Ancora giovani, ancora watt, ancora uno spunto su cui riflettere. Qualche giorno fa, sulle pagine della Gazzetta dello Sport, Vincenzo Nibali ha detto che con questi ragazzi non c’è più bisogno di tenere sott’occhio potenziometro e cardiofrequenzimetro, perché vanno sempre a tutta. Ma davvero ha ragione lo Squalo? E’ solo una sua battuta o è il nuovo, che avanza più veloce che in altre epoche, e sta rivoluzionando anche il modo di correre?
Ne parliamo con ex corridori, atleti in attività, diesse e persino preparatori.
Samuele Rivi
Partiamo da un rappresentante dei giovani, Samuele Rivi, che tanto bene sta facendo alla Tirreno-Adriatico. Il corridore della Eolo-Kometa è alla sua prima stagione tra i professionisti.
«I watt li guardo relativamente. Però penso che sia un’indicazione importante da osservare anche in corsa, poi ovviamente quando c’è da andare a tutta si va tutta. Nelle corse dei dilettanti è come se dovesse sempre andar via la fuga, quindi è uno spingere continuo. Nei professionisti c’è un po’ più di ordine all’inizio, però poi si fa la differenza quando ci si gioca la corsa. E si va molto più veloce».
A Rivi chiediamo se ascoltando i racconti dei più esperti percepisce un cambiamento, se si parla mai degli attacchi da lontano di Van der Poel…
«Rispetto al passato credo si stia livellando tutto, ma con l’asticella più in alto pertanto è sempre più difficile fare risultati e competere con certi campioni. Guardare o no gli strumenti: credo dipenda dal corridore farsi influenzare o meno. Siamo tutti un po’ diversi su questa cosa».
Manuel Quinziato
Il trentino ora è un procuratore, ma è stato uno dei senatori del gruppo fino al 2017. Che cosa sente dire dai suoi ragazzi quando commentano le corse? Come vede da fuori il modo di correre attuale?
«E’ vero quello che dice Vincenzo, ma è anche bello perché alla fine penso che il ciclismo stia diventando sempre più spettacolare e il merito è anche dei giovani. Il rischio di farsi condizionare dagli strumenti c’è. Ormai sono anni che vedo corridori che coprono il numero dei watt e dei battiti sul computerino. E’ anche vero che se devi fare una salita di 20 chilometri è una cosa, se devi fare Le Tolfe, sei strappi brevi o un attacco in pianura è un’altra, in questi casi ha meno senso guardarlo. Se devi fare una salita di 20 chilometri e tu sai che i tuoi migliori numeri sono quelli lì e inizi a fare 60 watt in più probabilmente non arrivi in cima».
«Se la domanda è: varrebbe la pena vietare gli strumenti durante le gare? Rispondo che secondo me non tolgono praticamente niente allo spettacolo. Non credo che in realtà limitino i corridori. Guardiamo gli ultimi grandi Giri quanto sono stati intensi».
Alessandro De Marchi
Il friluano invece in gruppo c’è ancora e bene. Il corridore della Israel Start-Up in questa inchiesta è l’alter ego di Rivi, cioè il corridore esperto, così da avere anche un altro punto di vista.
«Sicuramente noi dalla vecchia generazione siamo costretti ad adattarci a questi nuovi ritmi, a questo nuovo modo di correre. Però non mi sento di dire che devi tagliare fuori i dati o i tuoi riferimenti. Credo che alla lunga gli strumenti conteranno ancora. Poi ricordiamoci che le stagioni sono lunghe, quindi tirare le somme dopo dieci giorni di gare mi sembra un “rischio”.
«È innegabile che c’è in atto un cambio di generazione e quindi noi esperti, per non dire vecchi, dobbiamo prendere un po’ le misure. In generale quando sei costretto a inseguire, quando sei tu che corri sulla difensiva, devi concentrarti su altro e quindi lasci perdere per un attimo quel dato sul display. Secondo me le parole di Nibali sono legate alla situazione del momento, all’attualità».
Vittorio Algeri
Il direttore sportivo della BikeExchange è senza dubbio uno dei più esperti del gruppo e lui va anche oltre le parole di Nibali.
«Ognuno conosce i propri valori, quando poi c’è da inseguire qualcuno che va troppo forte, penso ci si metta tutto quello che si può, indipendentemente dal computerino. Certo, adesso questi giovani sono dei veri campioni, perché per fare certe cose bisogna essere veramente bravi.
«Io sono contrario all’uso degli strumenti. Preferivo il ciclismo di una volta dove dove c’era più fantasia, più inventiva… Però adesso la tecnologia è avanzata e si usano questi strumenti che sicuramente sono utili per preparare le gare. Ma poi le gare forse vengono un po’ falsate, o meglio, condizionate».
Claudio Cucinotta
Infine parola ad un preparatore. La voce di un tecnico non poteva mancare. Lui di giovani e strumenti se ne intende!
«Beh se devi seguire c’è poco da stare a guardare – dice Claudio Cucinotta, uno dei preparatori dell’Astana PremierTech – Se tu pensavi magari di metterti a 400 watt e poi per stare a ruota ne devi fare 450 li fai e basta. Almeno se devi vincere è così, se invece ti puoi staccare, perché devi andare all’arrivo e magari pensi al giorno dopo allora no, ti attesti sui tuoi valori e lo strumento in quel caso ti è utile.
«La cosa che più mi stupisce, e che può sembrare un paradosso, è che i giovani di oggi, che sono figli dei watt e della preparazione con gli strumenti, sono anche i primi che poi in corsa non li controllano. Fanno meno calcoli. Almeno i più forti, i fenomeni… che non sono poi così tanti. Fanno meno calcoli, non stanno a centellinare i watt come invece fanno gli altri (e in questo caso in teoria gli strumenti sembrano essere ancora più necessari, ndr). Van der Poel che non è più un giovane, ha 26 anni, sembra corra con il “portafoglio sempre pieno”.
E alla domanda se questo modo “garibaldino” di correre sia la nuova tendenza o una concomitanza di campioni Cucinotta replica: «Probabilmente dipende dal fatto che ci sono tanti campioni in questo momento, ma oggi tutte le gare sono di livello WorldTour, anche quelle che WorldTour non sono».