Lungomare Bike Hotel, tra mare e monti la vacanza con la bici è per tutti

21.02.2022
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Immerso nella Romagna con lo sguardo rivolto al mare, il Lungomare Hotel di Cesenatico è uno dei Bike Hotel più suggestivi del territorio. Con i suoi servizi interamente dedicati alle due ruote è pronto ad ospitare ciclisti di ogni genere. Dai più piccoli ai più grandi. Dai più esperti ai principianti.

«Da noi possono venire persone che non sono mai andate in bici – dice la titolare Silvia Pasolini – per iniziare ad approcciarsi a questo sport direttamente qui. Molte persone grazie alle nostre guide si sono messe in gioco e hanno fatto le loro prime escursioni. Ci sono anche persone super allenate che vengono da noi a fare i training camp e Gran Fondo da tutto il mondo».

Grazie alla sua bike room con più di 150 bici e alle guide locali ogni singolo momento di vacanza può essere organizzato a bordo della propria bici per visitare le bellezze del territorio romagnolo che ha visto crescere campioni come Marco Pantani e ospita ancora oggi arrivi di tappa del Giro d’Italia e non solo e Gran Fondo come la Nove Colli.

Alla scoperta del territorio

L’aria di mare fa da contorno e alimenta la giornata, ma a pochi passi si possono trovare le colline che danno il nome alla Nove Colli come il monte Barbotto, la salita più dura della Gran Fondo, a cui è dedicata un’escursione. Di qui sono passate e passano tappe e corse di un giorno di tutte le categorie, dal ciclismo giovanile ai pro’ come gli arrivi del Giro d’Italia.

Grazie alle sue guide e ai molteplici pacchetti il Lungomare Bike Hotel funge da campo base per escursioni di ogni genere in sella alla propria bici, che sia da strada, Mtb o gravel. Dal passaggio al fantastico borgo di Santarcangelo al percorso sul Monte Carpegna. Oppure percorsi pianeggianti e rivitalizzanti come “La rotta del sale” suddivisa in quattro giorni, divisa tra andata e ritorno da Cesenatico e Venezia.

«Senza dimenticarsi degli accompagnatori – prosegue Silvia Pasolini – anche loro vengono coccolati e loro stessi coinvolti con i ciclisti. Abbiamo per esempio un pacchetto che si chiama “bike and family” che fornisce attività complementari. Con arrivi di tappa condivisi. Dal agriturismo all’arrivo in piazza condiviso, allo svago per i bambini».

I servizi per tutti

Per un Bike Hotel i servizi sono forse uno degli aspetti più importanti e che donano il valore aggiunto a tutta l’esperienza che si vive presso la struttura. Il Lungomare di Cesenatico ne ha una lunga lista che vuole fare sentire il ciclista supportato a 360 gradi. Il fiore all’occhiello è la bike room, che può ospitare fino a 150 bici. Costruita sotto il livello del mare ospita un servizio di assistenza meccanica 24h su 24 con il supporto di un tecnico specializzato per qualsiasi esigenza e un angolo per il lavaggio bici.

«Siamo partner esclusivo di Pinarello tra gli hotel dell’Emilia Romagna – osserva Silvia Pasolini – per il noleggio delle splendide bici. Poi abbiamo una piscina riscaldata per triathleti, centro benessere, centro massaggi, bagno turco e angolo relax. Centro estetico e massaggi sportivi. Se il tempo non è il massimo o per la preparazione invernale abbiamo una palestra Technogym con vista mare per potersi allenare anche indoor».

Oltre a questi servizi fisici è disponibile anche un supporto per le iscrizioni alla Gran Fondo e per il ritiro pacchi gara con la possibilità di essere consegnati direttamente in camera per una attenzione ai dettagli che non lascia nulla al caso. Infine è presente la cucina, disponibile a menù preparati ad hoc per il rientro da escursioni o allenamenti e piani alimentari specifici.

Il legame con il professionismo

Per una struttura di questo genere la clientela è una cartina tornasole che fa delle figure che la visitano un biglietto da visita inequivocabile. Ed il legame e le radici con la storia sportiva della zona ne è la conferma.

«Noi siamo legati molto a Marco Pantani – afferma Silvia Pasolini – lo ricordiamo e spesso ci chiedono molto di lui e di poter vedere dove si allenava e viveva. Ci piace far conoscere il territorio. La Romagna non ha nulla da invidiare a ciò che si può trovare in altre nazioni. Abbiamo l’aria del mare e le colline a pochi chilometri. Per non parlare del cibo e vino. Ci teniamo molto che le nostre guide sottolineino questi aspetti e si dedichino alla spiegazioni della storia dei monumenti e della relativa importanza. Non è un territorio che si basa solo sul turismo come profitto, ma abbiamo tanta storia da fare conoscere».

Da noi sono passati molti ciclisti professionisti che sono diventati poi amici. Paolo Savoldelli, Marco Saligari, Omar di Felice per citarne alcuni. Spesso ospitiamo squadre professionistiche per le gare che arrivano qui nei dintorni. Abbiamo ospitato anche Bernal, Pogacar e Roglic. Amici di famiglia che girano e iniziano ad fare affidamento su di noi e sui nostri servizi».

LungomareBikeHotel

Lungomare e Pinarello: la collaborazione è okay

18.08.2021
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Il Lungomare Bike Hotel di Cesenatico è una struttura ricettiva specializzata per ciclisti (e a nostro personale giudizio tra le primissime in Italia) già da qualche anno partner Pinarello. Ma in cosa consiste questa importante partnership? Il Lungomare “ospita” in casa – meglio, all’interno della sua attrezzatissima bike room – una trentina (!) di biciclette Pinarello distribuite tra i modelli Andromeda, Nytro, Grevil, Prince oltre alle Dogma F10 e F12: tutte quotidianamente a disposizione dei clienti dell’hotel che, noleggiandole, possono così provare su strada cosa significhi davvero pedalare su queste esclusive “specialissime”.

