che vengo dalla tv, e vedo che il ciclismo femminile funziona. Quando si fa una corsa maschile e femminile nella stessa giornata, come alla Freccia Vallone, gli spettatori restano per guardare l’arrivo delle donne.

A questa cosa ci pensavamo proprio ad Huy. Come mai voi di ASO proponete prima la gara maschile e poi quella femminile?

Perché ci siamo resi conto che c’è più interesse. Quando vedono passare la gara maschile dicono: «Ah ma ci sono anche le donne», e restano. E questo è un fatto. Nel caso contrario, la corsa femminile non riceve la stessa attenzione.

Rispetto ai tuoi tempi il ciclismo è cambiato molto. Ma ti piace tutto di questa evoluzione?

Ho vissuto il mio ciclismo. Ora seguo quest’altro dalla macchina e sono molto felice di essere direttrice di una corsa, di uno sport, che permette alle ragazze di non vivere ciò che ho vissuto io. Le gare erano poche, bisognava bussare alle porte perché non c’erano soldi per organizzare, non ne avevano nemmeno le atlete. Oggi hanno più diritti, la maternità, uno stipendio minimo, sono meglio seguite dagli staff. No, non c’è niente che rimpiango della mia epoca. Oggi le vedo felici, contente al via delle corse. Alla Freccia le prime nel finale hanno fatto la salita che sarebbe stato il 18° tempo tra gli uomini. Vanno forte.

Casasola, la sosta può attendere. Sanremo, poi rotta sulle Ardenne

17.03.2025
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Per chi arriva dal ciclocross, la stagione su strada è una normale prosecuzione di quella invernale. Una volta terminate le scorribande nel fango, Sara Casasola è passata al… gravel della Strade Bianche Women per il suo esordio con la Fenix-Deceuninck. E ieri è stata protagonista in fuga per più di sessanta chilometri al Trofeo Binda vinto da Balsamo.

«Ieri è andata bene – analizza Casasola con la tipica calma del mattino successivo – il mio compito era quello di andare in fuga e sono riuscita a farlo sulla prima salita del primo passaggio del circuito di Cittiglio. Significa che stavo bene di gambe. Siamo state fuori per metà gara poi ci hanno ripreso a due giri dal termine. A quel punto sono un po’ crollata perché ancora mi manca il finale di gara. Attualmente fino alle tre, tre ore e mezza di corsa sono ancora reattiva, poi mi si spegne la luce. Complessivamente sono molto soddisfatta della mia prestazione perché le mie compagne d’avventura erano tutte molto forti e il ritmo è sempre stato alto».

Nel mezzo, tra Siena e Cittiglio, la 25enne friulana aveva disputato anche il Trofeo Oro in Euro chiudendo davanti, sintomo di una condizione buona e comunque finora ben gestita. Adesso però c’è una primavera che la attende ed è proprio Casasola che ci racconta quali sono i suoi programmi prima di tirare il fiato con calma ed impostare la seconda parte.

Sara com’era andato l’avvicinamento alla Strade Bianche dopo una bella ed intensa stagione nel cross?

Il 16 febbraio ho fatto la mia ultima gara in Belgio (chiusa con la vittoria, ndr) e di comune accordo con la squadra ho fatto quattro giorni totalmente senza bici. Mi sono serviti fisicamente, ma anche tanto mentalmente per ricaricarmi. Dopodiché ho iniziato a fare tante ore di fondo, sapendo tuttavia che la mia autonomia in gara sarebbe stata ancora limitata. Infatti a Siena per due ore e mezza sono andata bene, svolgendo soprattutto i lavori per Kastelijn e Pieterse (rispettivamente sesta e settima al traguardo, ndr). Sia i miei diesse che io sapevamo che nel finale sarei calata. Una gara del genere non la puoi improvvisare, però l’ho comunque preparata e corsa con tanta motivazione.

Viste le tue doti nel fuoristrada, aver esordito alla Strade Bianche è stato più semplice del previsto?

Posso dire sicuramente che saper guidare la bici e sapere come muovermi in certe condizioni mi ha aiutato tanto ad evitare cadute nei tratti sterrati, nei quali riuscivo a recuperare posizioni. Poi certo, quando ti trovi a fare Le Tolfe a blocco, quella è un’altra cosa (sorride, ndr). Nel secondo passaggio sentivo che mancava un po’ di potenza. Tutto sommato sono contenta perché il giorno dopo a Montignoso, seppure il percorso fosse meno esigente ma con un buon livello di partenti, sono andata bene. Insomma, ho tutto il tempo per entrare in forma.

Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Dopo una bella stagione nel cross, Casasola ha esordito con la Fenix-Deceuninck sugli sterrati della Strade Bianche
Il tuo calendario cosa prevede nelle prossime settimane?

Correrò la Milano-Sanremo Women poi andrò in ritiro con la squadra a Benicasim per quasi un mese a preparare le Ardenne. Dovrei rientrare il 18 aprile con la Freccia del Brabante e sulla carta dovrei correre anche Amstel, Freccia Vallone e Liegi. Il programma indicativamente è questo, ma vedremo solo più avanti.

Dopo le Ardenne per Sara Casasola ci sarà la tanto sospirata sosta per recuperare?

Sì, certo. Abbiamo previsto 10-15 giorni di pausa totale senza bici. L’idea è questa, perché abbiamo il tempo necessario per riprendere i lavori in vista del Giro d’Italia Women. In quella occasione, essendo il mio primo anno in un team WorldTour come la Fenix-Deceuninck, spero di essere di aiuto alle compagne che punteranno alla generale. Per quello che mi riguarda invece, mi piacerebbe provare a giocare le mie carte in alcune tappe.

Nell’ultima annata ti abbiamo vista più asciugata fisicamente e sei entrata in una nuova dimensione anche su strada. Pensavi di aver perso il treno giusto?

Per come va il ciclismo in generale, un corridore della mia età può essere considerato… non più giovane, per non dire vecchio (sorride, ndr). Anche nel ciclismo femminile c’è questa tendenza, però è anche vero che ci sono più occasioni per entrare in un team di alto livello. A me è capitata questa possibilità e tutto sta andando di conseguenza.

Cosa intendi?

Le motivazioni aumentano in base ai risultati o alle prestazioni e viceversa. Ora posso fare la vita da pro’ e mi sento sicuramente più serena. Probabilmente sono calata di peso proprio per questo motivo, senza dover fare diete drastiche. Lavorare con la mente più libera da certi pensieri ti aiuta a performare meglio. Bisogna avere pazienza e fiducia perché poi le cose arrivano.

