Elisa Longo Borghini

Elisa riparte. Giro Women già in testa e squadra più forte

15.12.2025
6 min
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BENIDORM (Spagna) – In basso i grattacieli della città che nel 1992 consegnò il titolo iridato a Gianni Bugno e in alto, sulle colline che vi si affacciano, l’hotel dove alloggiano le due UAE: la Emirates degli uomini e la ADQ delle donne. Se ieri il re era stato Tadej Pogacar, oggi la regina è la nostra Elisa Longo Borghini.

Nei grandi stanzoni ai piani bassi i meccanici del team femminile sono quasi pari, per numero, a quelli del team maschile. Stessa struttura, stessa organizzazione e anche quasi lo stesso numero di bici, se non fosse che le ragazze sono numericamente di meno. Questa cosa di vera parità ci ha colpito in modo positivo.

In tutto ciò, alle 9 spaccate, le ragazze sono pronte per uscire. La sera stessa erano stati modificati i piani, visto che era prevista pioggia battente per il giorno successivo, quando erano previsti altri lavori, per qualcuna anche con la bici da crono. Quindi a guidare le compagne per queste cinque ore c’era proprio Elisa, in testa con la sua maglia tricolore e una forma fisica già molto buona. Ci è parsa bella tirata. «Beh, grazie – replica Longo Borghini sorridendo – non potevate fare un complimento migliore a un’atleta».

Nel pomeriggio, dopo il massaggio, ecco il momento ideale per riordinare le idee. L’allenamento è andato bene e alla fine hanno schivato l’acqua.

Elisa Longo Borghini (classe 1991) si appresta ad affrontare la sua 15ª stagione tra le grandi. Il tris al Giro Women è l’obiettivo principale
Elisa Longo Borghini
Elisa Longo Borghini (classe 1991) si appresta ad affrontare la sua 15ª stagione tra le grandi. Il tris al Giro Women è l’obiettivo principale
Si parte insomma, oltre che tirata ci sembri serena…

Sono molto serena. Tranquillissima direi, anche perché magari l’anno scorso era tutto molto nuovo, mentre adesso è stato come tornare un po’ a casa. Stiamo facendo i primi allenamenti, anche se ormai è già un mesetto che vado in bici. Vogliamo partire un pochino tranquilli e, per ora, sta andando tutto bene.

La tua squadra si sta rinforzando. E’ sempre poco elegante fare paragoni con gli uomini, però ormai anche tra le donne nel WorldTour ci sono le buone squadre e le corazzate. Ebbene tu sei la leader di una corazzata: quanta pressione c’è? E quanto onore?

La pressione viaggia sempre insieme all’onore. Non ci sarebbe onore se non ci fosse pressione. Quindi sono contenta di essere sotto pressione, altrimenti vorrebbe dire che non sono forte abbastanza. E’ giusto che ci sia, che ci tenga motivate. Finché è una pressione positiva, benvenga.

L’arrivo di una top rider come Mavi Garcia come gregaria o comunque in tuo supporto cosa rappresenta?

Mavi ha tantissima esperienza, anche se ciclisticamente è giovane. Però è stato un ottimo acquisto sia dal punto di vista umano sia da quello atletico. Lei, insieme a Paulina Rooijakkers, ci permette di avere più carte per la classifica generale nei giri a tappe in cui magari io non ci sarò oppure non correrò per la generale. Questi innesti hanno rinforzato molto la squadra e sono stracontenta che ci siano due pedine come loro.

Mavi Garcia
Pauliena Rooijakkers e Mavi Garcia (41 anni, in foto) sono acquisti preziosi per Elisa e la UAE Adq intera in chiave salita
Mavi Garcia
Pauliena Rooijakkers e Mavi Garcia (41 anni, in foto) sono acquisti preziosi per Elisa e la UAE Adq intera in chiave salita
Vi siete spesso combattute spalla a spalla: com’è ritrovarla ora in questo ruolo di aiutante?

La realtà è che se stimi un corridore è anche semplice andarci d’accordo. E poi spesso i tuoi peggiori nemici sono quelli che devi trasformare in alleati. Scherzi a parte, a me piace correre con corridori forti, perché questo ci permette di avere numeri davanti. E si sa che il ciclismo oggi, più che mai, è anche un gioco di numeri. Più persone della squadra abbiamo davanti, più possibilità di vincere abbiamo. Che sia io, che sia Mavi o che sia Paulina, alla fine non importa: conta che vinca la UAE Adq.

Più o meno conosci già il tuo calendario 2026?

A grandi linee sì. Sicuramente il Giro d’Italia Women sarà il centro di tutto il calendario 2026. Farò le classiche di primavera, poi staccherò proprio in vista del Giro.

Farai anche la Roubaix?

Non lo so, vedremo in questi giorni. Dopo le Ardenne di certo staccherò e preparerò bene il Giro. Mentre il Tour de France Femmes lo farò e l’obiettivo è finirlo. Non sono sarcastica, lo spero davvero. Ve lo avevo già detto l’ultima volta. Per me sarebbe un grande onore, viste le precedenti esperienze.

Elisa ha ritoccato la posizione: «Quando ero sotto sforzo tendevo a scivolare davanti sulla sella», ha detto. Ora è più raccolta
Elisa ha ritoccato la posizione: «Quando ero sotto sforzo tendevo a scivolare davanti sulla sella», ha detto. Ora è più raccolta
Riguardo ai materiali, come state lavorando?

Abbiamo tanti meccanici e si lavora bene. Per quanto riguarda le bici, io preferisco sempre il telaio Colnago V5Rs rispetto alla Y1Rs. Monto il 54-36 in alcune corse o il 54-40 in altre, con cassetta posteriore sempre 11-34. Le mie ruote preferite sono le Enve 4.5: normalmente questo è il mio setup da gara, quello che uso nel 90 per cento delle corse.

Hai cambiato qualcosa anche in termini di posizione?

Sì, ho fatto un bike fitting. Ho accorciato l’attacco manubrio: ora uso un 120 millimetri, prima era un 125. Ho anche avanzato la sella di 3 millimetri e l’ho alzata sempre di 3 millimetri. Adesso ho una posizione più compatta, più raccolta.

Avete visto un miglioramento nei watt o è soprattutto una questione di comodità?

Un po’ entrambe le cose. Già verso la fine della scorsa stagione sentivo il bisogno di essere più corta per riuscire a spingere meglio. Spesso, sotto sforzo, mi spostavo molto in avanti sulla sella. Con questa soluzione sono più stabile e la sensazione è di riuscire a imprimere la forza giusta sui pedali, in modo più diretto.

Ad Abu Dhabi come a Benidorm a guidare le compagne c’era la campionessa italiana (foto Instagram UAE Adq)
Ad Abu Dhabi come a Benidorm a guidare le compagne c’era la campionessa italiana (foto Instagram UAE Adq)
Le tue rivali sono i soliti nomi: Kopecky, Ferrand-Prévot, Vollering… Ma c’è qualche giovane che ti ha colpito e che potrebbe essere la sorpresa del 2026?

Federica Venturelli – replica Elisa senza indugio – che però non è una mia rivale. L’ho vista crescere molto bene e secondo me diventerà una delle più forti cronoman in assoluto. Lo dico per diversi motivi: è forte fisicamente, ha davvero la testa del corridore e, oltre a essere una brava ragazza, ha grandi visioni.

In che senso?

Spesso i grandi motori mancano di visione e tendono a essere più istintivi. Federica invece ha una visione globale dell’essere atleta, del fare la vita dell’atleta, del voler arrivare e del sapere anche come farlo. Ed è molto umile. Tutto questo, secondo me, la porterà lontano.

I Grandi Giri femminili hanno riportato nel ciclismo femminile salite lunghissime come Alpe d’Huez, Blockhaus, Ventoux e Finestre.
E contestualmente sta tornando centrale il ruolo della scalatrice. Questo apporta un cambiamento nel modo di lavorare? O basta avere una squadra forte per fare quei numeri, come si diceva prima?