Clienti del Lungomare a spasso sui uno dei 100 percorsi cicloturistici dell’hotel
Clienti del Lungomare a spasso sui uno dei 100 percorsi cicloturistici dell’hotel

In oltre quarant’anni di attività – tutto è iniziato nel 1979 – la famiglia Pasolini ha accolto al Lungomare Bike Hotel oltre 10.000 ospiti provenienti da tutto il mondo. Turisti prima incuriositi e poi entusiasti di poter vivere la propria passione per la bicicletta in un contesto estremamente organizzato. I bike tour del Lungomare sono a dir poco un “must”… E sono solo alcuni tra le 100 proposte tra cui scegliere! Ne parliamo con Silvia Pasolini, direttrice dell’hotel.

Silvia, si va alla scoperta di un territorio unico che unisce il mare alla collina, le città d’arte a borghi incantevoli, l’arte e il paesaggio ad una tradizione enogastronomica favolosa: in due parole la Romagna…

Li abbiamo portati a pedalare tra splendidi vigneti, castelli medievali e strade di ciottoli di piccoli borghi di campagna. Li abbiamo fatti innamorare della nostra terra, dei nostri tramonti, dei nostri paesaggi. E tra una sosta per un cappuccino e un gelato in una piazza medievale, li abbiamo condotti a conquistare alcune tra le più iconiche salite d’Italia, come il Cippo Pantani e San Marino, la più antica Repubblica al Mondo.

La bellezza e la tranquillità dell’hotel che si affaccia sul mare e dispone di una bellissima piscina
La bellezza e la tranquillità dell’hotel che si affaccia sul mare e dispone di una bellissima piscina
Cosa significa per una struttura come la vostra puntare su una clientela di praticanti ciclisti?

Dopo tanti anni, la nostra passione per il ciclismo è diventata sempre più forte. Siamo continuamente emozionati dal potere della bici di creare un modo semplice, sostenibile e gioioso. Noi pensiamo che non esista un’attività più semplice che tocchi così tanti bisogni e stati d’animo dello spirito umano: l’eccitazione, la libertà, connessione, l’avventura, la  passione. Come spesso viene ripetuto, il ciclismo non è solamente uno sport ma uno stile di vita. Anzi, oggi anche di più: è un movimento culturale. Un movimento in crescita che abbraccia equilibrio, semplicità, viaggio e sostenibilità ambientale.

E i vostri bike tour alla scoperta della terra e delle tradizioni di Romagna?

In tutti questi anni di esperienza e di continua evoluzione abbiamo avuto modo di studiare e ideare una grandissima quantità ed un’ampia varietà di tour in bicicletta: pianura, colline e salite difficili per un allenamento duro, un allenamento facile o una semplice passeggiata. Con le nostre guide i nostri ospiti potranno esplorare qualcosa di nuovo ogni giorno.

Anche Tadej Pogacar in alcune occasioni ha scelto l’Hotel Lungomare
Anche Tadej Pogacar in alcune occasioni ha scelto l’Hotel Lungomare
“That’s Amore”: questo il vostro motto… cosa significa?

Abbiamo preso ispirazione dalla famosa canzone di Dean Martin del 1953. Nel testo c’è la spensieratezza, la felicità e il romanticismo di quello stile di vita italiano che tutto il mondo ci invidia. E proprio con questa idea di godere delle cose semplici e della gioia di vivere, abbiamo costruito la nostra attività di cicloturismo a Cesenatico, in Italia. Amiamo ospitare ciclisti da tutto il mondo, portandoli a scoprire i nostri paesaggi, a degustare cibi e vini tradizionali e ad assaporare l’inimitabile stile di vita della Dolce Vita.

E puntare su un brand come Pinarello ha dato i suoi frutti?

Si, senza dubbio. Sono oramai diversi anni che dotiamo la nostra bike room delle ultime novità della gamma Pinarello. I nostri ospiti hanno sempre la possibilità di uscire e pedalare su queste bici iconiche. Adesso aspettiamo l’arrivo della nuova Dogma F, la bici che ha già vinto l’oro su strada alle Olimpiadi a Tokyo. In fondo mi piace anche pesare che il Lungomare Bike Hotel porti anche fortuna. Pensate, lo scorso anno per i Mondiali di ciclismo di Imola abbiamo ospitato la nazionale slovena con Pogacar e Roglic. Una bellissima esperienza!.

Lungomare Bike Hotel

Belletti, quella Sanremo gelata e l’obiettivo del Giro

19.03.2021
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A un certo punto durante la settimana è parso che sulla Sanremo potesse nuovamente nevicare e la memoria è tornata all’edizione infernale del 2013. State tranquilli, tuttavia, non vogliamo proporvi il racconto di allora, ma bussare alla porta di un ragazzo che quel giorno quasi congelò e ancora oggi ne porta addossi i segni: Manuel Belletti.

Nuovi stimoli e il fascino di avere accanto Basso e Contador
Nuovi stimoli e il fascino di avere accanto Basso e Contador

Tirreno sfortunata

Giusto mercoledì sera, il romagnolo ha saputo che la caduta della Tirreno-Adriatico non avrà strascichi troppo complicati. E’ successo nella tappa di Gualdo Tadino: proprio mentre Manuel pensava di fare una bella volata, ai meno 3 dall’arrivo Izagirre ha pensato bene di spostarsi e travolgerlo.