La nuova data del Binda e l’idea di una “campagna” italiana

28.02.2025
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Alla fine non c’è stato alcun braccio di ferro fra il Trofeo Binda e la Milano-Sanremo Women per la data delle due gare. Si è trattato solo di aspettare l’evoluzione quasi naturale della situazione e cogliere un’opportunità buona per tutti. A Cittiglio si correrà il 16 marzo, sei giorni più tardi andrà in scena la prima edizione della “Classicissima” al femminile.

La querelle di una possibile concomitanza in calendario tra le due corse era sorta due anni fa, alle prime voci della nascita della Milano-Sanremo Women. Tuttavia Mario Minervino, presidente della Cycling Sport Promotion che organizza il Trofeo Binda, era stato tanto irremovibile quanto sereno di ciò che sarebbe stato. Ora, con la vicenda già archiviata senza alcun strascico di polemica, lo stesso Minervino ci ha spiegato cosa gli piacerebbe vedere per il bene del ciclismo femminile nelle prossime primavere in Italia.

Mario Minervino, qui con Elisa Balsamo, vorrebbe che si creasse una “campagna” italiana attorno alle tre gare WorldTour italiane
Mario Minervino, qui con Elisa Balsamo, vorrebbe che si creasse una “campagna” italiana attorno alle tre gare WorldTour italiane
Mario giusto per chiarire una volta per tutte, com’è andata la questione delle date?

Non abbiamo avuto l’imposizione di nessuno nel cambiare il giorno. Il Trofeo Binda è arrivato alla ventiseiesima edizione, migliorandosi di anno in anno, e quindi l’UCI ha sempre privilegiato noi nel calendario rispetto ad altre corse dello stesso weekend. Contestualmente ho sempre ragionato col buon senso e penso di averlo fatto anche stavolta. Non appena ho saputo che la Ronde van Drenthe in Olanda quest’anno non si sarebbe fatta, ho proposto all’UCI di anticipare di una settimana la nostra gara e hanno accettato. In realtà speravo si potesse creare un nuovo progetto per le corse italiane.

Cosa intende?

Innanzitutto voglio precisare che adesso ho occupato il nuovo slot della data per il Trofeo Binda anche per il futuro. Quindi d’ora in poi l’Italia con Strade Bianche e Sanremo avrà tre gare WorldTour femminili consecutive nell’arco di due settimane. Ecco, a contorno di tutto ciò, sarebbe stato bello che all’interno di questo lasso di tempo si fosse inserito anche il Giro del Mediterraneo in Rosa (previsto dal 9 al 13 aprile, ndr) oltre al Trofeo Oro in Euro di Montignoso e il Ponente in Rosa in Liguria. Ci pensate…

Sarebbero dodici giorni di gare italiane in due settimane. Sarebbero gestibili?

Io penso proprio di sì. Avremmo la possibilità di avere tutte le formazioni straniere e italiane, WorldTour e non, che magari restano in Italia ad allenarsi per tutto quel periodo. Ne gioverebbe tutto il ciclismo femminile italiano, giovanile compreso, oltre che la ricettività alberghiera e altri settori. Se si fa da sempre la consueta campagna del Nord stando un mese tra Belgio, Francia e Olanda, non vedo perché non si possa fare la stessa cosa da noi. La Federciclismo dovrebbe pensarci e cogliere questo messaggio di valorizzazione del nostro movimento.

E’ un’idea interessante su cui riflettere, però torniamo sul Trofeo Binda. Quali sono le novità?

Vi dico la verità, mi trovo più a mio agio a parlare della nostra corsa, che è rimasta l’unica classica WorldTour in Europa ad essere totalmente al femminile. Quest’anno partiremo da Luino, ci sarà un primo tratto rinnovato prima di arrivare a Cittiglio per il finale. Abbiamo portato da 5 a 6 i giri del tradizionale circuito, aumentando pertanto il chilometraggio da 140 a 152 chilometri. Come vedete ci siamo adeguati al resto delle corse di questa portata. Naturalmente avremo sempre il Piccolo Trofeo Binda per le juniores con tre giri del circuito per un totale di 72,5 chilometri.

Il Trofeo Binda, vinto nel 2024 da Balsamo su Kopecky, da quest’anno anticipa di una settimana
Il Trofeo Binda, vinto nel 2024 da Balsamo su Kopecky, da quest’anno anticipa di una settimana
Riporterete anche esordienti e allieve il 16 marzo?

No, restiamo come abbiamo fatto l’anno scorso. Ci sarebbe piaciuto avere ancora le quattro gare femminili come nel 2023, ma ci siamo accorti che diventava tutto più complicato da gestire. Avremmo rischiato di non dare il giusto peso alle corse. Un anno fa abbiamo organizzato il Trofeo Binda Giovanile per esordienti e allieve il 30 giugno e quest’anno dovremmo mantenere quel periodo. Lo ufficializzeremo fra poco.

Visti i risultati di questo inizio di stagione, si sentirebbe di fare un pronostico per il Trofeo Binda?

Francamente no, troppo difficile. Cittiglio è una gara a sé, tutta da scoprire solo quando la corri. E’ un percorso che si apre alle velociste come alle passiste-scalatrici. Forse è una frase fatta, ma dipenderà da come interpreteranno la corsa le atlete e le squadre. Guardando l’albo d’oro, è una gara che premia grandi campionesse o, nel caso delle juniores, che lancia giovani talenti verso un sicuro futuro. Anche quest’anno il livello sarà molto alto in entrambe le corse.

Noemi Cantele, Tatiana Guderzo, tricolori 2011
A Minervino sarebbe piaciuto vedere la varesina Cantele (qui prima al tricolore nel 2011) trionfare al Trofeo Binda
Noemi Cantele, Tatiana Guderzo, tricolori 2011
A Minervino sarebbe piaciuto vedere la varesina Cantele (qui prima al tricolore nel 2011) trionfare al Trofeo Binda
Invece considerando tutte le edizioni che ha condotto, c’è una atleta che Mario Minervino avrebbe voluto vedere trionfare a Cittiglio?

Non ho mai avuto preferenze, anche se non nascondo che sono contento quando vince un’italiana. Un nome però lo faccio volentieri. Mi sarebbe piaciuto vedere vincere Noemi Cantele perché è un’amica innanzitutto e perché è di Varese. Se lo sarebbe meritato e un suo successo avrebbe fatto bene a tutto il nostro territorio.