Anche se ci fosse la più forte scalatrice del mondo, la squadra rimane centrale e importantissima. Però è chiaro che oggi bisogna lavorare in vista dei Grandi Giri in modo diverso, e io lo sto già facendo da tre anni. La preparazione è cambiata molto: si guarda di più a cosa si mangia, a come e quando si mangia. Il peso torna centrale per ovvi motivi, ma soprattutto si cerca di diventare il più efficienti possibile in generale.

Erica Magnaldi è nata a Cuneo il 24 agosto 1992. E' alla sua ottava stagione elite

Dalle GF alle elite: Magnaldi e le differenze con Trinca Colonel

29.09.2025
5 min
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Esempi di atlete che sono arrivate dalle gran fondo alle elite ce ne sono stati diversi. Nell’ultimo decennio alcune di loro sono diventate pro’ e vincenti come Erica Magnaldi prima e Monica Trinca Colonel adesso. Vale la pena però fare delle distinzioni perché anche questa transizione ha risentito del veloce e progressivo mutamento del ciclismo femminile.

Ti accorgi quindi parlando dell’argomento con Magnaldi che lei stessa farebbe fatica ad inserirsi in quello che è il suo mondo attuale e nel quale ci sa stare alla grande. Alla 33enne cuneese della UAE Team Adq abbiamo chiesto quali consigli e avvisi darebbe alle ragazze che si sentono di provare il passaggio nella massima categoria. In buona sostanza non basta solo saper andare forte in salita, occorrono tanti altri aspetti, anche mentali.

Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)

Vita che cambia

A luglio 2017 Magnaldi sale agli onori della cronaca amatoriale per la vittoria del percorso lungo della Maratona dles Dolomites. Questo risultato nella gran fondo italiana più famosa la proietta tra le elite trovando un contratto con la BePink la stagione successiva, prima di attirare l’attenzione della Ceratizit. Se il resto è storia nota, quel periodo sembra lontano anni luce.

«Il ciclismo specialmente quello femminile – apre la spiegazione Magnaldi – è cambiato tantissimo. Riguardando indietro, posso dire serenamente che la Erica di sette anni fa adesso sarebbe in grande difficoltà a correre tra le elite. Ora il livello è alto, le atlete sono agguerrite e le gare sono molto più complicate. Nel 2018 era più semplice per chi arrivava dal nulla come me. Adesso non è un passaggio così scontato come si può pensare, anche se comunque devi avere delle qualità.

«Personalmente – prosegue – ho dovuto colmare le lacune tattiche, lo stare in gruppo e la conoscenza delle avversarie. Nonostante tutto in qualche modo sono riuscita a cavarmela. Adesso bisogna avere motore per tutto. Ad esempio vediamo che ci sono i lead out per le salite, per portare le proprie capitane all’inizio delle salite o per guidarle fino ai punti decisivi. E talvolta le atlete che svolgono questi compiti continuano a salire a tutta.

Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)

Passaggio da ponderare

Per quelle granfondiste che ottengono buoni piazzamenti o che producono grandi prestazioni, il salto tra le elite va soppesato in maniera attenta. Se nel ciclismo maschile appare impossibile, anche nel femminile la tendenza inizia ad essere la medesima.

«Attenzione – sottolinea Magnaldi – a chi è tentata di lasciare le gran fondo per provare le gare elite. Ci sono differenze fondamentali a cui nessuno mai pensa. Le granfondiste sanno andare forte in salita con un passo regolare. Al netto di questa dote, trascurano sempre la pianura, le salite brevi e i cambi di ritmo. E poi spesso si trovano in gruppi di uomini che scandiscono la velocità. Per passare elite bisogna lavorare a livello anaerobico.

«C’è poi una componente di stress – aggiunge Erica – che non va sottovalutata. Correre a certi livelli tra le elite ha tanti aspetti belli, ma è una vita dura sia in gara che fuori. Sei chiamata a stare tanto lontano da casa tra ritiri e gare. Devi saper gestire le pressioni delle corse e gli equilibri di una squadra. Ora che sono pro’ mi accorgo che forse non sarei in grado di ritornare alle gran fondo e magari vincerle, proprio perché sono due mondi e sport totalmente diversi, non solo tatticamente».

Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi

Esempio border line

Dopo il mondiale appena disputato in Rwanda, sabato prossimo Trinca Colonel correrà anche l’europeo in Ardeche, dove ha conquistato tappa e generale del TCFIA, e dove ci sarà Magnaldi, che una settimana fa ha vinto il titolo continentale nel gravel in Abruzzo. Sono state spesso accomunate per il loro passato nelle gran fondo, ma le similitudini si fermano qua.

«Credo che sia – dice Magnaldi – un esempio border line quello tra me e Monica. Non ci sono consigli che io possa dare a lei. Monica ha corso nelle categorie giovanili fino a quindici anni e ha imparato a guidare molto bene la bici. Non a caso è una delle più forti discesiste del gruppo. Monica ha numeri e motore da fuoriclasse. E infatti non mi stupisco che stia andando forte malgrado fino al 2023 corresse e vincesse le gran fondo.

«Io invece – si avvia alla conclusione del discorso – sono cresciuta sugli sci da fondo e iniziando ad andare in bici quando ormai avevo più di ventidue anni. Mi sono affacciata al ciclismo elite in una fase in cui c’erano divari molto netti tra le 20-30 atlete più forti e le altre. Ora il livello medio è molto più alto alle spalle di quelle solite 20-30 forti. Le abilità le ho acquisite in gruppo, mettendomi in gioco, seguendo consigli e guardando le nostre gare in televisione, cosa che peraltro faccio ancora adesso per capire meglio gli errori che da dentro ti sfuggono. Ecco perché dico che chi viene dalle gran fondo ora farebbe fatica».

Wiebes mai così “ingiocabile” in volata. Ce lo spiega Mondini

16.09.2025
7 min
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La volata è l’atto conclusivo di una gara ciclistica in cui un folto numero di velociste tenta il guizzo giusto, ma alla fine vince sempre lei, Lorena Wiebes. Da qualche anno, e progressivamente, si potrebbe sintetizzare in questo modo l’esito di ogni sprint disputato dalla olandese della SD Worx-Protime.

Non ha bisogno di ulteriori presentazioni la attuale campionessa europea, ma vale la pena ricordare la sua annata. Il tassametro di Wiebes al momento conta 23 successi stagionali (che diventano uno in più sommando la generale del Simac Ladies Tour) per un totale di 118 in carriera. Quest’anno più che in passato, le avversarie hanno tentato in tutte le maniere di sorprenderla quando si arrivava ad un sprint più o meno ristretto, ottenendo sempre posti dal secondo in giù. Quando è stata battuta, è stato merito di un’azione da lontano o di un colpo da finisseur. Tenendo conto che Lorena ha ancora 26 anni e tanta “fame” di crescita, abbiamo analizzato questa supremazia col suo diesse Gian Paolo Mondini. Un excursus fatto di dati, approccio e semplicità.

A parte la crono del Simac, sette vittorie su sette volate negli ultimi otto giorni di gara. Possiamo descrivere Wiebes con qualcosa di nuovo?

Credo che siano i numeri a parlare per lei. Oltre alle vittorie su strada, bisogna contare le maglie delle classifiche a punti di Giro Women e Tour Femmes che certificano la sua solidità nelle gare a tappe. Anzi con la generale del Simac, Lorena è balzata in testa al ranking mondiale superando Vollering. Una velocista davanti ad una donna da Grandi Giri. Se ci pensate è abbastanza atipico, ma contestualmente significativo di che atleta sia Wiebes. E non si ferma qua…

Cosa intendi?