«Sono caduto giù – racconta col dolore ancora nella voce – e mi è uscita la spalla. Per fortuna mi era già successo, per cui l’articolazione ha più gioco e non si è strappato niente. Però ho dovuto riposare, ma adesso spero di poter tornare subito sui rulli. La nostra squadra non farà la Sanremo e mi dispiace, però gli anni dei piazzamenti sono andati e non è più una corsa alla mia portata. Si fa sempre più fatica ad arrivare in gruppo. E proprio l’anno in cui andavo più forte, che avevo fatto anche dei piazzamenti alla Tirreno, fu quello della neve. E alla fine non ho più recuperato l’ultimo dito del piede destro. Non lo sento più e all’inizio mi ha dato parecchio fastidio, perché pedalavo e mi sembrava di andare a vuoto…».

Un momento dal ritiro di Oliva, dove la nuova avventura è iniziata
Un momento dal ritiro di Oliva, dove l’avventura è iniziata

Obiettivo Giro

Belletti oggi corre alla Eolo-Kometa e nel libro dei sogni ha scritto di voler vincere una tappa al Giro d’Italia. Se non ci fosse stato il Covid, lo scorso anno il Giro d’Italia avrebbe riproposto la tappa di Cesenatico nello stesso giorno di maggio del 2010, quando Manuel vinse proprio nella sua città. La pandemia però ha riscritto i calendari e Belletti al Giro non c’è andato. E anche se nessuno vuole riaprire ferite che si stanno rimarginando o risvegliare polemiche ormai sopite, la versione ufficiale non coincide con quella che fornirebbe lui e che a suo dire non fa troppa rima con la parola meritocrazia.

«Ma adesso non ha senso stare a rivangare – dice – sono molto più contento del progetto di questa squadra. Spada si è innamorato del ciclismo e vuole fare una scalata importante. Abbiamo davvero tutto il meglio, a partire da tecnici come Zanatta, Yates e Jesus Hernandez, gente con gli attributi che ci fa tirare fuori il nostro meglio. Hanno preso me e Gavazzi per stare accanto ai giovani e sono contento di aiutare il gruppo a crescere. Le motivazioni fanno tanto e sapere di avere alle spalle due leggende come Basso e Contador è una spinta incredibile. Quando parlano loro due, anche noi che siamo vecchietti, li guardiamo con gli occhi sgranati. E fare il Giro è di vitale importanza. Va bene che Eolo è sponsor, ma non è mai facile né scontato e dovremo esserne all’altezza».

A lui e Gavazzi la squadra ha chiesto di essere riferimento per i più giovani
Belletti e Gavazzi sono il riferimento per i più giovani

Domani intanto si correrà la Sanremo e non è dato di sapere se il meteo farà nuovamente le bizze. Ma Belletti non ci sarà, si starà allenando dopo che il suo inizio di stagione spagnolo è stato azzerato dal Covid e la Tirreno si è conclusa in malo modo. Correrà in Turchia e alla fine in Spagna prima del Giro. I 35 anni possono essere anche pochi, ma perché sembrino più leggeri, serve avere grandi motivazioni.

Senni, un altro giro di ruota con l’Amore e Vita

12.03.2021
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Manuel Senni, corridore romagnolo, classe 1992. Dopo una proficua carriera negli under 23, è passato nella massima categoria con il team Bmc. Nei primi tre anni da professionista ha raggiunto buoni risultati, tra i quali la vittoria nella classifica finale della Colorado Classic. Gli anni successivi all’esperienza nel WorldTour lo hanno visto invece tra le file del team Bardiani-Csf Inox, senza però riuscire a cogliere risultati di rilievo, anche per colpa di una cattiva sorte, della quale spera di essersi liberato per dimostrare una volta per tutte il suo valore. La ripartenza è già avvenuta a Larciano con la maglia azzurra (foto di apertura) e proseguirà con il Team Amore e Vita di Ivano Fanini, in cui depone ambiziose speranze.

Dal 2015 al 2017 ha corso nel WorldTour con la maglia della Bmc
Dal 2015 al 2017 ha corso con la Bmc
Come è nato l’accordo con l’Amore e Vita?

E’ una storia lunga da raccontare. A cavallo tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 ho subito tre interventi di angioplastica ad un’arteria. Purtroppo nessuno di questi è andato a buon fine. Addirittura secondo i medici avrei dovuto smettere di correre, il danno causato sembrava irreversibile.

Però hai deciso di non mollare…

Esatto, mi sono rivolto all’ospedale di Cesena e con un intervento molto pesante sono riuscito a risolvere la situazione. I tempi di convalescenza sono stati molto lunghi, dieci mesi circa.

Come hai gestito questo periodo?

Non ho mollato, ho provato ad allenarmi con scarsi risultati, ovviamente il rientro alle corse è stato spiacevole.

Non hai ottenuto risultati?

No, purtroppo non sono riuscito a risollevarmi. A fine 2020 avevo deciso quasi di smettere, pensavo che nessuno avrebbe più scommesso su di me, dopo tutti i problemi che ho avuto. Poi mi sono convinto di riprovarci, dopo un periodo di riposo. E i test hanno dato buoni riscontri, anche la gamba.

Cosi hai deciso di continuare a correre…

Sì, ho contattato un po’ di squadre tra cui l’Amore e Vita e grazie a Maurizio Giorgini, che è il direttore sportivo, sono riuscito a trovare un accordo con loro.

Questa passione per il ciclismo come è nata?

Quando ero bambino guardavo le corse in televisione, soprattutto le imprese di Pantani. Mio padre tra le altre cose è stato suo compagno di squadra da dilettante, al team Rinascita di Ravenna.

Alla Colorado Classic del 2017, Senni vince la classifica generale
Alla Colorado Classic del 2017, Senni vince la classifica generale
Qual è l’aspetto del ciclismo che ti piace di più?

La competizione, l’agonismo. Mi piace misurarmi con gli altri per cercare di diventare il migliore.

La vittoria più bella che hai ottenuto?

Nel 2017 alla Colorado Classic, arrivata con un attacco in salita da lontano.

Com’è la tua giornata tipo?