Velo, il nuovo cittì femminile che si ispira a… Julio Velasco

25.02.2025
6 min
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Le anticipazioni delle settimane scorse hanno trovato conferme nel consiglio federale del 22 febbraio con un effetto domino tra i cittì delle varie nazionali. La guida delle nazionali femminili su strada è andata a Marco Velo, che lascia quella delle crono e rileva il ruolo che fu di Paolo Sangalli nell’ultimo quadriennio. Una scelta neanche tanto a sorpresa se ci si riflette con attenzione.

Il 51enne tecnico bresciano aveva già avuto modo di conoscere il movimento femminile attraverso le crono negli eventi internazionali, raccogliendo anche diversi titoli, ma d’ora in poi si tratterà solo di approfondire le tre categorie in maniera più continuativa. Se elite e U23 sulla carta sono più semplici da seguire, anche solo per un discorso di visibilità mediatica, Velo sa che dovrà avere uno sguardo più completo sulle juniores. Per farlo si avvarrà di un paio di figure fidate ed uno staff pronto ad appuntarsi tutto quanto ne valga la pena. Appena rientrato dal UAE Tour, ne abbiamo approfittato subito per sentire le sensazioni del nuovo cittì femminile, scoprendo con piacere anche chi è il suo modello di riferimento e per quale motivo.

Passaggio di consegne. Velo subentra a Sangalli e assieme a Longo Borghini sembra indicare i prossimi obiettivi
Passaggio di consegne. Velo subentra a Sangalli e assieme a Longo Borghini sembra indicare i prossimi obiettivi
Marco l’investitura è arrivata che eri negli Emirati. Hai già appuntamenti in agenda?

Mentre ero giù mi sono organizzato per questi giorni con diverse telefonate. Tra oggi e domani, visto che abito a pochi minuti dal velodromo, sarò in pista a Montichiari per alcuni test di valutazione con le juniores. Tutte ragazze selezionate per la pista che possono tornare utili anche su strada. Anche quando curavo le crono, col Team Performance della pista c’è sempre stata un’ottima collaborazione. E sarà così ancora con Diego Bragato, che è diventato il cittì della pista femminile. Se ci pensate, a parte Longo Borghini e pochissime altre, tutte le altre ragazze del giro azzurro fanno doppia attività.

Cosa cambia dal ruolo che avevi prima?

Prima avevo una forte collaborazione con Sangalli, specialmente per i riscontri che ricevevo sulle juniores. Adesso la situazione si è ribaltata. In tutta questa nuova situazione sarò aiutato da Marta Bastianelli e Silvia Epis, ma anche dalle stesse società giovanili con le quali saremo sempre in contatto. Marta l’ho sentita molto motivata ed è un carrarmato (dice sorridendo, ndr). Fra poco partorirà e mi ha già detto che sarà disponibile per la nazionale, ma le ho detto di non correre troppo. Silvia invece seguirà il giovanile, come sempre, ed è una garanzia in quel senso.

Da cittì delle crono Velo ha lavorato con le juniores nei Mixed Relay. Approfondirà la categoria con l’aiuto di Marta Bastianelli e Silvia Epis
Da cittì delle crono Velo ha lavorato con le juniores nei Mixed Relay. Approfondirà la categoria con l’aiuto di Marta Bastianelli e Silvia Epis
Quanto senti di conoscere il mondo femminile?

Naturalmente saranno fondamentali gli aiuti di Marta e Silvia per farmi entrare in questo settore in modo più completo. So che devo crearmi un bagaglio di conoscenze maggiori rispetto a prima e so che dovrò vedere le gare delle juniores per farmi meglio un’idea quando non sarò impegnato con le corse di RCS Sport. Le società giovanili devono stare tranquille anche se non mi dovessero vedere perché ci sarà sempre qualcuno sul campo gara. Grazie a Marta e Silvia le juniores saranno sempre monitorate. Loro saranno i miei occhi quando sarò assente.

Pensi che il tuo ruolo durante le corse RCS ti possa limitare più del dovuto?

No, tutt’altro. Penso che sia una risorsa da sfruttare a nostro favore. Sarò direttore di corsa della Strade Bianche Women e della Sanremo Women, quindi potrò vedere da vicino come si evolve la gara. E anche al Giro Women sarà uguale. Sono tutte occasioni per capire come stanno le nostre ragazze, ma anche le avversarie. Rispetto a prima vedrò le corse sotto un altro punto di vista.

La nazionale femminile è una di quelle che ha conquistato più medaglie. Ti spaventa raccogliere questa eredità o la vedi come un ulteriore stimolo?

Bisogna fare un discorso più ampio. Non sono spaventato dalle medaglie, così come sono fiducioso e motivato di poter fare bene. Tuttavia so che ci sono aspettative alte. Il grande lavoro sarà mantenerle e gestire le critiche che potrebbero arrivare qualora non centrassimo dei risultati. E’ un aspetto che ho considerato e che sono pronto ad affrontare. Vorrei essere all’altezza dei miei predecessori, soprattutto per la cura del gruppo in termini di armonia e solidità che si è formato negli anni scorsi.

Basandoci sulle tue scelte da cittì delle crono negli eventi internazionali, l’impressione è che non avrai problemi a guidare la nazionale femminile. Che idea ti sei fatto?

Ho sempre detto che i Mixed Relay, sia dei pro’ che dei giovani, sono stati utili per fare un grande lavoro di gruppo e di equilibrio tra uomini e donne. Le scelte di alcune atlete potevano essere considerate delle scommesse, che poi però siamo riusciti a vincere. La mia percezione è quella di essere sulla stessa lunghezza d’onda delle ragazze, ma so che avrò bisogno di tutti per mantenerla tale. A breve faremo una riunione con il nostro staff per capire bene cosa fare e come muoverci.

Julio Velasco ha vinto tutto nel volley maschile e femminile. Velo si ispira a lui e lo vorrebbe incontrare direttamente (foto AFP)
Julio Velasco ha vinto tutto nel volley maschile e femminile. Velo si ispira a lui e lo vorrebbe incontrare direttamente (foto AFP)
Marco Velo cittì delle nazionali femminili su strada ha già dei suoi dogmi da adottare in corsa?

La costruzione della tattica la si farà in base alla condizione delle ragazze e alle caratteristiche del percorso. Tra elite, U23 e juniores siamo ben coperti in tutti i terreni, dovremo solo stabilire gli avvicinamenti ai vari obiettivi. Più che tatticamente, il mio compito sarà quello di essere un cittì che sappia motivare le proprie atlete. Le donne sono molto più meticolose degli uomini e bisogna stare attenti a come ci si rapporta con loro quando si punta ad un obiettivo. In questo senso il mio modello è una persona che non c’entra nulla col ciclismo.

