HASSELT (Belgio) – Delusione per la nazionale azzurra juniores maschile, che si è dovuta accontentare dell’ottavo posto di Ludovico Mellano. Così, mentre il norvegese Felix Orn-Kristoff si gode il meritato successo nella gara in linea di questi campionati europei, il nostro CT Dino Salvoldi mastica amaro e non le manda a dire.
«L’ottavo posto di Mellano – si sfoga – è un piazzamento che dice veramente poco sullo svolgimento della gara. Sono arrivati davanti tre dei corridori più forti di tutto il gruppo. Tutti lo sapevano, compresi i nostri. Purtroppo, quando si è creato il primo gap, non siamo riusciti a chiudere né di squadra né individualmente sui tre favoriti. E ripeto, tutto il gruppo sapeva chi erano, compresi Italia, Olanda, Germania e Belgio. Tutti sono rimasti fuori da questa fuga».
Per l’Italia, al via c’erano Fabbro, Fin, Magagnotti, Mellano, Montagner e StellaPer l’Italia, al via c’erano Fabbro, Fin, Magagnotti, Mellano, Montagner e Stella
Questione di mentalità?
Purtroppo si è evidenziato ancora una volta come i corridori italiani, in particolare, corrano sempre sulle ruote, aspettando gli altri. Bisogna ammettere che, se non si cambia mentalità, non si diventa più competitivi e c’è poco futuro.
Eppure ad un certo punto il distacco era di soli otto secondi…
Ma sai, poi in questo tipo di gare più che in quelle a cui i nostri ragazzi sono abituati – Salvoldi sospira e aggiunge – non c’è neanche comunicazione. Noi CT siamo in macchina e non possiamo fare praticamente nulla. E in una gara in linea anche la comunicazione da terra è poco continuativa. Detto questo, voglio porre l’accento sull’atteggiamento prevenuto e attendista, che inevitabilmente si ripercuote su quello che fai giorno per giorno. Così non è più un ciclismo moderno, odierno. Le gare iniziano al chilometro zero.
Il cittì Salvoldi alla fine era indignato perché i tre più attesi (Seixas, Orn-Kristoff e Alvarez) hanno attaccato e nessuno li ha seguitiIl cittì Salvoldi alla fine era indignato perché i tre più attesi (Seixas, Orn-Kristoff e Alvarez) hanno attaccato e nessuno li ha seguiti
Un fratello d’arte
Tornando alla gara, come previsto, i settori di pavé hanno fatto la differenza. Felix Orn-Kristoff (18 anni), che ha già firmato il primo contratto da professionista per il 2026 con Intermarché-Wanty, si è dimostrato il più veloce nella volata a tre, dopo 129,7 chilometri di gara.
Lo spagnolo Hector Alvarez ha preso il secondo posto, mentre il francese Paul Seixas (recente vincitore del Lunigiana) si è classificato terzo, anche lui molto promettente. Felix non si è scomposto. Ha lanciato una volata potentissima, forse anche grazie alla genetica. Infatti è il fratellastro di Alexander Kristoff, mostro di potenza e campione assoluto.
Ludovido Mellano è stato il migliore degli azzurri e ha chiuso all’ottavo postoSul podio di Hasselt, alle spalle di Orn-Kristoff si piazzano lo spagnolo Alvarez e il grancese Seixas, re del LunigianaLudovido Mellano è stato il migliore degli azzurri e ha chiuso all’ottavo postoSul podio di Hasselt, alle spalle di Orn-Kristoff si piazzano lo spagnolo Alvarez e il grancese Seixas, re del Lunigiana
Deluso, ma non troppo
Ottavo e primo italiano, Ludovico Mellano è deluso ma non troppo. Il più attivo degli azzurri dice di aver pagato anche il freddo e i sette gradi alla partenza al Circuito di Zolder. E dire che siamo a metà settembre…
«La gara è stata molto veloce – dice – abbiamo ripreso la prima fuga sul secondo settore di pavé, ma il terzo è stato decisivo. I tre in fuga andavano veramente forte. Non sono riuscito ad alimentarmi bene e nella volata finale non ho potuto fare meglio perché mi sono venuti i crampi. In ogni caso, a titolo personale, un top ten non è male. Certo, se nessuno avesse saltato i cambi, magari saremmo rientrati».
Ora aspettiamo le donne, sperando che Elisa Balsamo e compagne ci riscaldino i cuori.
Domenica si corre tutti per Jonathan Milan e la sua volata sul traguardo di Hasselt. Come si fa nelle nazionali che saggiamente pescano dai team anche i meccanismi vincenti, il cittì Bennati ha individuato in Simone Consonni il miglior leadout del friulano. Quello che lo ha lanciato verso la maggior parte delle vittorie 2024 e che meglio ne conosce i movimenti. Perciò ieri, nel giorno del suo trentesimo compleanno, anche il bergamasco è volato nel Limburgo, pronto a fare la sua parte.
Quel che più incuriosisce nei tempi recenti di Consonni è il tempo di mezzo fra Parigi e la ripresa dell’attività su strada. Lui che alle Olimpiadi ha preso il bronzo nel quartetto e poi l’argento nella madison, che più lo rileggiamo e più brilla come un oro sfuggito di mano. Per la caduta, soprattutto, e quei giri senza un filo che hanno portato la coppia azzurra a giocarsi l’ultimo sprint in affanno senza avere comprensibilmente un quadro chiaro della situazione.
La caduta di Consonni nella madison è stata più fastidiosa di quanto si pensasse e ha richiesto cinque giorni di stopLa caduta di Consonni nella madison è stata più fastidiosa di quanto si pensasse e ha richiesto cinque giorni di stop
Simone, quanto è durata la… decompressione olimpica?
Non tantissimo, dai! La verità è che grazie alla caduta, mettiamola così, ho dovuto riposare un po’ più del previsto e quindi ho fatto praticamente cinque giorni senza bici. Devo dire che mi sono bastati e sono ripartito con voglia e grinta. Ho ripreso al Renewi Tour e già fisicamente e mentalmente ero messo bene, meglio di quanto pensassi. Perciò ho ritrovato subito il piglio giusto.
Quindi quella caduta, da cui sei ripartito subito con una faccia da assassino, è stata una bella botta?
Decisamente sì. Praticamente ho fatto subito per rialzarmi, solo che avevo un crampo nel braccio destro, praticamente lungo tutto l’avambraccio e fino alle dita. La cosa che mi ricordo sono tutte le dita che avevano degli spasmi e si muovevano da sole. Quindi il braccio destro e anche il polpaccio sinistro con un crampo bello importante. Ho esitato un po’ a rialzarmi e poi sono ripartito. Sentivo che non riuscivo a spingere al 100 per cento, anche se ero completamente nel mio mondo. E dopo le interviste e il podio, all’antidoping ha iniziato a girarmi la testa, avevo un po’ di nausea. Sicuramente qualcosa anche a livello mentale, nervoso e tutto, però magari ho picchiato la testa e avevo un po’ di rintontimento. Quello che poi, quando passa l’adrenalina, viene fuori tutto insieme.
Se fosse stata una corsa normale saresti rimasto seduto per terra?
Se non era la madison e non ci fosse stato Elia da solo, mi prendevo tutti i cinque giri di neutralizzazione che mi spettavano. Invece appena il fisico mi ha dato la possibilità, mi sono ributtato subito dentro.