Inizio la mattina con una bella colazione, per proseguire subito con vari allenamenti. Il pomeriggio sto con la mia fidanzata o la mia famiglia, poi cerco di andare a dormire presto, specialmente ora che siamo costretti a rimanere a casa.

Che rapporto hai con l’alimentazione?

E’ un aspetto che curo molto, è importante per un ciclista. Comunque mi piace mangiare, soprattutto i dolci.

Molti corridori hanno confessato di aver avuto problemi di tipo alimentare, che idea ti sei fatto?

Purtroppo è facile caderci dentro, c’è tanta confusione con le varie diete. Penso che la scelta migliore sia quella di rivolgersi a un  bravo nutrizionista.

Quali sono le tue passioni oltre al ciclismo?

Oltre al ciclismo non ne ho una in particolare. Mi piace giocare con i videogame, ma non capita di frequente. Poi guardo con piacere le serie televisive. Seguo anche altri sport come atletica, nuoto, trekking.

Dal 2018 al 2020, Senni ha corso con la Bardiani
Dal 2018 al 2020, Senni ha corso con la Bardiani
Che tipo di corridore sei?

Ho caratteristiche da scalatore puro, sarei predisposto anche per le cronometro, dovrò lavorarci su per poter migliorare. La mia pecca purtroppo sono le volate, in molte corse sono stato battuto allo sprint, così mi sono dovuto accontentare di qualche piazzamento.

Hai iniziato la carriera tra i professionisti con un team di primo livello, poi cosa è successo?

Passati i primi due anni di rodaggio, ho iniziato ad adattarmi ai ritmi imposti da certe corse. Ho ottenuto le prime maglie, le prime vittorie, dopodiché sono iniziate le mie sfortune, una dietro l’altra. Nel 2018 ho contratto la mononucleosi con successiva frattura al femore durante il Giro d’Italia. Nel 2019 in piena preparazione sono stato investito e ho subito un’operazione al polso, in cui mi hanno inserito due viti. Poi ho subito i tre interventi di angioplastica ad un’arteria, come ho accennato precedentemente. Ed infine il 2020 è stato compromesso da un intervento chirurgico all’aorta. In sostanza non sono mai riuscito ad essere costante, cosa che sta accadendo adesso.

Pensi che questa occasione possa essere un buon trampolino di lancio?

Mi sono rimesso in gioco, non ho il carattere del perditempo, se fossi stato certo di non poter più essere competitivo mi sarei ritirato. I numeri però dicono altro, ora dovrò aspettare le corse per poterli esprimere.

Quale ruolo pensi di poter avere in squadra?

Sicuramente in Amore e Vita manca uno scalatore puro, quindi sarà questo il mio ruolo.

Senni ha corso con la maglia azzurra più volte: qui all’Appennino del 2017
Senni ha corso con la maglia azzurra più volte: qui all’Appennino del 2017
Che obiettivi ti sei posto per il 2021?

Un bel traguardo, essendo romagnolo, è la Coppi e Bartali. Quest’anno è più dura del solito, vorrei mettermi in mostra. Poi ogni corsa che rientri nelle mie caratteristiche.

C’è qualcosa che cambieresti del ciclismo di oggi?

Cambierei l’utilizzo dei potenziometri, rendono alcuni percorsi molto calcolati, tolgono spettacolo. Anche se comunque le azioni da lontano è sempre più difficile farle.

Della sicurezza stradale che ne pensi? Ti senti tutelato?

Come vi ho detto prima io purtroppo sono stato vittima di un incidente nel 2019. Oggi molte persone si distraggono alla guida con il cellulare, oppure hanno fretta e fanno manovre azzardate, mettendo a rischio la vita delle persone. In allenamento non è difficile che una macchina ti stringa o non ti dia la precedenza. Ci vorrebbe una legge che tuteli i ciclisti e i pedoni. Non sarebbe semplice farla rispettare, però la vedrei come un netto passo avanti.

Se stavo zitta anche io, mio figlio era morto e basta

13.01.2021
6 min
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Le luci accese nella casa di Marco sono un colpo, pur sapendo che da tempo in quella metà abita la nipote Serena, che dello zio ha l’indole indomita e lo sguardo profondo. Semmai la cosa è difficile farla digerire a papà Ferdinando detto Paolo, come si scriveva ai tempi. Dopo una vita a entrare per controllare che tutto fosse a posto, continua a farlo anche ora provocando qualche sussulto nei nuovi occupanti.

Tonina arriva dal piano di sotto, dove c’è più caldo e dove trascorrono la maggior parte del tempo. Ci si saluta come prima del Covid e poi è curiosa di sapere perché bici.PRO e annuisce condividendo e facendo gli scongiuri. Parliamo di lavoro e famiglia, dei cani che abbaiano in continuazione, di Paolo che litiga con Serena per questa sua abitudine a entrare, di Manola che fa le piadine e del vecchio chiosco che resta un luogo del cuore, anche se capita più spesso di vederlo chiuso che in attività. Poi, mentre Paolo fa avanti e indietro, il discorso va su Marco, che domani (oggi per chi legge) avrebbe compiuto 51 anni.

Quanti ne hai tu? Quest’anno sono 52, capo.

Eravate davvero vicini, ricordo. Già, un anno e 18 giorni, per essere precisi.

Su tutte le strade, i tifosi continuano ad aspettarlo e salutarlo
Su tutte le strade, i tifosi continuano ad aspettarlo e salutarlo

Nel vortice

Parla. Si accende. Ragiona in un dedalo intricato di teorie. Racconta di essere in mezzo a mille carte da studiare. Racconta delle Iene. Dell’antimafia. Degli avvocati e dei loro vezzi. Della Ronchi. Dei soldi spariti… La osservi e provi un tuffo al cuore. Le hanno ammazzato il figlio, non smetterà mai di lottare.

Tonina, ti capita mai di vedere Marco?