Quest’anno ha vinto anche una gara delle World Series di gravel e ad ottobre correrà anche i mondiali che si terranno praticamente a casa sua (in Limburgo, ndr). E dicevo che non è finita perché dieci giorni dopo farà anche i mondiali in pista a Santiago del Cile (in programma dal 22 al 26 ottobre, ndr). Lorena è una forza della natura. Non si pone limiti e non ha paura di fare altre specialità.

Sia Guarischi che alcune sue avversarie ci hanno sempre detto che Wiebes ha i primi tre secondi della volata che sono fulminanti per tutte. E’ questo il suo segreto?

Barbara è il suo lead out e sua compagna di stanza, la conosce bene e ha ragione. Lorena ha uno sprint bruciante in avvio, perché ha un rapporto peso/potenza incredibile. E’ 60 chilogrammi, quindi deve spostare poco peso in volata. In quei tre secondi è capace di prenderti otto metri di vantaggio che diventano difficili da colmare. Ha registrato picchi di potenza molto più alti, ma abbiamo visto come facendo uno sprint con 1.200 watt di potenza riesca comunque a battere le rivali. E poi è molto aerodinamica.

Quest’anno è stata davvero ingiocabile per tutte, alzando ulteriormente il livello. Su cosa ha lavorato?

Diciamo che dopo che era stata battuta l’anno scorso da Kool al Tour e in qualche altra occasione, Lorena ha voluto migliorare ancora sotto tanti fondamentali. Lei è molto metodica, precisa ed ama allenarsi. Quando è fuori da sola o con le compagne, inserisce sempre 10/15 sprint in allenamento. Ho lavorato molto nel ciclismo maschile e non ho mai visto cose del genere nemmeno dagli uomini. La differenza è proprio lì e si vede la testa della campionessa. Potrebbe anche non farle o farne meno, visto che tanto vince 20 venti corse all’anno e invece no, ci dedica ancora tempo.

Wiebes vince Fourmies, l’ultima stagionale. Quest’anno è stata letteralmente insuperabile. Chi sarà la prima a batterla in volata?
Anche tatticamente ci è parsa ancora più attenta. E’ così?

Bisogna dire che Lorena quando mette casco, occhiali e numero sulla schiena diventa un cecchino in certe gare. Vede e legge la corsa. In ogni gara in cui c’era nervosismo o si formavano ventagli, lei era sempre nelle posizioni giuste. Un esempio sono i ventagli al UAE Tour oppure quello che abbiamo orchestrato noi al Giro Women nella tappa di Monselice o ancora recentemente al Simac. Lorena è brava a non sprecare energie e ormai sa gestirsi da sola anche quando non ha un lead out perfetto.

Vuole diventare più completa? Una velocista moderna alla Mads Pedersen, se ci accetti il parallelismo?

Faccio fatica a trovare paragoni tra i maschi come caratteristiche, chiaramente facendo le debite proporzioni. Per numeri, intesi come vittorie e valori espressi, può ricordare un Cavendish o un Viviani. In realtà Lorena può puntare a molte più gare lontane apparentemente da lei. Faccio un esempio anche in questo caso. La tappa del Tour vinta da Mavi Garcia aveva un finale molto impegnativo e lei ha vinto molto bene lo sprint del secondo posto arrivando a pochi secondi.

Tatticamente Wiebes ha una buona visione di gara e fiuta i pericoli. Con i ventagli è attenta e sa tenerli animati
Tatticamente Wiebes ha una buona visione di gara e fiuta i pericoli. Con i ventagli è attenta e sa tenerli animati
Quindi potremmo vederla più competitiva anche dove c’è più salita?

In questo caso il discorso può assumere diverse connotazioni. Lorena potrebbe iniziare a lavorare di più in salita solo per capire come affrontarla meglio, per una questione di posizioni in gruppo. Ovvio che poi se ci lavora troppo, rischia di perdere altre doti, tipo esplosività o velocità. Detto questo, io credo che una come Wiebes possa tenere duro in tante classiche come Fiandre o Amstel (dove è già arrivata seconda esultando sul fotofinish, ndr) e magari vincerle. Comunque sarebbe bello e giusto che organizzassero un mondiale per velocisti, perché Lorena meriterebbe di indossare una maglia iridata.

Come talvolta capita con Pogacar al via di una gara, hai l’impressione che le avversarie partano già battute quando c’è lei?

Non lo so, a me sembrano tutte serene le nostre avversarie, forse proprio per quel motivo o magari sono contente di andare a podio assieme a Lorena. Devo riconoscere anche che ogni tanto vediamo alcune squadre che preferiscono lasciare tanto spazio alla fuga, anche a costo di non chiudere più, pur di non arrivare in volata contro di lei. Per la serie, se chiude la SD Worx bene, altrimenti la gara finisce così.

Sappiamo che è una domanda paradossale, ma per Gian Paolo Mondini come si può battere Lorena Wiebes e chi potrebbe farlo?

Non saprei. Forse in una volata che per un qualsiasi motivo non è lanciata ad alta velocità, un lead out che arriva da dietro e forte potrebbe trovare la carta giusta per batterla. Oppure una squadra che ha due velociste. Una parte lunga, chiama allo scoperto Lorena e l’altra sfrutta la sua scia per passarla. Non so, sono ipotesi a cui noi stiamo già attenti e che vogliamo evitare. Tuttavia se devo fare un nome, ora come ora, penso che Chiara Consonni sia una velocista che potrebbe battere Lorena. Sarebbe una grandissima volata.

Fine corsa per la Ceratizit dopo dieci anni. Le parole di Lacquaniti

09.09.2025
7 min
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Gli ultimi chilometri della propria corsa nel ciclismo la Ceratizit Pro Cycling Team li ha macinati pochi giorni fa negli Stati Uniti a Baltimora per la Maryland Cycling Classic Women, chiusa con un quinto posto. Dopo dieci anni, di cui gli ultimi due nel WorldTour, la formazione tedesca chiude un’attività che non è stata anonima nel mondo del ciclismo femminile.

Gli annunci

La prima avvisaglia era arrivata a maggio, quando arrivò l’annuncio che l’azienda tedesca title sponsor della squadra non avrebbe proseguito la collaborazione. Si sono succedute tante voci di un possibile rilancio con altri sponsor, ma il 26 agosto è arrivata la dolorosa conferma ufficiale attraverso il comunicato stampa che mette fine ad una formazione capace di conquistare 65 vittorie su strada (di cui 13 WorldTour compresa la tappa al Tour Femmes nel 2024), 16 titoli mondiali su pista e quattro medaglie olimpiche.

Fortunato Lacquaniti ha trascorso tre stagioni alla Ceratizit Pro Cycling
Fortunato Lacquaniti ha trascorso tre stagioni alla Ceratizit Pro Cycling

«L’attuale clima economico – le parole del general manager francese Claude Sun nel comunicato – ha avuto un impatto significativo sulla capacità di mantenere una squadra WorldTour. Nonostante i nostri sforzi per ottenere nuove sponsorizzazioni, l’aumento dei costi e le attuali condizioni hanno reso impossibile continuare. E’ con profondo rammarico che confermiamo la fine di Ceratizit Pro Cycling dopo questa stagione. I nostri più sentiti ringraziamenti vanno al Gruppo Ceratizit, a Orbea, e a tutti i nostri sponsor per un decennio di incrollabile supporto. E ancora a tutte le nostre atlete, al personale e ai tifosi per la loro dedizione e passione nel corso degli anni».

A quel punto hanno iniziato a scorrere i titoli di coda con la litania dei post social di tutti i partner produttori di materiali tecnici della Ceratizit. Contemporaneamente alcune atlete si erano già accasate altrove a partire dal 2026: Burlova alla Cofidis, Hengeveld alla Visma | Lease a Bike e Jaskulska alla Human Powered Health. Le altre in organico invece dovranno trovare sistemazione, tra cui l’azzurra Sara Fiorin. Così abbiamo voluto sentire il diesse Fortunato Lacquaniti, l’altro italiano della squadra, per capire com’è stata gestita la notizia e sapere come sarà il suo futuro.