A chi ti riferisci?

Il mio riferimento è Julio Velasco. Lui ha vinto quasi tutto col volley maschile e a Parigi ha conquistato un oro olimpico storico con la nazionale femminile. Lui per me ha un grande metodo di lavoro. Sono rimasto colpito da Velasco durante una convention organizzata dal CONI in cui lui ha spiegato come alzare o mantenere alta l’asticella. Non ho mai avuto modo di parlarci direttamente, ma mi piacerebbe farlo anche pranzandoci assieme, magari sfruttando il nuovo ruolo da cittì. Lui ha tanto da insegnare ed io posso solo che imparare. L’Olimpiade di Los Angeles 2028 è un grande obiettivo, ma non dobbiamo correre. Uno a cui chiedere consigli e spunti ce lo abbiamo.

Fiumicinese, sessant’anni di appartenenza in giallonero

13.02.2025
7 min
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La filosofia non è cambiata dalla sua nascita nel 1964. La sua divisa giallonera è riconoscibile in gruppo da sempre. Nel corso della sua storia si sono susseguiti momenti salienti in modo sistematico. Riassumere i “primi” sessant’anni della Polisportiva Fiumicinese F.A.I.T. Adriatica è un compito tanto difficile quanto nobile (in apertura foto Elia Battistini).

Qualche dato statistico tuttavia sulla società di Fiumicino – frazione di Savignano sul Rubicone, nel cuore della Romagna – bisogna darlo per comprenderne meglio la grandezza, anche se nel ciclismo giovanile non ha bisogno di ulteriori presentazioni. Come un tassametro che scorre, i conti di ogni voce saranno in continuo aggiornamento a partire dalle prossime gare, ma finora in sessant’anni di storia sono stati 753 gli atleti tesserati per la Fiumicinese, con 436 vittorie assolute su strada, compresi 8 podi tricolori ed 11 titoli regionali, oltre ad innumerevoli campionati provinciali. Anche su pista i numeri sono di assoluto rilievo: 17 campionati italiani e 71 titoli regionali fra tutte le discipline. E non è mancato nemmeno l’apporto organizzativo con più di 500 manifestazioni allestite.

Ci siamo buttati dentro a questa selva di numeri guidati da Christian Zamagni, team manager della squadra ed ingegnere di professione, che ha assorbito tutta la tradizione da papà Oscar, primo storico corridore della Fiumicinese arrivato alle soglie del professionismo.

Christian Zamagni, team manager della Fiumicinese, assieme a Manuel Belletti, ex pro’ cresciuto nel loro vivaio (foto Elia Battistini)
Christian Zamagni, team manager della Fiumicinese, assieme a Manuel Belletti, ex pro’ cresciuto nel loro vivaio (foto Elia Battistini)

Da una generazione all’altra

In questi sessant’anni la Fiumicinese ha attraversato tutte le varie fasi del ciclismo ed anche ora ha mantenuto attivi certi valori. Si parte dal primo presidente Giuliano Lasagni e da Roberto Magnani che il 9 maggio 1965 coglie la prima vittoria della società romagnola. In un flash si arriva ad Oscar Zamagni, classe 1949, passista-scalatore dotato di un bello spunto in volate ristrette e dilettante molto promettente.

Dopo qualche vittoria nei primi anni della categoria, Zamagni vive il suo giorno migliore a giugno del 1971. A Punta Marina conquista la maglia rosa del Giro d’Italia Dilettanti per soli 15” al termine di una fuga divenuta un braccio di ferro col gruppo inseguitore negli ultimissimi chilometri. Non vince la tappa che passa proprio sulle sue strade, ma il tifo romagnolo lo spinge verso il trionfo. Qualche giorno più tardi Francesco Moser vincerà la crono di Valvasone sfilandogli il primato e ipotecando la vittoria finale.

Oscar Zamagni è stato il corridore più rappresentativo della Fiumicinese. Al Giro Dilettanti 1971 conquistò la maglia rosa in Romagna
Oscar Zamagni è stato il corridore più rappresentativo della Fiumicinese. Al Giro Dilettanti 1971 conquistò la maglia rosa in Romagna

«Mio padre – racconta Christian Zamagni – dopo quelle belle prestazioni era riuscito a firmare con la Filotex di Bitossi per passare pro’ nel 1972. Tuttavia dovette scegliere se continuare a correre o andare a lavorare. Scelse la seconda, forse perché con mia madre voleva allargare la famiglia, visto che io sono nato un anno dopo. Mio padre restò fuori dal ciclismo per tanti anni, poi nel 1989 entrò nella Fiumicinese come diesse, facendolo ininterrottamente fino al 2016.

«Nel frattempo – prosegue – ero entrato anch’io nella società abbastanza giovane. Ho un’estrazione sportiva diversa perché io ho giocato a calcio fino all’Eccellenza, ma mi sono formato nel ciclismo. Era un ambiente che preferivo, perché mi è sempre piaciuto lavorare con i giovani e farli crescere. Ora seguo i giovanissimi ed anche tutta l’attività su pista. Alla Fiumicinese siamo stati fortunati ad avere gli stessi diesse per tanto tempo, sempre affiancati da un ricambio generazionale di tecnici».

Filosofia, maglia e altri capisaldi

La chiacchierata con Christian Zamagni è un excursus in cui si evince la filosofia della Fiumicinese, a cominciare dalla maglia giallo-nera che non ha mai subìto volontariamente modifiche di restyling. Per la serie, si può fare ciclismo con una maglia che non sia necessariamente tappezzata di loghi e marchi commerciali.

«Non abbiamo mai cambiato la maglia – spiega il team manager – perché nella sua semplicità è diventata unica e vogliamo che sia indossata solo dai nostri ragazzi. E’ sempre stata gialla con righe nere e senza sponsor. Solo negli ultimi anni ne abbiamo inseriti giusto un paio, ma i nostri partner sanno che noi gli diamo poi visibilità in altro modo, sulle ammiraglie, negli striscioni o nei banner pubblicitari durante i nostri eventi. E loro capiscono la nostra motivazione».

«In questi sessant’anni – va avanti Zamagni – siamo sempre stati molto numerosi. Abbiamo sempre lavorato molto sul gruppo e ciò che ha contraddistinto la Fiumicinese è stato il senso di appartenenza che si trova in una famiglia o anche in un percorso che intraprende chi viene da noi. Sappiamo che può essere un cammino delicato per i ragazzi e i loro genitori, però può dare soddisfazioni non necessariamente con risultati o vittorie. Abbiamo sempre pensato che il ciclismo è un mezzo per maturare perché ti sbatte in faccia le difficoltà in modo brutale. Con noi i ragazzi crescono e riescono a trovare la propria dimensione come atleti e persone».