Lo sento vicino a me. L’altra sera ero sul divano, con il cane che guardava dietro di me e abbaiava. Gli ho chiesto se ci fosse Marco, tanto guardava fisso alle mie spalle dove c’era solo un mobile. E mi sono girata…

Paolo alza gli occhi al cielo, ma si vede che il racconto non lo lascia indifferente.

«Paolo cambia sempre discorso – dice quando lui esce dalla stanza – ma lo vedo che soffre come un cane. Io ho allentato con le visite al cimitero. Prima andavo tutti i giorni, ora una volta alla settimana. Lui continua ad andare due volte al giorno».

Per chi continui a lottare, per te o per Marco?

E’ per Marco. Gli ho fatto una promessa, perché non ci era riuscito lui a dimostrare la verità. Vado avanti, scopro sempre un pezzetto di più. E penso che la gente abbia capito. Se stavo zitta anche io, Marco era morto e basta. Nessuno avrebbe aggiunto altro a Campiglio, invece un po’ di verità e di giustizia è venuta fuori. Ho visto tanto amore, basta andare su Facebook. Incontro tante persone che lo hanno conosciuto e mi regalano un pezzetto della loro vita. Mi scoccia quando lo giudicano per sentito dire e senza averlo conosciuto. Perché tutti quei titoli dopo Campiglio e quando è morto, senza neanche aspettare le indagini?

Questo quadro è appeso nella cucina di casa
Questo quadro è appeso nella cucina di casa: «Non smettere mai di far giocare il bambino che vive in te»

Tutto per i soldi

Deve aver fatto i capelli da poco, il viso è stanco anche vista l’ora della sera, ma gli occhi lampeggiano. Ha la stessa voglia di arrivare di Marco e la rabbia che le deriva di essersi fidata via via di persone che l’hanno raggirata in nome dei soldi. Quanti soldi…

«Non ho mai capito per quale motivo a un certo punto dovettero aprire la società di San Marino – dice – se scavano là, ne trovano di roba. Devono seguire i soldi, perché alla fine è stato tutto uno schifoso fatto di soldi. La gente per i soldi fa cose incredibili. A me non importa niente, non ho mai un soldo e ogni volta li chiedo a Paolo. Ho chiesto a Cipollini se manderebbe le figlie a fare sport professionistico. E lui ha risposto: “Il problema è quando arrivano i soldi e ti si attaccano tutti dietro”. Quando Marco cominciò a guadagnare, mi guardò e mi disse: “Adesso sono diventato anche bello”».

Ti ricordi l’ultima volta che è venuto qui?

Era il 26 gennaio. Io ero di sotto e sentii aprire la porta. Lui entra e fa: «E’ permesso?». Io grido: «Chi e?». Risponde: «Non riconosci più nemmeno tuo figlio?». Vado sopra ed era chinato davanti a quel mobile là, cercando degli esami che aveva fatto a Milano, in cui si vedeva che stava benissimo. Non so a cosa gli servissero.

Credi che abbia avuto una vita felice?

Non lo so, non credo. Il ciclista lo faceva veramente con passione. L’ho sempre visto fare tanti sacrifici, non so dire quanto gli pesassero, ma in bici finché tutto è andato bene, tornava bambino. Però non l’ho visto felice quando si è fatto la casa, questa casa. Mi disse di vendere l’appartamento di via dei Mille e di venire tutti qua. Venimmo, ci siamo ancora, ma quell’appartamento l’ho tenuto – gli dissi – per i sacrifici che ci era costato. La sua vita è stata tutto un travagliare, un andare e venire. Forse un figlio avrebbe cambiato il finale…

Cesenatico ha dedicato al Pirata le due biglie davanti al Grand Hotel
Cesenatico ha dedicato al Pirata le due biglie davanti al Grand Hotel
Oggi Ilario Biondi, l’amico fotografo che ho intervistato proprio su Marco, mi chiedeva se a fine carriera secondo me Marco sarebbe rimasto nel ciclismo.

Non lo so. Quel sistema non gli piaceva, non sopportava che gli dicessero cosa fare. Per cui forse secondo me non sarebbe rimasto, anche se aiutare i giovani a trovare la loro strada gli piaceva molto. Qualche giorno fa Belli mi ha detto: «Tonina, da dilettanti ci siamo divertiti un mondo. Nei professionisti siamo diventati carne da macello».

Come è fatto il dolore per la morte di un figlio?

Non ti passa mai. Giorni fa è morto Michael Antonelli, quel ragazzino di San Marino che aveva corso con Savini. Ci sono andata quando l’hanno portato a Montecatone, all’ospedale di rieducazione. Si poteva entrare solo con la tuta addosso, ero là dentro e piangevo come una matta. «Fallo per la tua mamma – gli dicevo – fallo per il tuo papà». Gli parlavo di Marco, lo so come possono sentirsi i suoi genitori.

Il chiosco è chiuso…

Non ci vado più neanche a vedere come gli vanno le cose. Mi piaceva starci, anche d’inverno quando era un freddo cane. Arrivavi in certe mattine che le piastre non erano ancora calde e si moriva di freddo. Però era bello quando venivano e chiedevano di Marco. Lui la piadina non l’ha mai fatta, forse per qualche foto sui giornali. E’ nella mia testa, penso sempre a lui. Quando incontro qualcuno che me ne parla, me lo vedo al suo fianco che ride. E poi però penso alle ansie di quei mesi. Penso alla foto in cui tiene in braccio il figlio della Ronchi e che sei mesi dopo non c’era già più. Mengozzi a Saturnia mi disse: «Sgridalo, così viene via con me». In quel momento lo abbiamo perso. Ti ho detto cosa ho fatto l’estate scorsa?

Partendo da una foto, uno splendido ritratto di famiglia
Partendo da una foto, uno splendido ritratto di famiglia
Devo preoccuparmi?