Il 2025 della Ceratizit si era aperto molto bene con la vittoria di Hengeveld al Down Under. L’olandese andrà alla Visma
Il 2025 della Ceratizit si era aperto molto bene con la vittoria di Hengeveld al Down Under. L’olandese andrà alla Visma
Fortunato innanzitutto ti chiediamo come sono state le tue tre stagioni con la Ceratizit?

Sono state stagioni importanti nelle quali siamo cresciuti tutti assieme, anche se il livello di partenza era già buono. Credo che abbiamo costruito qualcosa di importante. Il mio ingaggio era finalizzato all’obiettivo di arrivare nel WorldTour e ce l’abbiamo fatta. L’anno scorso abbiamo conquistato 20 vittorie, risultando la seconda squadra al mondo dietro ad una corazzata come la SD Worx (con 63 centri, ndr).

Vittorie di peso, giusto?

Sicuramente sono stati successi di qualità. Ho ormai trent’anni di esperienza nel ciclismo femminile e posso dirvi che non è stata un risultato da poco. Lo abbiamo ottenuto prima di tutto con un budget molto più contenuto rispetto a quelle 6/7 formazioni più forti e ricche. Poi lo abbiamo ottenuto con talenti in rampa di lancio o atlete che dovevano ritrovare smalto. La soddisfazione più grande è quella di aver mandato le ragazze più forti nei team più importanti.

Qual è il ricordo più bello?

Tutte le vittorie sono state belle e probabilmente tutti direbbero quella di Kerbaol al Tour Femmes l’anno scorso che di fatto ha chiuso un cerchio. In realtà io sono legato ad altri due momenti sempre con Cédrine. Il primo è quello della maglia bianca al Tour 2023. Eravamo partiti con quella speranza, ma sapevamo che la concorrenza era alta. Poi giorno dopo giorno abbiamo capito che potevemo vincere la classifica delle giovani. Difenderla sul Tourmalet l’ultimo giorno è stato davvero bellissimo (Kerbaol chiuderà dodicesima nella generale, ndr). Per noi ha avuto il valore di una vittoria piena.

E il secondo?

Il successo di tappa di Kerbaol al Tour 2024 nasce a maggio quando vince la Durango Emakumeen Saria in Spagna. Quel giorno diluviava e si arrivava al termine della discesa. Avevamo studiato tutto bene sfruttando le sue doti da discesista. Con quella vittoria abbiamo realizzato che stavamo lavorando molto bene e che in pratica era una prova generale per la frazione del Tour che aveva un finale molto simile.

Quando avete saputo che la squadra avrebbe chiuso?

Dopo l’annuncio della Ceratizit azienda a maggio, il management della squadra ci ha messo al corrente della situazione. La speranza era quella di poter continuare, però eravamo anche liberi di trovare una nuova squadra per l’anno prossimo. Per la verità sia io che altri dirigenti, a titolo personale, abbiamo provato a vedere se riuscivamo a coinvolgere nuovi sponsor per continuare, perché tutti, staff e atlete, sarebbero rimasti. D’altronde la Ceratizit ha sempre avuto una dimensione molto umana che mescolava molto bene professionalità con ambiente famigliare.

Com’è stato andare alle corse sapendo già di chiudere?

La notizia ovviamente ha scosso tutti. Tuttavia alle ragazze ho detto che dovevano mettere da parte i cattivi pensieri e concentrarsi sulle gare che dovevamo fare. E la prima era il Giro Women, dove ci siamo fatte vedere. Siamo state protagoniste con Miermont alla seconda tappa e con la canadese Van Dam, che si è rivelata l’ennesimo talento scoperto. Con noi era la prima volta che correva in Europa ed ha fatto bella figura, tanto che ha già un triennale con un’altra squadra.

La motivazione quindi è sempre rimasta alta?

Assolutamente sì, anche perché durante il Giro Women non c’era ancora la certezza di chiudere. Ho ricordato alle ragazze che se fossero andate forte lo avrebbero fatto nel loro interesse. Sia se la Ceratizit avesse proseguito, sia per trovare un nuovo ingaggio se la squadra avesse cessato l’attività. E così è stato. Devo dire che gli stimoli non sono mai mancanti nemmeno nello staff, che ci ha sempre supportato in qualsiasi cosa. Le atlete e il resto della squadra sono stati encomiabili, onorando ogni gara.

L’anno prossimo dove vedremo Fortunato Lacquaniti?

Come vi dicevo prima, prima che arrivasse l’annuncio ufficiale sono stato abbastanza concentrato su altri aspetti per il bene della società. Solo recentemente ho riattivato dei contatti per il 2026 con qualche team. Non ho ancora firmato nulla e stiamo ancora valutando. Ho già vissuto la chiusura della Alè-Cipollini e so come ci si sente quando si chiude un ciclo dopo tanto tempo. Infatti ho avuto anche il pensiero di smettere e sto riflettendo anche su questo, però il termine “pensione” mi piace poco. Vorrei chiudere in un altro modo, penso di poter dare ancora un contributo con la mia esperienza.

Trittico Rosa, la nuova sfida dell’UC Giorgione

21.08.2025
5 min
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Nel fine settimana del 29-31 agosto in provincia di Treviso andrà in scena la prima edizione del Trittico Rosa della Marca Trevigiana. Si tratta di una tre giorni dedicata al ciclismo giovanile femminile, organizzata da una squadra, l’UC Giorgione, che ha come Presidente il campione del mondo Alessandro Ballan e come Team Manager Enrico Bonsembiante.

Una scelta che sembra controcorrente in un momento in cui le competizioni giovanili, specie tra le juniores, sono sempre meno. Ma anche perché, solitamente, c’è chi organizza le gare e chi le corre. In questo caso invece un team ha deciso di impegnarsi in prima persona per dare la possibilità a ragazze di tutta Italia (e non solo) di cimentarsi in una piccola corsa a tappe. Abbiamo raggiunto Bonsembiante (nella foto in apertura) al telefono per farci raccontare com’è nata quest’idea, come si svolgerà e quali sono state le difficoltà che hanno incontrato.

Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Alessandro Ballan all’ultimo Cycling Stars Criterium, assiema a Pellizzari e Del Toro (foto Poci’s Pix)
Enrico, com’è nata l’idea di passare da dirigente di una squadra ad organizzatore di una gara? 

L’idea era quella di metterci del nostro come UC Giorgione, perché per primi vediamo sempre meno corse in Italia, soprattutto per le Juniores. Da molti anni assieme ad Alessandro Ballan organizziamo il Cycling Stars Criterium, quindi abbiamo voluto mettere a disposizione la nostra esperienza per organizzare una gara per le ragazze.

Qualcosa di simile non c’è in Italia?

C’è qualcosa di simile a Comano Terme, realizzato da organizzatori molto capaci. Io e Alessandro abbiamo preso spunto da lì, portandolo però naturalmente nel nostro territorio, da sempre terra di grande ciclismo, in città come Castelfranco Veneto e Mosnigo. E scegliendo un fine settimana in cui non c’erano altre competizioni in Italia.

Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione sono esordienti e allieve: il Trittico Rosa offrirà loro una possibilità in più di gareggiare (foto Poci’s Pix)
Quindi avere deciso di organizzare non una semplice gara, ma addirittura una tre giorni

E’ una cosa particolare perché è una tre giorni completamente dedicata al ciclismo giovanile femminile, le categorie esordienti, allieve e juniores, cioè ragazze dai 12 ai 17 anni. Inizieremo la sera di venerdì 29 agosto a Castelfranco Veneto, con un circuito cittadino, che varrà anche per la classifica finale dei tre giorni.