Consonni è tornato in gara al Renewi Tour, subito con buone sensazioniConsonni è tornato in gara al Renewi Tour, subito con buone sensazioni
Come si fa a ritrovare la grinta adesso per andare a un europeo e poi magari ci saranno anche i mondiali su pista?
Alla fine, se fai questo sport e cerchi di farlo al 100 per cento, vivi di obiettivi. Cerchi sempre di trovare le sensazioni e le emozioni che quando ti metti il numero ti fanno andare avanti. Sicuramente non è sempre facile, certe volte il fisico ti dice di no, anche se la testa o la voglia sarebbero di andare avanti. Per cui devi anche dargli il tempo che richiede. Però la verità è che per tanti motivi questa Olimpiade è stata diversa da quella di Tokyo.
In cosa?
Là venivi da un periodo comunque molto delicato e particolare come quello del Covid. Il volo fino a Tokyo è lungo. C’è il fuso orario. Alla fine invece, la trasferta di Parigi è stata semplice proprio a livello logistico. Eravamo a un’oretta e mezza da casa. Hai la famiglia vicino, nel mio caso c’erano mia mamma e mio papà. E’ salito anche mio fratello, c’era mia moglie. Il fatto di sentire e vedere tutti i giorni Alice mi ha dato serenità e tranquillità per vivere le Olimpiadi quasi come una corsa normale. A Tokyo eravamo da soli e senza pubblico e così emotivamente, anche senza volerlo, già prima di partire sentivamo il peso di quelle piccole difficoltà. Qua tutto sommato è stata una trasferta facile, che ci ha permesso di tornare e riprendere subito a lavorare con appena un paio di giorni di stacco.
Si lavora per obiettivi e nei giorni scorsi Milan ci ha detto che con Bennati parlava già da un po’ degli europei. E’ stato così anche per te?
E’ importante sapere che durante l’anno, dopo le Olimpiadi, ci saranno gli europei e quindi c’è già un’organizzazione. Non ti arriva nulla addosso all’improvviso, senza sapere quello che c’è. Va pianificato un po’ tutto ed è sicuramente importante, perché comunque riesci a programmare bene. In questo caso devo sottolineare nuovamente il fatto che la squadra ci ha lasciato tranquilli per tutti questi mesi dopo il Giro d’Italia e non è da tutti.
E’ il prezzo per tutti i team che hanno specialisti della pista, anche Ineos per Ganna…
Togliendo il campionato italiano, era dal Giro che non correvo con la maglia della Lidl-Trek. Per una squadra WorldTour, che comunque vuole sempre essere sul pezzo, è una defezione importante. Non tanto la mia magari (ride, ndr), ma quella di Johnny, quindi dobbiamo ringraziare tanto la squadra. Col “Benna” questa cosa era già nell’aria e la verità è che Johnny ci è arrivato e ci sta arrivando con testa, grinta e gamba al top. Ed è la dimostrazione ancora una volta che la pista, se fatta in un certo modo, non fa solo bene, ma ti può dare qualcosa in più.
Il progetto europeo era nell’aria da parecchio. Già alla Tirreno-Adriatico primi contatti con BennatiIl progetto europeo era nell’aria da parecchio. Già alla Tirreno-Adriatico primi contatti con Bennati
Al Deutschland Tour è parso insaziabile…
Johnny sto iniziando a conoscerlo sempre meglio ed è veramente forte, ma soprattutto di testa. Ha una voglia di vincere, di alzare le mani e far vedere di essere il più forte che è qualcosa di incredibile. E il bello è che la passa a tutti noi. Penso che noi gli abbiamo dato una bella mano, ma anche lui da leader ha dato una grande grinta e un grande senso di appartenenza al nostro treno e al nostro gruppo. E questo ci ha portato tutti, sia lui sia noi, a fare una stagione spettacolare come quella che stiamo facendo.
Parlavamo con Bennati di quanto sia facile fare bene il treno in allenamento, ma che il vero test si fa in corsa…
E’ verissimo quello che dice, perché penso che Daniele abbia più esperienza forse di tutta la nazionale messa insieme, togliendo però “Trento” (Matteo Trentin, ndr). E’ verissimo, puoi provare il treno quanto vuoi, ma alla fine la verità è che guardando il gruppo che siamo, c’è gente abituata a lavorare con grandi capitani. Il “Ballero” è sempre stato in grandi treni, come di recente quello di Cavendish e prima alla Quick Step. Ha lavorato con Morkov, quindi ha un’esperienza che ci fa stare tranquilli. Trentin non va neanche nominato, solo a livello di esperienza può insegnare a tutti qualcosa. E quindi anche lì siamo tranquilli. Sappiamo cosa vogliamo e agli europei abbiamo una storia importante.
Per te è la terza volta, giusto?
Esatto. Ho corso poco su strada con la nazionale, però questo sarà il mio terzo europeo. Nel primo, era il 2017, venne il secondo posto con Elia in Danimarca. Due anni dopo abbiamo vinto proprio con Elia ad Alkmaar. Perciò mi fa super piacere tornare a far parte di questo gruppo. La cosa che mi fa un po’ sorridere è che dopo la gara di Amburgo parlavo con i miei compagni e ho realizzato che domenica ce li troveremo contro. Quelli che sono sempre stati insostituibili al nostro fianco saranno i nostri rivali. E anche rivali importanti. Dan Hoole sarà nel treno di Koij. Theuns sarà nel treno di Philipsen e Merlier.
La collaborazione fra Consonni e Milan al Giro ha portato 3 vittorie e 4 secondi postiLa collaborazione fra Consonni e Milan al Giro ha portato 3 vittorie e 4 secondi posti
Secondo te faranno due treni separati?
Non lo so e sinceramente avranno una bella gatta da pelare. Perché è vero che non c’è neanche più Van Aert, però hanno anche Jordie Meeus, che magari non ha la costanza degli altri due, ma è stato l’ultimo vincitore sui Campi di Elisi.
Belgio e Olanda saranno le squadre da marcare?
Da marcare neanche tanto. Io sono convinto che se inizi a marcare troppo, sei sulla difensiva. Invece devi partire per farti marcare, ma questo è un altro discorso. Dobbiamo essere bravi a gestirla emotivamente, ma abbiamo gli uomini per fare quel che serve. Per chi è abituato a gestire tutto in pista, in cui un errore anche minimo può costarti la medaglia, la gara su strada è uno stress, ma molto più gestibile.
Simone Consonni ci porta nei suoi pensieri alla vigilia delle prime responsabilità. Le sfide che verranno con Viviani. E i suoi ricordi degli ultimo 2 anni
Marco Velo è al settimo cielo, anche se per poco la crono dei sogni non l’ha persa, bloccato dietro un incidente nel rientro alla partenza dopo aver seguito Vittoria Guazzini. Edoardo Affini e Mattia Cattaneo hanno fatto la storia, conquistando il primo e il terzo posto nella gara che valeva il titolo europeo di specialità. E forse proprio nel giorno in cui si pensava che l’azzurro sarebbe passato inosservato, data soprattutto l’assenza di Ganna, i due prescelti dal cittì bresciano hanno messo insieme un vero capolavoro.