Con la scusa di andare a salutare un amico marchigiano che era su con la compagna, siamo andati a Madonna di Campiglio. Ho prenotato all’hotel Touring, ma con il mio cognome. Ero in camera e cercavo di immaginare se fosse quella di Marco, in cui aveva rotto il vetro. Poi è venuto Stefano Bagnolini, che era su con me, e mi ha detto: «Hai capito dove siamo? Io sono alla 26, Marco era alla 27 e tu sei alla 28». Allora ho deciso di parlare con il proprietario.

Dicendo chi sei?

Sì. Lui ha detto che ricordava il casino del 5 giugno, ma anche che quando la sera prima Marco è arrivato dopo aver vinto, litigava con Gimondi e con Giannelli. Continuavano a dirgli che non doveva vincere. E’ questo il sistema che a Marco non piaceva. Continuava a dire: «Perché nessuno rompe le scatole a Cipollini che ha vinto quattro tappe e io devo sentire certe storie?».

Christina: gli amici, la moto ed eravamo felici

13.01.2021
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Christina saltò fuori quando Marco era alle prese con la rieducazione della gamba. Bionda, danese, i capelli corti e poche parole. La prima volta che la vedemmo, arrivarono insieme sulla moto. Una Harley Davidson color panna, che parcheggiarono davanti alla spiaggia. Lei andò a distendersi sul lettino, mentre Marco, che al mattino si era allenato, ci concesse un’intervista prima del meritato riposo.

Rispetto alle compagne di tanti corridori, Christina non la vedevi mai alle corse. Al contrario, era frequente incontrarla al chiosco di Tonina, dove lavorava con il grembiule bianco e il cappellino girato sulla testa. Quando Marco parlava di lei, il più delle volte sorrideva. Il giorno in cui ci raccontò del viaggio in auto per accompagnarla dai genitori in Danimarca, aveva lo sguardo della grande impresa. Le voleva davvero bene.

A un tratto però la storia si interruppe. Gli amici dicevano che anche lei gli volesse ancora bene, ma che si fosse arresa alla situazione. Si trasferì a Ravenna, poi in Svizzera e ora in Danimarca. A lungo è sparita. Non ha detto o scritto nulla su Marco, come avendo una ferita da guarire. Poi di colpo l’anno scorso è tornata dal silenzio. Non era scontato che accettasse di rispondere alle nostre domande, però lo ha fatto. E per questo le siamo grati, nel giorno in cui Marco avrebbe compiuto 51 anni.

Marco Pantani
La popolarità di Marco a un tratto ha iniziato a limitare la vita privata
Marco Pantani
La popolarità a un tratto ha limitato la vita privata
Quando hai conosciuto Marco, sapevi che era un ciclista?

Ci aveva presentato un amico comune, che evidentemente aveva visto dei punti di contatto. Mi disse che era un ciclista e che era molto forte. Stava recuperando da un incidente, era fermo e stava soffrendo. Ma a cose normali, mi disse, è molto forte. A quel tempo non avevo idea di cosa fosse il ciclismo, non ne sapevo nulla. Dunque per me, lui poteva essere una sorta di artista. Come un artista di strada.

Marco era tanto diverso da Pantani?

Fare una distinzione fra Marco e Pantani è interessante. Allora, direi che forse non conoscevo Pantani, non so se l’ho mai incontrato. Io mi sono relazionata sempre e unicamente con Marco. Pantani lo vedevo agire, parlare, pedalare, gestire, ma anche Marco era così. Magari Pantani era il Marco guerriero, almeno all’inizio. Poi è diventato una sorta di marca, un brand, un’immagine, un personaggio pubblico. E io stavo alla larga il più possibile dal personaggio pubblico. Perché era una figura molto invadente, che si rifletteva dappertutto intorno a noi.

Che cosa lo rendeva felice nella vita di tutti i giorni?

Marco era felice con poco. I buoni allenamenti. Il riposo. Un piccolo giro in macchina. E l’estate girare in moto. Incontrare degli amici. Mangiar bene, ma poco. Le cose semplici. Con il crescere del successo e la celebrità, muoversi liberamente in paese e tra gli amici stava diventando meno rilassante, per cui girare in moto era diventato una buona soluzione.

Christina è mai stata gelosa della bicicletta? 

Sì e no. Di base non ero gelosa perché lui era bello quando usciva ad allenarsi e pedalare lo rendeva felice. Avevano un rapporto intimo e sereno, lui e la bicicletta. Poi col tempo è sembrato che fosse la bici a lasciarci poco tempo. Insomma poco tempo per stare sereni insieme.

Christina Joensson, Marco Pantani
Christina e Marco, a lungo una coppia affiatata
Christina Joensson, Marco Pantani
Christina e Marco, una coppia affiatata
Era difficile avere la vostra privacy? 

Quasi sempre, ogni volta per ragioni differenti. E ogni anno è stato sempre più difficile.

Oggi le compagne dei corridori sono sempre alle corse, come mai tu sei andata poche volte?

Marco non mi voleva. Soffriva di gelosia e credo avesse paura che la mia presenza alle corse potesse destabilizzarlo. Ora che ci penso, non so se il fatto di lasciarmi sempre a casa sia stato un consiglio da parte di persone intorno a lui o se Marco preferisse così per non correre rischi. Non lo so. So che lui era cresciuto e si allenava in una sorte di old-school del ciclismo, con un approccio abbastanza severo. So che a lui piacevano la concentrazione, la fatica e il recupero. Ne aveva bisogno tutti i giorni e ancora di più durante le corse. Aveva bisogno di gestire la sua squadra, sentire tutto e tutti intorno a lui, essere sempre pronto e in ascolto. Dunque forse sarei stata di troppo. E poi bisogna anche riconoscere che non avevo grande interesse nelle corse, il ciclismo non mi appassionava. Avevo un lavoro e più avanti anche gli studi. Eppure nel corso degli anni, mi sarebbe piaciuto partire qualche volta con lui. Vederlo andare via da casa era spesso molto difficile. A pensarci bene, era una sofferenza per entrambi.