In che senso classifica finale?

L’abbiamo pensata come una piccola corsa a tappe, quindi qualcosa di ancora più raro per ragazze di quest’età, un’opportunità in più. Sabato 30 poi ci sposteremo a Mosnigo di Moriago della Battaglia, sopra il Montello, dove ci sarà una cronometro, pianeggiante ma tecnica, che sarà anche valida per il campionato provinciale di Treviso.

Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
Le ragazze dell’UC Giorgione in parata. La storica squadra trevigiana è rinata tutta al femminile nel 2024 con la presidenza di Ballan (foto Poci’s Pix)
L’evento però sarà aperto a ragazze da tutta Italia, giusto?

Assolutamente. Anzi, abbiamo già ricevuto iscrizioni anche dall’estero. Per esempio avremo la nazionale ucraina juniores, e squadre da tutta Italia con diverse ragazze di altri Paesi. E’ ancora presto per dire quante atlete ci saranno in tutto, ma ci aspettiamo almeno un centinaio di iscritte per ogni categoria, forse di più.

Questa ottima risposta testimonia il gran bisogno che c’è di gare del genere 

Sì perché di eventi simili ce ne sono pochi non solo in Italia, ma in tutta Europa. Il clou del Trittico sarà infine domenica 31 con la gara in linea. Le esordienti ripeteranno 10 volte un circuito di 4 chilometri, mentre alle allieve si aggiungerà un circuito più impegnativo sulle colline del Prosecco. Le juniores disputeranno invece una gara più lunga e selettiva, ripetendo 5 volte il circuito collinare di 19 chilometri. La gara di domenica sarà anche il primo Memorial Angelo e Gino Presti, un omaggio a due persone molto importanti per il ciclismo giovanile trevigiano. 

Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Giorgia Timis, Esordiente 2° anno, quest’anno ha vinto il Gran Premio Primavera di Maser (foto UC Giorgione)
Chi sono?

Angelo Presti è stato uno storico organizzatore delle corse che si svolgevano a Mosnigo, oltre che direttore di corsa. Il figlio Angelo jr ci ha dato una grossa mano nell’organizzazione del Trittico, quindi ci è sembrato giusto dedicare l’evento clou alla memoria del padre.

A proposito di organizzazione, voi siete ormai rodati con il Cycling Stars Criterium. Questa però è una cosa diversa, avete trovato difficoltà?  

Non è facile, né a livello economico né burocratico. Bisogna trovare molti volontari e non è semplice. Per esempio per la gara di domenica dobbiamo coprire 65 punti tra incroci e uscite di strade laterali. Poi c’è la logistica, per tre giorni devi montare e smontare la partenza e l’arrivo. Insomma ci sono molte più cose a cui pensare rispetto al Criterium.  Per questo ci tengo a ringraziare Giorgio Dal Bò, presidente della sezione trevigiana della Federciclismo. Assieme a sua figlia Virginia ci sta aiutando moltissimo soprattutto dal punto di vista burocratico. E’ giusto sottolineare quando qualcuno si spende per realizzare qualcosa di bello e difficile nel proprio territorio, anche perché eventi del genere sono possibili solo grazie alla collaborazione di molte persone.

L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
L’UC Giorgione con Longo Borghini e Wiebes al Cycling Stars Criterium 2025 (foto Poci’s Pix)
Hai parlato del fatto che arriveranno più di 300 atlete. Assieme ai vari staff e, immaginiamo, ai genitori, si tratta di un gran bel numero. Dove alloggeranno tutte queste persone?

Abbiamo diversi hotel e agriturismi convenzionati nella zona e li indirizziamo lì. Infatti, oltre a dare la possibilità alle giovani ragazze di gareggiare in una piccola corsa a tappa, il Trittico vuole anche creare un importante indotto su tutto il territorio.

Lechner: «Ferrand Prevot? Una perfezionista assoluta»

06.08.2025
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Eva Lechner è stata forse l’avversaria più longeva e costante di Pauline Ferrand Prevot. L’azzurra e la francese si sfidavano sin da quando erano due juniores e lo facevano ovunque: strada, mountain bike, ciclocross. Spesso dominava la francese, altre volte l’italiana.

E’ quindi proprio con Eva Lechner che facciamo un’analisi tecnica (e non solo) della regina del Tour de France Femmes. Come è cambiata Ferrand Prevot, se questo obiettivo poteva davvero essere alla sua portata e come ci è riuscita. Un viaggio con l’altoatesina che diventa una fotografia preziosa soprattutto della testa e del metodo della fuoriclasse francese.

Eva Lechner e Pauline Ferrand Prevot agli europei in MTB del 2018. Quante volte si sono scontrate in carriera…
Eva Lechner e Pauline Ferrand Prevot agli europei in MTB del 2018. Quante volte si sono scontrate in carriera…
Eva, hai combattuto tante volte con Pauline Ferrand Prevot: che avversaria era?

Era sempre un’avversaria tosta, quando c’era lei sapevi che c’era “da menare”. Poi c’erano anche dei momenti in cui sono riuscita ad arrivarle davanti, come in una Coppa del mondo che ho vinto. Però non è mai stato facile quando c’era lei e soprattutto negli ultimi anni: quando preparava un evento, sapevi già che sarebbe stato difficile.

Ci hai combattuto non solo in mountain bike ma anche nel cross e su strada. Era sempre la stessa rivale o cambiava?

Cambiava, cambiava… Ma anche lei ha avuto i suoi momenti di crisi. Mi ricordo alle Olimpiadi di Rio: io ho avuto una giornata no, ma lei ancora di più. Pauline non finì la gara. Ebbe proprio un anno no. Quando l’ho vista dopo la gara era affranta. Nel ciclocross andavo un po’ meglio di lei, mentre nella mountain bike e su strada facevo più fatica a starle davanti. Siamo sempre state legate, non dico amiche strette, ma comunque ci rispettavamo. Ero sempre contenta quando la vedevo.

Era un’atleta da tanto motore e poca tecnica o era completa anche dal punto di vista tecnico?

No, era abbastanza completa di tecnica. Ma lei è una che quando le manca qualcosa si mette lì e lavora. L’ha fatto anche sulla tecnica. Un paio di anni fa era un po’ più debole, ma poi ha preso un tecnico, si è messa a lavorare su aspetti specifici ed è migliorata tantissimo. Se pensiamo che ha fatto tutte le gare più importanti con una MTB front… Pauline è così: lavora in modo estremo, individua dove è debole e migliora. E’ quella la cosa che fa davvero impressione.

Hai detto che Pauline, quando individua un punto debole, ci lavora.

In realtà tutti ci proviamo, però secondo me lei ha qualcosa in più delle altre a livello di motivazione. Perché non è facile lavorare dove sei debole. Lei lo fa con costanza e determinazione. Ne fa un pallino.

Che metamorfosi pensi abbia fatto per essere così competitiva su strada, considerando che oggi il livello è molto alto?

Partiamo dal presupposto che lei è forte di suo. Certo, ha cambiato, ma ricordiamoci che Pauline ha iniziato su strada. Da junior ha vinto anche un mondiale su strada. Forse doveva solo riprendere un po’ di ritmo. Infatti l’anno scorso al mondiale ci ha provato, ma non c’era proprio. Non ancora. Poi piano piano si è messa a lavorare, ha fatto tante gare ed il suo miglioramento è stato palese.

Chiarissima…

Poi sicuramente alla Visma-Lease a Bike ha trovato uno staff importante, che l’ha seguita su tutto: tecnica, condizione, alimentazione. Su questi aspetti lei è una perfezionista.

In teoria dopo le prime classiche del Nord avrebbe dovuto andare in altura. Invece, non sentendosi a suo agio in gruppo, ha preferito continuare a correre. E’ questa la Pauline Ferrand Prevot che conosci?