«Vi abbiamo sorpreso!», scherza Velo. «Si capiva che andassero forte – spiega – l’hanno dimostrato alla Vuelta. Ed è stata molto bella l’armonia che abbiamo creato con la nazionale, è stata fondamentale in questi risultati. E’ stata bellissima anche la videochiamata che abbiamo fatto subito dopo con Pippo (Ganna, ndr) quando eravamo lì a cambiarci. Ci siamo salutati tutti, era contentissimo anche lui e questo dimostra lo spirito della squadra».
Sul podio, il vincitore con il cittì: per Velo si tratta di un risultato di enorme soddisfazioneNella crono delle donne elite vinta da Kopecky, un buon quinto posto per GuazziniSul podio, il vincitore con il cittì: per Velo si tratta di un risultato di enorme soddisfazioneNella crono delle donne elite vinta da Kopecky, un buon quinto posto per Guazzini
Il giorno perfetto
Affini arriva dall’antidoping con un sorriso che non si vedeva da tanto. Da ragazzo aveva calcato questi podi con notevole regolarità, poi il professionismo si è dimostrato meno generoso di quanto ci si potesse aspettare. Il passaggio alla Visma-Lease a Bike, con Mathieu Heijboer che ha scelto di allenarlo, ha portato fiducia e nuova consistenza.
«Da junior nel 2014 avevo vinto l’europeo su strada – snocciola – e da under 23 nel 2018 quello a cronometro, ma questo qua è un’altra storia, dai! Il percorso l’abbiamo visto ieri per la prima volta e ho subito pensato che fosse perfetto per me. Un bel percorso lineare con qualche settore un po’ più tecnico, però in generale si sapeva che era veloce. Poi ovviamente c’era da calcolare il vento e l’acqua, perché quando sono partito ha cominciato a piovere. S’è trattato di andare forte dall’inizio alla fine e di spingere di più nei punti di vento sfavorevole, dove si poteva fare la differenza. Invece gli ultimi tre chilometri li ho fatti a occhi chiusi, non capivo più niente. Non so a quanto andassi perchè non ho ancora aperto niente, ma posso dire che sia stata la crono migliore che ho fatto in vita mia. E forse per vincere un europeo serviva proprio questo».
E la crono perfetta
«E’ bello perché è inaspettato – riflette – ci sono sempre stato attorno, per cui penso di poter dire che non vengo dal nulla. Però ero sempre secondo, terzo, quarto, quinto. Invece questa volta ha funzionato e adesso me la godo. Non so cosa ci sia stato di diverso. La Vuelta è stata la corsa più dispendiosa che abbia mai fatto. Ho avuto 48 ore in cui le uniche cose che ho fatto sono state dormire e mangiare per recuperare al massimo, anche di testa. Stamattina non ho avuto chissà quali sensazioni, ma il mio allenatore mi ha detto di crederci, perché poi sarebbe andata meglio e ha avuto ragione lui. Del resto, è il capo dei tecnici, se ne intende (sorride, ndr)».
Edoardo Affini aveva già vinto un europeo da junior e poi da U23, ora il cerchio si è chiusoIl mantovano ha vinto il titolo europeo spingendo una guarnitura da 68 dentiEdoardo Affini aveva già vinto un europeo da junior e poi da U23, ora il cerchio si è chiusoIl mantovano ha vinto il titolo europeo spingendo una guarnitura da 68 denti
La corona da 68
Che fossero partiti per fare bene, si era capito anche dagli sguardi e dalle scelte tecniche. Affini si è guardato bene dal ripercorrere la via della doppia lenticolare, che aveva sperimentato con qualche oscillazione di troppo alla Vuelta. Però ha montato un plateau da 68 denti, contro il 60 di Cattaneo.
«Le due lenticolari avevo già provate a Burgos – diceva Edoardo prima di correre – c’era vento, ma ero riuscito a guidare. Quando ho provato il percorso di Madrid, sapevo che ero molto al limite e ho preso la decisione di provarci. O la va o la spacca, insomma! Se adesso ci ripenso è stata una scelta sbagliata. Ho avuto tante oscillazioni e in quei momenti sono stato contento di essere sul filo degli 80 chili. In tutto il resto della Vuelta no, ma in quel preciso momento io ero contento. Il 68 invece nelle crono è quasi fisso. L’ho messo su l’ultima volta al Giro del Belgio e non l’ho più tolto».
Per Cattaneo la crono di Madrid era stato un gran test. Anche qui terzo a 19″Kung la crono di Madrid l’ha vinta, ma alla fine ha ceduto 9″ ad AffiniPer Cattaneo la crono di Madrid era stato un gran test. Anche qui terzo a 19″Kung la crono di Madrid l’ha vinta, ma alla fine ha ceduto 9″ ad Affini
Il capolavoro di Cattaneo
Cattaneo invece ha scelto di correre con un 60, che definisce non tanto lungo e nel dirlo ci fa venire il mal di gambe. Il percorso fra Zolder e Hasselt non era ideale per un passista scalatore come lui.
«Esatto – sorride – non era affatto adatto a me. O meglio, era più adatto ad altri. Alla fine, io sono 67 chili, quindi su un percorso totalmente piatto e così veloce non era scontato che fossi competitivo. Però sono uscito bene dalla Vuelta e questa ne è stata la dimostrazione. Correre tre giorni dopo può andare molto bene o molto male, non c’è tanto da girarci intorno. La crono secca è sempre particolare e allora dico che il lavoro fatto a qualcosa è servito. Bisognava avere tanta gamba e ho dimostrato che così era. Ugualmente non sono uno da rapporti estremi, anche per le mie caratteristiche. Se avessi usato il 68 di Edoardo, forse sarei andato più piano, perché non ho la potenza di corridori come lui, Ganna o Kung.
«Credo di essere la mosca bianca, nel senso che, lasciando perdere Evenepoel che fa parte di un altro pianeta, tutti i cronoman pesano dai 77-78 chili in su. Io sono 10 chili in meno, quindi devo giocarmela su altri aspetti e su altri percorsi. Ma essere arrivato a 19 secondi da Edoardo a 10 da Kung in una crono come questa di 31 chilometri, battendo gente come Bissegger e Bjerg, per me significa aver fatto una super crono. Per cui stasera si brinda, ma poco. Domani si fa il team relay, poi domenica si corre per Milan e magari la sera si fa una mezza brindata. Poi speriamo di essere convocati per il mondiale e semmai si brinderà dopo il Lombardia».
Ecco il podio completo degli europei crono, con Kung al quinto argento europeoEcco il podio completo degli europei crono, con Kung al quinto argento europeo
Domani si corre ancora
L’entusiasmo è alle stelle. Il quinto posto di Vittoria Guazzini nel pomeriggio andava già letto in chiave positiva, ma di fronte a un risultato come questo è chiaro che lo spirito sia alle stelle.
«Sinceramente non mi aspettavo così tanto – conclude Velo – mi hanno stupito. Siamo arrivati proprio sei minuti prima che partisse Mattia e ci hanno regalato questa soddisfazione. E’ proprio vero che da un imprevisto escono le cose più belle. Sono veramente contento per loro e domani, visto questo risultato, partiamo con un morale altissimo. Poco fa Maestri ha scritto sulla chat i complimenti ai ragazzi e io gli ho risposto che domani saranno fatti suoi stare a ruota di questi due nel team relay. Per cui ci godiamo la serata con i freni tirati, perché domani si corre ancora».