Come festeggiavate di solito il suo compleanno?

L’ho dimenticato. Dal 2004, il giorno del suo compleanno è stato una sofferenza quasi impossibile. Ma ora sto scrivendo le mie memorie e magari i ricordi torneranno. Dopo il progetto d’arte “Espace d’art Saint-Valentin” che si trova a Losanna, ho incominciato a sentire il bisogno di scrivere.

Quali regali piacevano a Marco?

Marco non voleva dei regali. Gli bastava un niente. Un sorriso, un abbraccio.

Che cosa ti manca di più di lui?

E’ impossibile a rispondere questa domanda. Diciamo che, per dare comunque una risposta, non è il ciclista che mi manca.

Andrea Agostini, 2020

Agostini, la Nove Colli, Pogacar e Marco…

26.12.2020
4 min
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Agostini ha appena finito di sfogliare il libro del 2020 e come capita a un certo punto intorno ai 50, compiuti proprio quest’anno, ha tracciato un primo bilancio, uscendone col sorriso. Sembra ieri che spuntò fuori come addetto stampa accanto al suo amico Marco, invece sono passati più di 20 anni e oggi Andrea è uno dei tre manager della Uae Team Emirates. Come regalo di Natale, piuttosto inatteso, si è ritrovato presidente della Fausto Coppi di Cesenatico, in cui tanti anni fa iniziò a correre.

«Mi ci hanno tirato dentro – sorride Agostini – non ci pensavo nemmeno. Non nascondo che mi fa piacere, perché è un cerchio che si chiude e mi dà il modo di restituire un po’ di quello che mi ha dato il ciclismo. E’ la mia prima società e ancora oggi ho Arrigo Vanzolini come punto di riferimento. E’ del 1934 come mio padre, ma è ancora dinamico e molto lucido. Parliamo anche della società che organizza la Nove Colli, per cui non è un ruolo assolutamente banale…».

Partenza Nove Colli 2018
Agostini è diventato il presidente della Fausto Coppi che organizza la Nove Colli
Partenza Nove Colli 2018
Nove Colli, fiore all’occhiello della Fausto Coppi
Dove troverai il tempo?

E’ quello cui sto pensando proprio adesso. La mia routine vede 10 ore di impegno quotidiano, a casa o in giro per il mondo. E un ruolo come quello alla Fausto Coppi merita che sia fatto bene, non si tratta solo di presenziare. Vorrei lasciare il segno e fare qualcosa di buono. Perciò ne ho parlato prima con Gianetti, come per ogni cosa. E quando ho capito che si può fare, ho accettato.

Dovrai avere dei validi collaboratori.

C’è già un bel gruppo e il vicepresidente sa già che avrà parecchio da fare. Il 4 gennaio in assemblea assegneremo le varie cariche sociali. Non voglio essere accentratore e voglio dividere la vetrina con i volontari, che fanno il grosso del lavoro e di cui nessuno sa niente. Forse l’unica ricompensa per il loro lavoro è che se ne parli.

E poi c’è il ruolo alla Uae Team Emirates…

Nonostante i miei sogni di bambino per cui volevo diventare un campione, sono contento dell’uomo che sono oggi. A un certo punto fu chiaro che fosse Marco quello destinato a diventare grande in bici, per me sarebbe stato troppo faticoso e forse non ne avevo le doti. Nel mio lavoro invece riesco bene. Per semplificare e tradurre in italiano il mio ruolo nella squadra (Chief Operating Officer, ndr), sono il manager che riferisce all’amministratore delegato, che nel nostro caso è Mauro Gianetti. Mi occupo di marketing, comunicazione, logistica, finanza. Il quartier generale è casa mia.

A proposito di comunicazione, amico Agostini, passi per essere il mastino blocca giornalisti…

Mi piace avere le cose sotto controllo, credo sia giusto. I corridori lo sanno e dirottano le richieste su di me o sugli addetti stampa. Non è semplice. Capita anche che ti ritrovi pubblicato su un sito un messaggio privato, che magari il corridore ha scritto per ricambiare l’attenzione di un giornalista, senza immaginare che sarebbe stato reso pubblico.

Tadej Pogacar, Tour 2020
Tadej Pogacar: dal Tour vinto, è arrivata una marea di richieste per interviste e sponsor
Tadej Pogacar, Tour 2020
Dopo il Tour, complesso gestire Pogacar
Come vi siete trovati a gestire il post Tour di Pogacar?

Bene, perché in realtà è un ragazzino molto a modo. Non ha capricci. E’ molto ligio alle regole, mai avuto un problema. Dimostra molta maturità. Anche se un paio di volte c’è stato da discutere.

Per cosa?

In certi momenti è un po’ come Roglic, tende a tagliar corto e non essere espansivo. Così dopo un paio di casi, gli ho fatto un discorso chiaro su cosa sia importante per la squadra e cosa no. Il rapporto con i media rientra fra le cose importanti, anche quello con gli sponsor. Per fortuna c’è un’ottima collaborazione con il suo manager Alex Carera.

Come vi integrate?

Lui chiede a me se abbiamo qualche obiezione a eventuali impegni e così andiamo avanti. Stavo per dire che gestisce l’extra, ma la verità è che non esiste extra, perché anche l’immagine di Tadej è al 100 per cento della squadra.

C’è chi aspetta di intervistarlo da novembre…

Lo abbiamo gestito col buon senso, per non farlo andare fuori giri. E’ un ragazzino che sa la sua, ma ad esempio avevamo previsto una conferenza stampa su Zoom per il 21 dicembre e la abbiamo rinviata a gennaio, perché in quegli stessi giorni era saltata fuori un’altra cosa in Slovenia.

Quante richieste di interviste avete avuto?