Esattamente. Sicuramente aveva bisogno di lavorare su quell’aspetto e lo ha fatto. Ha rinunciato all’altura per migliorare la propria gestione in gruppo: questo dimostra quanto sia lucida nei suoi processi.

Da un punto di vista di motore, visto che tu hai fatto più discipline, che trasformazione ha vissuto? Hai notato cambiamenti fisici?

Assolutamente sì. Già prima, quando aveva un appuntamento importante, si vedeva che si trasformava. Perdeva anche 5-6 chili e poi li rimetteva su senza perdere muscolo. Faceva cambiamenti radicali, come nessun’altra. Ma sempre seguita da figure professionali. Il suo è sempre stato un professionismo di altissimo livello. I cambiamenti si notavano anche in passato. E quest’anno, quando prima del Tour Femmes l’ho vista così magra, ho capito che sarebbe andata lì a menare forte.

Ferrand Prevot ha vinto titoli mondiali in ben cinque discipline: strada, MTB (Xc e Marathon), cross e gravel. Oltre al titolo olimpico in MTB a Parigi 2024
Ferrand Prevot ha vinto titoli mondiali in ben cinque discipline: strada, MTB (Xc e Marathon), cross e gravel. Oltre al titolo olimpico in MTB a Parigi 2024
Pauline aveva dichiarato: “Torno su strada per vincere il Tour Femmes”. Diceva di volerlo fare in tre anni, ci è riuscita subito. Te lo aspettavi?

Sì, me l’aspettavo. Perché so come lavora. Per certi aspetti non mi ha stupito. Ma mi ha fatto impressione il numero che ha fatto. Non ho mai creduto che fosse impossibile per lei, però non toglie che mi abbia colpito. E aggiungo che sono molto felice che ci sia riuscita.

Adesso che ha raggiunto l’obiettivo e ha 33 anni, pensi che Pauline manterrà alta la motivazione o potrebbe anche chiudere la carriera?

Potrebbe starci, ma dovrà valutare lei cosa vuole fare. E in ogni caso le servirà un po’ di tempo per capirlo. Conoscendola, magari si porrà un altro obiettivo e porterà a termine anche quello.

Chiudiamo con un aneddoto. C’è un ricordo che ti viene subito in mente pensando a lei?

Più di uno, ma dico il mondiale di MTB dopo il Covid. Lei ha vinto, io sono arrivata seconda. Quel giorno è stato bello arrivare dietro di lei. Mi sentivo la prima delle umane. Ma forse il ricordo più bello è legato ad una gara post Covid in Francia.

Vai, racconta…

Venivamo entrambe da un duro Xc all’Alpe d’Huez. Il giorno successivo iniziava la Transmaurienne, una gara a tappe in MTB. La prima di queste frazioni era valida come campionato francese Marathon. Lei ci teneva perché ci arrivava con la maglia di campionessa del mondo. Ad un certo punto la sua rivale era un po’ avanti e io aiutai Pauline. Lei avrebbe poi fatto solo quella tappa, io invece tutta la gara. Per cinque ore abbiamo corso insieme tra fatica, chiacchiere e tecnica. Ricordo in particolare una discesa lunghissima, molto flow. La facemmo a tutta. Fu quasi una gara nella gara tra di noi. Recuperammo anche un sacco di gente, ci divertimmo tantissimo. Quel giorno fu quasi una pedalata tra amiche.

Quel lungo sabato al Giro Women. Zambelli e la sua esperienza

29.07.2025
5 min
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FORLI’ – Donne meravigliose quelle che hanno corso il Giro Women. D’altronde lo slogan della gara – wonderful women – inciso sulla copertina del road book della gara intendeva riunirle tutte assieme. Dalla prima all’ultima, letteralmente, perché per tante che vincono, ce ne sono sempre altrettante che chiudono le classifiche.

Per dare un riferimento ed entrare nello specifico, a Monte Nerone – traguardo della settima tappa che misurava 150 chilometri con 3.850 metri di dislivello – Sarah Gigante ha vinto in 4 ore e tre quarti. Le ultime invece sono arrivate con quasi 50 minuti di ritardo, ritrovandosi a pedalare per circa 6 ore contando i chilometri di trasferimento e lottando contro il limite del tempo massimo. Di questo passo quindi capita che alcune atlete, così come succede tra gli uomini, finiscano le grandi gare a tappe come se avessero corso una frazione in più.

C’è chi è più abituata e chi meno a queste situazioni, così assieme ad Alessia Zambelli della Top Girls Fassa Bortolo siamo ritornati a quel sabato di due settimane fa abbondanti. Lei ha diciannove anni, è bergamasca di Almenno San Bartolomeo (ai piedi della Roncola, come sottolinea) e quest’anno sta disputando la sua prima stagione da elite. Per lei la “Corsa Rosa” è stata un’avventura estremamente formativa di cui esserne orgogliose.

Per la bergamasca Zambelli, la crono iniziale del Giro Women corsa sulle strade di casa è stata una grande emozione
Per la bergamasca Zambelli, la crono iniziale del Giro Women corsa sulle strade di casa è stata una grande emozione
Innanzitutto com’è andato il Giro Women in generale?

Devo dire bene. L’ho finito e questo è un gran risultato per me considerando che ho saputo di correrlo solo al campionato italiano. Quindi non ho avuto modo di poterlo preparare a dovere, anche perché avevo la maturità (si è diplomata in amministrazione, finanza e marketing, ndr). L’obiettivo principale era quello di cercare di arrivare il più lontano possibile. Sono contenta di essere arrivata in fondo, se guardo anche il livello delle atlete in gara.

Quanto eri emozionata?

Tantissimo. Ero felice della convocazione, soprattutto perché sono al mio primo anno nella categoria. Poi considerando che la partenza è stata da Bergamo, casa mia, ero abbastanza tesa. Per la crono avevo molta ansia perché continuavo a pensare di essere alla gara italiana più importante con le migliori al mondo. Non volevo sfigurare del tutto, però è stata una bella sensazione.

Zambelli vuole concentrarsi sul ciclismo per scoprire meglio le sue caratteristiche (foto Ossola)
La settima tappa del Giro Women è stata una delle più dure degli ultimi 10/15 anni e va fatto un plauso a chi l’ha portata a termine. Ma come si vivono certe giornate più lunghe?

Non avevo mai fatto così tanta salita in vita mia, è stata molto impegnativa. Lo scorso inverno avevamo fatto tanto fondo con la squadra, però in questo caso c’era molto dislivello. La cosa più importante è stato alimentarsi molto durante la tappa. A dire il vero verso il finale ero rimasta a secco di cibo (sorride, ndr), ma per fortuna c’era l’ammiraglia che mi ha dato un po’ di gel.

Cosa ti eri preparata da mangiare per quella tappa?

Vi anticipo già che devo migliorare tanto sull’alimentazione. Avevo borracce con acqua e maltodestrine, poi le classiche barrette, i gel e i “fruttini” (gelatine di frutta, ndr). Prendevo qualcosa ogni mezz’ora. Non avevo nessun paninetto o rice cake perché faccio fatica a mangiarli in gara, però so che sarebbero tornati utili. Vedo le mie compagne e anche amici U23 che calcolano tutti i grammi da prendere, mentre io vado ancora ad occhio. Ecco, ho capito che devo assolutamente curare questo aspetto che è fondamentale.

La chiamata a Zambelli per il Giro Women è arrivata solo una settimana prima con l’obiettivo di arrivare il più lontano possibile (foto Ossola)
Oltre alla fatica fisica, è stato anche uno sforzo mentale?

Certo, di fatica mentale ne ho fatta tanta che quasi al mal di gambe non ci pensi più. Tuttavia sapevo che dovevo arrivare in cima al traguardo, quindi sono salita di inerzia. E’ stato un test molto complicato da superare, però anche quel giorno, sommato a quelli prima e al quello successivo, mi ha insegnato molto.