Con la quinta piazza alla crono Roland Bougé! a Saint Martin, praticamente la gara di casa per il suo team, Elena Pirrone ha messo il sigillo sulla convocazione per gli europei. La bolzanina, che ha riportato il capoluogo altoatesino ai vertici tricolori del ciclismo femminile a quasi trent’anni dalle imprese di Antonella Bellutti, sarà in gara oggi alle 15 nella cronometro in Belgio al fianco di Vittoria Guazzini (qui lo streaming per seguire la rassegna continentale). Non che la gara elvetica sia stata decisiva per la sua convocazione, ma certamente essere davanti in un consesso di ottimo livello ha avuto il suo peso.
Nella crono “Roland Bougé!” vinta dalla Kerbaol (FRA), l’azzurra è stata quinta a 1’08”Nella crono “Roland Bougé!” vinta dalla Kerbaol (FRA), l’azzurra è stata quinta a 1’08”
D’altro canto nel corso dell’anno l’altoatesina è spesso balzata davanti negli ordini d’arrivo con 7 Top 10 conquistate e un rendimento nel complesso soddisfacente, fino alla prova di casa: «Era una gara alla quale il mio team teneva tantissimo e non nascondo che essere finite in tre fra le prime 5, ma con due ragazze della Ceratizit-Wnt davanti un po’ ci ha bruciato. Era un percorso di 18 chilometri ad andata e ritorno, tanto rettilineo e falsopiano, una sorta di mangia e bevi, senza vento. Un bel test, in fin dei conti».
Come giudichi quella prestazione anche in ottica continentale?
Si poteva fare meglio, ma guardando i valori mi sono espressa al massimo possibile. Considerando che ho fatto sia Giro che Tour, con un paio di gare nel mezzo, avevo un po’ raschiato il barile delle mie energie, per questo dopo la crono mi sono presa un po’ di riposo per ricaricare le batterie in vista degli europei, anche mentalmente.
Alla crono di Rotterdam del Tour Femmes la Pirrone aveva chiuso al 18° postoAlla crono di Rotterdam del Tour Femmes la Pirrone aveva chiuso al 18° posto
Come giudichi finora la tua stagione?
Non è stata male anche se le due grandi corse a tappe sono state contraddistinte da una grande sfortuna, curiosamente coincisa sempre con la sesta tappa. Al Giro ho avuto un colpo di calore e non sono potuta ripartire, al Tour non stavo bene e mi sono ritirata. Mi è spiaciuto perché fino allora avevo raccolto bei piazzamenti, le classiche erano state soddisfacenti soprattutto per il lavoro svolto e contavo di far bene, anche alla Grande Boucle nella crono non ero andata male.
Dove pensi di avere toccato il tuo picco di forma?
Io credo al Tour de Suisse, con il 9° posto nella terza tappa ma viaggiando sempre nelle posizioni alte del gruppo. Poi sono stata terza ai campionati italiani dietro Guazzini e Longo Borghini. Non ho colto grandi risultati ma ho sempre lavorato per le compagne tenendo un livello alto.
La bolzanina è al secondo anno alla Roland, dove corre per le compagneLa bolzanina è al secondo anno alla Roland, dove corre per le compagne
Sapevi già prima della crono svizzera che saresti stata convocata?
No, non avevo avuto nessun preavviso, il cittì mi aveva solo detto di farmi trovare pronta. Secondo me ha inciso molto nella convocazione, più che la prestazione ai tricolori, quella nella crono del Tour, vista la concorrenza ad altissimo livello.
Come ti trovi nel team Roland? Ci sono state ripercussioni, soprattutto dal punto di vista della gestione economica e agonistica, dal distacco con l’Israel?
No, non ci manca davvero nulla, nella realtà non è che il far parte dell’universo della squadra maschile avesse portato particolari risultati. Il budget era tutto a carico del gruppo dirigenziale attuale, era già allora un team svizzero. E’ un ottimo team, pienamente inserito nel WorldTour, dove non mettono pressione. Certamente si corre tanto considerando che il parco atlete è ristretto, siamo in 12, ma a me non dispiace, è un buon ambiente considerando poi che con me ci sono anche due altre italiane, Vettorello e Collinelli.
Il podio dei tricolori con la Pirrone terza, a conferma della sua predisposizione per le cronometroIl podio dei tricolori con la Pirrone terza, a conferma della sua predisposizione per le cronometro
Dopo gli europei che cosa ti aspetta?
Il 15 sarò a Stoccarda per il Grand Prix dove ho vinto lo scorso anno, la mia unica vittoria finora. Poi affronterò la lunga trasferta cinese sperando di mettermi ancor più in evidenza, in modo da arricchire il mio bottino stagionale con qualche piazzamento ancor più qualificato.
Agli europei che cosa ti aspetti?
Io vorrei almeno una top 10, so che non è facile, sarebbe un risultato sensazionale ma lo sento nelle mie corde. Ho visto il percorso sulla carta e mi piace, fondamentale sarà poi provarlo direttamente. Essendo in Belgio non mi aspetto di certo un tracciato “morbido”, ma dovrebbe essere con tanto falsopiano e non troppo tecnico. Insomma, proprio di quelli che mi piacciono di più…
Corsa da campionessa a Plouay ed Elisa Longo Borghini aggiunge una perla al suo palmares. Era la prima corsa dopo l'altura. Ora Vuelta ed europei a Trento
Con Jonathan Milan che continua a macinare volate, la vista sugli europei di Hasselt del 15 settembre si fa decisamente interessante. Il percorso che parte da Zolder è stato definito come una Gand-Wevelgem senza il Kemmelberg, ma questo non significa automaticamente che sarà una corsa facile. Soprattutto se al via ci sarà un corridore come Van der Poel, cui l’arrivo in volata non sta per niente a cuore.
Daniele Bennati è andato a vederlo nei giorni attorno Ferragosto e ne è tornato con le idee sufficientemente chiare per intavolare la conversazione con i potenziali convocati, i cui nomi saranno diffusi martedì prossimo a Roma. Quel che è abbastanza chiaro è che si tratterà di una corsa veloce, con un tratto del circuito finale in cui gli attaccanti come l’olandese e il degno compare Van Aert potrebbero tentare il colpo di mano. Rispetto alle perplessità di partenza infatti, il tecnico del Belgio Vanthourenhout ha scelto di portare Philipsen, Merlier e pure Wout, che dalla Vuelta qualche perplessità sui ruoli l’ha già espressa.
Volendo immaginare un po’ di nomi, consapevoli di non avere frecce azzurre così abbondanti o appuntite, forse solo il miglior Ganna sarebbe in grado di stare con quei due in caso di attacco. Mentre per l’eventuale sprint, la carta Milan, magari tirato dallo stesso piemontese e lanciato da Consonni sarebbe la scelta migliore. Bennati però non si sbilancia, osserva, annota e intanto costruisce la possibile strategia.
Il percorso degli europei di Hasselt è lungo 222,8 km per 1.273 metri di dislivelloIl percorso degli europei di Hasselt è lungo 222,8 km per 1.273 metri di dislivello
Partiamo dal percorso: come si potrebbe definirlo?
Non direi che sia facile, di facile non c’è nulla. La parte centrale sarà sicuramente da gestire bene, perché ci sono due tratti di pavé esposti anche al vento. Uno è anche in salita e vista anche la partecipazione, non è proprio così scontato che si arrivi in volata. Van der Poel non ha interessi ad aspettare il finale.