Un mare, praticamente da dopo il Tour sono state quasi soltanto per lui. Abbiamo cercato di selezionarle e farle nei tempi giusti, per non rompere il suo equilibrio personale. Per non far accavallare troppe cose.

Riis: un’azione che dà fiducia alla squadra

15.10.2020
2 min
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Uno dei temi scottanti della 12ª tappa del Giro d’Italia, la Cesenatico-Cesenatico è stata la tattica della NTT Pro Cycling di Domenico Pozzovivo. Il lucano ha messo la squadra a tirare. I suoi compagni sono stati in testa per un centinaio di chilometri. Avevano ridotto il vantaggio sui fuggitivi in modo sensibile, passando da 13 a 5 minuti. Si è pensato che i team potesse fare la tappa. O che Pozzo potesse attaccare. Niente di tutto ciò. E allora viene da chiedersi il perché di questa azione.

Bjarne Riis, team manager della NTT
Bjarne Riis, team manager della NTT

Un pugno di mosche?

Il perché ce lo spiega Biarne Riis, manager della squadra sudafricana.

«E’ vero, ad un certo punto abbiamo anche pensato alla tappa. Però non potevamo tenere quel ritmo a quella distanza dal traguardo: saremmo rimasti scoperti. E allora abbiamo cercato di tenere un passo sostenuto per Domenico. Il tracciato infatti era molto tecnico, anche in discesa. E con la pioggia era ancora più pericoloso. Domenico non può permettersi di cadere. L’obiettivo era tenerlo davanti e ci siamo riusciti».

E ancora. «Penso che un’azione così non sia stata vana. E’ servita per il team. Ha dato fiducia ai ragazzi che si sono trovati compatti davanti a fare la corsa. Abbiamo dato un bel segnale a loro stessi, agli avversari e a Domenico. Lui adesso sa di poter contare su un buon gruppo».

La NTT in testa al gruppo sulle colline romagnole della 12ª tappa
La NTT in testa al gruppo nella 12ª tappa

Crono in vista

E’ un Riis sorridente quello dietro la mascherina. Lo si percepisce dagli occhi. Però i nuvoloni carichi di pioggia e la cronometro di sabato lo riportano alla realtà. La tappa contro il tempo di Valdobbiadene può essere un ostacolo per il lucano e magari tutto può farsi più duro.

«Domenico sta bene. E’ forte e motivato e a cronometro sa difendersi. E il Giro non finisce lì», conclude il danese. 

Insomma in casa NTT ci credono eccome. Pozzovivo stesso ha dichiarato che salvo alcuni giorni del Giro 2017 non è mai stato così bene. Le ferite che porta con e dentro di sé se da una parte lo limitano, ma dall’altra lo esaltano. E in tanti (non solo tifosi) vorrebbero vederlo festeggiare a Milano. Sarebbe un “Oscar alla carriera”.

Jhonathan Narvaez, tappa Rimini, Giro d'Italia 2020

Narvaez vince il braccio di ferro

15.10.2020
3 min
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La sorpresa. Diciamoci la verità, chi si aspettava di vedere arrivare in solitaria Jhonatan Narvaez sul lungo rettilineo di Cesenatico? La squadra di Pozzovivo che tirava. Simon Pellud in fuga che scattava e ne aveva il doppio degli altri. Fuglsang che aveva il dente avvelenato e voleva rifarsi. E invece ecco un altro ecuadoriano che va forte e vince sulle strade del Giro d’Italia.

Cioni
Dario David Cioni ds della Ineos Grenadier al termine della frazione di Cesenatico
Cioni ds della Ineos Grenadier

Una fuga cercata

«Sono davvero contento per lui e per la squadra – commenta il ds Ineos Grenadier, Dario Cioni a fine tappa – Jhonatan sarà una sorpresa per voi ma non per noi della squadra. Questo ragazzo stava bene. Tante volte aveva provato ad entrare nella fuga ma era sempre capitato nei tentativi sbagliati. Se la meritava».

Anche Narvaez è un giovane: ha 23 anni. Come dice Davide Cassani in questa pazza stagione i “novellini” che hanno meno bisogno di gare per andare a regime sono agevolati. Da due anni Narvaez è alla Ineos-Grenadiers, prima aveva corso nella Deceuninck-Quick Step. Se passi per queste due squadre qualcosa di buono devi avere.

E qualcosa di buono aveva fatto vedere proprio su queste strade. Giusto qualche settimana fa, Narvaez  aveva trionfato vincendo una tappa e la generale alla Coppi e Bartali.

Narvaez e Padun (prima della foratura) in fuga verso Cesenatico
Narvaez e Padun verso Cesenatico

Sangue freddo

Oggi il capolavoro è stato dapprima quello di prendere la fuga (la prima ora di corsa è volata via di nuovo sul filo dei 50 orari), poi di non perdere la concentrazione quando sono iniziati gli scatti e soprattutto di restare freddo quando Mark Padun lo stava riprendendo nel finale.

«E’ stato davvero bravo – riprende Cioni – per radio gli davamo i distacchi. Padun stava guadagnando ma poi dopo quello striscione dei meno 10 ha trovato altre energie ed è riuscito a tenere la prima posizione. Jhonatan è un buon cronoman. Sapeva che in volata era più veloce, ma non ha voluto rischiare lo stesso».

In tv si era detto che la mossa di togliere l’ammiraglia da dietro Narvaez fosse una scelta tattica: Cioni smentisce.

«No è stata la giuria a mandarci dietro a Padun. Non si è trattato di scelta tattica. Per radio lo incitavamo e basta. E’ un professionista e non c’è bisogno di dargli indicazioni sul rapporto o sul come fare. Jhonatan ha avuto la forza di allungare e quando Padun ha visto che non riusciva a chiudere o che scappava di nuovo deve aver perso le morale. E’ stato un bel braccio di ferro dai!».