Ha imparato qualcosa di particolare Alessia Zambelli dal Giro Women?

Ho fatto tantissima esperienza. Ho capito tantissime cose, a non mollare di testa e che si può cercare di resistere fino all’ultimo. Salendo verso Monte Nerone pensavo di essere già fuori tempo massimo, invece dall’ammiraglia mi hanno detto che avevo ancora dieci minuti da gestire. Certo, erano solo dieci minuti, ma mi hanno dato una piccola iniezione di fiducia e ritrovi morale. Infatti come dice sempre Lucio Rigato (il team manager, ndr), vale più una settimana di Giro d’Italia che un anno o due di gare open.

A parte le gare open, Zambelli aveva corso Trofeo Binda, Chambery e campionato italiano prima del Giro Women (foto Ossola)
A parte le gare open, Zambelli aveva corso Trofeo Binda, Chambery e campionato italiano prima del Giro Women (foto Ossola)
Da juniores sei andata molto forte e le tue caratteristiche erano da scalatrice. Finora com’è andata la stagione?

La squadra mi ha tenuta calma finché ho avuto la scuola e la maturità da preparare. Prima del Giro, con le pro’ avevo corso solo il Trofeo Binda, Chambery e l’italiano, mentre le gare open le ho fatte quasi tutte le domeniche. Abbiamo ripreso a correre solo domenica scorsa a Tarzo dopo un buon periodo di recupero. Devo ancora capire che tipo di corridore sono. Da juniores andavo bene un po’ dappertutto, adesso cerco di concentrarmi bene sul ciclismo e vedere cosa posso provare a fare, poi vedremo. Da qui alla fine dell’annata ci sono ancora un po’ di gare importanti in cui imparare e crescere.

Europei pista: clima non facile, ma bei segnali dalle giovani azzurre

23.07.2025
6 min
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Quelli del velodromo di Anadia sono stati europei che si sono trasformati in una rassegna non semplice per la spedizione italiana. La morte improvvisa di Samuele Privitera al Giro della Valle d’Aosta ha toccato a distanza le anime soprattutto dei giovani corridori italiani. Tuttavia il raccolto ottenuto dalle donne juniores e under 23 parla di 10 medaglie complessive: tre ori e quattro argenti per le prime, un oro, un argento e un bronzo per le seconde.

Il bilancio della trasferta portoghese l’abbiamo chiesto a Diego Bragato, cittì femminile della pista (ruolo che condivide con Marco Villa) e capo del Team Performance della nazionale. Il tecnico di Motta di Livenza è già sul campo di gara impegnato alla “Tre Sere Internazionale Città di Pordenone”, ma torna indietro di qualche giorno per raccontarci come ha visto le sue atlete, in previsione anche dei mondiali juniores che si disputeranno sull’anello olandese di Apeldoorn dal 20 al 24 agosto.

Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Il team sprint (composto da Trevisan, Campana, Cenci e Fiscarelli) hanno vinto l’oro migliorando il bronzo del 2024
Diego non possiamo non partire dalla tragedia del Valle d’Aosta che ha colpito da vicino anche Vittoria Grassi, fidanzata di Privitera. Come avete gestito quei momenti?

Sono state giornate molto difficili. Era la prima volta che mi capitava una situazione simile ed essendo genitore anch’io, l’ho vissuta in modo intenso. Per noi era il secondo giorno di gare. Avevamo saputo che Samuele era grave e Vittoria era in contatto con i suoi genitori che erano in ospedale, assieme a quelli del ragazzo. Non appena abbiamo avuto la tragica notizia, il mattino successivo le compagne sono state bravissime a darle conforto.

Lei come ha reagito, se esiste una reazione a queste cose?

Conosco bene Vittoria, è una ragazza solare, tant’è che è voluta restare con noi per ricambiare l’affetto delle sue amiche e colleghe. Aveva già corso le qualifiche col quartetto, però abbiamo deciso di farla rientrare il giorno dopo perché era giusto così. Abbiamo cercato di fare il meglio possibile in generale, ma non so se c’è un modo giusto o meno.

Alcune prestazioni delle U23 possono aver risentito di questa situazione?

Certamente sono notizie che ti condizionano, ma quest’anno sapevamo che con le U23 avremmo fatto un po’ più fatica rispetto al passato. Alcune erano assenti perché stavano recuperando da infortuni. Poco prima degli europei c’era il Giro Women e certe prove vanno preparate. Nonostante questo, Sara Fiorin è riuscita a venire in Portogallo e cogliere un bell’argento nello scratch. Bene anche Baima, bronzo nell’eliminazione. Siamo mancate in due specialità.

Quali?

Sicuramente il rammarico più grande arriva dall’inseguimento a squadre. Ci stavamo giocando il pass per le finali contro la Germania, con cui avevamo tempi molto vicini. Purtroppo la terza e la quarta ragazza si sono toccate in un cambio e sono cadute. E’ stato un errore tecnico, forse dato dal fatto che la pista di Anadia ti porta in uscita dalla curva in maniera molto veloce. Peccato eravamo da medaglia, così come nell’omnium.

Cos’è successo in quel caso?

Nulla di particolare, solo che Venturelli la mattina della gara si è svegliata con la febbre. Abbiamo dovuto dire a Basilico che avrebbe corso lei. E come dicevo prima, certe corse vanno preparate. Siamo certi che per come avevamo visto Venturelli e per come sa interpretare quel tipo di gara, avremmo potuto ambire ad un risultato importante. Sono cose che capitano, però in generale vediamo il bicchiere mezzo pieno con le U23.

Grandi soddisfazioni invece sono arrivate dalle juniores, che si conferma una categoria in costante crescita.

Assolutamente vero, siamo consapevoli di avere un grande potenziale con le juniores, pensando poi anche agli anni futuri. Siamo contenti perché il gruppo è forte, anche con le ragazze del primo anno. Ad esempio Fiscarelli, Rossignoli e Campana si sono integrate subito alla grande e tutte sono andate a podio. Siamo cresciute nella velocità dove abbiamo preso due ori tra team sprint e keirin. Bravissima Pegolo, così come Sanarini, che tuttavia deve affinarsi in corse come madison e omnium.

Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Rossignoli, Erja Bianchi, Sanarini, Pegolo e Elisa Bianchi si sono alternate nel quartetto, vincendo l’argento dietro la Gran Bretagna
Altre note positive?

Siamo migliorate nel quartetto, dove abbiamo conquistato l’argento dietro la Gran Bretagna che ha fatto il record del mondo. Stessa cosa ad esempio con Rapporti nell’inseguimento individuale. E’ stata battuta dalla danese Fialla che ha fatto un tempo strepitoso. Se per batterci devono fare i record del mondo, allora significa che siamo sulla strada giusta. Per contro pecchiamo ancora di inesperienza in certe corse, ma mancano gare in Italia ed è difficile arrivare più preparate.

Che indicazioni ha tratto Diego Bragato per i mondiali di agosto?

Credo che per Apeldoorn siamo in crescita, proprio perché in questi europei abbiamo fatto quella esperienza in generale ed internazionale cui facevo riferimento prima. L’idea è sempre quella di mantenere una rosa allargata tenendo sott’occhio tante ragazze. Per i mondiali vorremmo portare un mix di atlete tra primo e secondo anno, perché abbiamo visto che funziona non solo tecnicamente.

Come sarà l’avvicinamento?

La settimana prossima inizieremo con gli allenamenti a Montichiari. Cercheremo di preparare a dovere le discipline in cui siamo più competitive e chiaramente salire di livello in quelle in cui lo siamo meno. Partiremo per l’Olanda il 17 agosto per prendere confidenza con quel velodromo. Siamo fiduciosi.

Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Diego Bragato agli europei ha dovuto gestire la tragica notizia della morte di Privitera (foto FCI)
Guardando ancora più in là, si fanno già ragionamenti per Los Angeles 2028?