Serve una squadra compatta per chiudere oppure è bene avere qualcuno che possa andare via con chi attaccasse?
In quella parte centrale, secondo me c’è bisogno di uomini che abbiano la capacità di saltare sulle ruote di chi partisse. In quel momento bisognerà decidere se stare tutti assieme e chiudere oppure far saltare dentro qualcuno di noi e non tirare. Potrebbe essere una delle ipotetiche soluzioni, non ce ne sono molte altre a ben vedere. Dall’ultimo pavé all’arrivo ci sono 45 chilometri e c’è in giro gente capace di reggere certe distanze in un ipotetico attacco. Si mette ogni cosa sul piatto, anche se in gara tutto può cambiare.
Ai mondiali di Zolder, Ballerini decise che si sarebbe corso per Cipollini e non si fece andare via nessuno.
Potremmo anche decidere di fare così, ma per chiudere subito quando attacca un Van der Poel a meno di 50 chilometri dall’arrivo, bisogna che ci siano ancora uomini in grado di farlo. Non immagino certo che Milan si metta a tirare per inseguirlo.
Van Aert alla Vuelta ha già vinto tre tappe e chiede chiarezza di ruoli nel Belgio degli europeiVan Aert alla Vuelta ha già vinto tre tappe e chiede chiarezza di ruoli nel Belgio degli europei
I belgi portano tre uomini velocissimi: vedi una logica?
Non mi stupirei se, in caso di arrivo allo sprint, decidessero di fare due volate. Tra Merlier e Philipsen non mi sembra che corra buon sangue. Da una parte per noi è meglio così, però vedrete che una logica c’è e non verranno certo a spiegarcela prima. Non credo proprio che il loro tecnico sia uno sprovveduto.
Escludi che possa aver chiesto a Merlier di tirare la volata a Philipsen, tenendo Van Aert per un attacco?
E’ difficile, ma non conoscendo i soggetti, non saprei dirlo. Probabilmente avrà già parlato con loro, ma ci sta anche che possano adottare la soluzione di fare la volata entrambi, privando gli altri di un riferimento sicuro.
Nell’ipotesi di Milan leader per lo sprint, l’idea è quella di usare Consonni come ultimo uomo?
Simone è il suo uomo di fiducia quindi potenzialmente potrebbe essere così. Poi ovviamente in base alle dinamiche di corsa nel finale, anche loro dovranno valutare la situazione. Quanto a Ganna, vediamo come sta dopo il ritiro al Renewi Tour, i prossimi giorni saranno decisivi.
Ganna fu già protagonista agli europei 2023: lo fermò una caduta ai meno 25Ganna fu già protagonista agli europei 2023: lo fermò una caduta ai meno 25
Ai mondiali di Copenhagen sei stato capitano in un mondiale che sarebbe finito in volata e Bettini ancora oggi dice che il suo rammarico da tecnico fu di non aver provato abbastanza il treno…
In allenamento il treno viene sempre bene. Ne ho fatti tanti e non sbagliavo mai nulla. In gara ti devi sicuramente affidare a uomini di esperienza e ovviamente ognuno deve avere il proprio ruolo. In quel mondiale c’era anche tanta gente giovane e si venne a creare una situazione per cui a un certo punto il treno deragliò completamente. Io potevo anche decidere di battezzare un’altra ruota e lo stesso si dovrà essere capaci di fare se il finale si complicasse.
Quanto tempo prima della corsa andrete in Belgio?
Arriviamo il giovedì e l’indomani andremo provare soprattutto quel tratto di pavé che si fa tre volte. Quello è importante da vedere, perché invece l’arrivo è abbastanza semplice. La strada è tutta dritta, è la statale che arriva nel centro di Hasselt. Impercettibilmente sale e nell’ultimo chilometro tende a girare verso sinistra. Non ci sono curve però, né spartitraffico.
Si può pensare che l’eventuale treno prenda in mano la corsa con un po’ di anticipo?
E’ un arrivo abbastanza complicato da gestire. Sicuramente l’ideale sarebbe aspettare il più possibile e poi uscire con gli ultimi uomini, però sono situazioni in cui devi stare sempre molto davanti. In ogni caso abbiamo corridori capaci di tenerti davanti e poi anche di portarti fuori nell’ultimo chilometro.
Consonni sta correndo il Renewi Tour con MilanConsonni sta correndo il Renewi Tour con Milan
Ormai i treni non riescono più a gestire i finali, d’altra parte…
Infatti le volate si fanno sempre da dietro, riesce a vincere chi ha la capacità di aspettare più possibile. Ma questo te lo puoi permettere solo se hai qualcuno che ti tiene coperto fino a quel momento e impedisce che ti chiudano. Potenzialmente è più semplice organizzare una volata quando ci sono molte curve nel finale, perché prendi la testa e le curve ti fanno respirare. La velocità si abbassa, il gruppo è lungo e da dietro è più difficile rimontare. Con una strada così dritta e larga invece, è molto importante avere uomini che sappiano fare quel lavoro. Gente come Cattaneo e Affini, ad esempio, può essere una garanzia.
Quindi non essendoci curve o punti in cui frenare, si svolgerà tutto alla velocità della luce?
Se non sbaglio l’ultima curva è a tre chilometri e mezzo, poi è tutto uno stradone. L’ultimo chilometro e mezzo tende tutto ad andare verso sinistra, per cui non avendolo visto con le transenne, direi che il traguardo inizi a vederlo quando mancheranno 600 metri.
Ne hai parlato con Milan?
Sì, ci sentiamo spesso. Lui è motivato, perché ne stiamo parlando già da molto tempo. Ovviamente, dopo le Olimpiadi, abbiamo ripreso il ragionamento, come è giusto che sia. Voglio rimanere con i piedi per terra perché non c’è nulla di scontato. Per un po’, dopo quattro europei vinti di fila, sembrava che non avessimo altra possibilità che vincere il quinto e proseguire. Però i cicli finiscono, ci sono anche gli avversari e non è detto che sia tutto così facile. Per cui teniamo i piedi per terra e cerchiamo di mettere in strada la miglior squadra possibile. Le corse non si vincono con i colpi di fortuna, ma con le gambe e le strategie migliori.
Mentre Bennati spiega che dalla faccia dei corridori si capisce la loro fatica, sul traguardo arriva De Marchi sfinito. Il racconto della sua lunga fuga
Il campionato europeo gravel si correrà ad Asiago nella data prevista del 13 ottobre (in apertura lo start 2023 da Oud-Heverlee, in Belgio). Lo organizzano Flanders Classics di Thomas Van der Spiegel, che a metà settembre servirà in tavola anche l’europeo strada, con il supporto di Pippo Pozzato e la sua PP Sport Events. In sostanza, si è trattato di riprendere il grande lavoro fatto per il mondiale dello scorso anno e sostituire l’aggettivo. Prima però è servito metabolizzare la sottrazione del mondiale da parte dell’UCI: c’è chi dice che fosse inevitabile e chi è convinto del contrario. Mentre si è in attesa della comunicazione ufficiale, abbiamo raggiunto Pozzato per fare un primo punto della situazione.