Simboli e attualità

Il presidente ora è Rino Sarpieri che si gode i suoi giovani ciclisti. Una quarantina di giovanissimi, donne esordienti ed allieve (formazione nata nel 2019 e guidata da Christian Pepoli) e diciassette allievi. Da queste categorie la Fiumicinese ha sempre sfornato più talenti a stagione, però, anche se è arduo scegliere, Christian Zamagni battezza tre nomi prima di guardare all’attualità.

«Guardando ai risultati – parte con l’analisi – Manuel Belletti è l’atleta che ha raggiunto le vittorie più importanti grazie alla tappa di Cesenatico nel 2010 al Giro d’Italia. Papà Oscar credo che invece sia stato il corridore più rappresentativo, mentre Matteo Fiori, che vinse 42 gare e il primo tricolore in pista, è stato colui che ha traghettato la vecchia Fiumicinese a quella nuova e attuale.

Esordienti ed allieve della Fiumicinese. La formazione femminile è nata nel 2019 ed è diretta da Christian Pepoli (foto Elia Battistini)

«Ora siamo orgogliosi dei ragazzi, maschi e femmine – continua – che corrono nelle categorie superiori. Quest’anno sono passati juniores Luca Fabbri, campione regionale nel 2024, alla Vangi, poi Giacomo Campidelli, Michele Pio Cacchio e Matteo Ghirelli, tricolore in pista nella velocità, alla Sidermec Vitali. Invece tra le donne juniores abbiamo Sofia Cabri e Nikol Dollaku al Team Di Federico.

«Tra i nostri prodotti – conclude il team manager Christian Zamagni – ci sono anche tre donne elite: Valentina Zanzi al Vaiano, Sara Pepoli alla Isolmant e Camilla Lazzari alla BTC City Ljubljana. E naturalmente non possiamo dimenticare chi corre tra gli U23. Thomas Bolognesi e Leonardo Meccia sono alla Technipes, Lorenzo Anniballi è andato alla Solme-Olmo dove ha fatto grandi cose Simone Buda, altro nostro ex atleta. E’ assurdo che uno come lui non abbia trovato un contratto tra i pro’. Infine c’è Enea Sambinello alla UAE Team Emirates Gen Z, dove è diretto da Giacomo Notari, un tecnico che conosciamo bene fin da quando correva».

Enea Sambinello, ora alla UAE Team Emirates Gen Z, è ancora molto legato alla famiglia della Fiumicinese (foto facebook)
Enea Sambinello, ora alla UAE Team Emirates Gen Z, è ancora molto legato alla famiglia della Fiumicinese (foto facebook)

Regalo di compleanno

C’è stato spazio per parlare degli allievi che nella Fiumicinese corrono appositamente senza potenziometro perché si è ancora in una fase di apprendimento e conoscenza di propri limiti ascoltando il proprio corpo. C’è stato spazio per parlare sempre degli allievi, ragazzi pronti fisicamente e non ancora mentalmente, che vengono seguiti sempre di più da procuratori, che rischiano di illudere le loro famiglie.

E poi ci sarebbe quel tricolore su strada mai vinto che nel 2025 sarebbe il regalo di compleanno perfetto per la Fiumicinese. Racchiudere sessant’anni di storia nell’arco di una telefonata è stato un compito difficile che abbiamo fatto volentieri.

Quinto capitolo per Cecchini, colonna della SD Worx

31.01.2025
6 min
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Sei ragazze in uscita, otto in entrata, tra cui un eclatante ritorno. Nel vorticoso transito delle porte girevoli in casa SD Worx-Protime, c’è il punto fermo rappresentato da Elena Cecchini al quale tutte possono aggrapparsi (in apertura foto Getty Sport).

Con la quinta stagione che si appresta a vivere, Cecchini è una delle colonne portanti della formazione olandese. A parte Chantal Van den Broek-Blaak arrivata nel 2015 e Anna Van der Breggen giunta due anni più tardi, la trentaduenne friulana è l’atleta con la militanza più lunga (e più presenze). Quest’anno il suo ruolo di “equilibratrice” della squadra, che la rende qualcosa più di una regista in corsa e fuori proprio come le capita in nazionale, potrebbe essere maggiormente determinante considerando il grande livellamento del panorama femminile. Cecchini ha ben chiaro ciò che possono fare le sue leader e pure lei stessa.

Elena Cecchini è dal 2021 alla SD Worx, con cui ha disputato 143 gare (foto Getty Sport)
Elena Cecchini è dal 2021 alla SD Worx, con cui ha disputato 143 gare (foto Getty Sport)
Elena manca poco all’inizio agonistico. Com’è andata la preparazione?

Come sempre abbiamo lavorato bene nei due ritiri, nonostante il meteo non sia stato sempre buono. Rispetto al passato dove eravamo in una villa gestita da noi, stavolta eravamo in un hotel completamente a nostra disposizione. Abbiamo avuto più tempo e spazio. E’ stato importante per conoscerci meglio e non avere certi obblighi.

Quale sarà il tuo calendario?

Esordirò al UAE Tour Women. Sono felice di farlo visto che sarà la prima volta. Successivmente correrò Het Nieuwsblad, Hageland, Strade Bianche, Trofeo Binda e Sanremo Women. Poi ci sarà la solita campagna del Nord. Attualmente farò Giro e Tour, mentre dovrei saltare la Vuelta. In realtà vedrò come finirò le classiche. In alternativa potrei correre Itzulia o Burgos prima di preparare i campionati italiani.

Cecchini e Guarischi sono ribattezzate scherzosamente la “italian mafia” della SD Worx. Sono state compagne anche alla Canyon-Sram
Cecchini e Guarischi sono ribattezzate scherzosamente la “italian mafia” della SD Worx. Sono state compagne anche alla Canyon-Sram
Come abbiamo chiesto a Guarischi, anche tu potresti avere più libertà?

Di base partirò sempre con lo stesso ruolo, ma penso che se ci saranno possibilità di entrare in fuga o in un gruppo ristretto, sicuramente avrò l’appoggio del team. Tuttavia la vedo più come un’occasione da sfruttare nel post classiche.

La SD Worx ha cambiato tanto. Qual è la tua impressione?