Gli europei delle giovani, così gli stessi mondiali, sono passaggi intermedi fondamentali per crescere ed accumulare punti per quelle che saranno poi le qualifiche olimpiche. Dall’anno prossimo riprenderà la caccia ai punteggi attraverso le prove di Nations Cup. Sappiamo che le cosiddette big non potranno farle tutte perché saranno impegnate su strada con le proprie formazioni. Disputarle con queste atlete, che nel frattempo saranno diventate più grandi ed esperte, sarà importantissimo e ci consentirà di lavorare con maggiore serenità o pianificazione.

Virelli, il successo del Giro Women e le nuove date

18.07.2025
6 min
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IMOLA – L’area attorno al palco delle premiazioni che va svuotandosi di gente e attrezzatura è il segnale che il Giro d’Italia Women sta andando in archivio e la sua direttrice Giusy Virelli ha il volto rilassato e soddisfatto mentre esce dai saloni dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola.

Il classico momento di abbracci e strette di mano per la buona riuscita del lavoro è assecondato da quello degli argomenti appuntati da trattare una volta tornati in ufficio in vista della prossima edizione. Ne approfittiamo per chiedere un bilancio sulla Corsa Rosa femminile che ha regalato tante emozioni.

Quest’anno abbiamo avuto la percezione di un Giro ancora migliore di quello passato. E’ cosi?

Per noi organizzatori è stata la seconda edizione, ma innanzitutto questo è stato il trentaseiesimo Giro d’Italia femminile, perché non vanno dimenticate le edizioni precedenti e perché è un evento di grande storia e grande tradizione. Lo si è capito dalla voglia delle atlete di fare risultato. E’ stato un Giro molto bello, aperto fino all’ultimo.

Come nel 2024.

Sì, ma con delle diversità più avvincenti. E’ vero che il distacco di quest’anno all’ultima tappa era maggiore (22” contro 1”, ndr), però secondo me la frazione conclusiva di Imola risultava più aperta. Per cui siamo veramente soddisfatti e dal punto di vista sportivo è stato un bellissimo evento.

C’è qualcosa che vi ha colpito in particolare?

Certamente la tantissima gente sulle strade per applaudire le ragazze, addirittura aspettando il loro passaggio per ore. E’ stato bello vedere le città piene di pubblico e di bambini. Tanto colore rosa per le vie. Le atlete si meritano queste coreografie. Questa è la dimostrazione che il movimento femminile sta crescendo e con esso anche l’interesse da parte della gente che segue le atlete allo stesso livello dei colleghi maschi.

Niedermaier che consola Reusser in cima a Monte Nerone è stato uno dei momenti più toccanti del Giro Women
Niedermaier che consola Reusser in cima a Monte Nerone è stato uno dei momenti più toccanti del Giro Women
Possiamo dire che il bis di Longo Borghini avvalora tutto quanto?

Devo dirvi che penso sempre a quello che dice sempre Mauro Vegni (il direttore del Giro d’Italia, ndr), che è il Giro a fare grandi gli atleti. Credo che sia uguale anche al femminile, però certo, noi siamo italiani e vedere un’italiana sul primo gradino del podio come Elisa è sicuramente motivo di orgoglio per noi. E poi c’è stato un altro aspetto più profondo da considerare.

Prego, spiegaci pure.

Il Giro Women è una gara che esiste da tanto tempo, da ben prima che il ciclismo femminile diventasse qualcosa di così importante per cui ora le atlete hanno voglia di portare a casa la maglia rosa. Quindi c’è stata una componente umana che ci ha emozionato oltre il gesto tecnico. Penso alle lacrime di Reusser a fine Giro che ha faticato per arrivare alla vittoria. Oppure penso alla bellissima scena di sorellanza di Antonia Niedermaier che va a consolare la stessa Reusser appena dopo il traguardo di Monte Nerone. Talvolta si guarda sempre ai vincitori, ma dietro in realtà c’è un lato umano che vale la pena di considerare.

Tra i tanti spunti per l’anno prossimo, ci sarà la nuova collocazione del Giro nel calendario. Cosa puoi dirci?

Vedremo cosa cambierà a livello di partecipazione. Con le nuove date (dal 30 maggio al 7 giugno 2026, ndr) il Giro Women si allontana dal Tour Femmes. Quindi cambieranno le preparazioni, però è anche vero che le squadre potranno guardare questa situazione in maniera diversa. Potranno puntare a correre e fare classifica con le loro leader ad entrambe le corse, perché ci sarà un lasso tempo tale da recuperare e prepararsi. E non credo nemmeno che la vicinanza con la Vuelta (che dovrebbe restare ad inizio maggio, ndr) darà problemi alla nostra gara.

Nel 2026 il Giro Women avrà nuove date: dal 30 maggio al 7 giugno
Nel 2026 il Giro Women avrà nuove date: dal 30 maggio al 7 giugno
Le nuove date le avete chieste voi o ve le hanno imposte?

Le abbiamo chieste noi, non solo per una questione organizzativa. Siamo andati in diretta televisiva prima del Tour de France, che chiaramente per noi è stato un grande traino. Tuttavia il Giro Women nasce nelle date immediatamente a ridosso del Giro maschile, quando non esisteva ancora il Tour Femmes, per cui il calendario bisognava rivederlo. Sarà sicuramente un esperimento perché non abbiamo uno storico su cui basarci. Vedremo come andrà, andando a vedere i numeri, che sono poi la cosa fondamentale nella valutazione del successo o meno di un evento.

L’anno prossimo avremo quindi un mese e mezzo di gare contando pure il Giro NextGen?

Non abbiamo ancora le date ufficiali degli U23, però tendenzialmente l’idea è quella. Avere sei weekend di Giri d’Italia e maglie rosa, tenendo conto della sovrapposizione delle ultime due tappe del Giro maschile con le prime due del femminile.

Possiamo dire che ormai il Giro Women ha trovato una sua identità?

Assolutamente sì. Siamo convinti che il ciclismo femminile in generale abbia il suo zoccolo duro di appassionati che lo vogliano seguire a prescindere dal Tour maschile che segue dopo in televisione. Con le nuove date vogliamo sfruttare il Giro maschile, cavalcando l’onda di quella fame di appassionati che appena finita la corsa vogliono ancora ciclismo. E potranno quindi seguire le imprese delle atlete la settimana successiva.

Ufficio stampa e digital-marketing hanno offerto una grande copertura del Giro Women attraverso le varie piattaforme
Ufficio stampa e digital-marketing hanno offerto una grande copertura del Giro Women attraverso le varie piattaforme
Di conseguenza ci saranno anche nuovi orari.

Nelle ultime due edizioni dovevamo arrivare alle 14,30 per esigenze di palinsesti televisivi. Quest’anno abbiamo avuto un clima leggermente più mite rispetto all’anno scorso, però diventa tutto più impegnativo col grande caldo. Poi va considerata che la finestra televisiva che avevamo riduceva l’attenzione su di noi, perché si riduceva ad esempio la presenza dei media sul posto. Ribadisco che il Giro Women sta diventando abbastanza solido per poter stare in piedi da solo e camminare sulle proprie gambe.

Legato a quest’ultimo discorso, conta anche il lavoro crescente dell’ufficio stampa e del comparto digital-marketing.

Sì è vero, i colleghi hanno lavorato davvero bene. Hanno prodotto tantissimi contenuti, offrendo una grande copertura del Giro Women. La gente che non aveva modo di seguire la diretta televisiva ha avuto comunque la possibilità di seguire la corsa dall’inizio alla fine attraverso le nostre tante piattaforme. Abbiamo mostrato i luoghi di partenza, i volti, la fatica, il sacrificio, la felicità delle ragazze e tantissimi altri momenti che hanno descritto la gara in modo completo, sotto ogni punto di vista.