«Ho davvero preso quello che avevamo dal mondiale – dice – e che era tutto pronto e lo abbiamo messo in modo che andasse bene per un campionato europeo. Il presidente della UEC (Unione del ciclismo europeo, ndr) Enrico Della Casa si è fatto raccontare i fatti e ha detto di aver capito che lo scorso anno qualcosa è successo. L’abbiamo messa in modo che non si creassero problemi a livello politico. Organizzare un grande evento su un territorio e poi vederselo togliere aveva lasciato qualche ruggine. Enrico si è anche offerto di parlare con Luca Zaia (il Governatore del Veneto, ndr), ma su quel fronte ero a posto. Il Veneto sa che avevamo lavorato bene».
Pozzato e Della Casa, presidente della UEC, alla presentazione delle tappe italiane del Tour a BolognaPozzato e Della Casa, presidente della UEC, alla presentazione delle tappe italiane del Tour a Bologna
L’appoggio di Flanders Classics è una garanzia di quale tipo?
Loro si muovono come il Tour de France, in modo diverso rispetto alle solite organizzazioni. Hanno sponsor che premono per entrare nel Giro delle Fiandre e, in attesa di concederglielo, li coinvolgono nelle altre gare. Più eventi hanno e maggiore è il loro potere contrattuale. L’europeo potrebbero farlo anche da soli, ma per i regolamenti della Federazione hanno bisogno di una società italiana cui appoggiarsi (lo stesso meccanismo per cui il Tour de l’Avenir si è valso dell’appoggio di ExtraGiro per le ultime due tappe in Piemonte, ndr).
Il percorso del primo mondiale gravel della storia, quello di Cittadella, era lunghissimo e senza salite. Asiago fa pensare che qualche rampa ci sarà…
Infatti sarà più duro del primo mondiale. Volevo che fosse più veloce per trovare più corridori, magari invogliare anche un Van der Poel. L’idea era di passare nell’aeroporto, ma non si è potuto perché avrebbe significato bloccare troppe zone. Per cui faremo meno chilometri. Un circuito di 47 chilometri da percorrere per tre volte. E alla fine verranno 141 chilometri e un dislivello di circa 2.500 metri.
L’Altopiano di Asiago avrebbe dovuto ospitare il mondiale gravel 2023, sarà ora il teatro degli europei (foto asiago.it)L’Altopiano di Asiago avrebbe dovuto ospitare il mondiale gravel 2023, sarà ora il teatro degli europei (foto asiago.it)
Buona l’idea del circuito…
Almeno la gente li vede di più. Avremo partenza e arrivo dallo stesso posto, che per noi rispetto al primo mondiale, semplificherà molto le cose. Piuttosto non c’è ancora un disciplinare tecnico, per cui dovremo di nuovo inventarci qualcosa.
Praticamente in due anni non è cambiato niente?
Appunto. Per cui nel tratto iniziale su strada faremo valere le normative tecniche della strada e nel gravel avremo il quad davanti e il quad dietro, in modo da garantire la sicurezza e la serietà. Qualcosa su cui si chiudono spesso gli occhi. Nessuno va mai a guardare certi aspetti e nessuno ne parla, noi faremo il possibile per essere a posto.
Daniel Oss tira il gruppo agli europei del 2023 che si svolsero a Oud-Heverlee in BelgioDaniel Oss tira il gruppo agli europei del 2023 che si svolsero a Oud-Heverlee in Belgio
Hai parlato di Van der Poel.
I contatti con lui li ha Thomas Van der Spiegel. Hanno rapporti frequenti anche per via del ciclocross, dato che Flanders Classics organizza la Coppa del mondo e svariate altre corse. E allo stesso modo parlerà con Van Aert. Il problema potrebbe essere che, facendo il mondiale di Zurigo, poi potrebbe mollare. Abbiamo messo nel percorso solo salite brevi, anche per venire incontro a questa tipologia di corridori. E per evitare che dopo pochi chilometri il gruppo sia sbriciolato e lo spettacolo vada a farsi benedire.
Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Alfredo Martini, eppure c’è chi in Belgio avrebbe bisogno della sua arte e della sua saggezza. Per fare la squadra da schierare ai prossimi campionati europei e mettere d’accordo Philipsen e Merlier (i due sono insieme a Matthews nell’apertura) sarebbe davvero preziosa la capacità di sintesi di chi ha schierato Moser con Saronni. Oppure Bugno, Fondriest e Argentin. Ma Alfredo non c’è più e per Sven Vantohurenhout la scelta si prospetta come una bella gatta da pelare. Al punto da avergli fatto dichiarare di trovarsi nel momento più difficile della carriera.
L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)
La provocazione di Lefevere
A rendergli il compito ancor più scomodo ci si è messo Patrick Lefevere, manager di Merlier alla Soudal-Quick Step. Dopo aver lodato le capacità del tecnico, il vecchio belga si è detto certo che agli europei Vantohurenhout porterà il suo corridore. Perché a suo dire lo merita più dell’altro. Perché è vero che Philipsen ha vinto tre tappe al Tour, cui Merlier (che ne ha vinte 3 al Giro) non ha partecipato dovendo lasciare spazio a Evenepoel, ma lo avrebbe fatto solo grazie a Van der Poel.
«Spero che alla base di questa scelta – ha detto – non ci siano giochi politici. So che i corridori stessi non ne sono entusiasti, ma se fossi il tecnico della nazionale, selezionerei sia Merlier che Philipsen, perché entrambi possono fare la propria corsa. In una gara a tappe, una squadra con due velocisti non è mai una buona idea, ma i campionati europei durano un giorno. A volte la scelta migliore è non fare una scelta».
Nel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio PetacchiNel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio Petacchi
Come a Zolder 2002
In realtà ci sarebbe bisogno anche di Franco Ballerini. Il cittì toscano, che in quei giorni aveva comunque Martini al fianco, si trovò a fare la squadra per i mondiali di Zolder. La zona è la stessa e anche il percorso è simile: 222 chilometri con appena 1.273 metri di dislivello. E quella volta, Ballero per tirare la volata a Cipollini portò Petacchi e Lombardi, con il giovane Bennati come riserva. Ci fu una sorta di patto d’onore fra gli azzurri e tutto funzionò alla perfezione. I belgi saranno in grado di fare lo stesso?
«Ogni giorno rispondo al telefono e sono in contatto con i corridori – dice Vanthourenhout – voglio dare presto la squadra. In realtà guardiamo tutti a quei due nomi, ma la rosa è parecchio più ampia. Abbiamo anche Meeus, Thijssen, Van Aert o De Lie. Ci sono tanti bravi velocisti in questo momento. Ma certo, se parliamo di velocisti puri di altissima qualità, torniamo a Philipsen e Merlier. Se ci sarà da lasciarne a casa uno, sarà molto importante comunicare chiaramente il motivo per cui ho preso la decisione. Ma con Jasper e Tim è una cosa molto difficile. Non ci sono argomenti a favore di uno sull’altro».
Philipsen ha vinto 3 tappe al Tour, aiutato da Van der PoelMerlier invece ne ha vinte 3 al Giro d’ItaliaPhilipsen ha vinto 3 tappe al Tour, aiutato da Van der PoelMerlier invece ne ha vinte 3 al Giro d’Italia
La variabile Van Aert
Il discorso porta nella stessa direzione indicata da Lefevere, a patto però che alla fine entrambi convergano su una sola volata e non su due sprint paralleli. La soluzione potrebbe gettare nello scompiglio gli avversari, ma potrebbe anche sgretolare la forza della squadra belga.