Il più grande stravolgimento è stato il rientro di Anna (Van der Breggen, ndr) come compagna di squadra. Siamo contente anche di avere a bordo Gianpaolo Mondini come diesse, che alza la percentuale di italianità in squadra. Ad esempio, avremo anche un bus nuovo. La cultura belga-olandese della società è sempre stata senza fronzoli, che guarda al sodo, però poco per volta stanno cambiando, tirando una linea nuova su tante cose.

Il 2021 è stata la tua prima annata in SD Worx e l’ultima da atleta di Van der Breggen? Hai notato differenza da allora?

Anna fisicamente è un perfetto copia e incolla di quattro anni fa. Quando aveva smesso inizialmente aveva perso un po’ di muscolatura, però si era sempre tenuta in forma e adesso l’ho rivista come allora. La differenza c’è a livello mentale. Ora è più forte e più felice. Ho sempre pensato che avesse smesso troppo presto, però forse le pesava lo stress delle corse. Ha riscoperto il piacere di pedalare. Torna per vincere e con una maggiore leggerezza, che le darà una spinta in più.

Quanto incideranno in corsa i suoi tre anni da diesse?

Quando correva Anna tatticamente è sempre stata una volpe, basta guardare i mondiali che ha vinto per fare un primo esempio. In ammiraglia è sempre stata coinvolta, capendo subito le situazioni. Anzi, da fuori leggi meglio le gare e quindi quest’anno in corsa saprà ancora meglio come muoversi o far muovere la squadra..

Incideranno invece i tre anni senza gare?

Certo, probabilmente potrebbe soffrire all’inizio, nelle prime corse. Bisogna vedere come torna in gruppo, ma, come dicevo prima, rientra con meno tensioni. Anna conosce bene le avversarie. E ripeto: torna migliorata. Onestamente avere Anna in squadra mi rassicura e credo che sia lo stesso pensiero delle altre nostre compagne.

Van der Breggen e Kopecky in certe gare potrebbero avere problemi di convivenza?

Conoscendo bene Anna e Lotte non penso che si pesteranno i piedi. Caratterialmente sono compatibili. Devono scoprirsi come compagne di squadra, ma credo che si divertiranno a correre assieme. Penso che possano fare grandi cose e averle entrambe nelle gare più dure sarà un bene per noi. Specie nei finali dove sarà importanti avere numeri maggiori rispetto alle avversarie.

Dopo i secondi posti a Tour 2023 e Giro 2024, Kopecky può puntare alla generale di queste corse?

Il secondo posto al Giro le brucia ancora un po’, ma ormai è acqua passata (risponde sorridendo, ndr). Lotte può trasformarsi in donna da Grande Giri, può fare tutto lei. L’anno scorso al Giro era libera mentalmente e ha capito che può vincere una gara del genere. Se farà una preparazione mirata, farà un ulteriore salto di qualità. Quest’anno vuole provare a vincere una corsa delle Ardenne.

Il Giro Donne 2021 è l’ultima vittoria di Van der Breggen. Terza arrivò Vollering che ora è la sua rivale principale (foto instagram)
Il Giro Donne 2021 è l’ultima vittoria di Van der Breggen. Terza arrivò Vollering che ora è la sua rivale principale (foto instagram)
Van der Breggen punterà al Tour?

Credo proprio di sì, potrebbe essere la nostra capitana in Francia. Potrebbe fare la Vuelta, magari confrontandosi con Vollering ed avere qualche riscontro. Loro due si conoscono bene, sono simili a livello atletico. Fra Anna e Demi c’è una sana rivalità, sarà una bella sfida.

Che effetto ti farà vedere Vollering come avversaria?

Se la vedo sotto l’aspetto lavorativo non ci faccio caso, come quando corri contro altre avversarie. Dal punto di vista umano invece Demi mi manca. La sento ancora spesso, avevamo un bel rapporto. Tuttavia credo che il trasferimento suo e di altre atlete, come quello di Longo Borghini alla UAE, renderanno la stagione molto frizzante.

Per Elena Cecchini la SD Worx sarà sempre la squadra-faro?

Dipenderà dalle gare. Credo che nelle classiche saremo ancora noi il riferimento, soprattutto quelle della prima parte. Già dalle Ardenne potrebbero cambiare un po’ di cose. Quest’anno però non saremo solo noi ad avere le responsabilità di chiudere una eventuale fuga, per esempio. Il peso della corsa non sarà solo sulle nostre spalle e noi potremmo beneficiarne, correndo in modo diverso dal passato. Nelle grandi gare a tappe ci sarà più equilibrio.

Cecchini e Van den Broek-Black, assieme a Van der Breggen, sono le atlete con la militanza più lunga alla SD Worx (foto Getty Sport)
Cecchini e Van den Broek-Black, assieme a Van der Breggen, sono le atlete con la militanza più lunga alla SD Worx (foto Getty Sport)
Avete fatto il solito prospetto delle possibili vittorie stagionali?

Quello è un compito principalmente di Danny (Stam, il capo dei diesse ndr) che fa durante i training camp. Lui e gli altri tecnici fanno un conteggio e si confrontano con noi. Io ho detto che partire forte già dalle classiche ci dà molto morale e soprattutto non ci obbliga ad inseguire. Corri più serena e non è un dettaglio. In ogni caso dopo i podi a Giro e Tour, quest’anno il nostro obiettivo sarà rivincerli.

Al servizio di Wiebes e anche per sé. Guarischi prova a sdoppiarsi

29.01.2025
6 min
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Il giorno della presentazione per la SD Worx-Protime è sempre un’occasione speciale, talvolta con tocchi di originalità. Il team olandese quest’anno si è svelato al FOMU – Fotomuseum di Anversa e prima di salire sul palco a blocchi come di consueto, per le atlete c’è stato l’appuntamento del media day. Abbiamo colto l’occasione per tastare il polso di Barbara Guarischi, una parte della quota italiana della squadra (in apertura foto Getty Sport).

Al via della sua terza stagione (e con già in tasca il contratto per il 2026), la velocista lecchese ha completato il totale inserimento in SD Worx, trovando una dimensione più alla sua portata. Non che non si fosse integrata bene prima, anzi tutt’altro, ma non è così scontato entrare nella formazione più forte del panorama femminile e diventarne subito un perfetto ingranaggio. Guarischi si è costruita in corsa un ruolo di fiducia principalmente per Wiebes e in seconda battuta per Kopecky. Ora, con quella bella dose di esperienza che l’accompagna, è pronta per un’annata in cui vuole fissare nuovi obiettivi sia di squadra che personali.