«Stiamo valutando se è possibile averli entrambi», spiega Vantohurenhout, che ha già gestito la convivenza di Evenepoel con Van Aert a Wollongong e Parigi. «Tuttavia il mio punto di vista è sempre stato che una squadra con due velocisti sia molto difficile da guidare. Tim e Jasper conoscono la mia posizione».
I due hanno corso insieme nel 2021 e 2022 e gli capitava spesso di partecipare alle stesse corse, però allora Merlier era il velocista già affermato e Philipsen il giovane che spingeva per uscire. Ora i due sono quantomeno alla pari, salvo che nel frattempo Philipsen ha vinto la Sanremo ed è arrivato secondo alla Roubaix.
L’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europeiL’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europei
«So che potrebbero farlo – annota Vantohurenhout – ma alla fine sarò sempre io che prendo la decisione: li ascolterò e poi seguirò il mio istinto. Se non dovesse finire bene, starà a me renderne conto. E se poi Van Aert dovesse dire di voler partecipare, le cose saranno ancora più complesse, perché a quel punto non è detto che servano entrambi i velocisti. Non è che perché uno fa sempre e solo le volate, in nazionale non possa fare qualcosa di diverso. Comunque a breve arriverà la squadra. Non penso sia colpa mia, al momento però abbiamo un’abbondanza enorme di corridori con le stesse caratteristiche. E’ un enigma difficile da risolvere, ma questa settimana vorrei sciogliere gli ultimi nodi».
Michael Vanthourenhout ha colpito ancora al momento perfetto e ha conquistato nuovamente il campionato europeo di ciclocross, come già lo scorso anno a Namur. Con Van Aert e Van der Poel ancora fuori dai giochi, il belga ha approfittato della giornata negativa di Thibau Nys e degli errori commessi da Lars Van der Haar sul percorso scivoloso e fangoso.
«Avevo buone gambe – ha detto Vanthourenhout – e ho dato il massimo dall’inizio alla fine. Finora la stagione non era stata buona, ma già nel Koppenbergcross mi ero sentito bene, pur non essendo riuscito a capitalizzarlo. Ma qui a Pontchateau c’era in ballo una maglia, sono venuto con fiducia e tutto ha funzionato alla perfezione. Oggi è stata la mia giornata. Ho avuto un ottimo feeling subito dopo la partenza e sono riuscito a prendere il comando abbastanza presto. Fortunatamente sono stato abbastanza forte da reggere fino alla fine».
Per Michael Vanthourenhout, 29 anni, doppietta europea dopo la vittoria del 2022 a NamurPer Michael Vanthourenhout, 29 anni, doppietta europea dopo la vittoria del 2022 a Namur
Due azzurri al via
La gara, che vedeva al via 30 corridori con Ceolin e Bertolini unici azzurri, è stata accesa per i belgi prima da Laurens Sweeck, che è partito a cannone e poi si è fermato.
E mentre ci si chiedeva il perché di quella strategia, nel secondo giro ha attaccato il campione in carica. Nessuno poteva ancora immaginare che fosse l’attacco decisivo, probabilmente neanche lui.
«Pensavo che la sua prima metà gara fosse stata fantastica – ha detto suo cugino e allenatore della nazionale Sven Vanthourenhout – ma a dire il vero dubitavo anche che avrebbe resistito».
Sedicesimo posto per Gioele Bertolini, migliore dei nostri, ma lontano dai quartieri altiFederico Ceolin ha conquistato il 21° posto: un risultato al di sotto delle atteseSul podio, alle spalle di Vanthourenhout, il britannico Mason e l’olandese Van der HaarSedicesimo posto per Gioele Bertolini, migliore dei nostri, ma lontano dai quartieri altiFederico Ceolin ha conquistato il 21° posto: un risultato al di sotto delle atteseSul podio, alle spalle di Vanthourenhout, il britannico Mason e l’olandese Van der Haar
Stopper Iserbyt
Hanno provato a rispondere prima gli olandesi e poi i britannici, ma questa volta nel ruolo di stopper si sono ritrovati fra i piedi Iserbyt e Ronhaar. Così a metà gara ci ha provato l’olandese Lars Van der Haar, che sta attraversando un ottimo momento di forma. A quel punto tutti si aspettavano che entrasse in azione anche Thibau Nys, ma l’attesa è rimasta vana.
Van der Haar è diventato pericoloso nel quinto giro, quando Iserbyt ha forato, ma è stata una scivolata a impedirgli di rientrare sul fuggitivo, che invece ha disputato una gara impeccabile. Al settimo di otto giri, la prova si è praticamente conclusa quando Van der Haar ha avuto l’ennesima caduta.
Vanthourenhout ha così confermato il suo titolo, al secondo posto è arrivato il britannico Cameron Mason, terzo lo sfortunato Van der Haar.
U23, Michels e Verstrynge si sono ritrovati al comando: alle loro spalle la Francia ha provato a chiudereSul podio, dietro Michels e Verstrynge, il francese LelandaisPrimo degli azzurri under 23 è stato Filippo Agostinacchio, arrivato a 3 minutiIn gara anche Luca Paletti, arrivato però a 3’23”U23, Michels e Verstrynge si sono ritrovati al comando: alle loro spalle la Francia ha provato a chiudereSul podio, dietro Michels e Verstrynge, il francese LelandaisPrimo degli azzurri under 23 è stato Filippo Agostinacchio, arrivato a 3 minutiIn gara anche Luca Paletti, arrivato però a 3’23”
U23, ancora Belgio
In questa domenica di fango e pioggia, il Belgio l’aveva già fatta da padrone fra gli under 23, su un percorso con molti colpi di scena, con passaggi fangosi che hanno costretto i corridori a superare ostacoli più insidiosi che impegnativi.
Belgi molto attesi e partiti infatti a ritmo forsennato, al pari di quello che avrebbero fatto in seguito gli elite. Il primo giro è parso una gara su strada, al punto che i primi cinque corridori al primo passaggio erano tutti belgi.
Quello che non ha fatto il percorso, lo hanno fatto gli errori. L’olandese Haverdings, forse il più atteso, al pari di Van der Haar ha messo insieme errori e rotture. E solo i francesi hanno provato a inseguire in modo organizzato quando in testa all’europeo under 23 si sono ritrovati Michels e Verstrynge, ma il loro margine si è rivelato troppo grande. Anche perché i due belgi in fuga sono compagni di squadra e non hanno avuto dubbi a collaborare sino in fondo. Solo nel finale si sono sfidati, con Michels che si è avvantaggiato approfittando di un problema meccanico del compagno ed è arrivato a braccia alzate. Il primo degli italiani è stato Filippo Agostinacchio, 15° a 3 minuti: 26 secondi meglio di Luca Paletti.
Sul podio degli juniores, primo il francese Sparfel, poi l’ungherese Takacs e il francese SimonIncollato alla ruota di SImon, a Viezzi è sfuggito il podio per appena un secondoSul podio degli juniores, primo il francese Sparfel, poi l’ungherese Takacs e il francese SimonIncollato alla ruota di SImon, a Viezzi è sfuggito il podio per appena un secondo
Bronzo azzurro sfiorato
Vittoria francese infine fra gli juniores, con la vittoria di Sparfel, 17 anni. Il francesino ha potuto approfittare del vantaggio preso relativamente presto, per festeggiare la sua vittoria nel sottobosco fangoso di Pontchateau. Il corridore dei Vosgi ha vinto davanti all’ungherese Zsombor Takacs, mentre al terzo posto si è piazzato un altro francese, Jules Simon.
Al quarto posto si è piazzato Stefano Viezzi, che ha lottato con Simon fino all’arrivo, vedendo sfumare il bronzo per l’inezia di un secondo. Fra i primi anche Mattia Agostinacchio, decimo a 1’14”.
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Il primo anno fra le “grandi” si è concluso come meglio non poteva: Zoe Backstedt si è laureata campionessa europea U23 a cronometro e in quella cavalcata trionfale, chiusa con quasi un minuto sulla tedesca Niedermaier, molti hanno rivisto la Backstedt che fino allo scorso anno non lasciava che le briciole alle altre juniores, imponendo distacchi spesso abissali e mostrando una superiorità schiacciante. Forse la britannica aveva abituato troppo bene, perché molti anche fra gli addetti ai lavori, vedendola confusa nel gruppo durante la stagione non avevano mancato di far sentire le loro critiche, tacciandola di essere la classica meteora. Dimenticando la sua giovane età, la mancanza di esperienza, il necessario periodo di ambientamento.
Zoe non si è arresa, non si è disarmata. Nel team le hanno dato spazio e tempo, soprattutto da quando è arrivato suo padre, quel Magnus che un giorno, quando lei era ancora nel grembo di sua madre, trionfò nella Parigi-Roubaix. Ora però quella vittoria ha chiuso la bocca a tanti.
Per la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critichePer la britannica l’oro europeo a cronometro è stato la risposta a tante critiche
«La cronometro agli Europei – spiega Zoe – è stata un buon indicatore per la mia stagione ed è bello che sia arrivata poco prima dell’inizio del calendario del ciclocross. Ed è stato bello avere quella gara come qualcosa a cui puntare, per ritrovare la mia forma dopo una piccola pausa a metà stagione. Quindi sì, sono davvero felice di come è andata e felice della mia prestazione a Leuven».
Quanto è stato difficile il cambio di categoria?
Non direi che sia stato un grande cambiamento. L’unica vera differenza erano le distanze, decisamente superiori a quando correvo da junior. Quella è stata un po’ una sfida per me, ho avuto bisogno di abituarmi, ma mi sentivo abbastanza a mio agio, già all’inizio della stagione. Man mano ho sentito che andavo meglio, che i chilometri in più non erano un problema e che ero efficiente anche nel finale.
Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)Al Simac Ladies Tour Zoe ha esordito con la Canyon/Sram, vincendo la classifica per giovani (foto Beth Duryea)
Tu sei alla Canyon/Sram da solamente un mese: che cosa ti ha spinto a cambiare a stagione in corso e che cosa hai lasciato all’EF Education Tibco?
EF Education-Tibco SVB si sarebbe fermata alla fine del 2023, quindi ho cercato per tempo un nuovo team. Dato che il 31 dicembre è proprio nel bel mezzo della stagione CX e vicino ai mondiali, abbiamo tutti concordato di fissare la nuova data contrattuale dal 1° settembre. Non è stato un gran cambiamento, piuttosto una scelta anticipata per fare in modo di non avere ulteriore pressione in un periodo importante come quello dell’attività invernale.
Da junior eri un’assoluta dominatrice in ogni disciplina, anche con una superiorità schiacciante e distacchi enormi: questo ha portato ad avere intorno a te una maggiore pressione?
No, non direi che ciò abbia portato a una maggiore pressione o meglio io ho fatto in modo di non sentirla. Andavo alle gare cercando innanzitutto di divertirmi e godermi i viaggi con i miei compagni di squadra e i miei amici. Quando mi diverto ottengo risultati. E un occhio attento se ne accorge osservando il mio stile di guida. E’ sempre stato così, il divertimento è alla base dei miei risultati. Quindi non direi che ci sia mai stata pressione intorno a me per andare a una gara per vincere o qualcosa del genere. Né le squadre me l’hanno fatta percepire.
Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)Per Zoe è importante affrontare le gare in allegria, mitigando la pressione (foto Instagram)
Che cosa significa avere per direttore sportivo tuo padre? Rende i vostri rapporti più facili o più difficili?
Quando sono alle gare, non lo vedo davvero come mio padre, lo vedo come il mio capo, come il mio direttore sportivo. E’ il mio capo e ascolto qualunque cosa abbia da dire e cerco di mettere in pratica quel che chiede. Mi tratta come qualsiasi altra ciclista del team, poi a casa è un altro discorso…
Tu sei nata l’anno della sua vittoria alla Parigi-Roubaix: che cosa sai della sua storia ciclistica, hai avuto modo di vedere le sue imprese e quanto pensi sia diverso il suo ciclismo da quello di oggi?
Sono cresciuta seguendo l’ultima parte della sua carriera, quindi ho avuto molte opportunità di andare a vederlo correre. Ovviamente ero piccola quando lo guardavo, ma abbiamo rivisto le corse anni dopo, quando potevo comprendere. E mi racconta tante storie di quando correva e del divertimento che provava quando era in bicicletta. Quindi mi sento come se avessi vissuto la sua carriera attraverso le storie che ha raccontato e questo lo adoro davvero.
La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)La britannica ha subito ripreso nel ciclocross, finendo quinta a Waterloo (USA) in Coppa (foto Instagram)
Ora sei tornata a correre nel ciclocross: il fatto di avere una stagione senza soste non ti pesa?
Non la vedrei come una stagione senza sosta, se devo essere onesta. Per me è un privilegio, poi devo dire che uno stacco l’ho fatto e anche oggi sono ancora a mezzo servizio, mi prendo del tempo a parte dalla bicicletta. E’ un anno intero di gare e il team mi ha aiutato a pianificare molto bene quando saranno i miei periodi di riposo e quante gare fare, la mia stagione è ben equilibrata.
Qual è fra tutte (strada, pista, ciclocross) la specialità che ti piace di più?
Probabilmente direi che amo di più il ciclocross, soprattutto quando è davvero, davvero fangoso. Quei giorni in bici sono semplicemente quelli in cui nessuno vuole davvero essere lì, ma poi tutti vogliono sentirsi parte dell’avventura nello stesso momento perché sono giornate davvero speciali. Ma poi di nuovo, amo anche le corse su strada e mi metto anche su una bici da cronometro, e adoro quei giorni. Quindi dico ciclocross. Ma se mai dovessi scegliere, non credo che potrei…
La Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissioneLa Backstedt ha corso per due anni con l’EF Education Tibco, cambiando prima della sua dismissione
Secondo te c’è maggiore concorrenza su strada o nel ciclocross?
Sono due cose completamente diverse. E’ lo stesso sport, ma sono molto, molto diversi a modo loro. Quindi non direi che ci sia più concorrenza in uno che nell’altro. In una corsa su strada non si lotta per la vittoria all’inizio, mentre in una gara di ciclocross se sbagli tutto nei primi 5 minuti, la corsa è andata. Quindi sono due cose completamente diverse e non credo proprio di poterle paragonare.
C’è una gara specifica che sogni di vincere nella tua carriera?
A ben guardare no. Potrei dire che mi piacerebbe vincere i mondiali come un’Olimpiade, la Roubaix come il Fiandre. La maggior parte delle gare in calendario mi piacerebbe vincerle un giorno, ma prima dobbiamo vedere cosa accadrà alla mia carriera.
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