Guarischi, classe 1990, si appresta ad iniziare la sua diciassettesima stagione da elite/pro’, la terza in SD Worx (foto instagram)
Guarischi, classe 1990, si appresta ad iniziare la sua diciassettesima stagione da elite/pro’, la terza in SD Worx (foto instagram)
Barbara come sono andati i ritiri?

Molto bene, sono rimasta sorpresa in entrambi. Quest’anno avevo cominciato ad allenarmi dopo rispetto al solito, facendo due settimane di stop totale. A dicembre ho finito in crescendo, però poi attorno a Capodanno avevo preso l’influenza e mi ero dovuta fermare. Onestamente ero un po’ preoccupata di andare al ritiro di inizio gennaio avendo perso la giusta condizione. Invece ho chiuso in modo molto positivo. Giorno dopo giorno ho avvertito sensazioni sempre migliori.

Avete anche stilato il programma gare?

Abbiamo fatto un primo prospetto di calendario con diverse “long list”, ovvero le gare in cui potremmo correre. Personalmente inizierò il 6 febbraio al UAE Tour Women e dopo qualche settimana a casa, rientrerò il 2 marzo con la Hageland, anche se sono riserva per la Nieuwsblad del giorno prima. In linea di massima dovrei fare buona parte del blocco delle gare del Nord. Al momento sono riserva per la Vuelta, dovrei correre quasi certamente il Giro Women, mentre non farò il Tour Femmes. Il resto lo vedremo naturalmente strada facendo e come andrà la stagione.

Nei ritiri della SD Worx le atlete diventano chef. Guarischi ha cucinato un risotto all’italiana per tutta la squadra (foto instagram)
Nei ritiri della SD Worx le atlete diventano chef. Guarischi ha cucinato un risotto all’italiana per tutta la squadra (foto instagram)
Restando su una notizia di qualche giorno fa, l’UCI ha vietato le esultanze per i compagni di squadra. Ripensando alla volata al Giro Women vinta da Kopecky lanciata da te, qual è il tuo pensiero in merito?

Adesso dovrò stare molto attenta, ancora di più visto che al Tour ero stata la prima “ammonita” della storia. (dice sorridendo con sana ironia, ndr). Battute a parte, credo che con questi regolamenti si rischi di ammazzare le emozioni che vengono d’istinto. A Foligno lo avevo detto dopo la tappa che mi ero voluta godere la vittoria di Lotte esultando, ma sapendo al tempo stesso anche di non ostacolare nessuna avversaria nello sprint visto che ero a distanza di sicurezza. Quella non era stata la classica volata generale, dove invece sappiamo bene tutte che non dobbiamo distrarci o festeggiare in anticipo. Tuttavia capisco il nuovo regolamento e credo che io, come tutte le altre atlete, non avremo problemi ad adeguarci.

Altro flash. Voi ragazze vi alternate spesso in cucina durante i ritiri. E’ più semplice preparare la cena alla squadra o tirare una volata perfetta a Wiebes?

Bella domanda (sorride nuovamente, ndr). Considerando che quest’anno siamo in diciotto atlete e contando tutto lo staff, direi che è stato più difficile fare quattro chili di risotto all’italiana per tutti. Però vi dico che è venuto molto bene, seguendo alla lettera la ricetta ed usando il brodo di pollo anziché quello vegetale. Con i nostri cuochi abbiamo poi voluto dare un tocco extra. Abbiamo aggiunto un po’ di pere caramellate che si sposavano benissimo con il mix di parmigiano e un altro formaggio più stagionato. E’ piaciuto a tutti!

Sintonia. In due anni assieme, Guarischi è stata presente in 20 delle 34 vittorie conquistate da Wiebes
Sintonia. In due anni assieme, Guarischi è stata presente in 20 delle 34 vittorie conquistate da Wiebes
All’alba del terzo anno assieme, come sono gli automatismi tra Guarischi e Wiebes?

Fin da subito Lorena ed io ci siamo trovate bene senza alcuna sbavatura. E diventava tutto ancora più semplice quando nel treno c’era anche Kopecky, non dovevamo nemmeno parlare. Ovvio che ogni tanto qualcosa non è andata per il verso giusto e quest’anno, visto che loro due dovrebbero avere calendari separati, con Lorena stiamo pensando anche ad altri meccanismi. Per non perdere il suo punto di forza, potrei provare ad essere anche la penultima ruota e lasciare il lead out ad un’altra compagna. Lo capiremo gara dopo gara.

Quindi tu sarai sempre dove correrà Wiebes?

In linea di massima sì, perché con lei abbiamo ancora obiettivi importanti da raggiungere in tante gare. Però quest’anno con i tecnici per me abbiamo scelto un programma diverso. Dove non avremo Lorena, Lotte o Anna (Van der Breggen, ndr) come capitane, avrò più libertà. L’intenzione è quella di provare a fare risultato con una maggiore continuità nelle tante gare alternative. Non sarà facile perché ormai nel ciclismo femminile nessuna ti regala nulla, ma ci proviamo.

Questa “promozione” nasce come premio al tuo lavoro di questi due anni?

Non saprei perché in questa squadra ognuna di noi sa qual è il proprio ruolo. I sacrifici sono tanti e ogni giorno va fatto alla perfezione per ottenere il miglior risultato possibile o per poter restare bene ad un certo livello. Posso dire invece che la vittoria al Simac Tour di metà ottobre mi ha ridato quella confidenza che mi era mancata in larga parte negli anni precedenti per giocarmi le mie carte. E’ scoccata nuovamente quella scintilla e per me è diventato uno stimolo ulteriore, tenendo conto, appunto, che non sono più una ragazzina (sorride, ndr).

La vittoria al Simac Tour ha dato nuova confidenza a Guarischi per giocarsi le proprie carte (foto Peter Donderwinkel)
La vittoria al Simac Tour ha dato nuova confidenza a Guarischi per giocarsi le proprie carte (foto Peter Donderwinkel)
Sono diciassette le annate da elite/pro’, ma non le dimostri. Hai notato un cambiamento in te da quando sei arrivata alla SD Worx?

Pensate che ne parlavo proprio con i miei diesse durante i ritiri. Dal mio primo giorno qui dentro ad oggi sono completamente un’altra atleta. Sono cresciuta tantissimo. Se arrivi in una grande squadra devi dimostrare di saperci stare e se lavori bene per grandissime campionesse inevitabilmente migliori tanto anche tu. Non è facile nè scontato farlo. E’ per questo che sono molto contenta di dare il mio contributo alla squadra e della mia crescita.

Ora che Van der Breggen è tornata a correre, continuerà ad essere la tua allenatrice?

Sì, sarà sempre lei a seguire la preparazione mia e di altre 2-3 ragazze. Ridevo con Anna durante i ritiri perché in palestra si è accorta del grosso carico che le avevano dato. Eravamo a fianco, mi sono girata verso di lei e le ho detto: «Quando te lo dicevo io non mi credevi, invece hai visto che si fa fatica?». Questo spirito è una delle nostre risorse migliori. Quest’anno non so se saremo le più forti, ma saremo forti perché i nuovi innesti sono stati ben ponderati.

Grandi Giri donne da due settimane: parla Slongo

29.01.2025
4 min
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L’idea di riportare i grandi Giri femminili a due settimane è un tema di grande attualità e sicuramente stuzzicante. Una proposta che trova sostenitrici tra le atlete di punta, come Elisa Longo Borghini, ma pone una serie di interrogativi sul piano organizzativo e sulla crescita del movimento femminile. Paolo Slongo, preparatore di lunga esperienza e guarda caso anche della stessa Longo, ci aiuta a sviscerare meglio questo argomento da un punto di vista tecnico.

Secondo Slongo, il ciclismo femminile è in continua evoluzione, ma l’eventuale passaggio da una a due settimane di competizione deve avvenire gradualmente, per non creare squilibri tra le diverse fasce di atlete presenti nel gruppo. Un grande Giro più lungo richiederebbe una diversa pianificazione del calendario. Tuttavia, le opportunità non mancherebbero: una corsa di maggior durata potrebbe accrescere l’interesse del pubblico. Pensateci, anche solo geograficamente abbraccerebbe un territorio molto più vasto. Sarebbe più coinvolgente.

La mente torna alle sfide tra Luperini, Somarriba, Pucinskaite, Jakson, Brandle: una dozzina di tappe. Tra le prime e le ultime in 22-23 ore di gara complessive c’erano anche due ore di differenza. Emergeva stanchezza. Ma c’erano anche ben altre preparazioni. Le problematiche erano diverse, più strettamente fisiologiche.

Paolo Slongo è un preparatore esperto. Da anni segue Elisa Longo Borghini. Da quest’anno anche lui è alla UAE Adq
Paolo Slongo è un preparatore esperto. Da anni segue Elisa Longo Borghini. Da quest’anno anche lui è alla UAE Adq
Paolo, grandi Giri femminili a due settimane. Partiamo dalla questione del calendario e della programmazione? Ma prima ancora: è possibile per te?

Il ciclismo femminile si sta evolvendo rapidamente. Sì, per me si potrà fare, ma bisogna procedere per gradi. Il movimento è cresciuto molto in fretta e bisogna evitare di accelerare troppo. Oggi nel ciclismo femminile ci sono tre fasce: le top rider, un gruppo intermedio sempre più numeroso e una terza fascia ancora distante in termini di prestazioni. Per salvaguardare tutto il movimento, bisogna arrivare gradualmente alle due settimane. Non sarebbe giusto farlo immediatamente, anche se dal punto di vista individuale potrebbe essere vantaggioso per alcune atlete.

Quali potrebbero essere le difficoltà?

Con due settimane di gara inevitabilmente si dovranno fare delle scelte di calendario. Oggi le atlete, anche le big, corrono quasi sempre dappertutto, in tutte le gare più importanti. Se ci fosse una corsa più lunga dovranno focalizzarsi su determinati obiettivi. Non si potrà più affrontare sia il Giro d’Italia Women che il Tour Femmes attaccati senza compromettere la condizione fisica.

Campionesse come Kopecky, Longo- Borghini, Vollering… potrebbero beneficiare di una sfida sulle due settimane
Campionesse come Kopecky, Longo Borghini, Vollering… potrebbero beneficiare di una sfida sulle due settimane
La programmazione diversa poi sarebbe anche per le squadre, immaginiamo…

Esatto, ci sarà bisogno di aumentare il numero delle cicliste in squadra. Attualmente si corre in sette, ma probabilmente servirà almeno un’atleta in più per affrontare due settimane di corsa. Per i grandi team non sarebbe un super problema, hanno potenzialità e personale per farvi fronte, ma questo non farebbe che aumentare il divario con le altre.

La chiave ci sembra tutta qui insomma: il divario tra grandi e piccoli. Questo perché come dicevi il movimento non è ancora del tutto pronto…

Attualmente ci sono 8-10 top rider, poi un gruppo intermedio di 40-50 atlete che reggono il ritmo e infine una terza fascia che fa più fatica. Se si passa a due settimane, il divario tra questi gruppi potrebbe aumentare ulteriormente. Già oggi per alcune atlete una settimana di gara è impegnativa, figuriamoci due. Serve quindi che tutto il movimento cresca in modo uniforme, con le squadre professional che diventino più competitive per sostenere questo cambiamento.

Quindi è la seconda fascia che dovrebbe crescere di più?

No, la terza: che è quella maggiore per numero. Ma serve tempo. Se quella massa non diventa più corposa anche la corsa tecnicamente (e tatticamente) potrebbe risentirne. Sarebbe per poche. Immagino una stanchezza che emerge e ragazze mai in corsa dopo un certo numero di tappe.

Niewiadoma sull’Alpe d’Huez ha resistito bene a Vollering: ma se si fosse corso sulle due settimane?
Niewiadoma sull’Alpe d’Huez ha resistito bene a Vollering: ma se si fosse corso sulle due settimane?
Avrebbe più appeal un Giro a due settimane?

Secondo me sì, perché un Giro più lungo metterebbe ancor più in evidenza le doti di resistenza delle atlete. Sarebbe più avvincente da seguire, con più colpi di scena e più cambi di leadership. Una gara più lunga non è mai scontata e questo può attirare più pubblico.

E tu hai una di queste atlete. Anzi forse la più adatta in assoluto alle due settimane…

Per atlete come Elisa Longo Borghini, che hanno una grande capacità di resistenza, sarebbe un vantaggio. Lei è una “diesel”, è costante che non cala mai, mentre altre potrebbero soffrire di più la durata.

In passato il Giro era già su due settimane o quasi, cosa cambierebbe rispetto ad oggi?

Le squadre WorldTour sarebbero già pronte ad affrontare due settimane di gara. Il problema è guardare a tutto l’ambiente, non solo alla punta della piramide. Bisogna far crescere l’intero movimento in maniera omogenea per evitare squilibri esagerati e rendere la corsa davvero avvincente per tutti. Mentre sul piano fisiologico non vedo grossi impedimenti, chiaro c’è da lavorare. Penso che fra un anno o due, ci si potrà arrivare.

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

Con appena 8 tappe è giusto chiamarli Grandi Giri?